Nella rassegna stampa di oggi:
1) Se Eluana muore - Muore ora perché non era morta prima, quando troppi volevano liberarsene – dal Foglio.it del 13 ottobre 2008
2) Il bacione di Firenze per Stefano Borgonovo - Autore: www.politicus.splinder.com Curatore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 12 ottobre 2008
3) Pro e contro Putin 1 – I pro - Autore: Jagodincev, Dmitrij Curatore: Scalfi, P. Romano - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 12 ottobre 2008
4) Costruiamo insieme ai cittadini l’Unione Europea come una cattedrale - Mario Mauro - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
5) HUMANAE VITAE/ Dalla rivoluzione sessuale alla crisi dei rapporti - INT. Lucetta Scaraffia - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
6) DARWINISMI/ Soave: la nuova frontiera evolutiva non è genetica, ma culturale - Mario Gargantini - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
7) DARWINISMI/ Soave: la nuova frontiera evolutiva non è genetica, ma culturale - Mario Gargantini - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
8) L’OSPITE/ Morresi: Eluana Englaro è più viva che mai. Ma i giornali se ne sono accorti? - Assuntina Morresi - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
9) SCUOLA/ Studenti, informatevi su che cosa sta facendo davvero il ministro - Sussi Dario - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Se Eluana muore - Muore ora perché non era morta prima, quando troppi volevano liberarsene – dal Foglio.it del 13 ottobre 2008
Ci dicono che Eluana Englaro sta morendo. Sabato le sue condizioni sono gravemente peggiorate a seguito di un’emorragia interna improvvisa. Eluana sta morendo perché non era morta prima. Come invece avevano voluto farci credere in nome di un’ideologia che persegue la morte come immagine speculare della salute dei vivi. Eluana Englaro, inchiodata al suo letto da diciassette anni, era certamente inguaribile, ma era viva. Era nata come tutti per morire. Non è mai abbastanza la compassione per giudicare questo caso che ha generato inquietudine e giurisprudenza. Ma qui ha perso il progetto moderno che vuole togliere alla morte la sua storia, il suo tempo, separarla dalla vita per farne un astratto tabù. Invece di adottare una soluzione di soccorso, di argine al peggio, all’irrimediabile, ci si era avviati verso la morte con la severità delle sentenze e del linguaggio dei tribunali.
Eluana ha deciso di lasciare questo mondo da sola, come a voler indicare a tutti la differenza incolmabile fra il coma, lo stato in cui i vivi ansimano nel tragico, e la morte che è un inarrestabile raffreddamento, l’uscita dal tempo della vita. Forse la pietà vuole che di questa tragedia non si potesse scrivere un finale legale, scientifico e burocratico. Forse è stato questo il testamento biologico di Eluana Englaro. Perché come ha scritto nella sua “Chirurgie de la douleur” il celebre medico francese René Leriche, “i grandi dolori, anche quando tacciono, mai restano muti”.
Il bacione di Firenze per Stefano Borgonovo - Autore: www.politicus.splinder.com Curatore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 12 ottobre 2008
La moglie di Stefano Borgonovo, commossa per l'affetto che circondava suo marito e la sua famiglia, a chi chiedeva come fa ad affrontare una situazione così difficile, ha detto che è la vita, quando ti ci trovi in mezzo la vivi, mi è tornato in mente il suo sorriso sereno e pulito, oggi, quando ho letto che Eluana Englaro dopo l'emorragia che l'ha colpita ter giorni fa, pare si sia stabilizzata, pare che la vita non la voglia lasciare andare, o forse è lei che ci sta attaccata a questa vita, perché, quando ci sei in mezzo la vivi.
Le lacrime senza fine di Gullit per la commozione mentre gli accarezza la testa; Agroppi che per una sera "depone" la sua proverbiale vena polemica di toscano sanguigno mentre gli mostra la foto di quando lo allenò a Como; i tanti giocatori di oggi e quelli di appena ieri suoi compagni di avventura calcistica, Nappi che dopo un gol fa trenta metri di corsa verso la panchina e lo bacia, e poi quei dieci minuti interminabili applausi da brivido come mai la Firenze calcistica ha fatto quando Roberto Baggio lo porta sotto la Curva Fiesole, accompagnato dallo sguardo amorevole della figlia Alessandra ma soprattutto il suo sguardo vivo, pungente e felice che a tanti ha fatto sorgere la domanda più elementare: "ma come è possibile con il male che lo attanaglia?". Insomma ieri è stato il giorno di Stefano Borgonovo, colpito dalla Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e Firenze gli ha dato quel "bacione" che secondo una delle canzoni popolari più belle "La mì porti un ba(s)cione a Firenze"-con la c aspirata-vuol dire amore, struggimento, abbraccio senza fine. Non è stata una serata nè banale, nè formale. Ed anch'io che ero presente non ho fatto che ammirare quel volto, quello di Stefano che ha fatto ringraziare centinaia di persone per il coraggio, la forza del cuore che esprimeva, comunicando con quella "macchinetta" parole di speranza e voglia di lottare e che apparivano sui tabelloni dove la domenica scorrono i risulati della Serie A. Stefano, attraverso anche a quella forza della natura che è Chantal, sua splendida moglie che non lo molla un attimo insieme ai figli, ha parole per i più sfortunati che non sono del mondo del calcio. Ma a partire da questo dove si sono consumati tanti drammi a causa della Sla, l'incasso della partita amichevole tra Fiorentina e Milan di fatto contribuirà a sostenere la Fondazione Borgonovo che si occuperà di ricerca e di sotegno ai malati di Sla. Non mi interessano i luoghi comuni dei calciatori viziati e così via, ma ieri ho visto questi "eroi" della domenica, anche i miei, seppure molti erano quelli di "ieri" inchinarsi davanti al mistero di una malattia e che a modo loro si sono comunque chiesti "perché?", come fare per affrontarla?" E paradossalmente vedendo Borgonovo come combatte, si sono sentiti confortati in qualcosa che va oltre il calcio. Stefano ci ha regalato una grande testimonianza fatta di amicizia, amore e fede. La sua famiglia, gli amici di Milano, i tanti che si è ritrovato a Firenze. Grazie alle società di Fiorentina e Milan che hanno pensato questo gesto per la Fondazione Borgonovo ma grazie anche Carlo Parravicino, che fu procuratore di Stefano quando lo portò nella Fiorentina. Di solito hanno fama di condizionare i loro giocatori per motivi di "business" ma qui si presenta un altro fatto fuori dal comune ma reale: appena seppe della malattia di Stefano si è prodigato perchè la manifestazione riuscisse, tanto che sarà uno dei sostenitori della Fondazione. Grazie a te Stefano, alla tua testimonianza e porta i nostri baci a Milano e che Dio ti benedica!
Pro e contro Putin 1 – I pro - Autore: Jagodincev, Dmitrij Curatore: Scalfi, P. Romano - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 12 ottobre 2008
Traduciamo dalla rivista russa Posev, n. 8 - 2008, un articolo che intende, nella prima parte, presentare i lati positivi della politica di Putin, nella seconda, i lati negativi. Chi scrive appartiene alla corrente del solidarismo russo che, durante il potere sovietico, ha fondato all’estero un movimento politico sociale in difesa dei valori della persona, sempre attento ai problemi della Russia. Lo stesso autore dell’articolo non pretende di dare su Putin un giudizio definitivo. In ogni caso lo scritto può servire a comprendere un po’ meglio la vita della Russia, tenendo presente il detto del poeta: “Con la testa la Russia non si può capire… La Russia si può soltanto amare”. Alcune parti sono state omesse per motivi di spazio.
Nella primavera del 2008 in Russia è stato eletto un nuovo presidente nella persona di A. D. Medvedev. E’ stato eletto come successore di Putin, mentre Putin ha cambiato la poltrona di presidente con la poltrona di rappresentante del governo, e così resta al potere. Ciononostante la presidenza di Putin passa alla storia ed è giunto il tempo di tentare un giudizio almeno provvisorio di questo periodo della vita della Russia. Ho detto provvisorio perché un giudizio definitivo per il momento è prematuro.
1. Demografia. Per la prima volta il governo ha riservato a questo problema una seria attenzione. Vari fattori, l’esame dei quali non entra nell’intenzione dell’articolo, hanno portato ad una preoccupante e permanente diminuzione del numero della popolazione.. E’ indubbio merito del potere, come la stampa ha spesso sottolineato, un cambiamento di rotta in questo settore. Sembra proprio che siano riusciti a cambiare la mentalità dei russi, convincendoli che è un bene avere molti figli. Lo si constata dal fatto che è una moda, nelle famiglie a medio reddito, avere tre o più figli. C’è da osservare che queste famiglie non puntano ad avere contributi dallo stato per la maternità. Le famiglie povere sperano molto che venga approvato il progetto nazionale che permetta la crescita della natalità anche fra di loro.
2. Cecenia. Questo è un problema scottante che Putin ha dovuto affrontare nel suo momento più tragico. Negli ultimi otto anni sono successe molte cose in Cecenia: la seconda guerra, rapimenti, uccisioni di popolazione pacifica, terrori, processi contro i militari e molte altre cose. Ma ora la Cecenia si trova in una situazione relativamente tranquilla. Molte persone che hanno potuto visitarla negli anni 2006/2007 hanno fatto sapere che oggi la Cecenia si trova in una situazione buona, per quanto lo possa essere dopo dieci anni di guerra. Io credo che non sia gradito a molti il presidente Kadyron e il suo modo di governare. Molti diranno che con l’aiuto illimitato di Mosca non è difficile ricostruire a nuovo una regione. Io sono d’accordo. In ogni modo la guerra è cessata e le bare non giungono più nella grande Russia. Le case sono state ricostruite e i fuggiaschi ritornano. Perfino la squadra di calcio è in prima fila. Difficilmente si sarebbe potuto risolvere il problema ceceno in modo migliore, tenendo presente la situazione ereditata da Putin. La possibilità concessa ai ceceni di risolvere loro stessi i rapporti fra i loro clan
è una via più che ragionevole e logica.
3. Religione. Putin, assieme ad El’cin, ha riportato in Russia l’immagine del governatore ortodosso. A me non sembra che la sua fede sia di facciata. Il suo ruolo di pacificatore delle Chiese è stato riconosciuto unanimemente sia dal Patriarca di Mosca come dalla Chiesa ortodossa all’estero. Questo grandioso avvenimento è successo durante la presidenza di Putin e anche grazie a lui. E’ del tutto probabile che in futuro l’unione delle Chiese, anche per le sue conseguenze, possa essere considerata come la più grande impresa di Putin. Anche gli incontri di Putin con i rappresentanti delle confessioni principali si impongono alla considerazione di tutti. Si può affermare che oggi la Russia sia uno dei pochi stati dove vivono in discreta armonia i cristiani, i musulmani e gli ebrei. Alla Chiesa vengono restituiti i suoi averi; questo è l’unico caso dove venga rispettato il principio della restituzione. C’è però da notare anche un aspetto meno bello: una religiosità di facciata di molti politici e una forte influenza esercitata dal governo sui credenti ortodossi e delle altre religioni.
4. Rafforzamento del potere centrale. Per la Russia è molte importante un forte potere centrale. Su questo argomento si è parlato molto ed è difficile aggiungere qualche cosa di nuovo. Oggi il potere centrale gode di sufficiente forza e autorità per garantire stabilità nelle regioni russe. In questo settore non si può dire che tutto vada bene. Altro problema è la spartizione delle imposte, la destinazione dei governanti e il principio per formare le regioni. Qui siamo ben lontani da una sistemazione desiderabile. Ma lo stesso principio di un forte potere centrale è stato consolidato e ciò non può non essere gradito per i solidarismi.
5. Immagine positiva del potere. Ciò è detto in modo approssimativo e maldestro, ma l’idea è giusta. Abbiamo una triste esperienza degli ultimi 50 anni dell’impero russo, quando la società era in totale opposizione al potere, e spesso sembrava una cosa vergognosa volerlo sostenere. Ogni sua azione era oggetto di critica, anche quando era in sintonia con i desideri della società. La società deve avere un rapporto rispettoso nei confronti del potere; non va bene criticare ogni sua iniziativa. Sotto questo aspetto Putin e la sua squadra sono riusciti a raggiungere un evidente progresso. Ma, come ho già accennato, questa posizione è stata raggiunta in modo sgraziato, esagerando generosamente sotto molti aspetti. La critica è quasi scomparsa, anche quella costruttiva, ed è iniziato un attacco verbale (a volte non solo) verso ogni dissenso, ma questo appartiene alla seconda parte della mia analisi.
Costruiamo insieme ai cittadini l’Unione Europea come una cattedrale - Mario Mauro - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
La Mostra dal titolo “Il realismo di Gaudì e la speranza dell’Europa” inaugurata mercoledì scorso al Parlamento europeo di Bruxelles è innanzitutto la storia di un’amicizia. Una storia che ha molti parallelismi, un percorso comune, un’amicizia appunto, che permette di vedere la realtà come punto di partenza.
Come Gaudì anche i padri fondatori dell’Europa unita Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman sono partiti dalla realtà per costruire qualcosa di unico e di geniale. La realtà di 50 anni fa era il disastro della seconda guerra mondiale. Hanno regalato all’Europa 50 anni di pace e sviluppo mettendosi insieme su ciò che fino a qual momento li aveva divisi: il Carbone e l’acciaio.
Come spiegare questa mostra e la tesi che intende dimostrare, il parallelismo tra una Chiesa, la Sagrada Familia, e un’istituzione, l’Unione europea? Come spiegare l’amicizia che mi ha unito, improvvisamente, con Etsuro Sotoo, conosciuto per caso durante una visita in Spagna? Come spiegare il momento in cui ci siamo guardati negli occhi e abbiamo intravisto lo stesso desiderio, a partire dall’indagine della realtà, di costruire qualcosa di buono? «Gli amici sono coloro che guardandosi negli occhi riconoscono la presenza di un Dio» (Platone, Convivio).
La mostra, bella, articolata, con spiegazioni teoriche, immagini, laboratori creativi, cerca di sintetizzare l’idea “Il realismo di Gaudì e la costruzione dell’Europa”.
La Sagrada Familia fu l’interpretazione straordinaria di un uomo fuori dal comune che ebbe la capacità di stupire i suoi contemporanei, e continua a stupire anche oggi; la Sagrada Familia è un'opera in cui in cui si avverte profondamente il distaccarsi dell'artista dalla tradizione storica, in favore di una invenzione formale estremamente libera e fantastica, nacque infatti dallo stravolgimento di un progetto di chiesa neogotica tradizionale per diventare un capolavoro unico nel suo genere.
Se l’idea rivoluzionaria alla base di tale edificio può essere paragonata alla nascita delle istituzioni comunitarie, nate anch’esse dall’idea azzardatissima di Konrad Adenauer, Alcide De Gaspari e Robert Schuman, le due “costruzioni” sono ancora più simili per il fatto che non sono ancora completate, ma sono in una continua, lenta evoluzione.
Entrambe procedono a piccoli passi, quasi per tentativi, con lunghe battute d’arresto e improvvise accelerate, un incendio, la bocciatura di un referendum, un nuovo architetto, un nuovo trattato….
Per entrambe un problema significativo è trovare persone che sappiano, con umiltà, riproporre, attualizzare e reinterpretare i disegni originali, lasciando però inalterato lo spirito iniziale.
Etsuro Sotoo è una di queste persone, che con le sue capacità tecniche, e la sua creatività, ma soprattutto con la sua umanità e la sua immensa forza morale, ha saputo cogliere lo spirito di Gaudì, ha saputo dirigere lo sguardo in alto, guardando, magari da un altro punto di vista, lo stesso obbiettivo.
Nella mia attività parlamentare ho spesso denunciato l’allontanamento dell’Europa dal pensiero dai padri fondatori, dalla propria natura, dalla propria radice culturale, dalla radice dell’esperienza di dialogo e di convivenza tra gli uomini, l’apostasia dall’Europa stessa, che per non scontentare nessuno, da garante del diritto si è trasformata in un supermarket dei diritti, dove è tutto dovuto e dove il relativismo la fa da padrone.
Dobbiamo guardare in avanti, anzi in alto, tutta la Sagrada Familia si basa su un progetto che non si espande in orizzontale, seppur con una planimetria di notevoli dimensioni, ma si lancia verso il cielo con torri, pinnacoli, guglie, forse dall’aspetto incerto, ma bellissimi. Anche l’Unione Europea si costruisce su pilastri, magari fragili, che necessitano di supporto, ma fondamentali per reggere l’architettura, su torri, una diversa dall’altra, su nazioni, ognuna con le sue necessità, le sue potenzialità, i suoi problemi, sulle persone, che come pietre vive, portano ognuna il suo piccolo ma indispensabile contributo nel sostenere il peso dell’intera struttura.
Gaudì prendeva le pietre da costruzione che gli capitavano, una diversa dall’altra, e da queste definiva molti particolari man mano che la costruzione avanzava, invece di averli teorizzati in precedenza nei suoi piani.
La facciata della Natività è di una bellezza intensissima, le sculture, la composizione della scena, il movimento delle figure trasmettono una sensazione di forte spiritualità. Etsuro Sotoo riesce a usare la pietra per trasformarla in qualcosa di vivo, quasi di reale, che però allo stesso tempo nasconde una moltitudine di significati profondi nascosti ad uno sguardo superficiale. Del resto tutto il tempio, dalla struttura generale al dettaglio più piccolo, racchiude una moltitudine di simboli che rimandano a un altro piano di significati. Anche la bandiera europea ha una doppia chiave di lettura, è emblema del progetto politico nato più di cinquant’anni fa, ma ha anche un significato profondamente cristiano: riprende l’immagine della cosiddetta Medaglia Miracolosa - quella Medaglia cioè che nella cultura cattolica rappresenta l'apparizione a Catherine Laburè a Parigi della Vergine nel 1837, quella stessa medaglia che portava Bernardette Soubirous nel momento dell’apparizione della Madonna a Lourdes - e che ripropone l’immagine dell’Apocalisse della Vergine come una Donna con sul capo una corona di dodici stelle e sulle spalle un manto del colore della notte.
L'edificio è ancora in costruzione e i lavori procedono, finanziati da donazioni private, purtroppo a rilento. Ma se si visita la chiesa, ancora un cantiere, ci si trova in mezzo a un brulichio di persone che lavorano, scelgono le pietre, le modellano... Anche l’Unione Europea sembra oggi aver rallentato il suo passo: la doppia bocciatura della Costituzione europea e del trattato di Lisbona sembra aver arrestato il processo d’integrazione, ma se si viene in visita al Parlamento, alla Commissione, allora si vedrà un incessante lavorio di persone che si danno da fare perché credono alla costruzione di un’Europa unita. Bisogna quindi sollecitare il contributo degli Stati membri e dei Governi, ma soprattutto dei cittadini europei, veri “costruttori” del progetto europeo.
La speranza è che questa mostra esemplificandoci il messaggio che c’è dietro alla costruzione della Sagrada Familia, ci riporti alla missione che sta davanti all’Unione Europea: non lasciarsi scoraggiare, ma proseguire a piccoli passi sulla strada indicataci dai padri fondatori, una strada di pace, giustizia e sviluppo.
Come ricorda nel suo commento Javier Prades, «guardando in azione i promotori di questa iniziativa si comprende meglio il criterio culturale di Benedetto XVI, quando parlava dei monaci medievali: “Bisogna ammettere con realismo che non era loro intenzione creare una cultura, né volevano conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quarere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane per sempre. Cercavano, da uomini vivi, dentro la vita. Dietro le apparenze, le ricchezze, il potere e perfino l’‘erudizione’ fine a se stessa, nei monasteri medioevali si tendeva a ciò che apparenza non è, a ciò che è vero.Cercavano Dio”».
HUMANAE VITAE/ Dalla rivoluzione sessuale alla crisi dei rapporti - INT. Lucetta Scaraffia - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Lucetta Scaraffia, giornalista ed esperta di questioni bioetiche ha recentemente scritto su più giornali che molte critiche all’Humanae vitae, da più parti riproposte in occasione del quarantesimo anniversario dell’enciclica, sono fatte come se fossimo ancora nel 1968, e non fosse cambiato nulla da allora.
Qual era il clima culturale di allora e cosa è cambiato? I cambiamenti avvenuti giustificano chi parla del documento di Paolo VI come di un pronunciamento «profetico»?
Nel ’68 stava raggiungendo l’apice del successo l’utopia della libertà sessuale, cioè quella ideologia che prometteva la felicità se si fossero abbattuti tutti i divieti relativi ai comportamenti sessuali. Naturalmente, condizione prima di questa liberazione era la diffusione amplissima degli anticoncezionali artificiali, che permettono alle donne di comportarsi come gli uomini. Nelle società occidentali questa “liberazione” è avvenuta e oggi, dopo 40 anni, possiamo misurarne gli effetti e verificarne le promesse. Niente di tutto ciò che era stato promesso si è avverato: perfino il desiderio sessuale sembra essersi affievolito, mentre la solitudine affettiva e la disperazione sono aumentate, come rivela il consumo di droga e di antidepressivi in costante aumento. Quindi i pericoli che Paolo VI aveva individuato nell’uso di anticoncezionali artificiali, e quindi nella separazione totale fra sessualità e procreazione, si sono avverati: in questo senso, certo, l’Humanae Vitae è stata profetica.
Lo storico Adriano Prosperi ha descritto (Cfr. la Repubblica, 4 ottobre 2008) in toni foschi la posizione della Chiesa, riproposta da Benedetto XVI proprio a commento dell’Humanae vitae, sulla morale sessuale, giungendo a parlare di «volontà del clero di addomesticare l’eros». Una posizione in cui sarebbe assente (salvo la parentesi conciliare) la parola «amore». Le ha scritto in proposito il saggio Due in una carne. Le cose stanno proprio nei termini descritti da Prosperi?
Mi sembra che Prosperi, pur essendo un valente storico, in questo caso abbia rivelato una straordinaria mancanza di senso storico. Per prima cosa, bisogna ricordare che tutte le religioni, anzi tutte le culture, hanno cercato di “addomesticare l’eros”, per mille motivi relativi al funzionamento sociale, e non per brama di repressione.
Poi, che l’idea di amore che adesso abbiamo relativa ai rapporti fra donne e uomini è relativamente recente, cioè frutto del romanticismo ottocentesco. Prima l’amore matrimoniale non era inteso come innamoramento e passione, ma come sentimento che bisognava provare per il coniuge – a cui si era uniti nel 99% dei casi non da scelta personale, ma da ragioni familiari e sociali – e secondo la Chiesa il piacere sessuale aiutava il rinsaldarsi di questa unione. Parlando di matrimonio, la Chiesa si è a lungo tenuta lontana dall’usare il termine amore, anche quando furoreggiava la moda romantica, perché non voleva che questo sacramento indissolubile fosse legato ad un sentimento umano che, come tutti i sentimenti umani, era fragile e poteva facilmente finire. Nella storia del matrimonio, al termine amore nella società laica e secolarizzata è rapidamente subentrata l’idea di soddisfazione sessuale, ancora più peritura, e la separazione fra sesso e procreazione ha minato le fondamenta di questa istituzione. Mentre invece l’unione fra sesso e procreazione poneva direttamente al centro dei sentimenti dei coniugi il mistero della creazione, e quindi la presenza di Dio nella coppia, l’unica in grado di assicurarne la profondità e la durata.
Potrebbe portare qualche esemplificazione dell’«interesse e ascolto» che sta trovando «la proposta cattolica di una sessualità non separata dalla procreazione, non depauperata del suo mistero, e di una concezione del corpo nuova», di cui ha parlato in un recente articolo?
Penso all’infelicità dei giovani, spinti dal “politicamente corretto” ad avere rapporti sessuali fin da giovanissimi per non sentirsi diversi dagli altri, e sempre più incapaci di costruire legami sentimentali di qualche durata. Penso alle difficoltà che hanno le giovani donne, che in fondo al cuore, anche se studiano e lavorano, desiderano una famiglia e dei figli, a trovare ragazzi disposti ad assumersi responsabilità vere. Lo vedo nei miei studenti, lo vedo fra gli amici di mia figlia. Si tratta di un gruppo di ragazzi di 26-27 anni, nessuno dei quali sposato, e pochi con legami sentimentali stabili, tranne una ragazza che si è sposata con un ragazzo senegalese, bravissimo e serio, e hanno un bambino meraviglioso. Dal modo in cui le amiche la guardano, capisco quanto invidiano la sua condizione: ma oggi sembra che solo gli extracomunitari siano disponibili a fondare una famiglia. Quindi la crisi è forte e sentita, il fallimento dell’utopia della “rivoluzione sessuale” balza agli occhi di tutti, ed è da qui che bisognerebbe ripartire per parlare ai ragazzi. Proprio il contrario di quel che dicono i giornali, che scrivono invece che proprio riparlando dell’Humanae Vitae la Chiesa si allontana dai giovani. Certo, bisogna saper parlare, spiegare, non solo ribadire divieti.
DARWINISMI/ Soave: la nuova frontiera evolutiva non è genetica, ma culturale - Mario Gargantini - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Ormai sembra proprio aperta la caccia a chi la spara più grossa in tema di evoluzione; e i media non aspettano altro che poter far rimbalzare notizie sensazionali che possano superare la “selezione naturale” interna alle redazioni e raggiungere rapidamente la prima pagina. Col risultato che, durante i rimbalzi, si perde qualche informazione rilevante e che comunque le conoscenze del lettore medio circa le teorie evolutive restano limitate ai soliti cliché.
Questa volta è bastata una conferenza stampa di un genetista dell’University College di Londra, Steve Jones, a scatenare la bagarre. Certo le sue affermazioni, riportate dal Times, sono a prima vista molto forti e toccano un tasto molto sensibile come è quello dell’evoluzione umana. Jones avrebbe dichiarato che l’evoluzione dell’uomo è finita e che la nostra specie non è più in grado di produrre mutazioni rilevanti per proseguire il suo cammino evolutivo. Le reazioni non si sono fatte attendere. C’è chi ha preso subito per certa l’affermazione e si è lanciato in speculazioni su come potrebbero essere i nostri discendenti fra qualche secolo o millennio; e c’è anche chi ne ha approfittato per tirare in ballo il creazionismo e indirettamente rilanciare la solita presunta alternativa tra creazione ed evoluzione. Tralasciando questi casi estremi, buona parte dei commenti ha cercato di ridimensionare il clamore della previsione e di rassicurare che nulla è cambiato e che l’evoluzione prosegue sui solidi binari della spiegazione darwiniana: mutazioni casuali e selezione naturale. Forse però lo scenario è un po’ diverso e c’è qualcos’altro di più interessante da sottolineare.
Secondo il genetista Carlo Soave, già ordinario di genetica agraria e ora ordinario di fisiologia vegetale presso l'Università degli Studi di Milano, dietro questi dibattiti si nasconde un equivoco sul quale ormai sarebbe ora di fare chiarezza.
Quando Jones e i suoi interlocutori parlano di evoluzione, si riferiscono esclusivamente ai meccanismi evolutivi basati sulle mutazioni genetiche, dando per implicito che l’evoluzione sia principalmente dovuta a tali mutazioni. È una sorta di riduzionismo, per cui tutto il discorso sull’evoluzione si appiattisce sul solo livello genetico della vicenda. «Così facendo si trascurano altri fattori, che da alcuni anni ormai sono oggetto di ricerche approfondite e che mostrano come, quanto più si sale nella scala evolutiva e massimamente nel caso dell’uomo, l’evoluzione sia essenzialmente di tipo culturale. Quindi, dire che l’evoluzione umana si è fermata significa affermare che l’evoluzione è dovuta solo a fattori genetici; ma ciò non corrisponde alla realtà».
Invece l’evoluzione della specie umana non è affatto finita. «Anzi, l’evoluzione culturale è talmente vistosa e imponente da rendere irrilevante quella dovuta agli altri fattori. Può essere vero che l’evoluzione di matrice genetica stia rallentando, ma non è questo rallentamento a incidere in misura significativa sull’intero fenomeno. Basta considerare il ruolo che sempre più assumono alcune forma di evoluzione e di trasformazione dei viventi, come quelle per imitazione o per apprendimento».
Quindi, non solo i cambiamenti di natura genetica non sarebbero gli unici responsabili, sia dell’aumento che del rallentamento del processo evolutivo; ma l’evoluzione sospinta dalla cultura, nel caso dell’uomo, starebbe crescendo a velocità enorme. E quando si parla di fattori culturale ci si riferisce a tutto ciò che incide sul modo di pensare e quindi di impostare e organizzare la propria vita: quindi alle abitudini alimentari, ai comportamenti sessuali, alla cura del corpo e della salute, ai ritmi quotidiani, alle relazioni interpersonali… «Si pensi a come sono cambiati in pochi decenni, per questi motivi, alcuni parametri importanti della nostra specie: come la durata della vita, l’altezza, la capacità di adattamento all’ambiente. Rispetto a questi elementi, la conoscenza delle mutazioni genetiche non ci dice gran che».
C’è da aggiungere un ulteriore fenomeno, oggetto delle ricerche più avanzate: è la possibile ricaduta dei fattori culturali su quelli genetici. Le trasformazioni appena citate, possono far cambiare le sequenze geniche, secondo meccanismi un tempo ritenuti impraticabili ma oggi sempre più considerati possibili, andando quindi ad incidere, sui tempi lunghi, anche sulla stessa evoluzione genetica.
L’OSPITE/ Morresi: Eluana Englaro è più viva che mai. Ma i giornali se ne sono accorti? - Assuntina Morresi - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Eluana Englaro, che in sedici anni non ha mai avuto neanche un raffreddore, che respira da sola, che non fa nessuna terapia ma si nutre con un sondino, ieri ha avuto un’emorragia interna improvvisa e abbondante, che l’avrebbe potuta portare in poco tempo alla morte se non si fosse arrestata, all’improvviso, così come era cominciata, senza nessun intervento esterno.
Adesso le sue condizioni sono stazionarie, gravi, ma potrebbe ancora riprendersi se l’emorragia non ricomincia.
Il modo con cui i giornali hanno raccontato la faccenda, e le dichiarazioni rilasciate hanno dell’incredibile. Per esempio Carlo Alberto Defanti, il neurologo di Eluana, da sempre favorevole a staccarle il sondino: “Per il momento non è più a rischio di vita immediato. L’importante è che l’emorragia non ricominci”. Ma come, all’improvviso parliamo di “rischio di vita”? Non avete detto fino a cinque minuti fa che era un vegetale, una pressoché morta? E poi: perché adesso è diventato improvvisamente importante che l’emorragia non ricominci, per il medico che vuole farla morire di fame e di sete?
Sempre Defanti, in una intervista su Repubblica: “Da un certo punto di vista è un peccato che succeda adesso, perché per me si doveva andare fino in fondo”. Certo, in effetti, un gran peccato, non c’è che dire, se Eluana muore per conto suo per una complicazione naturale, anziché di fame e di sete: qua, invece, siamo tutti di un pezzo, qua si tira dritto, si va fino in fondo, non sia mai che ci si fermi prima, che peccato, signora mia….e l’intervista continua “Ma sono anche sollevato, se Eluana arriverà alla fine dei suoi giorni adesso, si risparmieranno ulteriori polemiche e gli scontri furibondi che ci sarebbero sicuramente stati durante l’agonia, che sarebbe potuta durare almeno 15 giorni una volta tolto il sondino”.
Risparmiamoci le polemiche, insomma, mica l’agonia: questa scocciatura di polemiche per un’agonia di almeno quindici giorni…perchè questo toccherà ad Eluana se l’interruzione della nutrizione verrà confermata definitivamente l’11 novembre prossimo dalla Cassazione (se per allora sarà ancora viva).
Certo che un qualche dubbio ci sorge, a leggere: forse che a qualcuno importa di più la battaglia di cui Eluana è diventata la bandiera, piuttosto che la vita di Eluana?
In effetti, sempre Defanti su Repubblica “Vorrei che questo avvenimento non scoraggiasse la lunga campagna che la famiglia Englaro ha combattuto in questi sedici lunghissimi anni. […] una battaglia che è stata comunque vinta”.
E anche il drammatico racconto di Beppino Englaro: “Mi hanno chiamato stamattina “Eluana sta male, devi venire”. Sono corso, l’ho vista, non mi capacitavo che fosse in quello stato, ero disperato”. Disperato come tutti i genitori, quando sta morendo un figlio. Ma, per l’appunto, di solito si muore da vivi. “ero disperato, era pallida con lo sguardo che vagava”.. E continua il giornalista “Il volto di Eluana è chiaro e disteso. Englaro la osserva “sta meglio rispetto a come l’ho vista stamani”. Ma non è solo apparenza. Alle 18 il destino torna a stupire. L’emorragia si è fermata […] Si torna a sperare al secondo piano della Casa di cura. Suore in festa, il peggio si allontana. […] Eluana potrebbe farcela. Il purosangue non è ancora caduto”
.
Ma come, non era un vegetale? E come fa un vegetale ad avere lo sguardo che vaga? Come fa ad impallidire, e poi a migliorare, un ortaggio? E perché adesso vi scappa pure di scrivere che il peggio si allontana, quando Eluana migliora? Forse che Eluana non è una pianta di insalata, ma una persona? Ma non l’avete descritta sempre come una non-viva? “questa vita, non-vita o non-morte”, spiega il non-giornale Repubblica.
Come ha dichiarato oggi Eugenia Roccella “Mai come adesso si capisce che Eluana è viva”.
Saranno i medici a decidere se curarla o meno, adesso, tocca a loro, in scienza e coscienza. Noi, per ora, continuiamo a dire che Eluana è viva, e che non spetta a noi stabilire quando e come deve morire.
(Tratto da www.stranocristiano.it)
SCUOLA/ Studenti, informatevi su che cosa sta facendo davvero il ministro - Sussi Dario - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Questa risposta arriva in ritardo rispetto alla causa immediata che ha provocato la lettera, cioè la manifestazione del 10 ottobre contro la riforma della scuola, ma il problema trascende decisamente questa data, come traspare dalla lettera stessa.
“Ciao! Sono una studentessa di Aosta e faccio il liceo scientifico. Da alcuni giorni a scuola sta passando un volantino di una manifestazione che si terrà il 10 ottobre per protestare contro la riforma... Io ho provato a leggere tutto il decreto ma, sinceramente, non mi è stato molto chiaro. Senza contare poi che, avendo chiesto ai miei compagni di scuola che attaccavano i volantini perchè loro sarebbero andati alla manifestazione, mi è stato risposto che la riforma comprende tagli enormi alle scuole (mi hanno detto che parte andrebbero al ministero della Difesa...), la “trasformazione” delle università in fondazioni e la creazione di classi per soli ragazzi portatori di handicap... Tutte queste cose sono state anche dette in assemblea di istituto... Ora, sapendo che i ragazzi che mi hanno detto questo sono fortemente di parte, ho preso la cosa molto con le pinze; però, poiché passo quotidianamente 6 ore a scuola, questa riforma non può non interessarmi! Soprattutto perchè è la terza in quattro anni di superiori e forse quella un po’ più contestata... Mi piacerebbe sentire un parere e giudizio da una persona un po’ più informata di me, giusto per non lasciarmi abbindolare dalle cose che mi vengono dette. Grazie mille! Cecilia”
Credo che tutti i ragazzi, al di là dell’essere andati o meno alla manifestazione ( chissà se poi Cecilia è andata?), siano pieni di dubbi: quelli reali sono su se stessi e su come questa riforma possa influenzare non solo le ore che passano a scuola, ma l’intera loro vita futura. Almeno se non hanno ancora perso ogni fiducia nell’utilità della scuola stessa. In questo senso, al di là della valutazione delle singole misure del decreto, ritengo che una critica generale possa essere fatta circa la mancanza di una preparazione adeguata della collettività interessata, in primo luogo studenti, insegnanti, famiglie. Non è questione, infatti, di dibattere in parlamento, ma di parlare innanzitutto con le persone, evitando che si ricada nello sterile scontro di schieramenti precostituiti, anche su un tema così importante, credendo di poter risolvere la questione con decreti da un lato e manifestazioni dall’altro.
Venendo ad alcuni punti specifici sollevati da Cecilia, vi è innanzitutto da chiarire che il decreto Gelmini non è una vera e propria riforma, anche se ormai la si chiama così e parrebbe più adeguato il termine “manutenzione” usato dallo stesso ministro. L’unico passaggio che può richiamare a un progetto di riforma è la reintroduzione del maestro unico che, peraltro, alla luce della già diffusa presenza del cosiddetto “maestro prevalente”, non sembrerebbe costituire uno stravolgimento quale, invece, qualcuno sostiene.
Per quanto riguarda i tagli, il decreto pare sostanzialmente in linea con quelli previsti dal precedente governo, nel “Quaderno bianco” Fioroni-Padoa Schioppa, che già prevedeva 20mila tagli. Forse i tuoi amici a scuola, e non solo loro, non se lo ricordano più. Questa coincidenza di intenti deriva dal fatto che non è più tollerabile considerare la scuola come una sorta di ammortizzatore sociale, come un enorme apparato burocratico, dove competenze, meriti e bisogni reali passano in seconda linea. Il risultato è che, come si è sentito dire più volte per la crisi finanziaria, la moneta cattiva scaccia quella buona, appiattendo tutto e mortificando quello che rimane il compito principale di una nazione: l’educazione.
A proposito di informazione corretta, la trasformazione delle università in fondazioni non è nel decreto Gelmini, ma nel piano economico triennale, ed è nella direzione dell’autonomia scolastica, auspicata anche per gli altri ordini di scuola, come prevede la proposta di legge Aprea. Così, invece di essere l’ultimo ganglio di un apparato burocratico-ministeriale, scuole e università potrebbero acquisire autonomia gestionale, nel rispetto delle linee generali emanate dallo Stato, e rispondere quindi meglio ai bisogni educativi di chi vi partecipa. L’obiezione che si trasformerebbero scuole e università in aziende suona fortemente ideologica, perché ciò potrebbe avvenire solo se fosse lo Stato a rinunciare ai propri doveri di indirizzo e poteri di controllo.
Certo, questa sarebbe una vera riforma, che andrebbe a intaccare a fondo lo strapotere di corporazioni e sindacati, ma anche questi dovrebbero ormai rendersi conto del loro dovere di ricercare il bene comune e non perseguire solo ristretti interessi particolari.
Quanto ai fondi che andrebbero alla Difesa, o le classi di soli portatori di handicap, fatti indicare i documenti o le dichiarazioni in cui queste proposte sono contenute; senza dubbio, anche in questo decreto vi saranno cose anche fortemente criticabili, altre discutibili e molte altre migliorabili, perciò non vi è nessun bisogno di ricorrere alla propaganda. Tanto più condannabile nei giovani, che alla verità dovrebbero tenere sopra ogni cosa.
IL FATTO/ Fondazione Maddalena Grassi, una risposta concreta ai tanti discorsi sul testamento biologico - Redazione - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Chiunque abbia avuto la fortuna di vedere il film intitolato L'enigma di Kaspar Hauser, di Herzog, si sarà potuto facilmente rendere conto, al di là delle molteplici interpretazioni fatte sul lungometraggio, del fatto che i rapporti umani e, più in particolare, quelli affettivi sono di fondamentale importanza per lo sviluppo psicofisico di qualunque individuo.
A rendere ancor più forte questa convinzione concorre l'esperienza della Fondazione Maddalena Grassi e del suo R.S.D., la Residenza Sanitaria per persone con Disabilità.
Si tratta di una tipologia d'offerta istituita dalla Regione Lombardia con DGR 12620 del 2003. Le strutture R.S.D. sono destinate ad accogliere soggetti in condizioni di fragilità derivanti da qualsiasi tipo di disabilità - fisica, psichica o sensoriale - assicurando un elevato grado d'integrazione delle prestazioni socioassistenziali, educative e sanitarie. Il limite d'età per l'accoglienza in RSD è di 64 anni; al compimento del 65° anno d'età i soggetti in condizioni di fragilità devono rivolgersi alle residenze sanitarie assistite per anziani. L'R.S.D. Marco Teggia, della Fondazione Maddalena Grassi, la cui attività verrà presentata sabato 18 ottobre presso il convegno Coscienza, stati di coscienza e persona, a Vigevano, presenta sotto l'aspetto prima introdotto interessantissimi casi clinici.
«I pazienti affetti da gravi disabilità neurologiche – spiega il professor Massimo Croci - sono portatori di una grande domanda d’assistenza per periodi di tempo anche molto prolungati che, idealmente, potrebbe trovare una risposta adeguata all’interno del nucleo familiare. L’esperienza maturata con l’assistenza al domicilio di questi pazienti ci ha fatto però incontrare realtà ove ciò è oggettivamente impossibile. È nata così l’idea di creare un luogo in grado d’accogliere queste persone».
La struttura ha iniziato l’attività nel novembre 2005. Nel 2006 sono stati assistiti 21 pazienti i in regime di residenzialità permanente e 6 per periodi di sollievo; sono state erogate 3941 giornate d’assistenza, di cui 342 (8,1 %) a pazienti totalmente dipendenti dalla ventilazione meccanica.
«Nel corso del 2007- continua il dottor Croci - sono stati assistiti 25 pazienti in regime di residenzialità permanente e 2 per i periodi di sollievo con 6434 giornate d’assistenza, di cui 747 (11,6 %) a pazienti totalmente dipendenti dalla ventilazione meccanica; questo ha determinato un tasso d’utilizzo dei posti-letto pari al 98 % con una durata media della degenza di 238 giorni. Le diagnosi d’ammissione sono state: stato vegetativo persistente (17,6%), altri esiti di trauma cranico (8,8%), sclerosi multipla (5,9%), sclerosi laterale amiotrofica (5,9%), altre patologie a carico del sistema nervoso centrale (17,6%), altre patologie del sistema nervoso periferico (11,9%), ritardo mentale (23,5%), disabilità per altre cause (8,8%). Attualmente sono presenti 18 pazienti (9 f) con un’età media di 42 + 14 anni (22 – 63); di questi 8 sono ospiti da oltre un anno, tre sono totalmente dipendenti dalla ventilazione meccanica. Nell’ottobre del 2006 e nel maggio 2007 fu somministrato agli ospiti presenti (od ai loro parenti, quando impossibilitati a rispondere) un questionario strutturato (OUR) che indaga il grado di soddisfazione degli utenti di una struttura residenziale; tale questionario, basato su scala Likert, ha un punteggio complessivo che varia da 36 (minima soddisfazione) a 108 (massima soddisfazione). L’analisi dei questionari ha mostrato un buon grado di soddisfazione degli utenti sia nel 2006 (mediana: 88; 25° percentile: 84; 75° percentile: 94) che nel 2007 (mediana: 100; 25° percentile: 93; 75° percentile: 101)».
Ma a fronte di questi risultati assai più che soddisfacenti non si può comunque dire di aver analizzato a fondo la questione.
Sulle “novità” dell'R.S.D il professor Croci è, giustamente, più prudente e utilizza toni pacati dal momento che vuole evitare facili sensazionalismi.
Eppure qualcosa da dire c'è.
Riguarda due pazienti che hanno ripreso parte delle proprie funzioni vitali rendendosi in un certo senso più indipendenti e meno vegetative di altre che presentano un analogo quadro clinico. In particolar modo due ragazze, una poco più che quarantenne, l'altra di appena 21 anni, la prima colpita da leucoencefalite, la seconda da un'anossia cerebrale, sembrerebbero aver riattivato funzioni vitali che, dice il dottor Croci, «come medico non si sa spiegare». A meno che, e qui il professore è assai più favorevole, non si riconsideri da un punto di vista medico la cruciale funzione del rapporto affettivo nella ripresa dei pazienti agli stimoli esterni. Una funzione che purtroppo spesso viene trascurata e sottovalutata in campo accademico a causa di una cieca ostilità verso sistemi non facilmente misurabili e analizzabili alla luce di un'indagine prettamente scientifica. Ma dove non può il ragionamento, verrebbe da dire, può arrivare la semplice osservazione. Due ragazze ricoverate in una clinica per malattie neurovegetative dimostrano più con la propria vita, apparentemente ridotta a una vuota inutilità, di migliaia di testi universitari spesso consultati con esagerata ieraticità oracolare.
1) Se Eluana muore - Muore ora perché non era morta prima, quando troppi volevano liberarsene – dal Foglio.it del 13 ottobre 2008
2) Il bacione di Firenze per Stefano Borgonovo - Autore: www.politicus.splinder.com Curatore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 12 ottobre 2008
3) Pro e contro Putin 1 – I pro - Autore: Jagodincev, Dmitrij Curatore: Scalfi, P. Romano - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 12 ottobre 2008
4) Costruiamo insieme ai cittadini l’Unione Europea come una cattedrale - Mario Mauro - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
5) HUMANAE VITAE/ Dalla rivoluzione sessuale alla crisi dei rapporti - INT. Lucetta Scaraffia - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
6) DARWINISMI/ Soave: la nuova frontiera evolutiva non è genetica, ma culturale - Mario Gargantini - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
7) DARWINISMI/ Soave: la nuova frontiera evolutiva non è genetica, ma culturale - Mario Gargantini - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
8) L’OSPITE/ Morresi: Eluana Englaro è più viva che mai. Ma i giornali se ne sono accorti? - Assuntina Morresi - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
9) SCUOLA/ Studenti, informatevi su che cosa sta facendo davvero il ministro - Sussi Dario - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Se Eluana muore - Muore ora perché non era morta prima, quando troppi volevano liberarsene – dal Foglio.it del 13 ottobre 2008
Ci dicono che Eluana Englaro sta morendo. Sabato le sue condizioni sono gravemente peggiorate a seguito di un’emorragia interna improvvisa. Eluana sta morendo perché non era morta prima. Come invece avevano voluto farci credere in nome di un’ideologia che persegue la morte come immagine speculare della salute dei vivi. Eluana Englaro, inchiodata al suo letto da diciassette anni, era certamente inguaribile, ma era viva. Era nata come tutti per morire. Non è mai abbastanza la compassione per giudicare questo caso che ha generato inquietudine e giurisprudenza. Ma qui ha perso il progetto moderno che vuole togliere alla morte la sua storia, il suo tempo, separarla dalla vita per farne un astratto tabù. Invece di adottare una soluzione di soccorso, di argine al peggio, all’irrimediabile, ci si era avviati verso la morte con la severità delle sentenze e del linguaggio dei tribunali.
Eluana ha deciso di lasciare questo mondo da sola, come a voler indicare a tutti la differenza incolmabile fra il coma, lo stato in cui i vivi ansimano nel tragico, e la morte che è un inarrestabile raffreddamento, l’uscita dal tempo della vita. Forse la pietà vuole che di questa tragedia non si potesse scrivere un finale legale, scientifico e burocratico. Forse è stato questo il testamento biologico di Eluana Englaro. Perché come ha scritto nella sua “Chirurgie de la douleur” il celebre medico francese René Leriche, “i grandi dolori, anche quando tacciono, mai restano muti”.
Il bacione di Firenze per Stefano Borgonovo - Autore: www.politicus.splinder.com Curatore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 12 ottobre 2008
La moglie di Stefano Borgonovo, commossa per l'affetto che circondava suo marito e la sua famiglia, a chi chiedeva come fa ad affrontare una situazione così difficile, ha detto che è la vita, quando ti ci trovi in mezzo la vivi, mi è tornato in mente il suo sorriso sereno e pulito, oggi, quando ho letto che Eluana Englaro dopo l'emorragia che l'ha colpita ter giorni fa, pare si sia stabilizzata, pare che la vita non la voglia lasciare andare, o forse è lei che ci sta attaccata a questa vita, perché, quando ci sei in mezzo la vivi.
Le lacrime senza fine di Gullit per la commozione mentre gli accarezza la testa; Agroppi che per una sera "depone" la sua proverbiale vena polemica di toscano sanguigno mentre gli mostra la foto di quando lo allenò a Como; i tanti giocatori di oggi e quelli di appena ieri suoi compagni di avventura calcistica, Nappi che dopo un gol fa trenta metri di corsa verso la panchina e lo bacia, e poi quei dieci minuti interminabili applausi da brivido come mai la Firenze calcistica ha fatto quando Roberto Baggio lo porta sotto la Curva Fiesole, accompagnato dallo sguardo amorevole della figlia Alessandra ma soprattutto il suo sguardo vivo, pungente e felice che a tanti ha fatto sorgere la domanda più elementare: "ma come è possibile con il male che lo attanaglia?". Insomma ieri è stato il giorno di Stefano Borgonovo, colpito dalla Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e Firenze gli ha dato quel "bacione" che secondo una delle canzoni popolari più belle "La mì porti un ba(s)cione a Firenze"-con la c aspirata-vuol dire amore, struggimento, abbraccio senza fine. Non è stata una serata nè banale, nè formale. Ed anch'io che ero presente non ho fatto che ammirare quel volto, quello di Stefano che ha fatto ringraziare centinaia di persone per il coraggio, la forza del cuore che esprimeva, comunicando con quella "macchinetta" parole di speranza e voglia di lottare e che apparivano sui tabelloni dove la domenica scorrono i risulati della Serie A. Stefano, attraverso anche a quella forza della natura che è Chantal, sua splendida moglie che non lo molla un attimo insieme ai figli, ha parole per i più sfortunati che non sono del mondo del calcio. Ma a partire da questo dove si sono consumati tanti drammi a causa della Sla, l'incasso della partita amichevole tra Fiorentina e Milan di fatto contribuirà a sostenere la Fondazione Borgonovo che si occuperà di ricerca e di sotegno ai malati di Sla. Non mi interessano i luoghi comuni dei calciatori viziati e così via, ma ieri ho visto questi "eroi" della domenica, anche i miei, seppure molti erano quelli di "ieri" inchinarsi davanti al mistero di una malattia e che a modo loro si sono comunque chiesti "perché?", come fare per affrontarla?" E paradossalmente vedendo Borgonovo come combatte, si sono sentiti confortati in qualcosa che va oltre il calcio. Stefano ci ha regalato una grande testimonianza fatta di amicizia, amore e fede. La sua famiglia, gli amici di Milano, i tanti che si è ritrovato a Firenze. Grazie alle società di Fiorentina e Milan che hanno pensato questo gesto per la Fondazione Borgonovo ma grazie anche Carlo Parravicino, che fu procuratore di Stefano quando lo portò nella Fiorentina. Di solito hanno fama di condizionare i loro giocatori per motivi di "business" ma qui si presenta un altro fatto fuori dal comune ma reale: appena seppe della malattia di Stefano si è prodigato perchè la manifestazione riuscisse, tanto che sarà uno dei sostenitori della Fondazione. Grazie a te Stefano, alla tua testimonianza e porta i nostri baci a Milano e che Dio ti benedica!
Pro e contro Putin 1 – I pro - Autore: Jagodincev, Dmitrij Curatore: Scalfi, P. Romano - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 12 ottobre 2008
Traduciamo dalla rivista russa Posev, n. 8 - 2008, un articolo che intende, nella prima parte, presentare i lati positivi della politica di Putin, nella seconda, i lati negativi. Chi scrive appartiene alla corrente del solidarismo russo che, durante il potere sovietico, ha fondato all’estero un movimento politico sociale in difesa dei valori della persona, sempre attento ai problemi della Russia. Lo stesso autore dell’articolo non pretende di dare su Putin un giudizio definitivo. In ogni caso lo scritto può servire a comprendere un po’ meglio la vita della Russia, tenendo presente il detto del poeta: “Con la testa la Russia non si può capire… La Russia si può soltanto amare”. Alcune parti sono state omesse per motivi di spazio.
Nella primavera del 2008 in Russia è stato eletto un nuovo presidente nella persona di A. D. Medvedev. E’ stato eletto come successore di Putin, mentre Putin ha cambiato la poltrona di presidente con la poltrona di rappresentante del governo, e così resta al potere. Ciononostante la presidenza di Putin passa alla storia ed è giunto il tempo di tentare un giudizio almeno provvisorio di questo periodo della vita della Russia. Ho detto provvisorio perché un giudizio definitivo per il momento è prematuro.
1. Demografia. Per la prima volta il governo ha riservato a questo problema una seria attenzione. Vari fattori, l’esame dei quali non entra nell’intenzione dell’articolo, hanno portato ad una preoccupante e permanente diminuzione del numero della popolazione.. E’ indubbio merito del potere, come la stampa ha spesso sottolineato, un cambiamento di rotta in questo settore. Sembra proprio che siano riusciti a cambiare la mentalità dei russi, convincendoli che è un bene avere molti figli. Lo si constata dal fatto che è una moda, nelle famiglie a medio reddito, avere tre o più figli. C’è da osservare che queste famiglie non puntano ad avere contributi dallo stato per la maternità. Le famiglie povere sperano molto che venga approvato il progetto nazionale che permetta la crescita della natalità anche fra di loro.
2. Cecenia. Questo è un problema scottante che Putin ha dovuto affrontare nel suo momento più tragico. Negli ultimi otto anni sono successe molte cose in Cecenia: la seconda guerra, rapimenti, uccisioni di popolazione pacifica, terrori, processi contro i militari e molte altre cose. Ma ora la Cecenia si trova in una situazione relativamente tranquilla. Molte persone che hanno potuto visitarla negli anni 2006/2007 hanno fatto sapere che oggi la Cecenia si trova in una situazione buona, per quanto lo possa essere dopo dieci anni di guerra. Io credo che non sia gradito a molti il presidente Kadyron e il suo modo di governare. Molti diranno che con l’aiuto illimitato di Mosca non è difficile ricostruire a nuovo una regione. Io sono d’accordo. In ogni modo la guerra è cessata e le bare non giungono più nella grande Russia. Le case sono state ricostruite e i fuggiaschi ritornano. Perfino la squadra di calcio è in prima fila. Difficilmente si sarebbe potuto risolvere il problema ceceno in modo migliore, tenendo presente la situazione ereditata da Putin. La possibilità concessa ai ceceni di risolvere loro stessi i rapporti fra i loro clan
è una via più che ragionevole e logica.
3. Religione. Putin, assieme ad El’cin, ha riportato in Russia l’immagine del governatore ortodosso. A me non sembra che la sua fede sia di facciata. Il suo ruolo di pacificatore delle Chiese è stato riconosciuto unanimemente sia dal Patriarca di Mosca come dalla Chiesa ortodossa all’estero. Questo grandioso avvenimento è successo durante la presidenza di Putin e anche grazie a lui. E’ del tutto probabile che in futuro l’unione delle Chiese, anche per le sue conseguenze, possa essere considerata come la più grande impresa di Putin. Anche gli incontri di Putin con i rappresentanti delle confessioni principali si impongono alla considerazione di tutti. Si può affermare che oggi la Russia sia uno dei pochi stati dove vivono in discreta armonia i cristiani, i musulmani e gli ebrei. Alla Chiesa vengono restituiti i suoi averi; questo è l’unico caso dove venga rispettato il principio della restituzione. C’è però da notare anche un aspetto meno bello: una religiosità di facciata di molti politici e una forte influenza esercitata dal governo sui credenti ortodossi e delle altre religioni.
4. Rafforzamento del potere centrale. Per la Russia è molte importante un forte potere centrale. Su questo argomento si è parlato molto ed è difficile aggiungere qualche cosa di nuovo. Oggi il potere centrale gode di sufficiente forza e autorità per garantire stabilità nelle regioni russe. In questo settore non si può dire che tutto vada bene. Altro problema è la spartizione delle imposte, la destinazione dei governanti e il principio per formare le regioni. Qui siamo ben lontani da una sistemazione desiderabile. Ma lo stesso principio di un forte potere centrale è stato consolidato e ciò non può non essere gradito per i solidarismi.
5. Immagine positiva del potere. Ciò è detto in modo approssimativo e maldestro, ma l’idea è giusta. Abbiamo una triste esperienza degli ultimi 50 anni dell’impero russo, quando la società era in totale opposizione al potere, e spesso sembrava una cosa vergognosa volerlo sostenere. Ogni sua azione era oggetto di critica, anche quando era in sintonia con i desideri della società. La società deve avere un rapporto rispettoso nei confronti del potere; non va bene criticare ogni sua iniziativa. Sotto questo aspetto Putin e la sua squadra sono riusciti a raggiungere un evidente progresso. Ma, come ho già accennato, questa posizione è stata raggiunta in modo sgraziato, esagerando generosamente sotto molti aspetti. La critica è quasi scomparsa, anche quella costruttiva, ed è iniziato un attacco verbale (a volte non solo) verso ogni dissenso, ma questo appartiene alla seconda parte della mia analisi.
Costruiamo insieme ai cittadini l’Unione Europea come una cattedrale - Mario Mauro - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
La Mostra dal titolo “Il realismo di Gaudì e la speranza dell’Europa” inaugurata mercoledì scorso al Parlamento europeo di Bruxelles è innanzitutto la storia di un’amicizia. Una storia che ha molti parallelismi, un percorso comune, un’amicizia appunto, che permette di vedere la realtà come punto di partenza.
Come Gaudì anche i padri fondatori dell’Europa unita Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman sono partiti dalla realtà per costruire qualcosa di unico e di geniale. La realtà di 50 anni fa era il disastro della seconda guerra mondiale. Hanno regalato all’Europa 50 anni di pace e sviluppo mettendosi insieme su ciò che fino a qual momento li aveva divisi: il Carbone e l’acciaio.
Come spiegare questa mostra e la tesi che intende dimostrare, il parallelismo tra una Chiesa, la Sagrada Familia, e un’istituzione, l’Unione europea? Come spiegare l’amicizia che mi ha unito, improvvisamente, con Etsuro Sotoo, conosciuto per caso durante una visita in Spagna? Come spiegare il momento in cui ci siamo guardati negli occhi e abbiamo intravisto lo stesso desiderio, a partire dall’indagine della realtà, di costruire qualcosa di buono? «Gli amici sono coloro che guardandosi negli occhi riconoscono la presenza di un Dio» (Platone, Convivio).
La mostra, bella, articolata, con spiegazioni teoriche, immagini, laboratori creativi, cerca di sintetizzare l’idea “Il realismo di Gaudì e la costruzione dell’Europa”.
La Sagrada Familia fu l’interpretazione straordinaria di un uomo fuori dal comune che ebbe la capacità di stupire i suoi contemporanei, e continua a stupire anche oggi; la Sagrada Familia è un'opera in cui in cui si avverte profondamente il distaccarsi dell'artista dalla tradizione storica, in favore di una invenzione formale estremamente libera e fantastica, nacque infatti dallo stravolgimento di un progetto di chiesa neogotica tradizionale per diventare un capolavoro unico nel suo genere.
Se l’idea rivoluzionaria alla base di tale edificio può essere paragonata alla nascita delle istituzioni comunitarie, nate anch’esse dall’idea azzardatissima di Konrad Adenauer, Alcide De Gaspari e Robert Schuman, le due “costruzioni” sono ancora più simili per il fatto che non sono ancora completate, ma sono in una continua, lenta evoluzione.
Entrambe procedono a piccoli passi, quasi per tentativi, con lunghe battute d’arresto e improvvise accelerate, un incendio, la bocciatura di un referendum, un nuovo architetto, un nuovo trattato….
Per entrambe un problema significativo è trovare persone che sappiano, con umiltà, riproporre, attualizzare e reinterpretare i disegni originali, lasciando però inalterato lo spirito iniziale.
Etsuro Sotoo è una di queste persone, che con le sue capacità tecniche, e la sua creatività, ma soprattutto con la sua umanità e la sua immensa forza morale, ha saputo cogliere lo spirito di Gaudì, ha saputo dirigere lo sguardo in alto, guardando, magari da un altro punto di vista, lo stesso obbiettivo.
Nella mia attività parlamentare ho spesso denunciato l’allontanamento dell’Europa dal pensiero dai padri fondatori, dalla propria natura, dalla propria radice culturale, dalla radice dell’esperienza di dialogo e di convivenza tra gli uomini, l’apostasia dall’Europa stessa, che per non scontentare nessuno, da garante del diritto si è trasformata in un supermarket dei diritti, dove è tutto dovuto e dove il relativismo la fa da padrone.
Dobbiamo guardare in avanti, anzi in alto, tutta la Sagrada Familia si basa su un progetto che non si espande in orizzontale, seppur con una planimetria di notevoli dimensioni, ma si lancia verso il cielo con torri, pinnacoli, guglie, forse dall’aspetto incerto, ma bellissimi. Anche l’Unione Europea si costruisce su pilastri, magari fragili, che necessitano di supporto, ma fondamentali per reggere l’architettura, su torri, una diversa dall’altra, su nazioni, ognuna con le sue necessità, le sue potenzialità, i suoi problemi, sulle persone, che come pietre vive, portano ognuna il suo piccolo ma indispensabile contributo nel sostenere il peso dell’intera struttura.
Gaudì prendeva le pietre da costruzione che gli capitavano, una diversa dall’altra, e da queste definiva molti particolari man mano che la costruzione avanzava, invece di averli teorizzati in precedenza nei suoi piani.
La facciata della Natività è di una bellezza intensissima, le sculture, la composizione della scena, il movimento delle figure trasmettono una sensazione di forte spiritualità. Etsuro Sotoo riesce a usare la pietra per trasformarla in qualcosa di vivo, quasi di reale, che però allo stesso tempo nasconde una moltitudine di significati profondi nascosti ad uno sguardo superficiale. Del resto tutto il tempio, dalla struttura generale al dettaglio più piccolo, racchiude una moltitudine di simboli che rimandano a un altro piano di significati. Anche la bandiera europea ha una doppia chiave di lettura, è emblema del progetto politico nato più di cinquant’anni fa, ma ha anche un significato profondamente cristiano: riprende l’immagine della cosiddetta Medaglia Miracolosa - quella Medaglia cioè che nella cultura cattolica rappresenta l'apparizione a Catherine Laburè a Parigi della Vergine nel 1837, quella stessa medaglia che portava Bernardette Soubirous nel momento dell’apparizione della Madonna a Lourdes - e che ripropone l’immagine dell’Apocalisse della Vergine come una Donna con sul capo una corona di dodici stelle e sulle spalle un manto del colore della notte.
L'edificio è ancora in costruzione e i lavori procedono, finanziati da donazioni private, purtroppo a rilento. Ma se si visita la chiesa, ancora un cantiere, ci si trova in mezzo a un brulichio di persone che lavorano, scelgono le pietre, le modellano... Anche l’Unione Europea sembra oggi aver rallentato il suo passo: la doppia bocciatura della Costituzione europea e del trattato di Lisbona sembra aver arrestato il processo d’integrazione, ma se si viene in visita al Parlamento, alla Commissione, allora si vedrà un incessante lavorio di persone che si danno da fare perché credono alla costruzione di un’Europa unita. Bisogna quindi sollecitare il contributo degli Stati membri e dei Governi, ma soprattutto dei cittadini europei, veri “costruttori” del progetto europeo.
La speranza è che questa mostra esemplificandoci il messaggio che c’è dietro alla costruzione della Sagrada Familia, ci riporti alla missione che sta davanti all’Unione Europea: non lasciarsi scoraggiare, ma proseguire a piccoli passi sulla strada indicataci dai padri fondatori, una strada di pace, giustizia e sviluppo.
Come ricorda nel suo commento Javier Prades, «guardando in azione i promotori di questa iniziativa si comprende meglio il criterio culturale di Benedetto XVI, quando parlava dei monaci medievali: “Bisogna ammettere con realismo che non era loro intenzione creare una cultura, né volevano conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quarere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane per sempre. Cercavano, da uomini vivi, dentro la vita. Dietro le apparenze, le ricchezze, il potere e perfino l’‘erudizione’ fine a se stessa, nei monasteri medioevali si tendeva a ciò che apparenza non è, a ciò che è vero.Cercavano Dio”».
HUMANAE VITAE/ Dalla rivoluzione sessuale alla crisi dei rapporti - INT. Lucetta Scaraffia - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Lucetta Scaraffia, giornalista ed esperta di questioni bioetiche ha recentemente scritto su più giornali che molte critiche all’Humanae vitae, da più parti riproposte in occasione del quarantesimo anniversario dell’enciclica, sono fatte come se fossimo ancora nel 1968, e non fosse cambiato nulla da allora.
Qual era il clima culturale di allora e cosa è cambiato? I cambiamenti avvenuti giustificano chi parla del documento di Paolo VI come di un pronunciamento «profetico»?
Nel ’68 stava raggiungendo l’apice del successo l’utopia della libertà sessuale, cioè quella ideologia che prometteva la felicità se si fossero abbattuti tutti i divieti relativi ai comportamenti sessuali. Naturalmente, condizione prima di questa liberazione era la diffusione amplissima degli anticoncezionali artificiali, che permettono alle donne di comportarsi come gli uomini. Nelle società occidentali questa “liberazione” è avvenuta e oggi, dopo 40 anni, possiamo misurarne gli effetti e verificarne le promesse. Niente di tutto ciò che era stato promesso si è avverato: perfino il desiderio sessuale sembra essersi affievolito, mentre la solitudine affettiva e la disperazione sono aumentate, come rivela il consumo di droga e di antidepressivi in costante aumento. Quindi i pericoli che Paolo VI aveva individuato nell’uso di anticoncezionali artificiali, e quindi nella separazione totale fra sessualità e procreazione, si sono avverati: in questo senso, certo, l’Humanae Vitae è stata profetica.
Lo storico Adriano Prosperi ha descritto (Cfr. la Repubblica, 4 ottobre 2008) in toni foschi la posizione della Chiesa, riproposta da Benedetto XVI proprio a commento dell’Humanae vitae, sulla morale sessuale, giungendo a parlare di «volontà del clero di addomesticare l’eros». Una posizione in cui sarebbe assente (salvo la parentesi conciliare) la parola «amore». Le ha scritto in proposito il saggio Due in una carne. Le cose stanno proprio nei termini descritti da Prosperi?
Mi sembra che Prosperi, pur essendo un valente storico, in questo caso abbia rivelato una straordinaria mancanza di senso storico. Per prima cosa, bisogna ricordare che tutte le religioni, anzi tutte le culture, hanno cercato di “addomesticare l’eros”, per mille motivi relativi al funzionamento sociale, e non per brama di repressione.
Poi, che l’idea di amore che adesso abbiamo relativa ai rapporti fra donne e uomini è relativamente recente, cioè frutto del romanticismo ottocentesco. Prima l’amore matrimoniale non era inteso come innamoramento e passione, ma come sentimento che bisognava provare per il coniuge – a cui si era uniti nel 99% dei casi non da scelta personale, ma da ragioni familiari e sociali – e secondo la Chiesa il piacere sessuale aiutava il rinsaldarsi di questa unione. Parlando di matrimonio, la Chiesa si è a lungo tenuta lontana dall’usare il termine amore, anche quando furoreggiava la moda romantica, perché non voleva che questo sacramento indissolubile fosse legato ad un sentimento umano che, come tutti i sentimenti umani, era fragile e poteva facilmente finire. Nella storia del matrimonio, al termine amore nella società laica e secolarizzata è rapidamente subentrata l’idea di soddisfazione sessuale, ancora più peritura, e la separazione fra sesso e procreazione ha minato le fondamenta di questa istituzione. Mentre invece l’unione fra sesso e procreazione poneva direttamente al centro dei sentimenti dei coniugi il mistero della creazione, e quindi la presenza di Dio nella coppia, l’unica in grado di assicurarne la profondità e la durata.
Potrebbe portare qualche esemplificazione dell’«interesse e ascolto» che sta trovando «la proposta cattolica di una sessualità non separata dalla procreazione, non depauperata del suo mistero, e di una concezione del corpo nuova», di cui ha parlato in un recente articolo?
Penso all’infelicità dei giovani, spinti dal “politicamente corretto” ad avere rapporti sessuali fin da giovanissimi per non sentirsi diversi dagli altri, e sempre più incapaci di costruire legami sentimentali di qualche durata. Penso alle difficoltà che hanno le giovani donne, che in fondo al cuore, anche se studiano e lavorano, desiderano una famiglia e dei figli, a trovare ragazzi disposti ad assumersi responsabilità vere. Lo vedo nei miei studenti, lo vedo fra gli amici di mia figlia. Si tratta di un gruppo di ragazzi di 26-27 anni, nessuno dei quali sposato, e pochi con legami sentimentali stabili, tranne una ragazza che si è sposata con un ragazzo senegalese, bravissimo e serio, e hanno un bambino meraviglioso. Dal modo in cui le amiche la guardano, capisco quanto invidiano la sua condizione: ma oggi sembra che solo gli extracomunitari siano disponibili a fondare una famiglia. Quindi la crisi è forte e sentita, il fallimento dell’utopia della “rivoluzione sessuale” balza agli occhi di tutti, ed è da qui che bisognerebbe ripartire per parlare ai ragazzi. Proprio il contrario di quel che dicono i giornali, che scrivono invece che proprio riparlando dell’Humanae Vitae la Chiesa si allontana dai giovani. Certo, bisogna saper parlare, spiegare, non solo ribadire divieti.
DARWINISMI/ Soave: la nuova frontiera evolutiva non è genetica, ma culturale - Mario Gargantini - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Ormai sembra proprio aperta la caccia a chi la spara più grossa in tema di evoluzione; e i media non aspettano altro che poter far rimbalzare notizie sensazionali che possano superare la “selezione naturale” interna alle redazioni e raggiungere rapidamente la prima pagina. Col risultato che, durante i rimbalzi, si perde qualche informazione rilevante e che comunque le conoscenze del lettore medio circa le teorie evolutive restano limitate ai soliti cliché.
Questa volta è bastata una conferenza stampa di un genetista dell’University College di Londra, Steve Jones, a scatenare la bagarre. Certo le sue affermazioni, riportate dal Times, sono a prima vista molto forti e toccano un tasto molto sensibile come è quello dell’evoluzione umana. Jones avrebbe dichiarato che l’evoluzione dell’uomo è finita e che la nostra specie non è più in grado di produrre mutazioni rilevanti per proseguire il suo cammino evolutivo. Le reazioni non si sono fatte attendere. C’è chi ha preso subito per certa l’affermazione e si è lanciato in speculazioni su come potrebbero essere i nostri discendenti fra qualche secolo o millennio; e c’è anche chi ne ha approfittato per tirare in ballo il creazionismo e indirettamente rilanciare la solita presunta alternativa tra creazione ed evoluzione. Tralasciando questi casi estremi, buona parte dei commenti ha cercato di ridimensionare il clamore della previsione e di rassicurare che nulla è cambiato e che l’evoluzione prosegue sui solidi binari della spiegazione darwiniana: mutazioni casuali e selezione naturale. Forse però lo scenario è un po’ diverso e c’è qualcos’altro di più interessante da sottolineare.
Secondo il genetista Carlo Soave, già ordinario di genetica agraria e ora ordinario di fisiologia vegetale presso l'Università degli Studi di Milano, dietro questi dibattiti si nasconde un equivoco sul quale ormai sarebbe ora di fare chiarezza.
Quando Jones e i suoi interlocutori parlano di evoluzione, si riferiscono esclusivamente ai meccanismi evolutivi basati sulle mutazioni genetiche, dando per implicito che l’evoluzione sia principalmente dovuta a tali mutazioni. È una sorta di riduzionismo, per cui tutto il discorso sull’evoluzione si appiattisce sul solo livello genetico della vicenda. «Così facendo si trascurano altri fattori, che da alcuni anni ormai sono oggetto di ricerche approfondite e che mostrano come, quanto più si sale nella scala evolutiva e massimamente nel caso dell’uomo, l’evoluzione sia essenzialmente di tipo culturale. Quindi, dire che l’evoluzione umana si è fermata significa affermare che l’evoluzione è dovuta solo a fattori genetici; ma ciò non corrisponde alla realtà».
Invece l’evoluzione della specie umana non è affatto finita. «Anzi, l’evoluzione culturale è talmente vistosa e imponente da rendere irrilevante quella dovuta agli altri fattori. Può essere vero che l’evoluzione di matrice genetica stia rallentando, ma non è questo rallentamento a incidere in misura significativa sull’intero fenomeno. Basta considerare il ruolo che sempre più assumono alcune forma di evoluzione e di trasformazione dei viventi, come quelle per imitazione o per apprendimento».
Quindi, non solo i cambiamenti di natura genetica non sarebbero gli unici responsabili, sia dell’aumento che del rallentamento del processo evolutivo; ma l’evoluzione sospinta dalla cultura, nel caso dell’uomo, starebbe crescendo a velocità enorme. E quando si parla di fattori culturale ci si riferisce a tutto ciò che incide sul modo di pensare e quindi di impostare e organizzare la propria vita: quindi alle abitudini alimentari, ai comportamenti sessuali, alla cura del corpo e della salute, ai ritmi quotidiani, alle relazioni interpersonali… «Si pensi a come sono cambiati in pochi decenni, per questi motivi, alcuni parametri importanti della nostra specie: come la durata della vita, l’altezza, la capacità di adattamento all’ambiente. Rispetto a questi elementi, la conoscenza delle mutazioni genetiche non ci dice gran che».
C’è da aggiungere un ulteriore fenomeno, oggetto delle ricerche più avanzate: è la possibile ricaduta dei fattori culturali su quelli genetici. Le trasformazioni appena citate, possono far cambiare le sequenze geniche, secondo meccanismi un tempo ritenuti impraticabili ma oggi sempre più considerati possibili, andando quindi ad incidere, sui tempi lunghi, anche sulla stessa evoluzione genetica.
L’OSPITE/ Morresi: Eluana Englaro è più viva che mai. Ma i giornali se ne sono accorti? - Assuntina Morresi - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Eluana Englaro, che in sedici anni non ha mai avuto neanche un raffreddore, che respira da sola, che non fa nessuna terapia ma si nutre con un sondino, ieri ha avuto un’emorragia interna improvvisa e abbondante, che l’avrebbe potuta portare in poco tempo alla morte se non si fosse arrestata, all’improvviso, così come era cominciata, senza nessun intervento esterno.
Adesso le sue condizioni sono stazionarie, gravi, ma potrebbe ancora riprendersi se l’emorragia non ricomincia.
Il modo con cui i giornali hanno raccontato la faccenda, e le dichiarazioni rilasciate hanno dell’incredibile. Per esempio Carlo Alberto Defanti, il neurologo di Eluana, da sempre favorevole a staccarle il sondino: “Per il momento non è più a rischio di vita immediato. L’importante è che l’emorragia non ricominci”. Ma come, all’improvviso parliamo di “rischio di vita”? Non avete detto fino a cinque minuti fa che era un vegetale, una pressoché morta? E poi: perché adesso è diventato improvvisamente importante che l’emorragia non ricominci, per il medico che vuole farla morire di fame e di sete?
Sempre Defanti, in una intervista su Repubblica: “Da un certo punto di vista è un peccato che succeda adesso, perché per me si doveva andare fino in fondo”. Certo, in effetti, un gran peccato, non c’è che dire, se Eluana muore per conto suo per una complicazione naturale, anziché di fame e di sete: qua, invece, siamo tutti di un pezzo, qua si tira dritto, si va fino in fondo, non sia mai che ci si fermi prima, che peccato, signora mia….e l’intervista continua “Ma sono anche sollevato, se Eluana arriverà alla fine dei suoi giorni adesso, si risparmieranno ulteriori polemiche e gli scontri furibondi che ci sarebbero sicuramente stati durante l’agonia, che sarebbe potuta durare almeno 15 giorni una volta tolto il sondino”.
Risparmiamoci le polemiche, insomma, mica l’agonia: questa scocciatura di polemiche per un’agonia di almeno quindici giorni…perchè questo toccherà ad Eluana se l’interruzione della nutrizione verrà confermata definitivamente l’11 novembre prossimo dalla Cassazione (se per allora sarà ancora viva).
Certo che un qualche dubbio ci sorge, a leggere: forse che a qualcuno importa di più la battaglia di cui Eluana è diventata la bandiera, piuttosto che la vita di Eluana?
In effetti, sempre Defanti su Repubblica “Vorrei che questo avvenimento non scoraggiasse la lunga campagna che la famiglia Englaro ha combattuto in questi sedici lunghissimi anni. […] una battaglia che è stata comunque vinta”.
E anche il drammatico racconto di Beppino Englaro: “Mi hanno chiamato stamattina “Eluana sta male, devi venire”. Sono corso, l’ho vista, non mi capacitavo che fosse in quello stato, ero disperato”. Disperato come tutti i genitori, quando sta morendo un figlio. Ma, per l’appunto, di solito si muore da vivi. “ero disperato, era pallida con lo sguardo che vagava”.. E continua il giornalista “Il volto di Eluana è chiaro e disteso. Englaro la osserva “sta meglio rispetto a come l’ho vista stamani”. Ma non è solo apparenza. Alle 18 il destino torna a stupire. L’emorragia si è fermata […] Si torna a sperare al secondo piano della Casa di cura. Suore in festa, il peggio si allontana. […] Eluana potrebbe farcela. Il purosangue non è ancora caduto”
.
Ma come, non era un vegetale? E come fa un vegetale ad avere lo sguardo che vaga? Come fa ad impallidire, e poi a migliorare, un ortaggio? E perché adesso vi scappa pure di scrivere che il peggio si allontana, quando Eluana migliora? Forse che Eluana non è una pianta di insalata, ma una persona? Ma non l’avete descritta sempre come una non-viva? “questa vita, non-vita o non-morte”, spiega il non-giornale Repubblica.
Come ha dichiarato oggi Eugenia Roccella “Mai come adesso si capisce che Eluana è viva”.
Saranno i medici a decidere se curarla o meno, adesso, tocca a loro, in scienza e coscienza. Noi, per ora, continuiamo a dire che Eluana è viva, e che non spetta a noi stabilire quando e come deve morire.
(Tratto da www.stranocristiano.it)
SCUOLA/ Studenti, informatevi su che cosa sta facendo davvero il ministro - Sussi Dario - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Questa risposta arriva in ritardo rispetto alla causa immediata che ha provocato la lettera, cioè la manifestazione del 10 ottobre contro la riforma della scuola, ma il problema trascende decisamente questa data, come traspare dalla lettera stessa.
“Ciao! Sono una studentessa di Aosta e faccio il liceo scientifico. Da alcuni giorni a scuola sta passando un volantino di una manifestazione che si terrà il 10 ottobre per protestare contro la riforma... Io ho provato a leggere tutto il decreto ma, sinceramente, non mi è stato molto chiaro. Senza contare poi che, avendo chiesto ai miei compagni di scuola che attaccavano i volantini perchè loro sarebbero andati alla manifestazione, mi è stato risposto che la riforma comprende tagli enormi alle scuole (mi hanno detto che parte andrebbero al ministero della Difesa...), la “trasformazione” delle università in fondazioni e la creazione di classi per soli ragazzi portatori di handicap... Tutte queste cose sono state anche dette in assemblea di istituto... Ora, sapendo che i ragazzi che mi hanno detto questo sono fortemente di parte, ho preso la cosa molto con le pinze; però, poiché passo quotidianamente 6 ore a scuola, questa riforma non può non interessarmi! Soprattutto perchè è la terza in quattro anni di superiori e forse quella un po’ più contestata... Mi piacerebbe sentire un parere e giudizio da una persona un po’ più informata di me, giusto per non lasciarmi abbindolare dalle cose che mi vengono dette. Grazie mille! Cecilia”
Credo che tutti i ragazzi, al di là dell’essere andati o meno alla manifestazione ( chissà se poi Cecilia è andata?), siano pieni di dubbi: quelli reali sono su se stessi e su come questa riforma possa influenzare non solo le ore che passano a scuola, ma l’intera loro vita futura. Almeno se non hanno ancora perso ogni fiducia nell’utilità della scuola stessa. In questo senso, al di là della valutazione delle singole misure del decreto, ritengo che una critica generale possa essere fatta circa la mancanza di una preparazione adeguata della collettività interessata, in primo luogo studenti, insegnanti, famiglie. Non è questione, infatti, di dibattere in parlamento, ma di parlare innanzitutto con le persone, evitando che si ricada nello sterile scontro di schieramenti precostituiti, anche su un tema così importante, credendo di poter risolvere la questione con decreti da un lato e manifestazioni dall’altro.
Venendo ad alcuni punti specifici sollevati da Cecilia, vi è innanzitutto da chiarire che il decreto Gelmini non è una vera e propria riforma, anche se ormai la si chiama così e parrebbe più adeguato il termine “manutenzione” usato dallo stesso ministro. L’unico passaggio che può richiamare a un progetto di riforma è la reintroduzione del maestro unico che, peraltro, alla luce della già diffusa presenza del cosiddetto “maestro prevalente”, non sembrerebbe costituire uno stravolgimento quale, invece, qualcuno sostiene.
Per quanto riguarda i tagli, il decreto pare sostanzialmente in linea con quelli previsti dal precedente governo, nel “Quaderno bianco” Fioroni-Padoa Schioppa, che già prevedeva 20mila tagli. Forse i tuoi amici a scuola, e non solo loro, non se lo ricordano più. Questa coincidenza di intenti deriva dal fatto che non è più tollerabile considerare la scuola come una sorta di ammortizzatore sociale, come un enorme apparato burocratico, dove competenze, meriti e bisogni reali passano in seconda linea. Il risultato è che, come si è sentito dire più volte per la crisi finanziaria, la moneta cattiva scaccia quella buona, appiattendo tutto e mortificando quello che rimane il compito principale di una nazione: l’educazione.
A proposito di informazione corretta, la trasformazione delle università in fondazioni non è nel decreto Gelmini, ma nel piano economico triennale, ed è nella direzione dell’autonomia scolastica, auspicata anche per gli altri ordini di scuola, come prevede la proposta di legge Aprea. Così, invece di essere l’ultimo ganglio di un apparato burocratico-ministeriale, scuole e università potrebbero acquisire autonomia gestionale, nel rispetto delle linee generali emanate dallo Stato, e rispondere quindi meglio ai bisogni educativi di chi vi partecipa. L’obiezione che si trasformerebbero scuole e università in aziende suona fortemente ideologica, perché ciò potrebbe avvenire solo se fosse lo Stato a rinunciare ai propri doveri di indirizzo e poteri di controllo.
Certo, questa sarebbe una vera riforma, che andrebbe a intaccare a fondo lo strapotere di corporazioni e sindacati, ma anche questi dovrebbero ormai rendersi conto del loro dovere di ricercare il bene comune e non perseguire solo ristretti interessi particolari.
Quanto ai fondi che andrebbero alla Difesa, o le classi di soli portatori di handicap, fatti indicare i documenti o le dichiarazioni in cui queste proposte sono contenute; senza dubbio, anche in questo decreto vi saranno cose anche fortemente criticabili, altre discutibili e molte altre migliorabili, perciò non vi è nessun bisogno di ricorrere alla propaganda. Tanto più condannabile nei giovani, che alla verità dovrebbero tenere sopra ogni cosa.
IL FATTO/ Fondazione Maddalena Grassi, una risposta concreta ai tanti discorsi sul testamento biologico - Redazione - lunedì 13 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Chiunque abbia avuto la fortuna di vedere il film intitolato L'enigma di Kaspar Hauser, di Herzog, si sarà potuto facilmente rendere conto, al di là delle molteplici interpretazioni fatte sul lungometraggio, del fatto che i rapporti umani e, più in particolare, quelli affettivi sono di fondamentale importanza per lo sviluppo psicofisico di qualunque individuo.
A rendere ancor più forte questa convinzione concorre l'esperienza della Fondazione Maddalena Grassi e del suo R.S.D., la Residenza Sanitaria per persone con Disabilità.
Si tratta di una tipologia d'offerta istituita dalla Regione Lombardia con DGR 12620 del 2003. Le strutture R.S.D. sono destinate ad accogliere soggetti in condizioni di fragilità derivanti da qualsiasi tipo di disabilità - fisica, psichica o sensoriale - assicurando un elevato grado d'integrazione delle prestazioni socioassistenziali, educative e sanitarie. Il limite d'età per l'accoglienza in RSD è di 64 anni; al compimento del 65° anno d'età i soggetti in condizioni di fragilità devono rivolgersi alle residenze sanitarie assistite per anziani. L'R.S.D. Marco Teggia, della Fondazione Maddalena Grassi, la cui attività verrà presentata sabato 18 ottobre presso il convegno Coscienza, stati di coscienza e persona, a Vigevano, presenta sotto l'aspetto prima introdotto interessantissimi casi clinici.
«I pazienti affetti da gravi disabilità neurologiche – spiega il professor Massimo Croci - sono portatori di una grande domanda d’assistenza per periodi di tempo anche molto prolungati che, idealmente, potrebbe trovare una risposta adeguata all’interno del nucleo familiare. L’esperienza maturata con l’assistenza al domicilio di questi pazienti ci ha fatto però incontrare realtà ove ciò è oggettivamente impossibile. È nata così l’idea di creare un luogo in grado d’accogliere queste persone».
La struttura ha iniziato l’attività nel novembre 2005. Nel 2006 sono stati assistiti 21 pazienti i in regime di residenzialità permanente e 6 per periodi di sollievo; sono state erogate 3941 giornate d’assistenza, di cui 342 (8,1 %) a pazienti totalmente dipendenti dalla ventilazione meccanica.
«Nel corso del 2007- continua il dottor Croci - sono stati assistiti 25 pazienti in regime di residenzialità permanente e 2 per i periodi di sollievo con 6434 giornate d’assistenza, di cui 747 (11,6 %) a pazienti totalmente dipendenti dalla ventilazione meccanica; questo ha determinato un tasso d’utilizzo dei posti-letto pari al 98 % con una durata media della degenza di 238 giorni. Le diagnosi d’ammissione sono state: stato vegetativo persistente (17,6%), altri esiti di trauma cranico (8,8%), sclerosi multipla (5,9%), sclerosi laterale amiotrofica (5,9%), altre patologie a carico del sistema nervoso centrale (17,6%), altre patologie del sistema nervoso periferico (11,9%), ritardo mentale (23,5%), disabilità per altre cause (8,8%). Attualmente sono presenti 18 pazienti (9 f) con un’età media di 42 + 14 anni (22 – 63); di questi 8 sono ospiti da oltre un anno, tre sono totalmente dipendenti dalla ventilazione meccanica. Nell’ottobre del 2006 e nel maggio 2007 fu somministrato agli ospiti presenti (od ai loro parenti, quando impossibilitati a rispondere) un questionario strutturato (OUR) che indaga il grado di soddisfazione degli utenti di una struttura residenziale; tale questionario, basato su scala Likert, ha un punteggio complessivo che varia da 36 (minima soddisfazione) a 108 (massima soddisfazione). L’analisi dei questionari ha mostrato un buon grado di soddisfazione degli utenti sia nel 2006 (mediana: 88; 25° percentile: 84; 75° percentile: 94) che nel 2007 (mediana: 100; 25° percentile: 93; 75° percentile: 101)».
Ma a fronte di questi risultati assai più che soddisfacenti non si può comunque dire di aver analizzato a fondo la questione.
Sulle “novità” dell'R.S.D il professor Croci è, giustamente, più prudente e utilizza toni pacati dal momento che vuole evitare facili sensazionalismi.
Eppure qualcosa da dire c'è.
Riguarda due pazienti che hanno ripreso parte delle proprie funzioni vitali rendendosi in un certo senso più indipendenti e meno vegetative di altre che presentano un analogo quadro clinico. In particolar modo due ragazze, una poco più che quarantenne, l'altra di appena 21 anni, la prima colpita da leucoencefalite, la seconda da un'anossia cerebrale, sembrerebbero aver riattivato funzioni vitali che, dice il dottor Croci, «come medico non si sa spiegare». A meno che, e qui il professore è assai più favorevole, non si riconsideri da un punto di vista medico la cruciale funzione del rapporto affettivo nella ripresa dei pazienti agli stimoli esterni. Una funzione che purtroppo spesso viene trascurata e sottovalutata in campo accademico a causa di una cieca ostilità verso sistemi non facilmente misurabili e analizzabili alla luce di un'indagine prettamente scientifica. Ma dove non può il ragionamento, verrebbe da dire, può arrivare la semplice osservazione. Due ragazze ricoverate in una clinica per malattie neurovegetative dimostrano più con la propria vita, apparentemente ridotta a una vuota inutilità, di migliaia di testi universitari spesso consultati con esagerata ieraticità oracolare.