lunedì 28 settembre 2009

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Il Papa affida la Repubblica Ceca e la sua Chiesa a Maria - Intervento in occasione dell'Angelus
2) Omelia di Benedetto XVI nella Messa a Brno
3) IDEOLOGIA/ Lo sapevate? Un vero matematico non può essere credente. L’attacco di Odifreddi a Israel - Renato Farina lunedì 28 settembre 2009 – ilsussidiario.net
4) CHARLES TAYLOR/ Perché gli uomini non si chiedono più il senso della vita? Angelo Campodonico lunedì 28 settembre 2009 – Ilsussidiario.net


Il Papa affida la Repubblica Ceca e la sua Chiesa a Maria - Intervento in occasione dell'Angelus
BRNO, domenica, 27 settembre 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI recitando insieme ai fedeli la preghiera mariana dell'Angelus al termine della Santa Messa nella spianata accanto all'Aeroporto di Brno.
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Cari fratelli e sorelle!
Siamo giunti al termine di questa solenne Celebrazione e l'ora del mezzogiorno ci invita alla preghiera dell'Angelus. Sono lieto di recitarla qui, nel cuore della Moravia, regione fraternamente unita alla Boemia, terra segnata da molti secoli di fede cristiana, che richiama all'origine la coraggiosa missione dei santi Cirillo e Metodio.

Quando, venti anni or sono, Giovanni Paolo II decise di visitare l'Europa centrale ed orientale dopo la caduta del totalitarismo comunista, volle cominciare il suo viaggio pastorale da Velehrad, centro dei famosi Congressi unionistici precursori dell'ecumenismo tra i popoli slavi, e conosciuto in tutto il mondo cristiano. Voi ricordate inoltre un'altra sua visita, quella del 1995 a Svatý Kopeček, presso Olomouc, con l'indimenticabile incontro con i giovani. Vorrei idealmente riprendere l'insegnamento di questo mio venerato Predecessore e invitarvi a mantenervi fedeli alla vostra vocazione cristiana e al Vangelo per costruire insieme un avvenire di solidarietà e di pace.

La Moravia è terra ricca di santuari mariani, che folle di pellegrini visitano durante tutto l'anno. In questo momento vorrei recarmi in ideale pellegrinaggio presso la montagna boscosa di Hostýn, dove venerate la Madonna come vostra Protettrice. Maria tenga desta la fede di tutti voi, la fede alimentata anche da numerose tradizioni popolari che affondano le loro radici nel passato, ma che giustamente voi avete cura di conservare perché non venga meno il calore della convivenza familiare nei villaggi e nelle città. A volte si constata, con una certa nostalgia, che il ritmo della vita moderna tende a cancellare alcune tracce di un passato ricco di fede. E' importante invece non perdere di vista l'ideale che le usanze tradizionali esprimevano, e soprattutto va mantenuto il patrimonio spirituale ereditato dai vostri antenati, per custodirlo ed anzi renderlo rispondente alle esigenze dei tempi presenti. Vi aiuti in questo la Vergine Maria, alla quale rinnovo l'affidamento della vostra Chiesa e dell'intera Nazione ceca.
[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]


Omelia di Benedetto XVI nella Messa a Brno
BRNO, domenica, 27 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI questa domenica mattina presiedendo la Santa Messa nella città di Brno.

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Milí bratři a sestry!

„Pojďte ke mně, všichni, kdo se lopotíte a jste obtíženi, a já vás občerstvím" (Mt 11,28). Ježíš zve každého svého učedníka, aby s ním zůstal, aby v něm našel posilu, oporu a útěchu.

[Cari fratelli e sorelle!
"Venite a me voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro" (Mt 11,28). Gesù invita ogni suo discepolo a sostare con Lui, a trovare in Lui conforto, sostegno e ristoro.]

L'invito lo rivolge in particolare alla nostra Assemblea liturgica, che vede raccolta idealmente, con il Successore di Pietro, l'intera vostra Comunità ecclesiale. A tutti e a ciascuno va il mio saluto: in primo luogo al Vescovo di Brno - al quale sono grato anche per le cordiali parole che mi ha rivolto all'inizio della Messa - ai Signori Cardinali e agli altri Vescovi presenti. Saluto i sacerdoti, i diaconi, i seminaristi, i religiosi e le religiose, i catechisti e gli operatori pastorali, i giovani e le numerose famiglie. Rivolgo un deferente pensiero alle Autorità civili e militari, in modo speciale al Presidente della Repubblica con la gentile consorte, al Sindaco della Città di Brno e al Presidente della Regione della Moravia del Sud, terra ricca di storia, di attività culturali, di industrie e di commercio. Vorrei inoltre salutare con affetto i pellegrini provenienti da tutta la regione della Moravia e dalle diocesi della Slovacchia, della Polonia, dell'Austria e della Germania.

Cari amici, per il carattere che riveste l'odierna Assemblea liturgica, ho condiviso volentieri la scelta, a cui ha accennato il vostro Vescovo, di intonare le letture bibliche della Santa Messa al tema della speranza: l'ho condivisa pensando sia al popolo di questo caro Paese, sia all'Europa e all'umanità intera, che è assetata di qualcosa su cui poggiare saldamente il proprio avvenire. Nella mia seconda Enciclica - la Spe salvi -, ho sottolineato che l'unica speranza "certa" e "affidabile" (cfr n. 1) si fonda su Dio. L'esperienza della storia mostra a quali assurdità giunge l'uomo quando esclude Dio dall'orizzonte delle sue scelte e delle sue azioni, e come non è facile costruire una società ispirata ai valori del bene, della giustizia e della fraternità, perché l'essere umano è libero e la sua libertà permane fragile. La libertà va allora costantemente riconquistata per il bene e la non facile ricerca dei "retti ordinamenti per le cose umane" è un compito che appartiene a tutte le generazioni (cfr ibid., 24-25). Ecco perché, cari amici, noi siamo qui prima di tutto in ascolto, in ascolto di una parola che ci indichi la strada che conduce alla speranza; anzi, siamo in ascolto della Parola che sola può darci speranza solida, perché è Parola di Dio.

Nella prima Lettura (Is 61,1-3a), il Profeta si presenta investito della missione di annunciare a tutti gli afflitti e i poveri la liberazione, la consolazione, la gioia. Questo testo Gesù l'ha ripreso e l'ha fatto proprio nella sua predicazione. Anzi, ha detto esplicitamente che la promessa del profeta si è compiuta in Lui (cfr Lc 4,16-21). Si è completamente realizzata quando, morendo in croce e risorgendo da morte, ci ha liberati dalla schiavitù dell'egoismo e del male, del peccato e della morte. E questo è l'annuncio di salvezza, antico e sempre nuovo, che la Chiesa proclama di generazione in generazione: Cristo crocifisso e risorto, Speranza dell'umanità!

Questa parola di salvezza risuona con forza anche oggi, nella nostra Assemblea liturgica. Gesù si rivolge con amore a voi, figli e figlie di questa terra benedetta, nella quale è stato sparso da oltre un millennio il seme del Vangelo. Il vostro Paese, come altre nazioni, sta vivendo una condizione culturale che rappresenta spesso una sfida radicale per la fede e, quindi, anche per la speranza. In effetti, sia la fede che la speranza, nell'epoca moderna, hanno subito come uno "spostamento", perché sono state relegate sul piano privato e ultraterreno, mentre nella vita concreta e pubblica si è affermata la fiducia nel progresso scientifico ed economico (cfr Spe salvi, 17). Conosciamo tutti che questo progresso è ambiguo: apre possibilità di bene insieme a prospettive negative. Gli sviluppi tecnici ed il miglioramento delle strutture sociali sono importanti e certamente necessari, ma non bastano a garantire il benessere morale della società (cfr ibid., 24). L'uomo ha bisogno di essere liberato dalle oppressioni materiali, ma deve essere salvato, e più profondamente, dai mali che affliggono lo spirito. E chi può salvarlo se non Dio, che è Amore e ha rivelato il suo volto di Padre onnipotente e misericordioso in Gesù Cristo? La nostra salda speranza è dunque Cristo: in Lui, Dio ci ha amato fino all'estremo e ci ha dato la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10), quella vita che ogni persona, talora persino inconsapevolmente, anela a possedere.

"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro". Queste parole di Gesù, scritte a grandi lettere sopra la porta della vostra Cattedrale di Brno, Egli le indirizza ora a ciascuno di noi ed aggiunge: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita" (Mt 11,29-30). Possiamo restare indifferenti dinanzi al suo amore? Qui, come altrove, nei secoli passati tanti hanno sofferto per mantenersi fedeli al Vangelo e non hanno perso la speranza; tanti si sono sacrificati per ridare dignità all'uomo e libertà ai popoli, trovando nell'adesione generosa a Cristo la forza per costruire una nuova umanità. E pure nell'attuale società, dove tante forme di povertà nascono dall'isolamento, dal non essere amati, dal rifiuto di Dio e da un'originaria tragica chiusura dell'uomo che pensa di poter bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero; in questo nostro mondo che è alienato "quando si affida a progetti solo umani" (cfr Caritas in veritate, 53), solo Cristo può essere la nostra certa speranza. Questo è l'annuncio che noi cristiani siamo chiamati a diffondere ogni giorno, con la nostra testimonianza.

Annunciatelo voi, cari sacerdoti, restando intimamente uniti a Gesù ed esercitando con entusiasmo il vostro ministero, certi che nulla può mancare a chi si fida di Lui. Testimoniate Cristo voi, cari religiosi e religiose, con la gioiosa e coerente pratica dei consigli evangelici, indicando quale è la nostra vera patria: il Cielo. E voi, cari fedeli laici giovani ed adulti, voi, care famiglie, poggiate sulla fede in Cristo i vostri progetti familiari, di lavoro, della scuola, e le attività di ogni ambito della società. Gesù mai abbandona i suoi amici. Egli assicura il suo aiuto, perché nulla è possibile fare senza di Lui, ma, al tempo stesso, chiede ad ognuno di impegnarsi personalmente per diffondere il suo universale messaggio di amore e di pace. Vi sia di incoraggiamento l'esempio dei santi Cirillo e Metodio, Patroni principali della Moravia, che hanno evangelizzato i popoli slavi, e dei santi Pietro e Paolo, ai quali è dedicata la vostra Cattedrale. Guardate alla testimonianza luminosa di santa Zdislava, madre di famiglia, ricca di opere di religione e di misericordia; di san Giovanni Sarkander, sacerdote e martire; di san Clemente Maria Hofbauer, sacerdote e religioso, nato in questa Diocesi, e canonizzato 100 anni fa e della beata Restituta Kafkova, religiosa nata a Brno e uccisa dai nazisti a Vienna. Vi accompagni e protegga la Madonna, Madre di Cristo, nostra Speranza. Amen!
[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]


IDEOLOGIA/ Lo sapevate? Un vero matematico non può essere credente. L’attacco di Odifreddi a Israel - Renato Farina lunedì 28 settembre 2009 – ilsussidiario.net
Possibile che un uomo astuto come Piergiorgio Odifreddi, rotto a tutte le matematiche del successo, inciampi così rovinosamente in un caso palese di odio personale, ma in fondo anche mistico, anche – Dio ci scusi – di razzismo religioso. Non scrivo antisemita perché poi mi fulminano, ma il sospetto ce l’ho…
Il fatto è questo. Anzi l’antefatto. Il professor Giorgio Israel, insigne matematico, nonché collaboratore del ministro Mariastella Gelmini, viene accusato in maniera ignobile e anonima, proprio per il contributo dato alla riforma delle scuole superiori. Il nome non inganna: Israel è ebreo, e per di più non è di sinistra, dà una mano (istituzionalmente) al governo Berlusconi.
Bersaglio perfetto delle classiche accuse sugli ebrei da far fuori. Sui blog viene anonimamente preso di mira con queste parole studiatamente infami: “Dicono sia lui il vero autore della riforma Gelmini. Non ti è venuto il prurito a leggerne il cognome?”. E via così. A questo punto Odifreddi interviene a difendere il matematico, docente alla Sapienza, solidarizza contro questo assalto antisemita.
Si capisce però che la cosa non gli va, gli sta qui. Israel porta questo nome con cognizione di fede, non se lo trascina come un attributo secondario, è la sua essenza di uomo.
Odifreddi al contrario è un militante dell’ateismo. Ce l’ha a morte con la Bibbia (in particolare con il cattolicesimo, ma anche con Abramo e i suoi primi seguaci nonché fratelli maggiori dei cristiani, non scherza). Ed allora esplode.
Lui è disponibile a dare solidarietà, a piegarsi un attimo dal pulpito della sua pretesa superiorità intellettuale e morale, dando solidarietà a un perseguitato per antisemitismo.
Ma essere messo a pari con lui, lui che è ateo, lui che è di sinistra, con un credente ebreo di destra, proprio no. Così quando Israel viene premiato a Torino, la citta di Odifreddi (sacrilegio!) con lo stesso premio per la matematica assegnato nel 2002 all’Ateo Supremo, esplode: scoppia proprio come un petardo.
Restituisce il premio Peano – che nessuno sapeva cosa fosse al di fuori di chi maneggia numeri in università – fa sapere di averlo vinto lui, ma di restituirlo visto che viene ora attribuito a «un fondamentalista». Fondamentalista, nel linguaggio di Odifreddi, non significa uno che abbandona la ragione per appoggiarsi a credenze da propagandare e imporre con la violenza.
No, per Odifreddi fondamentalista è chi usa la ragione in alleanza con la fede. Questo è insopportabile. Se uno credesse in privato e appoggiandosi al sentimento, sarebbe graditissimo a Odifreddi. I nemici degli atei non sono i credenti nel privato delle stanze, ma chi onora la ragione credendo.
Per questo Odifreddi ha – come si dice – sbroccato, o più semplicemente ha applicato a se stesso la regola fisica che nulla si crea e nulla si distrugge in natura: un pirla resta un pirla (sia detto in senso etimologico: vuol dire trottola).
P.S. Arrivi da parte mia un cordiale saluto e un forte abbraccio a Giorgio Israel. Senza se e senza ma, testimone della rettitudine e della potenza spirituale degli uomini razionali.


CHARLES TAYLOR/ Perché gli uomini non si chiedono più il senso della vita? Angelo Campodonico lunedì 28 settembre 2009 – Ilsussidiario.net
Da pochissimi mesi è stata pubblicata in lingua italiana la traduzione dell’ultimo volume del noto filosofo canadese Charles Taylor che raccoglie le sue Gifford lectures (L’età secolare). Dal momento che il volume conta più di mille pagine e che anche solo per questa ragione non molti lo leggeranno per intero, è utile recensirlo. Occorre notare, tuttavia, che chi avesse la pazienza di affrontare l’opera ne trarrebbe giovamento e si risparmierebbe forse la lettura di molti altri volumi sull’argomento. Anche chi non la condividesse si troverebbe a riconoscere che essa solleva problemi reali e ineludibili.

La domanda cui Taylor cerca di rispondere in questo volume è per tutti, credenti o meno, di estrema attualità: per quale motivo chi fosse nato nel Cinquecento o prima avrebbe aderito pacificamente nella sua vita ad una determinata religione e invece oggi, se vuole rispondere alla domanda di senso della vita, si trova di fronte ad una molteplicità di scelte esistenziali religiose o meno? La stessa formulazione “domanda di senso della vita” – nota l’autore - è esito della modernità. Che cosa è accaduto in Occidente perché si determinasse una situazione di questo tipo che Taylor identifica con la secolarizzazione della società e della cultura? Charles Taylor, che non fa mistero della sua fede cristiana, cerca di rispondere facendo rivivere al lettore la plausibilità delle diverse alternative esistenziali che tutti oggi possono ritrovare in se stessi e che hanno la loro origine in un passato più o meno remoto.

L’autore parte da lontano. Nelle culture primitive - ma la cosa vale in Occidente fino alla prima età moderna e per molti uomini fino ad epoche assai più vicine a noi - l’individuo umano è un individuo “poroso”, in continua relazione con la natura e gli altri uomini. L’universo parla all’uomo immediatamente del divino attraverso i simboli. Religione e società si sostengono a vicenda secondo un’interpretazione che Taylor fa risalire al sociologo Durkheim. Ma che cosa è successo in Occidente più o meno a partire dal Cinquecento? Dall’individuo “poroso” si è gradualmente passati all’individuo moderno, “schermato” di fronte alla realtà e agli altri: l’individuo che si difende di fronte alla realtà e agli altri, che oggettiva, guarda con distacco, privilegia anche in religione la dimensione impersonale rispetto a quella personale, scinde la razionalità dall’affettività ecc. Molti fattori hanno contribuito a ciò. In particolare: la nuova scienza “oggettivante” e le guerre “di religione” che hanno costretto a cercare nuove ragioni di unità fra gli uomini. Questo passaggio non ha assunto subito un carattere antireligioso. Anzi. Anche la modernità è frutto del Cristianesimo. Essa è nata in maniera rilevante all’interno del cristianesimo riformato e, in parte, anche cattolico, da un’esigenza di pienezza, di ascesi, di purificazione e di personalizzazione della fede e di nuovo e più autentico universalismo anche se poi a partire dall’illuminismo questa centratura dell’individuo su di sé ha gradualmente assunto per una sorta di “astuzia della ragione” un carattere antropocentrico e anticristiano.

Il processo di secolarizzazione proprio della modernità non si spiega come vorrebbero alcune interpretazioni tradizionali anche cattoliche, solo “per sottrazione”, cioè per il venir meno di certi aspetti che prima erano presenti: l’universo simbolico, la società gerarchizzata ecc. Esso è esito, secondo Taylor, anche di una proposta positiva, di un’esigenza di pienezza, di autenticità (di essere veramente se stessi), di poter scegliere in prima persona, di affermare l’uguaglianza fra gli uomini, esigenza impensabile senza il cristianesimo, che culmina anche nell’umanesimo esclusivo e anticristiano. Non solo: nella modernità si attua anche spesso una nuova alleanza fra religione e società. Si tratta di un “nuovo durkheimianesimo”. Pensiamo all’identità degli Stati Uniti d’America (“God save America”- “In God we trust”), ma non solo a questa.

Ma la modernità dell’individuo “schermato” nelle sue varie versioni determina nell’Ottocento e Novecento forti reazioni di rigetto: si tratta di quello che Taylor chiama “effetto nova”. Pensiamo alla riscoperta di dimensioni irrazionali nell’uomo da parte di Nietzsche e di Freud e in genere alla critica rivolta alla morale borghese. In questo rigetto anche il cristianesimo, nella misura in cui è alleato della modernità razionalistica e spassionata, ne fa le spese: bisogna guardare in faccia il non senso della realtà e non illudersi con la religione. Per di più dopo l’undici settembre anche la religione appare nuovamente una possibile fonte di violenza. La situazione attuale, secondo Taylor, è variegata e investe parimenti cristiani e non. I problemi dei cristiani sono anche i problemi degli altri. Da un lato si percepisce un’esigenza di ricuperare un senso della vita: l’umanesimo esclusivo chiuso al trascendente non basta più all’uomo. Per di più esso e non solo le religioni storiche ha prodotto violenza, come mostra la storia dei totalitarismi del Novecento. D’altro lato molti in Occidente non sono incoraggiati ad aderire al Cristianesimo, perché si teme che la religione sia irrimediabilmente superata dalla scienza in base ad una lettura a senso unico della storia della modernità. Ma quella scientista e materialista - nota Taylor - non è un’opzione scientifica, bensì filosofica, nutrita di una prospettiva morale secondo cui è eticamente più nobile non illudersi e guardare in faccia il nudo non senso, sostituendo ad una visione personalistica, che sarebbe proiezione delle esigenze del soggetto, una impersonalistica “più oggettiva”. L’uomo occidentale, quindi, non sceglie più necessariamente per le religioni costituite, né per le religioni “tout court” o preferisce spesso un’adesione generica al cristianesimo e una religione “fai da te”, soffermandosi in uno spazio neutrale di “non scelta”. Taylor ha il merito di presentare una visione non semplicistica e a senso unico della modernità (come “progresso” oppure come “regresso”), ma forse nel suo volonteroso irenismo trascura il fatto che ci può essere anche nel filone antropocentrico della ricerca moderna di pienezza qualcosa che non si può leggere solo come una nuova espressione della dimensione di apertura al trascendente, ma anche come volutamente antireligioso e addirittura demoniaco. Per Taylor la nostra epoca nella sua ambivalenza può essere un’occasione per la fede cristiana. Egli afferma che non sono esistite e non esistono epoche privilegiate per la fede e sembra suggerire che non basta certo per aderire ad essa la ragionevolezza di un’argomentazione cogente se non si fa esperienza di un avvenimento e di una bellezza che convincano. Di qui il suo interesse per quei cristiani della modernità che hanno saputo parlare all’uomo d’oggi senza moralismi e senza auspicare ritorni al passato: soprattutto poeti come Péguy e Hopkins.