giovedì 21 gennaio 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Benedetto XVI parla della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani - Catechesi all'Udienza generale del mercoledì
2) Elenco di quanti impegnati nel lavoro Missionario sono stati uccisi nell’anno 2009 - Come è consuetudine, l’Agenzia Fides pubblica alla fine dell’anno l’elenco degli operatori pastorali che hanno perso la vita in modo violento nel corso degli ultimi 12 mesi. Secondo le informazioni in nostro possesso, nell’anno 2009 sono stati uccisi 37 operatori pastorali: 30 sacerdoti, 2 religiose, 2 seminaristi, 3 volontari laici. Sono quasi il doppio rispetto al precedente anno 2008, ed è il numero più alto registrato negli ultimi dieci anni.
3) E WOJTYLA DELEGÓ PAPA PIO XII A FARE IL MIRACOLO - Di Andrea Tornielli – Il Giornale, 19 gennaio 2010
4) L'agonia di Eluana Englaro - Autore: Bellaspiga, Lucia - Fonte: Avvenire, 14 gennaio 2010 pag. 2; CulturaCattolica.it - mercoledì 20 gennaio 2010 - Nelle carte il gelo di un'agonia procurata e nude verità Eluana non era «devastata» ma è stata straziata
5) Provetta per tutti: un mondo di bebè selezionati - di Assuntina Morresi – Avvenire, 21 gennaio 2010
6) Le malefatte della lettura «orientata» - decisione del Tribunale di Salerno -Avvenire, 21 gennaio 2010
7) «Va fermato chi vuole smontare la legge 40» - di Ilaria Nava – Avvenire, 21 gennaio 2010
8) «Salute» della donna leva decisiva – di Tommaso Scandroglio – Avvenire, 21 gennaio 2010

Benedetto XVI parla della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani - Catechesi all'Udienza generale del mercoledì
CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 20 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale nell'aula Paolo VI, dove ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. - Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha parlato della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.

* * *

Cari fratelli e sorelle!

Siamo al centro della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, un’iniziativa ecumenica, che si è andata strutturando ormai da oltre un secolo, e che attira ogni anno l’attenzione su un tema, quello dell’unità visibile tra i cristiani, che coinvolge la coscienza e stimola l’impegno di quanti credono in Cristo. E lo fa innanzitutto con l’invito alla preghiera, ad imitazione di Gesù stesso, che chiede al Padre per i suoi discepoli "Siano uno, affinché il mondo creda" (Gv 17,21). Il richiamo perseverante alla preghiera per la piena comunione tra i seguaci del Signore manifesta l’orientamento più autentico e più profondo dell’intera ricerca ecumenica, perché l’unità, prima di tutto, è dono di Dio. Infatti, come afferma il Concilio Vaticano Secondo: "il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unica Chiesa di Cristo, una e unica, supera tutte le forze umane" (Unitatis Redintegratio, 24). Pertanto, oltre al nostro sforzo di sviluppare relazioni fraterne e promuovere il dialogo per chiarire e risolvere le divergenze che separano le Chiese e le Comunità ecclesiali, è necessaria la fiduciosa e concorde invocazione al Signore.

Il tema di quest’anno è preso dal Vangelo di san Luca, dalle ultime parole del Risorto ai suoi discepoli "Di questo voi siete testimoni" (Lc 24,48). La proposta del tema è stata chiesta dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, in accordo con la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ad un gruppo ecumenico della Scozia. Un secolo fa la Conferenza Mondiale per la considerazione dei problemi in riferimento al mondo non cristiano ebbe luogo proprio ad Edimburgo, in Scozia, dal 13 al 24 giugno 1910. Tra i problemi allora discussi vi fu quello della difficoltà oggettiva di proporre con credibilità l’annuncio evangelico al mondo non cristiano da parte dei cristiani divisi tra loro. Se ad un mondo che non conosce Cristo, che si è allontanato da Lui o che si mostra indifferente al Vangelo, i cristiani si presentano non uniti, anzi spesso contrapposti, sarà credibile l’annuncio di Cristo come unico Salvatore del mondo e nostra pace? Il rapporto fra unità e missione da quel momento ha rappresentato una dimensione essenziale dell’intera azione ecumenica e il suo punto di partenza. Ed è per questo specifico apporto che quella Conferenza di Edimburgo rimane come uno dei punti fermi dell’ecumenismo moderno. La Chiesa Cattolica, nel Concilio Vaticano II, riprese e ribadì con vigore questa prospettiva, affermando che la divisione tra i discepoli di Gesù "non solo contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ma anche è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura" (Unitatis Redintegratio, 1).

In tale contesto teologico e spirituale si situa il tema proposto in questa Settimana per la meditazione e la preghiera: l’esigenza di una testimonianza comune a Cristo. Il breve testo proposto come tema "Di questo voi siete testimoni" è da leggere nel contesto dell’intero capitolo 24 del Vangelo secondo Luca. Ricordiamo brevemente il contenuto di questo capitolo. Prima le donne si recano al sepolcro, vedono i segni della Risurrezione di Gesù e annunciano quanto hanno visto agli Apostoli e agli altri discepoli (v. 8); poi lo stesso Risorto appare ai discepoli di Emmaus lungo il cammino, appare a Simon Pietro e successivamente, agli "Undici e agli altri che erano con loro" (v. 33). Egli apre la mente alla comprensione delle Scritture circa la sua Morte redentrice e la sua Risurrezione, affermando che "nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati" (v. 47). Ai discepoli che si trovano "riuniti" insieme e che sono stati testimoni della sua missione, il Signore Risorto promette il dono dello Spirito Santo (cfr v. 49), affinché insieme lo testimonino a tutti i popoli. Da tale imperativo – "Di tutto ciò", di questo voi siete testimoni (cfr Lc 24,48) -, che è il tema di questa Settimana per l’unità dei cristiani, nascono per noi due domande. La prima: cosa è "tutto ciò"? La seconda: come possiamo noi essere testimoni di "tutto ciò"?

Se vediamo il contesto del capitolo, "tutto ciò" vuole dire innanzitutto la Croce e la Risurrezione: i discepoli hanno visto la crocifissione del Signore, vedono il Risorto e così cominciano a capire tutte le Scritture che parlano del mistero della Passione e del dono della Risurrezione. "Tutto ciò" quindi è il mistero di Cristo, del Figlio di Dio fattosi uomo, morto per noi e risorto, vivo per sempre e così garanzia della nostra vita eterna.

Ma conoscendo Cristo – questo è il punto essenziale - conosciamo il volto di Dio. Cristo è soprattutto la rivelazione di Dio. In tutti i tempi, gli uomini percepiscono l’esistenza di Dio, un Dio unico, ma che è lontano e non si mostra. In Cristo questo Dio si mostra, il Dio lontano diventa vicino. "Tutto ciò" è quindi, soprattutto col mistero di Cristo, Dio che si è fatto vicino a noi. Ciò implica un’altra dimensione: Cristo non è mai solo; Egli è venuto in mezzo a noi, è morto solo, ma è risorto per attirare tutti sé. Cristo, come dice la Scrittura, si crea un corpo, riunisce tutta l’umanità nella sua realtà della vita immortale. E così, in Cristo che riunisce l’umanità, conosciamo il futuro dell’umanità: la vita eterna. Tutto ciò, quindi, è molto semplice, in ultima istanza: conosciamo Dio conoscendo Cristo, il suo corpo, il mistero della Chiesa e la promessa della vita eterna.

Veniamo ora alla seconda domanda. Come possiamo noi essere testimoni di "tutto ciò"? Possiamo essere testimoni solo conoscendo Cristo e, conoscendo Cristo, anche conoscendo Dio. Ma conoscere Cristo implica certamente una dimensione intellettuale - imparare quanto conosciamo da Cristo - ma è sempre molto più che un processo intellettuale: è un processo esistenziale, è un processo dell'apertura del mio io, della mia trasformazione dalla presenza e dalla forza di Cristo, e così è anche un processo di apertura a tutti gli altri che devono essere corpo di Cristo. In questo modo, è evidente che conoscere Cristo, come processo intellettuale e soprattutto esistenziale, è un processo che ci fa testimoni. In altre parole, possiamo essere testimoni solo se Cristo lo conosciamo di prima mano e non solo da altri, dalla nostra propria vita, dal nostro incontro personale con Cristo. Incontrandolo realmente nella nostra vita di fede diventiamo testimoni e possiamo così contribuire alla novità del mondo, alla vita eterna. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dà un'indicazione anche per il contenuto di questo "tutto ciò". La Chiesa ha riunito e riassunto l'essenziale di quanto il Signore ci ha donato nella Rivelazione, nel "Simbolo detto niceno-costantinopolitano, il quale trae la sua grande autorità dal fatto di essere frutto dei primi due Concili Ecumenici (325 e 381)" (CCC, n. 195). Il Catechismo precisa che questo Simbolo "è tuttora comune a tutte le grandi Chiese dell’Oriente e dell’Occidente" (Ibid.). In questo Simbolo quindi si trovano le verità di fede che i cristiani possono professare e testimoniare insieme, affinché il mondo creda, manifestando, con il desiderio e l’impegno di superare le divergenze esistenti, la volontà di camminare verso la piena comunione, l’unità del Corpo di Cristo.

La celebrazione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani ci porta a considerare altri aspetti importanti per l’ecumenismo. Innanzitutto, il grande progresso realizzato nelle relazioni tra Chiese e Comunità ecclesiali dopo la Conferenza di Edimburgo di un secolo fa. Il movimento ecumenico moderno si è sviluppato in modo così significativo da diventare, nell’ultimo secolo, un elemento importante nella vita della Chiesa, ricordando il problema dell’unità tra tutti i cristiani e sostenendo anche la crescita della comunione tra loro. Esso non solo favorisce i rapporti fraterni tra le Chiese e le Comunità ecclesiali in risposta al comandamento dell’amore, ma stimola anche la ricerca teologica. Inoltre, esso coinvolge la vita concreta delle Chiese e delle Comunità ecclesiali con tematiche che toccano la pastorale e la vita sacramentale, come, ad esempio, il mutuo riconoscimento del Battesimo, le questioni relative ai matrimoni misti, i casi parziali di comunicatio in sacris in situazioni particolari ben definite. Nel solco di tale spirito ecumenico, i contatti sono andati allargandosi anche a movimenti pentecostali, evangelici e carismatici, per una maggiore conoscenza reciproca, benchè non manchino problemi gravi in questo settore.

La Chiesa cattolica, dal Concilio Vaticano II in poi, è entrata in relazioni fraterne con tutte le Chiese d’Oriente e le Comunità ecclesiali d’Occidente, organizzando, in particolare, con la maggior parte di esse, dialoghi teologici bilaterali, che hanno portato a trovare convergenze o anche consensi in vari punti, approfondendo così i vincoli di comunione. Nell’anno appena trascorso i vari dialoghi hanno registrato positivi passi. Con le Chiese Ortodosse la Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico ha iniziato, nell’XI Sessione plenaria svoltasi a Paphos di Cipro nell’ottobre 2009, lo studio di un tema cruciale nel dialogo fra cattolici e ortodossi: Il ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio, cioè nel tempo in cui i cristiani di Oriente e di Occidente vivevano nella piena comunione. Questo studio si estenderà in seguito al secondo millennio. Ho già più volte chiesto la preghiera dei cattolici per questo dialogo delicato ed essenziale per l’intero movimento ecumenico. Anche con le Antiche Chiese ortodosse d’Oriente (copta, etiopica, sira, armena) l’analoga Commissione Mista si è incontrata dal 26 al 30 gennaio dello scorso anno. Tali importanti iniziative attestano come sia in atto un dialogo profondo e ricco di speranze con tutte le Chiese d’Oriente non in piena comunione con Roma, nella loro propria specificità.

Nel corso dell’anno passato, con le Comunità ecclesiali di Occidente si sono esaminati i risultati raggiunti nei vari dialoghi in questi quarant’anni, soffermandosi, in particolare, su quelli con la Comunione Anglicana, con la Federazione Luterana Mondiale, con l’Alleanza Riformata Mondiale e con il Consiglio Mondiale Metodista. Al riguardo, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha realizzato uno studio per enucleare i punti di convergenza a cui si è giunti nei relativi dialoghi bilaterali, e segnalare, allo stesso tempo, i problemi aperti su cui occorrerà iniziare una nuova fase di confronto.

Tra gli eventi recenti, vorrei menzionare la commemorazione del decimo anniversario della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, celebrato insieme da cattolici e luterani il 31 ottobre 2009, per stimolare il proseguimento del dialogo, come pure la visita a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, il Dottor Rowan Williams, il quale ha avuto anche colloqui sulla particolare situazione in cui si trova la Comunione Anglicana. Il comune impegno di continuare le relazioni e il dialogo sono un segno positivo, che manifesta quanto sia intenso il desiderio dell’unità, nonostante tutti i problemi che si oppongono. Così vediamo che c’è una dimensione della nostra responsabilità nel fare tutto ciò che è possibile per arrivare realmente all’unità, ma c’è l’altra dimensione, quella dell’azione divina, perché solo Dio può dare l’unità alla Chiesa. Una unità "autofatta" sarebbe umana, ma noi desideriamo la Chiesa di Dio, fatta da Dio, il quale quando vorrà e quando noi saremo pronti, creerà l’unità. Dobbiamo tenere presente anche quanti progressi reali si sono raggiunti nella collaborazione e nella fraternità in tutti questi anni, in questi ultimi cinquant’anni. Allo stesso tempo, dobbiamo sapere che il lavoro ecumenico non è un processo lineare. Infatti, problemi vecchi, nati nel contesto di un’altra epoca, perdono il loro peso, mentre nel contesto odierno nascono nuovi problemi e nuove difficoltà. Pertanto dobbiamo essere sempre disponibili per un processo di purificazione, nel quale il Signore ci renda capaci di essere uniti.

Cari fratelli e sorelle, per la complessa realtà ecumenica, per la promozione del dialogo, come pure affinché i cristiani nel nostro tempo possano dare una nuova testimonianza comune di fedeltà a Cristo davanti a questo nostro mondo, chiedo la preghiera di tutti. Il Signore ascolti l’invocazione nostra e di tutti i cristiani, che in questa settimana si eleva a Lui con particolare intensità.





[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i partecipanti al pellegrinaggio promosso dalle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, in occasione dell’inaugurazione e benedizione della statua della loro Fondatrice, collocata presso le fondamenta della Basilica Vaticana. Cari amici, sull’esempio di santa Raffaella Maria, siate anche voi testimoni dell’amore misericordioso di Dio. Saluto con affetto i fedeli della parrocchia Santo Nome di Maria in Caserta, convenuti così numerosi in occasione del 25° anniversario di fondazione della loro comunità cristiana. Mentre vi ringrazio per la vostra visita, auspico che questa fausta ricorrenza susciti nuovo impulso per progredire nella fedele e generosa adesione a Cristo e alla Chiesa. Saluto la Pia Associazione del Sacro Cuore di Gesù in Trastevere, che in questi giorni ricorda con opportune iniziative l’80° anniversario della morte del Cardinale Rafael Merry del Val.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, che oggi vorrei esortare a tradurre in atteggiamenti concreti la preghiera per l’unità dei cristiani. Questi giorni di riflessione costituiscano per voi, cari giovani, un invito ad essere ovunque operatori di pace e di riconciliazione; per voi, cari ammalati, un momento propizio ad offrire le vostre sofferenze per una comunione dei cristiani sempre più piena; e per voi, cari sposi novelli, l’occasione per vivere ancor più la vostra vocazione speciale con un cuore solo ed un’anima sola.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]


Elenco di quanti impegnati nel lavoro Missionario sono stati uccisi nell’anno 2009 - Come è consuetudine, l’Agenzia Fides pubblica alla fine dell’anno l’elenco degli operatori pastorali che hanno perso la vita in modo violento nel corso degli ultimi 12 mesi. Secondo le informazioni in nostro possesso, nell’anno 2009 sono stati uccisi 37 operatori pastorali: 30 sacerdoti, 2 religiose, 2 seminaristi, 3 volontari laici. Sono quasi il doppio rispetto al precedente anno 2008, ed è il numero più alto registrato negli ultimi dieci anni.

Analizzando l’elenco per continente, quest’anno figura al primo posto, con un numero estremamente elevato, l’AMERICA, bagnata dal sangue di 23 operatori pastorali (18 sacerdoti, 2 seminaristi, 1 suora, 2 laici), seguita dall’AFRICA, dove hanno perso la vita in modo violento 9 sacerdoti, 1 religiosa ed 1 laico, dall’ASIA, con 2 sacerdoti uccisi e infine dall’EUROPA, con un sacerdote assassinato.
Il conteggio di Fides non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutti gli operatori pastorali morti in modo violento. Non usiamo di proposito il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimone”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro, e anche per la scarsità di notizie che, nella maggior parte dei casi, si riescono a raccogliere sulla loro vita e perfino sulle circostanze della loro morte.
Come ha detto il Santo Padre Benedetto XVI nel giorno della festa del protomartire Santo Stefano, “la testimonianza di Stefano, come quella dei martiri cristiani, indica ai nostri contemporanei spesso distratti e disorientati, su chi debbano porre la propria fiducia per dar senso alla vita. Il martire, infatti, è colui che muore con la certezza di sapersi amato da Dio e, nulla anteponendo all’amore di Cristo, sa di aver scelto la parte migliore. Configurandosi pienamente alla morte di Cristo, è consapevole di essere germe fecondo di vita e di aprire nel mondo sentieri di pace e di speranza. Oggi, presentandoci il diacono Santo Stefano come modello, la Chiesa ci indica, altresì, nell’accoglienza e nell’amore verso i poveri, una delle vie privilegiate per vivere il Vangelo e testimoniare agli uomini in modo credibile il Regno di Dio che viene” (Angelus del 26 dicembre 2009).
Dalle poche note biografiche di questi fratelli e sorelle uccisi, possiamo leggere l’offerta generosa e senza condizioni alla grande causa del Vangelo, senza tacere la limitatezza della fragilità umana: è questo ciò che li ha uniti nella vita e anche nella morte violenta, pur trovandosi in situazioni e contesti profondamente diversi. Per annunciare l’amore di Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’uomo, testimoniandolo in opere concrete di amore ai fratelli, non hanno esitato a mettere quotidianamente a rischio la propria vita in contesti di sofferenza, di povertà estrema, di tensione, di violenza generalizzata, per offrire la speranza di un domani migliore e cercare di strappare tante vite, soprattutto giovani, al degrado e alla spirale della malvivenza, accogliendo quanti la società rifiuta e mette ai margini.
Alcuni sono stati vittime proprio di quella violenza che stavano combattendo o della disponibilità ad andare in soccorso degli altri mettendo in secondo piano la propria sicurezza. Molti sono stati uccisi in tentativi di rapina o di sequestro, sorpresi nelle loro abitazioni da banditi alla ricerca di fantomatici tesori che il più delle volte si sono dovuti accontentare di una vecchia automobile o del telefono cellulare delle vittime, portandosi via però il tesoro più prezioso, una vita donata per Amore. Altri sono stati eliminati solo perché nel nome di Cristo opponevano l’amore all’odio, la speranza alla disperazione, il dialogo alla contrapposizione violenta, il diritto al sopruso.
Ricordare i tanti operatori pastorali uccisi nel mondo e pregare in loro suffragio “è un dovere di gratitudine per tutta la Chiesa e uno stimolo per ciascuno di noi a testimoniare in modo sempre più coraggioso la nostra fede e la nostra speranza in Colui che sulla Croce ha vinto per sempre il potere dell’odio e della violenza con l’onnipotenza del suo amore” (Benedetto XVI, Regina Coeli, 24 marzo 2008). A questo elenco provvisorio stilato annualmente dall’Agenzia Fides, deve comunque essere sempre aggiunta la lunga lista dei tanti di cui forse non si avrà mai notizia, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano anche con la vita la loro fede in Cristo. Si tratta di quella “nube di militi ignoti della grande causa di Dio” - secondo l’espressione di Papa Giovanni Paolo II - a cui guardiamo con gratitudine e venerazione, pur senza conoscerne i volti, senza i quali la Chiesa e il mondo sarebbero enormemente impoveriti.

Panorama dei continenti
AMERICA
I 23 operatori pastorali caduti in America (18 sacerdoti, 2 seminaristi, 1 suora, 2 laici) sono stati uccisi in Brasile, Colombia, Messico, Cuba, El Salvador, Stati Uniti, Guatemala e Honduras.
Sono 6 i sacerdoti uccisi in Brasile, un numero senza dubbio elevato, tanto che il Consiglio Episcopale di Pastorale della Conferenza Episcopale brasiliana, al termine della sua ultima riunione dell’anno, ha pubblicato una preoccupata dichiarazione sulla crescente ondata di violenza nel paese contro i sacerdoti: “la Chiesa cattolica in Brasile si sente profondamente colpita e indignata di fronte alla violenza contro i suoi figli la cui vita è stata stroncata. Riaffermiamo che nulla giustifica la violenza!”.
Tra i sacerdoti uccisi in Brasile figurano lo spagnolo Ramiro Ludeña, noto come “padre Ramiro”, che lavorava da 34 anni in un'associazione di sostegno ai bambini e ai ragazzi di strada, ed è stato ucciso proprio da un giovane di 15 anni per rapina. Il missionario Fidei donum italiano don Ruggero Ruvoletto, ucciso nella sua parrocchia da cui erano stati rubati una cinquantina di Real (circa diciannove Euro). Don Evaldo Martiol, assassinato da due giovani, vittima di un furto finito in omicidio. “Il suo metodo di evangelizzare era l’amicizia” ha ricordato il Vescovo durante i funerali. P. Gisley Azevedo Gomes, CSS, Assessore nazionale della Sezione Giovani della Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB), ucciso da alcuni giovani che lo hanno prima derubato e poi ucciso. “In maniera deplorevole – hanno affermato i Vescovi - è stato vittima di quella violenza che desiderava combattere”.
La Colombia, con 5 sacerdoti ed 1 laico uccisi, è al secondo posto. Tutti i sacerdoti sono rimasti vittime di furti finiti tragicamente: i due sacerdoti redentoristi p. Gabriel Fernando Montoya Tamayo e p. Jesús Ariel Jiménez sono stati uccisi da un uomo che ha fatto irruzione nell'alloggio dei sacerdoti, molto probabilemte alla ricerca di denaro, uccidendoli entrambi mentre questi erano connessi ad Internet. Il corpo senza vita di don Oscar Danilo Cardozo Ossa è stato ritrovato nella canonica della parrocchia, sul posto sono stati ritrovati anche un bavaglio e alcune corde. Anche don Emiro Jaramillo Cardenas è stato ucciso nella notte nella sua abitazione, mentre don Juan Gonzalo Aristizabal Isaza, è stato ritrovato assassinato all’interno dell’automobile di sua proprietà, abbandonata sull’autostrada regionale. A loro si aggiunge il laico Jorge Humberto Echeverri Garro, professore ed operatore pastorale, impegnato come catechista e nella Pastorale Sociale per la pace e la convivenza, ucciso da un gruppo di guerriglieri durante una riunione in cui si discuteva di alcuni progetti della Chiesa.
In Messico sono stati uccisi un sacerdote e due seminaristi: mentre si dirigevano ad una riunione di pastorale vocazionale, il loro veicolo è stato raggiunto da un altro, sono stati fatti scendere e colpiti a morte con armi da fuoco. L’Arcivescovo di Acapulco ha segnalato che in quella regione del Paese prevale la logica di risolvere tutto con la pistola, la logica del regolamento di conti, dello spargimento di sangue, mentre le forze armate non riescono a tenere sotto controllo il narcotraffico e la violenza.
Particolare commozione ha suscitato anche la morte violenta a Cuba di due sacerdoti spagnoli: don Eduardo de la Fuente Serrano, morto in seguito ad un accoltellamento subito in una strada alla periferia della capitale, e don Mariano Arroyo Merino, ucciso nella sua parrocchia. Il suo corpo era ammanettato, imbavagliato e parzialmente bruciato.
Due le vittime in El Salvador, un sacerdote e un giovane laico: il corpo senza vita del redentorista salvadoregno p. Leopoldo Cruz è stato ritrovato alcuni giorni dopo la sua scomparsa in un canale di una zona rurale di San Salvador. Il giovane William Quijano, della Comunità di Sant'Egidio, è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco da una delle tante gang violente organizzate che assoldano i giovani poveri nelle periferie del Centro America. Da cinque anni William era impegnato nella Scuola della Pace ai bambini poveri del quartiere di Apopa, nei sobborghi della capitale.
L’unica religiosa uccisa nel continente è Suor Marguerite Bartz, delle Suore del Santissimo Sacramento per gli Indiani e i Negri (SBS), uccisa nel suo convento di Saint Berard, nella zona dei Navajo, nel Nuovo Messico (Stati Uniti d’America). La religiosa era conosciuta per essere una donna da sempre appassionata della ricerca della giustizia e della pace. Sempre negli Stati Uniti, don Ed Hinds, parroco della chiesa di San Patrizio a Chatham, nel New Jersey (USA), è stato ritrovato morto nel Rettorato adiacente alla chiesa, coperto da numerosi traumi e ferite provocate da un’arma da taglio.
In Guatemala ha trovato la morte padre Lorenzo Rosebaugh, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI), rimasto ucciso in seguito ad un assalto avvenuto lungo una strada di campagna, mentre con altri sacerdoti si stava recando ad una riunione pastorale. Due uomini armati di fucile e con il viso coperto hanno fermato l’automobile e, dopo aver sottratto ai missionari ciò che possedevano, hanno sparato uccidendo p. Rosebaugh. Infine è stato trovato ucciso in una provincia della parte orientale del Guatemala il sacerdote cappuccino guatemalteco p. Miguel Angel Hernandez, da quattro anni responsabile di una parrocchia di Ocotepeque (Honduras), che era stato rapito alcuni giorni prima.


AFRICA
In Africa hanno perso la vita in modo violento 9 sacerdoti, 1 religiosa ed 1 laico, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudafrica, in Kenya ed in Burundi.
Nella martoriata Repubblica Democratica del Congo, dove la Chiesa e la popolazione locale sono oggetto da lungo tempo di brutalità e continue violazioni dei diritti umani, hanno trovato la morte 2 sacerdoti, 1 religiosa e 1 operatore laico della Caritas. Sia don Jean Gaston Buli che don Daniel Cizimya Nakamaga sono stati uccisi da sconosciuti penetrati durante la notte nella loro abitazione, molto probabilmente per rubare, rispettivamente a Bunia e a Kabare. Suor Denise Kahambo Murahirwa, monaca trappista, è stata uccisa da uomini armati in uniforme che sono entrati nel monastero di “Notre Dame de la Clarté” a Murhesa, 20 chilometri da Bukavu, poi fuggiti senza rubare nulla. Il giovane congolese Ricky Agusa Sukaka, operatore della Caritas, è stato ucciso a Musezero, nel nord Kivu, da due uomini che indossavano uniformi dell’esercito.
Anche in Sudafrica sono stati uccisi 4 sacerdoti. Don Daniel Matsela Mahula, della diocesi di Klerksdorp, è stato ucciso mentre era alla guida della sua auto, da quattro banditi di strada. Don Lionel Sham, 66 anni, parroco di Mohlakeng (arcidiocesi di Johannesburg, Sudafrica), è stato ucciso dopo essere stato rapito dalla sua casa. Il corpo di Padre Ernst Plöchl, della Congregazione dei Missionari di Mariannhill, in Sudafrica da oltre 40 anni, è stato trovato nell’isolata stazione missionaria di Maria Zell. Anche Padre Louis Blondel, dei Missionari d’Africa (Padri Bianchi), è stato ucciso nella notte da alcuni giovani penetrati nell’abitazione dei missionari.
In Kenya sono stati uccisi P. Giuseppe Bertaina, dei Missionari della Consolata, aggredito da alcuni malviventi nell'Istituto di Filosofia dei Missionari della Consolata, a Nairobi, di cui era rettore e amministratore, che lo hanno picchiato, legato e imbavagliato, provocandone la morte per insufficienza respiratoria, e P. Jeremiah Roche, della Società di S. Patrizio per le Missioni Estere, il cui cadavere è stato ritrovato con le mani legate e con ferite di machete alla testa. Un gesto di altruismo è costato la vita a don Révocat Gahimbare, in Burundi: saputo dell’assalto al monastero delle suore “Bene Maria”, si stava recando a portare aiuto alle religiose, ma i banditi gli hanno teso un agguato lungo la strada, uccidendolo.
ASIA
Due i sacerdoti uccisi in Asia nel 2009. In India don James Mukalel è stato trovato morto nei pressi di Mangalore, stato del Karnataka, nell’India meridionale, probabile vittima di violenza anticristiana, dato che in precedenza nell’area si erano verificati alcuni casi di attacchi di integralisti. Nelle Filippine don Cecilio Lucero, difensore dei più deboli e impegnato per la tutela dei diritti umani, è stato ucciso da un gruppo di uomini armati, nella provincia del Nord Samar, a sud della capitale, Manila.


EUROPA
L’unico sacerdote ucciso di cui si ha notizia è don Louis Jousseaume, aggredito e assassinato nella canonica di Egletons, diocesi di Tulle (Francia), dove era parroco. Impegnato anche nel mondo dell’handicap, è stato ucciso proprio da uno di questi emarginati squilibrati di cui si prendeva cura.
Un elenco mai concluso
A questo elenco provvisorio stilato annualmente dall’Agenzia Fides, deve comunque essere aggiunta la lunga lista dei tanti di cui forse non si avrà mai notizia, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano anche con la vita la loro fede in Cristo. Si tratta di quella “nube di militi ignoti della grande causa di Dio” - secondo l’espressione coniata da Papa Giovanni Paolo II - a cui guardiamo con gratitudine e venerazione, pur senza conoscerne i volti, senza i quali la Chiesa e il mondo sarebbero enormemente impoveriti.
“Vivere nella fede in Gesù Cristo, vivere la verità e l’amore implica rinunce ogni giorno, implica sofferenze. Il cristianesimo non è la via della comodità, è piuttosto una scalata esigente, illuminata però dalla luce di Cristo e dalla grande speranza che nasce da Lui”. (Benedetto XVI, udienza generale, 5 novembre 2008) (S.L.) (Agenzia Fides 30/12/2009)


QUADRO RIASSUNTIVO DELL’ANNO 2009



Nome e Cognome
Nazionalità
Istituto o Diocesi
Luogo e data della morte

1.
P. Giuseppe Bertaina
Italia
Missionari della Consolata (IMC)
Nairobi (Kenya) – 16/1

2.
D. Eduardo de la Fuente Serrano
Spagna
Diocesano
L’Avana (Cuba) – 14/2

3.
D. Juan Gonzalo Aristizabal Isaza
Colombia
Diocesano
Medellin (Colombia) – 22/2

4.
D. Daniel Matsela Mahula
Sudafrica
Diocesano
Bloemhof (Sudafrica) – 27/2

5.
D. Lionel Sham
Sudafrica
Diocesano
Mohlakeng (Sudafrica) – 7/3

6.
D. Révocat Gahimbare
Burundi
Diocesano
Karuzi (Burundi) – 8/3

7.
P. Gabriel Fernando Montoya Tamayo
Colombia
Redentoristi
Vichada (Colombia) – 16/3

8.
P. Jesús Ariel Jiménez
Colombia
Redentoristi
Vichada (Colombia) – 16/3

9.
D. Ramiro Ludeña
Spagna
Diocesano
Recife (Brasile) – 20/3

10.
P. Lorenzo Rosebaugh
Stati Uniti
Missionari Oblati Maria Immacolata (OMI)
Alta Verapaz (Guatemala) – 18/5

11.
Padre Ernst Plöchl
Austria
Missionari di Mariannhill
Maria Zella (Sudafrica) – 31/5

12.
Jorge Humberto Echeverri Garro
Colombia
Operatore pastorale laico
Panama di Arauca (Colombia) – 11/6

13.
D. Habacuc Hernández Benítez
Messico
Diocesano
Tierra Caliente (Messico) – 13/6

14.
Eduardo Oregón Benítez
Messico
Seminarista
Tierra Caliente (Messico) – 13/6

15.
Silvestre González Cambrón
Messico
Seminarista
Tierra Caliente (Messico) – 13/6

16.
P. Gisley Azevedo Gomes
Brasile
Stimmatini CSS
Brazlândia (Brasile) – 15/6

17.
Don Mariano Arroyo Merino
Spagna
Diocesano/OCSHA
L’Avana (Cuba) – 13/7

18
Ricky Agusa Sukaka
R.D. Congo
Operatore Caritas
Musezero (R.D.Congo) – 15/7

19
D. James Mukalel
India
Diocesano
Mangalore (India) – 30/7

20
P. Leopoldo Cruz
El Salvador
Redentorista
San Salvador (El Salvador) – 24/8

21
D. Cecilio Lucero
Filippine
Diocesano
Nord Samar (Filippine) – 6/9

22
D. Ruggero Ruvoletto
Italia
Fidei donum
Manaus (Brasile) – 19/9

23
D. Evaldo Martiol
Brasile
Diocesano
Santa Caterina (Brasile) – 26/9

24
D. Oscar Danilo Cardozo Ossa
Colombia
Diocesano
Villavicencio (Colombia) – 27/9

25
William Quijano
El Salvador
Laico, Comunità S.Egidio
San Salvador (El Salvador) – 28/9

26
D. Ed Hinds
Stati Uniti
Diocesano
Chatham (N.J.- USA) – 24/10

27
Don Louis Jousseaume
Francia
Diocesano
Egletons (Francia) – 26-10

28
Suor Marguerite Bartz
Stati Uniti
Suore del Santissimo Sacramento per gli Indiani e i Negri (SBS)
Saint Berard, Nuovo Messico, USA – 1/11

29
D. Hidalberto Henrique Guimaraes
Brasile
Diocesano
Maceió (AL), Brasile – 7/11

30
P. Miguel Angel Hernandez
Guatemala
OFM Cappuccini
Esquipulas (Honduras) - 8/11

31
Don Jean Gaston Buli
R.D. Congo
Diocesano
Bunia (R.D.Congo) – 10/11

32
Don Daniel Cizimya Nakamaga
R.D. Congo
Diocesano
Bukavu (R.D. Congo) – 6/12

33
Padre Louis Blondel
Francia
Missionari d’Africa (P. Bianchi)
Pretoria (Sudafrica) – 7/12

34
Suor Denise Kahambu Muhahyirwa
R.D. Congo
Monaca Trappista
Bukavu (R.D. Congo) – 7/12

35
P. Jeremiah Roche
Irlanda
Società di S. Patrizio per le Missioni Estere
Nairobi (Kenya) – 11/12

36
Don Alvino Broering
Brasile
Diocesano
S.Catarina (Brasile) – 14/12

37
Don Jaramillo Cárdenas
Colombia
Diocesano
S.Rosa de Osos (Colombia) – 20/12


Uccisi nell’anno 2009
Stato religioso

Sacerdoti 30
(19 diocesani; 1 Fidei donum; 3 Redentoristi, 1 Missionari della Consolata: 1 Missionari Oblati di Maria Immacolata; 1 Missionari di Mariannhill; 1 Stimmatini; 1 Padri Bianchi; 1 Società di S. Patrizio; 1 Cappuccino)
Seminaristi 2
Religiose 2
Laici 3

Paesi di origine

Asia 2 (India, Filippine)
America 19 (6 Colombia, 4 Brasile, 3 Stati Uniti, 3 Messico, 2 El Salvador, 1 Guatemala)
Africa 7 (4 R.D.Congo, 2 Sudafrica, 1 Burundi)
Europa 9 (3 Spagna, 2 Francia, 2 Italia, 1 Irlanda, 1 Austria)

Luoghi della morte

Asia 2 (India, Filippine)
America 23 (6 Brasile, 6 Colombia, 3 Messico, 2 Cuba, 2 El Salvador, 2 Stati Uniti, 1 Guatemala, 1 Honduras)
Africa 11 (4 R.D.Congo, 4 Sudafrica, 2 Kenya, 1 Burundi)
Europa 1 (Francia)
(Agenzia Fides 30/12/2009)



CENNI BIOGRAFICI E CIRCOSTANZE DELLA MORTE

L’Agenzia Fides è grata a tutti coloro che vorranno segnalare aggiornamenti o correzioni a questo elenco o a quelli degli anni precedenti.

P. Giuseppe Bertaina, italiano, dei Missionari della Consolata, è stato ucciso la mattina del 16 gennaio 2009, nel suo ufficio a Langata, nell'Istituto di Filosofia dei Missionari della Consolata, a Nairobi, capitale del Kenya. P. Bertaina era rettore e amministratore dell'Istituto. Alcune persone sono entrate di nascosto nell'istituto durante l'orario delle lezioni, mentre studenti e insegnanti erano nelle aule. I malviventi hanno sorpreso p. Giuseppe, lo hanno picchiato, legato e imbavagliato, provocandone la morte per insufficienza respiratoria. P. Bertaina, ordinato sacerdote nel 1951, era in Kenya dagli anni '60. Ha sempre svolto la sua missione in quel Paese, tranne un periodo in Sudafrica, dove si era recato per motivi di studio. Gli omicidi a scopo di rapina sono un fenomeno in continua crescita e colpiscono con frequenza allarmante anche gli istituti religiosi e le altre opere della Chiesa.
(Vedi Agenzia Fides 16/1/2009; 19/1/2009)

Il corpo senza vita del sacerdote spagnolo Eduardo de la Fuente Serrano, è stato rinvenuto la mattina del 14 febbraio 2009, in una zona a nord ovest de L’Avana (Cuba). Secondo le indagini, il sacerdote sarebbe morto in seguito ad un accoltellamento, subito in una strada alla periferia della capitale. La sua automobile è stata ritrovata nel comune di Bauta, a circa 20 chilometri dal luogo in cui era stato abbandonato il suo corpo. Il sacerdote, 61 anni, era nativo di Guadalix de la Sierra, in provincia di Madrid (Spagna), e lavorava da tre anni a Cuba come Parroco nella chiesa di Santa Chiara di Assisi, dove era impegnato soprattutto in opere umanitarie. Le testimonianze di coloro che lo hanno conosciuto mettono in evidenza la sua attenzione verso tutti: i bambini, gli anziani, ed in modo particolare gli adolescenti e i giovani, che aveva coinvolto in un vivo ed impegnato gruppo parrocchiale. Attraverso un intenso e concreto lavoro pastorale era riuscito a ridare vita ad una comunità che risentiva della mancanza di un sacerdote permanente da alcuni anni. Don Eduardo, che a Madrid svolgeva il ministero pastorale nella Parrocchia del Rosario nel quartiere di Carabanchel, aveva cominciato a lavorare a L’Avana circa dieci anni fa, quando tutti gli anni, nel mese di luglio, vi si recava per sostituire un sacerdote. Poi decise di trasferirvisi definitivamente tre anni fa, soprattutto per aiutare le persone più bisognose.
(Vedi Agenzia Fides 16/2/2009; 20/2/2009)

Don Juan Gonzalo Aristizabal Isaza, sacerdote colombiano di 62 anni, è stato assassinato il 22 febbraio 2009: il suo cadavere è stato trovato all’interno dell’automobile di sua proprietà, abbandonata sull’autostrada regionale, nei pressi dell’Università di Antiochia. Il sacerdote era parroco della parrocchia “San Giovanni Apostolo” e cappellano dell’Hotel Intercontinentale di Medellin (Colombia). Inoltre si distingueva per il suo spirito di carità verso i più bisognosi, la sua dedizione pastorale, l’intelligenza, e la donazione agli altri. Nato a Medellin nel 1946, Don Juan Gonzalo Aristizabal Isaza era stato ordinato presbitero il 10 giugno 1973. Laureato in Educazione, aveva conseguito anche il titolo di psicologo e di maestro in psico orientamento. Dopo la sua ordinazione sacerdotale aveva ricoperto diversi incarichi pastorali nelle parrocchie e in diversi istituti scolastici come cappellano, inoltre era stato Rettore della Scuola Ozhanam e Cappellano del Governo di Antiochia (1993-1996). Dal 2 febbraio 2006 era parroco di San Giovanni Apostolo.
(Vedi Agenzia Fides 24/2/2009)

Don Daniel Matsela Mahula, della diocesi di Klerksdorp (Sudafrica), è stato ucciso mentre era alla guida della sua auto, da quattro banditi di strada, vicino a Bloemhof, il 27 febbraio 2009. Nato il 6 giugno 1975 era stato ordinato sacerdote il 22 dicembre 2002. Svolgeva il suo servizio presso la Peter’s Catholic Church di Jouberton.
(Vedi Agenzia Fides 10/3/2009)
Don Lionel Sham, 66 anni, parroco di Mohlakeng (Arcidiocesi di Johannesburg, Sudafrica), è stato ucciso il 7 marzo 2009, dopo essere stato rapito dalla sua casa a Mohlakeng. Il corpo è stato recuperato dalla polizia domenica 8 marzo, poche ore dopo la scomparsa del sacerdote dalla sua parrocchia. P. Sham Lionel era noto per essere aperto a tutti e generoso con le persone nel bisogno.
(Vedi Agenzia Fides 10/3/2009)

Domenica 8 marzo è stato ucciso don Révocat Gahimbare, parroco della parrocchia di Karuzi, in Burundi. Il sacerdote è stato ucciso da 4 banditi travestiti da poliziotti che avevano rapinato il monastero delle Suore “Bene Maria”. Avendo saputo dell'assalto, don Gahimbare si era precipitato al soccorso delle religiose, ma i banditi gli hanno teso un agguato lungo la strada. Il sacerdote è stato raggiunto da una pallottola che lo ha ucciso.
(Vedi Agenzia Fides 10/3/2009)

Due sacerdoti redentoristi, padre Gabriel Fernando Montoya Tamayo (40 anni) e padre Jesús Ariel Jiménez (45 anni), sono stati uccisi la notte del 16 marzo 2009 nel municipio di La Primavera (Vichada), in Colombia. I tragici fatti sono avvenuti nel settore di La Pasqua, giurisdizione del municipio di La Primavera, nel dipartimento di Vichada, ad oltre 500 chilometri da Bogotà e ai confini con il Venezuela. Il doppio crimine è stato commesso da un uomo che la sera del 16 marzo ha fatto irruzione nell'alloggio dei sacerdoti nel Collegio di La Pasqua, molto probabilemte alla ricerca di denaro, uccidendoli entrambi con un’arma da fuoco mentre questi erano connessi ad Internet. P. Gabriel Fernando Montoya era da sette anni direttore del Collegio e stava per passare l’incarico a P. Jesús Ariel Jiménez, che era arrivato da poco come nuovo responsabile.
(Vedi Agenzia Fides 18/3/2009; 20/3/2009)

Il sacerdote spagnolo Ramiro Ludeña, 64 anni, è stato ucciso il 20 marzo 2009 a Recife, nordest del Brasile, dove lavorava da 34 anni in un'associazione di sostegno ai bambini di strada. Secondo le informazioni diffuse dalla polizia, don Ludeño è stato ucciso con un colpo di fucile mentre stava uscendo con il suo veicolo da un parcheggio. Lo sparo lo ha raggiunto al braccio e gli ha perforato il torace. La polizia brasiliana ha fermato un giovane di 15 anni che ha confessato il crimine e si è anche trovata l'arma utilizzata, un fucile. L'adolescente ha spiegato che voleva rapinare il sacerdote mentre si trovava nella sua automobile, e ha sparato perché pensava che stesse cercando un’arma per difendersi. Il sacerdote spagnolo, originario di Toledo, risiedeva in Brasile da 34 anni e lavorava con il Movimento di Appoggio ai Meninos de Rua (Mamer), rivolto ad adolescenti della località di Jaboatao dos Guarapes, nell'area metropolitana di Recife. Secondo gli amici del religioso, don Ludeño era molto affettuoso ed apprezzato da tutti, e non aveva mai ricevuto minacce. Lo descrivono come un uomo tranquillo, ma "energico e determinato" quando si tentava di difendere l'Ong. Era "un sacerdote dotato di una grande sensibilità sociale, che cercava di strappare i bambini e gli adolescenti dalla povertà e dalla tentazione di entrare nella criminalità".
(Vedi Agenzia Fides 21/3/2009)

Il sacerdote statunitense Lorenzo Rosebaugh, 74 anni, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI), è rimasto ucciso in Guatemala il 18 maggio 2009 in seguito ad un assalto avvenuto nel Parco Nazionale Laguna Lachuá, ad Alta Verapaz, una comunità rurale a nord del Guatemala, lungo una strada di campagna che unisce la comunità di Chisec con Ixcán. Due uomini armati di fucile e con il viso coperto hanno fermato l’automobile guidata da p. Rosebaugh nella quale viaggiavano altri quattro sacerdoti, tutti Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI), i quali erano diretti a Laguna Lachuá per una riunione. Dopo aver sottratto loro ciò che possedevano, i delinquenti hanno sparato contro i religiosi, uccidendo p. Rosebaugh e ferendo gravemente p. Jean Claude Nowama, originario della Repubblica Democratica del Congo, mentre gli altri sono usciti illesi dall’attentato. Ai sacerdoti è stato sottratto denaro, un cellulare e degli oggetti liturgici. P. Rosebaugh era in Guatemala dal 1993. Era stato parroco a Chicaman, una parrocchia di montagna popolata dai Maya, e poi nella comunità di Ixcán, una regione al nord del Paese, nota per l’alta concentrazione di criminalità, dove rimase fino al 2000. Dopo essere rientrato in patria per assistere la madre, tornò in Guatemala nel 2005, occupandosi degli ammalati, dei poveri e dei carcerati.
(Agenzia Fides 20/5/2009)

Padre Ernst Plöchl, austriaco di 78 anni, della Congregazione dei Missionari di Mariannhill è stato ucciso nella Provincia Sudafricana del Capo. Il corpo del missionario, in Sudafrica da oltre 40 anni, è stato trovato la mattina di domenica 31 maggio 2009, nell’isolata stazione missionaria di Maria Zell. In un primo momento le autorità locali avevano affermato che il missionario fosse stato ucciso a colpi di armi da fuoco, poi che fosse stato strangolato. P. Ploechl gestiva una scuola di 400 alunni a Matatiele,una città nel sud del Paese. P. Ploechl era nato a Neumarkt im Mühlkreis, nel distretto austriaco di Freistadt, dove aveva conservato dei forti legami ed era ammirato per il suo impegno per i poveri.
(Vedi Agenzia Fides 2/6/2009)

Jorge Humberto Echeverri Garro, 40 anni, professore ed operatore pastorale, l’11 giugno 2009 si trovava a Colonos, Panama di Arauca (Colombia), per partecipare ad una riunione di Pastorale Sociale incentrata sui progetti della Chiesa nella zona a favore del rinvigorimento comunitario, in accordo con la Caritas della Germania. Nel corso dell’incontro, un gruppo di guerriglieri ha invaso il centro urbano e si è diretto fino al luogo della riunione dove, senza dare alcuna spiegazione, ha colpito a morte il docente. Secondo il comunicato diffuso da Mons. Héctor Fabio Henao Gaviria, Direttore del Segretariato Nazionale di Pastorale Sociale, “Jorge Humberto, oltre ad essere riconosciuto per la sua leadership era anche catechista e membro della rete di docenti nell’ambito di un’altra proposta di Pastorale Sociale con i Centri Educativi Gestori di Pace e Convivenza, che viene attivata in questa stessa zona in accordo con l’ACNUR”.
(Vedi Agenzia Fides 15/6/2009)

Il sacerdote messicano Habacuc Hernández Benítez, 39 anni, ed i giovani seminaristi Eduardo Oregón Benítez, 19 anni, e Silvestre González Cambrón, 21 anni, entrambi di Ajuchitlán (Guerrero), sono stati assassinati mentre si dirigevano ad una riunione di pastorale vocazionale, la sera di sabato 13 giugno 2009, nel municipio di Arcelia, a Tierra Caliente (Guerrero). Il sacerdote era Coordinatore della pastorale vocazionale nella diocesi di Ciudad Altamirano (Messico). Secondo la ricostruzione della Polizia, il sacerdote ed i seminaristi sono stati raggiunti dai colpi sparati da alcuni individui intorno alle sette di sabato pomeriggio, 13 giugno, mentre viaggiavano a bordo di un camioncino. Stavano percorrendo una delle strade centrali di Arcelia, quando improvvisamente un altro veicolo li ha raggiunti, sono stati fatti scendere dal camioncino e colpiti con vari colpi di arma da fuoco. L’Arcivescovo di Acapulco, Mons. Felipe Aguirre Franco, ha segnalato che in quella regione del Paese prevale la logica di risolvere tutto con la pistola, la logica del regolamento di conti, dello spargimento di sangue. Allo stesso tempo “le forze armate non bastano a risolvere il problema complessivo del narcotraffico e della violenza”.
(Vedi Agenzia Fides 16/6/2009)

Il 15 giugno 2009 è stato ucciso P. Gisley Azevedo Gomes, CSS, 31 anni, Assessore nazionale della Sezione Giovani della Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB). Il cadavere del sacerdote è stato trovato il giorno dopo, 16 giugno, in prossimità di Brazlândia, città satellite di Brasilia (DF), all’interno della sua automobile, presentava un colpo al viso e due alla testa. La polizia ha arrestato alcuni giovani, autori del crimine: saliti sulla sua vettura, lo hanno prima derubato e poi ucciso. Originario di Morrinhos, p. Gisley era entrato nella Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo ed era stato ordinato sacerdote nel maggio 2005. Era Assessore nazionale della Sezione Giovani della CNBB da appena due anni. Impegnato con i giovani, organizzava insieme alla Pastorale Giovanile del Brasile la Campagna Nazionale sul tema “Gioventù in marcia contro la violenza”. “In maniera deplorevole – hanno affermato i Vescovi - è stato vittima di quella violenza che desiderava combattere”.
(Vedi Agenzia Fides 17/6/2009)
Don Mariano Arroyo Merino, originario della Spagna, 74 anni, è stato trovato morto nella sua parrocchia presso il Santuario di Nostra Signora della Regola a Cuba, il 13 luglio 2009. Il corpo del sacerdote è stato rinvenuto dai vigili del fuoco intorno alle 6.10 del mattino (ora locale), dopo che la guardia notturna aveva visto del fumo uscire dalla parrocchia. Gli assassini hanno pugnalato p. Arroyo e successivamente gli hanno dato fuoco. Il suo corpo era ammanettato, imbavagliato e parzialmente bruciato. Il sacerdote aveva prestato servizio a Cuba negli ultimi 12 anni nella zona residenziale de L’Avana, svolgendo un intenso lavoro pastorale attraverso un carisma particolare verso la religiosità popolare ed il sincretismo religioso. D. Mariano Arroyo era nato il 20 febbraio 1935, a Cabezón de la Sal, Cantabria (Spagna). Era stato ordinato sacerdote il 17 aprile 1960. Poco dopo, nel 1962, era partito come missionario per Santiago dal Cile, dove era rimasto fino al 1968. Dal 1969 al 1979 ha lavorato nuovamente a Madrid (Spagna) come parroco e formatore in Seminario. Nel 1980 era ritornato in Cile e aveva prestato servizio in varie parrocchie della Diocesi di Copiapó. A L’Avana era giunto il 19 gennaio 1997. Nel marzo successivo, era stato nominato parroco di Nostra Signora del Pilar, a L’Avana, e nel dicembre del 2004, Rettore e Parroco del Santuario Nazionale di Nostra Signora della Regola. E’ stato anche consulente del Movimento dei Lavoratori Cristiani e Direttore dell’Istituto di Scienze religiose “Padre Félix Varela”. Padre Arroyo apparteneva all’Opera Cooperazione Sacerdotale Ispanico-Americana (OCSHA).
(Vedi Agenzia Fides 14/7/2009; 16/7/2009; 21/7/2009)

Il giovane congolese Ricky Agusa Sukaka, 27 anni, operatore della Caritas, è stato ucciso nel pomeriggio del 15 luglio 2009 a Musezero, nel nord Kivu, Repubblica Democratica del Congo. Secondo una ricostruzione dell’omicidio, il giovane, che lavorava da un anno come ingegnere agricolo in un progetto di Secours Catholique-Caritas Francia, è stato avvicinato da due uomini che indossavano uniformi dell’esercito mentre rientrava a casa. Successivamente è stato ritrovato il suo cadavere, cui era stata sottratta la maglietta di Secours Catholique che indossava e il portafoglio. La Caritas internationalis ha condannato “l’omicidio brutale di un giovane che lavorava coraggiosamente in una zona di guerra per aiutare gli altri a ricostruire la propria vita”.

Don James Mukalel, 39 anni, è stato trovato morto nei pressi di Mangalore, stato del Karnataka, nell’India meridionale. Il suo cadavere è stato rinvenuto nelle campagne da alcuni parrocchiani il 30 luglio 2009, dopo che il giovane sacerdote non aveva fatto ritorno alla sua parrocchia, nella diocesi siro-malabarese di Belthangady. Il 29 luglio, nelle ore immediatamente prima della morte, secondo i consueti impegni pastorali, il sacerdote aveva visitato alcune famiglie, pranzato in un convento, celebrato un funerale. Il giovane sacerdote era benvoluto da tutti, era sempre sorridente e zelante nel lavoro pastorale. Tra le ipotesi, potrebbe essersi trattato di un caso di violenza anticristiana, dato che lo scorso anno nell’area si erano verificati alcuni casi di attacchi di integralisti.
(Vedi Agenzia Fides 31/7/2009)

Il corpo senza vita del redentorista salvadoregno p. Leopoldo Cruz, di cui non si erano avute più notizie dalla metà di agosto, è stato ritrovato il 24 agosto 2009 in un canale di una zona rurale di El Salvador. Dal momento che il cadavere era già in avanzato stato di decomposizione, risulta difficile stabilire con esattezza le cause e la data della morte. E’ stato arrestato un giovane trovato alla guida dell’automobile di padre Cruz.
(Vedi Agenzia Fides 4/9/2009)

Don Cecilio Lucero, filippino di 48 anni, è stato ucciso il 6 settembre 2009 da un gruppo di uomini armati, nella provincia del Nord Samar, a sud della capitale Manila (Filippine). Secondo la polizia locale, il sacerdote viaggiava sulla sua auto quando è stato fermato da oltre 30 persone che hanno aperto il fuoco, uccidendolo all’istante. Altre due persone che erano a bordo del veicolo insieme con lui sono rimaste gravemente ferite. D. Lucero, parroco nella città di Catubig, era ritenuto da tutti un difensore dei più deboli e un attivista per la tutela dei diritti umani. Era responsabile della Commissione per i Diritti Umani della diocesi di Catarman, cui apparteneva, e aveva avviato diverse iniziative e progetti per difendere i poveri e denunciare gli abusi di potere. Aveva inoltre parenti fra i politici della provincia di Nord Samar: fatto, questo, che, secondo gli investigatori, potrebbe essere legato all’omicidio, in una sorta di vendetta o di avvertimento trasversale di tipo politico. Nella regione di Nord Samar sono numerosi gli omicidi di politici, giornalisti, operatori sociali e pastorali che hanno osato alzare la voce per difendere i diritti umani delle categorie più deboli o accusare di corruzione i potenti.
(Vedi Agenzia Fides 7/9/2009)

Don Ruggero Ruvoletto, missionario Fidei donum italiano di 52 anni, è stato ucciso il 19 settembre 2009, nella sua parrocchia dedicata al “Sagrado Corazon de Maria” nel barrio Santa Etelvina, quartiere periferico di Manaus (Brasile). Intorno alle ore 7 di mattina (ora locale), il diacono della parrocchia, sentiti degli spari, è accorso e ha trovato il corpo senza vita di don Ruggero, inginocchiato vicino al letto, con il capo reclinato, colpito alla nuca da un proiettile. Da testimonianze raccolte sul luogo, pare siano stati rubati una cinquantina di Real (circa diciannove Euro), lasciando molto altro denaro nell’abitazione. Don Ruggero Ruvoletto era nato a Galta di Vigonovo il 23 marzo 1957, in provincia di Venezia, diocesi di Padova. Era stato ordinato sacerdote nel 1982. Dopo aver studiato ecclesiologia a Roma, era rientrato in diocesi nell’agosto 1994, dove si occupò per circa un anno di Pastorale sociale e del lavoro, quindi fu nominato Direttore del Centro Missionario Diocesano, incarico che ricoprì dal 1995 al 2003. Il 6 luglio 2003 partì per il Brasile, come missionario fidei donum, per la diocesi di Itaguaì a Mangaratiba. L’anno seguente partecipò ad un progetto di presenza missionaria alla periferia di Manaus, voluto dalle diocesi locali. Un luogo di confine tra la città e la foresta dove la criminalità è particolarmente aggressiva. Lo stesso don Ruggero aveva recentemente partecipato a una manifestazione per chiedere maggiore sicurezza.
(Vedi Agenzia Fides 21/9/2009)

Un sacerdote di 33 anni, don Evaldo Martiol, della diocesi di Cacador (Brasile), è stato assassinato a Santa Caterina la sera del 26 settembre 2009 da due giovani, di 21 e 15 anni, rispettivamente zio e nipote. Il sacerdote è rimasto vittima di un furto finito in omicidio. Infatti, dopo aver lasciato una cappella ed essere passato a casa di un altro sacerdote, don Evaldo ha dato un passaggio sulla sua automobile ai due giovani che lo hanno ucciso. Il giorno seguente la polizia ha identificato i criminali, che avevano ancora con sé la macchina, il cellulare ed i documenti del sacerdote. I due hanno confessato ed hanno indicato il luogo dove trovare il corpo del sacerdote: 5 chilometri fuori della zona urbana di Cacador, colpito da quattro proiettili. Don Evaldo, originario di Timbò Grande, era stato ordinato sacerdote il 26 aprile 2003. “Il suo metodo di evangelizzare era l’amicizia” ha ricordato commosso il Vescovo diocesano, Mons. Luiz Carlos Eccell, durante i funerali celebrati nella Cattedrale in cui il sacerdote lavorava, e che era colma di fedeli commossi e affranti, perché “padre Evaldo era un figlio amato che faceva amicizia con tutti”.
(Vedi Agenzia Fides 29/9/2009)

Il corpo senza vita di don Oscar Danilo Cardozo Ossa è stato ritrovato nella canonica della parrocchia San Luigi Maria de Montfort a Villavicencio (Colombia), di cui era parroco dal 2003, nel pomeriggio di domenica 27 settembre 2009. Alcuni fedeli, vedendo che il sacerdote non arrivava per celebrare la Santa Messa vespertina, sono andati a cercarlo in canonica e hanno trovato il suo corpo senza vita. Secondo quanto comunicato dalle autorità di polizia, non sono stati trovati segni di scasso o di forzatura, per cui molto probabilmente gli assassini erano conosciuti dal sacerdote. Sul posto sono stati ritrovati un bavaglio e alcune corde. Padre Oscar Danilo Cardozo era nato il 7 aprile 1952 a Toro (Valle). Era stato ordinato sacerdote il 10 giugno 1983. E’ stato Vice-Rettore del Seminario Minore San Pio X di Restrepo, vicario cooperatore di S. Giuseppe Lavoratore, fondatore e parroco della parrocchia Maria Ausiliatrice, cappellano della Colonia Penale Acacias, parroco di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso del distretto di Grass, a San Jose Obrero, quartiere di Nuevo Ricaute, a St. Louis Marie de Montfort (dal 2003), e Delegato Arcivescovile per la radio e il giornale "Eco Llanero”.
(Vedi Agenzia Fides 29/9/2009)

Il giovane William Quijano, 21 anni , della comunità di Sant'Egidio in El Salvador, è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco mentre rientrava a casa, la sera del 28 settembre 2009. Gli assassini facevano parte di una delle tante gang violente organizzate che assoldano i giovani poveri nelle periferie del Centro America. Da cinque anni William era impegnato nella Scuola della Pace ai bambini poveri del quartiere di Apopa, nei sobborghi della capitale, San Salvador. La sua vita pacifica e buona, al servizio dei giovani e dei più bisognosi era nota e rappresentava un'alternativa alle bande violente.
(Vedi Agenzia Fides 1/10/2009)

Il corpo di don Ed Hinds, parroco della chiesa di San Patrizio a Chatham, nel New Jersey (USA), a circa 10 miglia da Newark, è stato ritrovato sabato mattina, 24 ottobre 2009, nella cucina del Rettorato adiacente alla chiesa, coperto da numerosi traumi e ferite provocate da un’arma da taglio. Nel mattino di sabato, poco dopo le 8, un diacono ed una persona della manutenzione lo sono andati a cercare, dato che non si era presentato per la Messa del mattino, ed hanno scoperto l’assassinio. Il sacerdote, 61 anni, era stato visto per l’ultima volta la sera precedente, intorno alle ore 23, durante un incontro comunitario nei locali della rettoria, e stava bene. Molto impegnato nel sostegno agli oppressi, il sacerdote era considerato l’anima e il cuore della comunità di San Patrizio, dove era parroco da 7 anni.
(Vedi Agenzia Fides 26/10/2009)

Don Louis Jousseaume, sacerdote originario della diocesi di Lucon (Francia) è stato aggredito e assassinato la sera del 26 ottobre 2009 nella canonica di Egletons, diocesi di Tulle, dove era parroco dal 1981 oltre che cappellano del movimento “Chrétien en monde rural” (CMR) e responsabile della Pastorale liturgica e sacramentale. Il sacerdote, 70 anni appena compiuti, da oltre 40 prestava servizio pastorale nella diocesi di Tulle, dove tra l’altro era stato cappellano del liceo di Breeve ed impegnato nel mondo dell’handicap. Da quanti lo hanno conosciuto è stato descritto come un uomo affettuoso, aperto, che aveva messo tutta la sua vita sotto il segno del Vangelo, occupandosi in modo particolare dei più poveri e dei più deboli, soprattutto handicappati. Proprio uno di questi emarginati squilibrati lo ha aggredito ed ucciso.

Suor Marguerite Bartz, 64 anni, delle Suore del Santissimo Sacramento per gli Indiani e i Negri (SBS), con sede a Bensalem, Pennsylvania, è stata uccisa nel suo convento di Saint Berard, nella zona dei Navajo, nel Nuovo Messico, domenica 1 novembre. Dal momento che la religiosa non era presente alla Messa domenicale, un collaboratore è andato a cercarla ed ha trovato il suo corpo. Secondo l’FBI la suora è stata assassinata nella notte tra sabato 31 ottobre e la mattina di domenica 1 novembre 2009. La religiosa era conosciuta per essere una donna da sempre appassionata della ricerca della giustizia e della pace. Nata a Plymouth, Wisconsin, nel 1945, suor Marguerite era entrata tra le Suore del Santissimo Sacramento (SBS) nel 1966, a Beaumont, nel Texas, aveva emesso i voti perpetui nel 1974. Dopo la laurea in Lettere ed un Master in educazione religiosa, per oltre 40 anni suor Marguerite era stata in missione in luoghi diversi. Le Suore del Santissimo Sacramento per gli Indiani e Negri (SBS) sono state fondate nel 1891 da Santa Caterina Drexel (1858-1955) per diffondere il messaggio evangelico e la vita eucaristica in mezzo agli Indiani e agli Afro-Americani.
(Vedi Agenzia Fides 03/11/2009)

Padre Hidalberto Henrique Guimaraes, 48 anni, parroco della chiesa della Madonna delle Grazie nel comune di Murici alla periferia di Maceió (AL), in Brasile, è stato trovato ucciso il 7 novembre 2009, due giorni dopo la sua scomparsa. Sabato 7 novembre aveva in programma la celebrazione di una Santa Messa nella città di Branquinha, e proprio a causa della sua assenza un amico si è recato a casa sua per cercarlo. Entrato, ha trovato il corpo insanguinato del sacerdote sul pavimento della cucina, con molti tagli su tutto il corpo. Padre Hidalberto era stato ordinato sacerdote nella chiesa di San Giuseppe, nel quartiere Trapiche, a Maceió, il 14 dicembre 1992. Recentemente si era laureato in giornalismo. Il sacerdote era molto amato dai suoi parrocchiani
(Vedi Agenzia Fides 10/11/2009; 12/11/2009)

E’ stato trovato ucciso in una provincia della parte orientale del Guatemala il sacerdote cappuccino guatemalteco p. Miguel Angel Hernandez, 45 anni, da quattro anni responsabile di una parrocchia di Ocotepeque (Honduras), scomparso da alcuni giorni. Fonti della polizia dell’Honduras avevano comunicato infatti che padre Hernandez era stato rapito mentre andava da Ocotepeque verso la città orientale di Chiquimula (Guatemala). Il corpo del sacerdote è stato trovato all'interno di una piccola pensione nella città di Esquipulas, a circa 222 chilometri a est della capitale, colpito da diverse coltellate. La morte sarebbe avvenuta l’8 novembre 2009. I Cappuccini lavorano da molti anni nella zona di frontiera fra Honduras e Guatemala, dove contano diverse comunità. P. Miguel era stato preside di una scuola cattolica ed era molto amico dei giovani. E’ stato definito un uomo molto impegnato nel lavoro, semplice, chiaro nella predicazione, sempre molto sincero e coerente.
(Vedi Agenzia Fides 11/11/2009; 21/11/2009)

Don Jean Gaston Buli è stato ucciso nella notte tra il 9 e il 10 novembre 2009 da banditi armati introdottisi nella canonica della sua parrocchia di Nyakasanza, a Bunia, nell’Ituri (R.D.Congo). Intorno alle 2,30 del mattino, i malviventi hanno forzato la porta dell’ufficio e hanno ferito mortalmente il sacerdote, che, trasportato ad un vicino ospedale, è purtroppo deceduto poco dopo a causa delle forte emorragia. Don Jean Gaston, 24 anni di sacerdozio, era stato da poco nominato vicario-economo della parrocchia di Nyakasanza.

Don Daniel Cizimya Nakamaga, 51 anni, da 12 sacerdote a Bukavu (R.D. Congo) è stato ucciso nella sua parrocchia di Kabare domenica 6 dicembre 2009 intorno alle due del mattino. Alcuni sconosciuti hanno assalito la casa parrocchiale nella notte, e dopo aver divelto le sbarre di una finestra sono entrati in casa. Don Daniel ha tentato di rifugiarsi nella sua camera ma è stato raggiunto dai malviventi e ucciso a sangue freddo.
(Vedi Agenzia Fides 9/12/2009)

Padre Louis Blondel, dei Missionari d’Africa (Padri Bianchi), è stato ucciso nella notte tra domenica 6 e lunedì 7 dicembre 2009, a Diepsloot, una della township di Pretoria, in Sudafrica. Nella notte tre giovani sono penetrati nell’abitazione dei missionari. Dopo aver svegliato un confratello di p. Louis e un'altra persona che dormiva nella casa, e aver rubato i loro telefoni cellulari, hanno chiesto di aprire la porta principale dell’abitazione. È entrato così un altro ragazzo, che ha chiesto se vi fossero altre persone nella casa. Si sono diretti quindi verso la camera di p. Louis Blondel, che ha aperto la porta ed è stato subito ucciso con un colpo di arma da fuoco. P. Louis Blondel aveva 70 anni ed era originario del nord della Francia. Aveva insegnano filosofia in Tanzania per 15 anni. Dal 1987 si era trasferito in Sudafrica. Nel giugno 2009 aveva terminato il suo secondo mandato come Superiore della Provincia dell’Africa Australe (Malawi, Mozambico e Sudafrica) dei Padri Bianchi. Ha insegnato filosofia al St. Peter’s Seminary, Hammanskraal. Dopo aver fondato “Cordis”, un centro Emmaus, e aver lavorato allo sviluppo di Orange Farm, un’immensa township di Johannesburg, nel 2008 p. Blondel si era trasferito a Diepsloot, un’altra township di circa 300mila persone che si trova tra Johannesburg e Pretoria. A Diepsloot, p. Blondet aveva aperto una nuova parrocchia.
(Vedi Agenzia Fides 9/12/2009)

La sera del 7 dicembre 2009 è stata uccisa suor Denise Kahambu Muhayirwa, 44 anni, monaca trappista, da uomini armati in uniforme entrati nel monastero di “Notre Dame de la Clarté” a Murhesa, 20 chilometri da Bukavu, nel territorio di Kabare, nella Repubblica Democratica del Congo. La religiosa, responsabile dell’accoglienza e della portineria del monastero, è stata uccisa intorno alle ore 20, mentre, dopo aver cantato i vespri con la comunità, si stava recando a sparecchiare i tavoli dove avevano mangiato gli ospiti venuti da Goma per partecipare alla vestizione delle loro figlie che avrebbero dovuto cominciare il noviziato il giorno dopo, 8 dicembre. Accorgendosi della presenza di ospiti non desiderati, la suora si è messa a correre, urlando per avvertire le consorelle, inseguita dai malviventi che le hanno sparato ad una gamba, provocandone la morte.
(Vedi Agenzia Fides 9/12/2009)

P. Jeremiah Roche, irlandese, della Società di S. Patrizio per le Missioni Estere, è stato assassinato nella notte tra il 10 e l’11 dicembre 2009 da alcuni sconosciuti che sono entrati nella sua casa a Kericho, 250 chilometri da Nairobi (Kenya). Il corpo del missionario, che viveva da solo, è stato scoperto da alcuni parrocchiani allarmati dal fatto che p. Roche non si fosse presentato a celebrare la Messa delle 6 del mattino. Il missionario aveva le mani legate e ferite di machete alla testa. P. Roche prestava il suo servizio in Kenya dal 1968 e da poco tempo aveva completato una nuova chiesa. Aveva promosso diversi progetti di sviluppo, grazie anche alla sua incessante attività di raccolta di fondi, che era sostenuta dalla sua numerosa famiglia. Probabilmente alcuni giovani del posto, come ha raccontato il comandante della polizia locale, avranno pensato che il missionario avesse chissà quale tesoro e si sono introdotti in casa per una rapina, finita tragicamente. Dall’abitazione sono scomparsi vestiti, poi ritrovati abbandonati in strada, un lettore cd ed il telefono cellulare.
(Vedi Agenzia Fides 12/12/2009)

Il sacerdote brasiliano don Alvino Broering, 46 anni, è stato accoltellato all'alba del 14 dicembre nello stato meridionale di Santa Catarina (Brasile) da un uomo che poi ha rubato la sua macchina, secondo le informazioni diffuse dalla polizia. Il sacerdote, colpito con diverse coltellate alla schiena, all’addome e al viso, è stato trasportato all'ospedale Marieta Konder Bornhausen, dove lo hanno sottoposto ad intervento chirurgico, ma purtroppo è morto poco dopo. Don Alvino era Cappellano dell'Università di Vale do Itajai e direttore-amministratore della Radio Comunitaria Conceição FM. La radio nel 2010 compirà 10 anni di vita, e padre Alvino aveva già cominciato a fare i preparativi per l’anniversario da festeggiare. E’ stato anche membro dell'Accademia delle Lettere di Itajai, ed era un sacerdote molto attivo nella città e nella regione. Era un sacerdote molto alla mano, di carattere gioviale, carismatico e amato da tutti.
(Vedi Agenzia Fides 15/12/2009)

Il sacerdote colombiano Emiro Jaramillo Cardenas è stato ucciso la sera di domenica 20 dicembre 2009 nella sua abitazione, situata a Santa Rosa de Osos, a 74 km dalla città di Medellin. Secondo alcuni conoscenti del sacerdote, che era responsabile della Cappella "Nostro Signore dell'Umiltà", padre Jaramillo non aveva ricevuto alcuna minaccia contro la sua vita. Il suo corpo è stato trovato da una parente che, sorpreso dal fatto che non fosse arrivato in cappella, è andato a cercarlo. La porta del suo appartamento era aperta ed entrando ha trovato il corpo del sacerdote con delle ferite da coltello. Don Emiro Jaramillo era nato nel 1936 ed è stato ordinato sacerdote nel 1966. Dal 1999 ha lavorato presso la cappella dedicata a "Nostro Signore dell'Umiltà", un luogo ricco di storia e di spiritualità, molto frequentato dai fedeli di questa città.
(Vedi Agenzia Fides 22/12/2009)
(Agenzia Fides 30/12/2009)


E WOJTYLA DELEGÓ PAPA PIO XII A FARE IL MIRACOLO - Di Andrea Tornielli – Il Giornale, 19 gennaio 2010
C'è un presunto miracolo attribuito all'intercessione di Pio XII che potrebbe portare in tempi relativamente brevi alla sua beatificazione. Un miracolo che vedrebbe in qualche modo misteriosamente coinvolto anche Giovanni Paolo II, il cui decreto sull'eroicità delle virtù è stato promulgato da Benedetto XVI lo stesso giomodi quello su Papa Pacelli:la guarigione di una giovane mamma da un linfoma maligno. Il condizionale è d'obbligo, in queste circostanze, ma il caso viene attentamente vagliato dalla postulazione della causa e dalla diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, dov'è avvenuto. La notizia è stata resa nota dal giornale online "Petrus», senza alcun particolare, ma con l'importante conferma del vicario della stessa diocesi.
Il Giornale ha potuto ora ricostruire l'intera vicenda, che sarà studiata nei prossimi mesi.
Siamo nel 2005, poco tempo dopo la morte di Papa Wojtyla. Una giovane coppia che ha già avuto due bimbi, ne aspetta un terzo. Per la madre trentunenne, che fa l'insegnante, la gravidanza si presenta in salita: ha forti dolori e i medici non riescono inizialmente a comprendere l'origine dei suoi disturbi. Alla fine, dopo molte analisi e una biopsia, le viene diagnosticato un linfoma di Burkitt, tumore maligno del tessuto linfatico piuttosto aggressivo, che insorge di frequente nelle ossa mascellari per diffondersi poi ai visceri dell' addome e del bacino e al sistema nervoso centrale. L'attesa della nuova vita che la donna porta in grembo si trasforma in un dramma.
Il marito della donna inizia a pregare Papa Wojtyla, da poco scomparso, per chiedergli di intercedere per la sua famiglia. Una notte, l'uomo vede in sogno Giovanni Paolo Il. «Aveva il volto serio. Mi disse: "Io non posso fare niente, dovete pregare quest'altro sacerdote...". Mi mostrò l'immagine di un prete smilzo, alto, magro. lo non lo riconobbi, non sapevo chi fosse». L'uomo rimane turbato dal sogno, ma non può identificare il prete che Wojtyla gli ha indicato. Pochi giorni dopo, aprendo casualmente una rivista, ecco una foto del giovane Eugenio PaceIli che attira la sua attenzione. È lui quello che aveva visto ritratto in sogno. Si mette in moto una catena di preghiera che chiede l'intercessione di Pio XII. E la donna guarisce dopo le primissime cure. Il risultato è considerato cosi importante che i medici ipotizzano un possibile errore diagnostico iniziale. Ma gli esami e le cartelle cliniche confermano l'accuratezza dei risultati delle prime analisi. Il tumore è sparito, la donna sta bene, ha avuto il suo terzo figlio, è tornata al suo lavoro a scuola. Lasciato passare un po' di tempo, è lei a rivolgersial Vaticano per segnalare il suo caso.
Una conferma il vicario generale della diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, don Carmine Giudici: «È tutto vero - ha dichiarato a "Petrus" - la Santa Sede ci ha comunicato di essere stata contattata da un fedele della nostra diocesi che sostiene di aver ricevuto un miracolo per intercessione di Pio XII. L'arcivescovo Felice Cece ha quindi deciso di istituire a giorni l'apposito Tribunale diocesano. Sarà questo tribunale a vagliare il caso per formulare un primo responso. Se sarà positivo, le carte passeranno a Roma, alla Congregazione delle cause dei santi: qui dovranno essere studiate prima dalla Consulta medica, chiamata a pronunciarsi sull'inspiegabilità della guarigione. Se anche i medici che collaborano con la Santa Sede diranno di si, il caso della mamma guarita sarà discusso prima dai teologi della Congregazione, quindi dai cardinali e vescovi. Soltanto dopo aver superato questi tre gradi di giudizio, il dossier sul presunto miracolo arriverà sul tavolo di Benedetto XVI, che deciderà sul riconoscimento finale. Allora e solo allora, Papa Pacelli potrà essere beatificato.
L'istituzione di un Tribunale diocesano e l'eventuale arrivo della documentazione al dicastero che studia i processi di beatificazione e canonizzazione non significano alcun riconoscimento, ma soltanto che il caso in questione è giudicato interessante e degno di attenzione. È dunque del tutto prematuro ipotizzare sviluppi, ancora di più immaginare date. Quello che colpisce, nella storia della famiglia di Castellammare di Stabia, è il ruolo avuto nella vicenda da Papa Wojtyla, che in sogno avrebbe suggerito al marito della donna la preghiera a quel «prete smilzo» rivelatosi poi essere Pacelli. Quasi che Giovanni Paolo II avesse voluto in qualche modo aiutare la causa del suo predecessore. La notizia del presunto miracolo è arrivata in Vaticano pochi giorni prima che Benedetto XVI promulgasse il decreto sulle virtù eroiche di Wojtyla e a sorpresa sbloccasse anche quello di Pio XII, rimasto in attesa per due anni a motivo di ulteriori verifiche negli archivi vaticani.


L'agonia di Eluana Englaro - Autore: Bellaspiga, Lucia - Fonte: Avvenire, 14 gennaio 2010 pag. 2; CulturaCattolica.it - mercoledì 20 gennaio 2010 - Nelle carte il gelo di un'agonia procurata e nude verità Eluana non era «devastata» ma è stata straziata

«In data 9 febbraio il cadavere della signorina Eluana Englaro veniva trasferito all'obitorio della 'Quiete' su barella in acciaio. Trattasi di cadavere femminile, della lunghezza di circa 171 centimetri, del peso di 53.5 chili, cute liscia ed elastica, capelli neri... Entrambi i lobi presentano un foro per orecchini. Indossa una camicia da notte in cotone rosa». Il resto ve lo risparmiamo. Dura 133 pagine la 'Relazione di consulenza tecnica medico-legale', letta la quale il gip di Udine l'11 gennaio 2010 ha definitivamente stabilito che il tutto è avvenuto 'regolarmente'.

Un testo che si regge a fatica e che toglie il sonno, e non tanto nelle pagine dell'autopsia, quando ormai Eluana è morta, ma in quelle tragiche, disumane dell'agonia, quando era viva e nelle stanze udinesi della 'Quiete' la si faceva morire.
Ora lo sappiamo: nei giorni e nelle notti in cui alla giovane donna venivano sottratti l'acqua e il nutrimento (il sostegno vitale, lo chiama il documento), l'équipe del dottor De Monte sedeva accanto a lei e la osservava, prendeva appunti, diligentemente compilava di ora in ora la 'Scheda di rilevazione degli elementi indicativi di sofferenza'.

Una crocetta alla voce 'respiro affaticato e affannoso' ne indica frequenza e durata, un'altra rileva 'l'emissione di suoni spontanei', un'altra ancora i singoli lamenti sfuggiti a Eluana 'durante il nursing', ovvero mentre le mani di medici e infermieri nulla 'potevano' per salvarle la vita e dissetarla (il Protocollo parlava chiaro, e loro erano lì per applicarlo, volontari), ma sul suo corpo continuavano a operare quelle piccole attenzioni richieste dallo stesso Protocollo: 'Si procederà all'igiene giornaliera di routine al fine di garantire il decoro...'. Il decoro.

Sono pagine meticolose, capillari. Gelide. Il 3 febbraio, primo giorno di ricovero alla 'Quiete' di Udine (nel cuore della notte la giovane era stata prelevata da un'ambulanza e strappata alla clinica di Lecco dove viveva da quindici anni), la voce di Eluana si è sentita sette volte, e l'équipe solerte le ha annotate tutte. I suoni si moltiplicano il 4, e poi il 5, finché il 6 (all'alba di quel giorno si è smesso definitivamente di nutrire e dissetare la giovane) la mano di un'infermiera scrive per la prima volta: 'Sembrano sospiri'. E forse lo sono, se il giorno 7 cessano anche quelli. Eluana morirà improvvisamente già il 9 febbraio alle 19 e 35, senza più la forza di gemere: 'nessun suono', ma ore e ore di 'respiro affaticato e affannoso'. Nei palmi delle mani, strette, i segni delle sue stesse unghie.

Ancora più esplicite le pagine del diario clinico di quei sette giorni udinesi, racconto di un'agonia che inizia sull'ambulanza, quando il dottor De Monte annota la terribile tosse che scosse Eluana, e prosegue con asettico cinismo: Eluana si lamenta, Eluana non ha quasi più saliva, non suda nemmeno più, le mucose si asciugano, 'iniziata umidificazione', 'idratata la bocca', 'frizionata su tutto il corpo con salviette rinfrescanti'. Il decoro.

L'igiene. C'è anche lo spasmo con cui la prima notte arrivò a espellere il sondino: allora lo scrivemmo e ci diedero dei bugiardi... 'Non eseguito cambio pannolone perché non urina più': è il giorno della morte. Tutto regolare, dicono i magistrati, tutto perfettamente annotato. A parte quella mezzoretta tra il decesso e la registrazione dell'elettrocardiogramma, un 'ritardo dovuto alla difficoltà di reperimento dello strumento', scrive il capo dell'équipe... A parte, ancora, quelle tre ore che l'8 febbraio, il giorno prima della morte, in piena agonia, una giornalista di Rai 3 Friuli e un fotografo trascorrono nella stanza di Eluana riprendendone gli affanni

Ci avevano detto che Eluana non avrebbe sofferto, e veniamo a sapere che morì tra gli spasmi, con 42 di febbre. Che da molti anni pesava 65 chili. Che risultava «obiettivamente in buone condizioni generali e di nutrizione, con respiro spontaneo e valido, vigile durante buona parte della giornata». Che da due anni aveva di nuovo «il mestruo». Che l'alimentazione col sondino non aveva mai dato complicanze » e i «parametri vitali si erano sempre mantenuti stabili, la paziente non ha presentato mai patologie ad eccezione di sporadiche bronchiti-influenzali, prontamente risolte con antipiretici ». Ce l'avevano descritta come un corpo 'inguardabile', una vista 'devastante, piagata dal decubito, magra come uscita da un campo di concentramento'.

È pure calva, aggiunse Roberto Saviano... 'Ha capelli neri, cute liscia ed elastica, corpo normale, nessun decubito', recita ora l'autopsia. Ma lo attesta il perito: «Le disposizioni sono state minuziosamente seguite».


Provetta per tutti: un mondo di bebè selezionati - di Assuntina Morresi – Avvenire, 21 gennaio 2010
Violando platealmente la legge 40 sulla procreazione assistita, la recente sentenza del Tribunale di Salerno ha stabilito che – almeno limitatamente al caso in esame – le tecniche di fecondazione in vitro possono essere utilizzate per selezionare embrioni su base genetica, a prescindere dalla fertilità delle coppie. In altre parole, secondo il giudice che ha firmato la sentenza, le tecniche di fecondazione in laboratorio possono essere considerate un’alternativa al concepimento naturale per le coppie portatrici di malattie genetiche, per consentire loro di generare un gran numero di embrioni fra i quali scegliere quelli sani da trasferire in utero, e scartare quelli malati. Se la diagnosi embrionale preimpianto fosse solamente una sofisticata tecnica biomedica di frontiera, una forma di tutela della salute della donna o addirittura – come detto da alcuni – il segno di un senso di responsabilità nell’evitare di mettere al mondo figli malati, allora dovrebbe essere una procedura liberamente accessibile a tutti, anzi: incoraggiata e sostenuta pure economicamente, così come lo sono, ad esempio, l’assunzione di acido folico per prevenire la spina bifida, o il corso di preparazione al parto naturale.

Ma non è così: il fatto stesso che nella maggior parte dei Paesi la diagnosi preimpianto non sia di routine ma si possa eseguire solo per individuare certe patologie, e che si paragoni all’aborto eseguito per motivi eugenetici, e cioè quando il nascituro mostra gravi malformazioni, dimostra che si tratta di qualcosa di molto più problematico di una procedura medica, tanto che di solito è regolata da leggi apposite. Per eseguire la diagnosi preimpianto si deve creare un elevato numero di embrioni in provetta, per essere sicuri di averne abbastanza. Fra dieci­venti embrioni generati, solo uno o due potranno svilupparsi: gli altri saranno lasciati morire in laboratorio o verranno destinati a una crioconservazione in azoto liquido, per un tempo difficilmente prevedibile. L’errore può essere elevato, sia per il metodo in sé, sia per i falsi positivi e negativi; e d’altra parte, anche ipotizzando che l’embrione non venga danneggiato dalla manipolazione, nessuno garantisce che poi il figlio nasca sano, visto che
Lescludere tutte le possibili malattie è evidentemente impossibile.
a distruzione di un numero elevato di embrioni umani, però, è la tragica, ma logica conseguenza di un atteggiamento a monte, quello di chi vuole assolutamente un figlio in qualche modo legato biologicamente a sé, e per il quale dire 'mio' significa esprimere un possesso assoluto. E se un figlio viene percepito solamente come il frutto tanto atteso del proprio 'diritto a procreare' (espressione usata dal giudice di Salerno) allora deve nascere, e nascere sano: se il figlio è dovuto, se è un diritto che posso esigere addirittura dalle leggi dello Stato, allora non può essere malato. E si arriva a dire che l’infertilità di una coppia non va intesa come impossibilità di procreare ma mera difficoltà di procreare, pericolo di procreare un figlio malato: affermazione che, presa alla lettera, significa che i genitori di un figlio gravemente disabile sono per definizione infertili, e che essere fecondi implica automaticamente avere figli sani.

La diagnosi preimpianto è sempre usata per selezionare embrioni sani, ed è quindi una pratica intrinsecamente eugenetica: è illusorio pensare di poterla regolare circoscrivendola a casi estremi, a malattie mortali, gravissime. Se si ammette di avere un figlio solo a condizione che sia sano, allora l’elenco delle malattie da individuare sarà sempre più ampio: da quelle gravissime e certe fin dalla nascita si passerà a quelle che si svilupperanno da adulti, e solo con una certa probabilità, e che magari si possono anche curare. Potendo scegliere, perché far nascere qualcuno predisposto a una malattia? Su una ventina di embrioni a disposizione, perché cercare solo le malattie mortali, e non anche disabilità meno gravose, come la sindrome di Down? Oppure si ammetterà, come avviene in Gran Bretagna, di creare embrioni geneticamente compatibili con fratellini già nati e malati, in modo da utilizzarne cellule e tessuti come farmaco salvavita.

Dal 2001 il 'bambino-farmaco' è stato creato in questo modo per 24 volte e l’Hfea, l’authority inglese sull’embriologia, ha ammesso che solo per pochissimi casi si è arrivati alla guarigione del malato: in questi giorni si sta comunque discutendo se, anziché valutare caso per caso come fatto finora, non sia meglio estendere la pratica a un elenco preciso di condizioni patologiche. Ma può succedere anche il contrario. Qualche anno fa, in un’indagine della John Hopkins University, negli Usa, è emerso che il 3% delle cliniche ha effettuato diagnosi preimpianto per selezionare embrioni con disabilità, su richiesta dei genitori. Se la priorità è il desiderio di papà e mamma, chi è legittimato a giudicare la bontà del desiderio?

Edi scelta in scelta, si arriva a una discussione degli ultimi mesi, sempre in Gran Bretagna, sulla liceità o meno di sottoporre a test genetici i bambini che stanno per essere adottati: lo scorso luglio sulla rivista Familial Cancer , due studiosi di Bristol riferivano di un aumento di richieste, da parte di coppie nella fase di pre-adozione, di sottoporre a test genetici i possibili futuri figli adottivi non per determinare lo stato attuale di salute, ma per avere informazioni sulla loro possibile salute futura.

Non si tratta di voler mettere al mondo bambini destinati a soffrire; la scelta di responsabilità non significa scegliere di chi essere genitore, ma scoprire cosa significa essere genitore. È questa la posta in gioco nelle tecniche di procreazione medicalmente assistita, e di questo dovremmo cominciare a parlare, senza scambiare le proprie aspirazioni con i propri diritti.


Le malefatte della lettura «orientata» - decisione del Tribunale di Salerno -Avvenire, 21 gennaio 2010
Per com­prendere la portata 'eversi­va' della decisione del Tribunale di Salerno è sufficiente ricordare cosa prevede la vigente normativa. L’articolo 1 della legge40 – confermata da un referendum popolare – sancisce il divieto di ricorso alla procreazione assistita per le coppie fertili, mentre l’articolo 13 dispone il divieto di praticare diagnosi sull’embrione concepito per finalità non terapeutiche, ossia di sperimentazione o selettive. In più, tali norme hanno passato il vaglio della Corte costituzionale che l’anno scorso ha rigettato le eccezioni di incostituzionalità, confermando il divieto di selezione eugenetica.
L’abnormità del provvedimento del Tribunale di Salerno sta nell’aver disapplicato una legge dello Stato, attraverso il ricorso alla cosiddetta «lettura costituzionalmente orientata» delle norme. Con l’aggravante del paradosso che la Corte costituzionale sul punto specifico si è già pronunciata, togliendo spazio a qualunque possibilità di interpretazione. Ciò che appare davvero inquietante in questa decisione del giudice salernitano è il prevalere di una personale impostazione ideologica del magistrato rispetto al rigido dettato di una legge approvata dal Parlamento, confermata dall’espressione popolare referendaria e persino dalla pronuncia della Corte costituzionale. Non è esagerato affermare che quella sentenza rappresenti un grave vulnus al nostro sistema democratico Ero uno studente universitario quando, all’inizio degli anni ’80, leggevo gli scritti di un grande giurista, Giovanni Cassandro. Fu lui a denunciare i rischi dell’operato di quei magistrati i quali pensano che «la giustizia debba essere amministrata non applicando la legge e servendo la legge, ma piegando la legge (attraverso l’interpretazione) a strumento eversivo di un ordinamento che non realizza o non realizza ancora l’ideologia che i giudici prediligono, difendono, propagano, e intendono addirittura attuare con le loro sentenze».

Nel nostro ordinamento il potere legislativo, in virtù della rappresentanza conferitagli dal popolo, è l’unico depositario del potere sovrano. E i magistrati sono soggetti alla legge, che costituisce la fonte della loro autorità e ne rappresenta il limite invalicabile. Per questa ragione il provvedimento del Tribunale di Salerno farebbe rivoltare nella tomba il Montesquieu autore dello Spirito delle Leggi e padre della tripartizione dei poteri dello Stato moderno. Così ammoniva il barone politologo: «Tutto sarebbe perduto se un’unica persona o un unico corpo di notabili, di nobili o di popolo esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le risoluzioni pubbliche e quello di punire i delitti o le controversie dei privati». Per questo, Montesquieu sosteneva che i giudici devono limitarsi ad essere la «bocca della legge». Quando dimenticano di essere la « bouche de la loi » e pretendono di essere la « bouche de la vérité », allora in pericolo non c’è soltanto la giustizia ma anche la democrazia di un popolo.
Gianfranco Amato
presidente Scienza & Vita di Grosseto


«Va fermato chi vuole smontare la legge 40» - di Ilaria Nava – Avvenire, 21 gennaio 2010
Il costituzionalista Aldo Loiodice: ormai sembra di essere al mercato, con l’embrione che deve soddisfare ben precise caratteristiche altrimenti viene scartato La provetta diventa addirittura preferibile perché offre più garanzie del concepimento naturale Qualche associazione per la vita potrebbe rivolgersi ai giudici. Ma anche al Parlamento compete di fermare lo scempio
«Un progressivo smantellamento a opera di alcuni magistrati » è quello che si sta verificando con la legge 40, strategicamente impugnata in diversi ricorsi senza che vi sia una vera e propria lite, ma solo al fine di aggirare quanto prescritto.
È l’opinione di Aldo Loiodice, ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Bari e profondo conoscitore della normativa, che ha spesso difeso nelle aule giudiziarie. L’ultima incursione si è compiuta davanti al Tribunale di Salerno, dove un singolo giudice civile, in primo grado, ha letteralmente stravolto diversi articoli della legge, autorizzando la diagnosi preimpianto e l’accesso alla fecondazione artificiale a una coppia fertile.
Professor Loiodice, pensa che questa sia una lettura che contrasta con la legge 40?
Certamente. La pratica della selezione degli embrioni è chiaramente contro lo spirito della legge. L’aspirazione a ottenere un figlio sano al prezzo di trasformare la fecondazione in un processo che porta all’ottenimento di un prodotto con determinate caratteristiche è condannato dall’intera normativa.
In che senso?
La sentenza di Salerno, per quello che finora si sa, mi pare che introduca un approccio differente alla fecondazione, che apre a una concezione utilitaristica e quasi mercantilistica, dove l’embrione deve necessariamente soddisfare certe caratteristiche, altrimenti viene scartato, e dove la fecondazione artificiale può essere scelta liberamente per ottenere questo prodotto finale.
La procreazione assistita diventa così un’opzione che dà maggiori ' garanzie' del metodo naturale.
Ma la ratio della legge 40 non è questa. Ritengo molto grave questo approccio, perché coinvolge, in senso più ampio, il significato della procreazione umana.
Qual è la concezione della procreazione artificiale suggerita dalla legge 40?
La legge permette la procreazione assistita in casi eccezionali, in cui la via naturale è impossibile. Per questo è previsto l’accesso soltanto alle coppie sterili, quando non vi siano altri metodi efficaci per rimuovere le cause della sterilità o dell’infertilità.
Inoltre, nella legge è prescritto il criterio della gradualità, ispirato al principio della minore invasività al fine di evitare interventi con un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari. Per la legge italiana il metodo artificiale dev’essere un’imitazione del processo naturale, laddove questo non è possibile, non un surrogato che può essere scelto in alternativa.
I giudici in alcuni casi non hanno ragionato così.
Credo che un giudice che non riesca a cogliere questo aspetto così chiaro abbia un interesse personale a stravolgere la normativa oppure non abbia approfondito a sufficienza la questione. Il suo ruolo è quello di interpretare la legge, non di stravolgerla. Quello che sta accadendo è molto grave.
Quali rimedi ci sono?
Qualche associazioni per la tutela della vita potrebbe proporre appello. Credo che questo sarebbe giudicato inammissibile, ma almeno si avrebbe l’opportunità di fare presenti in qualche modo le distorsione compiute, anche se solo a livello di opinione pubblica. Anche il Parlamento potrebbe intervenire per evitare il reiterarsi di queste situazioni, ad esempio prevedendo che nelle cause relative agli status delle persone abbia l’obbligo di impugnare le sentenze che sono in aperto contrasto con la relativa normativa, come in questo caso.


«Salute» della donna leva decisiva – di Tommaso Scandroglio – Avvenire, 21 gennaio 2010
Il risultato ottenuto dal magistrato salernitano è frutto di precedenti vittorie ottenute in campo giuridico sulla pelle dei nascituri.
Due sono i cardini delle argomentazioni del giudice: la tutela della salute di chi è già nato prevale sulla vita di chi deve ancora nascere; l’autodeterminazione della donna/della coppia è il principio sommo a cui sempre ci si deve riferire.
Roba vecchia dirà qualcuno e ha ragione.
Nella tristemente nota sentenza n. 27 del 1975, che preparò l’avvento della legge 194, la Corte Costituzionale affermò che non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute della madre e la salvaguardia della vita del figlio.


Poi venne la 194 che all’articolo 4 lascia pieno diritto di vita e di morte alla madre e permette la soppressione del bambino anche solo in caso di pericolo per la salute della donna. Negli anni a seguire la musica non cambia: nei due anni successivi all’entrata in vigore della 194 furono ben 20 le eccezioni di incostituzionalità, tutte respinte dalla Consulta con la medesima motivazione: sul 'bene­vita' del nascituro prevale il 'bene-salute' della donna. Quanto alla legge 40, stando alle linee guida emanate dal ministro Livia Turco nell’aprile del 2008, le indagini sull’embrione possono effettuarsi anche attraverso tecniche genetiche: l’embrione malato corre così il rischio di essere scartato, e la crepa si allarga sempre più.

Nell’aprile 2009 la Consulta mette mano alla legge 40: si possono 'produrre' più di tre embrioni per ogni ciclo questo perché – dicono i giudici – aumentano le possibilità di avere un figlio. La logica sottesa è sempre la stessa: il punto focale non è il figlio, ma i genitori. Arriviamo infine alla sentenza del Tribunale di Bologna che in giugno permette a una coppia fiorentina di selezionare l’embrione sano, dato che il loro primo figlio era affetto da distrofia di Duchenne. A Salerno è quindi caduta solo un’altra tessera del domino. Ci dobbiamo stupire? Siamo costretti ad ammettere che ce l’aspettavamo.