Nella rassegna stampa di oggi:
1) EVENTO: ilsussidiario.net si collegherà stasera alle 21 in diretta web con il Palasharp di Milano per trasmettere l´incontro sulle elezioni europee "Difendere la libertà, sostenere la responsabilità". - Parteciperanno: Mario Mauro, Vicepresidente del Parlamento europeo; Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà; Antonio Intiglietta, Presidente Ge.Fi.; Mauro Biondi, presidente Emreald Cultural Institute di Dublino; Donato Di Gilio, presidente Core, Varsavia. Presiede l'incontro Bernard Scholz, presidente di Compagnia delle Opere - Segui l´evento collegandoti a www.ilsussidiario.net o cliccando QUI (il link sarà attivo dalle 21)
2) EUROPEE/ Mauro: ecco perché c’è sempre più bisogno di Europa - Mario Mauro - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
3) Elezioni europee - 6/7 giugno 2009 - Difendere la libertà, sostenere la responsabilità – Volantino CDO
4) EUROPEE/ Milbank: l’Europa cristiana conviene a tutti, anche ai musulmani - INT. John Milbank - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
5) Le riforme di Benedetto - Massimo Camisasca - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
6) SPAGNA/ Aborto e pillola del giorno dopo: così Zapatero si schiera contro la vita - Fernando De Haro - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
7) POESIA/ Alfonso Gatto, quello struggente bisogno del padre - Laura Cioni - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
8) Un secolo contro Dio - Autore: Colosso, Gian Carlo Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 17 maggio 2009
EUROPEE/ Mauro: ecco perché c’è sempre più bisogno di Europa - Mario Mauro - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
Da giorni Ilsussidiario.net segue il tema delle elezioni europee con una serie di interventi e interviste raccolti in nello speciale "Verso le europee". Questa sera, inoltre, Ilsussidiario.net trasmetterà in diretta video l'incontro pubblico promosso dalla Compagnia delle Opere, che si svolgerà alle 21 al Palasharp di Milano. Interverranno: Mario Mauro, Vicepresidente del Parlamento europeo; Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà; Antonio Intiglietta, Presidente Ge.Fi.; Mauro Biondi, presidente Emreald Cultural Institute di Dublino; Donato Di Gilio, presidente Core, Varsavia. Presiede l'incontro Bernard Scholz, presidente di Compagnia delle Opere.
Mancano pochi giorni e saremo protagonisti di un importante appuntamento. Un momento in cui tutti i cittadini dei 27 Stati Membri potranno riaffermare ciò che sta loro a cuore. È ormai aperta la campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo 6-7 giugno: 16 milioni di giovani europei voteranno per la prima volta i loro rappresentanti a Bruxelles. Saranno due giornate di grande partecipazione che coinvolgeranno l’Italia e altri 26 stati membri, quantificabili in circa 500 milioni di adulti abitanti il vecchio continente.
Questi numeri ci richiamano al significato dello stare in Europa: batterci per trovare una soluzione al deficit di democrazia. I nostri cittadini, dunque, hanno nelle mani una grande opportunità e in questo tempo di preparazione alla prossima legislatura sarà l’occasione per ribadire ancora una volta che la nostra azione politica potrà fare molto per esportare il modello di pace e sviluppo che in questi anni abbiamo sempre perseguito: la dignità della persona, la libertà, la responsabilità, la giustizia, la difesa della vita, la solidarietà e la sussidiarietà.
Questi sono gli ideali comuni alle grandi democrazie occidentali, fondate sul pluralismo democratico, sullo Stato di diritto, sulla tolleranza, sulla proprietà privata, sull’economia sociale di mercato. Si è chiusa la sesta legislatura del Parlamento europeo. Un quinquennio che ha visto il buon esito dei negoziati per il finanziamento delle Reti Transeuropee di Trasporto, una delle più importanti iniziative di sviluppo portate avanti dall’Unione europea nell’ultimo quinquennio. In Italia il progetto aveva trovato in precedenza la resistenza della sinistra che con un emendamento alla Finanziaria rischiava di compromettere questo impegno.
Nel periodo più duro per i mercati e le economie mondiali, per risolvere l’attuale situazione di crisi finanziaria, si è cercato di promuovere l’introduzione degli eurobond, la stabilizzazione finanziaria e la riduzione del rischio. Le altre battaglie si sono giocate sul versante della cooperazione internazionale, della politica estera e dell’estensione dei valori democratici in tutto il mondo. Nelle commissioni parlamentari, al fine di difendere i diritti umani, il Parlamento si è opposto ai quei provvedimenti che in tutti i continenti continuano a negare la dignità della persona: la pena di morte in Nigeria, le uccisioni di civili in Somalia, la mancata tutela dei minori in Bielorussia.
A questo si aggiunge la Risoluzione in cui si condannano tutti gli atti di violenza contro le comunità cristiane nel mondo e chiede ai governi dei paesi interessati di prevedere garanzie adeguate e effettive nel campo della libertà di religione e di migliorare la sicurezza delle comunità cristiane. Ecco perché quando si menzionano le istituzioni europee solo per le direttive sulla curvatura delle banane (non comprendendo peraltro quanto sia importante stabilire degli standard di mercato) sale dentro di me un senso di ingiustizia.
Di una cosa, infatti, sono certo: l’Europa conta. Forse in pochi sanno che oltre il 70% delle leggi che vengono fatte in Italia sono la ratifica di direttive che provengono da Bruxelles. Tuttavia, se a fronte di 100 notizie di carattere politico, solo 2 spiegano cosa accade in Europa, appare chiaro come il cittadino si trovi di fronte a un vero e proprio deficit democratico. C’è bisogno sempre di più di Europa.
C’è bisogno di Europa quando ci troviamo di fronte ad una crisi economica, di fronte all’immigrazione, di fronte al problema sicurezza, di fronte alle nuove sfide del progresso. Non dimentichiamo poi che il nostro paese, che è tra quelli che più anno creduto in quel progetto che chiamiamo Europa Unita, ha sempre confidato in questo modello. Ecco perché è importante fare delle giornate elettorali del 6 e 7 giugno non un semplice ritorno al voto, ma attraverso un’ampia presenza, dimostrare che vogliamo scegliere un’Europa che sia davvero nostra e delle generazioni che verranno. Il luogo in cui ognuno di noi, attraverso l’espressione del voto di preferenza, potrà esprimere il proprio modo di esserci.
Elezioni europee - 6/7 giugno 2009 - Difendere la libertà, sostenere la responsabilità – Volantino CDO
In Europa non è in gioco solo la definizione di qualche regola di mercato per superare la crisi economica, ma la possibilità stessa di un’esperienza umana fatta di libertà e di creatività personale e comune. L’80% delle leggi italiane è l’attuazione di norme decise dall’Unione Europea, che sono sempre più caratterizzate dal rischio di regolamentare la vita dei cittadini limitando l’espressività della persona e dei corpi sociali.
L’Europa potrà affermarsi solo riconoscendo la persona nella sua unicità irripetibile e nella sua libertà, capace di generare creatività e carità, fiducia e lavoro.
Seguendo il principio di sussidiarietà l’Unione Europea deve sostenere le condizioni necessarie perché la gente possa esprimere il suo desiderio di verità, di giustizia e di bellezza, valorizzando le proprie tradizioni storiche, religiose e culturali. Più i cittadini contribuiscono a rendere la realtà sociale una dimora umana, più l’Europa diventerà uno spazio di libertà creativa, capace di instaurare un dialogo fecondo di pace e di sviluppo con tutti gli altri popoli.
La tendenza ad una progressiva limitazione della libertà colpisce anche una delle realtà che con la sua presenza è fattore di speranza per tanti: la Chiesa. Perciò, difendere in Europa la libertas Ecclesiae è difendere la libertà e il futuro per tutti.
L’educazione è una priorità fondamentale e chiede quindi maggiore impegno a incrementare gli investimenti per la crescita dei giovani, nella certezza che da essi dipende il futuro della società.
La tutela della vita dall’inizio alla sua fine naturale e la difesa della famiglia tradizionale sono principi non negoziabili.
Poche ma efficaci regole per garantire un mercato che non diventi preda di speculazioni finanziarie, una collaborazione internazionale che non cada nella trappola del protezionismo, un sistema bancario che abbia come compito il sostegno alle famiglie e alle imprese: le istituzioni politiche europee sono chiamate a favorire questi obiettivi per una ripresa dell’economia secondo il principio di sussidiarietà.
Di fronte alle sfide drammatiche della vita, migliaia di persone testimoniano ogni giorno attraverso il loro impegno, le loro sofferenze e il loro lavoro, una speranza che consente di affrontare grandi difficoltà senza mortificare il desiderio di felicità. Il relativismo (per cui tutto è uguale) e il nichilismo (per cui nulla vale) vanificano, invece, la responsabilità di fronte al destino dell’uomo, rendendo grigia la nostra società.
Per questo sosteniamo chi in Europa mette la politica al servizio di persone libere, responsabili e solidali, in particolare chi in questi anni ha testimoniato una diversità in atto dentro il Parlamento Europeo, avendo come punto di forza non la difesa teorica di “valori”, ma l’attenzione alle persone nella concretezza della loro umanità e delle loro opere.
Compagnia delle Opere
EUROPEE/ Milbank: l’Europa cristiana conviene a tutti, anche ai musulmani - INT. John Milbank - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
John Milbank è professore di Religione, Politica e Etica nell'Università di Nottingham. È interessante capire cosa pensa un inglese dell’Europa, dato che l’Inghilterra viene considerato il paese più euroscettico dell’Unione. Le “sorprese” non mancano: per Milbank l’Europa rappresenta innanzitutto la «possibilità di andare oltre i confini e gli interessi nazionali». Un processo che è all’inizio e che il professore ci spiega come dovrebbe svilupparsi.
Professor Milbank, qual è per lei il significato dell’Europa oggi?
É la possibilità di andare oltre i confini e gli interessi nazionali, un processo che è all’inizio, ma che non può essere realizzato solo attraverso manovre economiche come è stato fatto fino ad oggi. Penso che l’Europa debba proteggere le regioni, munirsi di una politica estera omogenea, rivalutare la cultura greco-ebraico-cristiana, fondamentale per il suo sviluppo e che dovrebbe essere un obiettivo prevalente.
L’Europa non è dotata di una politica comune sull’immigrazione. Quali sono gli elementi e i principi per cooperare insieme all’integrazione di persone provenienti da altre nazioni e culture?
Dobbiamo sicuramente regolarizzare quelli che sono già in Europa, riconoscendoli come cittadini con diritti e doveri pari a quelli degli altri europei. Tuttavia, è necessario che l’immigrazione sia controllata attentamente. Per esempio, la minoranza musulmana deve essere richiamata al rispetto delle tradizioni cristiane. Non si può vivere in competizione, né pretendere di diventare maggioranza contro la maggioranza dei nativi europei. In questo senso, l’immigrazione incontrollata è semplicemente inaccettabile.
Cosa pensa dell’ingresso della Turchia nella Comunità Europea? Siamo abbastanza forti per convivere con loro?
Continuo a cambiare idea su questa spinosa materia. Sarebbe del tutto sbagliato fare finta che l’ingresso della Turchia nell’Ue non comporti pericoli. Si ripropone qui il problema della convivenza tra cristiani e musulmani. D’altro canto, occorrerà comunque trovare prima o poi qualche forma efficace di cooperazione.
Quindi essere cittadini europei vuol dire essere cristiani?
No, niente affatto. Ci sono ebrei e appartenenti ad altre religioni in Europa, ma vivere in Europa vuol dire accettarne le istituzioni. E ci sono molti musulmani, non tutti, in Gran Bretagna che preferiscono vivere rispettando le istituzioni e la cultura cristiana, piuttosto che vivere in una società secolarizzata. Si possono costruire molti ponti per un dialogo tra le religioni, ma l’idea che tutte le religioni siano uguali è altrettanto stupida che quella di credere che le diverse religioni non abbiano niente in comune.
Qual è il fondamento della cittadinanza europea se non è nella religione?
Se si accettano e rispettano i principi e i valori della Costituzione dello Stato europeo, allora si può dire di essere cittadini europei.
É una definizione da intellettuale “liberal”, non pensa?
No, quando parlo di Costituzione penso a principi costituzionali nel senso della giustizia distributiva e soprattutto intendo la fine di una libertà di coscienza mal intesa, che è uno dei capisaldi liberal.
Qual è la posizione del Partito Conservatore inglese sulle questioni di bioetica?
Il Partito Conservatore come quello Laburista sono entrambi divisi su queste questioni. Chi dissente su queste questioni nel Partito Laburista è spesso più marginalizzato di quanto un difensore della vita fin dal concepimento possa essere tra i Conservatori. Ma non sarei troppo ottimista sulla possibilità che il Partito Conservatore attuerà un reale cambiamento su queste politiche che separano completamente la sessualità dalla procreazione. Il cambiamento di posizione su questi temi potrà avvenire solo se riusciremo a far comprendere alla gente che la totale tecnologizzazione della vita e della morte è parte di un progetto di manipolazione controllata dallo Stato. Anche la Chiesa cattolica ha la responsabilità di aiutare i cittadini, che sono le vittime di questa politica di Stato, a comprendere il quadro generale in cui queste politiche si inseriscono.
Le riforme di Benedetto - Massimo Camisasca - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
Il viaggio-pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa si è sviluppato lungo tre momenti: la Giordania, Israele, e i territori palestinesi.
Innanzitutto la Giordania. Il papa ha sentito la necessità, dopo quattro anni dall’inizio del suo pontificato, di affermare la linea che lo muove nel confronto del dialogo inter-religioso. Nella prefazione al libro del senatore Pera, aveva scritto che il dialogo fra le religioni va vissuto anzitutto come dialogo della ragione, come alleanza per la difesa dell’umano. Da questo punto di vista, papa Benedetto continua un aspetto del dialogo inter-religioso di Giovanni Paolo II. Mette in secondo piano il pregare insieme, il dibattito teologico, senza ovviamente trascurarlo, e mette in primo piano l’alleanza per la civiltà, tema caro ad Obama e a Zapatero ma riletta dal papa in modo assolutamente originale. Non come messa tra parentesi dalla fede, ma come scoperta della fecondità che il rapporto fede-ragione dà nella lotta contro il nichilismo e l’espressione tragica delle guerre di religione.
Ecco allora la necessità di sostenere l’Islam moderato. Il papa non entra nel dibattito se esista o meno una radice di tale posizione moderata nel Corano. Probabilmente no. A lui interessa rilevare, come faceva Giovanni Paolo II, che l’Islam moderato esiste nello scenario religioso e culturale di oggi. Con lui bisogna lavorare, perché oltre alla pace si possono trovare utili alleanze sul tema della vita e del futuro dell’umanità. Senza dirlo, senza metterlo esplicitamente a tema, Benedetto XVI lavora per una evoluzione interna dell’Islam, per un suo illuminismo che lo possa salvare da una chiusura nella violenza e nell’anti-storia.
I rapporti tra Santa Sede ed ebrei sono forse destinati a restare problematici fino alla fine dei tempi. Non manca, tra i secondi, chi nota quali grandi passi siano stati compiuti nella seconda metà del secolo passato, con l’accoglienza nelle comunità religiose di tanti ebrei perseguitati, con la pubblicazione di Nostra Aetate durante il Vaticano II, con le iniziative di Giovanni Paolo II. Per altri, tutto ciò sembra non bastare. E occorre sempre tutto precisare e riaffermare. D’altra parte la storia passata è così drammatica! Le immense ferite così difficili da rimarginare!
Benedetto XVI ha dedicato molta parte della sua vita di studioso e insegnante di teologia a riaffermare la “necessità” degli ebrei all’identità cristiana. Ma chi ha letto i suoi libri? Chi conosce i suoi discorsi? Tutto infine sembra consegnato ai titoli dei giornali.
Eppure la tela della compassione e, perché no?, dell’amore reciproco va tessuta ogni giorno. Instancabilmente. Il “mistero” di Israele, di un popolo a cui Dio si è così strettamente legato – anche quando esso era tentato di scrollarsi di dosso quel giogo e solo un piccolo resto restava fedele – il mistero di Israele rimane uno dei più grandi eventi della storia, che tutti ci interroga e scuote.
Come è stato notato da molti, parecchi commentatori ebrei aspettavano il papa al varco. Ogni papa ha la sua penitenza da fare. Benedetto XVI dev’essere per forza legato a delle gaffe, anche se questa volta i testi erano controllati al millesimo. Ma chi sa leggere veramente, in profondità, sa anche capire quanto può essere doloroso per un papa tedesco mettere in luce gli errori causati da alcuni suoi connazionali.
Per quanto riguarda i territori palestinesi, la posizione della Santa Sede è ben nota. Assieme al diritto alla sicurezza per Israele, il diritto alla patria per i palestinesi. Benedetto XVI ha coniugato più volte queste esigenze, che non sono per lui solo di ordine politico, ma che attengono ai diritti più profondi degli uomini e dei popoli.
Infine, il suo viaggio è stato un invito pressante ai cristiani perché restino in Terra Santa, un incoraggiamento affinché quel due per cento di discepoli di Cristo non diminuisca. È un’esperienza assolutamente particolare vivere in Terra Santa. Tutte le chiese sarebbero terribilmente impoverite se i discepoli di Gesù non fossero più lì a ricordarci che Egli è vissuto davvero sulla terra, che ha camminato su quelle pietre, che ha visto il verde della Galilea e i deserti della Giudea.
SPAGNA/ Aborto e pillola del giorno dopo: così Zapatero si schiera contro la vita - Fernando De Haro - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
Il discorso sullo Stato della Nazione era puro fumo. Zapatero lo ha usato per recuperare iniziativa. Ha venduto le sue nuove misure come un cambiamento del modello economico, dove il reale cambiamento stava in quel che è stato annunciato prima e in quello che è stato approvato dopo.
Molto più rilevanti delle misure annunciate sono il progetto che modificherà la regolamentazione dell’aborto e l’annuncio della vendita della pillola del giorno dopo senza bisogno di ricetta. L’accesso alla pillola del giorno dopo senza nessun tipo di prescrizione e l’interruzione della gravidanza “libera” fino a 14 settimane e a partire dai 16 anni, senza il consenso dei genitori, rendono il ricorso all’aborto pari a un metodo anticoncezionale.
Si tratta di un cambiamento importante per gli adolescenti e nei rapporti tra loro: relazioni sessuali che finiscono nella seconda o prima adolescenza in una coppia instabile, non premeditata e rapidamente dimenticata. Con in mano la pillola del giorno dopo e con il ricorso a un aborto che può essere nascosto alla famiglia, se le cose si complicano, è più difficile applicare la famosa strategia ABC (Astinenza, Fedeltà e Condom) formulata per combattere l’Aids e che può essere anch’essa un modo per evitare gravidanze indesiderate.
Il futuro della Spagna passa per un’educazione intesa in un ampio significato, che non viene favorita trasformando l’aborto in un metodo anticoncezionale.
POESIA/ Alfonso Gatto, quello struggente bisogno del padre - Laura Cioni - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
Il poeta Alfonso Gatto, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, esponente tra i maggiori dell’Ermetismo, in virtù della ricerca della parola assoluta propria di questo movimento, indica al lettore una relazione con le cose ricca di allusioni, ma non per questo dai contorni imprecisi. Forse il fatto che il poeta sia stato anche apprezzato pittore connota la sua produzione letteraria di elementi visivi e luministici, che la rendono chiara. Tutto ciò è ben presente in questa breve lirica, tra le sue più famose, dedicata alla memoria del padre.
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo,
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
“Com’è bella la notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro il sonno”. Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgere a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.
L’endecasillabo, il verso principe della nostra poesia, è usato in tono quasi dimesso, a rendere bene l’atmosfera raccolta e familiare di questo colloquio con il padre. Si tratta di un parziale recupero della tradizione, dopo le innovazioni del primo Novecento. E infatti anche qui l’endecasillabo, benché in tono minore, come sempre è veicolo di un contenuto alto.
Nella prima strofa della lirica è presente un altro elemento della personalità di Gatto, e cioè il suo impegno civile. Il poeta desidera la compagnia di suo padre e quasi ridiventa bambino nel pianto con cui vorrebbe dirgli la tristezza di un mondo doloroso, ma anche negli occhi neri spalancati al sorriso, per confidargli che non ha rinunciato al sogno della libertà. Tutte le immagini hanno la lievità dell’aria: l’ombra azzurra che fa presagire la primavera, le rondini che volano in un paesaggio marino. Ma hanno anche la densità del colore su una tela: il blu, il nero, il bianco del sorriso.
Il nucleo centrale della poesia mi pare essere l’attacco della seconda strofa.
A chi non basterebbe che il proprio padre fosse vivo, che s’avverasse il sogno di godere ancora del suo cuore di uomo, forse non abbastanza compreso prima, certo rimpianto negli anni più esperti? Un cuore che sapeva far vedere ai figli la bellezza della notte scura che dona il riposo e far amare la bontà dell’aria che permette il respiro anche nell’incoscienza del sonno. Dove trovarlo ora, sembra chiedersi il poeta, uno sguardo che scorgeva il mondo protendersi al chiarore della luna e gli uomini immersi nel buio, ma incamminati verso la luce dell’alba? Una immagine questa che, pur non dimenticando il dolore connesso con la condizione umana, lo sa leggere e rappresentare in una luce di speranza.
Il tema della paternità si presta a molteplici riflessioni e a mille possibilità di connessioni letterarie e non. Al proprio padre ognuno deve la vita e attraverso di essa anche la prima introduzione al suo significato. È proprio ciò che questa lirica richiama e forse la sua efficacia si deve anche all’implicita evocazione della Paternità che sta all’origine di tutto.
Un secolo contro Dio - Autore: Colosso, Gian Carlo Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 17 maggio 2009
Ancora una volta nel corso di questo pontificato l’involucro del nuovo per antonomasia, la televisione, è stato chiamato a dare eco subitanea, smisurata e universale, alle profondità di quanto è di più antico. In onda da Fatima, sui teleschermi del mondo, infatti, ha nel 2000 preso forma e vita, c’è stata restituita nelle parole del cardinale Sodano e in un gesto muto del Papa, la dimensione per noi quasi perduta della profezia, cioè di uno dei nuclei più misteriosi e arcaici di ogni prospettiva religiosa. La profezia svolge per l’uomo di fede il compito che l’utopia si è riservata nell’ambito del mondo laico, ma con ben altra forza emotiva. E’ l’evocazione di una verità “altra”, un disvelamento più o meno indiretto di ciò che è stato, sarà o potrebbe essere, è una spiegazione del mondo e un invito a cambiarlo, come è anche l’utopia. Ma con una differenza essenziale: mentre questa è opera di dotti, la profezia invece si affida per lo più alla voce flebile ma alta e straziante degli ultimi, degli innocenti, dei reietti. C’è qualcos’altro che vale a definire, pur in una forte assonanza, una sostanziale diversità tra le due, ed è che mentre l’utopia colta dei laici inevitabilmente è sempre l’annuncio del bene, vuole esserlo e in ciò pone il suo senso e il suo valore, la profezia invece comprende anche l’annuncio del Male. E’ la profezia del Regno ma insieme anche la profezia dell’Anticristo. E la rappresentazione - quanto più vera dunque e drammaticamente umana - dell’agone in cui è iscritta la nostra esistenza. Quello che c’è stato svelato come il terzo segreto di Fatima è riassumibile precisamente nella lotta tra la Profezia religiosa e l’Utopia dei colti che ha avuto come teatro la storia del Novecento. Come del resto già in parte si sapeva, tutte le rivelazioni dei tre pastorelli portoghesi, che nel 1917 dissero di avere incontrato “la Signora”, riguardano infatti le vicende di questo secolo, e la “lotta dei sistemi atei” contro il popolo cristiano e i suoi pastori. Chi vorrà negare, oggi, che quella lotta ci sia effettivamente stata? E che a condurla con crudeltà smisurata sia stata innanzi tutto l’utopia comunista? Non bastassero le migliaia e migliaia di morti disseminate da Varsavia ad Hanoi, ne è testimonianza del resto la stessa persona di Giovanni Paolo II, vittima, 28 anni fa, di un attentato quasi certamente organizzato da uno di quei regimi. Ma non è solo il comunismo, a me pare, che viene oggi chiamato a rispondere. In realtà, in ogni progetto di ateismo militante, in ogni utopia pan-umanistica, si è annidata una potenzialità persecutoria e alla fine inevitabilmente omicida. Fino a prova contraria, a concepire un Messico senza Dio, e a dare una caccia spietata ai sacerdoti cattolici e ai contadini cristeros, non sono stati certo i comunisti, bensì dei borghesi dall’immacolato pedigree liberal - massonico. Così come atei militanti, addirittura adoratori pagani della divinità del sangue, sono stati anche i nazisti. Non per un cieco riflesso di “politicamente corretto”, ma solo per debito di verità a noi piace pensare che “l’interminabile Via Crucis”, di cui aveva detto il cardinal Sodano, sia toccata nell’Europa del Novecento agli uomini e alle donne di molte fedi nel Dio unico, a cominciare dalla più antica di esse, quella nel Dio di Abramo. Nei Paesi dell’Europa cristiana, dopo duemila anni di cristianesimo, il secolo alle nostre spalle ha assistito al più spaventoso, ampio e multiforme attacco ai fondamenti morali del monoteismo che sono anche i nostri. È questo il vero e proprio buco nero entro il quale la nostra coscienza storica è obbligata dalla profezia di Fatima a fissare oggi lo sguardo.
1) EVENTO: ilsussidiario.net si collegherà stasera alle 21 in diretta web con il Palasharp di Milano per trasmettere l´incontro sulle elezioni europee "Difendere la libertà, sostenere la responsabilità". - Parteciperanno: Mario Mauro, Vicepresidente del Parlamento europeo; Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà; Antonio Intiglietta, Presidente Ge.Fi.; Mauro Biondi, presidente Emreald Cultural Institute di Dublino; Donato Di Gilio, presidente Core, Varsavia. Presiede l'incontro Bernard Scholz, presidente di Compagnia delle Opere - Segui l´evento collegandoti a www.ilsussidiario.net o cliccando QUI (il link sarà attivo dalle 21)
2) EUROPEE/ Mauro: ecco perché c’è sempre più bisogno di Europa - Mario Mauro - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
3) Elezioni europee - 6/7 giugno 2009 - Difendere la libertà, sostenere la responsabilità – Volantino CDO
4) EUROPEE/ Milbank: l’Europa cristiana conviene a tutti, anche ai musulmani - INT. John Milbank - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
5) Le riforme di Benedetto - Massimo Camisasca - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
6) SPAGNA/ Aborto e pillola del giorno dopo: così Zapatero si schiera contro la vita - Fernando De Haro - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
7) POESIA/ Alfonso Gatto, quello struggente bisogno del padre - Laura Cioni - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
8) Un secolo contro Dio - Autore: Colosso, Gian Carlo Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 17 maggio 2009
EUROPEE/ Mauro: ecco perché c’è sempre più bisogno di Europa - Mario Mauro - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
Da giorni Ilsussidiario.net segue il tema delle elezioni europee con una serie di interventi e interviste raccolti in nello speciale "Verso le europee". Questa sera, inoltre, Ilsussidiario.net trasmetterà in diretta video l'incontro pubblico promosso dalla Compagnia delle Opere, che si svolgerà alle 21 al Palasharp di Milano. Interverranno: Mario Mauro, Vicepresidente del Parlamento europeo; Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà; Antonio Intiglietta, Presidente Ge.Fi.; Mauro Biondi, presidente Emreald Cultural Institute di Dublino; Donato Di Gilio, presidente Core, Varsavia. Presiede l'incontro Bernard Scholz, presidente di Compagnia delle Opere.
Mancano pochi giorni e saremo protagonisti di un importante appuntamento. Un momento in cui tutti i cittadini dei 27 Stati Membri potranno riaffermare ciò che sta loro a cuore. È ormai aperta la campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo 6-7 giugno: 16 milioni di giovani europei voteranno per la prima volta i loro rappresentanti a Bruxelles. Saranno due giornate di grande partecipazione che coinvolgeranno l’Italia e altri 26 stati membri, quantificabili in circa 500 milioni di adulti abitanti il vecchio continente.
Questi numeri ci richiamano al significato dello stare in Europa: batterci per trovare una soluzione al deficit di democrazia. I nostri cittadini, dunque, hanno nelle mani una grande opportunità e in questo tempo di preparazione alla prossima legislatura sarà l’occasione per ribadire ancora una volta che la nostra azione politica potrà fare molto per esportare il modello di pace e sviluppo che in questi anni abbiamo sempre perseguito: la dignità della persona, la libertà, la responsabilità, la giustizia, la difesa della vita, la solidarietà e la sussidiarietà.
Questi sono gli ideali comuni alle grandi democrazie occidentali, fondate sul pluralismo democratico, sullo Stato di diritto, sulla tolleranza, sulla proprietà privata, sull’economia sociale di mercato. Si è chiusa la sesta legislatura del Parlamento europeo. Un quinquennio che ha visto il buon esito dei negoziati per il finanziamento delle Reti Transeuropee di Trasporto, una delle più importanti iniziative di sviluppo portate avanti dall’Unione europea nell’ultimo quinquennio. In Italia il progetto aveva trovato in precedenza la resistenza della sinistra che con un emendamento alla Finanziaria rischiava di compromettere questo impegno.
Nel periodo più duro per i mercati e le economie mondiali, per risolvere l’attuale situazione di crisi finanziaria, si è cercato di promuovere l’introduzione degli eurobond, la stabilizzazione finanziaria e la riduzione del rischio. Le altre battaglie si sono giocate sul versante della cooperazione internazionale, della politica estera e dell’estensione dei valori democratici in tutto il mondo. Nelle commissioni parlamentari, al fine di difendere i diritti umani, il Parlamento si è opposto ai quei provvedimenti che in tutti i continenti continuano a negare la dignità della persona: la pena di morte in Nigeria, le uccisioni di civili in Somalia, la mancata tutela dei minori in Bielorussia.
A questo si aggiunge la Risoluzione in cui si condannano tutti gli atti di violenza contro le comunità cristiane nel mondo e chiede ai governi dei paesi interessati di prevedere garanzie adeguate e effettive nel campo della libertà di religione e di migliorare la sicurezza delle comunità cristiane. Ecco perché quando si menzionano le istituzioni europee solo per le direttive sulla curvatura delle banane (non comprendendo peraltro quanto sia importante stabilire degli standard di mercato) sale dentro di me un senso di ingiustizia.
Di una cosa, infatti, sono certo: l’Europa conta. Forse in pochi sanno che oltre il 70% delle leggi che vengono fatte in Italia sono la ratifica di direttive che provengono da Bruxelles. Tuttavia, se a fronte di 100 notizie di carattere politico, solo 2 spiegano cosa accade in Europa, appare chiaro come il cittadino si trovi di fronte a un vero e proprio deficit democratico. C’è bisogno sempre di più di Europa.
C’è bisogno di Europa quando ci troviamo di fronte ad una crisi economica, di fronte all’immigrazione, di fronte al problema sicurezza, di fronte alle nuove sfide del progresso. Non dimentichiamo poi che il nostro paese, che è tra quelli che più anno creduto in quel progetto che chiamiamo Europa Unita, ha sempre confidato in questo modello. Ecco perché è importante fare delle giornate elettorali del 6 e 7 giugno non un semplice ritorno al voto, ma attraverso un’ampia presenza, dimostrare che vogliamo scegliere un’Europa che sia davvero nostra e delle generazioni che verranno. Il luogo in cui ognuno di noi, attraverso l’espressione del voto di preferenza, potrà esprimere il proprio modo di esserci.
Elezioni europee - 6/7 giugno 2009 - Difendere la libertà, sostenere la responsabilità – Volantino CDO
In Europa non è in gioco solo la definizione di qualche regola di mercato per superare la crisi economica, ma la possibilità stessa di un’esperienza umana fatta di libertà e di creatività personale e comune. L’80% delle leggi italiane è l’attuazione di norme decise dall’Unione Europea, che sono sempre più caratterizzate dal rischio di regolamentare la vita dei cittadini limitando l’espressività della persona e dei corpi sociali.
L’Europa potrà affermarsi solo riconoscendo la persona nella sua unicità irripetibile e nella sua libertà, capace di generare creatività e carità, fiducia e lavoro.
Seguendo il principio di sussidiarietà l’Unione Europea deve sostenere le condizioni necessarie perché la gente possa esprimere il suo desiderio di verità, di giustizia e di bellezza, valorizzando le proprie tradizioni storiche, religiose e culturali. Più i cittadini contribuiscono a rendere la realtà sociale una dimora umana, più l’Europa diventerà uno spazio di libertà creativa, capace di instaurare un dialogo fecondo di pace e di sviluppo con tutti gli altri popoli.
La tendenza ad una progressiva limitazione della libertà colpisce anche una delle realtà che con la sua presenza è fattore di speranza per tanti: la Chiesa. Perciò, difendere in Europa la libertas Ecclesiae è difendere la libertà e il futuro per tutti.
L’educazione è una priorità fondamentale e chiede quindi maggiore impegno a incrementare gli investimenti per la crescita dei giovani, nella certezza che da essi dipende il futuro della società.
La tutela della vita dall’inizio alla sua fine naturale e la difesa della famiglia tradizionale sono principi non negoziabili.
Poche ma efficaci regole per garantire un mercato che non diventi preda di speculazioni finanziarie, una collaborazione internazionale che non cada nella trappola del protezionismo, un sistema bancario che abbia come compito il sostegno alle famiglie e alle imprese: le istituzioni politiche europee sono chiamate a favorire questi obiettivi per una ripresa dell’economia secondo il principio di sussidiarietà.
Di fronte alle sfide drammatiche della vita, migliaia di persone testimoniano ogni giorno attraverso il loro impegno, le loro sofferenze e il loro lavoro, una speranza che consente di affrontare grandi difficoltà senza mortificare il desiderio di felicità. Il relativismo (per cui tutto è uguale) e il nichilismo (per cui nulla vale) vanificano, invece, la responsabilità di fronte al destino dell’uomo, rendendo grigia la nostra società.
Per questo sosteniamo chi in Europa mette la politica al servizio di persone libere, responsabili e solidali, in particolare chi in questi anni ha testimoniato una diversità in atto dentro il Parlamento Europeo, avendo come punto di forza non la difesa teorica di “valori”, ma l’attenzione alle persone nella concretezza della loro umanità e delle loro opere.
Compagnia delle Opere
EUROPEE/ Milbank: l’Europa cristiana conviene a tutti, anche ai musulmani - INT. John Milbank - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
John Milbank è professore di Religione, Politica e Etica nell'Università di Nottingham. È interessante capire cosa pensa un inglese dell’Europa, dato che l’Inghilterra viene considerato il paese più euroscettico dell’Unione. Le “sorprese” non mancano: per Milbank l’Europa rappresenta innanzitutto la «possibilità di andare oltre i confini e gli interessi nazionali». Un processo che è all’inizio e che il professore ci spiega come dovrebbe svilupparsi.
Professor Milbank, qual è per lei il significato dell’Europa oggi?
É la possibilità di andare oltre i confini e gli interessi nazionali, un processo che è all’inizio, ma che non può essere realizzato solo attraverso manovre economiche come è stato fatto fino ad oggi. Penso che l’Europa debba proteggere le regioni, munirsi di una politica estera omogenea, rivalutare la cultura greco-ebraico-cristiana, fondamentale per il suo sviluppo e che dovrebbe essere un obiettivo prevalente.
L’Europa non è dotata di una politica comune sull’immigrazione. Quali sono gli elementi e i principi per cooperare insieme all’integrazione di persone provenienti da altre nazioni e culture?
Dobbiamo sicuramente regolarizzare quelli che sono già in Europa, riconoscendoli come cittadini con diritti e doveri pari a quelli degli altri europei. Tuttavia, è necessario che l’immigrazione sia controllata attentamente. Per esempio, la minoranza musulmana deve essere richiamata al rispetto delle tradizioni cristiane. Non si può vivere in competizione, né pretendere di diventare maggioranza contro la maggioranza dei nativi europei. In questo senso, l’immigrazione incontrollata è semplicemente inaccettabile.
Cosa pensa dell’ingresso della Turchia nella Comunità Europea? Siamo abbastanza forti per convivere con loro?
Continuo a cambiare idea su questa spinosa materia. Sarebbe del tutto sbagliato fare finta che l’ingresso della Turchia nell’Ue non comporti pericoli. Si ripropone qui il problema della convivenza tra cristiani e musulmani. D’altro canto, occorrerà comunque trovare prima o poi qualche forma efficace di cooperazione.
Quindi essere cittadini europei vuol dire essere cristiani?
No, niente affatto. Ci sono ebrei e appartenenti ad altre religioni in Europa, ma vivere in Europa vuol dire accettarne le istituzioni. E ci sono molti musulmani, non tutti, in Gran Bretagna che preferiscono vivere rispettando le istituzioni e la cultura cristiana, piuttosto che vivere in una società secolarizzata. Si possono costruire molti ponti per un dialogo tra le religioni, ma l’idea che tutte le religioni siano uguali è altrettanto stupida che quella di credere che le diverse religioni non abbiano niente in comune.
Qual è il fondamento della cittadinanza europea se non è nella religione?
Se si accettano e rispettano i principi e i valori della Costituzione dello Stato europeo, allora si può dire di essere cittadini europei.
É una definizione da intellettuale “liberal”, non pensa?
No, quando parlo di Costituzione penso a principi costituzionali nel senso della giustizia distributiva e soprattutto intendo la fine di una libertà di coscienza mal intesa, che è uno dei capisaldi liberal.
Qual è la posizione del Partito Conservatore inglese sulle questioni di bioetica?
Il Partito Conservatore come quello Laburista sono entrambi divisi su queste questioni. Chi dissente su queste questioni nel Partito Laburista è spesso più marginalizzato di quanto un difensore della vita fin dal concepimento possa essere tra i Conservatori. Ma non sarei troppo ottimista sulla possibilità che il Partito Conservatore attuerà un reale cambiamento su queste politiche che separano completamente la sessualità dalla procreazione. Il cambiamento di posizione su questi temi potrà avvenire solo se riusciremo a far comprendere alla gente che la totale tecnologizzazione della vita e della morte è parte di un progetto di manipolazione controllata dallo Stato. Anche la Chiesa cattolica ha la responsabilità di aiutare i cittadini, che sono le vittime di questa politica di Stato, a comprendere il quadro generale in cui queste politiche si inseriscono.
Le riforme di Benedetto - Massimo Camisasca - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
Il viaggio-pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa si è sviluppato lungo tre momenti: la Giordania, Israele, e i territori palestinesi.
Innanzitutto la Giordania. Il papa ha sentito la necessità, dopo quattro anni dall’inizio del suo pontificato, di affermare la linea che lo muove nel confronto del dialogo inter-religioso. Nella prefazione al libro del senatore Pera, aveva scritto che il dialogo fra le religioni va vissuto anzitutto come dialogo della ragione, come alleanza per la difesa dell’umano. Da questo punto di vista, papa Benedetto continua un aspetto del dialogo inter-religioso di Giovanni Paolo II. Mette in secondo piano il pregare insieme, il dibattito teologico, senza ovviamente trascurarlo, e mette in primo piano l’alleanza per la civiltà, tema caro ad Obama e a Zapatero ma riletta dal papa in modo assolutamente originale. Non come messa tra parentesi dalla fede, ma come scoperta della fecondità che il rapporto fede-ragione dà nella lotta contro il nichilismo e l’espressione tragica delle guerre di religione.
Ecco allora la necessità di sostenere l’Islam moderato. Il papa non entra nel dibattito se esista o meno una radice di tale posizione moderata nel Corano. Probabilmente no. A lui interessa rilevare, come faceva Giovanni Paolo II, che l’Islam moderato esiste nello scenario religioso e culturale di oggi. Con lui bisogna lavorare, perché oltre alla pace si possono trovare utili alleanze sul tema della vita e del futuro dell’umanità. Senza dirlo, senza metterlo esplicitamente a tema, Benedetto XVI lavora per una evoluzione interna dell’Islam, per un suo illuminismo che lo possa salvare da una chiusura nella violenza e nell’anti-storia.
I rapporti tra Santa Sede ed ebrei sono forse destinati a restare problematici fino alla fine dei tempi. Non manca, tra i secondi, chi nota quali grandi passi siano stati compiuti nella seconda metà del secolo passato, con l’accoglienza nelle comunità religiose di tanti ebrei perseguitati, con la pubblicazione di Nostra Aetate durante il Vaticano II, con le iniziative di Giovanni Paolo II. Per altri, tutto ciò sembra non bastare. E occorre sempre tutto precisare e riaffermare. D’altra parte la storia passata è così drammatica! Le immense ferite così difficili da rimarginare!
Benedetto XVI ha dedicato molta parte della sua vita di studioso e insegnante di teologia a riaffermare la “necessità” degli ebrei all’identità cristiana. Ma chi ha letto i suoi libri? Chi conosce i suoi discorsi? Tutto infine sembra consegnato ai titoli dei giornali.
Eppure la tela della compassione e, perché no?, dell’amore reciproco va tessuta ogni giorno. Instancabilmente. Il “mistero” di Israele, di un popolo a cui Dio si è così strettamente legato – anche quando esso era tentato di scrollarsi di dosso quel giogo e solo un piccolo resto restava fedele – il mistero di Israele rimane uno dei più grandi eventi della storia, che tutti ci interroga e scuote.
Come è stato notato da molti, parecchi commentatori ebrei aspettavano il papa al varco. Ogni papa ha la sua penitenza da fare. Benedetto XVI dev’essere per forza legato a delle gaffe, anche se questa volta i testi erano controllati al millesimo. Ma chi sa leggere veramente, in profondità, sa anche capire quanto può essere doloroso per un papa tedesco mettere in luce gli errori causati da alcuni suoi connazionali.
Per quanto riguarda i territori palestinesi, la posizione della Santa Sede è ben nota. Assieme al diritto alla sicurezza per Israele, il diritto alla patria per i palestinesi. Benedetto XVI ha coniugato più volte queste esigenze, che non sono per lui solo di ordine politico, ma che attengono ai diritti più profondi degli uomini e dei popoli.
Infine, il suo viaggio è stato un invito pressante ai cristiani perché restino in Terra Santa, un incoraggiamento affinché quel due per cento di discepoli di Cristo non diminuisca. È un’esperienza assolutamente particolare vivere in Terra Santa. Tutte le chiese sarebbero terribilmente impoverite se i discepoli di Gesù non fossero più lì a ricordarci che Egli è vissuto davvero sulla terra, che ha camminato su quelle pietre, che ha visto il verde della Galilea e i deserti della Giudea.
SPAGNA/ Aborto e pillola del giorno dopo: così Zapatero si schiera contro la vita - Fernando De Haro - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
Il discorso sullo Stato della Nazione era puro fumo. Zapatero lo ha usato per recuperare iniziativa. Ha venduto le sue nuove misure come un cambiamento del modello economico, dove il reale cambiamento stava in quel che è stato annunciato prima e in quello che è stato approvato dopo.
Molto più rilevanti delle misure annunciate sono il progetto che modificherà la regolamentazione dell’aborto e l’annuncio della vendita della pillola del giorno dopo senza bisogno di ricetta. L’accesso alla pillola del giorno dopo senza nessun tipo di prescrizione e l’interruzione della gravidanza “libera” fino a 14 settimane e a partire dai 16 anni, senza il consenso dei genitori, rendono il ricorso all’aborto pari a un metodo anticoncezionale.
Si tratta di un cambiamento importante per gli adolescenti e nei rapporti tra loro: relazioni sessuali che finiscono nella seconda o prima adolescenza in una coppia instabile, non premeditata e rapidamente dimenticata. Con in mano la pillola del giorno dopo e con il ricorso a un aborto che può essere nascosto alla famiglia, se le cose si complicano, è più difficile applicare la famosa strategia ABC (Astinenza, Fedeltà e Condom) formulata per combattere l’Aids e che può essere anch’essa un modo per evitare gravidanze indesiderate.
Il futuro della Spagna passa per un’educazione intesa in un ampio significato, che non viene favorita trasformando l’aborto in un metodo anticoncezionale.
POESIA/ Alfonso Gatto, quello struggente bisogno del padre - Laura Cioni - lunedì 18 maggio 2009 – ilsussidiario.net
Il poeta Alfonso Gatto, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, esponente tra i maggiori dell’Ermetismo, in virtù della ricerca della parola assoluta propria di questo movimento, indica al lettore una relazione con le cose ricca di allusioni, ma non per questo dai contorni imprecisi. Forse il fatto che il poeta sia stato anche apprezzato pittore connota la sua produzione letteraria di elementi visivi e luministici, che la rendono chiara. Tutto ciò è ben presente in questa breve lirica, tra le sue più famose, dedicata alla memoria del padre.
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo,
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
“Com’è bella la notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro il sonno”. Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgere a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.
L’endecasillabo, il verso principe della nostra poesia, è usato in tono quasi dimesso, a rendere bene l’atmosfera raccolta e familiare di questo colloquio con il padre. Si tratta di un parziale recupero della tradizione, dopo le innovazioni del primo Novecento. E infatti anche qui l’endecasillabo, benché in tono minore, come sempre è veicolo di un contenuto alto.
Nella prima strofa della lirica è presente un altro elemento della personalità di Gatto, e cioè il suo impegno civile. Il poeta desidera la compagnia di suo padre e quasi ridiventa bambino nel pianto con cui vorrebbe dirgli la tristezza di un mondo doloroso, ma anche negli occhi neri spalancati al sorriso, per confidargli che non ha rinunciato al sogno della libertà. Tutte le immagini hanno la lievità dell’aria: l’ombra azzurra che fa presagire la primavera, le rondini che volano in un paesaggio marino. Ma hanno anche la densità del colore su una tela: il blu, il nero, il bianco del sorriso.
Il nucleo centrale della poesia mi pare essere l’attacco della seconda strofa.
A chi non basterebbe che il proprio padre fosse vivo, che s’avverasse il sogno di godere ancora del suo cuore di uomo, forse non abbastanza compreso prima, certo rimpianto negli anni più esperti? Un cuore che sapeva far vedere ai figli la bellezza della notte scura che dona il riposo e far amare la bontà dell’aria che permette il respiro anche nell’incoscienza del sonno. Dove trovarlo ora, sembra chiedersi il poeta, uno sguardo che scorgeva il mondo protendersi al chiarore della luna e gli uomini immersi nel buio, ma incamminati verso la luce dell’alba? Una immagine questa che, pur non dimenticando il dolore connesso con la condizione umana, lo sa leggere e rappresentare in una luce di speranza.
Il tema della paternità si presta a molteplici riflessioni e a mille possibilità di connessioni letterarie e non. Al proprio padre ognuno deve la vita e attraverso di essa anche la prima introduzione al suo significato. È proprio ciò che questa lirica richiama e forse la sua efficacia si deve anche all’implicita evocazione della Paternità che sta all’origine di tutto.
Un secolo contro Dio - Autore: Colosso, Gian Carlo Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 17 maggio 2009
Ancora una volta nel corso di questo pontificato l’involucro del nuovo per antonomasia, la televisione, è stato chiamato a dare eco subitanea, smisurata e universale, alle profondità di quanto è di più antico. In onda da Fatima, sui teleschermi del mondo, infatti, ha nel 2000 preso forma e vita, c’è stata restituita nelle parole del cardinale Sodano e in un gesto muto del Papa, la dimensione per noi quasi perduta della profezia, cioè di uno dei nuclei più misteriosi e arcaici di ogni prospettiva religiosa. La profezia svolge per l’uomo di fede il compito che l’utopia si è riservata nell’ambito del mondo laico, ma con ben altra forza emotiva. E’ l’evocazione di una verità “altra”, un disvelamento più o meno indiretto di ciò che è stato, sarà o potrebbe essere, è una spiegazione del mondo e un invito a cambiarlo, come è anche l’utopia. Ma con una differenza essenziale: mentre questa è opera di dotti, la profezia invece si affida per lo più alla voce flebile ma alta e straziante degli ultimi, degli innocenti, dei reietti. C’è qualcos’altro che vale a definire, pur in una forte assonanza, una sostanziale diversità tra le due, ed è che mentre l’utopia colta dei laici inevitabilmente è sempre l’annuncio del bene, vuole esserlo e in ciò pone il suo senso e il suo valore, la profezia invece comprende anche l’annuncio del Male. E’ la profezia del Regno ma insieme anche la profezia dell’Anticristo. E la rappresentazione - quanto più vera dunque e drammaticamente umana - dell’agone in cui è iscritta la nostra esistenza. Quello che c’è stato svelato come il terzo segreto di Fatima è riassumibile precisamente nella lotta tra la Profezia religiosa e l’Utopia dei colti che ha avuto come teatro la storia del Novecento. Come del resto già in parte si sapeva, tutte le rivelazioni dei tre pastorelli portoghesi, che nel 1917 dissero di avere incontrato “la Signora”, riguardano infatti le vicende di questo secolo, e la “lotta dei sistemi atei” contro il popolo cristiano e i suoi pastori. Chi vorrà negare, oggi, che quella lotta ci sia effettivamente stata? E che a condurla con crudeltà smisurata sia stata innanzi tutto l’utopia comunista? Non bastassero le migliaia e migliaia di morti disseminate da Varsavia ad Hanoi, ne è testimonianza del resto la stessa persona di Giovanni Paolo II, vittima, 28 anni fa, di un attentato quasi certamente organizzato da uno di quei regimi. Ma non è solo il comunismo, a me pare, che viene oggi chiamato a rispondere. In realtà, in ogni progetto di ateismo militante, in ogni utopia pan-umanistica, si è annidata una potenzialità persecutoria e alla fine inevitabilmente omicida. Fino a prova contraria, a concepire un Messico senza Dio, e a dare una caccia spietata ai sacerdoti cattolici e ai contadini cristeros, non sono stati certo i comunisti, bensì dei borghesi dall’immacolato pedigree liberal - massonico. Così come atei militanti, addirittura adoratori pagani della divinità del sangue, sono stati anche i nazisti. Non per un cieco riflesso di “politicamente corretto”, ma solo per debito di verità a noi piace pensare che “l’interminabile Via Crucis”, di cui aveva detto il cardinal Sodano, sia toccata nell’Europa del Novecento agli uomini e alle donne di molte fedi nel Dio unico, a cominciare dalla più antica di esse, quella nel Dio di Abramo. Nei Paesi dell’Europa cristiana, dopo duemila anni di cristianesimo, il secolo alle nostre spalle ha assistito al più spaventoso, ampio e multiforme attacco ai fondamenti morali del monoteismo che sono anche i nostri. È questo il vero e proprio buco nero entro il quale la nostra coscienza storica è obbligata dalla profezia di Fatima a fissare oggi lo sguardo.