Nella rassegna stampa di oggi:
1) 15/11/2009 12:17 – VATICANO - Papa: tutto è destinato a passare; chi accoglie la Parola di Dio porta in sé un germe di eternità - Benedetto XVI commenta il vangelo di Gesù sulla fine del mondo. Il “germe di eternità” della Parola di Dio si manifesta già ora “in una vita buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne”.
2) Il Papa: annunciare Cristo significa anche difendere i diritti umani - Nell'udienza ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”
3) CIÒ CHE LA NASA HA SCOPERTO E I POETI GIÀ SAPEVANO - Hai l’acqua addosso, Luna antichissima ragazza - DAVIDE RONDONI – Avvenire, 14 novembre 2009
4) Il valore della vita umana, tutta e per tutti - CITTA' DEL VATICANO, sabato, 14 novembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la Lectio Magistralis svolta l'11 novembre da monsignor Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, all'Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum” per l’apertura del nuovo anno accademico.
5) UN REPORTAGE-SCOPERTA, AMARI DUBBI, IL TENACE IMPEGNO PER LA VITA - Il buio dell’aborto clandestino e la luce che pure è accesa - GABRIELLA SARTORI – Avvenire, 15 novembre 2009
15/11/2009 12:17 – VATICANO - Papa: tutto è destinato a passare; chi accoglie la Parola di Dio porta in sé un germe di eternità - Benedetto XVI commenta il vangelo di Gesù sulla fine del mondo. Il “germe di eternità” della Parola di Dio si manifesta già ora “in una vita buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Tutto è destinato a passare” e solo le parole di Gesù “non passeranno”. Per questo, i fedeli che accolgono la Parola di Dio, “portano in sé un germe di eternità”. Con queste parole Benedetto XVI ha spiegato le parole profetiche di Gesù che vengono citate nel vangelo di oggi, alla penultima domenica dell’anno liturgico (Mc 13, 24-32).
Nel vangelo – spiega il papa - “c’è una frase che colpisce per la sua chiarezza sintetica: ‘Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno’ (Mc 13,31)…. Gesù dichiara che tutto ciò è destinato a "passare". Non solo la terra, ma anche il cielo, che qui è inteso appunto in senso cosmico, non come sinonimo di Dio. La Sacra Scrittura non conosce ambiguità: tutto il creato è segnato dalla finitudine, compresi gli elementi divinizzati dalle antiche mitologie: non c’è nessuna confusione tra il creato e il Creatore, ma una differenza netta. Con tale chiara distinzione, Gesù afferma che le sue parole "non passeranno", cioè stanno dalla parte di Dio e perciò sono eterne”.
“In una celebre parabola – continua il pontefice - Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione che si manifesta già ora in una vita buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne. Ecco la potenza della Parola di Cristo”.
E prima di pronunciare le parole della preghiera mariana, Benedetto XVI aggiunge: “La Vergine Maria è il segno vivente di questa verità. Il suo cuore è stato ‘terra buona’ che ha accolto con piena disponibilità la Parola di Dio, così che tutta la sua esistenza, trasformata secondo l’immagine del Figlio, è stata introdotta nell’eternità, anima e corpo, anticipando la vocazione eterna di ogni essere umano. Ora, nella preghiera, facciamo nostra la sua risposta all’Angelo: ‘Avvenga per me secondo la tua parola’ (Lc 1,38), perché, seguendo Cristo sulla via della croce, possiamo giungere pure noi alla gloria della risurrezione”.
Il Papa: annunciare Cristo significa anche difendere i diritti umani - Nell'udienza ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 13 novembre 2009 (ZENIT.org).- Far conoscere la carità di Cristo significa anche lottare per i diritti umani e la giustizia. E' quanto ha sottolineato questo venerdì il Papa, ricevendo i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, in corso in questi giorni a Roma sul tema “Percorsi formativi per gli operatori della carità”.
“La carità appartiene alla natura stessa della Chiesa”, che nel suo annuncio salvifico non può “prescindere dalle condizioni concrete di vita degli uomini, ai quali è inviata”, ha sottolineato il Santo Padre.
“L’agire per migliorarle – ha continuato – concerne la sua stessa vita e la sua missione, poiché la salvezza di Cristo è integrale e riguarda l’uomo in tutte le sue dimensioni: fisica, spirituale, sociale e culturale, terrena e celeste”.
“Proprio da questa consapevolezza – ha poi affermato il Santo Padre – sono nate, nel corso dei secoli, molte opere e strutture ecclesiali finalizzate alla promozione delle persone e dei popoli, che hanno dato e continuano a offrire un contributo insostituibile per la crescita, lo sviluppo armonico e integrale dell’essere umano”.
Fa infatti parte della “testimonianza della carità di Cristo”, ha ribadito, contribuire “a costruire un giusto ordine nella società” come fanno molti fedeli svolgendo “una proficua azione nel campo economico, sociale, legislativo e culturale” e “partecipando in prima persona alla vita pubblica”.
“Non compete certo alla Chiesa intervenire direttamente nella politica degli Stati o nella costruzione di strutture o politiche adeguate – ha tenuto a precisare –. La Chiesa, con l'annuncio del Vangelo, apre il cuore per Dio e per il prossimo e sveglia le coscienze”.
“Con la forza del suo annuncio difende i veri diritti umani e s'impegna per la giustizia – ha proseguito il Papa –. La fede è una forza spirituale che purifica la ragione nella ricerca di un ordine giusto, liberandola dal rischio sempre presente di venire ‘abbagliata’ dall’egoismo, dall’interesse e dal potere”.
Nel suo saluto al Papa il Cardinale Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, dopo aver ricordato il recente Sinodo dei Vescovi per l'Africa aveva messo in evidenza la capillare presenza di “organismi cattolici di aiuto, con responsabili competenti e molti volontari motivati ad assistere i bisognosi”.
Il porporato aveva poi denunciato in particolare la “cultura della morte, che in alcuni Paesi giunge a chiedere l'eutanasia” ed aveva invitato i responsabili delle opere caritative a “ritornare a Dio, alla sua volontà e bontà”.
Nel suo discorso il Papa ha inoltre sottolineato il carattere irrinunciabile del “servizio dell’amore”, “non solo perché l'anima umana ha sempre bisogno, oltre che delle cose materiali, dell'amore, ma anche perché permangono situazioni di sofferenza, di solitudine, di necessità, che richiedono dedizione personale ed aiuti concreti”.
“I cristiani - ha concluso il Papa - sanno di essere chiamati a servire e ad amare il mondo, pur senza essere ‘del mondo’ [...] fino al dono supremo di se stessi”: questo è “il cammino che deve percorrere, se vuole seguire la logica del Vangelo, chiunque voglia testimoniare la carità di Cristo”.
Il Pontificio Consiglio “Cor unum” è stato istituito da Papa Paolo VI il 15 luglio 1971 con la Lettera autografa Amoris Officio.
I suoi obiettivi sono quello di “essere strumento esecutivo del Santo Padre quando Egli creda opportuno di intraprendere speciali iniziative umanitarie in caso di calamità e nel campo della promozione umana integrale”, “promuovere la catechesi della Carità e stimolare i fedeli a dare testimonianza concreta della carità evangelica” e “favorire e coordinare le iniziative delle istituzioni cattoliche tramite lo scambio di informazioni in spirito di fraterna collaborazione per promuovere lo sviluppo integrale”.
CIÒ CHE LA NASA HA SCOPERTO E I POETI GIÀ SAPEVANO - Hai l’acqua addosso, Luna antichissima ragazza - DAVIDE RONDONI – Avvenire, 14 novembre 2009
Parlaci ancora, Luna. Di quel che sappiamo e che non sappiamo. Luna di Omero sospesa sui campi prima dei grandi scontri guerrieri, di Dante in viaggio, di Ariosto rapito. Luna di Leopardi che sa certo a « qual suo dolce amore rida la primavera » ... Parlaci ancora dai radar che ti analizzano e sondano. Parlaci dal tuo silenzio.
Mandaci ancora segnali dalle scoperte entusiasmanti: nei tuoi cunicoli serbi il segreto della vita, l’acqua. Luna evidente, sempre esibita nei cieli e però sempre segreta. Antichissima ragazza.
Parlaci ancora di quel che non sappiamo e che pure confidiamo a te da sempre, luna odiata e amata da Marinetti, da Majakovskij… Luna degli artisti, dei cuori solitari o innamorati. Luna dei viaggiatori sperduti nei boschi. Parlaci della vita. Del suo mistero e della sua biologica effusione. Parlaci di noi dai luoghi più lontani del nostro cielo. Da quel cielo che ti trattiene e ti offre a noi.
C’è acqua, ghiaccio, dicono dalla Nasa. La scienza progredisce. Svela.
E c’è chi pensava e ancora pensa che la scienza procedendo tra i segreti svelati, metta a tacere via via il mistero dell’esistenza. Invece no, solo i babbei lo pensano. Solo quelli che non hanno più occhi, né cuore, né ragione. Ancora lei, la Luna, da più di quarant’anni raggiunta, sondata, percorsa dalla febbrile curiosità umana, ci parla svelando e comunicando nuovo mistero. C’è l’acqua. Cambia tutto, dicono. E contemporaneamente aumenta il mistero. Non solo intorno ad altre cose possibili, ad altre notizie, alle nuove implicazioni. Cresce il senso del mistero intorno alla vita, alla sua presenza. Parlaci ancora, Luna.
Proprio ora, mentre siamo giustamente preoccupati di tante cose quaggiù. Ad esempio del fatto che l’acqua, sì proprio l’acqua che tu custodisci nei tuoi crateri, qua manca in troppi luoghi. Parlaci ancora, facci rialzare la testa, mentre ci preoccupiamo a volte ingiustamente di giardinetti di potere e orticelli di interessi personali. La notizia corre il mondo: c’è l’acqua sulla luna. Non è più una ragazza bella e sterile. Non è più la deserta e irraggiungibile, la fredda e impassibile ragazza dei cieli lontani.
No, ha acqua addosso, nelle pieghe delle mani, nelle rughe del sorriso degli occhi. Ha vita. anche lei ce ne parla. Non più solo con la lingua dei poeti. Ma anche con la lingua degli scienziati. Come sempre la poesia arriva prima. Da sempre ci si rivolgeva a lei come a una presenza viva, e ora la analisi degli scienziati confermano lo sguardo dei poeti. E quello che sembrava un miraggio o una cosa da mezzi matti, si rivela un punto precisissimo di svolta nello studio scientifico dell’universo.
Parlaci ancora, Luna. Parlaci della vita, del mistero stupefacente.
Poteva non esserci nell’universo. E invece c’è. Ci siamo, e la vita ci parla da altri luoghi. Così la mente si riempie di stupori, di domande. Ci saranno scienziati bravi e scrupolosi che ci spiegheranno le curiosità. Ma lo stupore resterà e sarà sempre più grande. Ancora una volta ci hai sorpresi, Luna. In un tempo in cui è perfino troppo facile guardare il mondo e avvilirsi, e sentire il peso del vivere, ancora una volta ci regali l’ammirazione, la vera benzina della ragione e del sentire. Perché senza ammirazione per la vita si vive male. E tu, ragazza dei cuori che ammirano, sei venuta, sei ancora una volta entrata in scena, passando per mille cannocchiali, mille video, mille radar. Ora di fronte ai nostri occhi che tremano, ci ricordi che punto sperduto siamo nell’universo, e però che punto privilegiato: visitato dalla vita, cosciente e commosso del proprio mistero.
Il valore della vita umana, tutta e per tutti - CITTA' DEL VATICANO, sabato, 14 novembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la Lectio Magistralis svolta l'11 novembre da monsignor Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, all'Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum” per l’apertura del nuovo anno accademico.
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L’invito a tenere questa Lectio Magistralis all’inizio dell’Anno accademico del Camillianum sul tema, Teologia della vita: il valore della vita umana, tutta e per tutti, mi è molto gradito e mi onora anche come nuovo Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.
Il Vostro invito, caro Padre Superiore Generale e Reverendo Padre Preside, mi fa maggiormente piacere perché il tema del valore della vita umana è anche uno dei problemi più complessi degli ultimi decenni e in modo particolare, degli ultimi anni.
Una prova indiscutibile di ciò è uno studio recentissimo (Marzo 2009) elaborato dal Gruppo Interdisciplinare di Bioetica (GIB) dell’Istituto Borja di Bioetica (IBB), sui problemi biologici, etici e giuridici dell’embrione e sull’inizio della vita umana.
Trovo interessante sottolineare il punto di partenza di questo documento perché è molto significativo ai fini della sua conclusione. Viviamo in una società pluralista e non più in una società guidata da un codice etico unico; quindi, a questi problemi si possono dare non solo risposte differenziate, ma anche e persino risposte opposte.
Pertanto, non deve sorprendere che, in un contesto sociale e culturale così diverso, non ci sia più una unanimità, neppure nelle risposte ai problemi fondamentali sull’inizio, il fine ed i limiti del diritto alla vita1.
Questo relativismo etico è ormai talmente accettato, che la stessa diversità delle risposte vale anche per l’aborto, ovvero il tema dell’autonomia riproduttiva della donna. Insomma, queste sono le sfide della nostra società contemporanea, e non si può imporre un’etica massimalista per tutti; anzi, si deve piuttosto cercare di ottenere dei minimi etici condivisibili, che poi garantiscono la convivenza2.
Partendo da questo presupposto, dividerò la mia Lectio in tre punti:
1. le sfide odierne;
2. le risposte della Chiesa;
3. il servizio ecclesiale alla vita dall’inizio fino alla fine naturale.
1. Le sfide odierne
Per quanto riguarda la vita umana, il venerabile Papa Giovanni Paolo II scrisse, nel 1995: “Con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico nascono nuove forme di attentati alla dignità dell’essere umano, mentre si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà, ai delitti contro la vita, un aspetto inedito e - se possibile – ancora più iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni”3. Gli attacchi più recenti provengono dalla biomedicina, con le sfide che riguardano l’embrione. Sembra, infatti, che l’accordo sulla definizione dell’embrione in quanto essere umano, allo stadio di zigote, morula o blastula, sia ancora molto discutibile. Poiché ci troviamo allo stadio pre-embrionale, la biomedicina attuale determina una serie di stadi progressivi nello sviluppo dell’embrione umano distinti e separati: fecondazione, zigote, morula e blastula. Se ciò fosse vero, e per la biomedicina lo è, non si potrebbe parlare di aborto fino all’impianto del pre-embrione nell’utero, e poiché la gestazione vera e propria non sarebbe ancora iniziata non ci sarebbe quindi una interruzione della gravidanza4.
La prima grande sfida riguarda così l’inizio dell’embrione come essere umano!
La seconda riguarda l’embrione umano ed il suo essere già una persona. Per “essere una persona umana”, la biomedicina attuale esige non solo che l’embrione umano disponga di informazioni sufficienti per avere una autonomia biologica e una individuazione, ma anche che si verifichino varie e precise condizioni5. Pertanto, secondo la biomedicina attuale si potrebbe già parlare di una vita umana embrionale dopo la blastula cioè dopo l’impianto, ma non ancora di una vita umana autonoma e quindi, si potrebbe concludere che, l’inizio del carattere autonomo dell’embrione umano non avviene prima dell’impianto completo cioè 15 giorni dopo la fecondazione. La pretesa che la genetica possa dimostrare il carattere autonomo dell’embrione umano dal momento della fecondazione non è inoltre corretta. Il problema dell’embrione riguarda, infatti e soprattutto, il suo valore ontologico, ossia la sua condizione di persona 6. Al Gruppo Interdisciplinare di Bioetica (GIB) interessa dunque rilevare che, anche se in questa controversia la scienza non ha l’ultima parola, le sue osservazioni possano però, portare chiarimenti al dibattito etico. Ed eccoci alla seconda grande sfida dell’embrione umano: l’essere persona!
Per alcuni, l’embrione è già persona dal momento della fecondazione, poiché si tratta di un suo processo continuo fino alla nascita. Questo criterio della continuità e finalità interna (télos) esige, almeno il rispetto del processo embrionale e fetale come una persona “in fieri”. Questo valore ontologico dell’embrione-persona si basa sul carattere sacro della vita umana, che possiede il genoma umano completo in ogni momento del suo sviluppo. Annoto che questa precisazione è anche la posizione ufficiale della Chiesa come vedremo in seguito più in profondità.
Altri sostengono, in base al criterio biologico, che si possano distinguere tre stadi nel processo embrionale e fetale, quindi noi possiamo anche distinguere tre gradi etici. Poiché, al primo stadio, il processo embrionale è ancora una massa di cellule senza una chiara individualità ed autonomia biologica, anche se già si tratta di vita umana, non sembra ragionevole attribuirgli il carattere autonomo, poiché diventa persona solamente al momento della sua autonomia e individualizzazione. Da quel momento gli obblighi morali sono maggiori.
Per altri invece, si può parlare di obblighi morali quando lo sviluppo cerebrale ha una minima e sufficiente costituzione genetica, morfologica, fisiologica e individuale. Siamo già alla sesta, o settima settimana dopo la fecondazione7. Ormai è chiaro come la grande sfida della vita umana riguarda anzitutto e soprattutto il suo inizio.
Se la vita umana iniziasse soltanto dopo l’impianto, ciò significherebbe un pieno nulla osta etico per l’aborto, poiché si impiegano circa 15 giorni dal momento della fecondazione dell’ovulo fino al momento all’impianto nell’utero materno.
Ed è quanto il GIB (Gruppo Interdisciplinare di Bioetica) sostiene8.
2. Le risposte della Chiesa .
Quanto sono state profetiche le parole del venerabile Papa Giovanni Paolo II, scritte nella sua Lettera apostolica Novo millennio ineunte (2001): “ Un impegno speciale deve riguardare alcuni aspetti della radicalità evangelica che sono spesso meno compresi, fino a rendere impopolare l’intervento della Chiesa, ma che non possono per questo essere meno presenti nell’agenda ecclesiale della carità. Mi riferisco al dovere di impegnarsi per il rispetto di ciascun essere umano dal concepimento fino al suo naturale tramonto. Allo stesso modo, il servizio all’uomo ci impone di gridare, opportunamente e importunamente, che quanti s’avvalgono delle nuove potenzialità della scienza, specie sul terreno della biotecnologia, non possono mai disattendere le esigenze fondamentali dell’etica, appellandosi magari ad una discutibile solidarietà che finisce per discriminare tra vita e vita, in spregio della dignità propria di ogni essere umano”9.
Mi permetto di dire che queste parole così autorevoli confermano non solo l’opportunità della scelta del tema, ma ci impegnano a dare risposte sempre più corrispondenti alla dignità di tutta ed ogni vita umana. Papa Wojtyla non solo ci conferma la tematica, ma ci indica anche la giusta metodologia da seguire, Ecco le sue parole: “Per l’efficacia della testimonianza cristiana, specie in questi ambiti delicati e controversi, è importante fare un grande sforzo per spiegare adeguatamente i motivi della posizione della Chiesa, sottolineando soprattutto che non si tratta di imporre ai non credenti una prospettiva di fede, ma di interpretare e difendere i valori radicati nella natura stessa dell’essere umano. La carità sarà allora necessariamente al servizio della cultura, della politica, dell’economia, della famiglia, perché dappertutto vengano rispettati i principi fondamentali dai quali dipende il destino dell’essere umano ed il futuro della civiltà”10.
2.1. Il Vangelo della vita
Chi vuole comprendere l’interpretazione e la difesa da parte della Chiesa dei valori radicati nella natura stessa dell’essere umano, deve partire dal Vangelo dell’Amore di Dio per l’uomo. Poiché il Vangelo della Vita umana e della dignità della persona sono Vangelo unico ed indivisibile11.
“Di tutte le creature visibili, soltanto l’uomo è ‘capace di conoscere e amare il proprio Creatore’;” è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso; soltanto l’uomo è chiamato a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la vita di Dio. A questo fine è stato creato ed è questa la ragione fondamentale della sua dignità”12.
Nel suo quarto dialogo, Santa Caterina da Siena scrive: “Quale fu la ragione che tu ponessi l’uomo in tanta dignità? Certo l’amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l’hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno”13. Per rilevare ancora di più questo primato ontologico della natura umana e la sua superiorità come creatura visibile, ascoltiamo cosa dice San Giovanni Crisostomo in una delle sue prediche: “Qual è dunque l’essere che deve venire all’esistenza circondato di una tale considerazione? Ė l’Uomo, grande e meravigliosa figura vivente, più prezioso agli occhi di Dio che tutta la creazione: è l’Uomo, è per lui che esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della creazione, ed è alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da non risparmiare, per lui, neppure il suo Figlio Unigenito. Dio infatti non ha mai cessato di tutto mettere in atto per far salire l’Uomo fino a sé e farlo sedere alla sua destra”14. Ecco perché la vita dell’uomo sta al cuore del messaggio di Cristo. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura. L’uomo è chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni storiche - il tempo e lo spazio - della sua esistenza terrena. La sua vita consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio 15. Nel piano di Dio-Creatore, tutto è stato creato per l’uomo, ma l’uomo è stato creato per servire Dio e per offrirgli tutta la creazione.
Una prima risposta alle sfide sulla vita umana è, dunque, che non si tratta solo di un essere umano, ma anche della dignità di una persona.
Ora cerchiamo di approfondirla di più, considerando l’unità ontologica dell’uomo come immagine di Dio.
2.2 La vita umana, tutta e per tutti, ad immagine di Dio
Il CCC insegna, “La dignità della persona umana si radica nella creazione ad immagine di Dio” 16; questa immagine divina “è presente in ogni uomo.”17. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice che “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere vivente” (Gn 2,7). Da questo racconto biblico possiamo dedurre che l’essere dell’uomo nella sua totalità, cioè corpo e anima, è voluto da Dio a sua immagine ”18. Quindi, ed è importantissimo, che anche il corpo dell’uomo partecipi alla dignità di “immagine di Dio”. Il corpo, è un corpo umano proprio perché è animato dall’anima spirituale. E questa unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare quest’ultima come la “forma” del corpo; ciò significa che, grazie all’anima spirituale, il corpo composto di materia è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature disgiunte, ma la loro unione forma un’unica natura 19.
A questo punto preciso ancora: “essendo ad immagine di Dio, l’individuo umano ha la dignità di persona: non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. Ė capace di conoscersi, di possedersi, di donarsi liberamente e di entrare in comunione con altre persone, è chiamato, per grazia, ad un’alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua sostituzione”20.
E questo è fondamentale per comprendere la posizione della Chiesa per quanto riguarda la vita umana di ognuno e di tutti: “unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice prendono voce per lodare in libertà il Creatore. Allora, non è lecito all’uomo disprezzare la vita corporale; egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione nell’ultimo giorno”21.
Questa unità ontologica della natura umana è fondamentale nella risposta della Chiesa alle sfide della biomedicina, soprattutto, per quanto riguarda le varie fasi nel processo della vita umana “in fieri”. L’unità degli elementi costitutivi della natura umana è talmente importante da essere un articolo del nostro Credo cristiano. Il CCC recita, infatti: “Il Credo cristiano - professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificatrice - culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna”22. Questo Credo nella risurrezione della carne significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, anche i nostri ”corpi mortali” (Rm 8,11) riprenderanno vita.
San Paolo non ha dubbi, “Come possono dire tra voi alcuni che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neppure Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede… Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”( 1 Cor. 15, 12-14.20). Allora, se nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna, culmina il Credo cristiano, cioè se l’unità ontologica della natura umana è così essenziale per comprendere la posizione della Chiesa, come alcuni possono affermare che la scienza segue un percorso diverso?
Anche la Chiesa non ha dubbi quando propone che il naturale continuum ontologico del processo genetico di ogni vita umana e la sua dignità di persona, radicata nel suo essere creato a immagine di Dio, rende illecito ogni artificiale discontinuum biologico. Per questo, la Chiesa proclama che ogni vita umana, dal suo concepimento fino alla morte naturale, è sacra.
In altre parole, e più teologiche: ciò che Dio ha unito, persino dopo la morte, nessuno, né l’uomo né lo Stato separi; pertanto no assoluto, sia all’aborto diretto che all’eutanasia diretta, positiva e negativa. Chi vuol conoscere ancora più a fondo questa proposta può leggere i vari documenti ed Istituzioni della Chiesa a servizio della vita umana.
3. Il servizio ecclesiale alla vita dall’inizio fino alla fine naturale
Il grande servitore della vita umana, Papa Giovanni Paolo II professa il valore della vita umana, tutta e di tutti, in questi termini inequivocabili: “Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (cf. Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umano dal primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l’umana convivenza e la stessa comunità politica”23.
Precisando ulteriormente la teologia della vita umana, rileva l’evento di salvezza della incarnazione del Figlio di Dio, cioè della sua unione, in certo senso, ad ogni uomo. Poiché in questo evento salvifico si rivela all’umanità non solo l’amore sconfinato di Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16), ma anche il valore incomparabile di ogni persona umana “24. Ecco perché la Chiesa si sente chiamata ad annunciare agli uomini di tutti i tempi questo “Vangelo”, fonte di speranza invincibile e di gioia vera per ogni epoca della storia”25.
Conforme a questa chiamata della Chiesa, Giovanni Paolo II istituì, l’11 Febbraio 1994, tramite il Motu Proprio “Vitae Mysterium”, La Pontificia Accademia Pro Vita (P.A.V.). Accennando all’attività della P.A.V. devo ricordare due grandi personalità: Sua Eminenza il Cardinale Fiorenzo Angelini, primo Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ed il Professor Jerôme Lejeune, primo Presidente dell’Accademia Pro Vita. Dalla collaborazione del Professor Lejeune e del Cardinale Angelini con il Santo Padre venne l’idea, la missione e la struttura di questo organismo della Chiesa a servizio della vita umana. Il Compito statutario della Accademia è quella di intervenire su questioni divenute cruciali in questi ultimi anni nell’ambito della bioetica e, in generale, promuovere e difendere le vita umana. La prospettiva globale in cui si inserisce l’attività dell’Accademia è quella della costruzione di una nuova cultura della vita umana 26. Non si tratta, quindi, di un lavoro esclusivamente scientifico, neutro e distante dalle esistenze profonde della vita umana. L’adempimento di tale compito è un servizio urgente e necessario per aiutare l’uomo contemporaneo a costruire un mondo che riconosca la gioia della vita e sia animato dalla speranza: una civilizzazione dell’amore.
Per avere un’idea del servizio alla vita umana, cito soltanto alcune delle 14 pubblicazioni delle Assemblee Generali Annuali. “Identità e statuto dell’embrione umano” (1997), “Genoma umano, persona umana e la società del futuro” (1998), “La dignità del morente” (1999), “Natura e dignità della persona umana, a fondamento del diritto alla vita” (2002), “La dignità della persona umana” (2004), “L’embrione umano nelle fase di reimpianto” (2006), “ La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita” (2008), “Le nuove frontiere della Genetica e il rischio dell’eugenetica” (2009).
In un discorso all’Assemblea Generale della P.A.V., il Santo Padre Benedetto XVI diceva: “Mi è caro esprimere un apprezzamento ed un ringraziamento alla Pontificia Accademia per la Vita per il suo prezioso lavoro di “studio, formazione e informazione” di cui si avvantaggiano i Dicasteri della Santa Sede, le Chiese locali e gli studiosi attenti a quanto la Chiesa propone sul terreno della ricerca scientifica e intorno alla vita umana nel suo rapporto con l’etica e il diritto. Per l’urgenza e l’importanza di questi problemi, ritengo provvidenziale l’istituzione da parte del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II di questo Organismo27.
Desidero anche fare accenno alla Carta per gli Operatori Sanitari, tradotta in 15 lingue, alle tante celebrazioni della Giornata Mondiale del Malato e, soprattutto, alle Conferenze Internazionali annuali del Pontificio Consiglio per la Salute. Siamo alla vigilia della 24a Conferenza Internazionale che si terrà dal 19 al 21 novembre prossimo a Roma, che ha come tema “Effata! La Persona sorda nella vita della Chiesa”.
In conclusione, vorrei terminare questa mia Lectio inaugurale con due documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF).
Il primo intitolato: “Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione” (22 Febraio 1987), conosciuto come Donum vitae, ed il secondo intitolato “Dignitas Personae” – Su alcuni questioni di bioetica” ( 12 Dicembre 2008).
La Premessa del primo documento e l’Introduzione del secondo sono molto significative. “La CDF è stata interpellata da diverse Congregazioni Episcopali o da singoli Vescovi, da teologi, medici e uomini di scienza, in merito alla conformità con i principi della morale cattolica delle tecniche biomediche che consentono di intervenire nella fase iniziale della vita dell’essere umano e nei processi stessi della procreazione (… ). I termini di “zigote”, “pre-embrione” “embrione e “feto” possono indicare nel vocabolario della biologia stadi successivi dello sviluppo di un essere umano. La presente Istituzione usa liberamente questi termini, attribuendo ad essi un’identica rilevanza etica, per designare il frutto, visibile o non, della generazione umana, dal primo momento della sua esistenza fino alla nascita. La ragione di questo uso viene chiarito dal testo”28. Questa identica rilevanza etica della generazione umana, è precisata nell’introduzione del secondo documento, ed esige che “ ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità della persona “29. Questo principio della dignità è talmente fondamentale che si deve esprimere un grande “Si” alla vita umana. E pertanto, “deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica che riveste un’importanza sempre maggiore nel mondo di oggi”30 . Ciò è tanto più necessario, come abbiamo cercato di dimostrare, perché le scienze mediche hanno sviluppato in modo considerevole le loro conoscenze sulla vita umana negli stadi iniziali della sua esistenza. Esse sono giunte a conoscere meglio le strutture biologiche dell’uomo ed il processo della sua generazione. Questi sviluppi sono certamente positivi e meritano di essere sostenuti, quando servono a superare o a correggere patologie e concorrono a ristabilire il normale svolgimento dei processi generativi. Ma, ed è quanto va detto con ogni chiarezza, essi sono invece negativi, e pertanto non si possono condividere quando implicano la soppressione di esseri umani o usano mezzi che ledono la dignità della persona oppure sono adottati per finalità contrarie al bene integrale dell’uomo. Il corpo di un essere umano, fin dai suoi primi stadi di esistenza, non è mai riducibile all’insieme delle sue cellule. Il corpo embrionale si sviluppa progressivamente secondo un “programma” ben definito e con un proprio fine che si manifesta con la nascita di ogni bambino”31. Una nascita nel tempo e nello spazio, per rinascere nel sacramento del Battesimo e partecipare, per sempre, anima e corpo, alla vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Reverendissimo Padre Preside, egregi Professori e carissimi allievi del Camillianum, non mi resta che augurarvi, sotto la protezione della Madre Vergine della Vita, ogni bene e un fruttuoso nuovo Anno Accademico 2009-2010.
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1 Cfr. Consideraciones sobre el embriόn humano. in Bioètica $ debat, vol. 15, n. 57, monografico 2009, Introduzione, : p.2; in seguito citerò, Consideraciones, p.
2 Cfr, ibidem
3 Giovanni Paolo II, Lett. Enciclica Evangelium vitae, Introduzione, n. 4.
4 Cfr. Consideraciones, p. 3, e.
5 Cfr. Consideracones, II, p. 5.
6 Cfr. Consideraciones, p.4.. Da notare che qui si appellano al pensiero greco ( Aristotile, Hippocrate) , al pensiero biblico (Ex. 21,22), al pensiero antico e mediovale cristiano ( Sant?Agostino e San Tommaso) e a quello contemporaneo ( K. Rahner e B.Häring).. Questi autori considerano un aborto in fase prematura un evento da rifiutare, però, non si tratta di un omicidio. Preciso soltanto con Bonifacio Honings che studiò a fondo questo argomento. Si tratta del problema , se l’uomo che fece abortire la moglie dell’uomo, con cui litigava, era reo di un omicidio o meno e, quindi, punibile o meno come omicida. Ora,egli era un omicida , se il feto era già un ishon ( un homunculus), ma non era omicida se il feto non era ancora un ishon (non ancora un homunuclus). Pertantonon er sempre un omicida, ma ed è quanto conta , dal punto di vista morale, era sempre colpevole di un peccato grave. (cfr. Bonifacio Honings, Iter Fidei et Rationis, Trilogia, Teologica, Moralia, Iura, Ed. PUL, 2004 ).
7 Cfr. Consideraciones, p. 5.
8 Cfr. Considerciones, fase preimplantoria, p. 8.
9 Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, Lettera apostolica al termine del Grande Giubileo dell’anno 2000, Città del Vaticano, 3. edizione, 2001, n. 51, p. 68-69.
10 Novo millennio ineunte, n. 51, p.69.
11 Cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, Introduzione, n. 2.
12 Catechismo della Chiesa Cattolica, (CCC), n. 355.
13 Santa Catarina da Siena, Dialoghi, 4,13, citato CCC, n. 356.
14 San Giovanni Crisostomo, Sermones in Genersim, 2,1: PG 54, 587D-588°, citato in CCC, n. 358.
15 Cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 1995, introduzione, 1-2, in seguito citerò, EV, n.
16 CCC, n. 1700.
17 CCC, n. 1702.
18 CCC, n. 362.
19 Cfr. CCC, n. 365
20 CCC, n. 357.
21 Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, n. 14.
22 CCC, n. 988.
23 EV, Introduzione, n.2-
24 Ibidem; il corsivo è del Papa..
25 Ibidem.
26 Cfr. EV, 68.
27 Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, 27 febbraio 2006.
28 CDF, Donum vitae, Premessa.
29 Dignitas Personae, Introduzione, 1.
30 Ibidem.
31 Dignitas Personae, prima parte, n. 4.
UN REPORTAGE-SCOPERTA, AMARI DUBBI, IL TENACE IMPEGNO PER LA VITA - Il buio dell’aborto clandestino e la luce che pure è accesa - GABRIELLA SARTORI – Avvenire, 15 novembre 2009
C he la legge 194 – che permette l’aborto a pubbliche spese – non avesse eliminato gli aborti clandestini (calcolati in almeno ventimila l’anno) era cosa nota, anche se di questo insuccesso della legge si parla il meno possibile. Ma che questo genere di aborti si 'organizzassero' in una grande città come Milano, alle fermate degli autobus e nei meandri della metropolitana, non lo sapeva quasi nessuno. Va dunque riconosciuto a Elena Loewenthal, che lo ha raccontato due giorni fa sulla
Stampa di Torino, di aver rotto il tabù dell’aborto clandestino, cosa che quasi nessuno fa sui cosiddetti giornali 'laici', e di aver anche rivelato i tristi spazi urbani in cui esso viene negoziato. Le fermate dell’autobus e i sotterranei della metrò, ad esempio, dove straniere e italiane si trovano immerse in una specie di «immenso consultorio» parallelo a quello legale, dove «si chiedono, si ottengono e si pagano gli aborti clandestini». Dove un’oscura ragnatela di personaggi intavolano trattative, forniscono indirizzi, distribuiscono «sacchetti di pillole»... «Un sistema intero che funziona a pieno regime», scrive Loewenthal.
In quei posti che Marc Augé ha definito come «non luoghi», dove nessuno ti guarda in faccia e dove nessuno ha tempo e voglia di interessarsi di nessun altro, molte donne – straniere e no – vanno a cercare una 'soluzione' al loro 'problema'.
C’è la clandestina disperata e senza mezzi, ma c’è anche la giovane italiana colta e presumibilmente ben informata, che non può permettersi di «guastarsi una carriera ben avviata». E ci sono «minorenni» per le quali l’articolista della Stampa non trova aggettivi. La loro abbandonata solitudine parla da sola, aggiungendo desolazione a desolazione.
I lettori di Avvenire già conoscono il mondo di sentimenti e di paure che venerdì è emerso anche dalle pagine del quotidiano torinese. È un mondo osservato dal punto di vista delle donne che faticano ad accettare una gravidanza. È un mondo nel quale, da decenni, si addentrano con passione e rispetto i volontari del Movimento per la vita e dei Centri di aiuto alla vita.
Spesso circondati dal silenzio (o dall’ostilità) di buona parte dei mass media e dei soliti ambienti 'evoluti'. E questi volontari sanno – per averlo sperimentato mille volte – che, di fronte a una maternità imprevista e non voluta, la prima causa di rifiuto del figlio da parte della donna è la sensazione terribile dell’abbandono, è il sentirsi immerse in una società dove «ognuno si fa i fatti suoi», una società in cui anche le persone più vicine – marito, partner, madre e padre, amiche e amici – ti dicono: «Devi decidere tu». Il che, magari, suona bello e giusto, ma troppo spesso vuol dire: «Arrangiati». Questi volontari conoscono, per esperienza, i 'miracoli' che accadono quando anche la madre più determinata ad abortire scopre che qualcuno le vuol dare una mano sul serio, vuol 'perder tempo' a occuparsi di lei, ad ascoltarla senza stancarsi, senza scoraggiarsi mai.
Guardandola in faccia, insomma, stabilendo con lei quella relazione che ci trasforma da individui in persone. Riflettendo sul triste e solitario fenomeno dell’aborto clandestino e fai-da-te, Loewenthal trova incomprensibile il fatto che una donna italiana, istruita e matura, volendo abortire, preferisca il tetro mondo dei sotterranei della metropolitana al ricovero ospedaliero che, almeno, la sottrarrebbe agli inevitabili pericoli di natura sanitaria. Pensa che si tratti di italica, atavica diffidenza nei confronti della legalità. O di qualcosa di più profondo e oscuro, come se «l’emancipazione e il progresso non fossero riusciti ad estirpare... la sottomissione femminile ad un destino ingrato…». Ma c’è dell’altro. E se Elena Loewenthal, che è giornalista intelligente e di fini sentimenti, volesse, ospite gradita, 'scoprire' anche il mondo del volontariato pro-life, vedrebbe appunto altre cose, altre profondità del cuore.
E un nucleo straordinario di umanità e di storie che a volte sembrano inventate e invece sono tutte vere.
Difficili eppure calde di vita e di speranza, lontane mille miglia dalla desolazione dell’aborto in pillole spacciato nel buio della metropolitana milanese.
1) 15/11/2009 12:17 – VATICANO - Papa: tutto è destinato a passare; chi accoglie la Parola di Dio porta in sé un germe di eternità - Benedetto XVI commenta il vangelo di Gesù sulla fine del mondo. Il “germe di eternità” della Parola di Dio si manifesta già ora “in una vita buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne”.
2) Il Papa: annunciare Cristo significa anche difendere i diritti umani - Nell'udienza ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”
3) CIÒ CHE LA NASA HA SCOPERTO E I POETI GIÀ SAPEVANO - Hai l’acqua addosso, Luna antichissima ragazza - DAVIDE RONDONI – Avvenire, 14 novembre 2009
4) Il valore della vita umana, tutta e per tutti - CITTA' DEL VATICANO, sabato, 14 novembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la Lectio Magistralis svolta l'11 novembre da monsignor Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, all'Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum” per l’apertura del nuovo anno accademico.
5) UN REPORTAGE-SCOPERTA, AMARI DUBBI, IL TENACE IMPEGNO PER LA VITA - Il buio dell’aborto clandestino e la luce che pure è accesa - GABRIELLA SARTORI – Avvenire, 15 novembre 2009
15/11/2009 12:17 – VATICANO - Papa: tutto è destinato a passare; chi accoglie la Parola di Dio porta in sé un germe di eternità - Benedetto XVI commenta il vangelo di Gesù sulla fine del mondo. Il “germe di eternità” della Parola di Dio si manifesta già ora “in una vita buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Tutto è destinato a passare” e solo le parole di Gesù “non passeranno”. Per questo, i fedeli che accolgono la Parola di Dio, “portano in sé un germe di eternità”. Con queste parole Benedetto XVI ha spiegato le parole profetiche di Gesù che vengono citate nel vangelo di oggi, alla penultima domenica dell’anno liturgico (Mc 13, 24-32).
Nel vangelo – spiega il papa - “c’è una frase che colpisce per la sua chiarezza sintetica: ‘Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno’ (Mc 13,31)…. Gesù dichiara che tutto ciò è destinato a "passare". Non solo la terra, ma anche il cielo, che qui è inteso appunto in senso cosmico, non come sinonimo di Dio. La Sacra Scrittura non conosce ambiguità: tutto il creato è segnato dalla finitudine, compresi gli elementi divinizzati dalle antiche mitologie: non c’è nessuna confusione tra il creato e il Creatore, ma una differenza netta. Con tale chiara distinzione, Gesù afferma che le sue parole "non passeranno", cioè stanno dalla parte di Dio e perciò sono eterne”.
“In una celebre parabola – continua il pontefice - Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione che si manifesta già ora in una vita buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne. Ecco la potenza della Parola di Cristo”.
E prima di pronunciare le parole della preghiera mariana, Benedetto XVI aggiunge: “La Vergine Maria è il segno vivente di questa verità. Il suo cuore è stato ‘terra buona’ che ha accolto con piena disponibilità la Parola di Dio, così che tutta la sua esistenza, trasformata secondo l’immagine del Figlio, è stata introdotta nell’eternità, anima e corpo, anticipando la vocazione eterna di ogni essere umano. Ora, nella preghiera, facciamo nostra la sua risposta all’Angelo: ‘Avvenga per me secondo la tua parola’ (Lc 1,38), perché, seguendo Cristo sulla via della croce, possiamo giungere pure noi alla gloria della risurrezione”.
Il Papa: annunciare Cristo significa anche difendere i diritti umani - Nell'udienza ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 13 novembre 2009 (ZENIT.org).- Far conoscere la carità di Cristo significa anche lottare per i diritti umani e la giustizia. E' quanto ha sottolineato questo venerdì il Papa, ricevendo i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, in corso in questi giorni a Roma sul tema “Percorsi formativi per gli operatori della carità”.
“La carità appartiene alla natura stessa della Chiesa”, che nel suo annuncio salvifico non può “prescindere dalle condizioni concrete di vita degli uomini, ai quali è inviata”, ha sottolineato il Santo Padre.
“L’agire per migliorarle – ha continuato – concerne la sua stessa vita e la sua missione, poiché la salvezza di Cristo è integrale e riguarda l’uomo in tutte le sue dimensioni: fisica, spirituale, sociale e culturale, terrena e celeste”.
“Proprio da questa consapevolezza – ha poi affermato il Santo Padre – sono nate, nel corso dei secoli, molte opere e strutture ecclesiali finalizzate alla promozione delle persone e dei popoli, che hanno dato e continuano a offrire un contributo insostituibile per la crescita, lo sviluppo armonico e integrale dell’essere umano”.
Fa infatti parte della “testimonianza della carità di Cristo”, ha ribadito, contribuire “a costruire un giusto ordine nella società” come fanno molti fedeli svolgendo “una proficua azione nel campo economico, sociale, legislativo e culturale” e “partecipando in prima persona alla vita pubblica”.
“Non compete certo alla Chiesa intervenire direttamente nella politica degli Stati o nella costruzione di strutture o politiche adeguate – ha tenuto a precisare –. La Chiesa, con l'annuncio del Vangelo, apre il cuore per Dio e per il prossimo e sveglia le coscienze”.
“Con la forza del suo annuncio difende i veri diritti umani e s'impegna per la giustizia – ha proseguito il Papa –. La fede è una forza spirituale che purifica la ragione nella ricerca di un ordine giusto, liberandola dal rischio sempre presente di venire ‘abbagliata’ dall’egoismo, dall’interesse e dal potere”.
Nel suo saluto al Papa il Cardinale Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, dopo aver ricordato il recente Sinodo dei Vescovi per l'Africa aveva messo in evidenza la capillare presenza di “organismi cattolici di aiuto, con responsabili competenti e molti volontari motivati ad assistere i bisognosi”.
Il porporato aveva poi denunciato in particolare la “cultura della morte, che in alcuni Paesi giunge a chiedere l'eutanasia” ed aveva invitato i responsabili delle opere caritative a “ritornare a Dio, alla sua volontà e bontà”.
Nel suo discorso il Papa ha inoltre sottolineato il carattere irrinunciabile del “servizio dell’amore”, “non solo perché l'anima umana ha sempre bisogno, oltre che delle cose materiali, dell'amore, ma anche perché permangono situazioni di sofferenza, di solitudine, di necessità, che richiedono dedizione personale ed aiuti concreti”.
“I cristiani - ha concluso il Papa - sanno di essere chiamati a servire e ad amare il mondo, pur senza essere ‘del mondo’ [...] fino al dono supremo di se stessi”: questo è “il cammino che deve percorrere, se vuole seguire la logica del Vangelo, chiunque voglia testimoniare la carità di Cristo”.
Il Pontificio Consiglio “Cor unum” è stato istituito da Papa Paolo VI il 15 luglio 1971 con la Lettera autografa Amoris Officio.
I suoi obiettivi sono quello di “essere strumento esecutivo del Santo Padre quando Egli creda opportuno di intraprendere speciali iniziative umanitarie in caso di calamità e nel campo della promozione umana integrale”, “promuovere la catechesi della Carità e stimolare i fedeli a dare testimonianza concreta della carità evangelica” e “favorire e coordinare le iniziative delle istituzioni cattoliche tramite lo scambio di informazioni in spirito di fraterna collaborazione per promuovere lo sviluppo integrale”.
CIÒ CHE LA NASA HA SCOPERTO E I POETI GIÀ SAPEVANO - Hai l’acqua addosso, Luna antichissima ragazza - DAVIDE RONDONI – Avvenire, 14 novembre 2009
Parlaci ancora, Luna. Di quel che sappiamo e che non sappiamo. Luna di Omero sospesa sui campi prima dei grandi scontri guerrieri, di Dante in viaggio, di Ariosto rapito. Luna di Leopardi che sa certo a « qual suo dolce amore rida la primavera » ... Parlaci ancora dai radar che ti analizzano e sondano. Parlaci dal tuo silenzio.
Mandaci ancora segnali dalle scoperte entusiasmanti: nei tuoi cunicoli serbi il segreto della vita, l’acqua. Luna evidente, sempre esibita nei cieli e però sempre segreta. Antichissima ragazza.
Parlaci ancora di quel che non sappiamo e che pure confidiamo a te da sempre, luna odiata e amata da Marinetti, da Majakovskij… Luna degli artisti, dei cuori solitari o innamorati. Luna dei viaggiatori sperduti nei boschi. Parlaci della vita. Del suo mistero e della sua biologica effusione. Parlaci di noi dai luoghi più lontani del nostro cielo. Da quel cielo che ti trattiene e ti offre a noi.
C’è acqua, ghiaccio, dicono dalla Nasa. La scienza progredisce. Svela.
E c’è chi pensava e ancora pensa che la scienza procedendo tra i segreti svelati, metta a tacere via via il mistero dell’esistenza. Invece no, solo i babbei lo pensano. Solo quelli che non hanno più occhi, né cuore, né ragione. Ancora lei, la Luna, da più di quarant’anni raggiunta, sondata, percorsa dalla febbrile curiosità umana, ci parla svelando e comunicando nuovo mistero. C’è l’acqua. Cambia tutto, dicono. E contemporaneamente aumenta il mistero. Non solo intorno ad altre cose possibili, ad altre notizie, alle nuove implicazioni. Cresce il senso del mistero intorno alla vita, alla sua presenza. Parlaci ancora, Luna.
Proprio ora, mentre siamo giustamente preoccupati di tante cose quaggiù. Ad esempio del fatto che l’acqua, sì proprio l’acqua che tu custodisci nei tuoi crateri, qua manca in troppi luoghi. Parlaci ancora, facci rialzare la testa, mentre ci preoccupiamo a volte ingiustamente di giardinetti di potere e orticelli di interessi personali. La notizia corre il mondo: c’è l’acqua sulla luna. Non è più una ragazza bella e sterile. Non è più la deserta e irraggiungibile, la fredda e impassibile ragazza dei cieli lontani.
No, ha acqua addosso, nelle pieghe delle mani, nelle rughe del sorriso degli occhi. Ha vita. anche lei ce ne parla. Non più solo con la lingua dei poeti. Ma anche con la lingua degli scienziati. Come sempre la poesia arriva prima. Da sempre ci si rivolgeva a lei come a una presenza viva, e ora la analisi degli scienziati confermano lo sguardo dei poeti. E quello che sembrava un miraggio o una cosa da mezzi matti, si rivela un punto precisissimo di svolta nello studio scientifico dell’universo.
Parlaci ancora, Luna. Parlaci della vita, del mistero stupefacente.
Poteva non esserci nell’universo. E invece c’è. Ci siamo, e la vita ci parla da altri luoghi. Così la mente si riempie di stupori, di domande. Ci saranno scienziati bravi e scrupolosi che ci spiegheranno le curiosità. Ma lo stupore resterà e sarà sempre più grande. Ancora una volta ci hai sorpresi, Luna. In un tempo in cui è perfino troppo facile guardare il mondo e avvilirsi, e sentire il peso del vivere, ancora una volta ci regali l’ammirazione, la vera benzina della ragione e del sentire. Perché senza ammirazione per la vita si vive male. E tu, ragazza dei cuori che ammirano, sei venuta, sei ancora una volta entrata in scena, passando per mille cannocchiali, mille video, mille radar. Ora di fronte ai nostri occhi che tremano, ci ricordi che punto sperduto siamo nell’universo, e però che punto privilegiato: visitato dalla vita, cosciente e commosso del proprio mistero.
Il valore della vita umana, tutta e per tutti - CITTA' DEL VATICANO, sabato, 14 novembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la Lectio Magistralis svolta l'11 novembre da monsignor Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, all'Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum” per l’apertura del nuovo anno accademico.
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L’invito a tenere questa Lectio Magistralis all’inizio dell’Anno accademico del Camillianum sul tema, Teologia della vita: il valore della vita umana, tutta e per tutti, mi è molto gradito e mi onora anche come nuovo Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.
Il Vostro invito, caro Padre Superiore Generale e Reverendo Padre Preside, mi fa maggiormente piacere perché il tema del valore della vita umana è anche uno dei problemi più complessi degli ultimi decenni e in modo particolare, degli ultimi anni.
Una prova indiscutibile di ciò è uno studio recentissimo (Marzo 2009) elaborato dal Gruppo Interdisciplinare di Bioetica (GIB) dell’Istituto Borja di Bioetica (IBB), sui problemi biologici, etici e giuridici dell’embrione e sull’inizio della vita umana.
Trovo interessante sottolineare il punto di partenza di questo documento perché è molto significativo ai fini della sua conclusione. Viviamo in una società pluralista e non più in una società guidata da un codice etico unico; quindi, a questi problemi si possono dare non solo risposte differenziate, ma anche e persino risposte opposte.
Pertanto, non deve sorprendere che, in un contesto sociale e culturale così diverso, non ci sia più una unanimità, neppure nelle risposte ai problemi fondamentali sull’inizio, il fine ed i limiti del diritto alla vita1.
Questo relativismo etico è ormai talmente accettato, che la stessa diversità delle risposte vale anche per l’aborto, ovvero il tema dell’autonomia riproduttiva della donna. Insomma, queste sono le sfide della nostra società contemporanea, e non si può imporre un’etica massimalista per tutti; anzi, si deve piuttosto cercare di ottenere dei minimi etici condivisibili, che poi garantiscono la convivenza2.
Partendo da questo presupposto, dividerò la mia Lectio in tre punti:
1. le sfide odierne;
2. le risposte della Chiesa;
3. il servizio ecclesiale alla vita dall’inizio fino alla fine naturale.
1. Le sfide odierne
Per quanto riguarda la vita umana, il venerabile Papa Giovanni Paolo II scrisse, nel 1995: “Con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico nascono nuove forme di attentati alla dignità dell’essere umano, mentre si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà, ai delitti contro la vita, un aspetto inedito e - se possibile – ancora più iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni”3. Gli attacchi più recenti provengono dalla biomedicina, con le sfide che riguardano l’embrione. Sembra, infatti, che l’accordo sulla definizione dell’embrione in quanto essere umano, allo stadio di zigote, morula o blastula, sia ancora molto discutibile. Poiché ci troviamo allo stadio pre-embrionale, la biomedicina attuale determina una serie di stadi progressivi nello sviluppo dell’embrione umano distinti e separati: fecondazione, zigote, morula e blastula. Se ciò fosse vero, e per la biomedicina lo è, non si potrebbe parlare di aborto fino all’impianto del pre-embrione nell’utero, e poiché la gestazione vera e propria non sarebbe ancora iniziata non ci sarebbe quindi una interruzione della gravidanza4.
La prima grande sfida riguarda così l’inizio dell’embrione come essere umano!
La seconda riguarda l’embrione umano ed il suo essere già una persona. Per “essere una persona umana”, la biomedicina attuale esige non solo che l’embrione umano disponga di informazioni sufficienti per avere una autonomia biologica e una individuazione, ma anche che si verifichino varie e precise condizioni5. Pertanto, secondo la biomedicina attuale si potrebbe già parlare di una vita umana embrionale dopo la blastula cioè dopo l’impianto, ma non ancora di una vita umana autonoma e quindi, si potrebbe concludere che, l’inizio del carattere autonomo dell’embrione umano non avviene prima dell’impianto completo cioè 15 giorni dopo la fecondazione. La pretesa che la genetica possa dimostrare il carattere autonomo dell’embrione umano dal momento della fecondazione non è inoltre corretta. Il problema dell’embrione riguarda, infatti e soprattutto, il suo valore ontologico, ossia la sua condizione di persona 6. Al Gruppo Interdisciplinare di Bioetica (GIB) interessa dunque rilevare che, anche se in questa controversia la scienza non ha l’ultima parola, le sue osservazioni possano però, portare chiarimenti al dibattito etico. Ed eccoci alla seconda grande sfida dell’embrione umano: l’essere persona!
Per alcuni, l’embrione è già persona dal momento della fecondazione, poiché si tratta di un suo processo continuo fino alla nascita. Questo criterio della continuità e finalità interna (télos) esige, almeno il rispetto del processo embrionale e fetale come una persona “in fieri”. Questo valore ontologico dell’embrione-persona si basa sul carattere sacro della vita umana, che possiede il genoma umano completo in ogni momento del suo sviluppo. Annoto che questa precisazione è anche la posizione ufficiale della Chiesa come vedremo in seguito più in profondità.
Altri sostengono, in base al criterio biologico, che si possano distinguere tre stadi nel processo embrionale e fetale, quindi noi possiamo anche distinguere tre gradi etici. Poiché, al primo stadio, il processo embrionale è ancora una massa di cellule senza una chiara individualità ed autonomia biologica, anche se già si tratta di vita umana, non sembra ragionevole attribuirgli il carattere autonomo, poiché diventa persona solamente al momento della sua autonomia e individualizzazione. Da quel momento gli obblighi morali sono maggiori.
Per altri invece, si può parlare di obblighi morali quando lo sviluppo cerebrale ha una minima e sufficiente costituzione genetica, morfologica, fisiologica e individuale. Siamo già alla sesta, o settima settimana dopo la fecondazione7. Ormai è chiaro come la grande sfida della vita umana riguarda anzitutto e soprattutto il suo inizio.
Se la vita umana iniziasse soltanto dopo l’impianto, ciò significherebbe un pieno nulla osta etico per l’aborto, poiché si impiegano circa 15 giorni dal momento della fecondazione dell’ovulo fino al momento all’impianto nell’utero materno.
Ed è quanto il GIB (Gruppo Interdisciplinare di Bioetica) sostiene8.
2. Le risposte della Chiesa .
Quanto sono state profetiche le parole del venerabile Papa Giovanni Paolo II, scritte nella sua Lettera apostolica Novo millennio ineunte (2001): “ Un impegno speciale deve riguardare alcuni aspetti della radicalità evangelica che sono spesso meno compresi, fino a rendere impopolare l’intervento della Chiesa, ma che non possono per questo essere meno presenti nell’agenda ecclesiale della carità. Mi riferisco al dovere di impegnarsi per il rispetto di ciascun essere umano dal concepimento fino al suo naturale tramonto. Allo stesso modo, il servizio all’uomo ci impone di gridare, opportunamente e importunamente, che quanti s’avvalgono delle nuove potenzialità della scienza, specie sul terreno della biotecnologia, non possono mai disattendere le esigenze fondamentali dell’etica, appellandosi magari ad una discutibile solidarietà che finisce per discriminare tra vita e vita, in spregio della dignità propria di ogni essere umano”9.
Mi permetto di dire che queste parole così autorevoli confermano non solo l’opportunità della scelta del tema, ma ci impegnano a dare risposte sempre più corrispondenti alla dignità di tutta ed ogni vita umana. Papa Wojtyla non solo ci conferma la tematica, ma ci indica anche la giusta metodologia da seguire, Ecco le sue parole: “Per l’efficacia della testimonianza cristiana, specie in questi ambiti delicati e controversi, è importante fare un grande sforzo per spiegare adeguatamente i motivi della posizione della Chiesa, sottolineando soprattutto che non si tratta di imporre ai non credenti una prospettiva di fede, ma di interpretare e difendere i valori radicati nella natura stessa dell’essere umano. La carità sarà allora necessariamente al servizio della cultura, della politica, dell’economia, della famiglia, perché dappertutto vengano rispettati i principi fondamentali dai quali dipende il destino dell’essere umano ed il futuro della civiltà”10.
2.1. Il Vangelo della vita
Chi vuole comprendere l’interpretazione e la difesa da parte della Chiesa dei valori radicati nella natura stessa dell’essere umano, deve partire dal Vangelo dell’Amore di Dio per l’uomo. Poiché il Vangelo della Vita umana e della dignità della persona sono Vangelo unico ed indivisibile11.
“Di tutte le creature visibili, soltanto l’uomo è ‘capace di conoscere e amare il proprio Creatore’;” è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso; soltanto l’uomo è chiamato a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la vita di Dio. A questo fine è stato creato ed è questa la ragione fondamentale della sua dignità”12.
Nel suo quarto dialogo, Santa Caterina da Siena scrive: “Quale fu la ragione che tu ponessi l’uomo in tanta dignità? Certo l’amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l’hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno”13. Per rilevare ancora di più questo primato ontologico della natura umana e la sua superiorità come creatura visibile, ascoltiamo cosa dice San Giovanni Crisostomo in una delle sue prediche: “Qual è dunque l’essere che deve venire all’esistenza circondato di una tale considerazione? Ė l’Uomo, grande e meravigliosa figura vivente, più prezioso agli occhi di Dio che tutta la creazione: è l’Uomo, è per lui che esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della creazione, ed è alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da non risparmiare, per lui, neppure il suo Figlio Unigenito. Dio infatti non ha mai cessato di tutto mettere in atto per far salire l’Uomo fino a sé e farlo sedere alla sua destra”14. Ecco perché la vita dell’uomo sta al cuore del messaggio di Cristo. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura. L’uomo è chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni storiche - il tempo e lo spazio - della sua esistenza terrena. La sua vita consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio 15. Nel piano di Dio-Creatore, tutto è stato creato per l’uomo, ma l’uomo è stato creato per servire Dio e per offrirgli tutta la creazione.
Una prima risposta alle sfide sulla vita umana è, dunque, che non si tratta solo di un essere umano, ma anche della dignità di una persona.
Ora cerchiamo di approfondirla di più, considerando l’unità ontologica dell’uomo come immagine di Dio.
2.2 La vita umana, tutta e per tutti, ad immagine di Dio
Il CCC insegna, “La dignità della persona umana si radica nella creazione ad immagine di Dio” 16; questa immagine divina “è presente in ogni uomo.”17. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice che “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere vivente” (Gn 2,7). Da questo racconto biblico possiamo dedurre che l’essere dell’uomo nella sua totalità, cioè corpo e anima, è voluto da Dio a sua immagine ”18. Quindi, ed è importantissimo, che anche il corpo dell’uomo partecipi alla dignità di “immagine di Dio”. Il corpo, è un corpo umano proprio perché è animato dall’anima spirituale. E questa unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare quest’ultima come la “forma” del corpo; ciò significa che, grazie all’anima spirituale, il corpo composto di materia è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature disgiunte, ma la loro unione forma un’unica natura 19.
A questo punto preciso ancora: “essendo ad immagine di Dio, l’individuo umano ha la dignità di persona: non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. Ė capace di conoscersi, di possedersi, di donarsi liberamente e di entrare in comunione con altre persone, è chiamato, per grazia, ad un’alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua sostituzione”20.
E questo è fondamentale per comprendere la posizione della Chiesa per quanto riguarda la vita umana di ognuno e di tutti: “unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice prendono voce per lodare in libertà il Creatore. Allora, non è lecito all’uomo disprezzare la vita corporale; egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione nell’ultimo giorno”21.
Questa unità ontologica della natura umana è fondamentale nella risposta della Chiesa alle sfide della biomedicina, soprattutto, per quanto riguarda le varie fasi nel processo della vita umana “in fieri”. L’unità degli elementi costitutivi della natura umana è talmente importante da essere un articolo del nostro Credo cristiano. Il CCC recita, infatti: “Il Credo cristiano - professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificatrice - culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna”22. Questo Credo nella risurrezione della carne significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, anche i nostri ”corpi mortali” (Rm 8,11) riprenderanno vita.
San Paolo non ha dubbi, “Come possono dire tra voi alcuni che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neppure Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede… Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”( 1 Cor. 15, 12-14.20). Allora, se nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna, culmina il Credo cristiano, cioè se l’unità ontologica della natura umana è così essenziale per comprendere la posizione della Chiesa, come alcuni possono affermare che la scienza segue un percorso diverso?
Anche la Chiesa non ha dubbi quando propone che il naturale continuum ontologico del processo genetico di ogni vita umana e la sua dignità di persona, radicata nel suo essere creato a immagine di Dio, rende illecito ogni artificiale discontinuum biologico. Per questo, la Chiesa proclama che ogni vita umana, dal suo concepimento fino alla morte naturale, è sacra.
In altre parole, e più teologiche: ciò che Dio ha unito, persino dopo la morte, nessuno, né l’uomo né lo Stato separi; pertanto no assoluto, sia all’aborto diretto che all’eutanasia diretta, positiva e negativa. Chi vuol conoscere ancora più a fondo questa proposta può leggere i vari documenti ed Istituzioni della Chiesa a servizio della vita umana.
3. Il servizio ecclesiale alla vita dall’inizio fino alla fine naturale
Il grande servitore della vita umana, Papa Giovanni Paolo II professa il valore della vita umana, tutta e di tutti, in questi termini inequivocabili: “Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (cf. Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umano dal primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l’umana convivenza e la stessa comunità politica”23.
Precisando ulteriormente la teologia della vita umana, rileva l’evento di salvezza della incarnazione del Figlio di Dio, cioè della sua unione, in certo senso, ad ogni uomo. Poiché in questo evento salvifico si rivela all’umanità non solo l’amore sconfinato di Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16), ma anche il valore incomparabile di ogni persona umana “24. Ecco perché la Chiesa si sente chiamata ad annunciare agli uomini di tutti i tempi questo “Vangelo”, fonte di speranza invincibile e di gioia vera per ogni epoca della storia”25.
Conforme a questa chiamata della Chiesa, Giovanni Paolo II istituì, l’11 Febbraio 1994, tramite il Motu Proprio “Vitae Mysterium”, La Pontificia Accademia Pro Vita (P.A.V.). Accennando all’attività della P.A.V. devo ricordare due grandi personalità: Sua Eminenza il Cardinale Fiorenzo Angelini, primo Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ed il Professor Jerôme Lejeune, primo Presidente dell’Accademia Pro Vita. Dalla collaborazione del Professor Lejeune e del Cardinale Angelini con il Santo Padre venne l’idea, la missione e la struttura di questo organismo della Chiesa a servizio della vita umana. Il Compito statutario della Accademia è quella di intervenire su questioni divenute cruciali in questi ultimi anni nell’ambito della bioetica e, in generale, promuovere e difendere le vita umana. La prospettiva globale in cui si inserisce l’attività dell’Accademia è quella della costruzione di una nuova cultura della vita umana 26. Non si tratta, quindi, di un lavoro esclusivamente scientifico, neutro e distante dalle esistenze profonde della vita umana. L’adempimento di tale compito è un servizio urgente e necessario per aiutare l’uomo contemporaneo a costruire un mondo che riconosca la gioia della vita e sia animato dalla speranza: una civilizzazione dell’amore.
Per avere un’idea del servizio alla vita umana, cito soltanto alcune delle 14 pubblicazioni delle Assemblee Generali Annuali. “Identità e statuto dell’embrione umano” (1997), “Genoma umano, persona umana e la società del futuro” (1998), “La dignità del morente” (1999), “Natura e dignità della persona umana, a fondamento del diritto alla vita” (2002), “La dignità della persona umana” (2004), “L’embrione umano nelle fase di reimpianto” (2006), “ La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita” (2008), “Le nuove frontiere della Genetica e il rischio dell’eugenetica” (2009).
In un discorso all’Assemblea Generale della P.A.V., il Santo Padre Benedetto XVI diceva: “Mi è caro esprimere un apprezzamento ed un ringraziamento alla Pontificia Accademia per la Vita per il suo prezioso lavoro di “studio, formazione e informazione” di cui si avvantaggiano i Dicasteri della Santa Sede, le Chiese locali e gli studiosi attenti a quanto la Chiesa propone sul terreno della ricerca scientifica e intorno alla vita umana nel suo rapporto con l’etica e il diritto. Per l’urgenza e l’importanza di questi problemi, ritengo provvidenziale l’istituzione da parte del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II di questo Organismo27.
Desidero anche fare accenno alla Carta per gli Operatori Sanitari, tradotta in 15 lingue, alle tante celebrazioni della Giornata Mondiale del Malato e, soprattutto, alle Conferenze Internazionali annuali del Pontificio Consiglio per la Salute. Siamo alla vigilia della 24a Conferenza Internazionale che si terrà dal 19 al 21 novembre prossimo a Roma, che ha come tema “Effata! La Persona sorda nella vita della Chiesa”.
In conclusione, vorrei terminare questa mia Lectio inaugurale con due documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF).
Il primo intitolato: “Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione” (22 Febraio 1987), conosciuto come Donum vitae, ed il secondo intitolato “Dignitas Personae” – Su alcuni questioni di bioetica” ( 12 Dicembre 2008).
La Premessa del primo documento e l’Introduzione del secondo sono molto significative. “La CDF è stata interpellata da diverse Congregazioni Episcopali o da singoli Vescovi, da teologi, medici e uomini di scienza, in merito alla conformità con i principi della morale cattolica delle tecniche biomediche che consentono di intervenire nella fase iniziale della vita dell’essere umano e nei processi stessi della procreazione (… ). I termini di “zigote”, “pre-embrione” “embrione e “feto” possono indicare nel vocabolario della biologia stadi successivi dello sviluppo di un essere umano. La presente Istituzione usa liberamente questi termini, attribuendo ad essi un’identica rilevanza etica, per designare il frutto, visibile o non, della generazione umana, dal primo momento della sua esistenza fino alla nascita. La ragione di questo uso viene chiarito dal testo”28. Questa identica rilevanza etica della generazione umana, è precisata nell’introduzione del secondo documento, ed esige che “ ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità della persona “29. Questo principio della dignità è talmente fondamentale che si deve esprimere un grande “Si” alla vita umana. E pertanto, “deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica che riveste un’importanza sempre maggiore nel mondo di oggi”30 . Ciò è tanto più necessario, come abbiamo cercato di dimostrare, perché le scienze mediche hanno sviluppato in modo considerevole le loro conoscenze sulla vita umana negli stadi iniziali della sua esistenza. Esse sono giunte a conoscere meglio le strutture biologiche dell’uomo ed il processo della sua generazione. Questi sviluppi sono certamente positivi e meritano di essere sostenuti, quando servono a superare o a correggere patologie e concorrono a ristabilire il normale svolgimento dei processi generativi. Ma, ed è quanto va detto con ogni chiarezza, essi sono invece negativi, e pertanto non si possono condividere quando implicano la soppressione di esseri umani o usano mezzi che ledono la dignità della persona oppure sono adottati per finalità contrarie al bene integrale dell’uomo. Il corpo di un essere umano, fin dai suoi primi stadi di esistenza, non è mai riducibile all’insieme delle sue cellule. Il corpo embrionale si sviluppa progressivamente secondo un “programma” ben definito e con un proprio fine che si manifesta con la nascita di ogni bambino”31. Una nascita nel tempo e nello spazio, per rinascere nel sacramento del Battesimo e partecipare, per sempre, anima e corpo, alla vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Reverendissimo Padre Preside, egregi Professori e carissimi allievi del Camillianum, non mi resta che augurarvi, sotto la protezione della Madre Vergine della Vita, ogni bene e un fruttuoso nuovo Anno Accademico 2009-2010.
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1 Cfr. Consideraciones sobre el embriόn humano. in Bioètica $ debat, vol. 15, n. 57, monografico 2009, Introduzione, : p.2; in seguito citerò, Consideraciones, p.
2 Cfr, ibidem
3 Giovanni Paolo II, Lett. Enciclica Evangelium vitae, Introduzione, n. 4.
4 Cfr. Consideraciones, p. 3, e.
5 Cfr. Consideracones, II, p. 5.
6 Cfr. Consideraciones, p.4.. Da notare che qui si appellano al pensiero greco ( Aristotile, Hippocrate) , al pensiero biblico (Ex. 21,22), al pensiero antico e mediovale cristiano ( Sant?Agostino e San Tommaso) e a quello contemporaneo ( K. Rahner e B.Häring).. Questi autori considerano un aborto in fase prematura un evento da rifiutare, però, non si tratta di un omicidio. Preciso soltanto con Bonifacio Honings che studiò a fondo questo argomento. Si tratta del problema , se l’uomo che fece abortire la moglie dell’uomo, con cui litigava, era reo di un omicidio o meno e, quindi, punibile o meno come omicida. Ora,egli era un omicida , se il feto era già un ishon ( un homunculus), ma non era omicida se il feto non era ancora un ishon (non ancora un homunuclus). Pertantonon er sempre un omicida, ma ed è quanto conta , dal punto di vista morale, era sempre colpevole di un peccato grave. (cfr. Bonifacio Honings, Iter Fidei et Rationis, Trilogia, Teologica, Moralia, Iura, Ed. PUL, 2004 ).
7 Cfr. Consideraciones, p. 5.
8 Cfr. Considerciones, fase preimplantoria, p. 8.
9 Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, Lettera apostolica al termine del Grande Giubileo dell’anno 2000, Città del Vaticano, 3. edizione, 2001, n. 51, p. 68-69.
10 Novo millennio ineunte, n. 51, p.69.
11 Cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, Introduzione, n. 2.
12 Catechismo della Chiesa Cattolica, (CCC), n. 355.
13 Santa Catarina da Siena, Dialoghi, 4,13, citato CCC, n. 356.
14 San Giovanni Crisostomo, Sermones in Genersim, 2,1: PG 54, 587D-588°, citato in CCC, n. 358.
15 Cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 1995, introduzione, 1-2, in seguito citerò, EV, n.
16 CCC, n. 1700.
17 CCC, n. 1702.
18 CCC, n. 362.
19 Cfr. CCC, n. 365
20 CCC, n. 357.
21 Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, n. 14.
22 CCC, n. 988.
23 EV, Introduzione, n.2-
24 Ibidem; il corsivo è del Papa..
25 Ibidem.
26 Cfr. EV, 68.
27 Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, 27 febbraio 2006.
28 CDF, Donum vitae, Premessa.
29 Dignitas Personae, Introduzione, 1.
30 Ibidem.
31 Dignitas Personae, prima parte, n. 4.
UN REPORTAGE-SCOPERTA, AMARI DUBBI, IL TENACE IMPEGNO PER LA VITA - Il buio dell’aborto clandestino e la luce che pure è accesa - GABRIELLA SARTORI – Avvenire, 15 novembre 2009
C he la legge 194 – che permette l’aborto a pubbliche spese – non avesse eliminato gli aborti clandestini (calcolati in almeno ventimila l’anno) era cosa nota, anche se di questo insuccesso della legge si parla il meno possibile. Ma che questo genere di aborti si 'organizzassero' in una grande città come Milano, alle fermate degli autobus e nei meandri della metropolitana, non lo sapeva quasi nessuno. Va dunque riconosciuto a Elena Loewenthal, che lo ha raccontato due giorni fa sulla
Stampa di Torino, di aver rotto il tabù dell’aborto clandestino, cosa che quasi nessuno fa sui cosiddetti giornali 'laici', e di aver anche rivelato i tristi spazi urbani in cui esso viene negoziato. Le fermate dell’autobus e i sotterranei della metrò, ad esempio, dove straniere e italiane si trovano immerse in una specie di «immenso consultorio» parallelo a quello legale, dove «si chiedono, si ottengono e si pagano gli aborti clandestini». Dove un’oscura ragnatela di personaggi intavolano trattative, forniscono indirizzi, distribuiscono «sacchetti di pillole»... «Un sistema intero che funziona a pieno regime», scrive Loewenthal.
In quei posti che Marc Augé ha definito come «non luoghi», dove nessuno ti guarda in faccia e dove nessuno ha tempo e voglia di interessarsi di nessun altro, molte donne – straniere e no – vanno a cercare una 'soluzione' al loro 'problema'.
C’è la clandestina disperata e senza mezzi, ma c’è anche la giovane italiana colta e presumibilmente ben informata, che non può permettersi di «guastarsi una carriera ben avviata». E ci sono «minorenni» per le quali l’articolista della Stampa non trova aggettivi. La loro abbandonata solitudine parla da sola, aggiungendo desolazione a desolazione.
I lettori di Avvenire già conoscono il mondo di sentimenti e di paure che venerdì è emerso anche dalle pagine del quotidiano torinese. È un mondo osservato dal punto di vista delle donne che faticano ad accettare una gravidanza. È un mondo nel quale, da decenni, si addentrano con passione e rispetto i volontari del Movimento per la vita e dei Centri di aiuto alla vita.
Spesso circondati dal silenzio (o dall’ostilità) di buona parte dei mass media e dei soliti ambienti 'evoluti'. E questi volontari sanno – per averlo sperimentato mille volte – che, di fronte a una maternità imprevista e non voluta, la prima causa di rifiuto del figlio da parte della donna è la sensazione terribile dell’abbandono, è il sentirsi immerse in una società dove «ognuno si fa i fatti suoi», una società in cui anche le persone più vicine – marito, partner, madre e padre, amiche e amici – ti dicono: «Devi decidere tu». Il che, magari, suona bello e giusto, ma troppo spesso vuol dire: «Arrangiati». Questi volontari conoscono, per esperienza, i 'miracoli' che accadono quando anche la madre più determinata ad abortire scopre che qualcuno le vuol dare una mano sul serio, vuol 'perder tempo' a occuparsi di lei, ad ascoltarla senza stancarsi, senza scoraggiarsi mai.
Guardandola in faccia, insomma, stabilendo con lei quella relazione che ci trasforma da individui in persone. Riflettendo sul triste e solitario fenomeno dell’aborto clandestino e fai-da-te, Loewenthal trova incomprensibile il fatto che una donna italiana, istruita e matura, volendo abortire, preferisca il tetro mondo dei sotterranei della metropolitana al ricovero ospedaliero che, almeno, la sottrarrebbe agli inevitabili pericoli di natura sanitaria. Pensa che si tratti di italica, atavica diffidenza nei confronti della legalità. O di qualcosa di più profondo e oscuro, come se «l’emancipazione e il progresso non fossero riusciti ad estirpare... la sottomissione femminile ad un destino ingrato…». Ma c’è dell’altro. E se Elena Loewenthal, che è giornalista intelligente e di fini sentimenti, volesse, ospite gradita, 'scoprire' anche il mondo del volontariato pro-life, vedrebbe appunto altre cose, altre profondità del cuore.
E un nucleo straordinario di umanità e di storie che a volte sembrano inventate e invece sono tutte vere.
Difficili eppure calde di vita e di speranza, lontane mille miglia dalla desolazione dell’aborto in pillole spacciato nel buio della metropolitana milanese.