giovedì 18 giugno 2009

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Fecondazione in vitro: coppia bianca, figlio nero - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - mercoledì 17 giugno 2009 - Accade così che qualcuno sbagli provetta e il seme donato non sia quello che era stato destinato alla fecondazione e il bambino che viene al mondo non è quello desiderato.
2) E’ IN LIBRERIA IL NUOVO VOLUME DI ANTONIO SOCCI, “I SEGRETI DI KAROL WOJTYLA” (Rizzoli) 17.06.2009 - Ecco una sintesi del contenuto del libro.
3) Il rapimento mistico di san Paolo nell'interpretazione di san Bonaventura e dei suoi maestri - Il viaggio straordinario dell'apostolo delle genti - Pubblichiamo stralci di una delle relazioni tenute al 57 Convegno di studi bonaventuriani a Bagnoregio. - di Aleksander Horowski Istituto Storico dei Cappuccini, Roma – L’Osservatore Romano, 18 giugno 2009
4) 17/06/2009 11:43 – CINA - Libera, ma “colpevole” la ragazza che ha ucciso il quadro comunista che voleva stuprarla - Secondo i giudici essa avrebbe usato “forza eccessiva” mentre tentavano di farle violenza. La sentenza cerca di piacere alle alte autorità e all’opinione pubblica che vede la ragazza come un’eorina.
5) La partita che l’Europa non può perdere - Roberto Fontolan - giovedì 18 giugno 2009 – ilsussidiario.net
6) IRAN/ Il rifugiato Saberi: Moussavi può aprire il Paese all'Occidente. Ma che farà Khamenei? - Redazione - giovedì 18 giugno 2009 – ilsussidiario.net
7) MANIFESTO CDO/ Le ragioni del no: attenti a non trasformare la scuola in un’azienda - Laura Cioni - giovedì 18 giugno 2009 – ilsussidiario.net
8) PROPOSTA/ La “rivoluzione” di Davide Rondoni: letteratura facoltativa nelle scuole - INT. Davide Rondoni - giovedì 18 giugno 2009 – ilsussidiario.net
9) LA SPACCATURA DELL’ORDINE SULLA NUTRIZIONE - Meno garanzie per i fragili scelta sbagliata dei medici - ALBERTO GAMBINO – Avvenire, 18 maggio 2009
10) 18/06/2009 12.00.11 – Radio Vaticana - Pubblicata la Lettera del Papa per l'apertura dell'Anno Sacerdotale


Fecondazione in vitro: coppia bianca, figlio nero - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - mercoledì 17 giugno 2009 - Accade così che qualcuno sbagli provetta e il seme donato non sia quello che era stato destinato alla fecondazione e il bambino che viene al mondo non è quello desiderato.
La fecondazione in vitro fa sempre discutere, perché se da una parte si mette in evidenza il desiderio buono di maternità, qualcuno inneggia persino ad un “diritto alla maternità”, dall’altra a voler essere sinceri resta sempre il dubbio che quel desiderio d’essere genitori si potesse concretizzare anche in altro modo, con un figlio già nato, con uno di quei bambini che magari hanno bisogno di una famiglia di sostegno, di qualcuno che possa gratuitamente amare senza dire “mio”.

Sono pensieri che spesso vengono ricacciati da dove sono venuti, santo cielo, perché privare una coppia di un figlio, chi dice che qualche volta dietro a questi bambini ad ogni costo c’è il desiderio di un figlio su misura spesso è tacciato d’insensibilità.

Così ecco le donne disposte a tutto per questa gravidanza a
farsi bombardare con gli ormoni, perché le ovaie producano ovuli da fecondare, a volte con il seme del marito, altre, quando questo non è disponibile con il seme di un donatore, già un donatore il più possibile simile al tuo uomo, un donatore di cui scordarsi quando chi vedendo il pargolo succhiarsi il pollice dirà: “che bel bambino somiglia a suo padre” .

Insomma, un figlio è un figlio, ma poi ecco l’imprevisto, l’errore umano, l’incuria o che so io.
Accade così che qualcuno sbagli provetta e il seme donato non sia quello che era stato destinato alla fecondazione e il bambino che viene al mondo non è come quello desiderato.
Un figlio è un figlio, lo hai sentito muovere in pancia, lo hai immaginato e quell’attesa, quel batticuore lo chiamavi già amore, ma ad un tratto quel piccino diventa un estraneo, un imbarazzo, ha la pelle nera.

Lo guardi e non ci vedi l’idea che avevi di lui, lo guardi e cerchi un colpevole, qualcuno che paghi per l’errore commesso.

Ma è tuo figlio, come puoi paragonarlo ad un errore?
Non ha l’incarnato del padre, né quello della madre, ha la pelle scura e tutto crolla, il re è nudo, e tutte le parole sull’amore materno e paterno perdono consistenza.

Che fai?

Esiste un posto dove si restituiscono i figli prima che scada la garanzia?

Eppure sei sua madre, lo hai generato, sei suo padre e spetta a te difenderlo, proteggerlo, quel figlio diverso dal pensiero di figlio che avevi attende da te che gli insegni ad affrontare la vita, cos’è un padre se non questo?
Uno che ti indica la strada che ti dice - coraggio, non sei solo – puoi attraversarla anche con una gamba più corta dell’altra, con la sindrome di down, senza vedere o senza sentire, perché non sono queste caratteristiche che fanno un uomo.

Speriamo che questi genitori si amino, tanto da potersi sorreggere, tanto da poter amare più di quanto avevano immaginato di saper fare.
Speriamo che guardino il loro figlio sorridere e sappiano abbracciarlo e dire; - sei il bambino più bello del mondo, né un guaio, né errore, sei un figlio, mio figlio, il nostro bambino -


E’ IN LIBRERIA IL NUOVO VOLUME DI ANTONIO SOCCI, “I SEGRETI DI KAROL WOJTYLA” (Rizzoli) 17.06.2009 - Ecco una sintesi del contenuto del libro.
Karol Wojtyla dall’età di ventisei anni viveva delle autentiche esperienze mistiche. È questa una delle notizie che il libro di Antonio Socci offre, con testimonianze di prima mano, sull’uomo che più ha impressionato e commosso la nostra generazione. La natura di queste esperienze e le “rivelazioni” soprannaturali che egli custodiva spiegano anche i suoi gesti profetici? E illuminano il suo giudizio sul carattere “apocalittico” dei nostri anni? Giovanni Paolo II è il primo slavo sulla Cattedra di Pietro, primo straniero da 500 anni, uno dei papi più giovani per uno dei pontificati più lunghi della storia della Chiesa, un Papa proveniente da un Paese dell’Est, il Papa che ha abbattuto i sistemi totalitari del blocco comunista, cambiando la storia del mondo, il Papa che ha portato la Chiesa nel terzo millennio e che, con la sua personalità, ha ridato forza al Papato suscitando lo stupore e l’ammirazione di tanti popoli, insieme all’odio di chi ha cercato di assassinarlo sul luogo stesso del martirio di San Pietro.

Ma il suo è anche un pontificato misteriosamente annunciato e accompagnato da una serie stupefacente di profezie, di mistici, di avvenimenti soprannaturali e di manifestazioni della Madonna. Perché? Tanti segni e messaggi – insieme all’evidente drammaticità dei problemi del mondo di oggi – concordano nell’indicare il nostro tempo come lo scenario di drammatiche prove. Cosa sapeva Karol Wojtyla? È vero che lui stesso è riuscito a scongiurare un’immane tragedia che minacciava l’umanità? E come? Rispondere a questi interrogativi porta a riflettere sul presente e su quello che ci aspetta.


Il rapimento mistico di san Paolo nell'interpretazione di san Bonaventura e dei suoi maestri - Il viaggio straordinario dell'apostolo delle genti - Pubblichiamo stralci di una delle relazioni tenute al 57 Convegno di studi bonaventuriani a Bagnoregio. - di Aleksander Horowski Istituto Storico dei Cappuccini, Roma – L’Osservatore Romano, 18 giugno 2009
Il rapimento di san Paolo al terzo cielo, testimoniato dallo stesso apostolo in modo piuttosto fugace nella Seconda lettera ai Corinzi (12, 1-4), affascinò i Padri della Chiesa e i teologi medievali in modo tale da diventare per loro non solo modello di ogni rapimento mistico, ma in qualche misura anche della visione beatifica e, in generale, della visione di Dio che l'uomo può avere nella vita terrena. Le basi della riflessione su questo fenomeno furono poste - nell'ambito della teologia latina - da sant'Agostino, che dedicò gran parte del libro xii del De genesi ad litteram alla spiegazione di quelle poche righe in cui san Paolo svela la sua straordinaria esperienza. Agli albori della grande scolastica medievale il rapimento di Paolo non trova ancora un posto fisso nei trattati di teologia, ma appare piuttosto nei commenti biblici. Tuttavia, all'inizio del xIII secolo appaiono ormai diverse questioni disputate dedicate ex professo a questo tema. Nei commenti alle Sentenze il tema appare accidentalmente e non in tutti i teologi. Anche nel Commento di Bonaventura i riferimenti al rapimento sono pochissimi. Eppure, per il Dottor Serafico era un tema importantissimo, come dimostrano le Collationes in Hexaëmeron in cui intendeva presentare una visione globale della conoscenza umana, un vero e proprio cammino verso la sapienza cristiana, organizzato in sei gradi ascendenti, costituiti da sei visioni, corrispondenti ai sei giorni della creazione. Secondo il progetto, il rapimento mistico avrebbe costituito l'oggetto della sesta visione, sostenuta dai cinque gradi precedenti, inclusa la profezia (la visione del quinto giorno). Ma, conclusa la quarta visione, quella della contemplazione, Bonaventura - a causa della nomina cardinalizia e dell'incarico di preparare il secondo concilio di Lione - dovette interrompere i suoi discorsi, che rimasero incompiuti. Ciò nonostante le anticipazioni pertinenti il rapimento che il Dottor Serafico disseminò lungo le Collationes in Hexaëmeron sono molto importanti per lo studio di questo argomento, specie se lette alla luce di quanto afferma nelle altre opere mistico-spirituali. Sembra inoltre che si possa attribuire a Bonaventura anche un documento autografo - conosciuto come manoscritto 186 del Sacro Convento di Assisi, Fondo Antico Comunale - contenente almeno due questioni disputate dal Dottor Serafico: una De prophetia e un'altra De raptu. Si è pensato così di poter quasi completare o ricostruire la sezione mancante delle Collationes in Hexaëmeron. Un tentativo fu compiuto in parte da Joseph Ratzinger, che si servì della questione De prophetia - o piuttosto di ampi brani di essa - nella trascrizione parziale di Bruno Decker. In seguito, però, la paternità bonaventuriana del manoscritto fu contestata. Uno dei possibili campi di ricerca è quello dell'influsso dei primi maestri francescani sul concetto del raptus Pauli in Bonaventura. L'esplorazione del pensiero di Alessandro di Hales e di Giovanni de La Rochelle apre infatti la strada a una rilettura approfondita dei testi bonaventuriani sul rapimento mistico di Paolo. Alessandro di Hales dedica alla straordinaria esperienza mistica di Paolo un'apposita questione disputata, anteriore al suo ingresso tra i francescani nel 1236. Altro materiale si trova sparso nella sua Glossa alle sentenze e in diverse questioni disputate (antequam e postquam) e testimonia non solo che tale tema non fu periferico o marginale per Alessandro, ma ci permette inoltre di intravvedere una certa evoluzione di alcuni aspetti del suo pensiero. Nelle sue analisi il Doctor Irrefragabilis presta molta attenzione all'analisi psicologica del rapimento mistico, cercando di definire precisamente quale sia l'attività delle potenze dell'anima in questo fenomeno. L'argomento viene sviscerato a partire da diverse prospettive: il legame tra il rapimento e la visione; la relazione tra la visione nel rapimento e la visione beatifica; la distinzione tra la visione nel rapimento e gli altri fenomeni spirituali (la profezia, la contemplazione, il torpore e l'estasi); la sottolineatura dell'aspetto "violento" del raptus; l'inserimento della riflessione sul rapimento paolino nel contesto della storia della salvezza (il progresso della conoscenza); l'analogia tra la visione paolina e quella degli angeli della terza gerarchia; il rapporto tra il rapimento di Paolo e le teofanie concesse a Mosè. Giovanni de La Rochelle (morto nel 1245) stese un ampio commento a tutto il corpus paulinum, che è conosciuto anche con il titolo: Summa super epistolas sancti Pauli. Di questa opera esegetica si sa ancora molto poco. Il commento del rupellense adotta una struttura tipica per l'esegesi scolastica della sua epoca. I suoi elementi fondamentali, nel caso del dodicesimo capitolo della Seconda lettera ai Corinzi, sono: la divisio textus, la expositio e le quaestiunculae. Queste ultime sono ben diciassette nella parte relativa all'esposizione dei versetti 1-2 e soltanto due per i versetti successivi. Entrando nel merito, si nota soprattutto che secondo Giovanni de La Rochelle Paolo sperimentò il rapimento per due volte e sulla base di questi due eventi mistici egli stabilì la fondamentale distinzione tra due tipi di rapimento. Il primo, avvenuto sulla via per Damasco (cfr. Atti, 9, 3-9), viene definito come rapimento al terzo cielo, pertinente all'estasi oppure all'eccesso della conoscenza. Esso è anche relazionato alla visione delle cose ignote e all'intelligenza della profondità delle realtà divine. Il secondo rapimento, realizzatosi nel tempio di Gerusalemme (cfr. Atti, 22, 17), viene definito come rapimento al paradiso, e sarebbe relativo a un altro tipo di estasi, ossia all'eccesso di affetto. Questo secondo tipo di rapimento si riferisce ai misteri che vengono svelati mediante le figure. I versetti 1-2 del capitolo XII della Seconda lettera ai Corinzi sarebbero quindi in relazione al primo rapimento di Paolo, mentre i versetti 3-4, al secondo. Il primo rapimento viene descritto, secondo il rupellense, sotto quattro aspetti: la condizione, il tempo, il modo e il luogo (terminus). Si può dire che Bonaventura ereditò dai primi maestri della scuola francescana vari elementi della dottrina sul rapimento mistico di san Paolo. Di Alessandro di Hales, per esempio, utilizza gli approfondimenti sull'ancoraggio storico-salvifico della teologia. Nella teologia dell'halensis, infatti, il rapimento paolino viene inserito nel contesto della progressiva crescita della conoscenza umana su Dio, realizzatasi nella storia della salvezza scandita dalle rivelazioni concesse nel rapimento mistico ad Adamo, all'apostolo Paolo e all'evangelista Giovanni, corrispondenti ai tre stadi della Chiesa. Queste intuizioni trovarono un meraviglioso sviluppo nel pensiero di Bonaventura, specialmente nelle sue successive sintesi sulla conoscenza mistica e spirituale: nel Breviloquium, nell'Itinerarium mentis in Deum, nelle Collationes in Hexaëmeron, Paolo diventa modello e maestro per eccellenza delle diverse forme della conoscenza di Dio, gerarchizzate come una scala che porta l'uomo verso l'unione con il suo Creatore. Da Giovanni de La Rochelle il Dottor Serafico attinge alcune intuizioni sui due tipi di rapimento mistico, che gli permettono di elaborare una propria teoria del rapporto tra il raptus e l'extasis, tra l'aspetto intellettuale e affettivo della conoscenze mistica. Alla luce della dottrina dei suoi predecessori, il pensiero di Bonaventura apre di fronte agli studiosi nuove prospettive di lettura e di reinterpretazione.
(©L'Osservatore Romano - 18 giugno 2009)


17/06/2009 11:43 – CINA - Libera, ma “colpevole” la ragazza che ha ucciso il quadro comunista che voleva stuprarla - Secondo i giudici essa avrebbe usato “forza eccessiva” mentre tentavano di farle violenza. La sentenza cerca di piacere alle alte autorità e all’opinione pubblica che vede la ragazza come un’eorina.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Deng Yujiao, la ragazza che ha cercato di difendersi accoltellando chi voleva stuprarla, è stata liberata, ma dichiarata “colpevole” per “uso eccessivo di forza”.
Deng, 21 anni, faceva la cameriera in un hotel dell’Hubei. Lo scorso 10 maggio la ragazza ha accoltellato Deng Guida, 44 anni, funzionario del partito che chiedeva a lei delle “prestazioni speciali” invitandola in un bagno. Al rifiuto della ragazza, Deng Guida, che era accompagnato da un altro notabile del partito, ha cercato di violentarla. La giovane, cercando di svincolarsi, lo ha accoltellato con un coltello per la frutta e ha ferito anche l’accompagnatore. Per chiedere aiuto ha poi chiamato la polizia.
Le forze dell’ordine l’hanno dapprima imprigionata per omicidio. Ma la storia di Deng Yujiao si è diffusa via internet e ha raccolto molta simpatia e critiche verso la corruzione e l’immoralità dei membri del partito. La polizia allora l’ha messa agli arresti domiciliari, accusandola di violenze.
Ieri la corte di Badong l’ha condannata per “uso eccessivo della forza”, ma l’ha liberata perché ha agito per autodifesa e perché – secondo loro – la ragazza soffre di “un certo livello di disordine mentale”. I giudici hanno anche ritenuto che chiamando la polizia Deng abbia ammesso in qualche modo la sua colpa.
Molti attivisti in difesa della ragazza sono felici perché non è stata arrestata, ma definiscono la sentenza “un’ingiustizia”. La sentenza sembra essere “salomonica”: da una parte cerca di piacere alle alte autorità perché giudica colpevole la ragazza; dall’altra cerca di piacere all’opinione pubblica che vede Deng Yujiao come un’eroina.


La partita che l’Europa non può perdere - Roberto Fontolan - giovedì 18 giugno 2009 – ilsussidiario.net
Al di sotto della superficie, dove si vedono le grandi dispute internazionali sul Medio Oriente e si assiste alla deriva paurosa del pilastro Pakistan, è in corso una imponente sfida geoeconomica, e dunque anche strategica, tra Stati Uniti e Cina che ha in palio l’America Latina.
Attraverso l’alleanza con il Messico e le prudenti aperture su Cuba, Washington cerca disperatamente di recuperare credibilità e amicizia in un mondo dove gli errori del passato (appoggio alle dittature, potere smisurato delle multinazionali, la teoria dell’America Latina come “giardino di casa”) si connettono con il radicalismo “anti-yankee” dei vari Chavez, Morales, Correa, Kirchner (quello di Lula è più sommesso). Personaggi che ai nostri occhi possono sembrare folkloristici, ma ciò che dicono e quel che fanno passa assai velocemente dal teatro mediatico alla società reale.
Intanto, come sta facendo in Africa, Pechino mette sul tavolo dei presidenti soldi e poi ancora soldi: la fame di denaro da iniettare nelle infrastrutture e per combattere le “sacche” di miseria (“sacche” da decine e decine di milioni di persone), per stare alle necessità ufficiali, è sempre molto acuta. E in qualche mese la Cina ha raggiunto accordi da miliardi di dollari con Argentina, Brasile, Ecuador e Venezuela e certo non si fermerà lì.
Ma intanto non si può non registrare lo strano fenomeno che attraversa le società latinoamericane. Esse non hanno occhi che per l’Europa, del tutto ignorata nella grande partita triangolare in corso. E anche se l’Europa si è chiamata fuori dal gioco, anche se all’Europa non interessa l’America Latina, anche se nessun leader latinoamericano pare guardare in direzione del’Atlantico, nelle città del subcontinente non si sente altro che Europa, non si discorre che di Europa.
I giovani di Santiago non sognano un master a New York ma a Madrid (“la nostra madrepatria” ti dicono saltando d’un passo le secolari polemiche circa colonizzati e colonizzatori), e i favelados brasiliani scorgono l’Italia dietro le scuole pulite dove possono finalmente mandare i loro figli. E ad Asuncion (Paraguay) si riscopre il gigantesco valore delle Riduzioni gesuitiche del XVII secolo per cambiare il presente. Non solo, sembrerà incredibile ma persino l’Unione Europea gode di ammirazione quando si parla con imprenditori e politici “di base”.
Una dicotomia strana, ma evidente, tra due sfere, tra due dinamiche, altrettanto potenti e reali: la partita degli equilibri mondiali e la realtà di quel che si vive e si pensa. Solo che la seconda dispone di molte meno armi politiche e di un discorso pubblico molto più flebile. Molti Paesi dell’America Latina stanno per entrare nel calendario delle celebrazioni dei bicentenari dell’indipendenza. Come è ovvio immaginarsi, sarà un profluvio di retorica, di bandiere, di orgoglio. Ma forse anche la possibilità di aprire un nuovo capitolo di rapporti con l’Europa. Che dipende in gran parte da quest’ultima.


IRAN/ Il rifugiato Saberi: Moussavi può aprire il Paese all'Occidente. Ma che farà Khamenei? - Redazione - giovedì 18 giugno 2009 – ilsussidiario.net
Mercoledì è stata un’altra giornata di dura protesta a Teheran contro il regime di Ahmadinejad. Il regime ha impedito a tutti i corrispondenti internazionali di riprendere le immagini delle proteste, mentre internet veniva oscurato e le linee telefoniche iraniane staccate nel tentativo d’isolare il popolo iraniano dal resto del mondo. A tarda notte l’agenzia stampa Bloomberg.com ha riportato la notizia che decine di migliaia di sostenitori del leader dell’opposizione Moussavi hanno sfilato nel centro di Teheran. La televisione di Stato iraniana ha mandato in onda alcune immagini della giornata di oggi che ha lasciato sul campo almeno quindici vittime. Per oggi il movimento di opposizione ha convocato una manifestazione ancor più grande con la partecipazione di Moussavi stesso per ricordare le vittime di ieri e lunedì.
In un momento come questo il Sussidiario.net ha voluto intervistare Reza Saberi, il padre della giornalista iraniano-americana Roxana Saberi, liberata il 15 Maggio scorso dalle autorità iraniane dopo aver passato quattro mesi nel carcere Evin di Teheran. Reza Saberi, accademico rifugiatosi in America negli anni ’70, è a sua volta un profondo conoscitore della situazione politica iraniana essendo ritornato in Iran per un lungo periodo quattro anni fa e avendo passato gli ultimi mesi a Teheran nel tentativo, conclusosi felicemente, di liberare la figlia ingiustamente imprigionata.
Signor Saberi, dopo la sofferenza di vedere la sua unica figlia imprigionata a Teheran per quattro mesi solo perché americana ed aver gioito per la sua liberazione, cosa prova a vedere tanti giovani iraniani che marciano contro il regime rischiando la propria vita ?
Dopo la liberazione di mia figlia, non avrei mai creduto di potermi stupire durante la mia vita ancora una volta del mio Paese d’origine, e in un modo così profondo. L’odio che il regime diffonde tra la gente nei confronti dell’Occidente, e in particolare degli Stati Uniti, è utilizzato per giustificare i propri insuccessi e l’incapacità di offrire un futuro migliore al popolo iraniano. Innanzi tutto sono orgoglioso del mio Paese d’adozione, gli Stati Uniti, per aver sapientemente gestito con le autorità iraniane il caso di mia figlia Roxana. Grazie al nuovo corso inaugurato dal Presidente Obama, il governo di Teheran non potrà più usare l’antiamericanismo per autogiustificarsi. Il popolo iraniano si vuole liberare dai propri despoti e sa bene che l’America vuole sostenere questo processo con aiuti concreti. Sono altrettanto orgoglioso dei miei compatrioti che sfidano la morte per costruire un Iran migliore. Non mi sarei mai aspettato di vedere così tanta gente riversarsi per le strade e il mio cuore va alle famiglie che hanno perso i propri cari in questi giorni.
Come commenta la volontà espressa dall’ayatollah Khamenei di voler riaprire il conteggio parziale dei voti? Abbas Milani, il direttore di studi iraniani dell’università di Stanford, ha commentato come una vittoria che il leader supremo torni sui suoi passi e Azar Nafisi autore di “Leggere Lolita a Teheran” ha dichiarato che “il mito che il potere non è discutibile è spezzato”.
Purtroppo non riesco ad essere così ottimista. Dal riconteggio dei voti non potrà che essere confermato Ahmadinejad vincitore, dato che la commissione riesaminatrice è composta da componenti allineati al suo governo. L’Ayatollah Khamenei sta aspettando di vedere se queste proteste si esauriranno nei prossimi giorni. È difficile pensare che possa tornare sulla sua decisione, permettendo nuove votazioni e tradendo così Ahmadinejad.
Sembra che in Iran si stia assistendo ad uno scenario del tipo “chi controlla chi?”. Signor Saberi, chi ha davvero in mano le redini del potere in questo momento?
Secondo me, la spaccatura in corso tra i massimi esponenti del potere iraniano è la prova che Moussavi è un autentico leader moderato, che potrebbe davvero portare l’Iran ad aprirsi verso l’Occidente cambiando gradualmente la politica e la società iraniana. Gran parte del futuro dell’Iran dipende ora da quali saranno la strategia e le decisioni dell’Ayatollah Khamenei.
Quali sono oggi i rapporti tra Russia e Iran. I russi sono disposti a sostenere Ahmadinejad qualsiasi cosa succeda?
L’Iran è in una situazione di dipendenza dalla Russia che importa gran parte del petrolio iraniano. Inoltre gran parte della tecnologia per accedere all’energia nucleare è di produzione russa. Quanto al sostegno politico, ai russi importa che determinati equilibri strategici non cambino e che possano continuare a concludere buoni affari, al di là di chi sia il Presidente iraniano in carica.
Si può definire Khamenei una persona molto calma che vuole ponderare la migliore delle decisioni?
Sì e questo mi lascia ancora un briciolo di speranza.
Khamenei nei prossimi giorni sarà posto innanzi a una scelta difficile: o lasciare che la protesta aumenti ottenendo il cambio del voto elettorale, o reprimere con la violenza le manifestazioni, mettendo così a rischio l’immagine della rivoluzione islamica che si regge su un mandato popolare.
Io spero con tutto il cuore in una soluzione pacifica. L’Iran ha un gran bisogno di pace. Non conosco le intime convinzioni di Khamenei, ma come potrà abbandonare Ahmadinejad ?
(Mattia Sorbi)


MANIFESTO CDO/ Le ragioni del no: attenti a non trasformare la scuola in un’azienda - Laura Cioni - giovedì 18 giugno 2009 – ilsussidiario.net
Caro direttore,
da sempre sono stata contraria all’autonomia scolastica introdotta dall’allora ministro Berlinguer. Insegnando in un liceo, mi è da subito stato chiaro che questo tipo di scuola non ha i mezzi per sostenersi e per funzionare, a meno di finanziarsi con i progetti. Negli anni ho toccato con mano che i progetti molto raramente servono all’istruzione degli allievi, che a quella età hanno bisogno di una solida istruzione di base. Quella che la scuola oggi non garantisce più, anche per merito dell’esame di Stato introdotto nel 1997 dallo stesso ministro: dalla prova di italiano, alla terza prova, alla tesina sembra partorito da una mente malata. Se questa è la verifica finale dell’apprendimento, non è difficile immaginare che cosa si richiede ormai negli anni precedenti.
I progetti ingrassano altri: i furbi, quelli che non amano l’insegnamento istituzionale, quelli che si illudono di coagularlo sotto un’unica tematica annuale, i corsi di bridge, di danza africana, quelli che lavorano in unità con il territorio, quelli che organizzano i vari spettacoli di fine d’anno con corredo di magliette o di cappellini gratis per tutti.
Detto questo sono molto contraria a considerare la scuola come una azienda, perché essa è un luogo di formazione di giovani, produce, ma neanche produce, potrebbe o dovrebbe favorire la crescita intellettuale, la libertà del pensiero, la capacità critica della persona, tutti beni non misurabili, neanche dai più raffinati metodi statistici, che descrivono solo qualche aspetto di una realtà molto più complessa e sovente non fanno che confermare ciò che il buon senso e l’esperienza già indicano.
D’altra parte la scuola così costa troppo allo stato, che ne gestisce più del 90%. Se costa troppo, o si taglia (ed è quello che ha fatto la Moratti, impoverendo ancora di più le magre risorse, togliendo ad esempio le ore a disposizione che garantivano di coprire l’emergenza immediata delle supplenze) o si fa pagare a chi usa del servizio e poi si controlla. Chi l’ha detto che la scuola non dell’obbligo debba essere gratuita? Sarà impopolare, ma forse così andare sui banchi dai 14 ai 19 anni sarà sentito un po’ di più come un impegno e non solo come un diritto. Se uno vedesse quanto mangiano, bevono e quindi spendono gli studenti nelle mattinate di scuola, capirebbe che la grande maggioranza delle famiglie degli allievi di liceo non manca di risorse forse utilizzabili in modo più proficuo, a cominciare dai libri.
Ciò che mi pare fuori dal mondo è (se ho capito bene) la proposta avanzata dal Documento della CdO sulla scuola diretta da un Consiglio di Amministrazione composto di membri in gran parte esterni alla scuola stessa (sempre se non fraintendo). Già il Consiglio di Istituto attuale ha tolto ogni potere decisionale al Collegio Docenti. Figuriamoci dove va la libertà di insegnamento, già ora mortificata da una burocrazia e da un legalismo che sono nelle carte, ma ancor più nei rapporti, in un assetto di questo tipo. Veramente un Consiglio di Amministrazione tratterebbe i professori in modo più dignitoso di quanto fa lo stato adesso? Per l’esperienza da me fatta in una scuola paritaria, direi proprio di no. Almeno lo stato, in caso di malattia, salva il posto di lavoro, cosa che altrove non mi è successa.
Quanto al reclutamento degli insegnanti a chiamata diretta da parte della direzione della scuola, mi pare che si facciano poco i conti con la realtà, almeno quella attuale. Chissà, forse con decenni di lavoro serio, forse sarà possibile formare altri presidi e altri insegnanti. Per ora non vedo sostanziali differenze tra un metodo di reclutamento come quello attuale, con le sue contraddizioni, e quello auspicato o richiesto, non so, dal Documento.
Un piccolo suggerimento: perché, accanto al lavoro per produrre questo documento, non si dedicano energie e mezzi a immaginare un modo praticabile di formazione degli insegnanti? Non sono forse loro che fanno la scuola, sia essa statale o paritaria? O forse, sotto sotto, interessano di più gli assetti istituzionali e i soldi, tanto poi chi non ha di meglio che fare l’insegnante si trova sempre?
Laura Cioni


PROPOSTA/ La “rivoluzione” di Davide Rondoni: letteratura facoltativa nelle scuole - INT. Davide Rondoni - giovedì 18 giugno 2009 – ilsussidiario.net
Davide Rondoni, uno dei poeti italiani contemporanei più famosi, curatore della rivista "Clandestino", nonché intellettuale e studioso di fama internazionale ha lanciato una proposta rivoluzionaria. Una provocazione, che se accettata sarebbe di portata incredibile. Quella di rendere facoltativo l'insegnamento della letteratura e della poesia nelle scuole italiane.
Rondoni, la sua è una proposta rivoluzionaria: perché ha deciso di lanciarla, e quali sono i motivi?
Penso che l'insegnamento della letteratura e della poesia nelle scuole italiane sia un fatto da migliorare al più presto. Infatti attualmente i ragazzi che studiano autori importanti come Dante, Petrarca, Leopardi, li dimenticano, li tralasciano quando lasciano la scuola. Non c'è un reale interesse da parte loro. Questo perchè l'insegnamento della letteratura e della poesia nelle scuole è affrontato in maniera sbagliata, spesso in modo analitico. La mia proposta non vale per la scuola dell'obbligo, ma dalle superiori in poi e lo studio facoltativo parte dopo che i professori hanno proposto con alcune lezioni il metodo di incontro con la letteratura che vogliono insegnare. Si divulgano poeti e scrittori senza farne comprendere la loro opera, senza comunicare ai ragazzi la vera essenza di tutta la loro opera artistica. Questo perchè gli insegnanti spesso non fanno capire agli studenti che il significato di questi grandi autori non sta solo nell'esprimere sentimenti. La grandezza di un artista riguarda tutto l'aspetto complessivo della vita. Non si possono leggere le opere di questi grandi personaggi senza intesserli fino in fondo col rapporto più profondo dell'esistenza.
Non teme però che una poesia, una letteratura facoltativa venga sempre più abbandonata dagli studenti?
Già succede, perchè non c'è quell'interesse diretto e vero, come testimonia la grande indifferenza degli studenti che una volta finita la scuola, dimenticano completamente anche gli autori più grandi. Sta quindi alla libertà dei ragazzi, che potranno scegliere di seguire queste ore facoltative, magari stimolati dalla preparazione e dall'aiuto di professori validi e motivati fino in fondo. Penso che sia meglio così piuttosto di continuare ad insegnare materie che non entrano direttamente al cuore di chi le studia.
Ma secondo lei, la poesia, la letteratura al di là del fatto che venga insegnata sempre bene, non ha sempre un valore?
Non sono d'accordo. E' importante come vengono insegnate, come vengono presentate. Come un buon piatto di spaghetti, se viene affogato in un brodo tiepido e insipido diventa orrendo, anche la poesia in una broda di citazioni, di analisi, di sughi acidi. Insomma, anche Dante se viene anatomizzato o banalizzato perde di sapore.
Anche perchè soprattutto negli ultimi anni, la poesia ha trovato un crescente interesse da parte di un pubblico sempre più vasto, rispetto al passato...
Si è vero, la poesia ha trovato sempre maggiore spazio, un pubblico affezionato anche al di fuori delle scuole. Questo spiega che la mia idea non è così sbagliata. Anche autorevoli poeti come Roberto Mussapi e Maurizio Cucchi sono d'accordo con questa mia proposta. L'interesse per la poesia, se è veramente reale, può aver luogo anche in altri ambiti, dove ci sia quel reale interesse che è necessario sempre avere.
E fuori dall'Italia la situazione com'è?
Direi identica. Ad esempio in Francia le cose non cambiano molto. C'è una crisi della poesia e della letteratura, nelle scuole, degli stessi studenti che sembrano essere indifferenti a queste forme artistiche che ha spinto un personaggio come un grande uomo di cultura il rumeno Todorov a scrivere il libro "La letteratura in pericolo". Purtroppo i motivi che mi spingono a portare avanti questa proposta non nascono da una finta e sterile polemica. E' un modo per ridare valore alla poesia e alla letteratura e farne capire veramente tutta la loro straordinaria essenza.
(Franco Vittadini)


LA SPACCATURA DELL’ORDINE SULLA NUTRIZIONE - Meno garanzie per i fragili scelta sbagliata dei medici - ALBERTO GAMBINO – Avvenire, 18 maggio 2009
Il recente documento approvato a maggioranza dagli Ordini dei medici, con una spaccatura che lascia il segno, fa trasparire una critica di fondo al disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) all’esame della Camera su cui occorre fare chiarezza.
Il documento assume come postulato l’esaustività del Codice deontologico rispetto alle decisioni sulla salute, riconducendole nell’ambito della cosiddetta 'alleanza terapeutica' tra medico e paziente. In questo orizzonte entrerebbero anche le dichiarazioni anticipate, che si collocherebbero automaticamente nella relazione di cura e nei 'diritti individuali' protetti dalla nostra Costituzione. Con la conseguenza che il diritto (cioè il legislatore) dovrebbe farsi 'mite' e non entrare più di tanto nell’autonomia decisionale del medico e del paziente.
Si tratta, in realtà, di un ragionamento viziato in partenza. La vicenda delle dichiarazioni anticipate, infatti, non sempre si iscrive nell’ambito di un’alleanza terapeutica, intesa come relazione di cura (così non è stato proprio per il caso Englaro). Nelle malattie cronico-degenerative si è al cospetto di una relazione tra medico e paziente e, dunque, le dichiarazioni di quest’ultimo sono legate a una patologia che si sviluppa gradualmente. Ed è legittimo che si collochino entro un’alleanza terapeutica.
Non altrettanto si può dire invece per le dichiarazioni rese al di fuori di una condizione di malattia, in cui un cittadino in piena salute intenda esprimere desideri su eventuali trattamenti futuri. In questa situazione il medico può solo fornire informazioni medico-cliniche e raccogliere le preferenze sui possibili trattamenti. L’autonomia decisionale del cittadino – non ancora paziente – su future ed eventuali cure si realizza piuttosto nel quadro dei diritti e dei doveri in una comunità organizzata, e non dunque nell’ottica dei 'diritti individuali' nella relazione medico-paziente.
Emblematico è il richiamo della nostra Carta costituzionale, che all’articolo 32 tutela la salute sia come fondamentale diritto dell’individuo sia come interesse della collettività. La riduzione della libertà del paziente dentro lo schema dei diritti individuali nella relazione medico­paziente finisce, invece, per confliggere con i valori di fondo del nostro sistema giuridico-costituzionale, che distingue con saggezza tra scelte del singolo e scelte dell’ordinamento: dove c’è un giudizio negativo del legislatore, l’azione del singolo non potrà trasformarsi in pretesa giuridica. Se dunque una 'mitezza' del diritto può essere accettabile nell’incontro tra le sfere di autonomia del paziente e del medico curante, non lo è più quando l’autonomia del singolo si misura direttamente con l’intera comunità e i suoi valori.
In quest’ottica il disegno di legge approvato dal Senato esclude che la volontà del paziente sia l’unico fattore cui ricondurre la legittimità dell’intervento medico. Ma non solo: il ddl Calabrò esclude anche che una dichiarazione di rifiuto del sostentamento (la nutrizione assistita) possa essere inserita all’interno di una Dat. Se così fosse, infatti, ne legittimerebbe l’attuazione e violerebbe sul nascere la sfera di autonomia e di responsabilità propria del medico.
Del resto, che nel documento degli Ordini non ci sia adeguata consapevolezza dei confini giuridici del ruolo del medico emerge con una certa ingenuità nell’indebita equiparazione tra funzioni del medico e del fiduciario: si dice che entrambe sono volte a perseguire il «migliore interesse del paziente», ma questa espressione assume significati diversi nell’esercizio dei due ruoli. È evidente che si tratta di due posizioni giuridicamente assai diverse: il fiduciario deve attuare con rigore la volontà del cittadino-dichiarante, mentre il medico deve garantire la salute e la vita del paziente. Anche questa imprecisione consegue a quel malinteso ruolo del diritto, declassato da elemento fondativo 'forte' a strumento 'debole' di ratifica della volontà autodeterministica dell’individuo. Attenzione, però: storicamente questo paradigma ha finito per rendere i deboli ancora più indifesi, e i malati ancora più fragili.


18/06/2009 12.00.11 – Radio Vaticana - Pubblicata la Lettera del Papa per l'apertura dell'Anno Sacerdotale
Un anno per “promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi”: è quanto auspica il Papa nella Lettera indirizzata ai “fratelli nel sacerdozio” in occasione dell’Anno Sacerdotale che si aprirà domani 19 giugno, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e Giornata di preghiera per la santificazione del clero. Una iniziativa voluta da Benedetto XVI in coincidenza con il 150.mo anniversario del “dies natalis” di San Giovanni Maria Vianney, Patrono dei parroci, morto il 4 agosto del 1859. Il servizio di Sergio Centofanti:

La Lettera propone ai sacerdoti di tutto il mondo un percorso semplice e concreto sull’esempio del Curato d’Ars. Il Papa sottolinea anzitutto “l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità”. Ricorda le “fatiche apostoliche”, il “servizio infaticabile e nascosto” e la carità di tanti preti, dediti senza riserve al servizio di Dio e del prossimo “pur tra difficoltà e incomprensioni”, talora tra persecuzioni “fino alla suprema testimonianza del sangue”. Rileva con amarezza “anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. E’ il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto”.


Quindi indica con semplicità gli elementi che hanno fatto del Curato d’Ars “un pastore secondo il cuore di Dio”: prima di tutto era un uomo “umilissimo” ma nello stesso tempo “consapevole, in quanto prete” di essere per la sua gente “uno dei doni più preziosi della misericordia divina”. “Sembrava sopraffatto da uno sconfinato senso di responsabilità”: “Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra – diceva – moriremmo: non di spavento, ma di amore”. Sapeva di essere chiamato “ad incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica”. “Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare” – scrive Benedetto XVI – è la “totale identificazione” del Curato d’Ars col suo ministero. “Non si tratta certo – aggiunge – di dimenticare che l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro”. Così il Vianney “visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patronali; raccoglieva denaro per le sue opere caritative e missionarie; abbelliva la sua chiesa … si occupava delle orfanelle … si interessava dell’istruzione dei bambini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui”. “Il suo esempio – afferma il Papa sulla scorta del Concilio Vaticano II – mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l’unico popolo sacerdotale”.


Ricorda poi la testimonianza quotidiana del Curato d’Ars: la preghiera davanti al Tabernacolo, la Messa, la Confessione. “Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore della vita di un prete”. “La causa della rilassatezza del sacerdote – diceva – è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio – esclamava – come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria!”. Il Papa esorta poi, sull’esempio del Vianney, ad avere “un’inesauribile fiducia nel sacramento della penitenza” e “a rimetterlo al centro delle … preoccupazioni pastorali”. Il Santo Curato restava a volte nel confessionale fino a 16 ore al giorno: incoraggiava gli afflitti, scuoteva i tiepidi, riuscendo a “trasformare il cuore e la vita di tante persone” perché sapeva far percepire “l’amore misericordioso del Signore”. Ars era diventato “il grande ospedale delle anime”. “La grande sventura per noi parroci – diceva – è che l’anima si intorpidisce” abituandosi “allo stato di peccato o di indifferenza” di tanti fedeli. Per questo praticava un’ascesi severa con veglie e digiuni. Ad un confratello sacerdote dette un giorno questa spiegazione: “Vi dirò qual è la mia ricetta: do ai peccatori una penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto”. “Le anime – nota il Pontefice – costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può non dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente al ‘caro prezzo’ della redenzione”.


Benedetto XVI esorta i sacerdoti, sulla scia di questo santo, a vivere come lui il “nuovo stile di vita” inaugurato da Cristo seguendo i tre consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza come “ la via regolare della santificazione cristiana” da praticare secondo il proprio stato. In quanto povero il Curato d’Ars poteva dire: “Il mio segreto è semplice: dare tutto e non conservare niente”. Mentre la sua castità “brillava nel suo sguardo” quando si volgeva verso il Tabernacolo “con gli occhi di un innamorato”. E totalmente obbediente affermava: “non ci sono due maniere buone di servire Dio. Ce n’è una sola: servirlo come lui vuole essere servito”.


Rivolge poi ai sacerdoti “un particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità”. Sottolinea inoltre la necessità della “comunione fra i sacerdoti col proprio vescovo” in “una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva. Solo così – ha spiegato – i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione”. Il Papa ricorda infine con Paolo VI che “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” e, affidando l’Anno sacerdotale alla Vergine Maria, conclude la Lettera con queste parole: “Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!”