Nella rassegna stampa di oggi:
1) Quinto giorno del papa negli USA. L'omelia nel cuore di Manhattan e l'incontro con i giovani
2) La legge naturale è la vera Carta del mondo
3) Un regime infausto
Quinto giorno del papa negli USA. L'omelia nel cuore di Manhattan e l'incontro con i giovani
Una "nuova Pentecoste della Chiesa in America": è questo il sogno di Benedetto XVI. Per spiegarlo si ispira al "puro stile gotico" della chiesa in cui dice messa. E ai giovani dà questa consegna: seguire l'esempio dei santi
di Sandro Magister
ROMA, 21 aprile 2008 – Il quinto giorno di Benedetto XVI negli Stati Uniti ha avuto due momenti forti: la celebrazione della messa nella cattedrale di Saint Patrick, a New York, e l'incontro con migliaia di ragazzi e ragazze aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa, nel vicino seminario di Saint Joseph.
Delle tre messe pubbliche di Benedetto XVI nel suo viaggio americano, questa è stata l'unica celebrata all'interno di una chiesa. Il fatto è insolito nei viaggi papali, che a motivo dell'accorrere di grandi folle optano quasi sempre per celebrazioni in luoghi aperti. Ma l'eccezione è stata personalmente voluta da papa Joseph Ratzinger. E le ragioni di questa scelta le ha fatte intuire nell'omelia.
Il papa, rivolgendosi ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che gremivano la chiesa – e che ha voluto presenti alla celebrazione come protagonisti di una invocata "nuova Pentecoste della Chiesa in America" – ha costruito buona parte dell'omelia proprio in riferimento al "puro stile gotico" della storica cattedrale di New York: alle sue vetrate, alla sua architettura, al suo slancio verticale. Da questi elementi architettonici egli ha ricavato l'ispirazione per il rinnovato impegno di conversione e di evangelizzazione che egli ha affidato ai presenti.
In un passaggio dell'omelia, Benedetto XVI ha parlato per la quarta volta della tragedia degli abusi sessuali su minori commessi da uomini di Chiesa, invitando tutti a pregare con lui "affinché questo sia un tempo di purificazione [...] e di guarigione".
E a questo proposito sono trapelati dei particolari sull'incontro avvenuto il 17 aprile, nella cappella della nunziatura di Washington, tra il papa e cinque vittime degli abusi, uomini e donne. Volutamente l'incontro non era stato annunciato e si è svolto al riparo dalle telecamere. Ma alcuni dei presenti hanno poi riferito di essere stati colpiti molto positivamente dal gesto del papa. Uno di essi, Olan Horne, ha detto d'essersi recato all'incontro carico di rancore ma di esserne uscito rasserenato. "La mia speranza oggi è stata rigenerata", ha detto alla Radio Vaticana.
Nel pomeriggio di sabato 19 aprile Benedetto XVI si è poi recato al seminario di Saint Joseph a Yonkers, poco fuori New York, per parlare a migliaia di giovani aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa. Anche questo incontro è stato personalmente imposto dal papa come parte del programma del viaggio.
Ai suoi giovani ascoltatori Benedetto XVI ha dettato un programma di vita cristiana molto impegnativo, senza sconti. E ha dato loro appuntamento a Sydney, in luglio, alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù.
Gli hanno risposto entusiasti. Così come molto calorosa col papa era stata la gente di New York, la mattina, mentre egli percorreva la Quinta Strada, verso la cattedrale di Saint Patrick.
Anche la copertura che i media stanno dando del viaggio papale risulta più favorevole del previsto.
Ecco dunque qui di seguito i passaggi salienti dell'omelia nella cattedrale di Saint Patrick e del discorso ai giovani.
__________
"Una nuova Pentecoste della Chiesa in America"
di Benedetto XVI
New York, omelia della messa nella cattedrale di Saint Patrick, sabato 19 aprile 2008
Cari fratelli e sorelle in Cristo, [...] vorrei richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti di questa bellissima chiesa, che mi sembra possa servire come punto di partenza per una riflessione sulle nostre vocazioni particolari all’interno dell’unità del Corpo mistico.
Il primo aspetto riguarda le finestre con vetrate istoriate che inondano l’ambiente interno di una luce mistica. Viste da fuori, tali finestre appaiono scure, pesanti, addirittura tetre. Ma quando si entra nella chiesa, esse all’improvviso prendono vita; riflettendo la luce che le attraversa rivelano tutto il loro splendore. Molti scrittori – qui in America possiamo pensare a Nathaniel Hawthorne – hanno usato l’immagine dei vetri istoriati per illustrare il mistero della Chiesa stessa. È solo dal di dentro, dall’esperienza di fede e di vita ecclesiale che vediamo la Chiesa così come è veramente: inondata di grazia, splendente di bellezza, adorna dei molteplici doni dello Spirito. Ne consegue che noi, che viviamo la vita di grazia nella comunione della Chiesa, siamo chiamati ad attrarre dentro questo mistero di luce tutta la gente.
Non è un compito facile in un mondo che può essere incline a guardare la Chiesa, come queste finestre istoriate, “dal di fuori”: un mondo che sente profondamente un bisogno di spiritualità, ma trova difficile “entrare nel” mistero della Chiesa. Anche per qualcuno di noi all’interno, la luce della fede può essere attenuata dalla routine e lo splendore della Chiesa essere offuscato dai peccati e dalle debolezze dei suoi membri. [...]
La parola di Dio, tuttavia, ci ricorda che nella fede noi vediamo i cieli aperti e la grazia dello Spirito Santo illuminare la Chiesa e portare una speranza sicura al nostro mondo. “Signore, mio Dio”, canta il salmista, “se mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra” (Sal 104,30). Queste parole evocano la prima creazione, quando “lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,2). Ed esse spingono il nostro sguardo avanti verso la nuova creazione, a Pentecoste, quando lo Spirito Santo discese sugli Apostoli ed instaurò la Chiesa come primizia dell’umanità redenta (cfr Gv 20,22-23). Queste parole ci esortano ad una fede sempre più profonda nella potenza infinita di Dio di trasformare ogni situazione umana, di creare vita dalla morte e di rischiarare anche la notte più buia. E ci fanno pensare ad un’altra bellissima frase di sant’Ireneo: “Dov’è la Chiesa, lì è lo Spirito di Dio; dov’è lo Spirito di Dio, lì è la Chiesa e ogni grazia” (Adv. Haer. III, 24,1).
Ciò mi conduce ad un'altra riflessione sull’architettura di questa chiesa. Come tutte le cattedrali gotiche, essa è una struttura molto complessa, le cui proporzioni precise ed armoniose simboleggiano l’unità della creazione di Dio. Gli artisti medievali spesso rappresentavano Cristo, la Parola creatrice di Dio, come un “geometra” celeste, col compasso in mano, che ordina il cosmo con infinita sapienza e determinazione. Una simile immagine non ci fa forse venire in mente il nostro bisogno di vedere tutte le cose con gli occhi della fede, per poterle in questo modo comprendere nella loro prospettiva più vera, nell’unità del piano eterno di Dio? Ciò richiede, come sappiamo, una continua conversione e l’impegno di “rinnovarci nello spirito della nostra mente” (cfr Ef 4,23), per acquistare una mentalità nuova e spirituale. Esige anche lo sviluppo di quelle virtù che mettono ciascuno di noi in grado di crescere in santità e di portare frutti spirituali nel proprio stato di vita. Non è forse questa costante conversione “intellettuale” altrettanto necessaria quanto la conversione “morale” per la nostra crescita nella fede, per il nostro discernimento dei segni dei tempi e per il nostro contributo personale alla vita e la missione della Chiesa? [...]
Qui, nel contesto del nostro bisogno di una prospettiva fondata sulla fede e di unità e collaborazione nel lavoro dell’edificazione della Chiesa, vorrei dire una parola circa l’abuso sessuale che ha causato tanta sofferenza. Ho già avuto modo di parlare di questo e del conseguente danno per la comunità dei fedeli. Qui desidero semplicemente assicurare a voi, cari sacerdoti e religiosi, la mia vicinanza spirituale, mentre cercate di rispondere con speranza cristiana alle continue sfide presentate da questa situazione. Mi unisco a voi pregando affinché questo sia un tempo di purificazione per ciascuno e per ogni singola Chiesa e comunità religiosa, sia un tempo di guarigione. Inoltre vi incoraggio a cooperare con i vostri vescovi, che continuano a lavorare efficacemente per risolvere questo problema. Che il Signore Gesù Cristo conceda alla Chiesa in America un rinnovato senso di unità e di decisione, mentre tutti – vescovi, clero, religiosi, religiose e laici – camminano nella speranza e nell’amore vicendevole e per la verità.
Cari amici, queste considerazioni mi conducono ad un’ultima osservazione riguardo a questa grande cattedrale in cui ci troviamo. L’unità di una cattedrale gotica, lo sappiamo, non è l’unità statica di un tempio classico, ma un’unità nata dalla tensione dinamica di forze diverse che spingono l’architettura in alto, orientandola verso il cielo. Anche qui possiamo vedere un simbolo dell’unità della Chiesa che è unità – come san Paolo ci ha detto – di un corpo vivo composto da molte membra diverse, ognuno con il proprio ruolo e la propria determinazione. Anche qui vediamo la necessità di riconoscere e rispettare i doni di ogni singolo membro del corpo come “manifestazioni dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12,7). Certo, nella struttura della Chiesa voluta da Dio occorre distinguere tra i doni gerarchici e quelli carismatici (cfr Lumen gentium, 4). Ma proprio la varietà e la ricchezza delle grazie concesse dallo Spirito ci invitano costantemente a discernere come questi doni debbano essere inseriti in modo giusto nel servizio della missione della Chiesa. [...]
Cari fratelli e sorelle, [...] le punte delle torri della cattedrale di San Patrizio vengono di gran lunga superate dai grattacieli del profilo di Manhattan; tuttavia, nel cuore di questa metropoli indaffarata esse sono un segno vivo che ricorda la costante nostalgia dello spirito umano di elevarsi verso Dio. In questa celebrazione eucaristica vogliamo ringraziare il Signore perché ci permette di riconoscerlo nella comunione della Chiesa e di collaborare con Lui, edificando il suo Corpo mistico e portando la sua parola salvifica come buona novella agli uomini e alle donne del nostro tempo. E quando poi usciremo da questa grande chiesa, andiamo come araldi della speranza in mezzo a questa città e in tutti quei luoghi dove la grazia di Dio ci ha posto. In questo modo la Chiesa in America conoscerà una nuova primavera nello Spirito ed indicherà la via verso quell’altra città più grande, la nuova Gerusalemme, la cui luce è l’Agnello (cfr Ap 21,23). Poiché Dio sta preparando anche ora un banchetto di gioia e vita infinite per tutti i popoli. Amen.
__________
"Mostrate al mondo la ragione della speranza che è in voi"
di Benedetto XVI
New York, ai giovani nel Seminario di Saint Joseph, sabato 19 aprile 2008
Cari giovani amici, [...] i miei anni da teenager sono stati rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe – penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione – prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile per tutto ciò che era vero e buono. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore.
Ringraziamo Dio, perché oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. [...]
Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà mai; è stato sconfitto. È questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani; la Chiesa lo ricorda in modo molto drammatico durante il Triduo Pasquale e lo celebra con grande gioia nel Tempo Pasquale! Colui che ci indica la via oltre la morte è Colui che ci indica come superare distruzione e angoscia: è quindi Gesù il vero maestro di vita (cfr Spe salvi, 6). La sua morte e risurrezione significa che possiamo dire al Padre celeste: “Tu hai rinnovato il mondo” (Venerdì Santo, Preghiera dopo la comunione). E così, appena qualche settimana fa, durante la bellissima liturgia della Veglia Pasquale non era per disperazione o angoscia, ma con una fiducia piena di speranza, che abbiamo gridato a Dio in favore del nostro mondo: "Disperdi le tenebre del nostro cuore! Disperdi le tenebre del nostro spirito!" (cfr Preghiera durante l’accensione del cero pasquale).
Che cosa possono essere queste tenebre? Cosa succede quando le persone, soprattutto le più vulnerabili, incontrano il pugno chiuso della repressione o della manipolazione invece della mano tesa della speranza?
Il primo gruppo di esempi appartiene al cuore. Qui, i sogni e desideri che i giovani perseguono possono essere così facilmente frantumati e distrutti. Penso a quanti sono colpiti dall’abuso della droga e degli stupefacenti, dalla mancanza di una casa e dalla povertà, dal razzismo, dalla violenza e dalla degradazione – particolarmente ragazze e donne. Mentre le cause di tali situazioni problematiche sono complesse, tutte hanno in comune un atteggiamento mentale avvelenato che si manifesta nel trattare le persone come meri oggetti. Si afferma così un’insensibilità di cuore che prima ignora e poi deride la dignità data da Dio ad ogni persona umana. [...]
La seconda zona di tenebre – quelle che colpiscono lo spirito – rimane spesso non avvertita, e per questa ragione è particolarmente funesta. [...] La libertà è un valore delicato. Può essere fraintesa o usata male così da non condurre alla felicità che tutti da essa ci aspettiamo, ma verso uno scenario buio di manipolazione, nel quale la nostra comprensione di noi stessi e del mondo si fa confusa o viene addirittura distorta da quanti hanno un loro progetto nascosto.
Avete notato quanto spesso la rivendicazione della libertà viene fatta, senza mai fare riferimento alla verità della persona umana? C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità – o meglio, della sua assenza – si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. È ciò che chiamiamo relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente, al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. È la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: Gesù Cristo. È questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di “disimpegno da”. È una scelta di “impegno per”; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’ “essere per gli altri” di Cristo (cfr Spe salvi, 28).
Come possiamo allora da credenti aiutare gli altri a camminare sulla via della libertà che porta al pieno appagamento e alla felicità duratura? La risposta si trova nel nocciolo della [...] nostra fede. L’incarnazione, la nascita di Gesù ci dice che Dio, di fatto, cerca un posto fra noi. È pieno l’albergo, ma ciononostante Egli entra per la stalla, e ci sono delle persone che vedono la sua luce. Riconoscono per quello che è il mondo buio e chiuso di Erode e seguono invece il brillare della stella che li guida nel cielo notturno. E che cosa irradia? A questo punto potete ricordarvi della preghiera pronunciata nella santissima notte di Pasqua: “O Padre, che per mezzo del tuo Figlio, luce del mondo, ci hai comunicato la luce della tua gloria, accendi in noi la fiamma viva della tua speranza!” (cfr Benedizione del fuoco). E così, in una processione solenne con le nostre candele accese, ci siamo passati l’un l’altro la luce di Cristo. È la luce che “sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti, dissipa l’odio, ci porta la pace e umilia la superbia del mondo” (Exsultet). È questa la luce di Cristo all’opera. È questa la via dei santi. È la magnifica visione della speranza. La luce di Cristo vi invita ad essere stelle-guida per gli altri, camminando sulla via di Cristo che è via di perdono, di riconciliazione, di umiltà, di gioia e di pace. [...]
Cari amici, l’esempio dei santi ci invita, poi, a considerare quattro aspetti essenziali del tesoro della nostra fede: preghiera personale e silenzio, preghiera liturgica, carità praticata e vocazioni. [...]
Nella liturgia troviamo l’intera Chiesa in preghiera. La parola “liturgia” significa la partecipazione del Popolo di Dio all’“opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che è la Chiesa” (Sacrosanctum Concilium, 7). In che cosa consiste questa opera? Prima di tutto si riferisce alla passione di Cristo, alla sua morte e risurrezione e alla sua ascensione – ciò che chiamiamo “Mistero pasquale”. Ma si riferisce anche alla celebrazione stessa della liturgia. I due significati, infatti, sono inseparabilmente connessi, perché questa “opera di Gesù” è il vero contenuto della liturgia. Mediante la liturgia, l’“opera di Gesù” viene continuamente messa in contatto con la storia; con la nostra vita, per plasmarla. Qui captiamo un’ulteriore idea della grandezza della nostra fede cristiana. Ogni volta che vi radunate per la Santa Messa, quando andate a confessarvi, ogni volta che celebrate uno dei Sacramenti, Gesù è all’opera. Attraverso lo Spirito Santo vi attira verso di sé, dentro il suo amore sacrificale per il Padre, che diventa amore per tutti. Vediamo così che la liturgia della Chiesa è un ministero di speranza per l’umanità. La vostra partecipazione piena di fede è una speranza attiva che aiuta a tenere il mondo – santi come peccatori – aperto a Dio; è questa la vera speranza umana che noi offriamo a ciascuno (cfr Spe salvi, 34). [...]
Amici, vi domando di nuovo, cosa dire del momento presente? Che cosa state cercando? Che cosa Dio suggerisce a voi? La speranza che mai delude è Gesù Cristo. I santi ci mostrano l’amore disinteressato del suo cammino. Come discepoli di Cristo, i loro tragitti straordinari si svilupparono all’interno di quella comunità della speranza che è la Chiesa. È dall’interno della Chiesa che anche voi troverete il coraggio ed il sostegno per camminare sulla via del Signore. Nutriti dalla preghiera personale, preparati nel silenzio, plasmati dalla liturgia della Chiesa, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi. Irradiate la sua luce su questa grande città e oltre. Mostrate al mondo la ragione della speranza che è in voi. Parlate con gli altri della verità che vi rende liberi. Con questi sentimenti di grande speranza in voi, vi saluto con un “arrivederci” nell’attesa di incontrarvi di nuovo a Sydney, nel luglio, per la Giornata Mondiale della Gioventù! E, come pegno del mio affetto per voi e per le vostre famiglie, vi imparto con gioia la Benedizione Apostolica.
La legge naturale è la vera Carta del mondo
Si è conclusa la visita di Benedetto XVI negli Stati Uniti. Mary Ann Glendon, l’ambasciatore fresco di nomina degli Stati Uniti presso la Santa Sede - già professore ordinario di Diritto comparato alla facoltà di Legge di Harvard, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e capo della delegazione vaticana alla conferenza di Pechino sulla donna nel ’95 - compie un’analisi interessante dell’intervento del Papa nella sede delle Nazioni Uniti e dei vari eventi che hanno caratterizzato questo 8º Viaggio Apostolico di Benedetto XVI…
Il Papa ha parlato all’Onu. Ad ascoltarlo anche lei, Mary Ann Glendon, l’ambasciatore fresco di nomina degli Stati Uniti presso la Santa Sede e dal mandato più breve che si ricordi - sei mesi - fortemente voluta da George W. Bush. Nata a Dalton, in Massachusetts, tre figlie, già professore ordinario di Diritto comparato alla facoltà di Legge di Harvard, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e capo della delegazione vaticana alla conferenza di Pechino sulla donna nel ’95. Non una diplomatica pura, dunque, ma soprattutto una delle intellettuali cattoliche più solide e conosciute in ambito internazionale. Sua la definizione dell’interpretazione iper-individualistica dei diritti umani, un tema centrale nel discorso pronunciato ieri da Benedetto XVI in occasione del sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo. La Glendon immaginava che «l’universalità ma soprattutto l’indivisibilità dei diritti umani e l’interdipendenza di essi» in quanto basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo sarebbero stati passaggi fondamentali del messaggio del Pontefice. «Perché la sua visione è molto simile a quella affermata dalla Carta universale del 1948, dove il principio di interdipendenza sancisce che non si può aiutare qualcuno e lasciare indietro gli altri, ma si deve salvaguardare e tendere all’insieme».
Qual è la visione di Benedetto XVI?
Per il Papa il corpo integrato e unificato dei diritti umani è radicato nelle leggi naturali e inscritto nell’essere umano. Non si può considerare o favorire qualcuno a discapito degli altri. E ancora, nella Carta si chiede di proteggere la maternità e l’infanzia, la famiglia nella società, l’uguaglianza. Quest’ultimo un principio ovvio per il pontefice, anche quando si parla di uomini e donne. Dopo tutto, molto prima che esistessero le nazioni Unite ci fu San Paolo che disse: «Vi battezzo tutti in nome di Gesù Cristo, sia che siate uomini, donne, greci, ebrei, schiavi, liberi».
Il Papa è arrivato al Palazzo di Vetro dopo tre giorni trascorsi a Washington. A gennaio del 2009 si celebreranno i 25 anni di relazioni diplomatiche formali fra Vaticano e Usa e i media, sia italiani che internazionali, hanno evidenziato i buoni rapporti fra George W. Bush e Benedetto XVI. Esiste un’amicizia personale fra il pontefice e il presidente?
Non solo esiste, ma la loro relazione non è mai stata così forte. Bush è andato ad accoglierlo personalmente all’aeroporto proprio per rimarcare questo punto, non lo ha fatto con nessun altro capo di Stato. Io c’ero. E ho sentito le parole del presidente quando, rivolgendosi al suo seguito, ha detto: «Qualcuno mi chiede perché sono venuto in aeroporto, ma la riposta è semplice: è la personalità religiosa più importante del mondo».
La risposta non ha tuttavia messo a tacere le critiche mosse per una visita organizzata nel pieno di una campagna elettorale...
Il Papa è venuto a New York su invito delle Nazioni Unite, e a Washington per celebrare l’anniversario della fondazione della prima diocesi americana negli Stati Uniti. L’incontro con Bush è figlio dell’ottima conversazione che i due ebbero a Roma nel corso dell’ultima visita del presidente e poggia senza meno sull’amicizia che si è sviluppata fra i due uomini. Non ci sono retropensieri di carattere politico, ma solo dei solidi legami fra i due Stati.
Cosa costruiranno insieme?
Da questo vertice si esce con una lettera di intenti che riguarda soprattutto il Medio Oriente. Posso dire con certezza che i due lavoreranno assieme nel corso del prossimo anno per far fare un passo avanti al processo di pace. So che sembra impossibile viste le frizioni in atto, ma il presidente nutre molte speranze di poter arrivare a una soluzione prima della fine del suo mandato, nel gennaio 2009. E si impegnerà affinché la Santa Sede intervenga in merito, soprattutto sulle questioni che attengono a Gerusalemme.
Questa forte alleanza è relativa anche all’Iraq? Possiamo dire superate le divergenze che proprio cinque anni fa, al momento dell’invasione, si crearono fra Vaticano e Casa Bianca?
Nessuno dei due è andato a rivangare o a ridiscutere il passato e ciò che li aveva divisi. Oggi, entrambi, sono concentrati sul presente. Questo significa medesima tensione a rafforzare la morale globale contro il terrorismo, specialmente quello che usa e manipola la religione, facendosene scudo. Sull’Iraq sono entrambi preoccupati, soprattutto per garantire un futuro al Paese in cui i cittadini di ogni confessione possano convivere pacificamente.
Il cattolicesimo americano è senz’altro uno dei più vitali al mondo, purtuttavia negli ultimi 40anni questo fervore è decisamente scemato. Recentemente un rapporto del Pew Forum on Religion & Public Life ha sottolineato che almeno un terzo della popolazione cattolica si è allontanata dalla Chiesa, che le suore sono passate da 180mila a 63mila e che migliaia di preti hanno abbandonato il loro ministero. La visita di Benedetto XVI era tesa anche a dare una sferzata al mondo cattolico?
Ho letto il rapporto Pew e non sono sicura che le cifre fossero queste. Ma ho seguito questo Papa ed ero al National Stadium di Washington assieme ad altre 48mila persone. Mai visto tanto entusiasmo, mai vista una folla così rapita. Continuavano ad interromperlo con applausi e cori: «Ti amiamo Benedetto XVI, ti amiamo». Il Papa sta chiamando i cattolici americani a riscoprire le proprie radici, e li sta chiamando come il pastore chiama il suo gregge. Il suo messaggio è chiaro: «Quando avete la speranza, significa che vivete diversamente».
Dal rapporto emerge che sono due le critiche principali che i cattolici americani muovono al mondo cattolico Usa: un basso livello di leadership fra i loro vescovi e la scarsa preparazione di molti preti che si evidenzia in sermoni, come dire, di scarsa qualità.
In termini di qualità dell’istruzione e preparazione religiosa, forse occorre ricordare a questi educatori, ai parroci in generale, che hanno una missione molto importante da compiere. Una su tutte: spronare le persone a recuperare la tradizione e cominciare a vivere seguendola e attenendosi al messaggio di Gesù: pensate diversamente, siate voi stessi.
Lei crede che i recenti scandali sulla pedofilia abbiano provocato delle conseguenze fra i fedeli?
Credo innanzitutto che sia indispensabile usare una terminologia molto chiara. Non c’è stato alcuno scandalo di pedofilia negli Stati Uniti. La definizione di pedofilia è l’abuso sessuale di bambini. Quello che è successo negli Stati Uniti è stata una rivoluzione sessuale negli anni Settanta e Ottanta e l’intera società sia americana che non è stata coinvolta in questa rivoluzione sessuale, compresi i teenager e i preti. Ci sono stati incidenti, abusi sui minori, compiuti da persone che esercitavano una certa influenza sui bambini, ad esempio gli insegnanti e i religiosi. Tuttavia i preti cattolici sono stati molto meno coinvolti in questi episodi rispetto agli insegnanti delle scuole pubbliche o agli stessi genitori. L’unica ragione per cui è emerso uno scandalo ai danni della chiesa cattolica è che gli avvocati hanno fatto causa solo a questa; non alle scuole pubbliche, non a dei singoli individui. La Chiesa era facile da identificare. Ecco perché rifiuto e mi oppongo all’idea che questo scandalo riguardi la Chiesa.
Domani il Papa tornerà in Vaticano. Che impressione ne hanno avuto gli americani? Quali differenze hanno notato fra lui e Giovanni Paolo II?
Ne parlavo proprio oggi. Prima della sua visita molte persone ritenevano che non potesse prendere il posto che aveva Giovanni Paolo II nel loro cuore. Ma le cose sono cambiate. Benedetto XVI li ha conquistati, cattolici e non. Lo rispettano, ne apprezzano il suo impegno pastorale. Un protestante mi ha detto di considerarlo il capo spirituale di tutti i cristiani.
di Luisa Arezzo
Liberal 19 aprile 2008
Un regime infausto
Autore: Oliosi, Don Gino Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
domenica 20 aprile 2008
La verità non è una imposizione, semplicemente un insieme di regole ma incontro, scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci
«C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi alla sfera privata. E al posto della verità - o meglio della sua assenza - si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. E’ ciò che chiamiamo relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. E’ la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: (l’incontro con) Gesù Cristo. E’ questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di “disimpegno da”. E’ una scelta di “impegno per”; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’“essere per gli altri” di Cristo» (Spe salvi, 28) [Benedetto XVI, Incontro con i giovani e con i seminaristi, 19 aprile 2008].
Nella penultima giornata del viaggio apostolico negli Stati Uniti c’è stato l’incontro, espressamente voluto da Benedetto XVI, con i seminaristi e i giovani per condividere con loro qualche pensiero sull’essere discepoli di Gesù Cristo, certi che la nostra vita diventa un viaggio di speranza come lo fu per sei figure di santi, beati e venerabili che “hanno risposto alla chiamata di Dio ad una vita di carità” nei quartieri e nelle vie di New York. Sei “straordinari tragitti di speranza” che il Papa ha indicato quali esempi per le nuove generazioni, dicendosi “colpito” dalla loro eterogeneità: poveri e ricchi, laici e consacrati, la figlia di un guerriero indiano, uno schiavo haitiano. In totale comunione con la Chiesa erano come quella donna inerme descritta dall’Apocalisse di fronte al Maligno che agiva di fronte, al tempo dell’evangelista Giovanni, attraverso il potere anticristiano degli imperatori romani, da Nerone fino a Domiziano. Era un potere fortissimo, con una manifestazione impressionante ed inquietante del potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza. E tuttavia, a cominciare da Maria, gli innamorati di Cristo fino al martirio cioè la Chiesa, alla fine ha vinto, ha vinto la donna inerme, ha vinto non l’egoismo, non l’odio; ha vinto l’amore di Dio e l’impero romano si è aperto alla fede cristiana.
Il Maligno attraverso le dittature anticristiane di tutti i periodi
Il Maligno non ha agito solo attraverso il potere anticristiano dei persecutori romani della Chiesa di quel tempo, ma attraverso le dittature anticristiane di tutti periodi. Il Papa si è rifatto alla dittatura del nazismo: “I miei anni da teenager sono stati rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe - penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione - prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile tutto ciò che era vero e buono. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore. Ringraziamo Dio, perché oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Ringraziamo Dio per tutti coloro che si battono per assicurare che voi possiate crescere in un ambiente che coltiva ciò che è bello, buono e vero: i vostri genitori e nonni, i vostri insegnanti e sacerdoti, quelle autorità civili che cercano ciò che è retto e giusto”.
Ma anche oggi occorre pregare ogni giorno il Padre come ci ha insegnato Gesù: non abbandonarci alla tentazione, liberaci dal Male - Maligno. “Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà mai: è stato sconfitto. E’ questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani; la Chiesa lo ricorda in modo molto drammatico durante il Triduo pasquale e lo celebra con grande gioia nel Tempo Pasquale! Colui che ci indica la via oltre la morte è Colui che ci indica come superare distruzione e angoscia: è quindi Gesù il vero maestro di vita (Spe salvi,6). La sua morte e risurrezione significa che possiamo dire al Padre celeste: “Tu hai rinnovato il mondo” (Venerdì Santo, Preghiera dopo la comunione). E così, appena qualche settimana fa, durante la bellissima liturgia della Veglia Pasquale non era per disperazione o angoscia, ma con una fiducia piena di speranza, che abbiamo gridato a Dio in favore del nostro mondo: disperdi le tenebre del cuore! (Preghiera durante l’accensione del cero pasquale). Ma che cosa possono essere queste tenebre? Cosa succede quando le persone soprattutto le più vulnerabili, incontrano il pugno chiuso della repressione o della manipolazione invece della mano tesa della speranza?”
Anche oggi il Male - Maligno, come da Nerone e Domiziano, come attraverso le dittature del nazismo e di Stalin, e oggi nei modi del secolarismo e del materialismo tentano di far credere che è assurdo pensare a Dio, è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa del tempo passato. Le tenebre accadono quando i sogni e i desideri che i giovani perseguono possono essere facilmente frantumati e distrutti e sono quelli colpiti dall’abuso della droga e degli stupefacenti, dalla mancanza di una casa e dalla povertà, dal razzismo, dalla violenza e dalla degradazione - particolarmente ragazze e donne. Le cause di tali situazioni problematiche sono complesse e tutte hanno in comune un atteggiamento mentale avvelenato che si manifesta nel trattare le persone come meri oggetti: vale soltanto vivere la vita per sé; prendere in questo breve momento della vita quanto ci è possibile prendere; vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento perché questa è la vita e così dobbiamo vivere. Sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua forza mediatica, propagandistica. Sembra divenuto impossibile oggi pensare a un Dio che ha creato e crea ogni uomo e che si è fatto bambino, morto e risorto e che con il dono del Suo Spirito è il vero dominatore del mondo.
E qui si affaccia la seconda zona di tenebre - quelle che colpiscono lo spirito - rimane spesso non avvertita, e per questa ragione è particolarmente funesta. La manipolazione della verità distorce la nostra percezione della realtà e intorbida la nostra immaginazione e le nostre aspirazioni.
La libertà è un valore delicato e spesso la si rivendica senza mai fare riferimento alla verità di ogni persona umana
A questo punto il Papa affronta il tema della libertà in un paese che gode di tante libertà, che si vanta di essere la nazione dove si gode libertà, nel bene e nel male, più di qualunque altra nel mondo. Ma la libertà è un valore delicato e spesso la si rivendica senza mai fare riferimento alla verità di ogni persona umana nel proprio e altrui essere dono del Donatore divino, con i suoi diritti originari da riconoscere, non da dare. C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità - o meglio, della sua assenza - si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. E’ ciò che chiamiamo relativismo, dittatura diabolica del relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà e della esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così tragicamente, al suicidio?
Ma è diabolico, malefico far credere che la verità è un’imposizione, un insieme di regole, che il rapporto con Dio è un rapporto costretto e quindi senza amore. Mentre la libertà accade proprio con la scoperta, con l’incontro con Uno che non ci tradisce mai, senza costringerci; con Uno del quale possiamo fidarci, che ci dona una speranza affidabile in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso che può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta di cui noi possiamo essere sicuri e così grande da giustificare la fatica del cammino. E’ Dio ad aver posto in ogni cuore umano il desiderio immanente di cercare la verità e arriviamo a vivere con fiducia, con speranza, con amore, senza soccombere alla tentazione e ai malefici di Satana e dei suoi strumenti quando incontriamo la verità che è la Persona viva, attuale di Gesù Cristo, crocifisso e risorto. L’incontro avviene dove Egli, con il dono del Suo Spirito, è amato e dove il suo amore ci raggiunge con la scelta di “impegni per” per uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’“essere per gli altri” di Cristo (Spe salvi, 28).
Come possiamo, da credenti, aiutare gli altri in un percorso di comunione e liberazione che porta al pieno appagamento e alla felicità duratura?
Occorre sempre rifarsi a chi è riuscito, ai santi e il nocciolo si trova nella loro fede, nella nostra fede con questi contenuti. L’incarnazione, la nascita di Gesù ci dice che Dio, di fatto, si è unito in qualche modo con ogni uomo inquieto finché non lo trova e cerca un posto fra noi per incontrarci, per rivelarci chi siamo, da dove veniamo e dove siamo destinati cioè la verità e la vita, indicando se stesso, Dio in un volto umano, come unica via. E’ il percorso dei santi, è la magnifica visione della speranza - la luce di Cristo che invita, per rafforzare la propria fede, a donarla cioè ad essere stelle - guida per gli altri, camminando sulla via di Cristo che è via di perdono, di riconciliazione, di umiltà, di gioia e di pace. Ma ogni percorso è accidentato perché a volte siamo tentati di chiuderci in noi stessi, di dubitare della forza, dello splendore di Cristo perché la sua presenza, come quella di Dio, non è mai spettacolare e quindi siamo tentati di gonfiare le piccole speranze del cammino limitando l’orizzonte della grande speranza. “Prendete coraggio! - ha testimoniato un Papa che ha compiuto 81 anni e a tre anni dalla elezione - Fissate lo sguardo sui nostri santi! La diversità delle loro esperienze della presenza di Dio ci suggerisce di scoprire nuovamente la larghezza e la profondità del cristianesimo. Lasciate che la vostra fantasia spazi liberamente lungo l’espansione illimitata degli orizzonti del discepolato cristiano. A volte siamo considerati persone che parlano solo di proibizioni. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità! Un autentico discepolato cristiano è caratterizzato dal senso dello stupore. Stiamo davanti a quel Dio che conosciamo e amiamo, davanti alla vastità della sua creazione e alla bellezza della nostra fede cristiana”.
I Santi ci indicano quattro aspetti essenziali di ogni percorso umano: preghiera personale e silenzio, preghiera liturgica, carità praticata e vocazioni
Preghiera personale
La cosa più importante è saper sviluppare un rapporto personale con Dio e questo rapportasi si esprime nella preghiera. Dio, in virtù della propria natura tripersonale, parla, ascolta e risponde. San Paolo, infatti, ci ricorda che possiamo e dobbiamo “pregare incessantemente” (1 Ts 5,17). Lungi dal piegarci su noi stessi o dal sottrarci dagli alti e bassi della vita, per mezzo della preghiera ci rivolgiamo a Dio e, attraverso di Lui, ci volgiamo gli uni agli altri, includendo gli emarginati e quanti seguono vie diverse da quelle di Dio (Spe salvi, 33). Come i Santi ci documentano in modo così vivace, la preghiera diventa speranza in atto. Cristo era il loro compagno costante, col quale conversavano ad ogni passo del loro cammino a servizio degli altri. C’è un altro aspetto della preghiera che dobbiamo ricordare: la contemplazione nel silenzio. San Giovanni, ad esempio, ci dice che per cogliere la rivelazione di Dio bisogna prima ascoltare e poi rispondere annunciando ciò che abbiamo udito e visto (1 Gv 1, 2-3; Dei Verbum 1).” Abbiamo - si chiede il Papa - forse perso qualcosa dell’arte dell’ascoltare? Lasciate qualche spazio per sentire il sussurrio di Dio che vi chiama a procedere verso la bontà? Amici, non abbiate paura del silenzio e della quiete, ascoltate Dio, adoratelo nell’Eucaristia! Lasciate che la sua parola plasmi il vostro cammino come sviluppo della santità”.
Preghiera liturgica
Nella liturgia troviamo l’intera Chiesa in preghiera e respiriamo l’io - comunità costitutivo di ogni persona. La parola “liturgia” significa la partecipazione del Popolo di Dio all’“opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che è la Chiesa” (Scarosanctum Concilium 7). In che cosa consiste questa opera? Prima di tutto si riferisce alla Passione di Cristo, alla sua morte e risurrezione e alla sua ascensione - ciò che chiamiamo “Mistero pasquale”. Si riferisce anche alla celebrazione stessa della liturgia. I due significati, infatti, sono inseparabilmente connessi, perché questa “opera di Gesù” è il vero contenuto della liturgia. Mediante la liturgia, l’“opera di Gesù” viene continuamente messa in contatto con la storia: con la nostra vita per plasmarla. Qui capiamo un’ulteriore idea della grandezza della nostra fede cristiana. “Ogni volta che vi radunate per la Santa Messa - con che calore il Papa lo ha detto -, quando andate a confessarvi, ogni volta che celebrate uno dei Sacramenti, Gesù è all’opera. Attraverso lo Spirito Santo vi attira verso di sé, dentro il suo amore sacrificale per il Padre, che diventa amore per tutti. Vediamo così che la liturgia della Chiesa è un ministero di speranza per l’umanità. La vostra partecipazione piena di fede è una speranza attiva che aiuta a tenere il mondo - santi come peccatori - aperto a Dio; è questa la vera speranza umana che noi offriamo a ciascuno” (Spe salvi, 34).
La carità praticata
La preghiera personale, i tempi di contemplazione silenziosa e la partecipazione alla liturgia della Chiesa porta più vicini a Dio e prepara a servire gli altri. I santi mostrano che la vita di fede e di speranza è anche una vita di carità. Contemplando Gesù sulla croce, vediamo l’amore nella sua forma più radicale cioè la sua altezza (riportare ogni uomo ad essere in Cristo, figlio nel Figlio), la larghezza (non esclude nessuno), la lunghezza (è perseverante e nessuna difficoltà lo vince), la profondità (condivide fino in fondo le miserie di ogni uomo). Possiamo cominciare ad immaginare la via dell’amore sulla quale dobbiamo muoverci (Deus caritas est, 12). Le occasioni per fare questo cammino sono abbondanti. “Guardatevi attorno con gli occhi di Cristo - ha detto il Papa ai seminaristi e ai giovani -, ascoltate con i suoi orecchi, intuite e pensate col suo cuore e il suo spirito. Siete pronti a dare tutto per la verità e la giustizia? Molti degli esempi di sofferenza ai quali i nostri santi hanno risposto con compassione, si trovano tuttora qui in questa città e dintorni. E sono emerse nuove ingiustizie: alcune sono complesse e derivano dallo sfruttamento del cuore e dalla manipolazione dello spirito; anche il nostro comune ambiente di vita, la terra stessa geme sotto il peso dell’avidità consumistica e lo sfruttamento irresponsabile Dobbiamo ascoltare nel profondo. Dobbiamo rispondere con un’azione sociale rinnovata che nasca dall’amore universale che non conosce limiti. In questo modo siamo sicuri che le nostre opere di misericordia e giustizia diventano speranza in atto per gli altri.
Vocazioni
“Amici - così ha concluso il papa rivolgendosi a ciascuno -, vi domando di nuovo, cosa dire del momento presente? Che cosa state cercando? Che cosa Dio suggerisce a voi? La speranza che mai delude è Gesù Cristo. I santi ci mostrano l’amore disinteressato del suo cammino. Come discepoli di Cristo, i loro tragitti straordinari si svilupparono all’interno di quella comunità della speranza che è la Chiesa. E’ dall’interno della Chiesa, nella relazione io - comunità che anche voi troverete il coraggio ed il sostegno per il rapporto verginale o coniugale uomo - donna, pure costitutivo di ogni persona. Nutriti dalla preghiera personale, preparati nel silenzio, plasmati dalla liturgia della Chiesa, sostenuti dalla carità pratica, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi. Mostrate al mondo la ragione della speranza che è in voi. Parlate con gli altri della verità che vi rende liberi”.
1) Quinto giorno del papa negli USA. L'omelia nel cuore di Manhattan e l'incontro con i giovani
2) La legge naturale è la vera Carta del mondo
3) Un regime infausto
Quinto giorno del papa negli USA. L'omelia nel cuore di Manhattan e l'incontro con i giovani
Una "nuova Pentecoste della Chiesa in America": è questo il sogno di Benedetto XVI. Per spiegarlo si ispira al "puro stile gotico" della chiesa in cui dice messa. E ai giovani dà questa consegna: seguire l'esempio dei santi
di Sandro Magister
ROMA, 21 aprile 2008 – Il quinto giorno di Benedetto XVI negli Stati Uniti ha avuto due momenti forti: la celebrazione della messa nella cattedrale di Saint Patrick, a New York, e l'incontro con migliaia di ragazzi e ragazze aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa, nel vicino seminario di Saint Joseph.
Delle tre messe pubbliche di Benedetto XVI nel suo viaggio americano, questa è stata l'unica celebrata all'interno di una chiesa. Il fatto è insolito nei viaggi papali, che a motivo dell'accorrere di grandi folle optano quasi sempre per celebrazioni in luoghi aperti. Ma l'eccezione è stata personalmente voluta da papa Joseph Ratzinger. E le ragioni di questa scelta le ha fatte intuire nell'omelia.
Il papa, rivolgendosi ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che gremivano la chiesa – e che ha voluto presenti alla celebrazione come protagonisti di una invocata "nuova Pentecoste della Chiesa in America" – ha costruito buona parte dell'omelia proprio in riferimento al "puro stile gotico" della storica cattedrale di New York: alle sue vetrate, alla sua architettura, al suo slancio verticale. Da questi elementi architettonici egli ha ricavato l'ispirazione per il rinnovato impegno di conversione e di evangelizzazione che egli ha affidato ai presenti.
In un passaggio dell'omelia, Benedetto XVI ha parlato per la quarta volta della tragedia degli abusi sessuali su minori commessi da uomini di Chiesa, invitando tutti a pregare con lui "affinché questo sia un tempo di purificazione [...] e di guarigione".
E a questo proposito sono trapelati dei particolari sull'incontro avvenuto il 17 aprile, nella cappella della nunziatura di Washington, tra il papa e cinque vittime degli abusi, uomini e donne. Volutamente l'incontro non era stato annunciato e si è svolto al riparo dalle telecamere. Ma alcuni dei presenti hanno poi riferito di essere stati colpiti molto positivamente dal gesto del papa. Uno di essi, Olan Horne, ha detto d'essersi recato all'incontro carico di rancore ma di esserne uscito rasserenato. "La mia speranza oggi è stata rigenerata", ha detto alla Radio Vaticana.
Nel pomeriggio di sabato 19 aprile Benedetto XVI si è poi recato al seminario di Saint Joseph a Yonkers, poco fuori New York, per parlare a migliaia di giovani aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa. Anche questo incontro è stato personalmente imposto dal papa come parte del programma del viaggio.
Ai suoi giovani ascoltatori Benedetto XVI ha dettato un programma di vita cristiana molto impegnativo, senza sconti. E ha dato loro appuntamento a Sydney, in luglio, alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù.
Gli hanno risposto entusiasti. Così come molto calorosa col papa era stata la gente di New York, la mattina, mentre egli percorreva la Quinta Strada, verso la cattedrale di Saint Patrick.
Anche la copertura che i media stanno dando del viaggio papale risulta più favorevole del previsto.
Ecco dunque qui di seguito i passaggi salienti dell'omelia nella cattedrale di Saint Patrick e del discorso ai giovani.
__________
"Una nuova Pentecoste della Chiesa in America"
di Benedetto XVI
New York, omelia della messa nella cattedrale di Saint Patrick, sabato 19 aprile 2008
Cari fratelli e sorelle in Cristo, [...] vorrei richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti di questa bellissima chiesa, che mi sembra possa servire come punto di partenza per una riflessione sulle nostre vocazioni particolari all’interno dell’unità del Corpo mistico.
Il primo aspetto riguarda le finestre con vetrate istoriate che inondano l’ambiente interno di una luce mistica. Viste da fuori, tali finestre appaiono scure, pesanti, addirittura tetre. Ma quando si entra nella chiesa, esse all’improvviso prendono vita; riflettendo la luce che le attraversa rivelano tutto il loro splendore. Molti scrittori – qui in America possiamo pensare a Nathaniel Hawthorne – hanno usato l’immagine dei vetri istoriati per illustrare il mistero della Chiesa stessa. È solo dal di dentro, dall’esperienza di fede e di vita ecclesiale che vediamo la Chiesa così come è veramente: inondata di grazia, splendente di bellezza, adorna dei molteplici doni dello Spirito. Ne consegue che noi, che viviamo la vita di grazia nella comunione della Chiesa, siamo chiamati ad attrarre dentro questo mistero di luce tutta la gente.
Non è un compito facile in un mondo che può essere incline a guardare la Chiesa, come queste finestre istoriate, “dal di fuori”: un mondo che sente profondamente un bisogno di spiritualità, ma trova difficile “entrare nel” mistero della Chiesa. Anche per qualcuno di noi all’interno, la luce della fede può essere attenuata dalla routine e lo splendore della Chiesa essere offuscato dai peccati e dalle debolezze dei suoi membri. [...]
La parola di Dio, tuttavia, ci ricorda che nella fede noi vediamo i cieli aperti e la grazia dello Spirito Santo illuminare la Chiesa e portare una speranza sicura al nostro mondo. “Signore, mio Dio”, canta il salmista, “se mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra” (Sal 104,30). Queste parole evocano la prima creazione, quando “lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,2). Ed esse spingono il nostro sguardo avanti verso la nuova creazione, a Pentecoste, quando lo Spirito Santo discese sugli Apostoli ed instaurò la Chiesa come primizia dell’umanità redenta (cfr Gv 20,22-23). Queste parole ci esortano ad una fede sempre più profonda nella potenza infinita di Dio di trasformare ogni situazione umana, di creare vita dalla morte e di rischiarare anche la notte più buia. E ci fanno pensare ad un’altra bellissima frase di sant’Ireneo: “Dov’è la Chiesa, lì è lo Spirito di Dio; dov’è lo Spirito di Dio, lì è la Chiesa e ogni grazia” (Adv. Haer. III, 24,1).
Ciò mi conduce ad un'altra riflessione sull’architettura di questa chiesa. Come tutte le cattedrali gotiche, essa è una struttura molto complessa, le cui proporzioni precise ed armoniose simboleggiano l’unità della creazione di Dio. Gli artisti medievali spesso rappresentavano Cristo, la Parola creatrice di Dio, come un “geometra” celeste, col compasso in mano, che ordina il cosmo con infinita sapienza e determinazione. Una simile immagine non ci fa forse venire in mente il nostro bisogno di vedere tutte le cose con gli occhi della fede, per poterle in questo modo comprendere nella loro prospettiva più vera, nell’unità del piano eterno di Dio? Ciò richiede, come sappiamo, una continua conversione e l’impegno di “rinnovarci nello spirito della nostra mente” (cfr Ef 4,23), per acquistare una mentalità nuova e spirituale. Esige anche lo sviluppo di quelle virtù che mettono ciascuno di noi in grado di crescere in santità e di portare frutti spirituali nel proprio stato di vita. Non è forse questa costante conversione “intellettuale” altrettanto necessaria quanto la conversione “morale” per la nostra crescita nella fede, per il nostro discernimento dei segni dei tempi e per il nostro contributo personale alla vita e la missione della Chiesa? [...]
Qui, nel contesto del nostro bisogno di una prospettiva fondata sulla fede e di unità e collaborazione nel lavoro dell’edificazione della Chiesa, vorrei dire una parola circa l’abuso sessuale che ha causato tanta sofferenza. Ho già avuto modo di parlare di questo e del conseguente danno per la comunità dei fedeli. Qui desidero semplicemente assicurare a voi, cari sacerdoti e religiosi, la mia vicinanza spirituale, mentre cercate di rispondere con speranza cristiana alle continue sfide presentate da questa situazione. Mi unisco a voi pregando affinché questo sia un tempo di purificazione per ciascuno e per ogni singola Chiesa e comunità religiosa, sia un tempo di guarigione. Inoltre vi incoraggio a cooperare con i vostri vescovi, che continuano a lavorare efficacemente per risolvere questo problema. Che il Signore Gesù Cristo conceda alla Chiesa in America un rinnovato senso di unità e di decisione, mentre tutti – vescovi, clero, religiosi, religiose e laici – camminano nella speranza e nell’amore vicendevole e per la verità.
Cari amici, queste considerazioni mi conducono ad un’ultima osservazione riguardo a questa grande cattedrale in cui ci troviamo. L’unità di una cattedrale gotica, lo sappiamo, non è l’unità statica di un tempio classico, ma un’unità nata dalla tensione dinamica di forze diverse che spingono l’architettura in alto, orientandola verso il cielo. Anche qui possiamo vedere un simbolo dell’unità della Chiesa che è unità – come san Paolo ci ha detto – di un corpo vivo composto da molte membra diverse, ognuno con il proprio ruolo e la propria determinazione. Anche qui vediamo la necessità di riconoscere e rispettare i doni di ogni singolo membro del corpo come “manifestazioni dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12,7). Certo, nella struttura della Chiesa voluta da Dio occorre distinguere tra i doni gerarchici e quelli carismatici (cfr Lumen gentium, 4). Ma proprio la varietà e la ricchezza delle grazie concesse dallo Spirito ci invitano costantemente a discernere come questi doni debbano essere inseriti in modo giusto nel servizio della missione della Chiesa. [...]
Cari fratelli e sorelle, [...] le punte delle torri della cattedrale di San Patrizio vengono di gran lunga superate dai grattacieli del profilo di Manhattan; tuttavia, nel cuore di questa metropoli indaffarata esse sono un segno vivo che ricorda la costante nostalgia dello spirito umano di elevarsi verso Dio. In questa celebrazione eucaristica vogliamo ringraziare il Signore perché ci permette di riconoscerlo nella comunione della Chiesa e di collaborare con Lui, edificando il suo Corpo mistico e portando la sua parola salvifica come buona novella agli uomini e alle donne del nostro tempo. E quando poi usciremo da questa grande chiesa, andiamo come araldi della speranza in mezzo a questa città e in tutti quei luoghi dove la grazia di Dio ci ha posto. In questo modo la Chiesa in America conoscerà una nuova primavera nello Spirito ed indicherà la via verso quell’altra città più grande, la nuova Gerusalemme, la cui luce è l’Agnello (cfr Ap 21,23). Poiché Dio sta preparando anche ora un banchetto di gioia e vita infinite per tutti i popoli. Amen.
__________
"Mostrate al mondo la ragione della speranza che è in voi"
di Benedetto XVI
New York, ai giovani nel Seminario di Saint Joseph, sabato 19 aprile 2008
Cari giovani amici, [...] i miei anni da teenager sono stati rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe – penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione – prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile per tutto ciò che era vero e buono. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore.
Ringraziamo Dio, perché oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. [...]
Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà mai; è stato sconfitto. È questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani; la Chiesa lo ricorda in modo molto drammatico durante il Triduo Pasquale e lo celebra con grande gioia nel Tempo Pasquale! Colui che ci indica la via oltre la morte è Colui che ci indica come superare distruzione e angoscia: è quindi Gesù il vero maestro di vita (cfr Spe salvi, 6). La sua morte e risurrezione significa che possiamo dire al Padre celeste: “Tu hai rinnovato il mondo” (Venerdì Santo, Preghiera dopo la comunione). E così, appena qualche settimana fa, durante la bellissima liturgia della Veglia Pasquale non era per disperazione o angoscia, ma con una fiducia piena di speranza, che abbiamo gridato a Dio in favore del nostro mondo: "Disperdi le tenebre del nostro cuore! Disperdi le tenebre del nostro spirito!" (cfr Preghiera durante l’accensione del cero pasquale).
Che cosa possono essere queste tenebre? Cosa succede quando le persone, soprattutto le più vulnerabili, incontrano il pugno chiuso della repressione o della manipolazione invece della mano tesa della speranza?
Il primo gruppo di esempi appartiene al cuore. Qui, i sogni e desideri che i giovani perseguono possono essere così facilmente frantumati e distrutti. Penso a quanti sono colpiti dall’abuso della droga e degli stupefacenti, dalla mancanza di una casa e dalla povertà, dal razzismo, dalla violenza e dalla degradazione – particolarmente ragazze e donne. Mentre le cause di tali situazioni problematiche sono complesse, tutte hanno in comune un atteggiamento mentale avvelenato che si manifesta nel trattare le persone come meri oggetti. Si afferma così un’insensibilità di cuore che prima ignora e poi deride la dignità data da Dio ad ogni persona umana. [...]
La seconda zona di tenebre – quelle che colpiscono lo spirito – rimane spesso non avvertita, e per questa ragione è particolarmente funesta. [...] La libertà è un valore delicato. Può essere fraintesa o usata male così da non condurre alla felicità che tutti da essa ci aspettiamo, ma verso uno scenario buio di manipolazione, nel quale la nostra comprensione di noi stessi e del mondo si fa confusa o viene addirittura distorta da quanti hanno un loro progetto nascosto.
Avete notato quanto spesso la rivendicazione della libertà viene fatta, senza mai fare riferimento alla verità della persona umana? C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità – o meglio, della sua assenza – si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. È ciò che chiamiamo relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente, al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. È la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: Gesù Cristo. È questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di “disimpegno da”. È una scelta di “impegno per”; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’ “essere per gli altri” di Cristo (cfr Spe salvi, 28).
Come possiamo allora da credenti aiutare gli altri a camminare sulla via della libertà che porta al pieno appagamento e alla felicità duratura? La risposta si trova nel nocciolo della [...] nostra fede. L’incarnazione, la nascita di Gesù ci dice che Dio, di fatto, cerca un posto fra noi. È pieno l’albergo, ma ciononostante Egli entra per la stalla, e ci sono delle persone che vedono la sua luce. Riconoscono per quello che è il mondo buio e chiuso di Erode e seguono invece il brillare della stella che li guida nel cielo notturno. E che cosa irradia? A questo punto potete ricordarvi della preghiera pronunciata nella santissima notte di Pasqua: “O Padre, che per mezzo del tuo Figlio, luce del mondo, ci hai comunicato la luce della tua gloria, accendi in noi la fiamma viva della tua speranza!” (cfr Benedizione del fuoco). E così, in una processione solenne con le nostre candele accese, ci siamo passati l’un l’altro la luce di Cristo. È la luce che “sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti, dissipa l’odio, ci porta la pace e umilia la superbia del mondo” (Exsultet). È questa la luce di Cristo all’opera. È questa la via dei santi. È la magnifica visione della speranza. La luce di Cristo vi invita ad essere stelle-guida per gli altri, camminando sulla via di Cristo che è via di perdono, di riconciliazione, di umiltà, di gioia e di pace. [...]
Cari amici, l’esempio dei santi ci invita, poi, a considerare quattro aspetti essenziali del tesoro della nostra fede: preghiera personale e silenzio, preghiera liturgica, carità praticata e vocazioni. [...]
Nella liturgia troviamo l’intera Chiesa in preghiera. La parola “liturgia” significa la partecipazione del Popolo di Dio all’“opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che è la Chiesa” (Sacrosanctum Concilium, 7). In che cosa consiste questa opera? Prima di tutto si riferisce alla passione di Cristo, alla sua morte e risurrezione e alla sua ascensione – ciò che chiamiamo “Mistero pasquale”. Ma si riferisce anche alla celebrazione stessa della liturgia. I due significati, infatti, sono inseparabilmente connessi, perché questa “opera di Gesù” è il vero contenuto della liturgia. Mediante la liturgia, l’“opera di Gesù” viene continuamente messa in contatto con la storia; con la nostra vita, per plasmarla. Qui captiamo un’ulteriore idea della grandezza della nostra fede cristiana. Ogni volta che vi radunate per la Santa Messa, quando andate a confessarvi, ogni volta che celebrate uno dei Sacramenti, Gesù è all’opera. Attraverso lo Spirito Santo vi attira verso di sé, dentro il suo amore sacrificale per il Padre, che diventa amore per tutti. Vediamo così che la liturgia della Chiesa è un ministero di speranza per l’umanità. La vostra partecipazione piena di fede è una speranza attiva che aiuta a tenere il mondo – santi come peccatori – aperto a Dio; è questa la vera speranza umana che noi offriamo a ciascuno (cfr Spe salvi, 34). [...]
Amici, vi domando di nuovo, cosa dire del momento presente? Che cosa state cercando? Che cosa Dio suggerisce a voi? La speranza che mai delude è Gesù Cristo. I santi ci mostrano l’amore disinteressato del suo cammino. Come discepoli di Cristo, i loro tragitti straordinari si svilupparono all’interno di quella comunità della speranza che è la Chiesa. È dall’interno della Chiesa che anche voi troverete il coraggio ed il sostegno per camminare sulla via del Signore. Nutriti dalla preghiera personale, preparati nel silenzio, plasmati dalla liturgia della Chiesa, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi. Irradiate la sua luce su questa grande città e oltre. Mostrate al mondo la ragione della speranza che è in voi. Parlate con gli altri della verità che vi rende liberi. Con questi sentimenti di grande speranza in voi, vi saluto con un “arrivederci” nell’attesa di incontrarvi di nuovo a Sydney, nel luglio, per la Giornata Mondiale della Gioventù! E, come pegno del mio affetto per voi e per le vostre famiglie, vi imparto con gioia la Benedizione Apostolica.
La legge naturale è la vera Carta del mondo
Si è conclusa la visita di Benedetto XVI negli Stati Uniti. Mary Ann Glendon, l’ambasciatore fresco di nomina degli Stati Uniti presso la Santa Sede - già professore ordinario di Diritto comparato alla facoltà di Legge di Harvard, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e capo della delegazione vaticana alla conferenza di Pechino sulla donna nel ’95 - compie un’analisi interessante dell’intervento del Papa nella sede delle Nazioni Uniti e dei vari eventi che hanno caratterizzato questo 8º Viaggio Apostolico di Benedetto XVI…
Il Papa ha parlato all’Onu. Ad ascoltarlo anche lei, Mary Ann Glendon, l’ambasciatore fresco di nomina degli Stati Uniti presso la Santa Sede e dal mandato più breve che si ricordi - sei mesi - fortemente voluta da George W. Bush. Nata a Dalton, in Massachusetts, tre figlie, già professore ordinario di Diritto comparato alla facoltà di Legge di Harvard, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e capo della delegazione vaticana alla conferenza di Pechino sulla donna nel ’95. Non una diplomatica pura, dunque, ma soprattutto una delle intellettuali cattoliche più solide e conosciute in ambito internazionale. Sua la definizione dell’interpretazione iper-individualistica dei diritti umani, un tema centrale nel discorso pronunciato ieri da Benedetto XVI in occasione del sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo. La Glendon immaginava che «l’universalità ma soprattutto l’indivisibilità dei diritti umani e l’interdipendenza di essi» in quanto basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo sarebbero stati passaggi fondamentali del messaggio del Pontefice. «Perché la sua visione è molto simile a quella affermata dalla Carta universale del 1948, dove il principio di interdipendenza sancisce che non si può aiutare qualcuno e lasciare indietro gli altri, ma si deve salvaguardare e tendere all’insieme».
Qual è la visione di Benedetto XVI?
Per il Papa il corpo integrato e unificato dei diritti umani è radicato nelle leggi naturali e inscritto nell’essere umano. Non si può considerare o favorire qualcuno a discapito degli altri. E ancora, nella Carta si chiede di proteggere la maternità e l’infanzia, la famiglia nella società, l’uguaglianza. Quest’ultimo un principio ovvio per il pontefice, anche quando si parla di uomini e donne. Dopo tutto, molto prima che esistessero le nazioni Unite ci fu San Paolo che disse: «Vi battezzo tutti in nome di Gesù Cristo, sia che siate uomini, donne, greci, ebrei, schiavi, liberi».
Il Papa è arrivato al Palazzo di Vetro dopo tre giorni trascorsi a Washington. A gennaio del 2009 si celebreranno i 25 anni di relazioni diplomatiche formali fra Vaticano e Usa e i media, sia italiani che internazionali, hanno evidenziato i buoni rapporti fra George W. Bush e Benedetto XVI. Esiste un’amicizia personale fra il pontefice e il presidente?
Non solo esiste, ma la loro relazione non è mai stata così forte. Bush è andato ad accoglierlo personalmente all’aeroporto proprio per rimarcare questo punto, non lo ha fatto con nessun altro capo di Stato. Io c’ero. E ho sentito le parole del presidente quando, rivolgendosi al suo seguito, ha detto: «Qualcuno mi chiede perché sono venuto in aeroporto, ma la riposta è semplice: è la personalità religiosa più importante del mondo».
La risposta non ha tuttavia messo a tacere le critiche mosse per una visita organizzata nel pieno di una campagna elettorale...
Il Papa è venuto a New York su invito delle Nazioni Unite, e a Washington per celebrare l’anniversario della fondazione della prima diocesi americana negli Stati Uniti. L’incontro con Bush è figlio dell’ottima conversazione che i due ebbero a Roma nel corso dell’ultima visita del presidente e poggia senza meno sull’amicizia che si è sviluppata fra i due uomini. Non ci sono retropensieri di carattere politico, ma solo dei solidi legami fra i due Stati.
Cosa costruiranno insieme?
Da questo vertice si esce con una lettera di intenti che riguarda soprattutto il Medio Oriente. Posso dire con certezza che i due lavoreranno assieme nel corso del prossimo anno per far fare un passo avanti al processo di pace. So che sembra impossibile viste le frizioni in atto, ma il presidente nutre molte speranze di poter arrivare a una soluzione prima della fine del suo mandato, nel gennaio 2009. E si impegnerà affinché la Santa Sede intervenga in merito, soprattutto sulle questioni che attengono a Gerusalemme.
Questa forte alleanza è relativa anche all’Iraq? Possiamo dire superate le divergenze che proprio cinque anni fa, al momento dell’invasione, si crearono fra Vaticano e Casa Bianca?
Nessuno dei due è andato a rivangare o a ridiscutere il passato e ciò che li aveva divisi. Oggi, entrambi, sono concentrati sul presente. Questo significa medesima tensione a rafforzare la morale globale contro il terrorismo, specialmente quello che usa e manipola la religione, facendosene scudo. Sull’Iraq sono entrambi preoccupati, soprattutto per garantire un futuro al Paese in cui i cittadini di ogni confessione possano convivere pacificamente.
Il cattolicesimo americano è senz’altro uno dei più vitali al mondo, purtuttavia negli ultimi 40anni questo fervore è decisamente scemato. Recentemente un rapporto del Pew Forum on Religion & Public Life ha sottolineato che almeno un terzo della popolazione cattolica si è allontanata dalla Chiesa, che le suore sono passate da 180mila a 63mila e che migliaia di preti hanno abbandonato il loro ministero. La visita di Benedetto XVI era tesa anche a dare una sferzata al mondo cattolico?
Ho letto il rapporto Pew e non sono sicura che le cifre fossero queste. Ma ho seguito questo Papa ed ero al National Stadium di Washington assieme ad altre 48mila persone. Mai visto tanto entusiasmo, mai vista una folla così rapita. Continuavano ad interromperlo con applausi e cori: «Ti amiamo Benedetto XVI, ti amiamo». Il Papa sta chiamando i cattolici americani a riscoprire le proprie radici, e li sta chiamando come il pastore chiama il suo gregge. Il suo messaggio è chiaro: «Quando avete la speranza, significa che vivete diversamente».
Dal rapporto emerge che sono due le critiche principali che i cattolici americani muovono al mondo cattolico Usa: un basso livello di leadership fra i loro vescovi e la scarsa preparazione di molti preti che si evidenzia in sermoni, come dire, di scarsa qualità.
In termini di qualità dell’istruzione e preparazione religiosa, forse occorre ricordare a questi educatori, ai parroci in generale, che hanno una missione molto importante da compiere. Una su tutte: spronare le persone a recuperare la tradizione e cominciare a vivere seguendola e attenendosi al messaggio di Gesù: pensate diversamente, siate voi stessi.
Lei crede che i recenti scandali sulla pedofilia abbiano provocato delle conseguenze fra i fedeli?
Credo innanzitutto che sia indispensabile usare una terminologia molto chiara. Non c’è stato alcuno scandalo di pedofilia negli Stati Uniti. La definizione di pedofilia è l’abuso sessuale di bambini. Quello che è successo negli Stati Uniti è stata una rivoluzione sessuale negli anni Settanta e Ottanta e l’intera società sia americana che non è stata coinvolta in questa rivoluzione sessuale, compresi i teenager e i preti. Ci sono stati incidenti, abusi sui minori, compiuti da persone che esercitavano una certa influenza sui bambini, ad esempio gli insegnanti e i religiosi. Tuttavia i preti cattolici sono stati molto meno coinvolti in questi episodi rispetto agli insegnanti delle scuole pubbliche o agli stessi genitori. L’unica ragione per cui è emerso uno scandalo ai danni della chiesa cattolica è che gli avvocati hanno fatto causa solo a questa; non alle scuole pubbliche, non a dei singoli individui. La Chiesa era facile da identificare. Ecco perché rifiuto e mi oppongo all’idea che questo scandalo riguardi la Chiesa.
Domani il Papa tornerà in Vaticano. Che impressione ne hanno avuto gli americani? Quali differenze hanno notato fra lui e Giovanni Paolo II?
Ne parlavo proprio oggi. Prima della sua visita molte persone ritenevano che non potesse prendere il posto che aveva Giovanni Paolo II nel loro cuore. Ma le cose sono cambiate. Benedetto XVI li ha conquistati, cattolici e non. Lo rispettano, ne apprezzano il suo impegno pastorale. Un protestante mi ha detto di considerarlo il capo spirituale di tutti i cristiani.
di Luisa Arezzo
Liberal 19 aprile 2008
Un regime infausto
Autore: Oliosi, Don Gino Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
domenica 20 aprile 2008
La verità non è una imposizione, semplicemente un insieme di regole ma incontro, scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci
«C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi alla sfera privata. E al posto della verità - o meglio della sua assenza - si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. E’ ciò che chiamiamo relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. E’ la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: (l’incontro con) Gesù Cristo. E’ questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di “disimpegno da”. E’ una scelta di “impegno per”; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’“essere per gli altri” di Cristo» (Spe salvi, 28) [Benedetto XVI, Incontro con i giovani e con i seminaristi, 19 aprile 2008].
Nella penultima giornata del viaggio apostolico negli Stati Uniti c’è stato l’incontro, espressamente voluto da Benedetto XVI, con i seminaristi e i giovani per condividere con loro qualche pensiero sull’essere discepoli di Gesù Cristo, certi che la nostra vita diventa un viaggio di speranza come lo fu per sei figure di santi, beati e venerabili che “hanno risposto alla chiamata di Dio ad una vita di carità” nei quartieri e nelle vie di New York. Sei “straordinari tragitti di speranza” che il Papa ha indicato quali esempi per le nuove generazioni, dicendosi “colpito” dalla loro eterogeneità: poveri e ricchi, laici e consacrati, la figlia di un guerriero indiano, uno schiavo haitiano. In totale comunione con la Chiesa erano come quella donna inerme descritta dall’Apocalisse di fronte al Maligno che agiva di fronte, al tempo dell’evangelista Giovanni, attraverso il potere anticristiano degli imperatori romani, da Nerone fino a Domiziano. Era un potere fortissimo, con una manifestazione impressionante ed inquietante del potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza. E tuttavia, a cominciare da Maria, gli innamorati di Cristo fino al martirio cioè la Chiesa, alla fine ha vinto, ha vinto la donna inerme, ha vinto non l’egoismo, non l’odio; ha vinto l’amore di Dio e l’impero romano si è aperto alla fede cristiana.
Il Maligno attraverso le dittature anticristiane di tutti i periodi
Il Maligno non ha agito solo attraverso il potere anticristiano dei persecutori romani della Chiesa di quel tempo, ma attraverso le dittature anticristiane di tutti periodi. Il Papa si è rifatto alla dittatura del nazismo: “I miei anni da teenager sono stati rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe - penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione - prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile tutto ciò che era vero e buono. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore. Ringraziamo Dio, perché oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Ringraziamo Dio per tutti coloro che si battono per assicurare che voi possiate crescere in un ambiente che coltiva ciò che è bello, buono e vero: i vostri genitori e nonni, i vostri insegnanti e sacerdoti, quelle autorità civili che cercano ciò che è retto e giusto”.
Ma anche oggi occorre pregare ogni giorno il Padre come ci ha insegnato Gesù: non abbandonarci alla tentazione, liberaci dal Male - Maligno. “Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà mai: è stato sconfitto. E’ questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani; la Chiesa lo ricorda in modo molto drammatico durante il Triduo pasquale e lo celebra con grande gioia nel Tempo Pasquale! Colui che ci indica la via oltre la morte è Colui che ci indica come superare distruzione e angoscia: è quindi Gesù il vero maestro di vita (Spe salvi,6). La sua morte e risurrezione significa che possiamo dire al Padre celeste: “Tu hai rinnovato il mondo” (Venerdì Santo, Preghiera dopo la comunione). E così, appena qualche settimana fa, durante la bellissima liturgia della Veglia Pasquale non era per disperazione o angoscia, ma con una fiducia piena di speranza, che abbiamo gridato a Dio in favore del nostro mondo: disperdi le tenebre del cuore! (Preghiera durante l’accensione del cero pasquale). Ma che cosa possono essere queste tenebre? Cosa succede quando le persone soprattutto le più vulnerabili, incontrano il pugno chiuso della repressione o della manipolazione invece della mano tesa della speranza?”
Anche oggi il Male - Maligno, come da Nerone e Domiziano, come attraverso le dittature del nazismo e di Stalin, e oggi nei modi del secolarismo e del materialismo tentano di far credere che è assurdo pensare a Dio, è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa del tempo passato. Le tenebre accadono quando i sogni e i desideri che i giovani perseguono possono essere facilmente frantumati e distrutti e sono quelli colpiti dall’abuso della droga e degli stupefacenti, dalla mancanza di una casa e dalla povertà, dal razzismo, dalla violenza e dalla degradazione - particolarmente ragazze e donne. Le cause di tali situazioni problematiche sono complesse e tutte hanno in comune un atteggiamento mentale avvelenato che si manifesta nel trattare le persone come meri oggetti: vale soltanto vivere la vita per sé; prendere in questo breve momento della vita quanto ci è possibile prendere; vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento perché questa è la vita e così dobbiamo vivere. Sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua forza mediatica, propagandistica. Sembra divenuto impossibile oggi pensare a un Dio che ha creato e crea ogni uomo e che si è fatto bambino, morto e risorto e che con il dono del Suo Spirito è il vero dominatore del mondo.
E qui si affaccia la seconda zona di tenebre - quelle che colpiscono lo spirito - rimane spesso non avvertita, e per questa ragione è particolarmente funesta. La manipolazione della verità distorce la nostra percezione della realtà e intorbida la nostra immaginazione e le nostre aspirazioni.
La libertà è un valore delicato e spesso la si rivendica senza mai fare riferimento alla verità di ogni persona umana
A questo punto il Papa affronta il tema della libertà in un paese che gode di tante libertà, che si vanta di essere la nazione dove si gode libertà, nel bene e nel male, più di qualunque altra nel mondo. Ma la libertà è un valore delicato e spesso la si rivendica senza mai fare riferimento alla verità di ogni persona umana nel proprio e altrui essere dono del Donatore divino, con i suoi diritti originari da riconoscere, non da dare. C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità - o meglio, della sua assenza - si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. E’ ciò che chiamiamo relativismo, dittatura diabolica del relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà e della esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così tragicamente, al suicidio?
Ma è diabolico, malefico far credere che la verità è un’imposizione, un insieme di regole, che il rapporto con Dio è un rapporto costretto e quindi senza amore. Mentre la libertà accade proprio con la scoperta, con l’incontro con Uno che non ci tradisce mai, senza costringerci; con Uno del quale possiamo fidarci, che ci dona una speranza affidabile in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso che può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta di cui noi possiamo essere sicuri e così grande da giustificare la fatica del cammino. E’ Dio ad aver posto in ogni cuore umano il desiderio immanente di cercare la verità e arriviamo a vivere con fiducia, con speranza, con amore, senza soccombere alla tentazione e ai malefici di Satana e dei suoi strumenti quando incontriamo la verità che è la Persona viva, attuale di Gesù Cristo, crocifisso e risorto. L’incontro avviene dove Egli, con il dono del Suo Spirito, è amato e dove il suo amore ci raggiunge con la scelta di “impegni per” per uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’“essere per gli altri” di Cristo (Spe salvi, 28).
Come possiamo, da credenti, aiutare gli altri in un percorso di comunione e liberazione che porta al pieno appagamento e alla felicità duratura?
Occorre sempre rifarsi a chi è riuscito, ai santi e il nocciolo si trova nella loro fede, nella nostra fede con questi contenuti. L’incarnazione, la nascita di Gesù ci dice che Dio, di fatto, si è unito in qualche modo con ogni uomo inquieto finché non lo trova e cerca un posto fra noi per incontrarci, per rivelarci chi siamo, da dove veniamo e dove siamo destinati cioè la verità e la vita, indicando se stesso, Dio in un volto umano, come unica via. E’ il percorso dei santi, è la magnifica visione della speranza - la luce di Cristo che invita, per rafforzare la propria fede, a donarla cioè ad essere stelle - guida per gli altri, camminando sulla via di Cristo che è via di perdono, di riconciliazione, di umiltà, di gioia e di pace. Ma ogni percorso è accidentato perché a volte siamo tentati di chiuderci in noi stessi, di dubitare della forza, dello splendore di Cristo perché la sua presenza, come quella di Dio, non è mai spettacolare e quindi siamo tentati di gonfiare le piccole speranze del cammino limitando l’orizzonte della grande speranza. “Prendete coraggio! - ha testimoniato un Papa che ha compiuto 81 anni e a tre anni dalla elezione - Fissate lo sguardo sui nostri santi! La diversità delle loro esperienze della presenza di Dio ci suggerisce di scoprire nuovamente la larghezza e la profondità del cristianesimo. Lasciate che la vostra fantasia spazi liberamente lungo l’espansione illimitata degli orizzonti del discepolato cristiano. A volte siamo considerati persone che parlano solo di proibizioni. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità! Un autentico discepolato cristiano è caratterizzato dal senso dello stupore. Stiamo davanti a quel Dio che conosciamo e amiamo, davanti alla vastità della sua creazione e alla bellezza della nostra fede cristiana”.
I Santi ci indicano quattro aspetti essenziali di ogni percorso umano: preghiera personale e silenzio, preghiera liturgica, carità praticata e vocazioni
Preghiera personale
La cosa più importante è saper sviluppare un rapporto personale con Dio e questo rapportasi si esprime nella preghiera. Dio, in virtù della propria natura tripersonale, parla, ascolta e risponde. San Paolo, infatti, ci ricorda che possiamo e dobbiamo “pregare incessantemente” (1 Ts 5,17). Lungi dal piegarci su noi stessi o dal sottrarci dagli alti e bassi della vita, per mezzo della preghiera ci rivolgiamo a Dio e, attraverso di Lui, ci volgiamo gli uni agli altri, includendo gli emarginati e quanti seguono vie diverse da quelle di Dio (Spe salvi, 33). Come i Santi ci documentano in modo così vivace, la preghiera diventa speranza in atto. Cristo era il loro compagno costante, col quale conversavano ad ogni passo del loro cammino a servizio degli altri. C’è un altro aspetto della preghiera che dobbiamo ricordare: la contemplazione nel silenzio. San Giovanni, ad esempio, ci dice che per cogliere la rivelazione di Dio bisogna prima ascoltare e poi rispondere annunciando ciò che abbiamo udito e visto (1 Gv 1, 2-3; Dei Verbum 1).” Abbiamo - si chiede il Papa - forse perso qualcosa dell’arte dell’ascoltare? Lasciate qualche spazio per sentire il sussurrio di Dio che vi chiama a procedere verso la bontà? Amici, non abbiate paura del silenzio e della quiete, ascoltate Dio, adoratelo nell’Eucaristia! Lasciate che la sua parola plasmi il vostro cammino come sviluppo della santità”.
Preghiera liturgica
Nella liturgia troviamo l’intera Chiesa in preghiera e respiriamo l’io - comunità costitutivo di ogni persona. La parola “liturgia” significa la partecipazione del Popolo di Dio all’“opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che è la Chiesa” (Scarosanctum Concilium 7). In che cosa consiste questa opera? Prima di tutto si riferisce alla Passione di Cristo, alla sua morte e risurrezione e alla sua ascensione - ciò che chiamiamo “Mistero pasquale”. Si riferisce anche alla celebrazione stessa della liturgia. I due significati, infatti, sono inseparabilmente connessi, perché questa “opera di Gesù” è il vero contenuto della liturgia. Mediante la liturgia, l’“opera di Gesù” viene continuamente messa in contatto con la storia: con la nostra vita per plasmarla. Qui capiamo un’ulteriore idea della grandezza della nostra fede cristiana. “Ogni volta che vi radunate per la Santa Messa - con che calore il Papa lo ha detto -, quando andate a confessarvi, ogni volta che celebrate uno dei Sacramenti, Gesù è all’opera. Attraverso lo Spirito Santo vi attira verso di sé, dentro il suo amore sacrificale per il Padre, che diventa amore per tutti. Vediamo così che la liturgia della Chiesa è un ministero di speranza per l’umanità. La vostra partecipazione piena di fede è una speranza attiva che aiuta a tenere il mondo - santi come peccatori - aperto a Dio; è questa la vera speranza umana che noi offriamo a ciascuno” (Spe salvi, 34).
La carità praticata
La preghiera personale, i tempi di contemplazione silenziosa e la partecipazione alla liturgia della Chiesa porta più vicini a Dio e prepara a servire gli altri. I santi mostrano che la vita di fede e di speranza è anche una vita di carità. Contemplando Gesù sulla croce, vediamo l’amore nella sua forma più radicale cioè la sua altezza (riportare ogni uomo ad essere in Cristo, figlio nel Figlio), la larghezza (non esclude nessuno), la lunghezza (è perseverante e nessuna difficoltà lo vince), la profondità (condivide fino in fondo le miserie di ogni uomo). Possiamo cominciare ad immaginare la via dell’amore sulla quale dobbiamo muoverci (Deus caritas est, 12). Le occasioni per fare questo cammino sono abbondanti. “Guardatevi attorno con gli occhi di Cristo - ha detto il Papa ai seminaristi e ai giovani -, ascoltate con i suoi orecchi, intuite e pensate col suo cuore e il suo spirito. Siete pronti a dare tutto per la verità e la giustizia? Molti degli esempi di sofferenza ai quali i nostri santi hanno risposto con compassione, si trovano tuttora qui in questa città e dintorni. E sono emerse nuove ingiustizie: alcune sono complesse e derivano dallo sfruttamento del cuore e dalla manipolazione dello spirito; anche il nostro comune ambiente di vita, la terra stessa geme sotto il peso dell’avidità consumistica e lo sfruttamento irresponsabile Dobbiamo ascoltare nel profondo. Dobbiamo rispondere con un’azione sociale rinnovata che nasca dall’amore universale che non conosce limiti. In questo modo siamo sicuri che le nostre opere di misericordia e giustizia diventano speranza in atto per gli altri.
Vocazioni
“Amici - così ha concluso il papa rivolgendosi a ciascuno -, vi domando di nuovo, cosa dire del momento presente? Che cosa state cercando? Che cosa Dio suggerisce a voi? La speranza che mai delude è Gesù Cristo. I santi ci mostrano l’amore disinteressato del suo cammino. Come discepoli di Cristo, i loro tragitti straordinari si svilupparono all’interno di quella comunità della speranza che è la Chiesa. E’ dall’interno della Chiesa, nella relazione io - comunità che anche voi troverete il coraggio ed il sostegno per il rapporto verginale o coniugale uomo - donna, pure costitutivo di ogni persona. Nutriti dalla preghiera personale, preparati nel silenzio, plasmati dalla liturgia della Chiesa, sostenuti dalla carità pratica, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi. Mostrate al mondo la ragione della speranza che è in voi. Parlate con gli altri della verità che vi rende liberi”.