Nella rassegna stampa di oggi:
1) S.S. Maria a Medjugorje: Messaggio del 25 settembre 2008 - Cari figli, sia la vostra vita nuovamente una decisione per la pace. Siate gioiosi portatori della pace e non dimenticate che vivete in un tempo di grazia dove Dio attraverso la mia presenza vi da' grandi grazie. Non chiudetevi, figlioli, ma sfruttate questo tempo e cercate il dono della pace e dell’amore per la vostra vita perché diventiate testimoni per gli altri. Vi benedico con la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
2) 26/09/2008 10:33 – VIETNAM - Picchiatori di nuovo in azione a Hanoi, fin davanti all’arcivescovado di J.B. An Dang - Distrutta una croce di ferro che era stata eretta nel giardino della ex delegazione apostolica. I redentoristi chiedono il rispetto della legge. Commissione Usa per la libertà religiosa chiede al Dipartimento di Stato di rimettere Hanoi tra i Paesi che la violano più gravemente.
3) 26/09/2008 11:15 - TIBET - INDIA – CINA - Oltre 1.000 monaci e molti civili tibetani “scomparsi” dopo la repressione di marzo di Nirmala Carvalho - Arrestati a marzo o semplicemente scomparsi: da allora parenti e amici non sanno nemmeno dove siano, o se sono ancora vivi. Un appello a governi, enti e Nazioni Unite perché non li dimentichino.
4) SCUOLA/ Israel: gli italiani stanno apprezzando le novità introdotte dalla Gelmini - INT. Giorgio Israel - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.it
5) EVOLUZIONE/ Un convegno all'insegna della ragionevolezza e non del fanatismo - Mario Gargantini - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.net
6) EVOLUZIONE/ La Chiesa è l'unica realtà non ideologica nei confronti del darwinismo - Rafael Martínez - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.net
7) Il discorso del Papa al Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana - Effettiva uguaglianza tra scuole statali e paritarie - La scuola cattolica non va considerata come "difesa di un interesse di parte" ma come "contributo prezioso all'edificazione del bene comune dell'intera società italiana". Lo ha affermato il Papa nel discorso ai membri del Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana, ricevuti in udienza nella mattina di giovedì 25 settembre, a Castel Gandolfo, L’Osservatore Romano 26 settembre 2008.
8) 26 settembre 2008 - Non solo bagnasco, c’è un confronto sottotraccia - Il testamento biologico divide eccome, ma in modo un po’ ovattato – Dal Fogli.it
9) 26 settembre 2008 - Fatta l’Alitalia, bisogna fare gli alitaliani - Il successo politico di Berlusconi c’è tutto, quello economico si vedrà – Dal Foglio.it
10) SCUOLA CATTOLICA, FATTO DI GIUSTIZIA - IL PRE-GIUDIZIO NE FA UNA RISERVA INDIANA - GIORGIO PAOLUCCI, Avvenire, 26 settembre 2008
11) Gelmini: più libertà di educazione impegni - Il ministro annuncia l’intenzione di dare piena attuazione alla legge. Dal confronto è emersa l’immagine di una «comunità con una grande passione educativa» - Avvenire, 26 settembre 2008
26/09/2008 10:33 – VIETNAM - Picchiatori di nuovo in azione a Hanoi, fin davanti all’arcivescovado
di J.B. An Dang - Distrutta una croce di ferro che era stata eretta nel giardino della ex delegazione apostolica. I redentoristi chiedono il rispetto della legge. Commissione Usa per la libertà religiosa chiede al Dipartimento di Stato di rimettere Hanoi tra i Paesi che la violano più gravemente.
Hanoi (AsiaNews) – Nuovo attacco, ieri pomeriggio, contro i fedeli di Hanoi in preghiera davanti al complesso della ex delegazione apostolica. Questa volta, però, i picchiatori di regime sono arrivati fino alla porta dell’arcivescovado gridando slogan nei quali chiedono la testa di mons. Ngo Quang Kiet. Nel raid è stata distrutta una croce di ferro che era stata innalzata nel terreno e portata via una statua della Pietà che era nell’edificio già prima che le autorità comunali si impadronissero del complesso, nel 1959.
I picchiatori (nella foto, con le tute blu) sono arrivati alle 16. Seguendo una scenografia da sempre cara agli stalinisti, i bus statali hanno portato insieme a loro membri delle associazioni comuniste, giovani, veterani. Persone che, come ha detto un agente, rappresentavano “la rabbia del popolo” contro i cattolici ed in particolare dell’arcivescovo. Nguyen The Thao, presidente del Comitato popolare (il municipio) della capitale li ha infatti definiti “un pericolo” e ha chiesto di “difendere lo Stato”.
Arrivati sul posto, gli attori di questa drammatica commedia si sono lanciati contro i cattolici riuniti in preghiera e poi si sono diretti verso la vicina sede dell’arcivescovado, gridando slogan contro l’arcivescovo e inneggianti al comunismo. Sacerdoti e impiegati hanno chiuso tutte le porte. La polizia, presente in forze, stava a guardare. Alcuni agenti hanno anche dato una mano a distruggere la croce di ferro eretta a gennaio nel giardino delle ex delegazione ed a caricare su un camion la statua della Pietà, che era nell’edificio.
Alcuni cattolici si sono rifugiati nella cattedrale di San Giuseppe ed hanno cominciato a suonare le campane, per chiamare in soccorso i fedeli delle parrocchie vicine. A quel punto, la polizia ha detto ai picchiatori di andar via, per evitare lo scontro con quanti stavano accorrendo.
Sul piano legale, va invece registrato che mercoledì il redentorista padre Nguyen The Hien è andato alla sede del Comitato popolare per chiedere il rispetto delle leggi. “In base alla normativa attuale – egli ha detto – si possono fare tre ricorsi contro le decisioni delle autorità. Dopo di che, se le nostre petizioni vengono respinte, possiamo portare la controversia in tribunale. Perché allora avete annunciato la decisione di trasformare il complesso in un parco, quando è stato respinto il primo ricorso e noi possiamo ancora procedere legalmente?”.
Dagli Stati Uniti, intanto, arriva la notizia che la Commission on International Religious Freedom, che tutela la libertà religiosa, ha chiesto al Dipartimento di Stato di tornare a mettere il Vietnam tra i peggiori violatori di tale diritto ed al governo di Hanoi di “liberare immediatamente” gli attivisti per i diritti umani ed i fedeli cattolici ingiustamente imprigionati.
26/09/2008 11:15 - TIBET - INDIA – CINA - Oltre 1.000 monaci e molti civili tibetani “scomparsi” dopo la repressione di marzo di Nirmala Carvalho - Arrestati a marzo o semplicemente scomparsi: da allora parenti e amici non sanno nemmeno dove siano, o se sono ancora vivi. Un appello a governi, enti e Nazioni Unite perché non li dimentichino.
New Delhi (AsiaNews) – Più di 1.000 monaci tibetani sono ancora “spariti” nella mani della polizia cinese, dalla repressione del marzo 2008. Il Centro tibetano per diritti umani e democrazia (Tchrd) denuncia che solo di pochi si hanno notizie, mentre per gli altri si ignora persino dove siano.
Da marzo sono scomparsi 80 monaci del monastero Drepung, alla periferia di Lhasa, tra i principali artefici delle proteste. Il governo del Tibet ha colpito soprattutto i monaci che allora erano in visita nei monasteri, ma provenienti da altre regioni, come le zone di Amdo e Kham, esterne al Tibet. Tra questi Lobsang, proveniente dalla contea di Lhatse (prefettura di Shigatse) che all’epoca era a Drepung: da marzo è scomparso e si ignora dove sia.
I monaci Thabkhey e Tsundue del monastero Labrang, il 7 aprile nella contea Sangchu (o Xiahe Xian) nel Gansu hanno avvicinato il gruppo di giornalisti esteri che Pechino ha portato nella zona per dimostrare che tutto era normale. Hanno raccontato cosa succedeva davvero. Da allora sono scomparsi. Ai parenti, la polizia risponde che non sono stati arrestati e non ha notizie.
Tchrd denuncia la scomparsa anche di studenti e cittadini. Come Migmar Dhondup, ex studente diplomato nel 1995 proveniente dalla contea Dingri (Shigatse), impiegato a Lhasa come guida turistica, anche lui scomparso da marzo, non si sa nemmeno perché.
Solo di qualcuno degli “scomparsi” si è avuta notizia, dopo mesi di detenzione arbitraria. La monaca Guru, 25 anni, dell’istituto Samtenling a.ka. Atak, nella contea Drango (Sichuan), è scomparsa dopo aver partecipato alle proteste di giugno nella zona. Si è saputo della sua morte solo quando due altre monache detenute, Tsering Tso e Ugyen Lhamo, sono state condannate a 2 anni di carcere.
In questa situazione, Tchrd esprime “profonda preoccupazione per il destino dei tibetani detenuti in modo arbitrario e spariti dalle proteste di marzo” e chiede alla comunità internazionale e al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite per le Sparizioni forzate e involontarie di insistere con Pechino per avere notizie e perché termini questa crudele pratica che vuole ridurre al silenzio i dissidenti tibetani e le loro famiglie.
La questione tibetana ha infiammato il percorso della torcia olimpica ad aprile e maggio, con proteste di decine di migliaia di persone a Londra, Parigi, San Francisco e altrove. A tutt'oggi appare dimenticata, mentre monaci e dimostranti tibetani rimangono in carcere.
SCUOLA/ Israel: gli italiani stanno apprezzando le novità introdotte dalla Gelmini - INT. Giorgio Israel - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.it
Siamo alla vigilia di due appuntamenti importanti per il mondo della scuola: lunedì approda in aula alla Camera il decreto Gelmini, dopo l’approvazione in Commissione Cultura; contemporaneamente è previsto l’avvio ufficiale, questo fine settimana, delle proteste di piazza organizzate da opposizione e sindacati. “Scuola day”: questo il titolo che il Pd ha dato a queste manifestazioni, a dimostrare l’intenzione di difendere la scuola dai presunti attacchi del governo. Ma la gente comune, gli studenti e le famiglie, sono veramente sul piede di guerra contro le proposte del ministro Gelmini? Giorgio Israel, docente di Matematica alla Sapienza di Roma e direttamente impegnato sul tema scuola (partecipa a un tavolo di lavoro del Ministero per ridefinire i profili di formazione degli insegnanti), è convinto del contrario: gli italiani stanno apprezzando il lavoro della Gelmini, come dimostrano i sondaggi che effettivamente parlano di un ampio consenso sui provvedimenti più noti in campo scolastico. Le proteste dunque non sono altro che «strumentalizzazioni politiche».
Professor Israel, in questi primi mesi di attività il ministro Gelmini ha apportato una serie di piccole innovazioni, che permettono già di avere un’idea del suo operato: qual è in sintesi il suo giudizio su questi provvedimenti?
Il fatto di porsi l’obiettivo di riportare un minimo di disciplina nella scuola è secondo me una questione essenziale: il voto in condotta è un segnale molto preciso in questa direzione. Anche la scelta di riportare i voti in pagella è molto importante, perché chiarifica una serie di confusioni fatte negli ultimi vent’anni sulla valutazione. Il voto in numeri è certo anch’esso una stima approssimativa che ha componenti soggettive, come è inevitabile, però rappresenta in modo chiaro e non fumoso la valutazione. Viceversa i giudizi erano confusi, pieni di una terminologia a volte insopportabilmente vacua. Ora torniamo a qualcosa di definito e chiaro, che poi è l’unico sistema di valutazione seria.
In questo, come su altri aspetti, le voci critiche parlano di un ritorno al passato.
A chi dice così consiglierei di guardare quello che accade in Inghilterra, dove ci sono i centri Ofsted (Office for Standard of Education) che si occupano della valutazione delle scuole, e per fare questo adottano un sistema di valutazione numerico semplice. Questo è quello che accade fuori d’Italia: non siamo dunque in presenza di un ritorno all’antico, semmai di un ritorno alla ragionevolezza. Non possiamo certo dire che in Inghilterra siano arretrati: valutano con rapporti verbali seguiti da dati numerici, proprio come i voti. Questa è la giusta alternativa a tutte le complicate griglie di valutazione dei docimologi, con terminologia che vuole essere raffinata e invece è solo fumosa
Veniamo al punto dolente, su cui sembrano scatenarsi le proteste più agguerrite: il maestro unico. È una novità così terribile?
Questo è in effetti uno dei temi più controversi, ma è certamente il punto fondamentale. Premetto che non mi sembra assolutamente che sia solo una questione di economia. È fuor di dubbio che la scuola italiana spenda moltissimo, avendo un numero di insegnanti e bidelli spropositato, con un rapporto docenti-studenti molto alto a fronte di risultati modesti. Ma il motivo della scelta del maestro unico non è solo economico. E per capire meglio il problema bisogna precisare che quello che si occulta in questi giorni di propaganda è che la crisi della scuola non è ristretta a medie e superiori, ma riguarda anche le scuole elementari.
Ma come? Dicono tutti che la nostra scuola elementare è l’unica del nostro sistema a brillare nei confronti internazionali…
Se si va a guardare bene, nel caso della scuola primaria i confronti internazionali si basa su una serie di valutazioni fatte con parametri quantitativi, in particolare sull’impiego di risorse; e noi sappiamo bene che lo Stato italiano spende molto e impiega quantità enormi di personali. Ma poi dobbiamo fare un passo in più: se facciamo un’analisi seria, vediamo che la riforma delle elementari è entrata in vigore nel ’90, e le persone più anziane uscite con questa riforma hanno ora circa vent’anni: quello che stiamo constatando è che sono proprio questi a manifestare un crollo delle capacità linguistiche e matematiche. Si potrà dire che è colpa delle medie inferiori, ma sicuramente è un problema che riguarda anche le elementari. Lo si vede bene nei programmi, che sono stati cambiati in toto e sono disastrosi, perché vuoti di contenuto e fatti solo di teoria pedagogistica.
Questo giustifica il ritorno al maestro unico?
Proviamo a guardare la questione dalla prospettiva opposta: il passaggio ai tre maestri era basato sull’idea balzana di introdurre differenze disciplinari in una fase della crescita in cui i bambini non ne hanno bisogno. In prima e seconda elementare le esigenze sono altre. Innanzitutto, è bene che ci sia un punto di riferimento educativo, come dice giustamente la Gelmini; poi stiamo parlando di classi in cui si impara, sostanzialmente, a leggere, scrivere e far di conto. Questa è dunque la fase in cui il bambino viene introdotto al mondo simbolico, sia che si tratti della scrittura, sia che si parli di simboli numerici. È un’unica questione, ed è bene che questa fase sia gestita da una sola persona che abbia chiara l’idea di una connessione tra questi aspetti.
Questo cambiamento nell’impostazione dell’insegnamento elementare dovrà incidere anche sulla formazione dei maestri?
La riforma della preparazione dei maestri si è rivelata un disastro: oggi il maestro dei cosiddetti “moduli”, proprio quello che dovrebbe essere più specializzato, è invece formato con quote di preparazione disciplinare infime. Ci sono moltissimi casi in cui un aspirante maestro si può diplomare avendo seguito un corso di 30 ore di matematica in quattro anni. Storia antica poi non è nei programmi: quindi può diventare maestro chi non sappia nemmeno chi era Giulio Cesare. Non è dunque assolutamente vero che i maestri differenziati hanno maturato maggiori competenze disciplinari: quelli veramente competenti, al contrario, sono quelli di un tempo. I migliori sono ancora quelli che hanno 50 anni o di più; i più giovani dimostrano carenze come quelle dei loro allievi.
Intorno a tutte queste novità si è creato un pesante clima di protesta sociale, con chiari risvolti politici: come giudica questo clima?
In realtà non sono per nulla preoccupato di come reagiscono le famiglie e la società in generale. I sondaggi, su questioni come voto in condotta o voti in pagella, parlano di consensi quasi bulgari; ma anche sul maestro unico la netta maggioranza della gente è a favore. La società in generale è d’accordo con quanto sta facendo il governo, mentre le contestazioni di cui sentiamo parlare sono limitate a un numero ristretto di scuole. Il vero punto è la strumentalizzazione politica di questa protesta. E poi ha grandi responsabilità anche il mondo dell’informazione, che fa da grancassa a questo tipo di manifestazioni.
Cosa risponde a chi dice che il centrodestra ha il difetto principale di guardare alla scuola solo come ad un costo?
I fatti non dicono questo. Le decisioni prese incidono su temi scottanti, perché il fatto di avere deciso – peraltro sulla scia di Fioroni – che i debiti formativi devono essere recuperati ogni anno, dimostra una certa visione della scuola. Certo, i costi ci sono e vanno ridotti: la scuola pubblica è di dimensioni enormi, e purtroppo il privato è ancora poco. Il ministro sta creando i presupposti per riqualificare la scuola pubblica, per dare dignità alla funzione docente, per creare più serietà in classe. Il tentativo è riportare un clima di responsabilità, anche per le famiglie. Un’altra scelta importante è la chiusura delle SSIS, che era una fabbrica di disoccupati in mano a una cricca di potere. Tutto questo dimostra che si possono fare scelte importanti dal punto di vista educativo, attuando anche risparmi di spesa; perché il vero disastro non è la mancanza di risorse, ma il cattivo uso che se ne fa.
EVOLUZIONE/ Un convegno all'insegna della ragionevolezza e non del fanatismo - Mario Gargantini - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.net
La polemica circa i rapporti tra l’evoluzionismo darwiniano e la Chiesa Cattolica ha una caratteristica curiosamente contraddittoria: non evolve. Puntualmente, ad ogni occasione viene rispolverato tutto il campionario dei temi da battaglia, ignorando ciò che nel frattempo il mondo della ricerca, della cultura e della Chiesa hanno prodotto quanto a riflessioni, studi e pubblicazioni. Ad esserne penalizzata è, ancora una volta, la ragione, ovvero la capacità di cogliere quanto la realtà afferma e di comunicarlo senza filtri e riduzionismi.
In questo caso l’occasione è particolare perché si presenta sotto la forma che, in termini calcistici, si direbbe del “contropiede”: non è la Chiesa che si arrocca sulla difensiva di fronte a teorie che, secondo alcuni, minaccerebbero la sua struttura dottrinale, ma è proprio una istituzione vaticana ufficiale come il Pontificio Consiglio della Cultura che promuove, per l’anno darwiniano, un convegno internazionale di alto profilo scientifico - “Biological Evolution: Facts and Theories. A Critical Appraisal 150 Years After The Origin of Species” - con una finalità esclusivamente di contribuire all’avanzamento (all’evoluzione …) delle conoscenze.
Certo lo fa in modo “ragionevole”, cioè critico e sistematico, dando tutto lo spazio necessario agli approfondimenti scientifici disciplinari, ma aprendo il discorso verso tutte le implicazioni che, inevitabilmente, l’evoluzione biologica porta con se. Ma questo è semplicemente un modo serio di affrontare un problema che, per sua natura, appare ricco di interazioni con le altre dimensioni dell’esperienza conoscitiva e che per essere trattato adeguatamente richiede un surplus di informazioni, oltre quelle che le scienze biologiche possono offrire.
Tuttavia la polemica resiste inossidabile ad ogni agente esterno. Hai voglia a segnalare che nei luoghi dove si fa ricerca di punta sull’evoluzione si è ben oltre la neo-sintesi darwiniana (per intenderci, quella che si insegna nelle università) e che si sono aperte nuove piste di indagine a partire da criteri diversi da quelli di Darwin. Niente da fare. La bandiera della modernità è sempre solo quella darwiniana e, soprattutto nel prossimo anno celebrativo, sventolerà solitaria e indiscussa.
Certo, ci sono i guastatori, i tifosi del creazionismo e dell’Intelligent Design, che vorrebbero ammainare del tutto quella bandiera. Ma non è questa la posizione della Chiesa. Anche qui: non sembra sufficiente ricordare le esplicite dichiarazioni sia di Giovanni Paolo II che di Benedetto XVI, il cui insistente richiamo all’importanza del concetto di “Creazione” non ha nulla a che vedere con le tesi dei creazionisti che ricorrono al Creatore come tappabuchi delle lacune della scienza. Certo, una sbrigativa semplificazione terminologica fa la sua parte: la immediata qualifica di “creazionista” a chiunque parli di Creazione è pari soltanto alla scorretta equivalenza di evoluzionismo e evoluzione: ma è un ulteriore esempio del fatto che tanti appelli alla chiarezza sono caduti nel vuoto. E così difficile distinguere tra un fenomeno (l’evoluzione) e una elaborazione ideologica (l’evoluzionismo)?
C’è da augurarsi che il prossimo 2009 non prosegua su un livello puramente reattivo e polemico. Un’iniziativa come quella del Pontificio Consiglio della Cultura, per come è impostata, è già fin d’ora un contributo in senso costruttivo.
EVOLUZIONE/ La Chiesa è l'unica realtà non ideologica nei confronti del darwinismo - Rafael Martínez - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.net
L’annuncio di un convegno internazionale sull’evoluzione organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana in collaborazione con Notre Dame University (Indiana, USA), pone nuovamente in primo piano la questione dell’evoluzionismo in rapporto alla Chiesa Cattolica.
Non a caso il convegno si svolgerà sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, e all’interno di un progetto (STOQ: Science, Theology and the Ontological Quest) che coinvolge altre 6 università pontificie. Le reazioni di fronte di questo evento, organizzato in occasione del bicentenario di Darwin e del 150 anniversario della pubblicazione di “The Origin of Species”, saranno sicuramente contrastanti. Una prima reazione può essere di diffidenza: è già accaduto qualche mese fa, dopo i primi accenni a questa iniziativa.
Una parte dell’opinione pubblica, tra cui anche alcuni scienziati, possono vedere con sospetto (non vorremo dire con pregiudizi) che da parte cattolica si affrontino questioni di carattere scientifico, che stanno al centro della nostra visione del mondo, fisico e biologico.
Non saremmo, si domandano, di fronte ad un tentativo di reinterpretare in chiave “creazionista” l’evoluzione darwinista, magari facendo appello al cosiddetto “Intelligent Design”? Scorrere velocemente l’elenco dei partecipanti dovrebbe bastare a dissipare tale diffidenza. Alcuni tra i più noti esponenti della biologia evolutiva presenteranno lo stato attuale della teoria. Lo scopo dell’iniziativa è, in primo luogo, presentare quello che oggi conosciamo della nostra storia biologica, con il rigore e oggettività della scienza.
È questo che richiede quella prospettiva aperta che è caratteristica della scienza, sempre consapevole del suo carattere provvisorio e critico. Il modello neo-darwinista, o “sintesi moderna dell’evoluzione”, che oggi costituisce il quadro comprensivo generale dei fenomeni biologici, si trova di fronte a svolte di grande trascendenza, ad esempio nello studio della biologia evoluzionistica dello sviluppo (“evo-devo”), del ruolo dei processi epigenetici nei sistemi biologici, o dei processi si auto organizzazione nei sistemi complessi. Nessun tentativo, quindi, de “reinterpretare” l’evoluzione, ma seguendo una tradizione che si rifà ad Agostino, Tommaso d’Aquino e gli insegnamenti degli ultimi Pontefici, partire dalla conoscenza naturale, rispettando la sua giusta autonomia, per poi affrontare poi nelle dimensioni razionali e teologiche il senso e il valore della realtà. Ma c’è da aspettarsi anche una seconda reazione, che potremo chiamare forse di stupore. Non è un controsenso, si chiedono alcuni, che la Chiesa dia voce ad una visione del modo che sembra così in contrasto con una visione cristiana, e perfino credente, della realtà?
È infatti innegabile che la nostra cultura viene sottoposta ad una costante pressione da parte di interpretazioni ideologiche che prendono spunto dall’evoluzione per leggerla in chiave materialista. Qualche volta si arriva perfino ad uno sfacciato “proselitismo ateo”, di cui Richard Dawkins sembra essersi autonominato “cappellano”. E la reazione di fronte a tale pressione, anche se non maggioritaria tra i credenti, viene espressa qualche volta, purtroppo, in maniera pubblica, in modo tale da mettere in ombra le affermazioni tante volte ripetute da Giovanni Paolo II, e ora da Benedetto XVI, sulla possibilità di conciliare fede e scienza. Se è vero che una visione “ideologizzata” delle teorie darwiniste può risultare in contrasto con la fede, ciò non è da attribuire al contenuto scientifico della biologia evolutiva, ma appunto a quella carica ideologica che la accompagna. E non soltanto l’ideologia materialista può deformare il vero senso della scienza; anche molti atteggiamenti “anti-evoluzionisti” trovano alla loro radice un’ideologia che può ostacolare la comprensione dell’armonia tra ragione e fede, tra conoscenza scientifica naturale e conoscenza della realtà soprannaturale.
È quindi essenziale procedere ad un'accurata distinzione fra le teorie scientifiche che oggi ci consentono di comprendere evoluzione nel mondo biologico, e le possibili interpretazioni di carattere filosofico o forse ideologico con cui vengono a volte presentate. Per questo motivo il convegno affronta anche, nella seconda parte un ampio dibattito di carattere antropologico, filosofico e teologico sulle implicazioni che la teoria dell’evoluzione, nelle sue molteplici dimensioni, può oggi avere sui diversi aspetti della razionalità. Come teoria scientifica (o per essere più precisi, come insieme di modelli e teorie scientifiche), la biologia evolutiva non presenta nessun contrasto con la fede. Al contrario, essa può offrire uno stimolo per la stessa riflessione filosofica e teologica. Ciò non significa che le sue relazioni siano state sempre facili. Una nuova teoria, in particolare quando costituisce una sfida al paradigma scientifico comunemente accettato, produce sempre delle tensioni e talvolta scontri. Queste non sono mancate nemmeno nella Chiesa Cattolica, dando origine, negli ultimi decenni del XIX secolo a delle forti tensioni fra chi cercava di condannare l’evoluzione e i suoi sostenitori cattolici, appoggiati anche da importanti rappresentanti della gerarchia ecclesiastica. Le tensioni si sono affievolite nei decenni successivi. Come ricordava Mons. Ravasi nella presentazione del convegno, non si è mai arrivati ad una condanna dell’evoluzione.
È noto che dalla metà del XX secolo, quando la sintesi moderna dell’evoluzione si è definitivamente affermata, la sua piena compatibilità con la dottrina teologica è stata ripetutamente affermata. Le reazioni di diverso segno di fronte alla proposta di una riflessione aperta e non pregiudiziale sull’evoluzione biologica non possono sorprenderci. Semmai, costituiscono un’ulteriore conferma del fatto che oggi sia sempre più necessario affrontare con rigore e oggettività la relazione fra scienza e fede.
Il discorso del Papa al Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana - Effettiva uguaglianza tra scuole statali e paritarie - La scuola cattolica non va considerata come "difesa di un interesse di parte" ma come "contributo prezioso all'edificazione del bene comune dell'intera società italiana". Lo ha affermato il Papa nel discorso ai membri del Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana, ricevuti in udienza nella mattina di giovedì 25 settembre, a Castel Gandolfo, L’Osservatore Romano 26 settembre 2008.
Cari Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle,
l'odierno incontro avviene in occasione del decimo anniversario di fondazione del Centro Studi per la Scuola Cattolica (Cssc), istituito dalla Conferenza Episcopale Italiana come espressione della responsabilità dei Vescovi nei confronti della scuola cattolica, compresi i centri di formazione di ispirazione cristiana. È pertanto una felice circostanza per rinnovare la mia stima e il mio incoraggiamento per quanto sinora è stato fatto in quest'importante settore della vita civile ed ecclesiale. Il mio più cordiale benvenuto a voi, cari fratelli e sorelle qui presenti, che rappresentate, in un certo modo, tutti coloro che ad ogni livello - Cei, Usmi, Cism, Istituti Religiosi educativi, Università, Federazioni, Associazioni, Movimenti laicali ed altre organizzazioni - sono al servizio della scuola cattolica in Italia. A ciascuno giunga il mio affettuoso saluto e la gratitudine della Chiesa per il prezioso servizio, che con la scuola cattolica viene reso all'evangelizzazione della gioventù e del mondo della cultura.
Un saluto speciale dirigo a Mons. Agostino Superbo, Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; ai Vescovi membri della Commissione Episcopale per l'Educazione Cattolica, la Scuola e l'Università, e specialmente al suo Presidente, Mons. Diego Coletti, che si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Le sue parole mi hanno permesso di meglio conoscere i traguardi raggiunti e le prospettive che attendono il Centro Studi per la scuola cattolica. Giunga poi il mio saluto ai partecipanti all'apposito convegno promosso per commemorare questo anniversario, e che ha come tema: "Oltre l'emergenza educativa, la scuola cattolica al servizio dei giovani".
Quanto sia importante la missione della scuola cattolica è stato più volte ribadito in vari interventi dei miei venerati Predecessori, ripresi in significativi documenti dell'Episcopato italiano. Quello della CEI dal titolo "La scuola cattolica oggi in Italia" afferma, ad esempio, che la missione salvifica della Chiesa si compie nella stretta unione tra l'annuncio di fede e la promozione dell'uomo e trova, per questo, particolare sostegno nello strumento privilegiato che è la scuola cattolica, volta alla formazione integrale dell'uomo (cfr. n. 11). E subito dopo aggiunge che "la scuola cattolica è un'espressione del diritto di tutti i cittadini alla libertà di educazione, e del corrispondente dovere di solidarietà nella costruzione della convivenza civile" (n. 12). È pertanto nella prospettiva di consolidare insieme la duplice consapevolezza ecclesiale e civile che l'Episcopato italiano ha avvertito, dieci anni or sono, la necessità di avviare un Centro Studi dedicato alla scuola cattolica. Per essere scelta ed apprezzata, occorre che la scuola cattolica sia conosciuta nel suo intento pedagogico; è necessario che si abbia matura consapevolezza non solo della sua identità ecclesiale e del suo progetto culturale, bensì pure del suo significato civile, che va considerato non come difesa di un interesse di parte, ma come contributo prezioso all'edificazione del bene comune dell'intera società italiana.
Il vostro Centro Studi ha svolto, in questo suo primo decennio di attività, un servizio veramente prezioso alla Chiesa e alla società italiana. Ciò è merito della valida collaborazione instauratasi tra la Cei e i suoi uffici con le Federazioni e Associazioni di scuola cattolica, con la Facoltà di Scienze dell'Educazione dell'Università Pontificia Salesiana, il Ministero per la Pubblica Istruzione, il Comitato Tecnico-Scientifico nel quale sono rappresentate l'Università Cattolica del S. Cuore e la Lumsa, e con quanti a qualsiasi titolo hanno collaborato alle sue attività.
Grazie a tale costante intesa, il Centro Studi è riuscito a svolgere un attento monitoraggio sulla situazione della scuola cattolica in Italia, seguendo con particolare interesse le vicende della parità e delle riforme della scuola in Italia. A questo proposito, è stato evidenziato che la frequenza alla scuola cattolica in alcune regioni d'Italia è in crescita rispetto al decennio precedente, anche se perdurano situazio"ni difficili e talora persino critiche. Proprio nel contesto del rinnovamento a cui si vorrebbe tendere da chi ha a cuore il bene dei giovani e del Paese, occorre favorire quella effettiva uguaglianza tra scuole statali e scuole paritarie, che consenta ai genitori opportuna libertà di scelta circa la scuola da frequentare.
Cari fratelli e sorelle, l'anniversario che state commemorando è certamente un'occasione propizia per proseguire con rinnovato entusiasmo il servizio che state svolgendo con profitto. In particolare vi incoraggio a focalizzare il vostro impegno, come è già vostra intenzione, nei seguenti cinque settori: la diffusione di una cultura rivolta a qualificare la pedagogia della scuola cattolica in ordine alla finalità dell'educazione cristiana; il monitoraggio della qualità e la raccolta dati sulla situazione della scuola cattolica; l'avvio di nuove ricerche per approfondire le emergenze educative, culturali e organizzative oggi rilevanti; l'approfondimento della cultura della parità non sempre apprezzata, quando non segnata da equivoche interpretazioni; l'incremento della proficua collaborazione con le Federazioni/Associazioni di scuola cattolica nel rispetto delle reciproche competenze e finalità.
Affido la vostra attività e i futuri progetti alla materna intercessione di Maria, Regina della famiglia e Sede della Sapienza, mentre, vi ringrazio per questa vostra visita e con affetto tutti vi benedico.
(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2008)
26 settembre 2008 - Non solo bagnasco, c’è un confronto sottotraccia - Il testamento biologico divide eccome, ma in modo un po’ ovattato – Dal Foglio.it
“Nessuna svolta”, era stato il commento di monsignor Elio Sgreccia, già presidente della Pontificia accademia per la vita. “Nulla è mutato”, ha ribadito ieri, intervistato da Avvenire, il cardinale Camillo Ruini; aggiungendo “in tutta franchezza” di condividere “le preoccupazioni espresse da Giuliano Ferrara”. E di volerlo “rassicurare” sul fatto che scopo della legge, come è tornata a spiegare Eugenia Roccella sul Giornale, sarebbe quello di fermare “il lungo movimento sotterraneo che avrebbe voluto condurre all’eutanasia senza nemmeno passare dal Parlamento”, lasciando il malato “sul pendio scivoloso dell’arbitrio di un giudice”.
La raffica di autorevoli interventi e precisazioni volti a puntualizzare, e a circoscrivere, le parole del cardinale Angelo Bagnasco all’assemblea della Cei indicano, di riflesso, l’esistenza nel mondo cattolico di un dibattito acceso, pur nei modi tradizionalmente ovattati. La “svolta tattica”, come qualcuno la chiama, sulla legislazione di fine vita è arrivata forse in modo troppo verticale e repentino per essere subito metabolizzata da quei settori più impegnati, e da anni, sui temi bioetici. Realisti e intransigenti discutono nel Movimento per la Vita; e va notato che sull’ultimo numero di Medicina & Morale, la rivista bioetica della Cattolica, Carlo Casini e Maria Luisa Di Pietro, presidente di Scienza & Vita hanno firmato insieme un articolo sul caso Englaro, assai problematico sulle sue eventuali ricadute legislative. Dura contrarietà invece dal comitato Verità e Vita, retto dal bioeticista Mario Palmaro, voce dell’ala intransigente del mondo pro life.
Non uniforme è anche il mondo dei Medici cattolici, nonostante un comunicato dell’Amci di Milano aveva salutato con “estremo piacere” le aperture che rimbalzavano a fine agosto dal Meeting di Rimini. L’unanimismo non appartiene neppure a un movimento sempre compatto e attento alle indicazioni della Cei come Cl, e che ha visto un politico come Maurizio Lupi (Pdl) tra i primi a schierarsi assieme a Roccella sull’opportunità della legge. Sul giornale online di area Compagnia delle opere, il Sussidiario.net, Assuntina Morresi ha approvato la necessità della nuova linea, motivandola con i rischi del vuoto legislativo dopo il caso Englaro. Le ha risposto senza condividere, tra gli altri, Felice Achilli, presidente di Medicina e persona, l’associazione di settore ciellina. Secondo il quale “il problema non è la sussistenza di un ‘vuoto normativo’”, che invece è adeguatamente presidiato dalla Costituzione e dalla deontologia medica.
Il nocciolo duro delle perplessità sta nel convincimento di molti che introdurre una legge sul fine vita, anche se verrà fatto con ogni accortezza, finirà per creare mentalità, rafforzando l’idea già diffusa che esista una “vita non più degna”. Inoltre per molti medici, tra cui Achilli, la legge minerebbe la fiducia del paziente nel medico, che invece è proprio il vulnus da curare.
I segnali maggiori vengono comunque da Scienza & Vita, il pensatoio bioetico ruiniano. L’annuncio di Roccella sulla legge aveva causato più di uno scossone interno, e ieri finalmente si è riunito a Roma il direttivo per decidere la linea da seguire.
Ne è uscito ovviamente un appoggio a Bagnasco, ma intessuto di molte cautele: “Scienza & Vita ribadisce i principi che ha sempre sostenuto a tutela della vita umana e della sua indisponibilità e auspica che un eventuale intervento legislativo si ispiri a quel ‘favor vitae’ che è la vera matrice unificante dei valori costituzionali”, si legge nel comunicato. All’ordine del giorno c’erano anche le dimissioni del professor Adriano Pessina, che aveva abbandonato polemicamente proprio a causa della svolta sul testamento biologico. Le dimissioni sono state respinte, rilanciando almeno nella forma le possibilità di dialogo tra posizioni differenti che, pare di capire, non sono solo quelle di Pessina. Urge dibattito, e al momento sono latitanti molti politici di centrodestra che, negli anni scorsi, si sono più spesso fatti sentire su questi temi.
26 settembre 2008 - Fatta l’Alitalia, bisogna fare gli alitaliani - Il successo politico di Berlusconi c’è tutto, quello economico si vedrà – Dal Foglio.it
Se alla fine, come pare, la nuova mezza Alitalia potrà decollare, si potrà dire che è stato raggiunto il risultato politico: quello di dimostrare che, seppure con qualche vigorosa spinta, si è potuta mettere insieme una compagine imprenditoriale disposta a investire sulla bandiera già praticamante ammainata della compagnia aerea nazionale. Se poi a questo successo politico e di immagine seguiranno anche effetti economici altrettanto lusinghieri è proprio difficile dire. Il fatto stesso che il leader dell’opposizione si sbracci ad attribuirsi il merito, per la verità assai dubbio, di aver dato la spinta finale alla conclusione dell’accordo è una prova del valore che questo assume nell’opinione generale e del rischio che correvano coloro che si fossero iscritti al partito del fallimento.
L’accordo sottoscritto anche dalla Cgil è esattamente lo stesso della settimana scorsa, con una precisazione sull’impegno a riassumere per primi, quando ce ne saranno le condizioni, gli “esuberi” di oggi, che in realtà non cambia di una virgola il piano industriale. Guglielmo Epifani però ha potuto sostenere con una certa impudenza che “senza la Cgil non si fa nulla”. Insomma si è perso un po’ di tempo per cercare di mettere un pennacchio propagandistico palesemente posticcio, ma contenti loro, contenti tutti. Ora i bastian contrari delle associazioni professionali sono definitivamente isolati, prendono tempo ma ormai non hanno spazio. Questo è, allo stato dei fatti, l’esito: un’altra vittoria politica, un altro interrogativo economico.
SCUOLA CATTOLICA, FATTO DI GIUSTIZIA - IL PRE-GIUDIZIO NE FA UNA RISERVA INDIANA - GIORGIO PAOLUCCI, Avvenire, 26 settembre 2008
Una volta le chiamavano 'le scuole dei preti'. E nell’immaginario collettivo di molti, lo sono ancora. La scuola cattolica? Una specie di ghetto dorato frequentato da gente benestante. Roba da ricchi, roba per pochi. Pregiudizi che crollano se confrontati con la realtà. Basterebbe fare un giro negli istituti fondati per l’educazione del popolo da tante congregazioni religiose e, sempre più numerose, da associazioni e cooperative di famiglie: gli asili parrocchiali, i centri di formazione professionale – solo per fare due esempi tra i più noti –, ma anche tante scuole elementari, medie e superiori. Una proposta per chiunque. Per i ricchi e per i poveri. Perché l’educazione non è affare per pochi, ma necessità di tutti. Ed è un dinamismo che per mettersi in azione e per continuare a vivere ha bisogno della libertà, come un uomo ha bisogno dell’aria per respirare.
Senza libertà, l’educazione soffoca. Per questo, chi chiede libertà di educazione non difende un privilegio ma rivendica un sacrosanto diritto civile. Lo ha ricordato ieri, per l’ennesima volta, Benedetto XVI ricevendo i rappresentanti della scuola cattolica: «È necessario che si abbia matura consapevolezza non solo della sua identità ecclesiale e del suo progetto culturale, bensì pure del suo significato civile, che va considerato non come difesa di un interesse di parte, ma come contributo prezioso all’edificazione del bene comune dell’intera società italiana ».
Dal 2000 è stato introdotto in Italia il sistema paritario che riconosce alle scuole non statali (che offrano determinati requisiti) lo stesso ruolo riconosciuto a quelle di proprietà dello Stato. Tutte insieme, con pari dignità, svolgono un servizio pubblico. Un riconoscimento sul piano dei principi, al quale però non ha fatto seguito un adeguato sostegno finanziario. Una specie di medaglia al valore, che certo non allevia la situazione di tanti istituti costretti a fare i conti con crescenti difficoltà di bilancio. Ogni anno lo Stato italiano risparmia 6 miliardi di euro grazie al servizio educativo prestato a un milione di giovani dalle dodicimila scuole cattoliche, alle quali eroga soltanto 500 milioni. E rari – quanto benemeriti e profetici – sono i casi di Regioni che hanno imboccato la strada di un contributo economico alle famiglie. In definitiva i conti non tornano: questa parità è zoppa.
I conti non tornano nelle casse degli istituti e di tanti genitori che spesso sopportano enormi sacrifici economici per pagare le rette di iscrizione e frequenza. Magari rimandando nel tempo il cambio di un’automobile già vecchia, o risparmiando sull’abbigliamento, sulle vacanze, sulle spese di casa. Si stringe la cinghia per un bene più grande: offrire ai propri figli un’educazione armonica con quella che viene offerta tra le mura di casa. È un privilegio, questo? O non è piuttosto il sogno di ogni padre e di ogni madre? Ci sono tanti modi con cui lo Stato può battere un colpo sul piano economico a favore di un sistema realmente paritario: intervenendo a favore dei singoli istituti, aiutando direttamente le famiglie o realizzando una politica fiscale che permetta – attraverso un sistema di detrazioni – di alleviare il peso delle rette. Ma al di là del legittimo dibattito sugli strumenti più adeguati per realizzare una parità effettiva, c’è un «pre-giudizio» culturale col quale fare i conti: quello che guarda al mondo della scuola cattolica come a una sorta di riserva indiana nella quale tenere confinata una parte della società italiana. È tempo di superare questo pregiudizio – e sarebbe un segnale di vera modernità –, prendendo atto di una realtà che racconta di migliaia di insegnanti e dirigenti che lavorano per il bene comune. Che ogni giorno si spendono per mettere in campo risposte qualificate e piene di 'senso' a quell’emergenza educativa da tempo denunciata come il più insidioso virus che sta minando la nostra convivenza.
Gelmini: più libertà di educazione impegni - Il ministro annuncia l’intenzione di dare piena attuazione alla legge. Dal confronto è emersa l’immagine di una «comunità con una grande passione educativa» - Avvenire, 26 settembre 2008
DAL NOSTRO INVIATO A ROCCA DI PAPA (ROMA)
GIANNI SANTAMARIA
U na comunità educativa aperta a tutti, che si preoccupa di formare le nuove generazioni a beneficio dell’intera società. Che, però, ha bisogno di essere sostenuta finanziariamente, perché rischia di restare schiacciata tra pubblico (pur svolgendo essa stessa un tale ruolo) e privato orientato al mercato. Questo il ritratto della presenza dei cattolici tra i banchi che è emerso ieri dal convegno Oltre l’emergenza educativa. La scuola cattolica al servizio dei giovani, organizzato dalla Cei a Rocca di Papa per i dieci anni del Centro studi per la scuola cattolica. In duecento, tra rappresentanti delle varie federazioni che articolano questo mondo, presidi e dirigenti scolastici, docenti universitari, soprattutto pedagogisti, e rappresentanti del Movimento cat- tolico studenti, una ventina di ragazzi e ragazze. Hanno accolto con entusiasmo l’incoraggiamento del Papa, che li ha ricevuti nella vicina Castelgandolfo, e hanno ascoltato le sue parole sulla necessità di garantire eguaglianza tra statali e paritarie e sull’effettivo esercizio della libertà educativa. Sono questi i termini che hanno tenuto banco nella giornata. Ma l’applauso più fragoroso lo ha ricevuto il vescovo di Palestrina e assistente nazionale dell’Azione cattolica Domenico Sigalini, quando ha messo al centro di tutto la «passione educativa ». Il presule ha preso parte a una tavola rotonda con Ernesto Galli Della Loggia (che ha definito «espressione fortissima» l’emergenza educativa, puntando il dito contro l’egualitarismo, la fumosità e la incapacità di dare un insegnamento di spessore, che hanno rovinato la scuola) e le pedagogiste Carmela Di Agresti e Maria Luisa Di Natale. Ad aprirla il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. «Il paese ha bisogno della scuole cattoliche che diffondono valori incentrati sulla persona e per ripristinare un rapporto di collaborazione con le famiglie. Il Governo è impegnato a dare piena e concreta attuazione al principio della libertà educativa e della parità», ha detto. Un segno di attenzione è che sarà ripristinato un ufficio (prima c’era un dipartimento intero) presso il ministero, dedicato alla paritaria, per snellire le procedure e rendere paritetico il rapporto tra queste e le statali.
«Il mercato è entrato prepotentemente e ci ha superato persino a livello di servizio all’infanzia», sottolinea don Bruno Stenco, direttore dell’Ufficio Cei per l’educazione, la scuola e l’università. Negli ultimi dieci anni 500 secondarie superiori hanno dovuto chiudere i battenti. Inoltre «c’è una cultura della parità che arretra. L’opinione pubblica è convinta che ciò che viene dato a queste scuole, che ottemperano ai criteri generali, viene sottratto alla collettività», prosegue Stenco. Non è così. Ma «non bisogna scoraggiarsi. Qualcosa potrebbe essere ottenuto più attraverso politiche familiari che non scolastiche, come la detraibilità delle spese, mettendo al centro la libertà educativa delle famiglie ». Sovvenzioni dirette ci sono «ma non sono sufficienti», anzi dal 2001 sono diminuite, arrivando a 500 milioni. «A fronte, però di un risparmio per lo Stato di 6 miliardi. E il finanziamento riguarda quelle dell’infanzia e le primarie, le superiori non ricevono praticamente niente». Sono proprio gli istituti più difficili da gestire per una piccola comunità, ad esempio parrocchiale, ma anche da cooperative di docenti o famiglie. Tant’è che , guardando alle oltre 12mila scuole cattoliche si nota che le circa duemila primarie, le altrettante medie, le superiori - poco meno di mille - sono in maggioranza gestite da religiosi, che hanno dietro di sé la struttura di un ordine: le materne, che sono 8.700, solo nel 29% dei casi. Soprattutto al nord di queste ultime si fa carico la comunità cristiana nel suo insieme. Si tratta, dunque, di lavorare in rete. Dentro la Chiesa. In nome della pastorale integrata. Lo ha sottolineato il vicepresidente della Cei, Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza. «Solo così è possibile un progetto educativo organico». E al di fuori. Come ha rimarcato il presidente della Commissione episcopale di settore, Diego Coletti, pastore a Como: la scuola cattolica non è un «orto chiuso, vuole essere di stimolo all’intero sistema. Parità è riconoscere questa presenza, che però non sta in piedi senza un esercizio reale della libertà educativa». Si tratta, infine, anche di conoscere bene l’identikit di queste scuole, spesso di ispirazione religiosa ma gestite da enti i più vari. E’ in corso, dunque, ha raccontato il direttore del Centro studi, il salesiano don Guglielmo Malizia, una vera e propria anagrafe degli istituti.
1) S.S. Maria a Medjugorje: Messaggio del 25 settembre 2008 - Cari figli, sia la vostra vita nuovamente una decisione per la pace. Siate gioiosi portatori della pace e non dimenticate che vivete in un tempo di grazia dove Dio attraverso la mia presenza vi da' grandi grazie. Non chiudetevi, figlioli, ma sfruttate questo tempo e cercate il dono della pace e dell’amore per la vostra vita perché diventiate testimoni per gli altri. Vi benedico con la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
2) 26/09/2008 10:33 – VIETNAM - Picchiatori di nuovo in azione a Hanoi, fin davanti all’arcivescovado di J.B. An Dang - Distrutta una croce di ferro che era stata eretta nel giardino della ex delegazione apostolica. I redentoristi chiedono il rispetto della legge. Commissione Usa per la libertà religiosa chiede al Dipartimento di Stato di rimettere Hanoi tra i Paesi che la violano più gravemente.
3) 26/09/2008 11:15 - TIBET - INDIA – CINA - Oltre 1.000 monaci e molti civili tibetani “scomparsi” dopo la repressione di marzo di Nirmala Carvalho - Arrestati a marzo o semplicemente scomparsi: da allora parenti e amici non sanno nemmeno dove siano, o se sono ancora vivi. Un appello a governi, enti e Nazioni Unite perché non li dimentichino.
4) SCUOLA/ Israel: gli italiani stanno apprezzando le novità introdotte dalla Gelmini - INT. Giorgio Israel - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.it
5) EVOLUZIONE/ Un convegno all'insegna della ragionevolezza e non del fanatismo - Mario Gargantini - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.net
6) EVOLUZIONE/ La Chiesa è l'unica realtà non ideologica nei confronti del darwinismo - Rafael Martínez - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.net
7) Il discorso del Papa al Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana - Effettiva uguaglianza tra scuole statali e paritarie - La scuola cattolica non va considerata come "difesa di un interesse di parte" ma come "contributo prezioso all'edificazione del bene comune dell'intera società italiana". Lo ha affermato il Papa nel discorso ai membri del Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana, ricevuti in udienza nella mattina di giovedì 25 settembre, a Castel Gandolfo, L’Osservatore Romano 26 settembre 2008.
8) 26 settembre 2008 - Non solo bagnasco, c’è un confronto sottotraccia - Il testamento biologico divide eccome, ma in modo un po’ ovattato – Dal Fogli.it
9) 26 settembre 2008 - Fatta l’Alitalia, bisogna fare gli alitaliani - Il successo politico di Berlusconi c’è tutto, quello economico si vedrà – Dal Foglio.it
10) SCUOLA CATTOLICA, FATTO DI GIUSTIZIA - IL PRE-GIUDIZIO NE FA UNA RISERVA INDIANA - GIORGIO PAOLUCCI, Avvenire, 26 settembre 2008
11) Gelmini: più libertà di educazione impegni - Il ministro annuncia l’intenzione di dare piena attuazione alla legge. Dal confronto è emersa l’immagine di una «comunità con una grande passione educativa» - Avvenire, 26 settembre 2008
26/09/2008 10:33 – VIETNAM - Picchiatori di nuovo in azione a Hanoi, fin davanti all’arcivescovado
di J.B. An Dang - Distrutta una croce di ferro che era stata eretta nel giardino della ex delegazione apostolica. I redentoristi chiedono il rispetto della legge. Commissione Usa per la libertà religiosa chiede al Dipartimento di Stato di rimettere Hanoi tra i Paesi che la violano più gravemente.
Hanoi (AsiaNews) – Nuovo attacco, ieri pomeriggio, contro i fedeli di Hanoi in preghiera davanti al complesso della ex delegazione apostolica. Questa volta, però, i picchiatori di regime sono arrivati fino alla porta dell’arcivescovado gridando slogan nei quali chiedono la testa di mons. Ngo Quang Kiet. Nel raid è stata distrutta una croce di ferro che era stata innalzata nel terreno e portata via una statua della Pietà che era nell’edificio già prima che le autorità comunali si impadronissero del complesso, nel 1959.
I picchiatori (nella foto, con le tute blu) sono arrivati alle 16. Seguendo una scenografia da sempre cara agli stalinisti, i bus statali hanno portato insieme a loro membri delle associazioni comuniste, giovani, veterani. Persone che, come ha detto un agente, rappresentavano “la rabbia del popolo” contro i cattolici ed in particolare dell’arcivescovo. Nguyen The Thao, presidente del Comitato popolare (il municipio) della capitale li ha infatti definiti “un pericolo” e ha chiesto di “difendere lo Stato”.
Arrivati sul posto, gli attori di questa drammatica commedia si sono lanciati contro i cattolici riuniti in preghiera e poi si sono diretti verso la vicina sede dell’arcivescovado, gridando slogan contro l’arcivescovo e inneggianti al comunismo. Sacerdoti e impiegati hanno chiuso tutte le porte. La polizia, presente in forze, stava a guardare. Alcuni agenti hanno anche dato una mano a distruggere la croce di ferro eretta a gennaio nel giardino delle ex delegazione ed a caricare su un camion la statua della Pietà, che era nell’edificio.
Alcuni cattolici si sono rifugiati nella cattedrale di San Giuseppe ed hanno cominciato a suonare le campane, per chiamare in soccorso i fedeli delle parrocchie vicine. A quel punto, la polizia ha detto ai picchiatori di andar via, per evitare lo scontro con quanti stavano accorrendo.
Sul piano legale, va invece registrato che mercoledì il redentorista padre Nguyen The Hien è andato alla sede del Comitato popolare per chiedere il rispetto delle leggi. “In base alla normativa attuale – egli ha detto – si possono fare tre ricorsi contro le decisioni delle autorità. Dopo di che, se le nostre petizioni vengono respinte, possiamo portare la controversia in tribunale. Perché allora avete annunciato la decisione di trasformare il complesso in un parco, quando è stato respinto il primo ricorso e noi possiamo ancora procedere legalmente?”.
Dagli Stati Uniti, intanto, arriva la notizia che la Commission on International Religious Freedom, che tutela la libertà religiosa, ha chiesto al Dipartimento di Stato di tornare a mettere il Vietnam tra i peggiori violatori di tale diritto ed al governo di Hanoi di “liberare immediatamente” gli attivisti per i diritti umani ed i fedeli cattolici ingiustamente imprigionati.
26/09/2008 11:15 - TIBET - INDIA – CINA - Oltre 1.000 monaci e molti civili tibetani “scomparsi” dopo la repressione di marzo di Nirmala Carvalho - Arrestati a marzo o semplicemente scomparsi: da allora parenti e amici non sanno nemmeno dove siano, o se sono ancora vivi. Un appello a governi, enti e Nazioni Unite perché non li dimentichino.
New Delhi (AsiaNews) – Più di 1.000 monaci tibetani sono ancora “spariti” nella mani della polizia cinese, dalla repressione del marzo 2008. Il Centro tibetano per diritti umani e democrazia (Tchrd) denuncia che solo di pochi si hanno notizie, mentre per gli altri si ignora persino dove siano.
Da marzo sono scomparsi 80 monaci del monastero Drepung, alla periferia di Lhasa, tra i principali artefici delle proteste. Il governo del Tibet ha colpito soprattutto i monaci che allora erano in visita nei monasteri, ma provenienti da altre regioni, come le zone di Amdo e Kham, esterne al Tibet. Tra questi Lobsang, proveniente dalla contea di Lhatse (prefettura di Shigatse) che all’epoca era a Drepung: da marzo è scomparso e si ignora dove sia.
I monaci Thabkhey e Tsundue del monastero Labrang, il 7 aprile nella contea Sangchu (o Xiahe Xian) nel Gansu hanno avvicinato il gruppo di giornalisti esteri che Pechino ha portato nella zona per dimostrare che tutto era normale. Hanno raccontato cosa succedeva davvero. Da allora sono scomparsi. Ai parenti, la polizia risponde che non sono stati arrestati e non ha notizie.
Tchrd denuncia la scomparsa anche di studenti e cittadini. Come Migmar Dhondup, ex studente diplomato nel 1995 proveniente dalla contea Dingri (Shigatse), impiegato a Lhasa come guida turistica, anche lui scomparso da marzo, non si sa nemmeno perché.
Solo di qualcuno degli “scomparsi” si è avuta notizia, dopo mesi di detenzione arbitraria. La monaca Guru, 25 anni, dell’istituto Samtenling a.ka. Atak, nella contea Drango (Sichuan), è scomparsa dopo aver partecipato alle proteste di giugno nella zona. Si è saputo della sua morte solo quando due altre monache detenute, Tsering Tso e Ugyen Lhamo, sono state condannate a 2 anni di carcere.
In questa situazione, Tchrd esprime “profonda preoccupazione per il destino dei tibetani detenuti in modo arbitrario e spariti dalle proteste di marzo” e chiede alla comunità internazionale e al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite per le Sparizioni forzate e involontarie di insistere con Pechino per avere notizie e perché termini questa crudele pratica che vuole ridurre al silenzio i dissidenti tibetani e le loro famiglie.
La questione tibetana ha infiammato il percorso della torcia olimpica ad aprile e maggio, con proteste di decine di migliaia di persone a Londra, Parigi, San Francisco e altrove. A tutt'oggi appare dimenticata, mentre monaci e dimostranti tibetani rimangono in carcere.
SCUOLA/ Israel: gli italiani stanno apprezzando le novità introdotte dalla Gelmini - INT. Giorgio Israel - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.it
Siamo alla vigilia di due appuntamenti importanti per il mondo della scuola: lunedì approda in aula alla Camera il decreto Gelmini, dopo l’approvazione in Commissione Cultura; contemporaneamente è previsto l’avvio ufficiale, questo fine settimana, delle proteste di piazza organizzate da opposizione e sindacati. “Scuola day”: questo il titolo che il Pd ha dato a queste manifestazioni, a dimostrare l’intenzione di difendere la scuola dai presunti attacchi del governo. Ma la gente comune, gli studenti e le famiglie, sono veramente sul piede di guerra contro le proposte del ministro Gelmini? Giorgio Israel, docente di Matematica alla Sapienza di Roma e direttamente impegnato sul tema scuola (partecipa a un tavolo di lavoro del Ministero per ridefinire i profili di formazione degli insegnanti), è convinto del contrario: gli italiani stanno apprezzando il lavoro della Gelmini, come dimostrano i sondaggi che effettivamente parlano di un ampio consenso sui provvedimenti più noti in campo scolastico. Le proteste dunque non sono altro che «strumentalizzazioni politiche».
Professor Israel, in questi primi mesi di attività il ministro Gelmini ha apportato una serie di piccole innovazioni, che permettono già di avere un’idea del suo operato: qual è in sintesi il suo giudizio su questi provvedimenti?
Il fatto di porsi l’obiettivo di riportare un minimo di disciplina nella scuola è secondo me una questione essenziale: il voto in condotta è un segnale molto preciso in questa direzione. Anche la scelta di riportare i voti in pagella è molto importante, perché chiarifica una serie di confusioni fatte negli ultimi vent’anni sulla valutazione. Il voto in numeri è certo anch’esso una stima approssimativa che ha componenti soggettive, come è inevitabile, però rappresenta in modo chiaro e non fumoso la valutazione. Viceversa i giudizi erano confusi, pieni di una terminologia a volte insopportabilmente vacua. Ora torniamo a qualcosa di definito e chiaro, che poi è l’unico sistema di valutazione seria.
In questo, come su altri aspetti, le voci critiche parlano di un ritorno al passato.
A chi dice così consiglierei di guardare quello che accade in Inghilterra, dove ci sono i centri Ofsted (Office for Standard of Education) che si occupano della valutazione delle scuole, e per fare questo adottano un sistema di valutazione numerico semplice. Questo è quello che accade fuori d’Italia: non siamo dunque in presenza di un ritorno all’antico, semmai di un ritorno alla ragionevolezza. Non possiamo certo dire che in Inghilterra siano arretrati: valutano con rapporti verbali seguiti da dati numerici, proprio come i voti. Questa è la giusta alternativa a tutte le complicate griglie di valutazione dei docimologi, con terminologia che vuole essere raffinata e invece è solo fumosa
Veniamo al punto dolente, su cui sembrano scatenarsi le proteste più agguerrite: il maestro unico. È una novità così terribile?
Questo è in effetti uno dei temi più controversi, ma è certamente il punto fondamentale. Premetto che non mi sembra assolutamente che sia solo una questione di economia. È fuor di dubbio che la scuola italiana spenda moltissimo, avendo un numero di insegnanti e bidelli spropositato, con un rapporto docenti-studenti molto alto a fronte di risultati modesti. Ma il motivo della scelta del maestro unico non è solo economico. E per capire meglio il problema bisogna precisare che quello che si occulta in questi giorni di propaganda è che la crisi della scuola non è ristretta a medie e superiori, ma riguarda anche le scuole elementari.
Ma come? Dicono tutti che la nostra scuola elementare è l’unica del nostro sistema a brillare nei confronti internazionali…
Se si va a guardare bene, nel caso della scuola primaria i confronti internazionali si basa su una serie di valutazioni fatte con parametri quantitativi, in particolare sull’impiego di risorse; e noi sappiamo bene che lo Stato italiano spende molto e impiega quantità enormi di personali. Ma poi dobbiamo fare un passo in più: se facciamo un’analisi seria, vediamo che la riforma delle elementari è entrata in vigore nel ’90, e le persone più anziane uscite con questa riforma hanno ora circa vent’anni: quello che stiamo constatando è che sono proprio questi a manifestare un crollo delle capacità linguistiche e matematiche. Si potrà dire che è colpa delle medie inferiori, ma sicuramente è un problema che riguarda anche le elementari. Lo si vede bene nei programmi, che sono stati cambiati in toto e sono disastrosi, perché vuoti di contenuto e fatti solo di teoria pedagogistica.
Questo giustifica il ritorno al maestro unico?
Proviamo a guardare la questione dalla prospettiva opposta: il passaggio ai tre maestri era basato sull’idea balzana di introdurre differenze disciplinari in una fase della crescita in cui i bambini non ne hanno bisogno. In prima e seconda elementare le esigenze sono altre. Innanzitutto, è bene che ci sia un punto di riferimento educativo, come dice giustamente la Gelmini; poi stiamo parlando di classi in cui si impara, sostanzialmente, a leggere, scrivere e far di conto. Questa è dunque la fase in cui il bambino viene introdotto al mondo simbolico, sia che si tratti della scrittura, sia che si parli di simboli numerici. È un’unica questione, ed è bene che questa fase sia gestita da una sola persona che abbia chiara l’idea di una connessione tra questi aspetti.
Questo cambiamento nell’impostazione dell’insegnamento elementare dovrà incidere anche sulla formazione dei maestri?
La riforma della preparazione dei maestri si è rivelata un disastro: oggi il maestro dei cosiddetti “moduli”, proprio quello che dovrebbe essere più specializzato, è invece formato con quote di preparazione disciplinare infime. Ci sono moltissimi casi in cui un aspirante maestro si può diplomare avendo seguito un corso di 30 ore di matematica in quattro anni. Storia antica poi non è nei programmi: quindi può diventare maestro chi non sappia nemmeno chi era Giulio Cesare. Non è dunque assolutamente vero che i maestri differenziati hanno maturato maggiori competenze disciplinari: quelli veramente competenti, al contrario, sono quelli di un tempo. I migliori sono ancora quelli che hanno 50 anni o di più; i più giovani dimostrano carenze come quelle dei loro allievi.
Intorno a tutte queste novità si è creato un pesante clima di protesta sociale, con chiari risvolti politici: come giudica questo clima?
In realtà non sono per nulla preoccupato di come reagiscono le famiglie e la società in generale. I sondaggi, su questioni come voto in condotta o voti in pagella, parlano di consensi quasi bulgari; ma anche sul maestro unico la netta maggioranza della gente è a favore. La società in generale è d’accordo con quanto sta facendo il governo, mentre le contestazioni di cui sentiamo parlare sono limitate a un numero ristretto di scuole. Il vero punto è la strumentalizzazione politica di questa protesta. E poi ha grandi responsabilità anche il mondo dell’informazione, che fa da grancassa a questo tipo di manifestazioni.
Cosa risponde a chi dice che il centrodestra ha il difetto principale di guardare alla scuola solo come ad un costo?
I fatti non dicono questo. Le decisioni prese incidono su temi scottanti, perché il fatto di avere deciso – peraltro sulla scia di Fioroni – che i debiti formativi devono essere recuperati ogni anno, dimostra una certa visione della scuola. Certo, i costi ci sono e vanno ridotti: la scuola pubblica è di dimensioni enormi, e purtroppo il privato è ancora poco. Il ministro sta creando i presupposti per riqualificare la scuola pubblica, per dare dignità alla funzione docente, per creare più serietà in classe. Il tentativo è riportare un clima di responsabilità, anche per le famiglie. Un’altra scelta importante è la chiusura delle SSIS, che era una fabbrica di disoccupati in mano a una cricca di potere. Tutto questo dimostra che si possono fare scelte importanti dal punto di vista educativo, attuando anche risparmi di spesa; perché il vero disastro non è la mancanza di risorse, ma il cattivo uso che se ne fa.
EVOLUZIONE/ Un convegno all'insegna della ragionevolezza e non del fanatismo - Mario Gargantini - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.net
La polemica circa i rapporti tra l’evoluzionismo darwiniano e la Chiesa Cattolica ha una caratteristica curiosamente contraddittoria: non evolve. Puntualmente, ad ogni occasione viene rispolverato tutto il campionario dei temi da battaglia, ignorando ciò che nel frattempo il mondo della ricerca, della cultura e della Chiesa hanno prodotto quanto a riflessioni, studi e pubblicazioni. Ad esserne penalizzata è, ancora una volta, la ragione, ovvero la capacità di cogliere quanto la realtà afferma e di comunicarlo senza filtri e riduzionismi.
In questo caso l’occasione è particolare perché si presenta sotto la forma che, in termini calcistici, si direbbe del “contropiede”: non è la Chiesa che si arrocca sulla difensiva di fronte a teorie che, secondo alcuni, minaccerebbero la sua struttura dottrinale, ma è proprio una istituzione vaticana ufficiale come il Pontificio Consiglio della Cultura che promuove, per l’anno darwiniano, un convegno internazionale di alto profilo scientifico - “Biological Evolution: Facts and Theories. A Critical Appraisal 150 Years After The Origin of Species” - con una finalità esclusivamente di contribuire all’avanzamento (all’evoluzione …) delle conoscenze.
Certo lo fa in modo “ragionevole”, cioè critico e sistematico, dando tutto lo spazio necessario agli approfondimenti scientifici disciplinari, ma aprendo il discorso verso tutte le implicazioni che, inevitabilmente, l’evoluzione biologica porta con se. Ma questo è semplicemente un modo serio di affrontare un problema che, per sua natura, appare ricco di interazioni con le altre dimensioni dell’esperienza conoscitiva e che per essere trattato adeguatamente richiede un surplus di informazioni, oltre quelle che le scienze biologiche possono offrire.
Tuttavia la polemica resiste inossidabile ad ogni agente esterno. Hai voglia a segnalare che nei luoghi dove si fa ricerca di punta sull’evoluzione si è ben oltre la neo-sintesi darwiniana (per intenderci, quella che si insegna nelle università) e che si sono aperte nuove piste di indagine a partire da criteri diversi da quelli di Darwin. Niente da fare. La bandiera della modernità è sempre solo quella darwiniana e, soprattutto nel prossimo anno celebrativo, sventolerà solitaria e indiscussa.
Certo, ci sono i guastatori, i tifosi del creazionismo e dell’Intelligent Design, che vorrebbero ammainare del tutto quella bandiera. Ma non è questa la posizione della Chiesa. Anche qui: non sembra sufficiente ricordare le esplicite dichiarazioni sia di Giovanni Paolo II che di Benedetto XVI, il cui insistente richiamo all’importanza del concetto di “Creazione” non ha nulla a che vedere con le tesi dei creazionisti che ricorrono al Creatore come tappabuchi delle lacune della scienza. Certo, una sbrigativa semplificazione terminologica fa la sua parte: la immediata qualifica di “creazionista” a chiunque parli di Creazione è pari soltanto alla scorretta equivalenza di evoluzionismo e evoluzione: ma è un ulteriore esempio del fatto che tanti appelli alla chiarezza sono caduti nel vuoto. E così difficile distinguere tra un fenomeno (l’evoluzione) e una elaborazione ideologica (l’evoluzionismo)?
C’è da augurarsi che il prossimo 2009 non prosegua su un livello puramente reattivo e polemico. Un’iniziativa come quella del Pontificio Consiglio della Cultura, per come è impostata, è già fin d’ora un contributo in senso costruttivo.
EVOLUZIONE/ La Chiesa è l'unica realtà non ideologica nei confronti del darwinismo - Rafael Martínez - venerdì 26 settembre 2008 – IlSussidiario.net
L’annuncio di un convegno internazionale sull’evoluzione organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana in collaborazione con Notre Dame University (Indiana, USA), pone nuovamente in primo piano la questione dell’evoluzionismo in rapporto alla Chiesa Cattolica.
Non a caso il convegno si svolgerà sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, e all’interno di un progetto (STOQ: Science, Theology and the Ontological Quest) che coinvolge altre 6 università pontificie. Le reazioni di fronte di questo evento, organizzato in occasione del bicentenario di Darwin e del 150 anniversario della pubblicazione di “The Origin of Species”, saranno sicuramente contrastanti. Una prima reazione può essere di diffidenza: è già accaduto qualche mese fa, dopo i primi accenni a questa iniziativa.
Una parte dell’opinione pubblica, tra cui anche alcuni scienziati, possono vedere con sospetto (non vorremo dire con pregiudizi) che da parte cattolica si affrontino questioni di carattere scientifico, che stanno al centro della nostra visione del mondo, fisico e biologico.
Non saremmo, si domandano, di fronte ad un tentativo di reinterpretare in chiave “creazionista” l’evoluzione darwinista, magari facendo appello al cosiddetto “Intelligent Design”? Scorrere velocemente l’elenco dei partecipanti dovrebbe bastare a dissipare tale diffidenza. Alcuni tra i più noti esponenti della biologia evolutiva presenteranno lo stato attuale della teoria. Lo scopo dell’iniziativa è, in primo luogo, presentare quello che oggi conosciamo della nostra storia biologica, con il rigore e oggettività della scienza.
È questo che richiede quella prospettiva aperta che è caratteristica della scienza, sempre consapevole del suo carattere provvisorio e critico. Il modello neo-darwinista, o “sintesi moderna dell’evoluzione”, che oggi costituisce il quadro comprensivo generale dei fenomeni biologici, si trova di fronte a svolte di grande trascendenza, ad esempio nello studio della biologia evoluzionistica dello sviluppo (“evo-devo”), del ruolo dei processi epigenetici nei sistemi biologici, o dei processi si auto organizzazione nei sistemi complessi. Nessun tentativo, quindi, de “reinterpretare” l’evoluzione, ma seguendo una tradizione che si rifà ad Agostino, Tommaso d’Aquino e gli insegnamenti degli ultimi Pontefici, partire dalla conoscenza naturale, rispettando la sua giusta autonomia, per poi affrontare poi nelle dimensioni razionali e teologiche il senso e il valore della realtà. Ma c’è da aspettarsi anche una seconda reazione, che potremo chiamare forse di stupore. Non è un controsenso, si chiedono alcuni, che la Chiesa dia voce ad una visione del modo che sembra così in contrasto con una visione cristiana, e perfino credente, della realtà?
È infatti innegabile che la nostra cultura viene sottoposta ad una costante pressione da parte di interpretazioni ideologiche che prendono spunto dall’evoluzione per leggerla in chiave materialista. Qualche volta si arriva perfino ad uno sfacciato “proselitismo ateo”, di cui Richard Dawkins sembra essersi autonominato “cappellano”. E la reazione di fronte a tale pressione, anche se non maggioritaria tra i credenti, viene espressa qualche volta, purtroppo, in maniera pubblica, in modo tale da mettere in ombra le affermazioni tante volte ripetute da Giovanni Paolo II, e ora da Benedetto XVI, sulla possibilità di conciliare fede e scienza. Se è vero che una visione “ideologizzata” delle teorie darwiniste può risultare in contrasto con la fede, ciò non è da attribuire al contenuto scientifico della biologia evolutiva, ma appunto a quella carica ideologica che la accompagna. E non soltanto l’ideologia materialista può deformare il vero senso della scienza; anche molti atteggiamenti “anti-evoluzionisti” trovano alla loro radice un’ideologia che può ostacolare la comprensione dell’armonia tra ragione e fede, tra conoscenza scientifica naturale e conoscenza della realtà soprannaturale.
È quindi essenziale procedere ad un'accurata distinzione fra le teorie scientifiche che oggi ci consentono di comprendere evoluzione nel mondo biologico, e le possibili interpretazioni di carattere filosofico o forse ideologico con cui vengono a volte presentate. Per questo motivo il convegno affronta anche, nella seconda parte un ampio dibattito di carattere antropologico, filosofico e teologico sulle implicazioni che la teoria dell’evoluzione, nelle sue molteplici dimensioni, può oggi avere sui diversi aspetti della razionalità. Come teoria scientifica (o per essere più precisi, come insieme di modelli e teorie scientifiche), la biologia evolutiva non presenta nessun contrasto con la fede. Al contrario, essa può offrire uno stimolo per la stessa riflessione filosofica e teologica. Ciò non significa che le sue relazioni siano state sempre facili. Una nuova teoria, in particolare quando costituisce una sfida al paradigma scientifico comunemente accettato, produce sempre delle tensioni e talvolta scontri. Queste non sono mancate nemmeno nella Chiesa Cattolica, dando origine, negli ultimi decenni del XIX secolo a delle forti tensioni fra chi cercava di condannare l’evoluzione e i suoi sostenitori cattolici, appoggiati anche da importanti rappresentanti della gerarchia ecclesiastica. Le tensioni si sono affievolite nei decenni successivi. Come ricordava Mons. Ravasi nella presentazione del convegno, non si è mai arrivati ad una condanna dell’evoluzione.
È noto che dalla metà del XX secolo, quando la sintesi moderna dell’evoluzione si è definitivamente affermata, la sua piena compatibilità con la dottrina teologica è stata ripetutamente affermata. Le reazioni di diverso segno di fronte alla proposta di una riflessione aperta e non pregiudiziale sull’evoluzione biologica non possono sorprenderci. Semmai, costituiscono un’ulteriore conferma del fatto che oggi sia sempre più necessario affrontare con rigore e oggettività la relazione fra scienza e fede.
Il discorso del Papa al Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana - Effettiva uguaglianza tra scuole statali e paritarie - La scuola cattolica non va considerata come "difesa di un interesse di parte" ma come "contributo prezioso all'edificazione del bene comune dell'intera società italiana". Lo ha affermato il Papa nel discorso ai membri del Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana, ricevuti in udienza nella mattina di giovedì 25 settembre, a Castel Gandolfo, L’Osservatore Romano 26 settembre 2008.
Cari Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle,
l'odierno incontro avviene in occasione del decimo anniversario di fondazione del Centro Studi per la Scuola Cattolica (Cssc), istituito dalla Conferenza Episcopale Italiana come espressione della responsabilità dei Vescovi nei confronti della scuola cattolica, compresi i centri di formazione di ispirazione cristiana. È pertanto una felice circostanza per rinnovare la mia stima e il mio incoraggiamento per quanto sinora è stato fatto in quest'importante settore della vita civile ed ecclesiale. Il mio più cordiale benvenuto a voi, cari fratelli e sorelle qui presenti, che rappresentate, in un certo modo, tutti coloro che ad ogni livello - Cei, Usmi, Cism, Istituti Religiosi educativi, Università, Federazioni, Associazioni, Movimenti laicali ed altre organizzazioni - sono al servizio della scuola cattolica in Italia. A ciascuno giunga il mio affettuoso saluto e la gratitudine della Chiesa per il prezioso servizio, che con la scuola cattolica viene reso all'evangelizzazione della gioventù e del mondo della cultura.
Un saluto speciale dirigo a Mons. Agostino Superbo, Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; ai Vescovi membri della Commissione Episcopale per l'Educazione Cattolica, la Scuola e l'Università, e specialmente al suo Presidente, Mons. Diego Coletti, che si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Le sue parole mi hanno permesso di meglio conoscere i traguardi raggiunti e le prospettive che attendono il Centro Studi per la scuola cattolica. Giunga poi il mio saluto ai partecipanti all'apposito convegno promosso per commemorare questo anniversario, e che ha come tema: "Oltre l'emergenza educativa, la scuola cattolica al servizio dei giovani".
Quanto sia importante la missione della scuola cattolica è stato più volte ribadito in vari interventi dei miei venerati Predecessori, ripresi in significativi documenti dell'Episcopato italiano. Quello della CEI dal titolo "La scuola cattolica oggi in Italia" afferma, ad esempio, che la missione salvifica della Chiesa si compie nella stretta unione tra l'annuncio di fede e la promozione dell'uomo e trova, per questo, particolare sostegno nello strumento privilegiato che è la scuola cattolica, volta alla formazione integrale dell'uomo (cfr. n. 11). E subito dopo aggiunge che "la scuola cattolica è un'espressione del diritto di tutti i cittadini alla libertà di educazione, e del corrispondente dovere di solidarietà nella costruzione della convivenza civile" (n. 12). È pertanto nella prospettiva di consolidare insieme la duplice consapevolezza ecclesiale e civile che l'Episcopato italiano ha avvertito, dieci anni or sono, la necessità di avviare un Centro Studi dedicato alla scuola cattolica. Per essere scelta ed apprezzata, occorre che la scuola cattolica sia conosciuta nel suo intento pedagogico; è necessario che si abbia matura consapevolezza non solo della sua identità ecclesiale e del suo progetto culturale, bensì pure del suo significato civile, che va considerato non come difesa di un interesse di parte, ma come contributo prezioso all'edificazione del bene comune dell'intera società italiana.
Il vostro Centro Studi ha svolto, in questo suo primo decennio di attività, un servizio veramente prezioso alla Chiesa e alla società italiana. Ciò è merito della valida collaborazione instauratasi tra la Cei e i suoi uffici con le Federazioni e Associazioni di scuola cattolica, con la Facoltà di Scienze dell'Educazione dell'Università Pontificia Salesiana, il Ministero per la Pubblica Istruzione, il Comitato Tecnico-Scientifico nel quale sono rappresentate l'Università Cattolica del S. Cuore e la Lumsa, e con quanti a qualsiasi titolo hanno collaborato alle sue attività.
Grazie a tale costante intesa, il Centro Studi è riuscito a svolgere un attento monitoraggio sulla situazione della scuola cattolica in Italia, seguendo con particolare interesse le vicende della parità e delle riforme della scuola in Italia. A questo proposito, è stato evidenziato che la frequenza alla scuola cattolica in alcune regioni d'Italia è in crescita rispetto al decennio precedente, anche se perdurano situazio"ni difficili e talora persino critiche. Proprio nel contesto del rinnovamento a cui si vorrebbe tendere da chi ha a cuore il bene dei giovani e del Paese, occorre favorire quella effettiva uguaglianza tra scuole statali e scuole paritarie, che consenta ai genitori opportuna libertà di scelta circa la scuola da frequentare.
Cari fratelli e sorelle, l'anniversario che state commemorando è certamente un'occasione propizia per proseguire con rinnovato entusiasmo il servizio che state svolgendo con profitto. In particolare vi incoraggio a focalizzare il vostro impegno, come è già vostra intenzione, nei seguenti cinque settori: la diffusione di una cultura rivolta a qualificare la pedagogia della scuola cattolica in ordine alla finalità dell'educazione cristiana; il monitoraggio della qualità e la raccolta dati sulla situazione della scuola cattolica; l'avvio di nuove ricerche per approfondire le emergenze educative, culturali e organizzative oggi rilevanti; l'approfondimento della cultura della parità non sempre apprezzata, quando non segnata da equivoche interpretazioni; l'incremento della proficua collaborazione con le Federazioni/Associazioni di scuola cattolica nel rispetto delle reciproche competenze e finalità.
Affido la vostra attività e i futuri progetti alla materna intercessione di Maria, Regina della famiglia e Sede della Sapienza, mentre, vi ringrazio per questa vostra visita e con affetto tutti vi benedico.
(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2008)
26 settembre 2008 - Non solo bagnasco, c’è un confronto sottotraccia - Il testamento biologico divide eccome, ma in modo un po’ ovattato – Dal Foglio.it
“Nessuna svolta”, era stato il commento di monsignor Elio Sgreccia, già presidente della Pontificia accademia per la vita. “Nulla è mutato”, ha ribadito ieri, intervistato da Avvenire, il cardinale Camillo Ruini; aggiungendo “in tutta franchezza” di condividere “le preoccupazioni espresse da Giuliano Ferrara”. E di volerlo “rassicurare” sul fatto che scopo della legge, come è tornata a spiegare Eugenia Roccella sul Giornale, sarebbe quello di fermare “il lungo movimento sotterraneo che avrebbe voluto condurre all’eutanasia senza nemmeno passare dal Parlamento”, lasciando il malato “sul pendio scivoloso dell’arbitrio di un giudice”.
La raffica di autorevoli interventi e precisazioni volti a puntualizzare, e a circoscrivere, le parole del cardinale Angelo Bagnasco all’assemblea della Cei indicano, di riflesso, l’esistenza nel mondo cattolico di un dibattito acceso, pur nei modi tradizionalmente ovattati. La “svolta tattica”, come qualcuno la chiama, sulla legislazione di fine vita è arrivata forse in modo troppo verticale e repentino per essere subito metabolizzata da quei settori più impegnati, e da anni, sui temi bioetici. Realisti e intransigenti discutono nel Movimento per la Vita; e va notato che sull’ultimo numero di Medicina & Morale, la rivista bioetica della Cattolica, Carlo Casini e Maria Luisa Di Pietro, presidente di Scienza & Vita hanno firmato insieme un articolo sul caso Englaro, assai problematico sulle sue eventuali ricadute legislative. Dura contrarietà invece dal comitato Verità e Vita, retto dal bioeticista Mario Palmaro, voce dell’ala intransigente del mondo pro life.
Non uniforme è anche il mondo dei Medici cattolici, nonostante un comunicato dell’Amci di Milano aveva salutato con “estremo piacere” le aperture che rimbalzavano a fine agosto dal Meeting di Rimini. L’unanimismo non appartiene neppure a un movimento sempre compatto e attento alle indicazioni della Cei come Cl, e che ha visto un politico come Maurizio Lupi (Pdl) tra i primi a schierarsi assieme a Roccella sull’opportunità della legge. Sul giornale online di area Compagnia delle opere, il Sussidiario.net, Assuntina Morresi ha approvato la necessità della nuova linea, motivandola con i rischi del vuoto legislativo dopo il caso Englaro. Le ha risposto senza condividere, tra gli altri, Felice Achilli, presidente di Medicina e persona, l’associazione di settore ciellina. Secondo il quale “il problema non è la sussistenza di un ‘vuoto normativo’”, che invece è adeguatamente presidiato dalla Costituzione e dalla deontologia medica.
Il nocciolo duro delle perplessità sta nel convincimento di molti che introdurre una legge sul fine vita, anche se verrà fatto con ogni accortezza, finirà per creare mentalità, rafforzando l’idea già diffusa che esista una “vita non più degna”. Inoltre per molti medici, tra cui Achilli, la legge minerebbe la fiducia del paziente nel medico, che invece è proprio il vulnus da curare.
I segnali maggiori vengono comunque da Scienza & Vita, il pensatoio bioetico ruiniano. L’annuncio di Roccella sulla legge aveva causato più di uno scossone interno, e ieri finalmente si è riunito a Roma il direttivo per decidere la linea da seguire.
Ne è uscito ovviamente un appoggio a Bagnasco, ma intessuto di molte cautele: “Scienza & Vita ribadisce i principi che ha sempre sostenuto a tutela della vita umana e della sua indisponibilità e auspica che un eventuale intervento legislativo si ispiri a quel ‘favor vitae’ che è la vera matrice unificante dei valori costituzionali”, si legge nel comunicato. All’ordine del giorno c’erano anche le dimissioni del professor Adriano Pessina, che aveva abbandonato polemicamente proprio a causa della svolta sul testamento biologico. Le dimissioni sono state respinte, rilanciando almeno nella forma le possibilità di dialogo tra posizioni differenti che, pare di capire, non sono solo quelle di Pessina. Urge dibattito, e al momento sono latitanti molti politici di centrodestra che, negli anni scorsi, si sono più spesso fatti sentire su questi temi.
26 settembre 2008 - Fatta l’Alitalia, bisogna fare gli alitaliani - Il successo politico di Berlusconi c’è tutto, quello economico si vedrà – Dal Foglio.it
Se alla fine, come pare, la nuova mezza Alitalia potrà decollare, si potrà dire che è stato raggiunto il risultato politico: quello di dimostrare che, seppure con qualche vigorosa spinta, si è potuta mettere insieme una compagine imprenditoriale disposta a investire sulla bandiera già praticamante ammainata della compagnia aerea nazionale. Se poi a questo successo politico e di immagine seguiranno anche effetti economici altrettanto lusinghieri è proprio difficile dire. Il fatto stesso che il leader dell’opposizione si sbracci ad attribuirsi il merito, per la verità assai dubbio, di aver dato la spinta finale alla conclusione dell’accordo è una prova del valore che questo assume nell’opinione generale e del rischio che correvano coloro che si fossero iscritti al partito del fallimento.
L’accordo sottoscritto anche dalla Cgil è esattamente lo stesso della settimana scorsa, con una precisazione sull’impegno a riassumere per primi, quando ce ne saranno le condizioni, gli “esuberi” di oggi, che in realtà non cambia di una virgola il piano industriale. Guglielmo Epifani però ha potuto sostenere con una certa impudenza che “senza la Cgil non si fa nulla”. Insomma si è perso un po’ di tempo per cercare di mettere un pennacchio propagandistico palesemente posticcio, ma contenti loro, contenti tutti. Ora i bastian contrari delle associazioni professionali sono definitivamente isolati, prendono tempo ma ormai non hanno spazio. Questo è, allo stato dei fatti, l’esito: un’altra vittoria politica, un altro interrogativo economico.
SCUOLA CATTOLICA, FATTO DI GIUSTIZIA - IL PRE-GIUDIZIO NE FA UNA RISERVA INDIANA - GIORGIO PAOLUCCI, Avvenire, 26 settembre 2008
Una volta le chiamavano 'le scuole dei preti'. E nell’immaginario collettivo di molti, lo sono ancora. La scuola cattolica? Una specie di ghetto dorato frequentato da gente benestante. Roba da ricchi, roba per pochi. Pregiudizi che crollano se confrontati con la realtà. Basterebbe fare un giro negli istituti fondati per l’educazione del popolo da tante congregazioni religiose e, sempre più numerose, da associazioni e cooperative di famiglie: gli asili parrocchiali, i centri di formazione professionale – solo per fare due esempi tra i più noti –, ma anche tante scuole elementari, medie e superiori. Una proposta per chiunque. Per i ricchi e per i poveri. Perché l’educazione non è affare per pochi, ma necessità di tutti. Ed è un dinamismo che per mettersi in azione e per continuare a vivere ha bisogno della libertà, come un uomo ha bisogno dell’aria per respirare.
Senza libertà, l’educazione soffoca. Per questo, chi chiede libertà di educazione non difende un privilegio ma rivendica un sacrosanto diritto civile. Lo ha ricordato ieri, per l’ennesima volta, Benedetto XVI ricevendo i rappresentanti della scuola cattolica: «È necessario che si abbia matura consapevolezza non solo della sua identità ecclesiale e del suo progetto culturale, bensì pure del suo significato civile, che va considerato non come difesa di un interesse di parte, ma come contributo prezioso all’edificazione del bene comune dell’intera società italiana ».
Dal 2000 è stato introdotto in Italia il sistema paritario che riconosce alle scuole non statali (che offrano determinati requisiti) lo stesso ruolo riconosciuto a quelle di proprietà dello Stato. Tutte insieme, con pari dignità, svolgono un servizio pubblico. Un riconoscimento sul piano dei principi, al quale però non ha fatto seguito un adeguato sostegno finanziario. Una specie di medaglia al valore, che certo non allevia la situazione di tanti istituti costretti a fare i conti con crescenti difficoltà di bilancio. Ogni anno lo Stato italiano risparmia 6 miliardi di euro grazie al servizio educativo prestato a un milione di giovani dalle dodicimila scuole cattoliche, alle quali eroga soltanto 500 milioni. E rari – quanto benemeriti e profetici – sono i casi di Regioni che hanno imboccato la strada di un contributo economico alle famiglie. In definitiva i conti non tornano: questa parità è zoppa.
I conti non tornano nelle casse degli istituti e di tanti genitori che spesso sopportano enormi sacrifici economici per pagare le rette di iscrizione e frequenza. Magari rimandando nel tempo il cambio di un’automobile già vecchia, o risparmiando sull’abbigliamento, sulle vacanze, sulle spese di casa. Si stringe la cinghia per un bene più grande: offrire ai propri figli un’educazione armonica con quella che viene offerta tra le mura di casa. È un privilegio, questo? O non è piuttosto il sogno di ogni padre e di ogni madre? Ci sono tanti modi con cui lo Stato può battere un colpo sul piano economico a favore di un sistema realmente paritario: intervenendo a favore dei singoli istituti, aiutando direttamente le famiglie o realizzando una politica fiscale che permetta – attraverso un sistema di detrazioni – di alleviare il peso delle rette. Ma al di là del legittimo dibattito sugli strumenti più adeguati per realizzare una parità effettiva, c’è un «pre-giudizio» culturale col quale fare i conti: quello che guarda al mondo della scuola cattolica come a una sorta di riserva indiana nella quale tenere confinata una parte della società italiana. È tempo di superare questo pregiudizio – e sarebbe un segnale di vera modernità –, prendendo atto di una realtà che racconta di migliaia di insegnanti e dirigenti che lavorano per il bene comune. Che ogni giorno si spendono per mettere in campo risposte qualificate e piene di 'senso' a quell’emergenza educativa da tempo denunciata come il più insidioso virus che sta minando la nostra convivenza.
Gelmini: più libertà di educazione impegni - Il ministro annuncia l’intenzione di dare piena attuazione alla legge. Dal confronto è emersa l’immagine di una «comunità con una grande passione educativa» - Avvenire, 26 settembre 2008
DAL NOSTRO INVIATO A ROCCA DI PAPA (ROMA)
GIANNI SANTAMARIA
U na comunità educativa aperta a tutti, che si preoccupa di formare le nuove generazioni a beneficio dell’intera società. Che, però, ha bisogno di essere sostenuta finanziariamente, perché rischia di restare schiacciata tra pubblico (pur svolgendo essa stessa un tale ruolo) e privato orientato al mercato. Questo il ritratto della presenza dei cattolici tra i banchi che è emerso ieri dal convegno Oltre l’emergenza educativa. La scuola cattolica al servizio dei giovani, organizzato dalla Cei a Rocca di Papa per i dieci anni del Centro studi per la scuola cattolica. In duecento, tra rappresentanti delle varie federazioni che articolano questo mondo, presidi e dirigenti scolastici, docenti universitari, soprattutto pedagogisti, e rappresentanti del Movimento cat- tolico studenti, una ventina di ragazzi e ragazze. Hanno accolto con entusiasmo l’incoraggiamento del Papa, che li ha ricevuti nella vicina Castelgandolfo, e hanno ascoltato le sue parole sulla necessità di garantire eguaglianza tra statali e paritarie e sull’effettivo esercizio della libertà educativa. Sono questi i termini che hanno tenuto banco nella giornata. Ma l’applauso più fragoroso lo ha ricevuto il vescovo di Palestrina e assistente nazionale dell’Azione cattolica Domenico Sigalini, quando ha messo al centro di tutto la «passione educativa ». Il presule ha preso parte a una tavola rotonda con Ernesto Galli Della Loggia (che ha definito «espressione fortissima» l’emergenza educativa, puntando il dito contro l’egualitarismo, la fumosità e la incapacità di dare un insegnamento di spessore, che hanno rovinato la scuola) e le pedagogiste Carmela Di Agresti e Maria Luisa Di Natale. Ad aprirla il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. «Il paese ha bisogno della scuole cattoliche che diffondono valori incentrati sulla persona e per ripristinare un rapporto di collaborazione con le famiglie. Il Governo è impegnato a dare piena e concreta attuazione al principio della libertà educativa e della parità», ha detto. Un segno di attenzione è che sarà ripristinato un ufficio (prima c’era un dipartimento intero) presso il ministero, dedicato alla paritaria, per snellire le procedure e rendere paritetico il rapporto tra queste e le statali.
«Il mercato è entrato prepotentemente e ci ha superato persino a livello di servizio all’infanzia», sottolinea don Bruno Stenco, direttore dell’Ufficio Cei per l’educazione, la scuola e l’università. Negli ultimi dieci anni 500 secondarie superiori hanno dovuto chiudere i battenti. Inoltre «c’è una cultura della parità che arretra. L’opinione pubblica è convinta che ciò che viene dato a queste scuole, che ottemperano ai criteri generali, viene sottratto alla collettività», prosegue Stenco. Non è così. Ma «non bisogna scoraggiarsi. Qualcosa potrebbe essere ottenuto più attraverso politiche familiari che non scolastiche, come la detraibilità delle spese, mettendo al centro la libertà educativa delle famiglie ». Sovvenzioni dirette ci sono «ma non sono sufficienti», anzi dal 2001 sono diminuite, arrivando a 500 milioni. «A fronte, però di un risparmio per lo Stato di 6 miliardi. E il finanziamento riguarda quelle dell’infanzia e le primarie, le superiori non ricevono praticamente niente». Sono proprio gli istituti più difficili da gestire per una piccola comunità, ad esempio parrocchiale, ma anche da cooperative di docenti o famiglie. Tant’è che , guardando alle oltre 12mila scuole cattoliche si nota che le circa duemila primarie, le altrettante medie, le superiori - poco meno di mille - sono in maggioranza gestite da religiosi, che hanno dietro di sé la struttura di un ordine: le materne, che sono 8.700, solo nel 29% dei casi. Soprattutto al nord di queste ultime si fa carico la comunità cristiana nel suo insieme. Si tratta, dunque, di lavorare in rete. Dentro la Chiesa. In nome della pastorale integrata. Lo ha sottolineato il vicepresidente della Cei, Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza. «Solo così è possibile un progetto educativo organico». E al di fuori. Come ha rimarcato il presidente della Commissione episcopale di settore, Diego Coletti, pastore a Como: la scuola cattolica non è un «orto chiuso, vuole essere di stimolo all’intero sistema. Parità è riconoscere questa presenza, che però non sta in piedi senza un esercizio reale della libertà educativa». Si tratta, infine, anche di conoscere bene l’identikit di queste scuole, spesso di ispirazione religiosa ma gestite da enti i più vari. E’ in corso, dunque, ha raccontato il direttore del Centro studi, il salesiano don Guglielmo Malizia, una vera e propria anagrafe degli istituti.