lunedì 27 aprile 2009

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Madonna di Medjugorje - Messaggio del 25 aprile 2009 - Cari figli, oggi vi invito tutti a pregare per la pace e a testimoniarla nelle vostre famiglie affinché la pace diventi il più grande tesoro su questa terra senza pace. Io sono la vostra Regina della Pace e la vostra madre. Desidero guidarvi sulla via della pace che viene solo da Dio. Per questo pregate, pregate, pregate. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
2) La legge 40 funziona, ma non lo si vuole far sapere - ROMA, domenica, 26 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito per la rubrica di Bioetica la sintesi della presentazione del 2° Rapporto sullo stato di attuazione della legge 40/2004 elaborata da Carlo Casini, già magistrato di Cassazione e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. Casini è inoltre Presidente del Movimento per la Vita italiano, membro della Pontificia Accademia per la Vita e docente presso l'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum" di Roma.
3) ESEMPI/ La Santa del quotidiano - Mario Mauro - lunedì 27 aprile 2009 – ilsussidiario.net
4) PAPA/ Perché è così importante la visita in Terra Santa - José Luis Restan - lunedì 27 aprile 2009 – ilsussidiario.net


La legge 40 funziona, ma non lo si vuole far sapere - ROMA, domenica, 26 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito per la rubrica di Bioetica la sintesi della presentazione del 2° Rapporto sullo stato di attuazione della legge 40/2004 elaborata da Carlo Casini, già magistrato di Cassazione e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. Casini è inoltre Presidente del Movimento per la Vita italiano, membro della Pontificia Accademia per la Vita e docente presso l'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum" di Roma.
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Per valutare gli effetti della L. 40/04 si è per lo più soliti misurarli soltanto sul piano di uno solo dei due scopi della legge stessa, dichiarati nell'art. 1, quello di "superare la sterilità e la infertilità". L'indagine sul secondo obiettivo, quello di tutelare il diritto alla vita del concepito, viene quasi sempre trascurato.
Questa ricerca intende rimediare a tale dimenticanza proponendo la domanda: di quanti nuovi esseri umani è stata evitata la distruzione per effetto della legge? E' una domanda doverosa, alla luce di ben quattro ripetuti pareri del Consiglio nazionale di bioetica sullo statuto dell'embrione umano.
La vita del concepito in provetta è in grave pericolo anche quando esso viene destinato alla nascita mediante trasferimento in utero: soltanto 1 su 10 arriva al parto e l'ombra di morte si estende quando vengono trasferiti embrioni scongelati. In tal ultimo caso solo un concepito su 20 giunge al parto.
Nel triennio 205-207 su 196.399 embrioni trasferiti ha potuto essere provata la nascita di solo 16.185 bambini.
Ma l'indagine si occupa dei concepiti non trasferiti. I dati provano che nel quinquennio 2003-2007, 5.349 embrioni sono morti per effetto dello scongelamento (1 su 4 di quelli congelati). Si tratta di un residuato di scongelamenti anteriori alla legge.
Questo non sarebbe avvenuto se la legge fosse stata approvata prima.
Ma l'effetto più benefico della legge è quello di aver evitato nel solo triennio 2005-2006-2007, per il quale esistono dati che consentono il calcolo, la possibile formazione soprannumeraria e la conseguente possibile distruzione, diretta o per congelamento, di altri 120.000 embrioni (i calcoli danno la cifra di 121.869).
Si può dunque affermare che il divieto contenuto nell'art. 14 di distruzione, congelamento e produzione soprannumeraria di embrioni si ispira ad un criterio di maternità e maternità responsabile sia pure nellʼambito di tecniche che restano in sé gravate da riserve etiche anche quando gli embrioni sono tutti trasferiti in utero.
La seconda parte della ricerca, condotta confrontando anche i dati di altri paesi europei, dimostra che il rispetto dei limiti posti a tutela del diritto alla vita hanno anche meglio garantito la salute della donna e non hanno diminuito la percentuale del "successo".
Infatti sono diminuite le sindromi da iperovulazione (0,44% nel 2007 contro l'1,02% della media europea) perché una pluralità di stimolazioni "dolci" è meno pericolosa delle stimolazioni "severe", possibili quando non sia posto un limite alla generazione di embrioni e quindi al prelievo di ovociti.
Il confronto con quanto accade nella inseminazione semplice prova la verità di questo assunto. Ma il risultato più sorprendente della ricerca è che la probabilità che una donna richiedente la P.M.A. con tecniche di II e III livello debba più volte sottoporsi a trattamento iperovulatorio e prelievo è andata calando, passando dal 30,5% dei cicli e dal 14,3% dei prelievi del 2003 al 20,6% dei cicli e al 7% dei prelievi nel 2007, in netta controtendenza con quanto accade nella inseminazione semplice dove la stimolazione plurima è andata crescendo (29,4% nel 2005 - 34,7% nel 2007).
Quanto al "successo", in termini di gravidanze e parti, il confronto europeo è istruttivo. Se è vero che i dati percentuali di altri paesi sono migliori di quelli italiani è anche vero che già nel 2003, prima della legge 40, l'Italia si trovava al 24° posto tra trenta nazioni, con riferimento alla percentuale di parti per trasferimento da FIVET e al 20° per trasferimento da ICSI. Peraltro l'Italia si è sempre trovata al primo posto per numero di centri che effettuano le P.M.A. e per il numero di donne ultratrentacinquenni, che è andato crescendo nel tempo fino a raggiungere nel 2007 il 65,1% mentre nel 2003 era del 56,4%.
La polverizzazione dei centri implica una minore efficienza di alcuni centri più piccoli e l'età delle donne oltre i 35 anni dimezza la percentuale dei successi. Nonostante ciò la percentuale delle gravidanze e dei parti è aumentata negli ultimi anni.
E' auspicabile che la classe medica, gli operatori dei centri e le coppie affette da infecondità tengano responsabilmente conto di quanto esposto in questa ricerca.
Per chi volesse approfondire l'argomento consigliamo di leggere il 2° Rapporto sullo stato di attuazione della legge 40/2004 (aprile 2009) al link: http://www.mpv.org/mpv/allegati/498/2RapportoParlamento.pdf


ESEMPI/ La Santa del quotidiano - Mario Mauro - lunedì 27 aprile 2009 – ilsussidiario.net
Ci sono percorsi di vita che, pur nella semplicità delle azioni e degli avvenimenti, offrono a tutti un esempio e trasmettono appieno il coraggio di una scelta. Ci sono cammini che, aprendosi con generosità alla vita e alla santità, le rendono un po’ meno distanti. Gianna Beretta Molla è stata tutto questo. È la santa del quotidiano. È la donna, la moglie, la madre, il medico che ha saputo compiere, nel corso della sua breve quanto significativa esistenza, gesti di straordinaria semplicità.
Il 28 aprile del 1962 Gianna ci lasciava e, proprio in questi giorni, in cui sono iniziate le celebrazioni per ricordare il cammino da lei compiuto a cinque anni dalla sua santificazione fortemente voluta da papa Giovanni Paolo II, il quale già intravedeva nel suo operato una possibile luce di speranza per la nostra epoca, il ricordo del suo percorso ci sorprende per il suo significato così attuale.
Nata a Magenta (Milano) il 4 ottobre 1922, decima di tredici figli, Gianna ha coltivato il dono della fede che l’ha portata a considerare la vita come un dono meraviglioso. Dopo la laurea in Medicina e la specializzazione in Pediatria, Gianna aprì giovanissima un ambulatorio medico in cui assisteva i suoi pazienti che in gran parte erano costituiti da poveri, mamme, bambini e anziani.
Mentre compiva la sua opera di madre e di professionista, sentiva crescere dentro di lei il senso della sua missione, interrogandosi sulle sue scelte di vita che considerava anch’esse un dono prezioso, perché diceva «nel seguire bene la nostra vocazione dipende la nostra felicità terrena ed eterna».
La sua vocazione era la famiglia. Fu da questo amore che verso il termine del secondo mese di una nuova gravidanza, Gianna raggiunta nella sofferenza e dal mistero del dolore, decise con estremo coraggio di salvare la vita che portava in grembo, donando la propria in cambio di quella di Emanuela. Per Gianna la creatura che portava dentro di lei aveva gli stessi diritti e lo stesso valore di quella di qualsiasi altra persona, anche della sua stessa esistenza. La scelta di Gianna fu dettata in primo luogo dalla sua coscienza di madre e di medico.
Morì a soli 39 anni, riconfermando con quella scelta l’irriducibilità della vita umana proprio in questo tempo in cui questa viene troppe volte messa in discussione, violata, vilipesa. Le sentenze contro i malati, le ricerche sugli embrioni, sono chiari allarmi di come si stia perdendo il senso di sacralità della vita umana e non si riesca più a comprendere il suo valore.
Santa Gianna risveglia dentro di noi un senso del tutto nuovo e differente. Ci aiuta a riaffermare di fronte alla società che la vita umana è un bene indisponibile, un valore non negoziabile, un tesoro che ci è stato affidato e che dobbiamo custodire e difendere.
Gianna lo dimostrava con l’esempio e con quelle parole tenaci che era solita ripetere e che ritroviamo nei suoi scritti, quando si riferiva al settore in cui esercitava la sua professionalità: «Tutti nel mondo lavoriamo in qualche modo a servizio degli uomini. Noi (medici) direttamente lavoriamo sull’uomo. Il nostro oggetto di scienza e lavoro è l’uomo che dinnanzi a noi ci dice di se stesso, e ci dice “aiutami” e aspetta da noi la pienezza della sua esistenza». A quasi cinquant’anni dalla sua morte, Gianna, soprannominata da tutti il sorriso di Dio, è un esempio per tutti coloro che sentono nel cuore l’urgenza di battersi per il bene comune e per la difesa della vita, soprattutto di quella dei più deboli senza farne un’ideologia.
Papa Benedetto XVI ha proclamato ieri in San Pietro cinque nuovi santi, cinque nuove guide che tracciano le orme su un cammino che oggi più di ieri si fa ancora più impervio: «In una società smarrita e spesso ferita, come è la nostra, ad una gioventù, come quella dei nostri tempi, in cerca di valori e di un senso da dare al proprio esistere - ha affermato il Santo Padre - occorrono saldi punti di riferimento». Santa Gianna è stata capace di testimoniare con la vita e con le opere, di fronte a una società assetata d’infinito, la presenza al suo fianco di uno speciale compagno di viaggio, nel momento del dolore scegliendo la via del sacrificio, del chicco che muore per portare frutto.


PAPA/ Perché è così importante la visita in Terra Santa - José Luis Restan - lunedì 27 aprile 2009 – ilsussidiario.net
A circa due settimane dalla storico viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa, è bene vedere le sfide e le difficoltà che pone questa lunga visita profondamente voluta dal Papa. Sfide e difficoltà che il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, spiega in un’intervista pubblicata sul sito della Custodia di Terra Santa.
Monsignor Twal è arabo e appartiene a una famiglia cristiana da secoli. Sebbene provenga dal corpo diplomatico, è conosciuto per la franchezza delle sue dichiarazioni e per la profonda esperienza che ha accumulato sulle vicissitudini delle piccole comunità cristiane in territori islamici. Nella sua prima risposta il Patriarca non nasconde l’inquietudine che ha provocato in un primo momento ai leader cristiani della Terra Santa la conferma della data di questa visita.
A differenza di quanto successo nel 2000 con la visita di Giovanni Paolo II, ora non si nutre speranza per l’imminenza della pace (cosa che si è rivelata illusoria poco dopo la visita), anche perché sono ancora aperte le ferite della recente guerra a Gaza. In più, l’ascesa di Netanyahu al governo di Israele, sembra chiudere il ciclo inaugurato dagli accordi di Oslo. Ora non c’è un percorso per la negoziazione e ogni passo del Papa deve essere calibrato al millimetro per le sue delicate ripercussioni politiche.
Ma c’è un altro aspetto che preoccupa i leader cristiani. Gli ultimi mesi sono stati tormentati per quel che concerne le relazioni tra la Chiesa e il mondo ebraico. Questioni come la valorizzazione del pontificato di Pio XII, le preghiere del messale di Paolo VI o il recente uragano provocato dalle dichiarazioni negazioniste del vescovo lefebvriano Williamson, hanno avvelenato il clima delle relazioni ebraico-cristiane, che per Benedetto XVI sono un capitolo fondamentale del suo pontificato.
Il timore evidente è che la Santa Sede, mossa dal suo stesso desiderio di disarmare i malintenzionati, si lasci intrappolare in una ragnatela e il viaggio sia visto oltre il dovuto come orientato agli interessi di Israele. Twal ammette l’esistenza di queste difficoltà, sebbene aggiunga che, una volta conosciuto il programma del viaggio (i momenti dedicati alla Giordania, ai territori palestinesi e a Israele), non si può non riconoscere che questo viaggio sarà una benedizione per tutti. È evidente che in queste settimane il Papa ha preso nota dell’inquietudine di coloro che sono i principali destinatari della sua visita (i cristiani in Terra Santa) e ha dialogato intensamente con i pastori di quelle Chiese.
Con la stessa franchezza con cui riconosce i timori, Twal si impegna a fondo per smontarli. Il Papa era già stato invitato, e aveva mostrato fin dal principio il suo desiderio di visitare la terra di Gesù. Aspettare un momento migliore per programmare la visita sarebbe una falsa soluzione, perché la regione non ha chiare prospettive di pace; attendere che la questione palestinese sia risolta vorrebbe dire posporre il viaggio sine die.
Proprio perché i tempi sono duri, conclude il Patriarca, «spero che il Santo Padre venga ad aiutarci a superare le difficoltà, a guardare più lontano; ci darà valore per restare fedeli alla nostra missione, alla nostra fede e al nostro senso di appartenenza a questa terra». In effetti, poco tempo fa il Custode di Terra Santa, Padre Pizzaballa, spiegava che i cristiani della regione hanno bisogno del contatto con la presenza della Chiesa universale, per non restare chiusi nello stretto orizzonte dei duri problemi quotidiani. Il carisma del successore di Pietro, incarnato nella genialità propria di Benedetto XVI, sarà senza dubbio un aiuto prezioso in questa direzione.
Non è difficile comprendere le inquietudini e le angustie dei nostri fratelli in quella terra, stretti in una morsa tra un ambiente islamico, sempre più radicalizzato e soffocante, e un Israele chiuso in se stesso che non si libera di vecchi clichès sui cristiani. Tuttavia è ragionevole concedere, come ha fatto il Patriarca Twal, ampio credito alla saggezza e alla libertà del Papa. Certamente Benedetto XVI vuol rimarcare il vincolo indissolubile tra la fede cristiana e la sua radice ebraica, e saprà farlo con parole libere, piene di amicizia ma in nessun caso politicamente corrette.
Come ha riconosciuto anche Twal, «quanto più amichevole sarà la relazione della Santa Sede con Israele, meglio potrà intervenire a favore di tutti gli abitanti della Terra Santa, ebrei, musulmani e cristiani». D’altro canto non mancherà la vicinanza del Papa alle sofferenze delle popolazioni palestinesi né la difesa delle sue giuste aspirazioni, aspetti questi che sono stati costanti nell’azione internazionale della Santa Sede.
Ma soprattutto, nel cuore del Papa è viva la sofferenza e la debolezza delle comunità cristiane tentate dalla sensazione di isolamento, dalla possibilità dell’emigrazione massiccia o di rinchiudersi nei propri problemi quotidiani. Esse sono la carne di una storia che ci lega direttamente a quel Gesù di cui Benedetto XVI sa spiegare come nessun altro il racconto della sua divina-umanità. Loro hanno la grande missione di mostrare la novità che introducono nella storia la misericordia e il perdono imparati da Gesù, morto e resuscitato. Una novità che è seme di pace e comprensione in una terra tormentata dal reciproco rancore.
In definitiva, non è strano che questo viaggio crei preoccupazioni tra i collaboratori del Papa, ma lui non poteva mancare a questo appuntamento. Troppi fili si annodano in quella benedetta e martirizzata regione. Vederlo lì e ascoltarlo spiegare il Vangelo nella terra su cui ha camminato il Signore sarà un bene per tutta l’umanità.