lunedì 14 marzo 2011

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 13.03.2011
2)    DISPUTE SULLA PILLOLA DEL GIORNO DOPO - Preoccupazioni per l'aumento del rischio di contrarre malattie di padre John Flynn, LC
3)    LE STAMINALI DEL CORDONE OMBELICALE NELLE NUOVE TERAPIE PER IL MORBO DI PARKINSON di Paolo De Lillo*
4)    Radio Vaticana, notizia del 10/03/2011 - Scheda sintetica del “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI
5)    Lo tsunami e noi di Andrea Tornielli, 14-03-2011, da http://www.labussolaquotidiana.it

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 13.03.2011

Alle ore 12 di oggi, I Domenica di Quaresima, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Questa è la Prima Domenica di Quaresima, il Tempo liturgico di quaranta giorni che costituisce nella Chiesa un itinerario spirituale di preparazione alla Pasqua.

Si tratta in sostanza di seguire Gesù che si dirige decisamente verso la Croce, culmine della sua missione di salvezza. Se ci domandiamo: perché la Quaresima? perché la Croce?, la risposta, in termini radicali, è questa: perché esiste il male, anzi, il peccato, che secondo le Scritture è la causa profonda di ogni male.

Ma questa affermazione non è affatto scontata, e la stessa parola "peccato" da molti non è accettata, perché presuppone una visione religiosa del mondo e dell’uomo.

In effetti è vero: se si elimina Dio dall’orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l’ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato. Perciò il senso del peccato – che è cosa diversa dal "senso di colpa" come lo intende la psicologia – si acquista riscoprendo il senso di Dio.

Lo esprime il Salmo Miserere, attribuito al re Davide in occasione del suo duplice peccato di adulterio e di omicidio: "Contro di te – dice Davide rivolgendosi a Dio – contro te solo ho peccato" (Sal 51,6).

Di fronte al male morale, l’atteggiamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore. Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva.

Per salvare l’umanità, Dio interviene: lo vediamo in tutta la storia del popolo ebraico, a partire dalla liberazione dall’Egitto. Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla libertà. E la schiavitù più grave e più profonda è proprio quella del peccato. Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: per liberare gli uomini dal dominio di Satana, "origine e causa di ogni peccato". Lo ha mandato nella nostra carne mortale perché diventasse vittima di espiazione, morendo per noi sulla croce.

Contro questo piano di salvezza definitivo e universale, il Diavolo si è opposto con tutte le forze, come dimostra in particolare il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, che viene proclamato ogni anno nella Prima Domenica di Quaresima. Infatti, entrare in questo Tempo liturgico significa ogni volta schierarsi con Cristo contro il peccato, affrontare – sia come singoli, sia come Chiesa – il combattimento spirituale contro lo spirito del male (Mercoledì delle Ceneri, Orazione Colletta).

Invochiamo perciò il materno aiuto di Maria Santissima per il cammino quaresimale da poco iniziato, perché sia ricco di frutti di conversione.

Uno speciale ricordo nella preghiera domando per me e per i miei collaboratori della Curia Romana, che questa sera inizieremo la settimana di Esercizi spirituali.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

le immagini del tragico terremoto e del conseguente tsunami in Giappone ci hanno lasciato tutti fortemente impressionati. Desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza alle care popolazioni di quel Paese, che con dignità e coraggio stanno facendo fronte alle conseguenze di tali calamità. Prego per le vittime e per i loro familiari, e per tutti coloro che soffrono a causa di questi tremendi eventi. Incoraggio quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto. Rimaniamo uniti nella preghiera. Il Signore ci è vicino!

Je salue cordialement les pèlerins francophones. Chers amis, l’évangile de ce dimanche éclaire notre condition terrestre. Il nous appelle à prendre conscience de notre fragilité pour accueillir la grâce qui nous libère du péché. La foi chrétienne implique le combat contre le Tentateur toujours à l’œuvre. Reconnaissons humblement nos tentations et apprenons de Jésus comment y résister, par la prière, le jeûne et le partage. Sorti vainqueur de cette lutte, le Christ ouvre notre cœur à l’espérance. Il nous conduit à la victoire sur les séductions du Mal et à la liberté qui est obéissance à sa Parole. Que la Vierge Marie nous accompagne durant ce Carême ! Bon dimanche à tous !

As I greet you this morning, I ask you to join me in praying for the victims of the recent devastation visited upon Japan. May the bereaved and injured be comforted and may the rescue workers be strengthened in their efforts to assist the courageous Japanese people.

Turning to the pilgrims present at today’s Angelus prayer, I greet especially the Midshipmen from the U.S. Naval Academy and their chaplains, as well as the members of the Nazareth Academy Choir. Entrusting all of you to the care of Mary, Mother of the Church, I invoke upon you and your loved ones the blessings of Almighty God.

Von Herzen heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Die österliche Bußzeit lädt uns zu einem Blickwechsel ein. Sie will uns helfen, uns innerlich von all den Dingen zu lösen, die uns in Beschlag nehmen: unser Ehrgeiz und Eigenwillen, aber auch die Sorgen und der Zweifel. Statt dessen wollen wir auf Christus schauen, uns von ihm führen lassen wie ein Kind, das an den Händen der Mutter oder des Vaters seine ersten Schritte in die Welt unternimmt. Christus nahe sein bedeutet auch, daß wir unsere Sünden bekennen, um Verzeihung bitten und uns vor allem vom lebendigen Wort Gottes nähren. Das ist der Sinn der Fastenzeit. Der Heilige Geist geleite euch auf dieser Wanderschaft des Herzens.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en particular al grupo de ucranianos llegados desde España y a los fieles de las parroquias de san Nicolás, de Plasencia y san Francisco de Sales, de Mérida. En este tiempo de Cuaresma, la imagen del desierto nos invita a recogernos interiormente y, con espíritu de penitencia, progresar en nuestro camino espiritual. Que apoyados en la Palabra de Dios y guiados por el ejemplo del Salvador vivamos con alegría y aprovechemos este tiempo de gracia. Os ruego también un recuerdo particular por mí y por mis colaboradores de la Curia romana, que esta tarde comenzaremos los ejercicios espirituales. Feliz domingo.

Upućujem srdačan pozdrav hrvatskim hodočasnicima, a osobito vjernicima iz župa Svetog Mateja i Svetog Petra iz Splita te župe Svetog Josipa iz Zadra. Na početku korizme došli ste učvrstiti svoju vjeru na grobovima apostola te očitovati svoju odanost Petrovom nasljedniku. Neka vam blagoslov, koji od srca udjeljujem, pomogne da ustrajete. Hvaljen Isus i Marija!

[Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini Croati, particolarmente ai fedeli delle parrocchie di San Matteo e di San Pietro in Split e della parrocchia di San Giuseppe in Zadar. All’inizio della Quaresima siete venuti a rafforzare la vostra fede sulle tombe degli Apostoli ed a manifestare la devozione verso il Successore di Pietro. La benedizione, che di cuore vi imparto, vi aiuti a perseverare. Siano lodati Gesù e Maria!]

Słowa serdecznego pozdrowienia kieruję do Polaków. Liturgia dzisiejszej niedzieli uświadamia nam, że każdy człowiek jest narażony na pokusę. Jednak kuszenie Jezusa na pustyni pokazuje, że nie zawsze musi ona prowadzić do upadku i grzechu, ale może być początkiem zwycięstwa i objawienia chwały Bożej. Jest tak, gdy na wzór Jezusa stajemy wobec pokusy w postawie posłuszeństwa woli Ojca. Niech Wielki Post będzie dla wszystkich czasem zwycięstwa!

[Rivolgo espressioni di cordiale saluto ai polacchi. La liturgia dell’odierna domenica ci rende consapevoli che ogni uomo è esposto alla tentazione. Tuttavia, la tentazione di Gesù nel deserto dimostra che non sempre essa deve condurre alla caduta e al peccato, ma può essere l’inizio della vittoria e della rivelazione della gloria di Dio. E’ così quando, sull’esempio di Gesù, stiamo davanti alla tentazione con l’atteggiamento di obbedienza alla volontà del Padre. La Quaresima sia per tutti tempo di vittoria!]

Lycei Christiani Veenendaliensis discipulos discipulasque necnon magistrum libenter salutamus. Valde laetamur eos Romam advenisse, ut in proposito linguae Latinae colendae confirmarentur. His namque sermo multum conferre potest tum ad antiquiora altius vestiganda, tum ad recentiora acrius ponderanda.

[Saluto cordialmente gli studenti e le studentesse del Liceo Cristiano di Veenendaal (Prov. di Utrecht, Paesi Bassi) insieme con il loro docente. Mi rallegro che siano venuti a Roma, per confermarsi nel proposito di coltivare la lingua latina. Infatti questa lingua può contribuire molto, sia allo studio più profondo dell’antichità, sia anche all’approfondimento della storia più recente.]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da San Benedetto del Tronto, Castellammare di Stabia e Crotone, i catechisti di Casnate con Bernate e quelli di Chiusano di San Domenico, i ragazzi della Scuola "Edoardo Agnelli" di Torino e i cresimandi di Pontassieve, come pure il folto gruppo di motociclisti. A tutti auguro una buona domenica e un buon cammino di Quaresima.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana


DISPUTE SULLA PILLOLA DEL GIORNO DOPO - Preoccupazioni per l'aumento del rischio di contrarre malattie di padre John Flynn, LC

ROMA, domenica, 13 marzo 2011 (ZENIT.org).- Negli ultimi anni, in un Paese dopo l'altro si è diffuso il permesso di vendere la cosiddetta pillola del giorno dopo. Spesso viene giustificata come un modo per ridurre le gravidanze e gli elevati tassi di nascita tra le adolescenti.

Il Giappone è uno degli ultimi Paesi ad aver autorizzato quello che viene anche definito il contraccettivo d'emergenza. Il Ministero della Salute ha dato il via libera alla vendita di NorLevo a partire da maggio, come riferito dal Japan Times del 24 febbraio.

Secondo l'articolo, si spera che questa iniziativa contribuisca a ridurre il numero degli aborti. Il tasso di aborto in Giappone nel 2008 si è attestato sull'8,8 per mille, poco al di sopra della metà di quello degli Stati Uniti.

Una delle questioni principali relative alla vendita della pillola del giorno dopo è se questa possa essere consentita senza la prescrizione del medico. In Irlanda, la catena farmaceutica Boots ne ha proposto la vendita come farmaco da banco, sperando di riuscire a sfruttare un cavillo nella normativa. Sorprendentemente l'Irish Medicines Board ha annunciato di voler consentire la vendita di NorLevo senza l'obbligo di prescrizione, secondo l'Irish Times del 22 febbraio.

Di conseguenza, non solo sarà venduto senza necessità di prescrizione, ma anche senza limite di età dell'acquirente. L'assenza di qualunque limite di età ha colto di sorpresa la Pharmaceutical Society of Ireland, che ha emesso una dichiarazione in cui raccomanda ai farmacisti di deferire al medico o al consultorio le ragazze minori di 16 anni che dovessero chiedere la pillola, poiché al di sotto dell'età del consenso.

Intanto, negli Stati Uniti si fanno pressioni per abolire il limite d'età per l'acquisto della pillola del giorno dopo Plan B. I produttori della pillola, Teva Pharmaceutical Industries, hanno fatto domanda alla Food and Drug Administration per consentire ai minori di 17 anni di poterla comprare, secondo quanto riferito da ABC News il 25 febbraio. Attualmente Plan B è disponibile senza prescrizione per chi ha più di 17 anni.

Da irresponsabili

Wendy Wright, presidente di Concerned Women for America, ha detto che sarebbe da irresponsabili rendere disponibile la pillola a ragazzi così giovani e ha avvertito che ciò potrebbe creare incomunicazione tra le ragazze e i loro genitori e i medici. Ha anche detto che chi prende la pillola Plan B necessita di essere seguito dal medico poiché lo stesso atto che ha portato al timore di essere incinta potrebbe aver anche provocato un contagio con malattie sessualmente trasmesse.

D'altra parte, l'età non è un ostacolo per ottenere contraccettivi in Inghilterra. A più di 1.000 ragazze tra gli 11 e i 12 anni è stata prescritta la pillola contraccettiva dai medici di famiglia, secondo quanto riferito dal Sunday Times il 1° agosto scorso. In aggiunta, ad altre 200 ragazze tra gli 11 e i 13 sono stati iniettati o impiantati dispositivi contraccettivi.

La maggior parte di queste prescrizioni è stata data alle ragazze senza l'informazione o il consenso dei genitori, secondo l'articolo, in quanto i medici sono tenuti a mantenere la riservatezza, a meno che non vi siano indizi di abusi o pressioni di natura sessuale.

Riguardo alla questione della minore età, le informazioni pubblicate non molto tempo fa dal Dipartimento della Salute britannico confermano i timori espressi da Wendy Wright. Consegnare la pillola del giorno dopo alle ragazze minori di 16 anni le incoraggia di fatto a rischiare di più nella loro vita sessuale, ha riferito il Sunday Times del 30 gennaio.

Queste informazioni sono contenute in uno studio condotto da due professori della Nottingham University, Sourafel Girma e David Paton. Negli anni scorsi le autorità pubbliche hanno distribuito gratuitamente la pillola in alcune zone, nella speranza che questa potesse ridurre le gravidanze tra le adolescenti.

Lo studio ha messo a confronto le zone in cui la pillola è stata distribuita alle minorenni con quelle in cui non è stata distribuita, verificando anche i livelli delle malattie sessualmente trasmissibili (MST). I professori hanno scoperto che la distribuzione gratuita della pillola nelle farmacie non aveva ridotto il tasso di gravidanze, ma aveva invece aumentato i livelli delle MST di circa il 12%.

La ricerca internazionale ha costantemente fallito nel tentativo di dimostrare che i programmi di controllo della natalità ottengono una riduzione dei tassi di gravidanza adolescenziale e di aborto, ha osservato Norman Wells, direttore del Family Education Trust.

Cheryl Wetzstein aveva sollevato la stessa questione in un articolo pubblicato il 25 marzo 2010 sul Washington Times. La Wetzstein citava un articolo del Journal of the American Academy of Physician Assistants del 2007 in cui si sosteneva che il contraccettivo d'emergenza poteva ridurre consistentemente le gravidanze indesiderate.

Gli studi dimostrano tuttavia che queste pillole non hanno affatto ridotto i tassi di gravidanza o di aborto, ha sottolineato.

La Wetzstein ha richiamato l'edizione di marzo di Perspectives on Sexual and Reproductive Health, pubblicato dall'organizzazione pro-aborto Guttmacher Institute, in cui si ammette che è necessario sviluppare nuove strategie per ridurre i tassi di aborto, in quanto la pillola del giorno dopo non ha aiutato per nulla a raggiungere lo scopo.

Obiezione di coscienza

La diffusione della pillola del giorno dopo solleva gravi preoccupazioni relativamente al rischio di contrarre MST e di sviluppare problemi di salute nelle donne che usano regolarmente alti dosaggi della pillola.

Altre preoccupazioni riguardano la questione dell'obiezione di coscienza.

Il quotidiano irlandese Irish Catholic ha deplorato il fatto che, in seguito alla decisione di consentire la vendita della pillola del giorno dopo come farmaco da banco, i farmacisti saranno obbligati a venderla.

L'articolo del 24 febbraio ha sottolineato che i contraccettivi di emergenza possono avere anche un effetto abortivo e che per questo motivo alcuni farmacisti non li vogliono vendere.

Il Codice di condotta dei farmacisti non prevede la possibilità dell'obiezione di coscienza per i cattolici o per chiunque possa avere difficoltà etiche nella vendita dei farmaci.

In risposta ad una domanda posta dall'Irish Catholic, la Pharmaceutical Society of Ireland ha confermato che, in base al Codice di condotta, i farmacisti devono dotarsi della pillola del giorno dopo e che nel caso in cui non ne avessero la disponibilità devono adottare ogni ragionevole misura per assicurare che tali farmaci o servizi siano forniti.

Anche negli Stati Uniti si discute della questione relativa al diritto all'obiezione di coscienza, in seguito alla recente decisione dell'Amministrazione Obama di abrogare la regolamentazione emanata dalla precedente Presidenza Bush.

L'iniziativa è stata considerata “deludente” da Deirdre McQuade, del Segretariato pro-vita della Conferenza Episcopale USA, in un comunicato stampa del 18 febbraio.

Il 23 febbraio, il National Catholic Register ha spiegato in un articolo che la normativa del dicembre 2008 rafforza il diritto degli operatori sanitari di non partecipare a una serie di interventi medici che si pongono in violazione dei propri principi religiosi o morali. Questi interventi comprendono non solo l'aborto e la sterilizzazione, ma anche i contraccettivi.

Sempre di più, gli operatori sanitari vengono costretti a violare la propria coscienza in una miriade di modi, come nel dover dispensare o amministrare la cosiddetta pillola del giorno dopo, ha detto al Register Marie Hilliard, direttrice di bioetica e public policy presso il National Catholic Bioethics Center.

Dare testimonianza

La necessità di difendere il diritto di coscienza è stato il tema trattato dall'Arcivescovo di Vancouver, J. Michael Miller, in un'omelia pronunciata durante la Messa di gennaio per gli operatori sanitari.

In alcuni passi, pubblicati dal quotidiano diocesano B.C. Catholic nella sua edizione del 4 febbraio, monsignor Miller insiste sul fatto che i cattolici che lavorano nel settore sanitario devono essere liberi di vivere il messaggio di Cristo nella loro vita professionale.

Il presule ha anche stigmatizzato un laicismo sempre più aggressivo, che cerca di impedire alla religione di avere qualsiasi tipo di influenza nella sfera pubblica.

“Costringere le persone di fede a tenere per sé le proprie opinioni è, a pensarci bene, di per sé un modo non democratico per imporre armonia tra i cittadini di una società libera”, ha commentato.

“È un modo finemente velato di restringere la libertà di espressione dei credenti”, ha aggiunto.

Rifiutando ciò che ha definito “una cospirazione al silenzio e alla complicità”, monsignor Miller ha fatto appello ai cattolici perché si assumano la responsabilità di dare testimonianza di Cristo anche a costo della persecuzione. Una persecuzione che troppo spesso è imposta per legge.


LE STAMINALI DEL CORDONE OMBELICALE NELLE NUOVE TERAPIE PER IL MORBO DI PARKINSON di Paolo De Lillo*

ROMA, domenica, 13 marzo 2011 (ZENIT.org).- Il successo della somministrazione intranasale delle cellule staminali per la terapia del morbo di Parkinson ha portato ad un significativo potenziamento del controllo e delle funzioni motorie, con un miglioramento del 68% negli animali da esperimento, grazie agli effetti sia antinfiammatori che neuroprotettivi delle staminali. Esse portano ad una correzione della carenza di dopamina, caratteristica della malattia.
Questi promettenti risultati sono stati riportati da Rejuvenation Research, una importante rivista scientifica peer-reviewed, pubblicata da Mary Ann Liebert, Inc., sottolineando le potenzialità di un approccio non invasivo della terapia con staminali, un'alternativa più sicura ed efficace rispetto al trapianto chirurgico. Il merito della ricerca è di William H. Frey II, Ph.D., direttore del Alzheimer' s Research Center, facente parte del Health Partners Research Foundation, e della dottoressa Lusine Danielyan, che hanno coordinato  un team internazionale di ricercatori dell'ospedale universitario di Tübingen, della Medical School dell'Università di Göttingen e dell'Università di Tübingen a Stoccarda (Germania), della Health Partners Research Foundation,  presso  St. Paul,  MN (USA), dell'Università  tedesca  del  Cairo,  in  Egitto, dell'Università di Harvard, a Cambridge, MA (USA), dell'Istituto di Biologia Molecolare NAS RA, a Yerevan, in Armenia, e dello University Hospital di Ginevra, in Svizzera.1
In questo studio davvero innovativo le staminali riescono a migrare nel cervello in alta percentuale, preferibilmente verso le aree danneggiate, e a sopravvivere per almeno sei mesi. I livelli del neurotrasmettitore dopamina sono notevolmente superiori nelle aree del cervello raggiunte dalle cellule staminali, rispetto alle regioni non trattate. Gli autori hanno presentato la loro scoperta nell'articolo "Therapeutic  Efficacy of Intranasally Delivered Mesenchymal  Stem  Cells in  a  Rat  Model  of  Parkinson  Disease”, in cui spiegano  che l'utilizzo della via intranasale evita il danno tissutale, l'infiammazione ed il gonfiore conseguenti all'impianto chirurgico. Non meno importante è la possibilità, che si realizza con questo nuovo metodo, di poter ripetere il trattamento con cellule staminali più volte nel tempo.2
Il morbo di Parkinson è una malattia neurologica degenerativa, la cui incidenza aumenta con l'età, caratterizzata dalla diminuzione delle capacità motorie, della funzione muscolare e delle abilità di linguaggio. Gli uomini ne sono colpiti due volte più frequentemente rispetto alle donne per motivi sconosciuti. La ricerca clinica ha trovato significative evidenze che suggeriscono l' utilità delle cellule staminali del cordone ombelicale nel coadiuvare la cura di questa malattia.
Il morbo di Parkinson attacca i motoneuroni del sistema nervoso centrare in una particolare area, chiamata “ substantia nigra”, uno strato di materia grigia molto pigmentato nella parte  ventrale del mesencefalo, e le loro terminazioni assoniche, che raggiungono lo striato, interrompendo la normale produzione di dopamina, il neurotrasmettitore che permette ai muscoli ed al movimento di funzionare correttamente. Fu già descritto in India negli antichi testi ayurvedici 6.500 anni fa. Quando l'80% di queste cellule viene danneggiato, appaiono i sintomi fisici della malattia (ad esempio tremori, lentezza dei movimenti, rigidità, diminuzione dell'attività muscolare, perdita d'equilibrio e di coordinazione, difficoltà ad iniziare un movimento e poi ad interromperlo). In questo momento, non esistono cure per fermare o rallentare in modo decisivo la progressione del Parkinson, ma vari metodi di trattamento, come i farmaci, per contribuire ad alleviare i sintomi, e, talvolta, un intervento chirurgico, quando questi non funzionino. I farmaci agiscono replicando l'azione o sostituendo la dopamina mancante. Negli Stati Uniti 1,7 milioni di pazienti soffrono di questa patologia ed ogni anno si verificano circa 50-60.000 nuovi casi.
I trials clinici hanno dimostrato che il trapianto di staminali del cordone ombelicale può aiutare a rigenerare i neuroni danneggiati o distrutti, migliorando i sintomi  della malattia e le normali funzioni del cervello: dal camminare al parlare, al ragionamento cognitivo.
Il  metodo   finora   esplorato  dagli  scienziati ,  chiamato  “neurotransplantation” ,  prevede l'utilizzo di staminali, coltivate in laboratorio, da innestare direttamente nei siti del cervello, che richiedono dopamina. Hanno inventato varie tecniche, per spingere  le staminali a differenziarsi in neuroni produttori di dopamina. Quindi esse vengono inserite direttamente nelle zone, come la “substantia nigra”, lo striato o il putamen, dove vi è carenza di cellule nervose produttrici del neurotrasmettitore. Le staminali oggi sono spesso introdotte attraverso lo striato, componente sottocorticale del telencefalo, l'elemento più importante dei nuclei della base.
Anche in  questo caso le staminali cordonali hanno diversi vantaggi rispetto ad altre, come quelle del midollo osseo, che sono 10 volte meno concentrate, senza contare la facilità e la lunga vita d'immagazzinamento, la sicurezza, l'uso di un processo non invasivo, l'alto tasso di accettazione da parte del sistema immunitario del paziente.3
Le staminali embrionali, inizialmente utilizzate, non si sono invece dimostrate anche in questo caso prive di rischi: in uno studio effettuato all'Università di Harvard, il 20% degli animali da esperimento sviluppava neoplasie dalle cellule embrionali trapiantate, senza contare la modestia dei miglioramenti e gravi effetti collaterali, come la discinesia.4
Un' altra strada che può portare a sviluppi promettenti è l'uso sinergico di cellule staminali del cordone ombelicale in combinazione con il GDNF, il fattore neurotrofico derivato dalla linea cellulare gliale. Inizialmente ottenuto da staminali embrionali, oggi viene prodotto in laboratorio anche da altri tipi di cellule staminali. Nel 2004 sulla rivista scientifica Current Opinion in Pharmacology i dottori Clive N. Svendsen e Y.T. Tai hanno sostenuto che esso ha la capacità di riparare i motoneuroni danneggiati dal morbo di Parkinson, le cellule gliali e aumentare la sopravvivenza dei neuroni dopaminergici trapiantati. Direttamente infuso nel putamen, il GDNF ha portato a significativi miglioramenti clinici, senza effetti collaterali di rilievo, in un piccolo gruppo di pazienti, che hanno ricevuto questo fattore di crescita per un anno. Gli autori suggeriscono che i trattamenti con staminali insieme a fattori di crescita si dimostreranno una grande speranza per la terapia della malattia di Parkinson.5
Nel luglio 2010 i ricercatori del Dipartimento di Neurochirurgia dell'Ospedale Zhujiang, presso la Southern Medical University di Guangzhou (Cina), coordinati dalla dottoressa Meng Li del London Imperial College, hanno dimostrato che le cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale, che si trovano nella gelatina di Wharton, tessuto mucopolisaccaridico che protegge ed isola i vasi ombelicali, possono differenziarsi in neuroni dopamino-simili. Nello studio hanno indotto queste staminali cordonali a formare neurosfere, composte da elementi simili a staminali neuronali che, in seguito, si trasformano in cellule, che mostrano forti somiglianze morfologiche, funzionali e fenotipiche con i motoneuroni produttori di dopamina. Dopo il trapianto delle staminali mesenchimali del cordone ombelicale questi ratti con un modello sperimentale di malattia di Parkinson mostrano parziali effetti terapeutici in termini di  miglioramento del comportamento.
E' stato constatato che il NGF (Nerve Growth Factor) rende più favorevole il microambiente locale per le staminali trapiantate. Perciò è stato effettuato un ulteriore esperimento, per testare l' azione combinata dell'innesto delle staminali cordonali e del NGF. I risultati dello studio hanno dimostrato che la somministrazione di questo fattore di crescita migliorava in modo consistente la sopravvivenza delle cellule trapiantate nel cervello e aumentava il contenuto di dopamina nei tessuti interessati. Test comportamentali hanno indicato un forte progresso delle funzioni motorie rispetto a quelle dei ratti trattati con il solo innesto cellulare. Questi recenti e considerevoli risultati suggeriscono che il trapianto di staminali del cordone ombelicale, soprattutto mesenchimali, combinato con la somministrazione di NGF può rappresentare una nuova ed importante strategia terapeutica per la cura del morbo di Parkinson.6
1)  Vicki Cohn  - Mary Ann Liebert, Inc./Genetic Engineering News - 09 Feb 2011
2)   Medical News Today - HealthPartners Research Foundation - 06 Feb 2011
3) Robin Thede , eHow Contributor
4) Deyanda Flint , eHow Contributor - 12 marzo 2010
5)  Tai Y-T, Svendsen CN. Stem cells as a potential treatment of neurological disorders. Current Opinion in     Pharmacology - 2004; 4: 98-104.
6) Li M, ed all. - Neurochemimical Research - 2010 Oct;35(10):1522-9. Epub 2010 Jul 24.
* Paolo De Lillo è dottore in Farmacia.


Radio Vaticana, notizia del 10/03/2011 - Scheda sintetica del “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI

Il “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI vuole illustrare figura e messaggio del Cristo dall’ingresso in Gerusalemme fino alla Risurrezione. Una sintesi del libro in questo servizio di Sergio Centofanti: 

(Premessa) Il Papa non ha voluto scrivere una “Vita di Gesù”, ma “illustrare figura e messaggio di Gesù” per trovare il Gesù reale. Ha “cercato di sviluppare uno sguardo sul Gesù dei Vangeli e un ascolto che potesse diventare un incontro … guidato dall’ermeneutica della fede, ma al contempo tenendo conto responsabilmente della ragione storica” (congiungendo “ermeneutica della fede” e “ermeneutica della storia”) “in un modo che possa essere utile a tutti i lettori che vogliono incontrare Gesù e credergli”. Spera di poter trattare anche l’infanzia di Gesù, come promesso, in un “piccolo fascicolo”, se per questo gli “sarà ancora data la forza”.

(Cap. 1) Il Papa inizia il libro parlando dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, accolto dalla folla festante, seduto su un’asina, come “un re della pace e un re della semplicità, un re dei poveri”. Non è un rivoluzionario politico, “non si fonda sulla violenza; non avvia un’insurrezione militare contro Roma. Il suo potere è di carattere diverso: è nella povertà di Dio, nella pace di Dio che Egli individua l’unico potere salvifico”. “La violenza non instaura il regno di Dio. E’, al contrario, uno strumento preferito dall’anticristo … Non serve all’umanesimo, bensì alla disumanità”. “Gesù non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti ai margini della propria vita ed ai margini della società. Egli mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell’amore”. In particolare viene accolto con gioia dai piccoli, “da coloro che sono in grado di vedere con cuore puro e semplice e che sono aperti alla sua bontà”. Il giorno dopo l’ingresso a Gerusalemme Gesù caccia i mercanti dal tempio: combatte la “connessione tra culto e affari”, un tempio “diventato un covo di ladri”.

(Cap. 2) Dopo l’ingresso a Gerusalemme si inserisce “il grande discorso escatologico di Gesù con i temi centrali della distruzione del tempio, della distruzione di Gerusalemme, del Giudizio finale e della fine del mondo”. Gesù tante volte ha voluto raccogliere i figli di Gerusalemme “come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali”: ma non hanno voluto. E’ il “libero arbitrio dei pulcini”. I Romani distruggeranno il tempio e faranno grande strage degli ebrei. “Dio lascia una misura grande – stragrande secondo la nostra impressione – di libertà al male e ai cattivi; ciononostante la storia non gli sfugge dalle mani”. Per il giudaismo, “la distruzione del tempio dovette essere uno shock tremendo”: con la fine dei sacrifici espiatori niente più poteva “far da contrappeso” al male crescente nel mondo. Ma con Gesù “è superata l’epoca del tempio di pietra”. “E’ iniziato qualcosa di nuovo”. “Gesù stesso ha preso il posto del tempio, è Lui il nuovo tempio”, “è la presenza del Dio vivente. In Lui Dio e uomo, Dio e il mondo sono in contatto”. Nel suo amore si scioglie tutto il peccato del mondo. Gesù, nel discorso escatologico, parla del tempo dei pagani, situato tra la distruzione di Gerusalemme e la fine del mondo: durante questo tempo “il Vangelo deve essere portato in tutto il mondo e a tutti gli uomini: solo dopo, la storia può raggiungere la sua meta”. Allora finirà anche l’ostinazione di una parte di Israele e “tutto Israele sarà salvato”. Dio vuole salvare tutti. Gesù dice: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. “La parola, quasi un nulla a confronto col potere enorme dell’immenso cosmo materiale … è più reale e più durevole che l’intero mondo materiale. E’ la realtà vera ed affidabile … Gli elementi cosmici passano; la parola di Gesù è il vero ‘firmamento’, sotto il quale l’uomo può stare e restare”.

(Cap. 3) Con la lavanda dei piedi Gesù si spoglia del suo splendore divino per purificarci dalla nostra sporcizia e “renderci capaci di partecipare al banchetto nuziale di Dio”. Attua “una svolta radicale” nella storia della religione: davanti a Dio “non sono azioni rituali che purificano”, ma è “la fede che purifica il cuore”. Secondo l’esegesi liberale “Gesù avrebbe sostituito la concezione rituale della purità con quella morale”, ma “allora il cristianesimo sarebbe essenzialmente una morale”, ridotto all’ “estremo sforzo morale” di amare gli altri fino a sacrificare la propria vita. “Ma con ciò non si rende giustizia alla novità del Nuovo Testamento”. La novità del Vangelo “non può consistere nell’elevatezza della prestazione morale”. “La nuova Legge è la grazia dello Spirito Santo, non una nuova norma, ma l’interiorità nuova donata dallo stesso Spirito di Dio”. Solo se ci lasciamo ripetutamente lavare, ‘rendere puri’ dal Signore stesso, possiamo imparare a fare insieme con Lui ciò che Egli ha fatto”. “Dobbiamo lasciarci immergere nella misericordia del Signore; allora anche il nostro cuore ‘cuore’ troverà la via giusta”. Il comandamento nuovo dell’amore “non è semplicemente un’esigenza nuova e superiore: esso è legato alla novità di Gesù Cristo – al crescente essere immersi in Lui”. “La purezza è un dono”, come l’essere cristiani è un dono, che poi “si sviluppa nella dinamica del vivere ed agire insieme con questo dono”. Pietro e Giuda sono due modi diversi di reagire a questo dono. Entrambi lo accolgono, ma poi uno rinnega, l’altro tradisce. Pietro, pentitosi, crede nel perdono. Anche Giuda si pente, ma non “riesce più a credere ad un perdono. Il suo pentimento diventa disperazione … vede ormai solo il proprio buio, è distruttivo e non è un vero pentimento”. “In Giuda incontriamo il pericolo che pervade tutti i tempi”, il pericolo cioè che anche chi è stato una volta illuminato, “attraverso una serie di forme apparentemente minute di infedeltà, decada spiritualmente e così alla fine, uscendo dalla luce, entri nella notte e non sia più capace di conversione”. Inoltre, in Giuda che lo tradisce, Gesù sperimenta “l’incomprensione, l’infedeltà fino all’interno del cerchio più intimo degli amici”. “La rottura dell’amicizia giunge fin nella comunità sacramentale della Chiesa, dove sempre di nuovo ci sono persone che prendono ‘il suo pane’ e lo tradiscono”. Come diceva Pascal “la sofferenza di Gesù, la sua agonia, perdura sino alla fine del mondo”. “Gesù in quell’ora si è caricato del tradimento di tutti i tempi, della sofferenza che viene in ogni tempo dall’essere traditi, sopportando così fino in fondo le miserie della storia”.

(Cap. 4) La preghiera sacerdotale di Gesù “è comprensibile solo sullo sfondo della liturgia della festa giudaica dell’Espiazione (Yom kippùr)”. L’innalzamento di Gesù sulla Croce costituisce “il giorno dell’Espiazione del mondo, in cui l’intera storia del mondo, contro tutta la colpa umana e tutte le sue distruzioni, trova il suo senso”: quello di riconciliarsi con Dio. Il non essere riconciliati con Dio, “con il Dio silenzioso, misterioso, apparentemente assente e tuttavia onnipresente, costituisce il problema essenziale di tutta la storia del mondo”. La missione di Gesù è universale: “non riguarda soltanto un circolo limitato di eletti; il suo obiettivo è il cosmo – il mondo nella sua totalità. Mediante i discepoli e la loro missione il mondo intero nel suo insieme deve essere strappato dalla sua alienazione, deve ritrovare l’unità con Dio”. La sua missione è che “l’uomo, nel diventare una cosa sola con Dio, torni ad essere totalmente se stesso. Questa trasformazione, però, ha il prezzo della croce e per i testimoni di Cristo quello della disponibilità al martirio”.

(Cap. 5) Il Papa affronta la questione della diversa datazione dell’Ultima Cena nei Sinottici e in Giovanni. In proposito parla di “groviglio di ipotesi tra loro contrastanti”. Sottolinea che “una ricerca storica può condurre sempre solo fino ad un alto grado di probabilità, mai ad una certezza ultima … Se la certezza della fede si basasse esclusivamente su un accertamento storico-scientifico, essa rimarrebbe sempre rivedibile”. “L’ultima certezza, sulla quale fondiamo l’intera nostra esistenza, ci è donata dalla fede – dall’umile credere insieme con la Chiesa di tutti i secoli, guidata dallo Spirito Santo”. I Sinottici parlano di una cena pasquale. Il giorno dopo, festa della Pasqua, Gesù viene processato e crocifisso. In Giovanni, l’Ultima Cena avviene nell'antivigilia della Pasqua e Gesù viene crocifisso non nel giorno della festa, ma nella sua vigilia. “Ciò significa che Gesù è morto nell’ora in cui nel tempio venivano immolati gli agnelli pasquali”: Gesù è “il vero Agnello”. Il Papa ritiene la cronologia giovannea più probabile. Cosa è stata allora – si chiede il Papa – l’ultima cena? Con Meier, spiega che Gesù, nella consapevolezza che non avrebbe più potuto mangiare la Pasqua invitò i discepoli “ad un’ultima cena di carattere molto particolare, una cena che non apparteneva a nessun determinato rito giudaico, ma era il suo congedo, in cui Egli dava qualcosa di nuovo, donava se stesso come il vero Agnello, istituendo così la sua Pasqua”. Il Papa affronta quindi il concetto di espiazione che per certa teologia moderna sarebbe inconcepibile e in contrasto “con un’immagine pura di Dio”. “Dio – afferma – non può semplicemente ignorare tutta la disobbedienza degli uomini, tutto il male della storia, non può trattarlo come cosa irrilevante ed insignificante … L’ingiustizia, il male … deve essere smaltito, vinto. Solo questa è la vera misericordia. E che ora, poiché gli uomini non ne sono in grado, lo faccia Dio stesso – questa è la bontà ‘incondizionata’ di Dio, una bontà che non può mai essere in contraddizione con la verità e la connessa giustizia”. “A tutta la marea sporca del male si oppone l’obbedienza del Figlio, nel quale Dio stesso ha sofferto e la cui obbedienza pertanto è sempre infinitamente più grande della massa crescente del male”. Il Papa sottolinea quindi che “ciò che la Chiesa celebra nella Messa non è l’ultima cena, ma ciò che il Signore, durante l’ultima cena, ha istituito ed affidato alla Chiesa: la memoria della sua morte sacrificale”. E poiché il dono di Gesù è radicato nella risurrezione, la celebrazione del Sacramento doveva svolgersi nel Giorno del Signore, la domenica. Già nel periodo degli apostoli “l’Eucaristia veniva celebrata come incontro con il Risorto”. “Un arcaismo, che volesse tornare a prima della risurrezione e della sua dinamica ed imitare soltanto l’ultima cena, non corrisponderebbe affatto alla natura del dono che il Signore ha lasciato ai discepoli”.

(Cap. 6) Nel Getsèmani Gesù “ha sperimentato l’ultima solitudine, tutta la tribolazione dell’essere uomo. Qui l’abisso del peccato e di tutto il male gli è penetrato nel più profondo dell’anima. Qui è stato toccato dallo sconvolgimento della morte imminente. Qui il traditore lo ha baciato. Qui tutti i discepoli lo hanno lasciato. Qui Egli ha lottato anche per me”. Al contrario di quanto accaduto nel giardino del Paradiso terrestre, in questo giardino degli ulivi “Gesù ha accettato fino in fondo la volontà del Padre, l’ha fatta sua e così ha capovolto la storia”. Pietro è contrario alla croce. “Chi potrebbe negare che il suo atteggiamento rispecchi la tentazione continua dei cristiani, anzi anche della Chiesa: senza la croce arrivare al successo”. Gesù chiede ai discepoli di vegliare, ma invano. “La sonnolenza dei discepoli rimane lungo i secoli l’occasione favorevole per il potere del male. Questa sonnolenza è un intorpidimento dell’anima, che non si lascia scuotere dal potere del male nel mondo, da tutta l’ingiustizia e da tutta la sofferenza che devastano la terra … Ma questa insensibilità …conferisce al maligno un potere nel mondo”. Un’immane angoscia assale Gesù nella consapevolezza di prendere su di sé tutto il male del mondo perché “in Lui sia privato di potere e superato”. E’ un’angoscia radicale: “è lo scontro stesso tra luce e tenebre, tra vita e morte – il vero dramma della scelta che caratterizza la storia umana”. Gesù eleva la sua supplica al Padre, a Colui che può salvarlo da morte e “per il suo pieno abbandono a lui venne esaudito”. Infatti “sulla croce, Gesù diventa fonte di vita per sé e per tutti. Sulla croce, la morte viene vinta”.

(Cap. 7) Parlando del processo a Gesù il Papa sottolinea che a volere la sua morte non è stato “il popolo” degli Ebrei come tale, anche perché Gesù e gli stessi discepoli erano ebrei. Ad accusarlo era l’aristocrazia del tempio, ma con eccezioni (vedi Nicodemo), e - nel contesto dell’amnistia proposta da Pilato – la massa dei sostenitori di Barabba. “Se secondo Matteo – scrive il Papa – ‘tutto il popolo’ avrebbe detto: ‘Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli’, il cristiano ricorderà che il sangue di Gesù … non chiede vendetta e punizione, ma è riconciliazione. Non viene versato contro qualcuno, ma è sangue versato per molti, per tutti …non è maledizione, ma redenzione, salvezza”. Durante il processo Pilato chiede: “Che cos’è la verità?”. “La non-redenzione del mondo consiste … nella non-riconoscibilità della verità, una situazione che poi conduce inevitabilmente al dominio del pragmatismo, e in questo modo fa sì che il potere dei più forti diventi il dio di questo mondo”. “Non è forse vero che le grandi dittature sono vissute in virtù della menzogna ideologica e che soltanto la verità potè portare la liberazione?”. Verità e menzogna “sono continuamente mescolate in modo quasi inestricabile. La verità in tutta la sua grandezza e purezza non appare”. E come Pilato, in molti oggi hanno accantonato la domanda sulla verità come “irrisolvibile”. “Anche oggi, nella disputa politica come nella discussione circa la formazione del diritto, per lo più si prova fastidio per essa. Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della vita, lascia … il campo ai più forti”. La verità “diventa riconoscibile in Gesù Cristo”. “La verità esternamente è impotente nel mondo; come Cristo, secondo i criteri del mondo, è senza potere …Viene crocifisso. Ma proprio così, nella totale mancanza di potere, egli è potente, e solo così la verità diviene sempre nuovamente una potenza”. Nella passione di Gesù, “nella sua miseria si rispecchia la disumanità del potere umano, che schiaccia l’impotente”. “ Da quando Gesù si è lasciato percuotere, proprio i feriti e i percossi sono immagine del Dio che ha voluto soffrire per noi. Così, nel mezzo della sua passione, Gesù è immagine di speranza: Dio sta dalla parte dei sofferenti”.

(Cap. 8) La crocifissione e la deposizione di Gesù nel sepolcro. “Nessuno … si era aspettato una fine in croce del Messia”. “I fatti in un primo tempo incomprensibili hanno condotto ad una nuova comprensione della Scrittura”. La prima parola di Gesù sulla croce è la richiesta di perdono per i crocifissori, perché “non sanno quello che fanno”. Il Papa sottolinea che questa richiesta del Signore “rimane una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini”, anche se l’ignoranza rivela un’ottusità del cuore. Nota poi che la combinazione di erudizione e ignoranza, conoscenza materiale e profonda incomprensione, esiste in tutti i tempi. Si sofferma sul buon ladrone che “proprio sulla croce ha capito che quest’uomo privo di potere è il vero re”. “Il buon ladrone è diventato l’immagine della speranza – la certezza consolante che la misericordia di Dio può raggiungerci anche nell’ultimo istante; la certezza, anzi, che dopo una vita sbagliata, la preghiera che implora la sua bontà non è vana”. Dal costato trafitto di Gesù escono sangue e acqua. Il Papa cita la Prima Lettera di Giovanni: Gesù è colui che è venuto con acqua e sangue, non con l’acqua soltanto. Un riferimento a quanti considerano “importante solo la parola, la dottrina, il messaggio di Gesù, ma non la ‘carne’, il corpo vivente di Cristo, dissanguato sulla croce”, ovvero “un cristianesimo del pensiero e delle idee” dal quale si toglie via “la realtà della carne: il sacrificio e il Sacramento”. “Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro …Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario … lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito”. Così il Papa può affermare che “ il bene è sempre infinitamente più grande di tutta la massa del male, per quanto essa sia terribile”. “Per questo, al centro del ministero apostolico e dell’annuncio del Vangelo … deve stare l’ingresso nel mistero della croce”. “Nella croce l’oscurità e l’illogicità del peccato s’incontrano con la santità di Dio nella sua luminosità abbagliante per i nostri occhi e questo va al di là della nostra logica. E tuttavia, nel messaggio del Nuovo Testamento e nel suo verificarsi nella vita dei santi, il grande mistero è diventato del tutto luminoso. Il mistero dell’espiazione non deve essere sacrificato a nessun razionalismo saccente”.

(Cap. 9) La risurrezione di Gesù dalla morte. Senza fede nella risurrezione – afferma il Papa – “la fede cristiana è morta”. “Solo se Gesù è risorto è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo”. Non è stato il miracolo di un cadavere rianimato. “La risurrezione di Gesù è stata l’evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò – una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell’essere uomini”. “La risurrezione di Gesù … è una sorta di ‘mutazione decisiva’ … un salto di qualità. Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomo, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini”. I discepoli, testimoni della risurrezione, furono sopraffatti da una realtà che fino ad allora semplicemente non contemplavano. E “con un coraggio assolutamente nuovo si presentarono davanti al mondo per testimoniare: Cristo è veramente risorto”. Un’audacia impensabile per dei seguaci impauriti di un Maestro crocifisso, senza un contatto reale con Gesù veramente risorto. Nella risurrezione – scrive il Papa – “non può esserci alcun contrasto con ciò che costituisce un chiaro dato scientifico. Nelle testimonianze sulla risurrezione, certo, si parla di qualcosa che non rientra nel mondo della nostra esperienza. Si parla di qualcosa di nuovo … Non si contesta la realtà esistente. Ci viene detto piuttosto: esiste un’ulteriore dimensione rispetto a quelle che finora conosciamo. Ciò sta forse in contrasto con la scienza?”. “Nell’intera storia di ciò che vive – afferma il Papa – gli inizi delle novità sono piccoli, quasi invisibili – possono essere ignorati. Il Signore stesso ha detto che il ‘regno dei cieli’, in questo mondo, è come un granello di senape, il più piccolo di tutti i semi. Ma reca in sé le potenzialità infinite di Dio. La risurrezione di Gesù, dal punto di vista della storia del mondo, è poco appariscente, è il seme più piccolo della storia. Questo capovolgimento delle proporzioni fa parte dei misteri di Dio. In fin dei conti, ciò che è grande, potente, è la cosa piccola. E il seme piccolo è la cosa veramente grande”. La risurrezione “è un evento dentro la storia che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al di là di essa”. Con Giuda Taddeo il Papa si chiede perché Gesù si sia manifestato solo a pochi e non si sia opposto con tutta la sua potenza ai nemici che lo hanno crocifisso. “E’ proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia … Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di ‘vedere’. E tuttavia – non è forse proprio questo lo stile divino? Non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore”.

(Prospettive) E’ salito al cielo – siede alla destra di Dio Padre e di nuovo verrà nella gloria. La testimonianza dei discepoli di Gesù “si traduce essenzialmente in una missione: devono annunciare al mondo che Gesù è il Vivente – la Vita stessa”. Luca, nel racconto dell’ascensione “ci dice che i discepoli erano pieni di gioia dopo che il Signore si era allontanato definitivamente da loro”. “Non si sentono abbandonati … Sono sicuri che il Risorto … proprio ora è presente in mezzo a loro in una maniera nuova e potente”, una presenza “che non si può più perdere”: ora è “sempre presente accanto a noi e per noi”. “E’ presente accanto a tutti ed invocabile da parte di tutti – attraverso tutta la storia – e in tutti i luoghi”. Eppure, spesso, i discepoli di Gesù continuano ad aver paura, come gli apostoli sul Lago di Tiberiade durante una tempesta: “Anche oggi la barca della Chiesa, col vento contrario della storia, naviga attraverso l’oceano agitato del tempo. Spesso si ha l’impressione che debba affondare. Ma il Signore è presente e viene nel momento opportuno … è questa la fiducia dei cristiani, la ragione della nostra gioia”, nell’attesa che Gesù di nuovo verrà nella gloria. “La fede nel ritorno di Cristo è il secondo pilastro della professione cristiana … Questo implica la certezza nella speranza che Dio asciugherà ogni lacrima, non rimarrà niente che sia privo di senso, ogni ingiustizia sarà superata e stabilita la giustizia. La vittoria dell’amore sarà l’ultima parola della storia del mondo. Per il ‘tempo intermedio’ ai cristiani è richiesta … la vigilanza …Vigilanza significa soprattutto apertura al bene, alla verità, a Dio, in mezzo a un mondo spesso inspiegabile e in mezzo al potere del male”. “I cristiani invocano la venuta definitiva di Gesù e vedono al contempo con gioia e gratitudine che Egli già ora anticipa questa sua venuta, già ora entra in mezzo a noi … ‘Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’”.


Lo tsunami e noi di Andrea Tornielli, 14-03-2011, da http://www.labussolaquotidiana.it

Le immagni sconvolgenti del terremoto e dello tsunami che hanno colpito il Giappone provocando oltre diecimila morti non possono lasciarci indifferenti, nonostante appaiano così distanti da noi (ma lo siano molto meno, invece, per tutti coloro che hanno vissuto anche nel nostro Paese la tragedia di un sisma devastante). Nel giro di pochi minuti un’onda immensa e potentissima ha travolto, spazzato via e inghiottito donne, uomini, bambini, insieme alle auto e alle case.

All’Angelus di ieri il Papa ha pregato per le vittime e per i loro familiari, ha rinnovato la sua vicinanza alle popolazioni colpite, che «con dignità e coraggio stanno facendo fronte alle conseguenze di tali calamità», e ha incoraggiato «quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto».

Ciò che è accaduto ci mette, ancora una volta, di fronte all’assoluta fragilità e caducità dell’esistenza umana. «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie», recitava una famosa poesia di Giuseppe Ungaretti dedicata alla sua esperienza di soldato nella Grande Guerra. Un fremito nelle profondità della terra ha distrutto in pochi istanti migliaia di vite umane, spezzando affetti, annientando esistenze. Come foglie sugli alberi d’autunno, per l’appunto: pronte a staccarsi dal ramo in un momento, al primo soffio di vento. Inesorabilmente.

Possiamo (e dobbiamo) lavorare per prevenire le conseguenze di queste calamità naturali, possiamo dotarci di abitazioni antisismiche, emanare gli allarmi anti-tsunami. Possiamo affidarci alla scienza, alle sue tecniche sempre più sofisticate. Ma è come se la natura ci mettesse sempre nuovamente di fronte l’esperienza elementare della nostra assoluta fragilità.

Crediamo di possedere tutto, ci riteniamo padroni di noi stessi, delle nostre vite, immaginiamo di programmare ogni cosa. Ma non siamo davvero in grado di dire se domani ci saremo ancora.

I cristiani, oltre a essere chiamati alla fattiva solidarietà verso coloro che sono colpiti, guardano a questi eventi con la consapevolezza che non siamo noi padroni, che in ogni istante della nostra vita dipendiamo da Colui che ci ha donato l’esistenza e ci accoglierà tra le sue braccia, secondo i suoi disegni.

Proprio per ricordarcelo, all’inizio della Quaresima, la Chiesa ci ripete, mentre viene posto sul nostro capo un pizzico di cenere, che siamo polvere e polvere ritorneremo. Richiamandoci così a giocare la nostra vita su ciò che vale davvero e vivrà per sempre.