lunedì 25 gennaio 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Benedetto XVI: la comunione dei cristiani rende più credibile l’annuncio - Discorso introduttivo alla preghiera dell'Angelus - CITTA' DEL VATICANO, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questa domenica in occasione della preghiera mariana dell'Angelus, recitata insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti in piazza San Pietro.
2) "Il papa è il primo tra i patriarchi". Tutto sta a vedere come - Con Benedetto XVI, per la prima volta nella storia, gli ortodossi accettano di discutere il primato del vescovo di Roma, sul modello del primo millennio quando la Chiesa era indivisa. Un inedito: il testo base del dialogo - di Sandro Magister
3) L’abortista fai da te che vuole prendersi il Lazio - La candidata del Pd nel Lazio, Emma Bonino, negli anni ’70 aspirava i feti con la pompa delle biciclette e li gettava nella spazzatura. Si fece pure fotografare mentre aspirava un feto. La Bonino praticava aborti e se ne vantava. Per questo fu arrestata. E oggi pur di prendere voti si accredita come amica del Vaticano. La storia che nessuno vuol ricordare…
4) "Dio esiste": il vescovo sfida la scienziata - Faccia a faccia tra Margherita Hack, atea di ferro e presidente onorario dell’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, e monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, che attacca: "Il vero ateo è l'egoista". L'astrofisica ribatte: "I cristiani dovrebbero essere più cristiani". Ma alla fine né vincitori né vinti…


Benedetto XVI: la comunione dei cristiani rende più credibile l’annuncio
Discorso introduttivo alla preghiera dell'Angelus - CITTA' DEL VATICANO, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questa domenica in occasione della preghiera mariana dell'Angelus, recitata insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti in piazza San Pietro.
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Cari fratelli e sorelle!

Tra le letture bibliche dell’odierna liturgia vi è il celebre testo della Prima Lettera ai Corinzi in cui san Paolo paragona la Chiesa al corpo umano. Così scrive l’Apostolo: "Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito" (1 Cor 12,12-13). La Chiesa è concepita come il corpo, di cui Cristo è il capo, e forma con Lui un tutt’uno. Tuttavia ciò che all’Apostolo preme comunicare è l’idea dell’unità nella molteplicità dei carismi, che sono i doni dello Spirito Santo. Grazie ad essi, la Chiesa si presenta come un organismo ricco e vitale, non uniforme, frutto dell’unico Spirito che conduce tutti ad unità profonda, assumendo le diversità senza abolirle e realizzando un insieme armonioso. Essa prolunga nella storia la presenza del Signore risorto, in particolare mediante i Sacramenti, la Parola di Dio, i carismi e i ministeri distribuiti nella comunità. Perciò, è proprio in Cristo e nello Spirito che la Chiesa è una e santa, cioè un’intima comunione che trascende le capacità umane e le sostiene.

Mi piace sottolineare questo aspetto mentre stiamo vivendo la "Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani", che si concluderà domani, festa della Conversione di San Paolo. Secondo la tradizione, nel pomeriggio celebrerò i Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, con la partecipazione dei Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma. Invocheremo da Dio il dono della piena unità di tutti i discepoli di Cristo e, in particolare, secondo il tema di quest’anno, rinnoveremo l’impegno di essere insieme testimoni del Signore crocifisso e risorto (cfr Lc 24,48). La comunione dei cristiani, infatti, rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo, come affermò lo stesso Gesù pregando il Padre alla vigilia della sua morte: "Che siano una sola cosa … perché il mondo creda" (Gv 17,21).

Infine, cari amici, desidero ricordare la figura di san Francesco di Sales, la cui memoria liturgica ricorre il 24 gennaio. Nato in Savoia nel 1567, egli studiò il diritto a Padova e a Parigi e, chiamato dal Signore, divenne sacerdote. Si dedicò con grande frutto alla predicazione e alla formazione spirituale dei fedeli, insegnando che la chiamata alla santità è per tutti e che ciascuno – come dice san Paolo con il paragone del corpo – ha il suo posto nella Chiesa. San Francesco di Sales è patrono dei giornalisti e della stampa cattolica. Alla sua spirituale assistenza affido il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che firmo ogni anno in questa occasione e che ieri è stato presentato in Vaticano.

La Vergine Maria, Madre della Chiesa, ci ottenga di progredire sempre nella comunione, per trasmettere la bellezza di essere una cosa sola nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.


[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Ieri, a Barcellona, è stato proclamato Beato José Samsó i Elías, sacerdote e martire catalano, ucciso durante la guerra civile. Da vero testimone di Cristo, morì perdonando i suoi persecutori. Per i sacerdoti, specialmente per i parroci, egli costituisce un modello di dedizione alla catechesi e alla carità verso i poveri.

Infine saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi della Diocesi di Milano, che a Pentecoste faranno la professione di fede, e quelli della parrocchia di San Romano in Roma, che si preparano alla Cresima; come pure i fedeli di Avellino, Gubbio e Cecchina, e il gruppo della Banca di Piacenza. Rivolgo uno speciale saluto alle famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e a quanti questa notte hanno vegliato nella chiesa di San Gregorio VII pregando per soluzioni giuste e pacifiche dei problemi dell’immigrazione. A tutti auguro una buona domenica.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]


"Il papa è il primo tra i patriarchi". Tutto sta a vedere come - Con Benedetto XVI, per la prima volta nella storia, gli ortodossi accettano di discutere il primato del vescovo di Roma, sul modello del primo millennio quando la Chiesa era indivisa. Un inedito: il testo base del dialogo - di Sandro Magister

ROMA, 25 gennaio 2010 – Questa sera, con i vespri nella basilica di San Paolo fuori le Mura, Benedetto XVI chiude la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

C'è chi dice che l'ecumenismo sia entrato in una fase di recessione e di gelo. Ma se appena si guarda ad Oriente, i fatti dicono l'opposto. Le relazioni con le Chiese ortodosse non sono mai state così promettenti come da quando Joseph Ratzinger è papa.

Le date cantano. Un periodo di gelo nel dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse di tradizione bizantina iniziò nel 1990, quando le due parti si scontrarono sul cosiddetto "uniatismo", sulle forme cioè con cui le comunità cattoliche di rito orientale duplicano in tutto le parallele comunità ortodosse, differendo solo per l'obbedienza alla Chiesa di Roma.

A Balamand, in Libano, il dialogo si bloccò. E ancor più si bloccò sul versante russo, dove il patriarcato di Mosca non sopportava di vedersi "invaso" dai missionari cattolici là inviati da papa Giovanni Paolo II, tanto più sospettato perché di nazionalità polacca, storicamente rivale.

Il dialogo restò congelato fino a quando, nel 2005, salì alla cattedra di Pietro il tedesco Joseph Ratzinger, papa molto apprezzato in Oriente per lo stesso motivo che in Occidente gli procura critiche: per il suo attaccamento alla grande Tradizione.

Prima a Belgrado nel 2006 e poi a Ravenna nel 2007 tornò a riunirsi la commissione mista internazionale per il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse.

E in cima alla discussione andò proprio la questione che più divide Oriente e Occidente: il primato del successore di Pietro nella Chiesa universale.

Dalla sessione di Ravenna uscì il documento che segnò la svolta, dedicato a "conciliarità e autorità" nella comunione ecclesiale.

Il documento di Ravenna, approvato all'unanimità dalle due parti, afferma che "primato e conciliarità sono reciprocamente interdipendenti". E nel suo paragrafo 41 mette a fuoco così i punti di accordo e di disaccordo:

"Entrambe le parti concordano sul fatto che [...] Roma, in quanto Chiesa che 'presiede nella carità', secondo l’espressione di Sant’Ignazio d’Antiochia, occupava il primo posto nella 'taxis', e che il vescovo di Roma è pertanto il 'protos' tra i patriarchi. Tuttavia essi non sono d’accordo sull’interpretazione delle testimonianze storiche di quest’epoca per ciò che riguarda le prerogative del vescovo di Roma in quanto 'protos', questione compresa in modi diversi già nel primo millennio".

"Protos" è parola greca che significa primo. E "taxis" è l'ordinamento della Chiesa universale.

Da allora, la discussione sui punti controversi prosegue con ritmo accelerato. Ed ha cominciato ad esaminare, anzitutto, come le Chiese d'Oriente e d'Occidente interpretavano il ruolo del vescovo di Roma nel primo millennio, cioè quando ancora erano unite.

La base della discussione è un testo che è stato elaborato nell'isola di Creta all'inizio dell'autunno del 2008.

Il testo non è mai stato reso pubblico prima d'ora. È in lingua inglese e può essere letto integralmente in questa pagina di www.chiesa:


> The Role of the Bishop of Rome in the Communion of the Church in the First Millennium


La commissione mista internazionale per il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse ha iniziato a discutere su questo testo a Paphos, nell'isola di Cipro, dal 16 al 23 ottobre del 2009.

Ha cominciato con l'esaminare la predicazione di Pietro e Paolo a Roma, il loro martirio e la presenza delle loro tombe a Roma, che per sant’Ireneo di Lione conferiscono un’autorità preminente alla sede apostolica romana.

Da lì, la discussione è proseguita prendendo in esame la lettera di papa Clemente ai cristiani di Corinto, la testimonianza di sant'Ignazio di Antiochia che indica la Chiesa di Roma come quella che "presiede nella carità", il ruolo dei papi Aniceto e Vittore nella controversia intorno alla data di Pasqua, le posizioni di san Cipriano di Cartagine nella controversia sul battezzare nuovamente o no i "lapsi" cioè i cristiani che avevano sacrificato agli idoli per salvare la vita.

Il proposito è di capire fino a che punto la forma che ebbe il primato del vescovo di Roma nel primo millennio può far da modello a una ritrovata unità tra Oriente e Occidente nel terzo millennio dell'era cristiana.

Di mezzo, però, c'è stato un secondo millennio in cui il primato del papa è stato interpretato e vissuto, in Occidente, in forme sempre più accentuate, lontane da quelle che le Chiese d'Oriente sono oggi disposte ad accettare.

E sarà questo il punto più critico della discussione. Ma le delegazioni delle due parti non hanno timore di affrontarlo. Lo ha detto lo stesso Benedetto XVI lo scorso 20 gennaio, spiegando nell'udienza generale ai fedeli il senso della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani:

"Con le Chiese ortodosse la commissione mista internazionale per il dialogo teologico ha iniziato lo studio di un tema cruciale nel dialogo fra cattolici e ortodossi: il ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio, cioè nel tempo in cui i cristiani di Oriente e di Occidente vivevano nella piena comunione. Questo studio si estenderà in seguito al secondo millennio".

La prossima sessione ha già un luogo prefissato, Vienna, e una data, dal 20 al 27 settembre 2010.

A capo della delegazione cattolica c'è stato in tutti questi anni il cardinale Walter Kasper, presidente del pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani.

A capo della delegazione ortodossa c'è da anni il metropolita di Pergamo Joannis Zizioulas, teologo di riconosciuto valore e di grande autorevolezza, "mente" del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e stimatissimo da papa Ratzinger, con il quale ha un rapporto di profonda amicizia.

Anche con il patriarcato di Mosca i rapporti sono molto migliorati. A Ravenna i delegati russi avevano abbandonato i lavori per un disaccordo con il patriarca di Costantinopoli sull'ammettere o no i rappresentanti ortodossi della Chiesa di Estonia, non riconosciuta da Mosca.

Ma a Paphos, lo scorso ottobre, lo strappo è stato ricucito. E anche con Roma il patriarcato di Mosca è oggi in rapporti amichevoli. Una prova ne è stata. pochi mesi fa, la pubblicazione da parte del patriarcato di un libro con dei testi di Benedetto XVI, iniziativa senza precedenti nella storia.

Da Roma l'iniziativa sarà presto ricambiata, con dei testi del patriarca Kirill raccolti in un volume edito dalla Libreria Editrice Vaticana.

Un incontro tra il papa e il patriarca di Mosca è ormai anch'esso nella sfera del possibile. Forse più presto di quanto si pensi.


L’abortista fai da te che vuole prendersi il Lazio - La candidata del Pd nel Lazio, Emma Bonino, negli anni ’70 aspirava i feti con la pompa delle biciclette e li gettava nella spazzatura. Si fece pure fotografare mentre aspirava un feto. La Bonino praticava aborti e se ne vantava. Per questo fu arrestata. E oggi pur di prendere voti si accredita come amica del Vaticano. La storia che nessuno vuol ricordare…

Leggi la storia che non è da rimuovere.


di ANDREA MORIGI
Aborti, non parole. Gli elettori laziali possono sciogliere i loro eventuali dubbi: Emma Bonino mantiene le promesse elettorali. Lo testimonia la sua storia personale, anche quella dimenticata nei ritratti ufficiali, che ora la esaltano come paladina dei diritti umani. Solo raramente invece spunta una fotografia, pubblicata da Oggi nel 1975, che la ritrae curva davanti a una donna a gambe divaricate nell’atto - vero o messo in scena per il servizio - di strappare la vita a un bambino. Ma l’attuale candidata radicale, appoggiata dal Pd alla presidenza della Regione Lazio, a quei tempi, combatteva una battaglia per il «diritto a una maternità scelta», dirà nel 2006 a Grazia. Da militante radicale, agiva, infilando il tubo di una pompa da bicicletta nell’utero delle donne che si rivolgevano a lei per uccidere il figlio che portavano in grembo. Era l’attuale vicepresidente del Senato ad aspirare personalmente il «contenuto dell’utero». Poi lo depositava in un vaso da marmellata. È lei stessa a ricostruire il macabro procedimento, tralasciando soltanto un particolare: i feti finivano fra i rifiuti. A Neera Fallaci, di Oggi, confidava però la propria e altrui indifferenza: «Alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi, è un buon motivo per farsi quattro risate». Le aveva insegnato a riderci sopra Adele Faccio, con cui nel 1974 aveva fondato a Milano il Centro Informazioni Sterilizzazione e Aborto, che vanta il record di 10.141 aborti procurati, all’epoca clandestinamente, cioè contro la legge che li considerava infanticidi. La Bonino finì anche in galera per qualche giorno, autodenunciandosi. Siccome - allora come oggi - le leggi venivano fatte e disfatte dai magistrati, se la cavò con un’assoluzione che le spalancò le porte del Parlamento, anticipando politicamente la legge 194 del 1978, che ha stabilito le regole per la cosiddetta interruzione di gravidanza. Attualmente si sopprimono circa oltre 120mila l’anno. In trentadue anni di vigenza, senza contare gli eccidi compiuti con mezzi di fortuna, sono milioni gli italiani che l’anagrafe non ha nemmeno potuto registrare. Tanto, mica votano. Eppure, da qualche giorno, la Bonino si mostra tranquilla anche a proposito dei suoi rapporti con il Vaticano: «Sia sui carcerati che sugli immigrati e i malati, il mio rapporto con le associazioni cattoliche è sempre stato ottimo », rispondeva l’altro ieri a Maurizio Belpietro, a Mattino Cinque, dicendosi sicura che «i cattolici, come tutti, ragioneranno sulle candidature, sui percorsi di vita, sui programmi». Fra i cristiani che con lei non intrattengono buoni rapporti, vi è Cesare Cavalleri, che sul mensile che dirige, Studi Cattolici, nell’ottobre 1976 scrive che Marco Pannella, Adele Faccio ed Emma Bonino, istigatori dell’aborto, sono «oggettivamente assassini», in quanto «chi pratica l’aborto è un assassino, e chi istiga gli assassini o con loro collabora si macchia moralmente dello stesso delitto». I tre lo querelano, e il 7 luglio 1980 il Tribunale di Milano lo assolve perché «il fatto non costituisce reato ». Un precedente giuridico importante, che consentirà al centrodestra di propagandare liberamente la verità anche durante la prossima campagna elettorale, toghe rosse permettendo. Del resto, della libertà d’opinione, la Bonino si è fatta sempre fatta paladina. In occasione del FamilyDay, il 12 maggio 2007, si era unita alla contro-manifestazione di piazza Navona, Coraggio Laico, indetta per ricordare la vittoria referendaria per il divorzio. In effetti Romano Prodi, il cattolico adulto, l’aveva nominata ministro per il commercio internazionale e le politiche europee. E anche per questo si era inimicato la Santa Sede e l’elettorato cattolico. Non ne tenne conto nemmeno Silvio Berlusconi quando, da presidente del Consiglio, nel 1995 la nominò commissario europeo. Subito dopo, caduto il suo primo governo, lasciò le chiavi di Palazzo Chigi a Lamberto Dini.

Libero 21 gennaio 2010


Quella è una storia da raccontare
non da rimuovere
di Maurizio Belpietro*
*Direttore di Libero

Si, lo ammetto: ieri ho sbagliato.
La prima pagina sulla Bonino non andava bene: sotto al titolo principale avrei dovuto pubblicare la fotografia di Emma mentre trafficava tra le gambe di una donna e la aiutava ad abortire con una pompa di bicicletta, e invece non l`ho fatto.
Non ho avuto lo stomaco.
Ho pensato ai lettori che ogni mattina vanno all`edicola e a cui già dispensiamo quotidianamente lo schifo della politica e mi sono chiesto: ce la faranno a reggere un`immagine così forte in prima? Mi sono risposto di no: meglio non urtare le coscienze, preferibile pubblicarla dentro, in una pagina interna. Errore: le coscienze le ho urtate comunque, ma quelle di chi preferisce rimuovere, come il nostro Filippo Facci. Il quale non vuole che si ricordi il passato della leader radicale. Vorrebbe ci limitassimo a dire che è una militante impegnata nella difesa dei diritti civili e nulla più.
Al massimo che ha fatto la commissaria della Ue. Meglio non ripescare le vecchie storie, le provocazioni, le foto mentre pratica un aborto, immagini posate da pubblicarsi sul settimanale Oggi, a corredo di un`inchiesta dal significativo occhiello: come orientarsi nella giungla dei consultori familiari.
Quella vecchia istantanea dimenticata nell`archivio della memoria, risale a 35 anni fa, quando la Bonino, all`epoca sconosciuta, coordinava il Cisa, centro informazioni per la sterilizzazione e l`aborto. In realtà, più che distribuire informazioni in quelle stanze si praticavano aborti. A volte le operatrici lavoravano anche a domicilio, cercando di concentrare quattro o cinque interruzioni per casa. Nel 1976 stimarono di averne fatti più di l0mila: erano gli anni della battaglia per la liberazione della donna, degli slogan sulla proprietà dell`utero e sulla propaganda della vasectomia come metodo per non avere figli.
La candidata alla Regione Lazio era in prima fila in quella campagna. Non solo teorizzava l`aborto libero e gratis, ma lo praticava pure. In un`ampia intervista alla sorella della Fallaci, spiegò che per liberarsi del feto bastava poco. «Ci vorrebbe l`aspiratore elettrico», raccontava, «senonché costa un mucchio di quattrini e pesa trasportarlo per fare aborti nelle case». Per risparmiare dunque la Bonino usava un sistema più rudimentale: una pompa di bicicletta con la valvola rovesciata e un barattolo di vetro tipo quelli da marmellata. Si spaventano le donne vedendo questa attrezzatura poco professionale? chiese la giornalista.
E l`intervistata a rispondere che no, alle donne importava un fico secco: «Anzi, è un buon motivo per farsi quattro risate che contribuiscono a sdrammatizzare la faccenda».
Andava fiera la Bonino di quel che faceva, tanto da autodenunciarsi alla procura di Firenze e farsi arrestare dopo la latitanza. Voleva creare un caso, far discutere e costringere la politica a depenalizzare l`aborto, liberando le donne. La vicenda ebbe lunghi strascichi giudiziari. I pm indagarono Emma e altri esponenti radicali per associazione per delinquere aggravata e per aborto, ma la Camera dei deputati, cui nel frattempo era entrata a far parte, negò l`autorizzazione a procedere e lo stesso fece anche anni dopo, nel 1990, quando Pier Luigi Vigna ripresentò la richiesta.
Per paradosso della sorte la sua carriera politica non sarebbe mai cominciata senza quell`immunità parlamentare contro cui la leader radicale si scaglia anche oggi, sostenendo che chi la chiede vuole garantirsi l`impunità. Ma di tutto questo non si deve parlare. Secondo Facci e tanti altri soloni della politica e del giornalismo finto indipendente, certa «roba non dovrebbe trovare dignità di pubblicazione», perché quel che uno ha fatto negli anni Settanta non ha nulla a che fare con quel che farà. Negli Stati Uniti, se qualcuno si candida a fare il governatore di uno Stato, lo rivoltano come un calzino e raccontano perfino se ha fumato uno spinello quando aveva 18 anni e frequentava l`università, ricostruendo tutto, ma proprio tutto, del suo passato. L`articolo di Libero sulla Bonino dunque non è né un attacco personale né un`offensiva contro la legge 194. E solo informazione: so che è difficile capirlo. Ancor di più so che è difficile praticarla.

Da "LIBERO - EDIZIONE MILANO" di venerdì 22 gennaio 2010


"Dio esiste": il vescovo sfida la scienziata - Faccia a faccia tra Margherita Hack, atea di ferro e presidente onorario dell’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, e monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, che attacca: "Il vero ateo è l'egoista". L'astrofisica ribatte: "I cristiani dovrebbero essere più cristiani". Ma alla fine né vincitori né vinti…
Il vescovo e la scienziata atea, un uomo in tonaca e una donna in pantaloni. Un faccia a faccia davanti a un’intera città, un migliaio di persone stipate in un auditorium, 400 all’aperto e chissà quante davanti alle tv che hanno trasmesso il dibattito via satellite. Un confronto cercato e voluto dal monsignore, ansioso di sfidare lo spauracchio che aveva paragonato Dio a Babbo Natale. Un tema, «Dialogo su fede e scienza», che fino a qualche anno fa non avrebbe suscitato tutto questo interesse.
Il vescovo è quello di Verona, Giuseppe Zenti. La scienziata è Margherita Hack. Monsignore non ha particolari incarichi nella Cei; la studiosa invece è conosciutissima, astronoma, astrofisica, accademica dei Lincei, eccetera. E soprattutto atea di ferro, presidente onorario dell’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, quelli dello sbattezzo e delle scritte sugli autobus di Genova («La cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno»). Un incontro ad alto rischio fortissimamente voluto dal presule, uno che ama le grandi sfide: quand’era vescovo di Vittorio Veneto scrisse due lettere a Romano Prodi perorando la causa delle famiglie tartassate e dei precari. Zenti e la Hack si sono fronteggiati a viso aperto, lealmente, menando fendenti ma senza colpi bassi. Dovevano essere tenuti sotto controllo come nei duelli televisivi americani, tipo Obama e McCain: venti minuti a testa per sintetizzare le proprie idee, quattro domande di esperti (un industriale biomedico, un docente universitario, un preside, un prete-giornalista), infine un dialogo diretto. Brevi intermezzi musicali. E niente applausi fino alla fine.
Invece sono state subito scintille appena il vescovo ha chiuso il suo primo intervento dicendo che «il vero ateo è l’egoista». La Hack è saltata su: «I cristiani dovrebbero essere più cristiani». «Quando entrambi ci ritroveremo in paradiso continueremo a discorrere». «No monsignore, il suo è stato un bel discorso ma privo di razionalità». «Io sono credente, non credulone». «Lei porta suggestioni, non ragioni». «La mia ragione sta nell’esperienza quotidiana, dove Dio è presente anche se non lo vedo». «Comunque io in paradiso non ci andrò, le mie molecole svolazzeranno libere nell’aria senza un perché». «Cara signora, come fa a esserne così convinta? Anche questo è un atto di fede». La tesi della Hack è che scienza e fede convivono perché non si parlano, lavorano su piani diversi. «Dio è la più comoda delle risposte per spiegare il mistero che ci circonda. È l’invenzione con cui l’uomo spiega quello che la scienza non chiarisce. Siccome dispiace morire, fa piacere credere in un aldilà. Nell’antichità non si conosceva nulla dell’universo e lo si popolava di dei. Ora che la scienza ha scoperto grandissime verità, lo spazio di Dio si restringe. Com’è possibile che una zuppa di particelle elementari si sviluppi fino a diventare un organo come il cervello umano, più complesso di qualsiasi galassia? Non lo so, ne resto meravigliata ma non voglio spiegarmelo con la scorciatoia di un dio. Io non credo perché non ne ho ragioni scientifiche. Mi sembra un’idea assurda».
Zenti invece ha portato esperienze personali. Ha detto che le domande profonde sul senso della vita sono la prova della grandezza dell'animo umano. «La fede è uno strumento per conoscere. C’entra profondamente con la scienza. A occhio nudo vedo certe cose; ma se uso strumenti come il microscopio o il telescopio vedo più in profondità: la fede opera nello stesso modo, mi fa entrare nel profondo delle cose e perciò è pienamente razionale. Dio c’è perché lo vivo, è la ragione d’essere di tutto l'universo. Mi ha svelato perché sono al mondo, perché vivo e dove approderò da morto. Toglietemi Dio e diventerò una larva».
Si parla di amore e dolore, di vita e morte, del mistero e del destino. La Hack batte sempre gli stessi tasti: «Voi spiegate la complessità della materia con l’azione di un dio, io credo che la materia si sviluppa da se stessa. Sono posizioni equivalenti, entrambe plausibili e indimostrabili. Quella di Dio però mi sembra una soluzione infantile». «Non è una bella incensata», replica il vescovo. E perché Dio non si manifesta di più?, domanda il moderatore, il giornalista Michele Brambilla. «Perché rispetta la nostra libertà, altrimenti sarebbe un marionettista». E la Hack, preferirebbe sapere che esiste un aldilà o il nulla dopo la morte? «Mah, sarebbe bello ritrovarsi con tutte le persone cui ho voluto bene, anche con i miei animali, sarebbe una bella favola. Ma alle favole non credo». È finita senza né vincitori né vinti: come ha riconosciuto la Hack, «ognuno è rimasto della sua idea».
di Stefano Filippi

Il Giornale 21 gennaio 2010