mercoledì 3 febbraio 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1) BENEDETTO XVI: IL CONSACRATO, “PONTE VERSO DIO” - Celebra la Giornata Mondiale della Vita Consacrata
2) «Non ho rimorsi. Sono in pace con la mia coscienza» - Autore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 2 febbraio 2010 - Lettera aperta a Beppino Englaro.
3) 02/02/2010 – PAKISTAN - Attivisti pakistani: l’omicidio della 12enne cristiana a rischio impunità - Fareed Khan - Il delitto della giovane domestica, stuprata e uccisa dal padrone, bloccato da ritardi e ostacoli alla giustizia. L’assassino, un ricco avvocato di Lahore, è trattato dalla polizia come un “ospite di Stato”. Cattolici e membri per la tutela dei diritti umani parte civile a sostegno della famiglia.
4) Piemonte, i Movimenti per la Vita scaricano l’UDC: la Bresso “viola le regole elementari della convivenza civile” – di Massimo Introvigne da Facebook
5) Un party per il virus H1N1. L'epidemiologia emotiva - Medicare? di Giuseppe Parisi 1 febbraio 2010 – dal sito ADUC
6) USA - Nuove famiglie: transessuale, gay e incinto - Notizia 29 gennaio 2010 14:01 – DAL SITO ADUC – Aiuto non ci capisco più niente!!
7) Obama borderline - Lorenzo Albacete - mercoledì 3 febbraio 2010 – ilsussidiario.net
8) CONFESSIONI/ Non basta la dottrina: dalla retorica all’esperienza, il cammino di Sant’Agostino - Laura Cioni - mercoledì 3 febbraio 2010
9) MAI SOTTO LE BANDIERE DI UN INDIVIDUALISMO RADICALE E IMPAURITO - I cattolici sempre e solo dalla parte della vita - DAVIDE RONDONI – Avvenire, 3 febbraio 2010

BENEDETTO XVI: IL CONSACRATO, “PONTE VERSO DIO” - Celebra la Giornata Mondiale della Vita Consacrata

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 2 febbraio 2010 (ZENIT.org).- La persona consacrata è un “'ponte' verso Dio per tutti coloro che la incontrano”, ha dichiarato questo martedì pomeriggio Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Nella festa della Presentazione del Signore, il Papa ha celebrato la XIV Giornata mondiale della Vita consacrata in modo diverso dagli ultimi anni, presiedendo la celebrazione dei Vespri anziché incontrare i partecipanti al termine della tradizionale Messa presieduta dal prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, il Cardinale Franc Rodé.
Nella sua omelia, il Pontefice ha richiamato il testo biblico del giorno (Lc 2, 22-40), sottolineando come nella Presentazione di Gesù al Tempio “è Dio stesso a presentare il suo Figlio Unigenito agli uomini, mediante le parole del vecchio Simeone e della profetessa Anna”.
In Oriente, ha ricordato, questa festa veniva chiamata Hypapante, festa dell’incontro: “infatti, Simeone ed Anna, che incontrano Gesù nel Tempio e riconoscono in Lui il Messia tanto atteso, rappresentano l’umanità che incontra il suo Signore nella Chiesa”.
La festa si estese poi anche in Occidente, sviluppando soprattutto il simbolo della luce e la processione con le candele, che diede origine al termine “Candelora”.
“Con questo segno visibile si vuole significare che la Chiesa incontra nella fede Colui che è la luce degli uomini e lo accoglie con tutto lo slancio della sua fede per portare questa luce al mondo”, ha commentato.
Sant'Ivo di Chartres e Sant'Anselmo, ricorda a proposito della “Candelora” “L'Osservatore Romano”, sottolineavano che “la cera, opera dell'ape virginea, è la carne virginea di Cristo, che nascendo non ha intaccato l'integrità della Madre; lo stoppino, che sta dentro la cera, è l'anima umana di Cristo; la fiamma, che brilla nella parte superiore, è la divinità di Cristo”.
Cristo mediatore, base della vita consacrata
Dal 1997, Giovanni Paolo II volle che in concomitanza con la festa liturgica della Presentazione fosse celebrata in tutta la Chiesa una speciale Giornata della Vita Consacrata.
“L’oblazione del Figlio di Dio simboleggiata dalla sua presentazione al Tempio”, ha constatato il suo successore, è infatti “modello per ogni uomo e donna che consacra tutta la propria vita al Signore”.
Benedetto XVI ha quindi sottolineato che la Giornata ha un triplice scopo: “lodare e ringraziare il Signore per il dono della vita consacrata”; “promuoverne la conoscenza e la stima da parte di tutto il Popolo di Dio”; “invitare quanti hanno dedicato pienamente la propria vita alla causa del Vangelo a celebrare le meraviglie che il Signore ha operato in loro”.
E' solo a partire dalla “professione di fede in Gesù Cristo, il Mediatore unico e definitivo”, ha proseguito, che nella Chiesa “ha senso una vita consacrata, una vita consacrata a Dio mediante Cristo”.
“Ha senso solo se Lui è veramente mediatore tra Dio e noi, altrimenti si tratterebbe solo di una forma di sublimazione o di evasione. Se Cristo non fosse veramente Dio, e non fosse, al tempo stesso, pienamente uomo, verrebbe meno il fondamento della vita cristiana in quanto tale, ma, in modo del tutto particolare, verrebbe meno il fondamento di ogni consacrazione cristiana dell’uomo e della donna”.
Le persone consacrate, inoltre, “tengono viva l’esperienza del perdono di Dio, perché hanno la consapevolezza di essere persone salvate, di essere grandi quando si riconoscono piccole, di sentirsi rinnovate ed avvolte dalla santità di Dio quando riconoscono il proprio peccato”.
“Sperimentano la grazia, la misericordia e il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli, essendo chiamate a portare nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli uomini, specie di quelli che sono lontani da Dio”.
In una società che “rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile”, ha concluso il Pontefice, la vita consacrata è un importante “segno di gratuità e d’amore”, testimoniando “la sovrabbondanza d’amore che spinge a 'perdere' la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che per primo ha 'perduto' la sua vita per noi”.


«Non ho rimorsi. Sono in pace con la mia coscienza» - Autore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 2 febbraio 2010 - Lettera aperta a Beppino Englaro.
In margine all’intervista del 2 febbraio 2010, festa della Presentazione del Signore, concessa a La Stampa. «Il mio calvario non è finito»
Bene sia per la sua coscienza, signor Beppino. Peccato che sia forse a senso unico! Ricordo di avere ospitato sul sito che curo (per cui sono stato da lei chiamato in causa) parole di comprensione di fronte a un dolore grande e grave. Erano nate da un appassionato dialogo tra me e un collaboratore del sito, Fabio Cavallari, non credente, che diceva: «Non è facile affrontare l’argomento dopo la sentenza di un giudice. Non lo è perché, la vita e la morte non possono essere “giudicate”. Non sto parlando di morale, della legge di Dio o della pietà. Vorrei che tutti noi fossimo più parsimoniosi di parole, che non alzassimo l’indice per giudicare a nostra volta. Penso al padre di Eluana e non posso esimermi dal guardare l’amore di un padre. Credo nella genuinità che esprime, nella sua ricerca di pace, in quel tentativo di ridare libertà alla figlia. Non spetta a noi e mai dovremmo farlo entrare nella dimensione intima e personale tra un padre ed una figlia. Penso alla solitudine di quest’uomo, tra un consiglio scientifico ed uno legale, penso al suo “bene” che lo ha portato a chiedere le estreme conseguenze. Non possiamo giudicare, non dobbiamo alzarci dalla sedie pronunciando il nostro “se fossi”. Mai. E’ nostro compito però, inserirsi in una discussione che parla a tutti noi di vita. Di vita e di morte».
Mi sono sembrate parole dettate da pietà e compassione. Peccato però che ha prevalso un’altra logica, forse un calcolo, che ha fatto di questo dramma una tragedia.
Ho letto la sua intervista a La Stampa. Mi hanno colpito in particolare due cose.
Lei afferma di avere deciso per la sorte di sua figlia. Certo, in mancanza di una legge che fosse secondo il suo criterio, ha voluto farsi legge a se stesso, creando così un precedente per una legge che, lei afferma, sarà «decente [perché consentirà] ai cittadini di poter decidere per loro stessi». La cara Eluana è stata strumento di questo progetto, lei, che non «c’è più dal giorno dell’incidente».
L’altra affermazione che mi ha fatto pensare è stata: «Io, che mi batto per la libertà di scelta, figuriamoci se blocco quella di un artista». Penso però che il suo pensiero vada completato così, perdoni la franchezza: «purché affermi, canti o esprima quello che io ritengo giusto». Libertà a senso unico, appunto!
Eluana non è morta, è stata fatta morire. Non mi interessa ora affermare il diritto di farlo, comunque questa è l’azione.
Quando è entrata in ospedale per la prima volta, dopo il gravissimo incidente, forse lei, signor Englaro, avrà chiesto ai medici di farla vivere, guarendola. Ora, che non è guarita, ha chiesto di farla morire. Tutto qui. Ma denunciare chi definisce questa azione come «omicidio legalizzato» mi sembra proprio che contraddica quella libertà di pensiero che tanto afferma, e vada anche contro la logica e il buon senso. Questo infatti sul sito abbiamo detto, e in maniera che non ha voluto offendere nessuno. Con una infinita pietà, con un dolore immenso, con la speranza che cose così non accadano mai più.
Capisco il suo dolore, non condivido la sua scelta. E come lei rivendica il diritto di renderla legge, io – con lo stesso diritto – mi batterò perché questo non accada. Senza crociate. Senza isteria. Ma certo senza paura.


02/02/2010 – PAKISTAN - Attivisti pakistani: l’omicidio della 12enne cristiana a rischio impunità - Fareed Khan - Il delitto della giovane domestica, stuprata e uccisa dal padrone, bloccato da ritardi e ostacoli alla giustizia. L’assassino, un ricco avvocato di Lahore, è trattato dalla polizia come un “ospite di Stato”. Cattolici e membri per la tutela dei diritti umani parte civile a sostegno della famiglia.
Islamabad (AsiaNews) – Leader cattolici e attivisti per i diritti umani in Pakistan lanciano l’allarme: lo stupro e l’omicidio della 12enne cristiana Shazia Bashir, del 23 gennaio scorso, rischia di restare impunito. Il principale indiziato è un ricco e potente avvocato musulmano di Lahore, Chaudhry Muhammad Naeem, presso il quale la giovane lavorava come domestica. L’associazione dei legali della città si è schierata a difesa dell’uomo – ex presidente della Lahore Bar Association – che riceve un trattamento di tutto riguardo dagli agenti che lo hanno in custodia. La giustizia, intanto, continua a rimandare l’incriminazione.

I parenti di Shazia affermano di non credere al comitato istituito da Shahbaz Sharif, Capo ministro del Punjab, accusato di rimandare i tempi della giustizia. Un gruppo di familiari della vittima e attivisti si sono costituiti parte civile e hanno inscenato proteste di fronte al Circolo della stampa di Lahore.

Peter Jacob, segretario esecutivo di Giustizia e pace della Chiesa cattolica pakistana (Ncjp), sottolinea ad AsiaNews la “debolezza” del governo nel garantire giustizia ai più poveri e punire i colpevoli. L’attivista cattolico, insieme a membri per i diritti umani, è impegnato nel “mantenere viva la lotta per la giustizia” perché gli assassini di Shazia rispondano del loro crimine.

Il 29 gennaio scorso un giudice ha prolungato di altri sei giorni i termini di custodia cautelare a carico di Chaudhry Muhammad Naeem. La polizia ha spiegato imponenti misure di sicurezza attorno all’uomo; il team di legali che lo difende ha ottenuto il bando dei media dall’aula di tribunale. All’esterno (nella foto) i familiari della giovane uccisa e membri della società civile scandivano slogan di protesta.

Intanto la All Pakistan Minorities Alliance (Apma) e la Pakistan Masihi League (Pml), due organizzazioni cristiane, hanno lanciato un appello al Capo della Corte suprema pakistana, perché intervenga in prima persona contro i criminali.

Il professor Salamat Akhtar, presidente della Pml, denuncia una manomissione del certificato di morte e accusa la polizia di trattare l’imputato come un “ospite di Stato”, che gode di tutti i favori. Egli aggiunge che l’associazione degli avvocati di Lahore “può difendere l’amico in tribunale”, ma “non può danneggiare o distruggere la giustizia con minacce o azioni contrarie all’etica e alla legge”.

In un comunicato congiunto mons. Lawrence John Saldanha, presidente di Ncjp, e Peter Jacob ribadscono che la morte di Shazia “non è un incidente isolato” perché i domestici sono spesso “vittime di violenze e coercizioni dai loro padroni”, mentre il governo nazionale e provinciale non sono in grado di “assicurare giustizia”. Essi chiedono all’esecutivo di introdurre una norma contro il lavoro minorile e garantire “la velocità nei processi a carico dei colpevoli”.


Piemonte, i Movimenti per la Vita scaricano l’UDC: la Bresso “viola le regole elementari della convivenza civile” – di Massimo Introvigne da Facebook
Se i gruppi e le marce pro-life negli Stati Uniti fanno tremare Obama, anche in Italia da diversi anni i movimenti per la vita e per la famiglia hanno deciso di dire la loro in politica. Il Family Day del 2007 fu l’inizio della fine per il governo Prodi. Non è un mistero per nessuno che il Movimento per la Vita italiano è da molti anni vicino all’UDC. Il suo presidente, Carlo Casini – omonimo ma non parente di Pier Ferdinando –, è un parlamentare europeo eletto nelle file dell’UDC. Ora però il giocattolo si è rotto, a causa della strana alleanza in Piemonte fra l’UDC e Mercedes Bresso, la presidente della Regione che – fin dagli inizi della sua carriera politica a fianco di Emma Bonino – ha fatto del laicismo e della promozione di posizioni antitetiche a quelle cattoliche su vita e famiglia l’asse e il centro della sua militanza. In Piemonte i movimenti per la vita cattolici sono particolarmente forti, e non nuovi a iniziative di risonanza nazionale. Federvita Piemonte, la federazione dei Movimenti per la Vita e dei Centri di Aiuto alla Vita, comprende settanta associazioni diffuse su tutto il territorio piemontese, oltre a gestire case di accoglienza e asili nido: una fetta importante di un volontariato il cui peso si farà sentire alle elezioni.
All’indomani dell’annuncio ufficiale dell’alleanza fra Bresso e UDC la Federvita piemontese, con un gesto senza precedenti, ha pubblicato un durissimo comunicato che di fatto liquida i rapporti con il partito di Pier Ferdinando Casini e che non potrà non avere ripercussioni nazionali. Il documento di Federvita Piemonte afferma che “per tutto l’arco del mandato che va a concludersi, la presidente Bresso, con la sua giunta, ha connotato la sua azione con una costante e pervicace politica di opposizione alla vita e alla famiglia, violando le più elementari regole di rispetto, di aiuto e di tutela che stanno alla base della civile convivenza”. Parole che pesano come macigni, e che i settanta movimenti per la vita piemontesi illustrano con un puntiglioso elenco delle malefatte della presidente neo-alleata dell’UDC. Si comincia dalla “dichiarata e pronta disponibilità della presidente Bresso, nel corso della vicenda Englaro ad offrire un ospedale piemontese in cui poter far morire per fame e per sete una giovane donna disabile”. Si continua con “la sperimentazione, caldeggiata e difesa ad oltranza, della RU 486, che per la prima volta in Italia è stata promossa e usata nell’ospedale Sant’Anna di Torino”, accompagnata da un protocollo di applicazione della legge 194 sull’aborto che “sancisce un’aprioristica chiusura verso la partecipazione del volontariato pro-vita alla prevenzione all’aborto, promuove la diffusione della contraccezione di emergenza (aborto precoce) anche fra le minorenni, prevede l’estrema facilitazione del percorso abortivo in tutti i casi”.
Non è finita: perché oltre che contro la vita la Bresso e la sua amministrazione, incalza Federvita, sono anche contro la famiglia. I movimenti pro-life denunciano “i reiterati tentativi di cancellare quanto la precedente Amministrazione [di centro-destra], relativamente alle politiche per il diritto allo studio, aveva posto in atto per rendere effettiva la libertà di educazione”, a favore in particolare delle scuole cattoliche, e i tentativi di riconoscimento pubblico delle forme di convivenza omosessuali.
Per chi non avesse capito Federvita lo scrive nel suo comunicato perfino in grassetto: è “fortemente auspicabile un’alternativa alla rielezione di Mercedes Bresso alla guida della Regione Piemonte”. Un no ad altissima voce, dunque, alla scelta dell’UDC di sostenere la Bresso e la sua politica contro la vita e la famiglia che “viola le regole più elementari della convivenza civile”. E un appello al centro-destra perché s’impegni esplicitamente per i valori della vita e della famiglia, subito raccolto dal candidato leghista Roberto Cota il quale ricorda come – da capogruppo della Lega alla Camera – si è sempre trovato a fianco dei movimenti per la vita su tutte le battaglie che contano.
Gli ambienti pro life liquidano come irrilevanti i riferimenti dell’UDC a esponenti di centro-destra come Tondo in Friuli che sul fine vita hanno manifestato posizioni inaccettabili per i cattolici. La Bresso, si fa osservare, ben più di un Tondo è una bandiera nazionale dell’attacco alla vita e alla famiglia, e comunque adesso è di lei che si discute. Respinte al mittente anche le osservazioni dell’UDC piemontese secondo cui sarebbero “non negoziabili” per i cattolici anche i principi in materia di accoglienza agli immigrati che sarebbero violati dal centro-destra e dalla Lega. “Qualcuno – osservano sorridendo alla direzione di Federvita – deve aver letto male il Papa, per cui quella di principi non negoziabili è una nozione molto tecnica riferita a vita, famiglia e libertà di educazione”. E comunque il programma del centro-destra in materia d’immigrazione non piacerà forse a qualche monsignore ma è conforme al Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale afferma che in vista del bene comune il diritto all’immigrazione può essere limitato.

Di seguito il documento di Federvita:

Elezioni regionali 2010
Comunicato Stampa di Federvita Piemonte

In vista delle elezioni che rinnoveranno il Consiglio regionale il 28/29 marzo, Federvita Piemonte, federazione regionale comprendente 70 tra Movimenti per la Vita (MpV) e Centri di Aiuto alla Vita (CAV), nonché alcune case di accoglienza per ragazze madri e alcuni micro asili nido, ritiene opportuno esprimere alcune considerazioni, alla luce della tutela del diritto alla vita e della sua accoglienza che anima l’impegno ormai trentennale dei suoi numerosi volontari.

Per tutto l’arco del mandato che va a concludersi, la presidente Bresso, con la sua giunta, ha connotato la sua azione con una costante e pervicace politica di opposizione alla vita e alla famiglia, violando le più elementari regole di rispetto, di aiuto e di tutela che stanno alla base della civile convivenza.

Basti qui ricordare:

- La dichiarata e pronta disponibilità della presidente Bresso, nel corso della vicenda Englaro che ha segnato con una tragica caduta l’ethos e la coscienza civile del nostro Paese, ad offrire un ospedale piemontese in cui poter far morire per fame e per sete una giovane donna disabile.

- La sperimentazione, caldeggiata e difesa ad oltranza, della RU 486, che per la prima volta in Italia è stata promossa e usata nell’ospedale Sant’Anna di Torino, in alternativa all’aborto chirurgico, in una spirale di banalizzazione dell’aborto volontario e contro i pur deboli presidi posti alla vita nascente dalla legge 194/78.

- Il protocollo di applicazione della legge 194/78 il quale, partendo da posizioni ideologiche secondo le quali l’aborto è “necessità assistenziale che deve essere garantita”, non contiene traccia di quella “preferenza per la vita” né di quella prevenzione che, enunciata solennemente nell’art. 1 della legge, è poi ribadita agli artt.2 e 5.
Lo stesso protocollo sancisce un’aprioristica chiusura verso la partecipazione del volontariato pro-vita alla prevenzione all’aborto, promuove la diffusione della contraccezione di emergenza (aborto precoce) anche fra le minorenni, prevede l’estrema facilitazione del percorso abortivo in tutti i casi.

- i reiterati tentativi di cancellare quanto la precedente Amministrazione, relativamente alle politiche per il diritto allo studio, aveva posto in atto per rendere effettiva la libertà di educazione, che si esplica anche nella scelta della scuola, sancita dall’art. 30 della Costituzione.



Per tutti questi motivi Federvita Piemonte ritiene fortemente auspicabile un’alternativa alla rielezione di Mercedes Bresso alla guida della Regione Piemonte.



Federvita Piemonte, forte dell’impegno profuso da numerosi volontari che operano sul territorio della Regione a sostegno delle maternità difficili e per la diffusione nella scuola, tra i giovani, nella pubblica opinione, della cultura della vita, sottopone, a coloro che saranno eletti alla guida della Regione Piemonte, alcune richieste ritenute prioritarie nell’ambito della tutela del diritto alla vita e della famiglia.

1) Un’autentica prevenzione dell’aborto volontario, in attuazione al già citato art.1 della L.194/78, che preveda percorsi, per le madri in difficoltà , di condivisione, di sostegno, di congruo aiuto economico, nella ferma convinzione che la donna che sceglie di abortire non esercita un suo diritto all’autodeterminazione, ma cede a pesanti condizionamenti sociali e economici che spetta alle Istituzioni rimuovere. Tale prevenzione postula innanzi tutto la riconversione dei Consultori familiari, ai sensi della legge 405/75 che li ha istituiti come il luogo di sostegno della famiglia, in tutte le sue problematiche e non come il presidio esclusivamente sanitario che eroga la certificazione per l’aborto, cui li ha ridotti l’attuale deriva. Postula inoltre l’apertura alla collaborazione con il volontariato pro-vita nel momento di dissuasione dall’ipotesi abortiva.

2) Una politica a favore della famiglia, in quanto tale, riconosciuta come soggetto titolare di diritti, come cellula fondamentale della società, luogo di trasmissione della vita, della cultura, dell’educazione, della solidarietà intergenerazionale, e spesso ammortizzatore sociale, in alternativa alle politiche solo assistenziali, caratterizzate perlopiù dal segno dell’emergenza e della frammentarietà, che hanno finora connotato le iniziative rivolte alla famiglia.

In particolare, a tutela della famiglia si chiede:

- un deciso rifiuto all’omologazione della famiglia fondata sul matrimonio, a norma dell’art.29 della Costituzione, ad ogni altra forma di convivenza anche omosessuale.
- una politica di sostegno alle giovani coppie che vogliano contrarre matrimonio, o a famiglie giovani.
- una politica dei servizi che tenga conto dei carichi familiari e del numero di figli
- una politica che renda effettiva la libertà di educazione mediante erogazione di bonus o rimborsi che consentano alle famiglie la scelta della scuola libera.

La presidente
Prof. Marisa Baretto Orecchia


Un party per il virus H1N1. L'epidemiologia emotiva - Medicare? di Giuseppe Parisi 1 febbraio 2010 – dal sito ADUC
Il nuovo fantasma si aggira inquietando la nostra esistenza umana. Si tratta della nuova onda virale, attesa tra febbraio e marzo...
Il virus H1N1 festeggia in questi giorni, il suo primo compleanno. E' opportuno che tutte le famiglie italiane organizzino party, torta al cioccolato, candelina al centro, lustrini, palloncini colorati e luci sfavillanti, musica sottofondo, spedire fattura documentata in ogni voce presso la sede del Ministero della Salute.
Se facessimo questo, i costi per le nostre tasche, giacche' paga il Ministero della Salute, sarebbero parte molto piccola di quanto abbiamo gia' speso inseguendo interessi, non certo i nostri di cittadini, ma della Big Pharma. Viste le circostanze e le nostre "avvertenze", quanto accaduto ha dell'incredibile.
I medici responsabili, oltre l'ottantacinque per cento dei camici bianchi italiani, non rispondevano alla vaccinazione con le forzature che il ministero pianificava per incrementare il numero dei vaccinati, e non vi aderivano. Una motivazione pur ci sara'.
Si conosce poco quanto le nostre tasche abbiano sostenuto per l'acquisto di ventiquattro milioni di dosi. Lo chiediamo al nuovo ministro della Salute Ferruccio Fazio, pretendendo di conoscere la realta'.
L'Organizzazione Mondiale della Sanita', su tale incredibile storia al rovescio circa le pianificazioni e le strategie sanitarie, ha aperto un'inchiesta interna. Si dovra' capire se si tratta di conflitti d'interesse tra i consulenti dell'OMS e Big Pharma. Sappiamo gia' che la giusta verita' dei fatti non arrivera'. Riteniamo oltremodo pericolose le considerazioni del Presidente Margaret Chan, che intende vendere sottocosto i vaccini non utilizzati ai Paesi poveri: nuovi malati per Big Pharma?
Ne siamo convinti. Ormai la letteratura scientifica internazionale e' un fiume di verita' sull'attivita' nociva immediata e tardiva delle pratiche vaccinali, ancor piu' quando applicate senza verifiche. E' l'alta faccia del potere che schiaccia i bisognosi.
E in Italia, cosa ne faremo di ventitre milioni e duecentomila dosi nei depositi, giacche' vaccinati sono stati solo ottocentomila cittadini?
Un nuovo fantasma si aggira indisturbato. Si tratta di una nuova ondata virale tra febbraio e marzo. Qualora si presentasse, non sarebbe uguale al primo, quindi vaccini inutili.
Ha vinto Big Parma. Ha realizzato oltre venti miliardi di euro di fatturato, soldi di ogni cittadino, di ogni Paese avanzato.
E' andata meglio alla Polonia, non ha acquistato alcun vaccino risparmiando ingenti somme che potranno esser utilizzate diversamente: la responsabilita' e del ministro della Salute, donna e oltremodo medico, certamente saggia e ben scientificamente documentata.
Adesso sono in arrivo nuove astuzie. Virologi, igienisti, organizzazioni sanitarie internazionali e Governi fingono inseguendo il fantasma del virus. Sono convinti che tornera'. Sara' la volta buona che sara' offensivo, quindi e' necessario che i cittadini inoculino ora il prezioso quanto opportuno vaccino. Continuiamo a non capire... Perche' allora cederlo sottocosto ai Paesi sottosviluppati?
E' il disease mongering, un giardino incantato, anzi l'Eden per pochi e l'inferno per i tanti, una storia gia' conosciuta.
La risposta ufficiale dell'OMS non si e' fatta attendere, decisa, silurata e tecnicamente avanzata.
A respingere le recenti accuse mosse nei confronti dell'Oms, e' stato Kepi Fukuda, consigliere speciale del Direttore generale dell'Oms per la pandemia influenzale, nel suo discorso preparato in vista della sessione del Consiglio d'Europa sulla gestione della pandemia, pubblicato online sul sito dell'Agenzia delle Nazioni Unite. Il nostro sostiene che se la pandemia e' falsa, vuol dire ignorare la storia recente e la scienza, nonche' banalizzare la morte di oltre quattordici mila persone nel mondo. Insomma, un ottimo cocktail di truffa e beffa per noi cittadini: consigliamo di sorseggiarlo al party del primo anno, ne "sorseggeremo" ancora, e continueremo a pagare festeggiando.


USA - Nuove famiglie: transessuale, gay e incinto - Notizia 29 gennaio 2010 14:01 – DAL SITO ADUC – Aiuto non ci capisco più niente!!
Per quanto è dato sapere, è il terzo transessuale (uomo nato con genitali femminili) incinto, ma il caso di Scott Moore è un giro di vite ulteriore nel concetto di famiglia. Scott è sposato con un transessuale come lui, Thomas, che è anche gay e padre. La coppia vive in California, ed è l'esempio di come un conto sia l'identità sessuale (ambedue nati donna che si sentono uomini, si vestono da uomo e hanno nomi maschili) e un altro l'orientamento (gli piacciono gli uomini che siano mascolini almeno quanto loro). Si sono sposati approfittando di un vuoto legislativo poiché dai documenti Scott figurava ancora donna. Poi l'inseminazione artificiale. Il figlio che nascerà, Miles, andrà ad aggiungersi ai due figli che Thomas ha avuto da una relazione precedente.


Obama borderline - Lorenzo Albacete - mercoledì 3 febbraio 2010 – ilsussidiario.net
Chris Matthews è uno dei più importanti giornalisti delle televisioni via cavo americane e conduce ogni giorno un programma sulla rete via cavo MSNBC, network diventato negli ultimi anni “la voce della sinistra” nel mondo dei notiziari via cavo.

Ho incontrato Chris al matrimonio di un comune amico, un autorevole giornalista, ebreo, intellettuale progressista del Partito Democratico. Chris, molto sorpreso di vedere in un simile ambiente un monsignore cattolico totalmente e felicemente a suo agio con il magistero della Chiesa sulla fede e la morale, ha chiesto di potermi parlare. Penso per capire meglio da dove potesse uscire un soggetto come me.

Sfortunatamente non siamo ancora riusciti a incontrarci, a causa dei suoi impegni per mettere insieme ogni giorno un programma in una situazione politica così agitata come quella successiva alla campagna elettorale del 2008, specialmente per l’emergenza del ”fattore Barack Obama”.

La scorsa settimana, nel commentare nel suo programma il primo “Discorso sullo Stato dell’Unione” di Obama davanti alle due Camere del Congresso, Chris ha fatto un commento che penso aiuti a meglio comprendere la natura ultima dell’attuale conflitto politico negli USA. E lasciando da parte tutti gli elementi di carattere ideologico, religioso ed economico che hanno sempre, fino dalla fondazione della nazione, fatto parte del dibattito politico americano.

Chris ha dichiarato che “per più di un’ora - la durata del discorso di Obama - ho dimenticato che era un presidente afro-americano.”


Alla luce dei parametri della politica americana contemporanea, una tale affermazione dovrebbe essere considerata “razzista” o, quantomeno, scorretta se non offensiva. Il fatto è, però, che nessun osservatore sano di mente potrebbe accusare Chris di razzismo, palese o nascosto, e infatti, sebbene l’affermazione sia stata fatta in pubblico, la discussione è finita lì.

A mio parere, lo spontaneo commento di Chris rappresenta proprio l’opposto di un’affermazione razzista, perché mi sembra dimostrare che i motivi profondi dell’atteggiamento degli americani verso Obama non sono di natura razziale. Ciò che affascina, a tratti in modo ossessivo, la gente nei confronti di Obama, non è la razza, ma il fatto che egli si situi sul confine tra il passato nazionale e un futuro radicalmente diverso.

Nessuno riesce a classificare il pensiero di Obama e forse non ci riesce neppure lui, come egli stesso ha chiarito (in un incontro senza precedenti con i suoi oppositori Repubblicani) continuando ad insistere che le sue opinioni politiche non sono assolutamente radicali, ma che in diversi casi le sue posizioni si sono avvicinate a quelle dei Repubblicani.

Il suo discorso sullo Stato dell’Unione ha mostrato, argomento dopo argomento, come le sue posizioni fossero più vicine a quelle dei Repubblicani moderati che non a quelle dell’ala sinistra del Partito Democratico. Tanto che la rivista The American Conservative riportava un articolo dal titolo: “Come Obama ha perduto la sinistra”.

Il Cardinale Kasper ha ben descritto la natura più profonda dell’attuale irrequietezza politica, scrivendo che “il tentativo di individuare in questa vertiginosa molteplicità” derivante dalla globalizzazione ”un filo conduttore che possa unificarla e tenerla insieme, sembra sempre più senza speranza”.

Il risultato è che “la filosofia postmoderna ha tratto determinate conclusioni da questa situazione, abbandonando coscientemente il postulato di unità che aveva finora dato forma al pensiero occidentale nel suo insieme e propugnando, non solo l’accettazione e la tolleranza della pluralità”, ma anche sostenendo “una sostanziale opzione in favore di un pluralismo in cui non vi sono più né valori né regole assolute.

La ragione è diventata plurale in se stessa, la verità, l’umanità, la giustizia esistono solo in quanto plurali“ (Vedi The Uniqueness and Universality of Jesus Christ, Eerdmann, 2001).

Obama è sulla linea di confine tra il pensiero moderno e postmoderno, cercando di rimanere attaccato, credo, alla parte moderna e di salvare in qualche modo l’unità e la certezza dal relativismo radicale postmoderno. In qualche modo, questo è percepito dal Paese, sia dai conservatori moderati che dai moderati progressisti. Più di ogni altro nostro politico, il presidente personifica lo scontro culturale in corso.

Barack Obama non è cattolico, ma Chris Matthews sì. Spero che Chris possa trovare qualcuno che lo aiuti a vedere la bellezza del rapporto tra la dottrina sociale della Chiesa e la liberazione della ragione dal pensiero moderno e postmoderno che viene da fede, speranza e carità.


CONFESSIONI/ Non basta la dottrina: dalla retorica all’esperienza, il cammino di Sant’Agostino - Laura Cioni - mercoledì 3 febbraio 2010
Il libro quinto delle Confessioni di Agostino rievoca l’incontro con il vescovo di Milano, Ambrogio: “La sua eloquenza dispensava strenuamente al popolo la sostanza del tuo frumento, la letizia del tuo olio e la sobria ebbrezza del tuo vino. A lui ero guidato inconsapevole da te, per essere da lui guidato consapevole a te”. Da famoso retore, Agostino ammette che il suo intento era quello di sincerarsi se l’eloquenza di Ambrogio meritasse la fama di cui godeva.
“Quell'uomo di Dio mi accolse come un padre e gradì il mio pellegrinaggio proprio come un vescovo. Io pure presi subito ad amarlo, dapprima però non certo come maestro di verità, poiché non avevo nessuna speranza di trovarla dentro la tua Chiesa, bensì come persona che mi mostrava benevolenza”.
Agostino è ancora lontano dall’approdo alla fede, ma scrive: “mi avvicinavo ad essa sensibilmente e a mia insaputa”. Attraverso l’insegnamento di Ambrogio “la fede cristiana non mi appariva vinta, ma non si mostrava ancora vincitrice” nei confronti delle altre dottrine filosofiche.

Avviene un altro incontro, raccontato nel libro ottavo delle Confessioni. Agostino si reca a far visita a Simpliciano, maestro e ispiratore di Ambrogio, poi suo successore come vescovo di Milano.
“In lui riluceva la tua grazia; avevo anche sentito dire che fin da giovane viveva interamente consacrato a te. Allora era vecchio ormai e nella lunga esistenza passata a perseguire la tua vita con impegno così santo, mi sembrava aver acquistato grande esperienza, grande sapienza”.


I due uomini vengono a parlare di Mario Vittorino, il famoso retore romano, morto da cristiano dopo aver a lungo resistito al battesimo, convinto che fosse sufficiente per essere salvati il semplice possesso della dottrina. Simpliciano lo aveva conosciuto bene a Roma, dove Vittorino gli confidava “non in pubblico, ma in gran segreto e confidenzialmente: Devi sapere che sono ormai cristiano. L’altro replicava: Non lo crederò né ti considererò nel numero dei cristiani finché ti avrò visto nella chiesa di Cristo. Egli chiedeva sorridendo: Sono dunque i muri a fare i cristiani?”

Dopo lunga esitazione, Vittorino accetta il Battesimo e professa pubblicamente la sua fede, tra l’esultanza dei cristiani di Roma e per questo viene costretto a rinunciare all’insegnamento.
“Allorché il tuo servo Simpliciano mi ebbe narrata la storia di Vittorino, mi sentii ardere dal desiderio di imitarlo, che era poi lo scopo per il quale Simpliciano me l’aveva narrata”.

Il travaglio di Agostino continua. Mentre un giorno si trova in casa con l’amico Alipio, va a trovarli Ponticiano, un funzionario imperiale nativo dell’Africa, ora in servizio a Milano. È cristiano e racconta loro che mentre era a Treviri, era uscito a passeggiare con tre suoi compagni. Si perdono di vista. Due di loro si imbattono in una comunità monastica, leggono la vita di Antonio eremita e decidono di passare al servizio del Signore.
Sul tavolo della casa c’è solo il libro delle epistole di san Paolo. Agostino lo prende, esce in giardino, lo apre a caso, legge e finalmente si arrende alla grazia di Dio.


MAI SOTTO LE BANDIERE DI UN INDIVIDUALISMO RADICALE E IMPAURITO - I cattolici sempre e solo dalla parte della vita - DAVIDE RONDONI – Avvenire, 3 febbraio 2010
Non ne posso più. Lo so che non servirà più di tanto dirlo, ma con l’avvicinarsi delle elezioni regionali (come ad ogni altra elezione) inizia il tormentone: e i cattolici? Per chi voteranno i cattolici? E via con dietrologie, supposizioni, interpretazioni e filologie. Mentre le cose sono chiarissime, e solo un cieco può far finta di non vedere. I cattolici sono una parte, non un partito. Come la Chiesa è sempre stata una parte nella storia, ma non un partito. Nel senso che intendiamo oggi per la parola partito. Inutile chiedere a quale partito appartengono. Ma è invece chiaro da che parte stanno.
Sono la parte che ama la vita, in questa epoca della paura della vita. E dunque questa parte, questa fazione, questa brigata o questa strano popolo, sarà dalla parte di coloro che amano la vita, in tutti i suoi aspetti. È una parte, a cui si oppongono altre parti. E duramente, lo abbiamo visto, in nome di un individualismo radicale e impaurito. Solo un cieco può non vedere che questo amore è trasversale agli schieramenti, così come pure trasversalmente viene negato. Il Papa e il presidente dei vescovi italiani mi pare abbiano detto di auspicare il sorgere di una nuova leva di politici cattolici, non una nuova forma di partiti cattolici. Le cose stanno così, stanno chiaramente, e dunque ogni confusione è finta, è voluta. Non è la Chiesa a fare le leggi elettorali. A dettare le condizioni in cui si vota. I cattolici sapranno chi votare, almeno quelli che stanno attenti alle indicazioni della Chiesa. Perché sono in tanti a genuflettersi e a baciare anelli sotto elezioni (o a fare finta).
Ma non sono molti ad ascoltare. I cattolici lo sanno. Non sono degli ingenui. E sanno che la politica, come constatava il cardinal Ratzinger, è luogo del compromesso.
Ed è luogo della carità, richiamava Paolo VI. Per i cattolici sono poco importanti le questioni di schieramento, perché hanno già qualcosa per cui sono schierati.
Prima e dopo le elezioni. Sono gli altri che fanno un sacco di problemi, un sacco di sofismi, un sacco di giravolte per giustificare i loro schieramenti politici. Perché non hanno altro per cui sono schierati, se non il potere e l’appartenenza politica. I cattolici hanno uno schieramento ben prima che politico. Uno schieramento in cielo. Nel senso che credono alle cose del cielo. E uno schieramento in terra, nel senso che amano la vita e le condizioni per cui essa può continuare a essere donata. E servita, e sviluppata. Perciò sono una parte, non un partito. E nemmeno due o tre partiti. Ma una parte. Che inquieta e tormenta tutti i partiti. Che non lascia in pace nessuno schieramento. E che non si riduce a nessuno schieramento. I partiti vorrebbero che la Chiesa fosse un partito. Il loro, possibilmente, così da lucrare consenso. O quello dell’avversario, così da poterla attaccare più comodamente. E invece i cattolici non ci stanno al gioco imposto da chi vorrebbe comandare tutti i campi, quelli della politica, della società e dei valori. Non tutto è politica, e non tutto si riduce agli schieramenti elettorali. Ci provano sempre a ridurre la Chiesa a politica, i suoi nemici esteriori e a volte i suoi nemici interni. Una Chiesa-partito fa comodo a chi pensa che tutto si determini politicamente.
Preferirebbero dei cattolici-partito, piuttosto che dei cattolici dalla parte di alcune grandi cose. Li potrebbero sistemare, o comandare, o potrebbero fare concessioni politiche. Invece la libertà di essere dalla parte della vita continua a rendere meno tranquillo il sonno in cui spesso cade la politica, quando dimentica a cosa serve. I cattolici facendo la loro parte aiutano la politica di tutti a non essere fine a se stessa o al perseguimento del solo potere. In questo senso, la presenza della parte dei cattolici è oggi uno delle garanzie migliori di una buona democrazia.