Nella rassegna stampa di oggi:
1) 29/11/2009 – VATICANO - Papa: Cristo, fondamento della speranza di cui hanno bisogno tutti gli uomini - All’inizio del nuovo anno liturgico, Benedetto XVI sottolinea che Gesù Cristo è la speranza di cui hanno bisogno popoli ricchi e popoli in via di sviluppo; credenti e non credenti. Un pensiero per i malati di Aids, soprattutto i bambini e i più poveri. Saluti ai partecipanti alla marcia per affermare il valore religioso storico e culturale del crocifisso, dopo la sentenza della Corte europea.
2) Avvenire, 28 Novembre 2009 - INIZIA L'AVVENTO - Il Papa: «Sostare in silenzio per capire una Presenza»
3) LA SERRATA CRITICA ALLA PILLOLA ABORTIVA HA SMASCHERATO LE TROPPE BUGIE - Ma quale «conquista della donna»: adesso sulla Ru486 non ci sono più alibi - MICHELE ARAMINI – Avvenire, 29 novembre 2009
4) La battaglia della Ru486
5) Le omelie di Benedetto XVI: un modello per una Chiesa confusa - È in libreria un volume con la predicazione di papa Ratzinger nell'ultimo anno liturgico. Ad essa egli si dedica con crescente intensità. Come volesse offrire una guida a vescovi e preti - di Sandro Magister
29/11/2009 – VATICANO - Papa: Cristo, fondamento della speranza di cui hanno bisogno tutti gli uomini - All’inizio del nuovo anno liturgico, Benedetto XVI sottolinea che Gesù Cristo è la speranza di cui hanno bisogno popoli ricchi e popoli in via di sviluppo; credenti e non credenti. Un pensiero per i malati di Aids, soprattutto i bambini e i più poveri. Saluti ai partecipanti alla marcia per affermare il valore religioso storico e culturale del crocifisso, dopo la sentenza della Corte europea.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Gesù Cristo è “il fondamento della speranza”; quella speranza di cui “ogni essere umano ha costantemente bisogno”: così Benedetto XVI ha spiegato il senso dell’Avvento con l’inizio oggi dell’Anno liturgico. Parlando alle migliaia di pellegrini radunati in piazza san Pietro per la preghiera dell’Angelus, il papa ha precisato che “Gesù Cristo non riguarda solo i cristiani, o solo i credenti, ma tutti gli uomini, perché Egli, che è il centro della fede, è anche il fondamento della speranza”.
Spiegando la “rilevanza” che l’anno liturgico ha per gli uomini, il pontefice ha detto: “Il mondo contemporaneo ha bisogno soprattutto di speranza: ne hanno bisogno i popoli in via di sviluppo, ma anche quelli economicamente evoluti. Sempre più ci accorgiamo che ci troviamo su un’unica barca e dobbiamo salvarci tutti insieme. Soprattutto ci rendiamo conto, vedendo crollare tante false sicurezze, che abbiamo bisogno di una speranza affidabile, e questa si trova solo in Cristo, il quale, come dice la Lettera agli Ebrei, ‘è lo stesso ieri e oggi e per sempre’ (13,8). Il Signore Gesù è venuto in passato, viene nel presente, e verrà nel futuro. Egli abbraccia tutte le dimensioni del tempo, perché è morto e risorto, è ‘il Vivente’ e, mentre condivide la nostra precarietà umana, rimane per sempre e ci offre la stabilità stessa di Dio. E’ ‘carne’ come noi ed è ‘roccia’ come Dio. Chiunque anela alla libertà, alla giustizia, alla pace può risollevarsi e alzare il capo, perché in Cristo la liberazione è vicina (cfr Lc 21,28) – come leggiamo nel Vangelo di oggi.”.
Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha ricordato che il 1° dicembre si celebra la Giornata mondiale contro l’Aids. “Il mio pensiero e la mia preghiera – ha detto - vanno ad ogni persona colpita da questa malattia, in particolare ai bambini, ai più poveri, a quanti sono rifiutati. La Chiesa non cessa di prodigarsi per combattere l’Aids, attraverso le sue istituzioni e il personale a ciò dedicato. Esorto tutti a dare il proprio contributo con la preghiera e l’attenzione concreta, affinché quanti sono affetti dal virus HIV sperimentino la presenza del Signore che dona conforto e speranza. Auspico infine che, moltiplicando e coordinando gli sforzi, si giunga a fermare e debellare questa malattia”.
Nei saluti finali, in diverse lingue, Benedetto XVI ha salutato in particolare il gruppo che ha partecipato ad una marcia promossa dal Movimento dell’Amore Familiare “per manifestare profondo amore al Crocifisso, riconoscendone il valore religioso, storico e culturale”. La marcia era stata indetta anche per contestare la sentenza della Corte europea che giudica lesiva alla libertà l’esposizione dei crocefissi nei luoghi pubblici italiani.
Avvenire, 28 Novembre 2009 - INIZIA L'AVVENTO - Il Papa: «Sostare in silenzio per capire una Presenza»
"Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli" ma per sentire la sua presenza occorre "sostare in silenzio" e non farsi travolgere dal "fare": è questa l'esortazione espressa da papa Benedetto XVI che questa sera, nella Basilica di San Pietro, ha celebrato i Vespri della prima domenica di Avvento.
"Tutti facciamo esperienza, nell'esistenza quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce per essere assorbiti dal 'farè. Non è forse vero che spesso è proprio l'attività a possederci - chiede il pontefice - la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra attenzione? Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi di vario genere? A volte - aggiunge - le cose ci 'travolgono".
Il senso dell'Avvento, liturgia che conduce al Natale, può aiutare, invece, "a sostare in silenzio per capire una Presenza". Così, "i singoli eventi della giornata" diventano "cenni che Dio ci rivolge, segni dell'attenzione che ha per ognuno di noi".
LA SERRATA CRITICA ALLA PILLOLA ABORTIVA HA SMASCHERATO LE TROPPE BUGIE - Ma quale «conquista della donna»: adesso sulla Ru486 non ci sono più alibi - MICHELE ARAMINI – Avvenire, 29 novembre 2009
C on lo stop del Senato all’introduzione negli ospedali italiani, seguito dalla lettera con la quale il ministro del Welfare Sacconi detta una serie di condizioni per il suo uso ospedaliero in osservanza della legge 194, la Ru486 è tornata al centro del dibattito bioetico, con interessanti osservazioni circolate in questi giorni. Tra le altre, è utile isolare quella del ginecologo Giuseppe Benagiano, a parere del quale le critiche sollevate contro la pillola abortiva (pericolosità del farmaco e banalizzazione dell’aborto) sarebbero in realtà inconsistenti. La sua argomentazione può sembrare di buon senso: se una cosa è pericolosa (prima critica) è difficile che il suo uso si possa banalizzare (seconda critica), due argomenti che dunque si annullerebbero a vicenda.
La realtà s’incarica però di smentire quest’apparente sensatezza. Nei fatti i comportamenti a rischio sono ampiamente praticati: fumo, eccesso di alcol, uso di stupefacenti, sesso occasionale... Possiamo ben immaginare come le persone che hanno urgenza di abortire non si fermino di fronte al maggior pericolo della procedura chimica: l’aborto 'a tutti i costi' accetterebbe anche un rischio aggiuntivo. Occorre poi precisare che non molti sarebbero al corrente delle possibili conseguenze sulla salute provocate dall’aborto chimico. Questa conoscenza è presente invece in coloro che debbono prendere la decisione di immettere la pillola nella prassi abortiva, tenuti a operare per il miglior bene della donna e non per motivazioni ideologiche.
Che sia vero che la Ru486 sia dannosa per l’integrità fisica è un dato incontestabile.
Infatti, al di là del maggior numero di decessi che l’aborto chimico provoca, va considerato l’aumento di stress psichico cui la donna viene sottoposta. Il semplice confronto tra l’aborto chirurgico (pochi minuti di intervento, tre ore di osservazione ambulatoriale alle quali seguono le dimissioni della donna) e l’aborto chimico (somministrazione del mifepristone, dopo 24 ore le prostaglandine per l’espulsione del feto, un tempo variabile per arrivare al minitravaglio che coinvolge la donna per molte ore) fa comprendere che la procedura farmacologica si presenta come un danno per la salute psichica della donna. E la salute psichica fa parte del più generale concetto di salute, o no?
Già solo questo aspetto pone l’interrogativo fondamentale: a chi giova questo nuovo modo di abortire? È chiaro che l’insistenza sull’uso della Ru486 è dovuta, oltre che alla potenza delle case farmaceutiche, alla volontà di spostare l’aborto dall’ambito pubblico al privato.
Infatti i sostenitori della Ru486 si oppongono alla sua somministrazione ospedaliera. L’obiettivo della privatizzazione è parte di una strategia che si ritrova anche in altri aspetti della bioetica, come il testamento biologico e l’eutanasia. Si vorrebbe rendere inefficace ogni possibile controllo sociale sulle decisioni bioetiche in nome di una logica libertaria, che viene nobilitata definendola 'autodeterminazione'. Tale strategia si attua con l’aiuto di governi 'amici' – un esempio è quello di Zapatero – o tramite campagne mediatiche che veicolano tutta una serie di bugie sull’aborto chimico quale nuova 'conquista della donna'.
Se questa strategia avesse successo per inavvedutezza della politica, ci ritroveremmo con una società insidiata dalla tossina della mancanza di rispetto per la vita, un autentico germe di violenza. In questa società non ci sarebbe più bisogno di definire l’aborto come un dramma, perché sarebbe solo un evento insignificante.
Questi argomenti mostrano che la lunga e serrata discussione sulla Ru486, in corso nel nostro Paese da almeno quattro anni, ha avuto il merito di far emergere con precisione le troppe inesattezze sulle vere conseguenze e le implicazioni dell’uso della Ru486. I responsabili dell’Agenzia italiana del farmaco, chiamati ora a tradurre le stringenti indicazioni di Sacconi in una nuova delibera, non possono non tenerne conto. Comunque vadano le cose, ai politici spetterà il compito di vigilare perché non si allarghino le maglie, già larghissime, della 194.
La battaglia della Ru486
Nuovo stop alla diffusione in Italia della pillola abortiva. La Commissione Sanità del Senato (voti a favore del Pdl e della Lega) ha votato un testo in cui si prevede che l’immissione in commercio sia preceduta da un parere del ministero della Salute, che assicura un intervento in tempi strettissimi. Il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella: «Nessun boicottaggio. Viene semplicemente ripristinato l’ordine delle competenze e data la priorità alle indicazioni del governo circa la compatibilità del metodo con la legge italiana, in particolare la 194». «Il parere arriverà entro 24 ore. A quel punto l’Aifa dovrà convocare un nuovo Cda e votare una nuova delibera sulla Ru486. La pillola abortiva – lo ribadisco – potrà essere impiegata in Italia solo a questa condizione: che la donna sia in ospedale per tutta la procedura, che un medico sia accanto a lei, che l’aborto non avvenga a casa o su un tram».
Un passo certamente importante, ma ancora una volta si deve constatare amaramente che “gli interrogativi ruotano intorno alla salvaguardia dell’integrità fisica della donna ed al rispetto di quella legge che da oltre trent’anni legittima l’uccisione volontaria di esseri umani innocenti ed indifesi. L’abominevole delitto descritto dal Catechismo diventa tale solamente quando la donna ne subisce le conseguenze fisiche o morali. Il tentativo di occultamento del male operato dalle lobby abortiste ha probabilmente raggiunto l’obbiettivo fissato: della vittima non v’è più alcuna traccia” (cf. Corrispondenza Romana).
Non smettiamo di difendere la vittima dell’aborto: il BAMBINO !
Le nuove tappe della Ru486 in Italia
Il “no” della Commissione Sanità del Senato all’immissione in commercio della pillola abortiva, arrivato ieri al termine dell’indagine conoscitiva sulla Ru486, azzera di fatto gli ultimi atti dell’Agenzia del farmaco a partire dal 30 luglio scorso, quando il Consiglio d’amministrazione dell’agenzia autorizzò con una delibera ad hoc l’introduzione della pillola nel nostro Paese.
Cosa succede ora?
Non appena verrà formulato il parere del governo sulla compatibilità della legge 194 con l’aborto chimico (entro 24 ore, come assicurano al ministero della Salute), l’Aifa dovrà ricominciare la procedura di autorizzazione della Ru486 proprio dalla delibera di luglio. I tempi del nuovo documento dipendono dall’Aifa, ma un atto in questo senso potrebbe arrivare in tempi brevissimi, anche entro una settimana. A quel punto si dovrà attendere che la nuova delibera – con le disposizioni tecniche per l’uso del farmaco così rinnovate – sia pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Solo allora l’aborto chimico potrà essere effettuato negli ospedali, nel pieno rispetto della legge 194.
E cosa cambia?
Nella nuova delibera sarà introdotto – questa la novità essenziale che verrà sottolineata proprio dal governo – l’obbligo del ricovero ordinario per le donne che ricorrono alla pillola abortiva. Un punto, quello in questione, che non era abbastanza chiaro nel testo della prima delibera, in cui il ricovero era previsto "fino alla certezza dell’avvenuta interruzione di gravidanza", quindi non fino all’espulsione del feto, che come noto è successiva di almeno tre giorni all’assunzione della Ru.
È coinvolta anche l’Europa?
Il governo potrebbe decidere – come peraltro auspicato dalla stessa commissione Sanità del Senato – di rivolgersi tramite l’Aifa all’Emea (l’agenzia del farmaco europea) per discutere il problema della farmacovigilanza, cioè della sicurezza della Ru486. Nell’indagine conoscitiva sono infatti emersi da più parti dubbi su come vengono elaborati i dati sulla pillola abortiva, e non solo quelli sulla mortalità, ma anche sugli eventi avversi, gli effetti collaterali e l’intero follow up della pillola (in gran parte d’Europa la pillola viene assunta fuori dalle strutture sanitarie). In questo caso l’Emea potrebbe riconsiderare le modalità dell’aborto chimico non solo in Italia, ma anche negli altri Paesi europei in cui la pillola è stata adottata.
Avvenire 27 Novembre 2009
Il cinismo di chi non vuole capire
di Francesco Ognibene
Il colpo di scena è arrivato proprio all’ultimo minuto. La partita per il via libera alla pillola abortiva negli ospedali italiani s’è riaperta proprio quando pareva ormai prossimo alla conclusione l’inesorabile iter burocratico del "mutuo riconoscimento" per un farmaco già adottato in altri Paesi dell’Unione europea.
La cieca macchina dei timbri apposti da organismi tecnici in calce all’autorizzazione di un medicinale col quale s’introduce in Italia nientemeno che un nuovo modo di abortire pareva impossibile da arrestare, in barba a una legge dello Stato. Ma il Parlamento ha finalmente reagito mostrando di volersi riappropriare della sua funzione di rappresentanza della volontà popolare. E ha deciso di vederci chiaro, con una determinazione che l’ha condotto – ieri – a rimettere in discussione ciò che molti davano per acquisito.
È arrivata così l’ineccepibile decisione di chiedere al governo una parola chiara sulla discutibilissima compatibilità della Ru486 con ciò che dispone la 194: una legge che, come tutti sanno, mai ci è piaciuta, ma che quantomeno detta alcune regole minime per evitare di aggiungere allo scempio dell’embrione lo sfregio sulla donna già ferita da una scelta drammatica come l’interruzione di una gravidanza. Perché la Ru486 non è l’«aborto dolce» o «meno invasivo», come vagheggia chi vorrebbe sbancare ogni forma di tutela della vita (caposaldo della Costituzione) in nome di una libertà "liquida". L’aborto chimico – in realtà – è una procedura lunga e dolorosa, un metodo brutale per mettere fine con le proprie mani a quella vita che germoglia nel grembo, fino all’umiliazione di fare tutto da sé e di vedere (in oltre la metà dei casi) quel poco che resta di una vita che poteva essere.
Un dolore indicibile, ricacciato nell’angolo buio del bagno di casa, nella migliore delle ipotesi. La clandestinità riabilitata. È questo che dovremmo veder introdotto anche in Italia (e poco importa che altrove sia già così), col placet di uno Stato neutrale? O non è bene reagire e ragionare finché c’è possibilità, per esigere civilmente che ci si accorga della «banalità del male» quando ricompare in nuove, edulcorate forme dalle sentine della storia, per allungare la sua ombra sulla vita umana più fragile?
A questo orrore il Senato ha responsabilmente detto no, reggendo un formidabile e convergente urto politico, mediatico e culturale. La maggioranza della Commissione Sanità ha dunque chiesto che venga rispettata alla lettera la legge là dove dispone il ricovero ordinario sino al completamento dell’aborto, senza ricorrere a stratagemmi come il day hospital o le dimissioni "volontarie" (magari incoraggiate da disinvolti ginecologi o fautori di un’ideologica deregulation). Chi nelle manifestazioni tardo-femministe strilla all’intoccabilità della 194 abbia almeno il buon gusto di non pretenderne ora un’applicazione a intermittenza, e un sostanziale scardinamento.
Di fronte a un intervento dell’istituzione democratica che s’ingegna per garantire la salute fisica e psicologica delle donne, insidiata da un nuovo "farmaco" che porta morte, diventa sempre più incomprensibile il fuoco di sbarramento opposto da parlamentari che hanno parlato di decisione «cinica» e «insensata», di «forzatura politica», addirittura di «gioco scandaloso». In questo coro di lamentazioni pregiudiziali non s’è udito il coraggio moderno e libero di affrontare la sostanza della questione: la pillola abortiva è davvero un bene per le donne, o è solo un sistema illusoriamente sbrigativo per chiudere la "pratica" aborto senza disturbare, fingendo che sia una vicenda sanitaria come tante? Il modo in cui lo si vorrebbe estendere in tutta Italia (una pillola e via, tutte a casa, per non appesantire i costi della sanità) sa tanto di ostinazione ideologica, con un sovrappiù di invettive agli "oscurantisti" che si oppongono.
Una vita che palpita e il corpo delle donne usati per affermare un’assoluta e incontrollata libertà di aborto. Lo chiamano diritto, ma è questo il vero cinismo.
Avvenire 27 Novembre 2009
Le omelie di Benedetto XVI: un modello per una Chiesa confusa - È in libreria un volume con la predicazione di papa Ratzinger nell'ultimo anno liturgico. Ad essa egli si dedica con crescente intensità. Come volesse offrire una guida a vescovi e preti - di Sandro Magister
ROMA, 27 novembre 2009 – Alla vigilia dell'Avvento è uscito in Italia un libro che raccoglie le omelie di Benedetto XVI dell'anno liturgico appena trascorso.
Ogni anno liturgico va da Avvento ad Avvento. È una grande narrazione sacramentale che, di messa in messa, ha questa particolarità: realizza ciò che dice. Il protagonista della narrazione, Gesù, non è semplicemente ricordato, ma è presente ed agisce. Le omelie sono la chiave di comprensione della sua presenza e dei suoi atti. Dicono chi egli è e che cosa fa oggi, "secondo le Scritture".
Questo, almeno, è ciò che si apprende ascoltando papa Joseph Ratzinger, straordinario omileta.
Le omelie sono ormai un segno distintivo del pontificato di Benedetto XVI. Forse ancora il meno noto e capito, ma sicuramente il più rivelatore. Le scrive in buona misura di suo pugno, a tratti le improvvisa, sono quanto di più genuino esce dalla sua mente.
Ad esse si dedica in misura preponderante e crescente. Le omelie del penultimo anno liturgico – anch'esse pubblicate in un volume un anno fa dallo stesso editore – erano state ventisette; in questa nuova raccolta sono quaranta.
E ad esse vanno aggiunte le "piccole omelie" che il papa pronuncia la domenica all'Angelus di mezzogiorno, sulle letture della messa del giorno: tutte inconfondibilmente di suo pugno, anch'esse riprodotte in appendice a questo volume.
Per facilitare la lettura, nel volume ogni omelia è seguita dai testi delle letture bibliche della relativa messa. Benedetto XVI, infatti, fa riferimento sistematico a questi testi. E non solo. Quando serve, il lettore trova riprodotti anche altri testi liturgici commentati dal papa nell'omelia: dal "Magnificat" del vespro al "Te Deum" dell'ultimo dell'anno, dal "Victimæ pascali laudes" del giorno di Pasqua al "Veni Sancte Spiritus" di Pentecoste.
Lo scorso Giovedì Santo papa Ratzinger commentò a lungo il canone – cioè la preghiera centrale della messa – che si legge quel giorno nella liturgia di rito romano. E anche questo canone il lettore trova trascritto nel libro, sia in latino che in lingua moderna.
Le omelie papali sono ordinate secondo la scansione dell'anno liturgico, di domenica in domenica e di festa in festa, dall'Avvento al Natale, alla Quaresima, a Pasqua, a Pentecoste e oltre. Ma sotto ogni titolo è sempre specificato dove e come il rito è stato celebrato: ad esempio nella Cappella Sistina battezzando alcuni bambini, oppure a Gerusalemme, a Betlemme, in Camerun, in Angola, nell'uno o nell'altro dei viaggi papali.
In ogni omelia, infatti, Benedetto XVI "situa" la sua predicazione, la applica alla comunità alla quale parla, oppure ricava dal contesto una lezione per tutti.
Un esempio lampante è l'omelia riprodotta qui di seguito, che nel libro non c'è perché pronunciata mentre esso era già in stampa.
Benedetto XVI l'ha letta durante la messa da lui celebrata lo scorso 8 novembre a Brescia, nella diocesi natale di papa Giovanni Battista Montini, Paolo VI. E a questo papa egli quindi fa riferimento, oltre che alle letture bibliche della messa del giorno.
Un secondo esempio recente della predicazione di papa Ratzinger – per ragioni di data assente dal libro – è la "piccola omelia" dell'Angelus di domenica 15 novembre, anch'essa riprodotta più sotto.
Se è sempre più evidente che Benedetto XVI, col suo "stile" nel celebrare la messa, intende offrire un modello a una Chiesa liturgicamente confusa, lo stesso si può dire che faccia con la sua arte omiletica.
1) 29/11/2009 – VATICANO - Papa: Cristo, fondamento della speranza di cui hanno bisogno tutti gli uomini - All’inizio del nuovo anno liturgico, Benedetto XVI sottolinea che Gesù Cristo è la speranza di cui hanno bisogno popoli ricchi e popoli in via di sviluppo; credenti e non credenti. Un pensiero per i malati di Aids, soprattutto i bambini e i più poveri. Saluti ai partecipanti alla marcia per affermare il valore religioso storico e culturale del crocifisso, dopo la sentenza della Corte europea.
2) Avvenire, 28 Novembre 2009 - INIZIA L'AVVENTO - Il Papa: «Sostare in silenzio per capire una Presenza»
3) LA SERRATA CRITICA ALLA PILLOLA ABORTIVA HA SMASCHERATO LE TROPPE BUGIE - Ma quale «conquista della donna»: adesso sulla Ru486 non ci sono più alibi - MICHELE ARAMINI – Avvenire, 29 novembre 2009
4) La battaglia della Ru486
5) Le omelie di Benedetto XVI: un modello per una Chiesa confusa - È in libreria un volume con la predicazione di papa Ratzinger nell'ultimo anno liturgico. Ad essa egli si dedica con crescente intensità. Come volesse offrire una guida a vescovi e preti - di Sandro Magister
29/11/2009 – VATICANO - Papa: Cristo, fondamento della speranza di cui hanno bisogno tutti gli uomini - All’inizio del nuovo anno liturgico, Benedetto XVI sottolinea che Gesù Cristo è la speranza di cui hanno bisogno popoli ricchi e popoli in via di sviluppo; credenti e non credenti. Un pensiero per i malati di Aids, soprattutto i bambini e i più poveri. Saluti ai partecipanti alla marcia per affermare il valore religioso storico e culturale del crocifisso, dopo la sentenza della Corte europea.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Gesù Cristo è “il fondamento della speranza”; quella speranza di cui “ogni essere umano ha costantemente bisogno”: così Benedetto XVI ha spiegato il senso dell’Avvento con l’inizio oggi dell’Anno liturgico. Parlando alle migliaia di pellegrini radunati in piazza san Pietro per la preghiera dell’Angelus, il papa ha precisato che “Gesù Cristo non riguarda solo i cristiani, o solo i credenti, ma tutti gli uomini, perché Egli, che è il centro della fede, è anche il fondamento della speranza”.
Spiegando la “rilevanza” che l’anno liturgico ha per gli uomini, il pontefice ha detto: “Il mondo contemporaneo ha bisogno soprattutto di speranza: ne hanno bisogno i popoli in via di sviluppo, ma anche quelli economicamente evoluti. Sempre più ci accorgiamo che ci troviamo su un’unica barca e dobbiamo salvarci tutti insieme. Soprattutto ci rendiamo conto, vedendo crollare tante false sicurezze, che abbiamo bisogno di una speranza affidabile, e questa si trova solo in Cristo, il quale, come dice la Lettera agli Ebrei, ‘è lo stesso ieri e oggi e per sempre’ (13,8). Il Signore Gesù è venuto in passato, viene nel presente, e verrà nel futuro. Egli abbraccia tutte le dimensioni del tempo, perché è morto e risorto, è ‘il Vivente’ e, mentre condivide la nostra precarietà umana, rimane per sempre e ci offre la stabilità stessa di Dio. E’ ‘carne’ come noi ed è ‘roccia’ come Dio. Chiunque anela alla libertà, alla giustizia, alla pace può risollevarsi e alzare il capo, perché in Cristo la liberazione è vicina (cfr Lc 21,28) – come leggiamo nel Vangelo di oggi.”.
Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha ricordato che il 1° dicembre si celebra la Giornata mondiale contro l’Aids. “Il mio pensiero e la mia preghiera – ha detto - vanno ad ogni persona colpita da questa malattia, in particolare ai bambini, ai più poveri, a quanti sono rifiutati. La Chiesa non cessa di prodigarsi per combattere l’Aids, attraverso le sue istituzioni e il personale a ciò dedicato. Esorto tutti a dare il proprio contributo con la preghiera e l’attenzione concreta, affinché quanti sono affetti dal virus HIV sperimentino la presenza del Signore che dona conforto e speranza. Auspico infine che, moltiplicando e coordinando gli sforzi, si giunga a fermare e debellare questa malattia”.
Nei saluti finali, in diverse lingue, Benedetto XVI ha salutato in particolare il gruppo che ha partecipato ad una marcia promossa dal Movimento dell’Amore Familiare “per manifestare profondo amore al Crocifisso, riconoscendone il valore religioso, storico e culturale”. La marcia era stata indetta anche per contestare la sentenza della Corte europea che giudica lesiva alla libertà l’esposizione dei crocefissi nei luoghi pubblici italiani.
Avvenire, 28 Novembre 2009 - INIZIA L'AVVENTO - Il Papa: «Sostare in silenzio per capire una Presenza»
"Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli" ma per sentire la sua presenza occorre "sostare in silenzio" e non farsi travolgere dal "fare": è questa l'esortazione espressa da papa Benedetto XVI che questa sera, nella Basilica di San Pietro, ha celebrato i Vespri della prima domenica di Avvento.
"Tutti facciamo esperienza, nell'esistenza quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce per essere assorbiti dal 'farè. Non è forse vero che spesso è proprio l'attività a possederci - chiede il pontefice - la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra attenzione? Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi di vario genere? A volte - aggiunge - le cose ci 'travolgono".
Il senso dell'Avvento, liturgia che conduce al Natale, può aiutare, invece, "a sostare in silenzio per capire una Presenza". Così, "i singoli eventi della giornata" diventano "cenni che Dio ci rivolge, segni dell'attenzione che ha per ognuno di noi".
LA SERRATA CRITICA ALLA PILLOLA ABORTIVA HA SMASCHERATO LE TROPPE BUGIE - Ma quale «conquista della donna»: adesso sulla Ru486 non ci sono più alibi - MICHELE ARAMINI – Avvenire, 29 novembre 2009
C on lo stop del Senato all’introduzione negli ospedali italiani, seguito dalla lettera con la quale il ministro del Welfare Sacconi detta una serie di condizioni per il suo uso ospedaliero in osservanza della legge 194, la Ru486 è tornata al centro del dibattito bioetico, con interessanti osservazioni circolate in questi giorni. Tra le altre, è utile isolare quella del ginecologo Giuseppe Benagiano, a parere del quale le critiche sollevate contro la pillola abortiva (pericolosità del farmaco e banalizzazione dell’aborto) sarebbero in realtà inconsistenti. La sua argomentazione può sembrare di buon senso: se una cosa è pericolosa (prima critica) è difficile che il suo uso si possa banalizzare (seconda critica), due argomenti che dunque si annullerebbero a vicenda.
La realtà s’incarica però di smentire quest’apparente sensatezza. Nei fatti i comportamenti a rischio sono ampiamente praticati: fumo, eccesso di alcol, uso di stupefacenti, sesso occasionale... Possiamo ben immaginare come le persone che hanno urgenza di abortire non si fermino di fronte al maggior pericolo della procedura chimica: l’aborto 'a tutti i costi' accetterebbe anche un rischio aggiuntivo. Occorre poi precisare che non molti sarebbero al corrente delle possibili conseguenze sulla salute provocate dall’aborto chimico. Questa conoscenza è presente invece in coloro che debbono prendere la decisione di immettere la pillola nella prassi abortiva, tenuti a operare per il miglior bene della donna e non per motivazioni ideologiche.
Che sia vero che la Ru486 sia dannosa per l’integrità fisica è un dato incontestabile.
Infatti, al di là del maggior numero di decessi che l’aborto chimico provoca, va considerato l’aumento di stress psichico cui la donna viene sottoposta. Il semplice confronto tra l’aborto chirurgico (pochi minuti di intervento, tre ore di osservazione ambulatoriale alle quali seguono le dimissioni della donna) e l’aborto chimico (somministrazione del mifepristone, dopo 24 ore le prostaglandine per l’espulsione del feto, un tempo variabile per arrivare al minitravaglio che coinvolge la donna per molte ore) fa comprendere che la procedura farmacologica si presenta come un danno per la salute psichica della donna. E la salute psichica fa parte del più generale concetto di salute, o no?
Già solo questo aspetto pone l’interrogativo fondamentale: a chi giova questo nuovo modo di abortire? È chiaro che l’insistenza sull’uso della Ru486 è dovuta, oltre che alla potenza delle case farmaceutiche, alla volontà di spostare l’aborto dall’ambito pubblico al privato.
Infatti i sostenitori della Ru486 si oppongono alla sua somministrazione ospedaliera. L’obiettivo della privatizzazione è parte di una strategia che si ritrova anche in altri aspetti della bioetica, come il testamento biologico e l’eutanasia. Si vorrebbe rendere inefficace ogni possibile controllo sociale sulle decisioni bioetiche in nome di una logica libertaria, che viene nobilitata definendola 'autodeterminazione'. Tale strategia si attua con l’aiuto di governi 'amici' – un esempio è quello di Zapatero – o tramite campagne mediatiche che veicolano tutta una serie di bugie sull’aborto chimico quale nuova 'conquista della donna'.
Se questa strategia avesse successo per inavvedutezza della politica, ci ritroveremmo con una società insidiata dalla tossina della mancanza di rispetto per la vita, un autentico germe di violenza. In questa società non ci sarebbe più bisogno di definire l’aborto come un dramma, perché sarebbe solo un evento insignificante.
Questi argomenti mostrano che la lunga e serrata discussione sulla Ru486, in corso nel nostro Paese da almeno quattro anni, ha avuto il merito di far emergere con precisione le troppe inesattezze sulle vere conseguenze e le implicazioni dell’uso della Ru486. I responsabili dell’Agenzia italiana del farmaco, chiamati ora a tradurre le stringenti indicazioni di Sacconi in una nuova delibera, non possono non tenerne conto. Comunque vadano le cose, ai politici spetterà il compito di vigilare perché non si allarghino le maglie, già larghissime, della 194.
La battaglia della Ru486
Nuovo stop alla diffusione in Italia della pillola abortiva. La Commissione Sanità del Senato (voti a favore del Pdl e della Lega) ha votato un testo in cui si prevede che l’immissione in commercio sia preceduta da un parere del ministero della Salute, che assicura un intervento in tempi strettissimi. Il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella: «Nessun boicottaggio. Viene semplicemente ripristinato l’ordine delle competenze e data la priorità alle indicazioni del governo circa la compatibilità del metodo con la legge italiana, in particolare la 194». «Il parere arriverà entro 24 ore. A quel punto l’Aifa dovrà convocare un nuovo Cda e votare una nuova delibera sulla Ru486. La pillola abortiva – lo ribadisco – potrà essere impiegata in Italia solo a questa condizione: che la donna sia in ospedale per tutta la procedura, che un medico sia accanto a lei, che l’aborto non avvenga a casa o su un tram».
Un passo certamente importante, ma ancora una volta si deve constatare amaramente che “gli interrogativi ruotano intorno alla salvaguardia dell’integrità fisica della donna ed al rispetto di quella legge che da oltre trent’anni legittima l’uccisione volontaria di esseri umani innocenti ed indifesi. L’abominevole delitto descritto dal Catechismo diventa tale solamente quando la donna ne subisce le conseguenze fisiche o morali. Il tentativo di occultamento del male operato dalle lobby abortiste ha probabilmente raggiunto l’obbiettivo fissato: della vittima non v’è più alcuna traccia” (cf. Corrispondenza Romana).
Non smettiamo di difendere la vittima dell’aborto: il BAMBINO !
Le nuove tappe della Ru486 in Italia
Il “no” della Commissione Sanità del Senato all’immissione in commercio della pillola abortiva, arrivato ieri al termine dell’indagine conoscitiva sulla Ru486, azzera di fatto gli ultimi atti dell’Agenzia del farmaco a partire dal 30 luglio scorso, quando il Consiglio d’amministrazione dell’agenzia autorizzò con una delibera ad hoc l’introduzione della pillola nel nostro Paese.
Cosa succede ora?
Non appena verrà formulato il parere del governo sulla compatibilità della legge 194 con l’aborto chimico (entro 24 ore, come assicurano al ministero della Salute), l’Aifa dovrà ricominciare la procedura di autorizzazione della Ru486 proprio dalla delibera di luglio. I tempi del nuovo documento dipendono dall’Aifa, ma un atto in questo senso potrebbe arrivare in tempi brevissimi, anche entro una settimana. A quel punto si dovrà attendere che la nuova delibera – con le disposizioni tecniche per l’uso del farmaco così rinnovate – sia pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Solo allora l’aborto chimico potrà essere effettuato negli ospedali, nel pieno rispetto della legge 194.
E cosa cambia?
Nella nuova delibera sarà introdotto – questa la novità essenziale che verrà sottolineata proprio dal governo – l’obbligo del ricovero ordinario per le donne che ricorrono alla pillola abortiva. Un punto, quello in questione, che non era abbastanza chiaro nel testo della prima delibera, in cui il ricovero era previsto "fino alla certezza dell’avvenuta interruzione di gravidanza", quindi non fino all’espulsione del feto, che come noto è successiva di almeno tre giorni all’assunzione della Ru.
È coinvolta anche l’Europa?
Il governo potrebbe decidere – come peraltro auspicato dalla stessa commissione Sanità del Senato – di rivolgersi tramite l’Aifa all’Emea (l’agenzia del farmaco europea) per discutere il problema della farmacovigilanza, cioè della sicurezza della Ru486. Nell’indagine conoscitiva sono infatti emersi da più parti dubbi su come vengono elaborati i dati sulla pillola abortiva, e non solo quelli sulla mortalità, ma anche sugli eventi avversi, gli effetti collaterali e l’intero follow up della pillola (in gran parte d’Europa la pillola viene assunta fuori dalle strutture sanitarie). In questo caso l’Emea potrebbe riconsiderare le modalità dell’aborto chimico non solo in Italia, ma anche negli altri Paesi europei in cui la pillola è stata adottata.
Avvenire 27 Novembre 2009
Il cinismo di chi non vuole capire
di Francesco Ognibene
Il colpo di scena è arrivato proprio all’ultimo minuto. La partita per il via libera alla pillola abortiva negli ospedali italiani s’è riaperta proprio quando pareva ormai prossimo alla conclusione l’inesorabile iter burocratico del "mutuo riconoscimento" per un farmaco già adottato in altri Paesi dell’Unione europea.
La cieca macchina dei timbri apposti da organismi tecnici in calce all’autorizzazione di un medicinale col quale s’introduce in Italia nientemeno che un nuovo modo di abortire pareva impossibile da arrestare, in barba a una legge dello Stato. Ma il Parlamento ha finalmente reagito mostrando di volersi riappropriare della sua funzione di rappresentanza della volontà popolare. E ha deciso di vederci chiaro, con una determinazione che l’ha condotto – ieri – a rimettere in discussione ciò che molti davano per acquisito.
È arrivata così l’ineccepibile decisione di chiedere al governo una parola chiara sulla discutibilissima compatibilità della Ru486 con ciò che dispone la 194: una legge che, come tutti sanno, mai ci è piaciuta, ma che quantomeno detta alcune regole minime per evitare di aggiungere allo scempio dell’embrione lo sfregio sulla donna già ferita da una scelta drammatica come l’interruzione di una gravidanza. Perché la Ru486 non è l’«aborto dolce» o «meno invasivo», come vagheggia chi vorrebbe sbancare ogni forma di tutela della vita (caposaldo della Costituzione) in nome di una libertà "liquida". L’aborto chimico – in realtà – è una procedura lunga e dolorosa, un metodo brutale per mettere fine con le proprie mani a quella vita che germoglia nel grembo, fino all’umiliazione di fare tutto da sé e di vedere (in oltre la metà dei casi) quel poco che resta di una vita che poteva essere.
Un dolore indicibile, ricacciato nell’angolo buio del bagno di casa, nella migliore delle ipotesi. La clandestinità riabilitata. È questo che dovremmo veder introdotto anche in Italia (e poco importa che altrove sia già così), col placet di uno Stato neutrale? O non è bene reagire e ragionare finché c’è possibilità, per esigere civilmente che ci si accorga della «banalità del male» quando ricompare in nuove, edulcorate forme dalle sentine della storia, per allungare la sua ombra sulla vita umana più fragile?
A questo orrore il Senato ha responsabilmente detto no, reggendo un formidabile e convergente urto politico, mediatico e culturale. La maggioranza della Commissione Sanità ha dunque chiesto che venga rispettata alla lettera la legge là dove dispone il ricovero ordinario sino al completamento dell’aborto, senza ricorrere a stratagemmi come il day hospital o le dimissioni "volontarie" (magari incoraggiate da disinvolti ginecologi o fautori di un’ideologica deregulation). Chi nelle manifestazioni tardo-femministe strilla all’intoccabilità della 194 abbia almeno il buon gusto di non pretenderne ora un’applicazione a intermittenza, e un sostanziale scardinamento.
Di fronte a un intervento dell’istituzione democratica che s’ingegna per garantire la salute fisica e psicologica delle donne, insidiata da un nuovo "farmaco" che porta morte, diventa sempre più incomprensibile il fuoco di sbarramento opposto da parlamentari che hanno parlato di decisione «cinica» e «insensata», di «forzatura politica», addirittura di «gioco scandaloso». In questo coro di lamentazioni pregiudiziali non s’è udito il coraggio moderno e libero di affrontare la sostanza della questione: la pillola abortiva è davvero un bene per le donne, o è solo un sistema illusoriamente sbrigativo per chiudere la "pratica" aborto senza disturbare, fingendo che sia una vicenda sanitaria come tante? Il modo in cui lo si vorrebbe estendere in tutta Italia (una pillola e via, tutte a casa, per non appesantire i costi della sanità) sa tanto di ostinazione ideologica, con un sovrappiù di invettive agli "oscurantisti" che si oppongono.
Una vita che palpita e il corpo delle donne usati per affermare un’assoluta e incontrollata libertà di aborto. Lo chiamano diritto, ma è questo il vero cinismo.
Avvenire 27 Novembre 2009
Le omelie di Benedetto XVI: un modello per una Chiesa confusa - È in libreria un volume con la predicazione di papa Ratzinger nell'ultimo anno liturgico. Ad essa egli si dedica con crescente intensità. Come volesse offrire una guida a vescovi e preti - di Sandro Magister
ROMA, 27 novembre 2009 – Alla vigilia dell'Avvento è uscito in Italia un libro che raccoglie le omelie di Benedetto XVI dell'anno liturgico appena trascorso.
Ogni anno liturgico va da Avvento ad Avvento. È una grande narrazione sacramentale che, di messa in messa, ha questa particolarità: realizza ciò che dice. Il protagonista della narrazione, Gesù, non è semplicemente ricordato, ma è presente ed agisce. Le omelie sono la chiave di comprensione della sua presenza e dei suoi atti. Dicono chi egli è e che cosa fa oggi, "secondo le Scritture".
Questo, almeno, è ciò che si apprende ascoltando papa Joseph Ratzinger, straordinario omileta.
Le omelie sono ormai un segno distintivo del pontificato di Benedetto XVI. Forse ancora il meno noto e capito, ma sicuramente il più rivelatore. Le scrive in buona misura di suo pugno, a tratti le improvvisa, sono quanto di più genuino esce dalla sua mente.
Ad esse si dedica in misura preponderante e crescente. Le omelie del penultimo anno liturgico – anch'esse pubblicate in un volume un anno fa dallo stesso editore – erano state ventisette; in questa nuova raccolta sono quaranta.
E ad esse vanno aggiunte le "piccole omelie" che il papa pronuncia la domenica all'Angelus di mezzogiorno, sulle letture della messa del giorno: tutte inconfondibilmente di suo pugno, anch'esse riprodotte in appendice a questo volume.
Per facilitare la lettura, nel volume ogni omelia è seguita dai testi delle letture bibliche della relativa messa. Benedetto XVI, infatti, fa riferimento sistematico a questi testi. E non solo. Quando serve, il lettore trova riprodotti anche altri testi liturgici commentati dal papa nell'omelia: dal "Magnificat" del vespro al "Te Deum" dell'ultimo dell'anno, dal "Victimæ pascali laudes" del giorno di Pasqua al "Veni Sancte Spiritus" di Pentecoste.
Lo scorso Giovedì Santo papa Ratzinger commentò a lungo il canone – cioè la preghiera centrale della messa – che si legge quel giorno nella liturgia di rito romano. E anche questo canone il lettore trova trascritto nel libro, sia in latino che in lingua moderna.
Le omelie papali sono ordinate secondo la scansione dell'anno liturgico, di domenica in domenica e di festa in festa, dall'Avvento al Natale, alla Quaresima, a Pasqua, a Pentecoste e oltre. Ma sotto ogni titolo è sempre specificato dove e come il rito è stato celebrato: ad esempio nella Cappella Sistina battezzando alcuni bambini, oppure a Gerusalemme, a Betlemme, in Camerun, in Angola, nell'uno o nell'altro dei viaggi papali.
In ogni omelia, infatti, Benedetto XVI "situa" la sua predicazione, la applica alla comunità alla quale parla, oppure ricava dal contesto una lezione per tutti.
Un esempio lampante è l'omelia riprodotta qui di seguito, che nel libro non c'è perché pronunciata mentre esso era già in stampa.
Benedetto XVI l'ha letta durante la messa da lui celebrata lo scorso 8 novembre a Brescia, nella diocesi natale di papa Giovanni Battista Montini, Paolo VI. E a questo papa egli quindi fa riferimento, oltre che alle letture bibliche della messa del giorno.
Un secondo esempio recente della predicazione di papa Ratzinger – per ragioni di data assente dal libro – è la "piccola omelia" dell'Angelus di domenica 15 novembre, anch'essa riprodotta più sotto.
Se è sempre più evidente che Benedetto XVI, col suo "stile" nel celebrare la messa, intende offrire un modello a una Chiesa liturgicamente confusa, lo stesso si può dire che faccia con la sua arte omiletica.