Nella rassegna stampa di oggi:
1) Tre mosse per trasformare la crisi economica in un’opportunità - Mario Mauro - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
2) SCUOLA/ Sciopero del 30 ottobre: ragioni per non aderire, ragioni per costruire - Redazione - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
3) SCIENZA&FEDE/ Blasi: la maturità della ricerca è capire che esistono realtà inconoscibili con metodi scientifici - INT. Paolo Blasi - lunedì 20 ottobre 2008
4) GUARDINI/ La forza pionieristica di un grande educatore - Carlo Fedeli - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
5) Il mare di Internet e le reti tristi - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 19 ottobre 2008 Abitano il mondo: la banda, il muretto, la squadra, la compagnia, il gruppo musicale, la piazzetta, le vasche del corso, la spiaggia, i concerti, il pub, la discoteca, la notte, l'automobile. Ma quando il mondo reale va a pezzi loro estraggono il passaporto di cittadinanza di quello virtuale
Tre mosse per trasformare la crisi economica in un’opportunità - Mario Mauro - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Gli aspetti più significativi contenuti nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio dell'Ue, del 15 e 16 ottobre riguardano l'istituzione di un meccanismo informale di allarme, di scambio di informazioni e di valutazione (cellula di crisi finanziaria).
Tale meccanismo assocerà rappresentanti della presidenza in carica, del presidente della Commissione, del Presidente della BCE (in collegamento con le altre banche centrali europee), del Presidente dell'eurogruppo e dei governi degli Stati membri.
Secondo punto importante: assicurare la fiducia nel sistema finanziario e bancario nonché la tutela degli interessi dei depositari e degli investitori presuppone anche che le istituzioni finanziarie attuino con rigore le raccomandazioni in materia di trasparenza degli impegni e dei rischi che assumono.
Il Consiglio europeo ha sottolineato inoltre la necessità di rafforzare la vigilanza del settore finanziario europeo, in particolare dei gruppi transnazionali, e di attuare con urgenza la tabella di marcia del Consiglio Ecofin, al fine di migliorare il coordinamento della vigilanza a livello europeo.
È stata accolta con favore la creazione, da parte della Commissione, di un gruppo ad alto livello. Il Consiglio sostiene l'accelerazione dei lavori in corso sul rafforzamento delle norme in materia di stabilità, ivi compresa la direttiva sui requisiti patrimoniali delle banche.
Sollecita infine decisioni rapide concernenti l'elaborazione di norme europee in materia di sicurezza dei depositi onde assicurare la protezione dei risparmiatori.
Di fronte alla crisi finanziaria, il Consiglio europeo «esprime la sua determinazione ad agire in modo coordinato ed esaustivo per ripristinare il buon funzionamento del sistema finanziario, assicurare in tal modo il finanziamento normale ed efficace dell'economia e ritrovare la via della crescita e dell'occupazione».
I Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea sembrano quindi riconoscere la necessità di coordinare le politiche economiche, finanziarie e monetarie perché gli interventi nazionali nel momento di maggiore emergenza sono stati fondamentali, ma da soli non possono bastare a fermare la crisi che ha una chiara natura sistemica. Da queste conclusioni l'Unione Europea deve ripartire, non dimenticando che ciò di cui abbiamo immediatamente bisogno è un piano di dimensione europea che affronti i principali elementi critici: stabilizzazione finanziaria, supervisione, riduzione del rischio. La necessità ci deve spingere a percorrere strade che in altre situazioni non avremmo voluto e potuto percorrere, è giunto il momento per l'Unione Europea di dettare regole ancora più efficaci contro la crisi.
Per questo ho condiviso tre proposte con il collega Gianni Pittella, Presidente della delegazione italiana del Pd nel gruppo Pse, che sono state prese in grande considerazione durante il Consiglio dal Premier inglese Gordon Brown, che ha concordato soprattutto in merito alla supervisione, ma avvallate anche dalla stessa Presidenza francese.
Innanzitutto la stabilizzazione finanziaria è stata per ora garantita solo a livello nazionale. L'UE tuttavia dispone di un organismo, la Banca europea degli investimenti (BEI), che ha capacità di raccogliere risorse sul mercato dei capitali. Si può quindi riflettere sulla possibilità di fare della Bei un organo di stabilizzazione macrofinanziaria, ovviamente dopo averne opportunamente modificato la sua struttura di governance. Un'operazione del genere permetterebbe di non ricorrere ai bilanci nazionali e non peserebbe sui contribuenti.
La seconda proposta riguarda la supervisione. Il cosiddetto “collegio dei supervisori” per i gruppi transnazionali è certamente un ottimo progresso rispetto alla supervisione frammentata. Ora è però il momento di pensare ad andare oltre. Il supervisore unico, già proposto dall'Italia, diventa sempre più necessario specialmente per i grandi gruppi bancari europei. Si potrebbe prevedere un modello dove sia la Banca centrale europea ad avere tale responsabilità. Le attuali vicende dimostrano chiaramente la necessità di dotarsi di un supervisore unico.
La terza priorità riguarda la riduzione del rischio: la crisi è stata alimentata da chi originava strumenti di credito distribuendo poi il rischio ad altri soggetti nel mercato senza sopportarlo come nel modello bancario classico. Dobbiamo quindi dotarci di un complesso di nuove regole che garantiscano la tracciabilità del credito, affinché venga ridotta la possibilità di mescolare credito di buona e meno buona qualità. Gli emittenti devono essere obbligati a mantenere nei propri libri contabili una percentuale del credito emesso e devono seguire il rischio afferente ai loro titoli di credito lavorando congiuntamente con le agenzie di rating perché questo avvenga con regolarità e non solo al momento dell'emissione del credito.
Molto importante sarà nei prossimi mesi l'azione di Banca Centrale europea e Banca europea degli investimenti, le due istituzioni "economiche" dell'Unione: la prima, se verranno confermate le buone intenzioni fin qui proclamate, svolgerà un ruolo chiave, oltre che nella supervisione, anche nel coordinamento con le banche centrali dei paesi partner, soprattutto per assicurare la liquidità del sistema finanziario al fine di preservare la fiducia e la stabilità.
La Bei, dal canto suo, deve assumersi la maggior parte del rischio di finanziamento delle piccole e medie imprese, prima di tutto mobilitando i 30 miliardi di euro promessi a sostegno delle Piccole e medie imprese europee, e inoltre rafforzare la propria capacità di intervento in relazione a progetti infrastrutturali.
Non ci deve essere nessuna pretesa di trovare una la soluzione a tutti i mali che affliggono l'economia globale, ma urge la presa di coscienza del fatto che la crisi può e deve trasformarsi in un'opportunità. Sembra paradossale, ma è proprio questo il momento di essere ambiziosi. Dobbiamo identificare nella prospettiva europea la reale forza motrice del processo di riassestamento per la ripartenza dell'economia di tutto il mondo.
SCUOLA/ Sciopero del 30 ottobre: ragioni per non aderire, ragioni per costruire - Redazione - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Pubblichiamo un documento congiunto, sottoscritto dalle associazioni Diesse, Foe, DiSAL, Associazione Culturale “Il rischio educativo”. Si tratta di persone e realtà direttamente e quotidianamente impegnate nel mondo della scuola e dell’educazione. E non sono d’accordo con lo sciopero. Strano a dirsi, leggendo i giornali; perché quando sentiamo dire che “i docenti scendono in piazza” forse siamo un po’ tentati, e un po’ spinti, a pensare che “tutti i docenti” lo stiano facendo. Invece no: ci sono docenti, presidi, studenti (si veda l’articolo di una ragazza di Crema che pubblichiamo in allegato) che non sono d’accordo, che non pensano che ci sia qualcuno che sta uccidendo la scuola. Che anzi pensano che la scuola la uccida chi vuole lasciare tutto com’è, chi vuol continuare a coltivare la propria rendita di posizione o il proprio potere, messo a rischio da un reale cambiamento dello status quo.
Leggete, ragionate, commentate. Il dibattito, almeno qui su ilsussidiario.net, è aperto.
1. Il sistema scolastico italiano ha, da tempo, urgente bisogno di essere riformato: siamo ai primi posti, tra i Paesi dell’Ocse, come spesa per l’istruzione ma ciò non incide sulla qualità. Il numero di ore di lezione degli alunni supera del 20% la media dei paesi Ocse, ma ai primi posti per la qualità dell’apprendimento vi sono Paesi dove si sta a scuola molto meno. Per questo chiediamo anche all’attuale Governo, come sempre abbiamo fatto, di abbandonare una politica centralistica, perseguita con l’accanimento delle normative, che pretendono di determinare ogni singolo aspetto della vita scolastica.
2. Per rispondere alla emergenza educativa è indispensabile tenere conto della domanda di istruzione e di educazione che proviene dai giovani di oggi, e completare il percorso verso un assetto pienamente libero e pluralistico. Per questo è prioritario dare attuazione all’autonomia costituzionale prevista per le scuole, assicurando alle stesse veri organi di governo e risorse dirette. Gli altri cambiamenti verranno come diretta conseguenza: drastica riduzione di norme; livelli essenziali di apprendimento; carriere per i professionisti della scuola con effettivo riconoscimento del merito e delle prestazioni; dirigenza scolastica messa in grado di rispondere dei risultati; moderno sistema di valutazione che aiuti le scuole a migliorare.
3. Una prospettiva di così ampio respiro necessita di tempi lunghi e non può essere assicurata da una singola fase di revisione degli ordinamenti o della normativa in uso. Occorre piuttosto un impegno costante per il bene comune da parte di tutte le forze sociali e politiche autenticamente riformiste. Per questo è necessario che anche i sindacati, anziché condurre battaglie di retroguardia dannose per tutti, tornino ad impegnarsi per il bene comune. Gli slogan lanciati in questi giorni e irresponsabilmente depositati sulle bocche degli studenti spinti in piazza a manifestare contro chi oggi è chiamato a governare, appaiono invece strumentali e ridicoli, tanto più perché gridati in difesa di una scuola italiana di cui tutti, in questi anni, si sono lamentati.
4. Le misure prese dall’attuale Governo in realtà, non si scostano, nei principi ed in molte proposte, da quelle suggerite dal Quaderno Bianco dei ministri Padoa-Schioppa e Fioroni, nella prospettiva del vincolo di pareggio entro il 2011 richiesto all’Italia dall’Unione europea. La razionalizzazione di spesa all’interno di un sistema tanto elefantiaco quanto improduttivo è urgente e indispensabile. I provvedimenti approvati a favore di interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti ne costituiscono un primo significativo segnale.
5. Non aderiamo allo sciopero del 30 ottobre perché non ne condividiamo le motivazioni. Non possiamo accettare le posizioni corporative di un certo sindacalismo che, guidato in particolare dalla CGIL, continua ad opporsi, per ragioni di mero potere, a qualsiasi serio tentativo di cambiamento del sistema di istruzione nazionale. L’istruzione è un bene di tutti: per questo è indispensabile che ogni seria riforma si costruisca attraverso il dialogo con le componenti reali della scuola che si esprimono anche nelle loro forme associative.
Associazione Culturale “Il Rischio Educativo”
DIESSE (Didattica e Innovazione Scolastica)
DiSAL (Dirigenti Scuole Autonome e Libere)
FOE (Federazione Opere Educative)
SCIENZA&FEDE/ Blasi: la maturità della ricerca è capire che esistono realtà inconoscibili con metodi scientifici - INT. Paolo Blasi - lunedì 20 ottobre 2008
Il discorso pronunciato da Benedetto XVI il 16 ottobre alla Pontificia Università Lateranense, per il decimo anniversario dell'enciclica Fides et Ratio, ha suscitato le solite reazioni istintive di alcuni scienziati che si sono sentiti toccati sul vivo dalle decise affermazioni del Pontefice sulle pretese della scienza e sui rischi di un sapere che rischia di diventare arrogante quando rifiuta il confronto e l’aiuto degli altri saperi, in primo luogo della filosofia e della teologia. Al solito le reazioni, più che al discorso del Papa sembrano replicare alla notizia di agenzia che ne ha riportato solo alcuni passi, perdendo così tutto l’impianto rigoroso e critico dell’argomentazione: rigore e critica che dovrebbero essere apprezzati da una mentalità scientifica.
In questo senso abbiamo chiesto a Paolo Blasi, fisico, già Rettore dell’Università di Firenze, di commentare il testo di Benedetto XVI, soffermandosi su alcuni passaggi significativi.
Benedetto XVI parla del verificarsi nella cultura moderna di «uno slittamento da un pensiero prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimentale» e aggiunge che «il desiderio di conoscere la natura si è poi trasformato nella volontà di riprodurla. Questo cambiamento non è stato indolore». E Giovanni Paolo II aveva parlato di «una scienza che procede in modo largamente funzionalistico». Ciò che viene meno è la tensione alla verità. Constata anche lei nel mondo scientifico questa tendenza; e dove maggiormente la vede esprimersi?
Secondo me non c’è dubbio che la scienza, dal momento in cui, attraverso il metodo sperimentale, ha cercato di capire le leggi della natura prescindendo dai principi della filosofia o della teologia, ha potuto avere dei successi notevoli nella conoscenza del mondo naturale e ciò ha portato l’uomo a pensare di risolvere tutti i problemi attraverso la scienza. Questo però è stato tipico della fine dell’Ottocento e degli inizi del Novecento; poi gli scienziati più qualificati hanno rapidamente riconosciuto i limiti della scienza. Cioè la scienza può conoscere ed è impegnata a conoscere il mondo naturale, ma non può andare al di là di questo mondo. I sentimenti o la bellezza sono cose che non si possono ricondurre al metodo sperimentale. Quindi oggi credo di poter dire senza tema di smentita che è acquisita questa consapevolezza dei limiti dei campi di indagine della scienza. Certo, c’è sempre qualcuno che vuole trovare nella scienza tutto, ma sono sempre di meno.
Il Papa vede un valore positivo nella scienza che «penetra nelle profondità del creato», ma sottolinea anche la tentazione della «arroganza di sostituirsi al Creatore». Come fa uno scienziato a tenere viva la prima dimensione senza cadere nella seconda?
È vero che la scienza è un valore, in particolare oggi perché la scienza, la vera scienza dà valore di verità alla realtà. Siamo reduci da un secolo dove le ideologie hanno condizionato le culture e i comportamenti, trascurando la realtà, quindi un ricupero del valore di verità della realtà è molto importante e questo si può ottenere attraverso una diffusione della cultura scientifica. Ma, per quello che ho detto prima, la cultura scientifica non può negare l’esistenza di una realtà – la bellezza, i sentimenti, eccetera – che non è conoscibile tramite la scienza e quindi non può essere limitata solo al mondo naturale. La persona umana è qualcosa di molto più ricco. Ora, come uomo di scienza, la cosa che ha me ha sempre colpito è che la natura è per noi conoscibile e comprensibile e quindi è portatrice di una verità; non siamo noi che rendiamo vera la natura, ma è la natura che ha questa verità ed è comprensibile da noi, cioè è una verità che si coniuga con la nostra ragione. Perché avvenga questo è un mistero. E questo mistero non è certo illuminabile solo attraverso la scienza. Qui ci vuole una ragione aperta alla fede.
Sostituirsi al Creatore è sbagliato in quanto si viola quella che è la dignità della persona umana. La dignità della vita umana e della persona è un valore primario, per cui quando si vanno a toccare i problemi della procreazione, della modifica dello sviluppo della vita umana bisogna stare molto attenti. Peraltro non ho nessun tipo di remora laddove si interviene nel mondo naturale, per esempio per fare delle modifiche di carattere genetico nelle piante, come nel caso dei famosi Ogm. L’importante è assicurarsi che non danneggino l’uomo; questo è il punto fondamentale.
«La scienza non è in grado di elaborare principi etici», anche se c'è già chi parla di neuroetica e non riconosce validità a principi esterni al sapere scientifico. È possibile oggi operare in campo scientifico rispettando fino in fondo la dignità dell'uomo e conservando l'impegno a servirlo responsabilmente?
Ritengo che la scienza non possa arrogarsi il diritto di negare i valori etici esterni. Peraltro l’etica è qualcosa che supera la scienza e lo scienziato deve essere un uomo che ha un’etica, anche nel fare scienza. È vero che non ci debbono essere limiti nelle metodologie scientifiche e negli oggetti che la scienza studia, a meno che, appunto, non si tocchi la dignità della persona umana. Quindi i comportamenti etici sono fondamentali. La sperimentazione non è sempre possibile; la dignità della persona umana è un principio etico che deve essere rispettato. Lo scienziato, quando fa gli esperimenti, deve avare un comportamento etico, nel senso che deve riportare i risultati dell’esperimento, anche se sono difformi da quello che lui si aspetta. C’è, purtroppo, anche in comportamenti degli scienziati, la tentazione di far dire agli esperimenti quello che uno vorrebbe che dicessero; e questo è molto sbagliato.
Parlare di principi etici significa solo invocare più limitazioni, norme più stringenti, oppure il discorso è più ampio e interessante?
Certamente c’è stata la tentazione di non porre limiti, ma i essi ci sono anche nella scienza; basta pesare ai limiti economici e finanziari o ai limiti del consenso. In tutte le sue attività l’uomo deve capire che ci sono dei limiti che nascono dal rispetto degli altri e di se stesso, dalle esigenze sociali e così via. Credo che l’etica debba essere vista in un modo molto ampio, come l’insieme dei principi a cui gli uomini si debbono rifare per dare un senso positivo al loro agire, sia che sia un agire professionale, sportivo e anche scientifico.
GUARDINI/ La forza pionieristica di un grande educatore - Carlo Fedeli - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Chi era Romano Guardini? La domanda merita di essere nuovamente posta, in queste settimane nelle quali si ha notizia di diverse iniziative a lui dedicate, nel quarantesimo anniversario della morte (Monaco di Baviera, primo ottobre 1968).
Una prima risposta – a prima vista un po’ banale, quasi anagrafica – suona: Guardini è stato un pensatore e un teologo di origine italiana, nato a Verona nel 1885, che ha però trascorso quasi tutta la vita in Germania. Lì, dopo aver compiuto gli studi inferiori, cambia per ben due volte facoltà universitaria e riconosce di essere chiamato al sacerdozio. Si dedica, finalmente con gusto e con passione, alla teologia, e dopo l’ordinazione continua per una decina d’anni gli studi, fino a conseguire, tra difficoltà e resistenze di vario genere, l’abilitazione all’insegnamento accademico. Nel 1923 gli viene conferita una cattedra di Filosofia della religione e visione cattolica del mondo, istituita presso l’Università di Berlino – il più prestigioso, ma anche il più laicista degli atenei tedeschi. Qui insegna, con grande entusiasmo di studenti e ascoltatori, fino al 1939, quando è costretto dal regime nazista a lasciare il ruolo.
Basterebbero già questi tratti per avvertirci che siamo di fronte a una figura eccezionale e a un’opera di grande valore - “pionieristica”, la definì il teologo Von Balthasar, che ebbe modo di frequentare i suoi corsi a Berlino. Ma ci sono ancora un paio di argomenti, che possono accrescere l’interesse per Guardini.
Il primo. Già dalle superiori, poi ancor più in tempo di guerra, Romano sperimenta non soltanto l’ambivalenza, ma anche l’opposizione fra le sue doppie “identità”: quella italiana, d’origine, e quella tedesca, acquisita attraverso la formazione scolastica e culturale. Sarà l’amara e tragica fine del conflitto a fargli intravedere e tracciare, nel comune radicamento di entrambe le identità nella civiltà europea e cristiana, la via per superare ogni antagonismo nazionale, politico e culturale. Europa: compito e destino, così Guardini intitolerà una delle più mature riflessioni su questo tema, che lo accredita come uno dei più alti – e primi, in ordine di tempo – “spiriti europei”, cui guardare per essere all’altezza delle sfide e dei compiti posti oggi dall’integrazione dei popoli e dal dialogo fra le culture.
Il secondo tratto lo suggeriscono i giovani della Rosa Bianca, che leggevano e consideravano i libri di Guardini come una vera e propria robusta “vaccinazione antitotalitaria”.
È la sua grandezza come educatore.
Essa ha lasciato un segno su almeno tre generazioni di giovani, tedeschi e poi europei.
La generazione che lo ha immediatamente conosciuto come insegnante di religione e assistente ecclesiastico a Magonza, la città del suo primo ministero sacerdotale; quella che lo ha poi incontrato nelle aule dell’università e nei vari momenti di raduno del Quickborn, uno dei movimenti di studenti universitari cattolici più vivaci del periodo fra le due guerre; e quella che ha continuato a guardare a lui come a un maestro, saggio e chiaroveggente, nel secondo dopoguerra, quando cominciava a diventar chiaro, a chi voleva veramente vedere le cose, che l’epoca moderna volgeva al termine e che la scienza, la tecnica e la società di massa ponevano l’uomo di fronte a sfide e responsabilità storiche che non potevano più essere affrontate con la fede illuminista e positivista nel progresso e nell’evoluzione naturalmente buona dell’individuo e della società.
Tre generazioni, dunque. La nostra può essere la quarta.
Bibliografia essenziale di Romano Guardini
In Italia le opere di Romano Guardino sono pubblicate dalla Morcelliana di Brescia. Segnaliamo qui di seguito solo alcuni titoli con l’anno della più recente edizione.
La fine dell’epoca moderna. Il potere (1993), L’essenza del Cristianesimo (1993), La realtà della Chiesa (2004), Libertà - Grazia – Destino (2000), Pascal (1992), La visione cattolica del mondo (1994), Tre scritti sull’università (1999).
Sempre e più che mai valida la biografia di Hanna Barbara Gerl, Romano Guardini, La vita e
l’opera, Morcelliana, Brescia 1988.
Il mare di Internet e le reti tristi - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 19 ottobre 2008 Abitano il mondo: la banda, il muretto, la squadra, la compagnia, il gruppo musicale, la piazzetta, le vasche del corso, la spiaggia, i concerti, il pub, la discoteca, la notte, l'automobile. Ma quando il mondo reale va a pezzi loro estraggono il passaporto di cittadinanza di quello virtuale
Dal blog di don Marco, questa riflessione sulla "rete" su internet e sulla possibilità e il rischio che ogni strumento mette a disposizione, ma come dice il sacerdote internettiano classe 1979: "D'altronde ogni affascinante possibilità nasconde un suadente rischio. Ma non c'è fedeltà senza rischio".
Anche lì ci sono uomini con le reti tristi dopo notti infruttuose di pesca. Come in quel lontano mare di Galilea (Lc 5,1-11). Uomini e giovinezze sempre connesse. Tengono scarpe slacciate, mutandoni in evidenza, jeans a vita bassa. Sempre collegati, quasi a cancellare spazio e tempo. Un ciao sotto casa e poi appuntamento su Msn, distratti dalla vibrazione del cellulare in tasca e con l'Ipod a fare da cuffia impermeabile al mondo. Ragazzi con doppio passaporto. Abitano il mondo: la banda, il muretto, la squadra, la compagnia, il gruppo musicale, la piazzetta, le vasche del corso, la spiaggia, i concerti, il pub, la discoteca, la notte, l'automobile. Ma quando il mondo reale va a pezzi loro estraggono il passaporto di cittadinanza di quello virtuale: la musica, il fumetto e internet.
Il 23 dicembre 1997 Jorn Barger, un appassionato cacciatore americano, apre una pagina personale sul web (sarà il primo blog della storia) per condividere hobby e interessi con gli amici. C'erano una volta i diari imprigionati da lucchetti: segreti, confidenze, memorabilia. Sogni, aneliti, visioni. Oggi, sotto le onde di internet, si sono trasformati in blog. Parole che al nonno sembrano malattie tropicali oggi sono linguaggio criptato in cui la realtà giovanile si muove a meraviglia: MySpace, Live Spaces (siti che hanno dato vita al fenomeno blog), Second Life, social networks. Sono spazi pubblici di confessione, piazze ri-attualizzate degli antichi areopaghi, mercati di virtuali idee e moderne confidenze. Pure la Chiesa ne elogia le potenzialità: «l'interesse della Chiesa per Internet è un aspetto particolare dell'attenzione che essa riserva da sempre ai mezzi di comunicazione sociale. Considerandoli il risultato del processo storico scientifico per mezzo del quale l'umanità avanza "sempre più nella scoperta delle risorse e dei valori racchiusi in tutto quanto il creato"» (Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La chiesa e internet). Dall'America all'Italia il passo è stato breve. Basta imbarcarsi su qualsiasi scialuppa e affrontare l'alto mare di Internet per scoprire la densità di popolazione, la voglia di tenerezza, il bisogno di rapporto che abita li dentro. Dietro un blog - accessibile a tutti o limitati ad una community scelta - c'è sempre una storia, un volto, una mano. L'Ermes Ronchi scrittore, nel suo libro Baci non dati (Paoline 2007) racconta che sull'atrio di sorella morte, Francesco ebbe fame. Di biscotti. Non di biscotti qualsiasi. Di quelli che partoriva donna Iacopa. Odorava di santità, ma aveva fame: di biscotti, di vicinanza, d'affetto. Non dei biscotti, ma della mano che li faceva. Non della mano: ma del cuore che muoveva la mano.
Il santo folle aveva fame di cuore di donna. Da uno spazio virtuale alla mano che muove il mouse. Dalla mano al cuore che fa muovere la mano che sposta il mouse. Il percorso è presto tracciato.
Percorso e relativi segnali di pericolo. Basti un esempio. Second Life è un mondo oggi abitato da 400.000 utenti di tutto il pianeta (secondo il sito donboscoland.it sono 9 milioni se si comprendono anche quelli inattivi). Iscriversi è semplice: a maggiore età avvenuta è gratis. All'interno si può costruire e vendere oggetti, comprare aree di terreno e condurre una "seconda vita" in cui cercare quella che la prima va negando. Gli incontri sono reali scambi tra esser umani. Un po' come succede quando è il crepuscolo a impadronirsi della giornata. C'è un mondo che sceglie orari strani per vivere. Di notte s'abbandona la formalità del giorno, la compostezza sociale, il vestito stirato, il comportamento ineccepibile. Si è liberi la notte: si fanno cose il giorno non concede. Certe città sono gemellate con la notte. Liberano da tutto, sciolgono responsabilità, convinzioni e propositi, gonfiano la trepidazione, azzannano l'immaginazione. Spingono tremendamente sull'acceleratore! Un commento a proposito della notte: "chiamatela come volete, per me può essere anche la parte perversa. Magari scambiarsi lo stesso ragazzo. Ma viene una cosa naturale perché sei talmente calata nell'ambiente, sei talmente coinvolta che andare in giro in mutande è una cosa normale. Certo è esibizionismo" (C. Fiore, Etica per giovani. Appunti e spunti per un'educazione morale, 138-141). D'altronde ogni affascinante possibilità nasconde un suadente rischio. Ma non c'è fedeltà senza rischio.
1) Tre mosse per trasformare la crisi economica in un’opportunità - Mario Mauro - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
2) SCUOLA/ Sciopero del 30 ottobre: ragioni per non aderire, ragioni per costruire - Redazione - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
3) SCIENZA&FEDE/ Blasi: la maturità della ricerca è capire che esistono realtà inconoscibili con metodi scientifici - INT. Paolo Blasi - lunedì 20 ottobre 2008
4) GUARDINI/ La forza pionieristica di un grande educatore - Carlo Fedeli - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
5) Il mare di Internet e le reti tristi - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 19 ottobre 2008 Abitano il mondo: la banda, il muretto, la squadra, la compagnia, il gruppo musicale, la piazzetta, le vasche del corso, la spiaggia, i concerti, il pub, la discoteca, la notte, l'automobile. Ma quando il mondo reale va a pezzi loro estraggono il passaporto di cittadinanza di quello virtuale
Tre mosse per trasformare la crisi economica in un’opportunità - Mario Mauro - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Gli aspetti più significativi contenuti nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio dell'Ue, del 15 e 16 ottobre riguardano l'istituzione di un meccanismo informale di allarme, di scambio di informazioni e di valutazione (cellula di crisi finanziaria).
Tale meccanismo assocerà rappresentanti della presidenza in carica, del presidente della Commissione, del Presidente della BCE (in collegamento con le altre banche centrali europee), del Presidente dell'eurogruppo e dei governi degli Stati membri.
Secondo punto importante: assicurare la fiducia nel sistema finanziario e bancario nonché la tutela degli interessi dei depositari e degli investitori presuppone anche che le istituzioni finanziarie attuino con rigore le raccomandazioni in materia di trasparenza degli impegni e dei rischi che assumono.
Il Consiglio europeo ha sottolineato inoltre la necessità di rafforzare la vigilanza del settore finanziario europeo, in particolare dei gruppi transnazionali, e di attuare con urgenza la tabella di marcia del Consiglio Ecofin, al fine di migliorare il coordinamento della vigilanza a livello europeo.
È stata accolta con favore la creazione, da parte della Commissione, di un gruppo ad alto livello. Il Consiglio sostiene l'accelerazione dei lavori in corso sul rafforzamento delle norme in materia di stabilità, ivi compresa la direttiva sui requisiti patrimoniali delle banche.
Sollecita infine decisioni rapide concernenti l'elaborazione di norme europee in materia di sicurezza dei depositi onde assicurare la protezione dei risparmiatori.
Di fronte alla crisi finanziaria, il Consiglio europeo «esprime la sua determinazione ad agire in modo coordinato ed esaustivo per ripristinare il buon funzionamento del sistema finanziario, assicurare in tal modo il finanziamento normale ed efficace dell'economia e ritrovare la via della crescita e dell'occupazione».
I Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea sembrano quindi riconoscere la necessità di coordinare le politiche economiche, finanziarie e monetarie perché gli interventi nazionali nel momento di maggiore emergenza sono stati fondamentali, ma da soli non possono bastare a fermare la crisi che ha una chiara natura sistemica. Da queste conclusioni l'Unione Europea deve ripartire, non dimenticando che ciò di cui abbiamo immediatamente bisogno è un piano di dimensione europea che affronti i principali elementi critici: stabilizzazione finanziaria, supervisione, riduzione del rischio. La necessità ci deve spingere a percorrere strade che in altre situazioni non avremmo voluto e potuto percorrere, è giunto il momento per l'Unione Europea di dettare regole ancora più efficaci contro la crisi.
Per questo ho condiviso tre proposte con il collega Gianni Pittella, Presidente della delegazione italiana del Pd nel gruppo Pse, che sono state prese in grande considerazione durante il Consiglio dal Premier inglese Gordon Brown, che ha concordato soprattutto in merito alla supervisione, ma avvallate anche dalla stessa Presidenza francese.
Innanzitutto la stabilizzazione finanziaria è stata per ora garantita solo a livello nazionale. L'UE tuttavia dispone di un organismo, la Banca europea degli investimenti (BEI), che ha capacità di raccogliere risorse sul mercato dei capitali. Si può quindi riflettere sulla possibilità di fare della Bei un organo di stabilizzazione macrofinanziaria, ovviamente dopo averne opportunamente modificato la sua struttura di governance. Un'operazione del genere permetterebbe di non ricorrere ai bilanci nazionali e non peserebbe sui contribuenti.
La seconda proposta riguarda la supervisione. Il cosiddetto “collegio dei supervisori” per i gruppi transnazionali è certamente un ottimo progresso rispetto alla supervisione frammentata. Ora è però il momento di pensare ad andare oltre. Il supervisore unico, già proposto dall'Italia, diventa sempre più necessario specialmente per i grandi gruppi bancari europei. Si potrebbe prevedere un modello dove sia la Banca centrale europea ad avere tale responsabilità. Le attuali vicende dimostrano chiaramente la necessità di dotarsi di un supervisore unico.
La terza priorità riguarda la riduzione del rischio: la crisi è stata alimentata da chi originava strumenti di credito distribuendo poi il rischio ad altri soggetti nel mercato senza sopportarlo come nel modello bancario classico. Dobbiamo quindi dotarci di un complesso di nuove regole che garantiscano la tracciabilità del credito, affinché venga ridotta la possibilità di mescolare credito di buona e meno buona qualità. Gli emittenti devono essere obbligati a mantenere nei propri libri contabili una percentuale del credito emesso e devono seguire il rischio afferente ai loro titoli di credito lavorando congiuntamente con le agenzie di rating perché questo avvenga con regolarità e non solo al momento dell'emissione del credito.
Molto importante sarà nei prossimi mesi l'azione di Banca Centrale europea e Banca europea degli investimenti, le due istituzioni "economiche" dell'Unione: la prima, se verranno confermate le buone intenzioni fin qui proclamate, svolgerà un ruolo chiave, oltre che nella supervisione, anche nel coordinamento con le banche centrali dei paesi partner, soprattutto per assicurare la liquidità del sistema finanziario al fine di preservare la fiducia e la stabilità.
La Bei, dal canto suo, deve assumersi la maggior parte del rischio di finanziamento delle piccole e medie imprese, prima di tutto mobilitando i 30 miliardi di euro promessi a sostegno delle Piccole e medie imprese europee, e inoltre rafforzare la propria capacità di intervento in relazione a progetti infrastrutturali.
Non ci deve essere nessuna pretesa di trovare una la soluzione a tutti i mali che affliggono l'economia globale, ma urge la presa di coscienza del fatto che la crisi può e deve trasformarsi in un'opportunità. Sembra paradossale, ma è proprio questo il momento di essere ambiziosi. Dobbiamo identificare nella prospettiva europea la reale forza motrice del processo di riassestamento per la ripartenza dell'economia di tutto il mondo.
SCUOLA/ Sciopero del 30 ottobre: ragioni per non aderire, ragioni per costruire - Redazione - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Pubblichiamo un documento congiunto, sottoscritto dalle associazioni Diesse, Foe, DiSAL, Associazione Culturale “Il rischio educativo”. Si tratta di persone e realtà direttamente e quotidianamente impegnate nel mondo della scuola e dell’educazione. E non sono d’accordo con lo sciopero. Strano a dirsi, leggendo i giornali; perché quando sentiamo dire che “i docenti scendono in piazza” forse siamo un po’ tentati, e un po’ spinti, a pensare che “tutti i docenti” lo stiano facendo. Invece no: ci sono docenti, presidi, studenti (si veda l’articolo di una ragazza di Crema che pubblichiamo in allegato) che non sono d’accordo, che non pensano che ci sia qualcuno che sta uccidendo la scuola. Che anzi pensano che la scuola la uccida chi vuole lasciare tutto com’è, chi vuol continuare a coltivare la propria rendita di posizione o il proprio potere, messo a rischio da un reale cambiamento dello status quo.
Leggete, ragionate, commentate. Il dibattito, almeno qui su ilsussidiario.net, è aperto.
1. Il sistema scolastico italiano ha, da tempo, urgente bisogno di essere riformato: siamo ai primi posti, tra i Paesi dell’Ocse, come spesa per l’istruzione ma ciò non incide sulla qualità. Il numero di ore di lezione degli alunni supera del 20% la media dei paesi Ocse, ma ai primi posti per la qualità dell’apprendimento vi sono Paesi dove si sta a scuola molto meno. Per questo chiediamo anche all’attuale Governo, come sempre abbiamo fatto, di abbandonare una politica centralistica, perseguita con l’accanimento delle normative, che pretendono di determinare ogni singolo aspetto della vita scolastica.
2. Per rispondere alla emergenza educativa è indispensabile tenere conto della domanda di istruzione e di educazione che proviene dai giovani di oggi, e completare il percorso verso un assetto pienamente libero e pluralistico. Per questo è prioritario dare attuazione all’autonomia costituzionale prevista per le scuole, assicurando alle stesse veri organi di governo e risorse dirette. Gli altri cambiamenti verranno come diretta conseguenza: drastica riduzione di norme; livelli essenziali di apprendimento; carriere per i professionisti della scuola con effettivo riconoscimento del merito e delle prestazioni; dirigenza scolastica messa in grado di rispondere dei risultati; moderno sistema di valutazione che aiuti le scuole a migliorare.
3. Una prospettiva di così ampio respiro necessita di tempi lunghi e non può essere assicurata da una singola fase di revisione degli ordinamenti o della normativa in uso. Occorre piuttosto un impegno costante per il bene comune da parte di tutte le forze sociali e politiche autenticamente riformiste. Per questo è necessario che anche i sindacati, anziché condurre battaglie di retroguardia dannose per tutti, tornino ad impegnarsi per il bene comune. Gli slogan lanciati in questi giorni e irresponsabilmente depositati sulle bocche degli studenti spinti in piazza a manifestare contro chi oggi è chiamato a governare, appaiono invece strumentali e ridicoli, tanto più perché gridati in difesa di una scuola italiana di cui tutti, in questi anni, si sono lamentati.
4. Le misure prese dall’attuale Governo in realtà, non si scostano, nei principi ed in molte proposte, da quelle suggerite dal Quaderno Bianco dei ministri Padoa-Schioppa e Fioroni, nella prospettiva del vincolo di pareggio entro il 2011 richiesto all’Italia dall’Unione europea. La razionalizzazione di spesa all’interno di un sistema tanto elefantiaco quanto improduttivo è urgente e indispensabile. I provvedimenti approvati a favore di interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti ne costituiscono un primo significativo segnale.
5. Non aderiamo allo sciopero del 30 ottobre perché non ne condividiamo le motivazioni. Non possiamo accettare le posizioni corporative di un certo sindacalismo che, guidato in particolare dalla CGIL, continua ad opporsi, per ragioni di mero potere, a qualsiasi serio tentativo di cambiamento del sistema di istruzione nazionale. L’istruzione è un bene di tutti: per questo è indispensabile che ogni seria riforma si costruisca attraverso il dialogo con le componenti reali della scuola che si esprimono anche nelle loro forme associative.
Associazione Culturale “Il Rischio Educativo”
DIESSE (Didattica e Innovazione Scolastica)
DiSAL (Dirigenti Scuole Autonome e Libere)
FOE (Federazione Opere Educative)
SCIENZA&FEDE/ Blasi: la maturità della ricerca è capire che esistono realtà inconoscibili con metodi scientifici - INT. Paolo Blasi - lunedì 20 ottobre 2008
Il discorso pronunciato da Benedetto XVI il 16 ottobre alla Pontificia Università Lateranense, per il decimo anniversario dell'enciclica Fides et Ratio, ha suscitato le solite reazioni istintive di alcuni scienziati che si sono sentiti toccati sul vivo dalle decise affermazioni del Pontefice sulle pretese della scienza e sui rischi di un sapere che rischia di diventare arrogante quando rifiuta il confronto e l’aiuto degli altri saperi, in primo luogo della filosofia e della teologia. Al solito le reazioni, più che al discorso del Papa sembrano replicare alla notizia di agenzia che ne ha riportato solo alcuni passi, perdendo così tutto l’impianto rigoroso e critico dell’argomentazione: rigore e critica che dovrebbero essere apprezzati da una mentalità scientifica.
In questo senso abbiamo chiesto a Paolo Blasi, fisico, già Rettore dell’Università di Firenze, di commentare il testo di Benedetto XVI, soffermandosi su alcuni passaggi significativi.
Benedetto XVI parla del verificarsi nella cultura moderna di «uno slittamento da un pensiero prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimentale» e aggiunge che «il desiderio di conoscere la natura si è poi trasformato nella volontà di riprodurla. Questo cambiamento non è stato indolore». E Giovanni Paolo II aveva parlato di «una scienza che procede in modo largamente funzionalistico». Ciò che viene meno è la tensione alla verità. Constata anche lei nel mondo scientifico questa tendenza; e dove maggiormente la vede esprimersi?
Secondo me non c’è dubbio che la scienza, dal momento in cui, attraverso il metodo sperimentale, ha cercato di capire le leggi della natura prescindendo dai principi della filosofia o della teologia, ha potuto avere dei successi notevoli nella conoscenza del mondo naturale e ciò ha portato l’uomo a pensare di risolvere tutti i problemi attraverso la scienza. Questo però è stato tipico della fine dell’Ottocento e degli inizi del Novecento; poi gli scienziati più qualificati hanno rapidamente riconosciuto i limiti della scienza. Cioè la scienza può conoscere ed è impegnata a conoscere il mondo naturale, ma non può andare al di là di questo mondo. I sentimenti o la bellezza sono cose che non si possono ricondurre al metodo sperimentale. Quindi oggi credo di poter dire senza tema di smentita che è acquisita questa consapevolezza dei limiti dei campi di indagine della scienza. Certo, c’è sempre qualcuno che vuole trovare nella scienza tutto, ma sono sempre di meno.
Il Papa vede un valore positivo nella scienza che «penetra nelle profondità del creato», ma sottolinea anche la tentazione della «arroganza di sostituirsi al Creatore». Come fa uno scienziato a tenere viva la prima dimensione senza cadere nella seconda?
È vero che la scienza è un valore, in particolare oggi perché la scienza, la vera scienza dà valore di verità alla realtà. Siamo reduci da un secolo dove le ideologie hanno condizionato le culture e i comportamenti, trascurando la realtà, quindi un ricupero del valore di verità della realtà è molto importante e questo si può ottenere attraverso una diffusione della cultura scientifica. Ma, per quello che ho detto prima, la cultura scientifica non può negare l’esistenza di una realtà – la bellezza, i sentimenti, eccetera – che non è conoscibile tramite la scienza e quindi non può essere limitata solo al mondo naturale. La persona umana è qualcosa di molto più ricco. Ora, come uomo di scienza, la cosa che ha me ha sempre colpito è che la natura è per noi conoscibile e comprensibile e quindi è portatrice di una verità; non siamo noi che rendiamo vera la natura, ma è la natura che ha questa verità ed è comprensibile da noi, cioè è una verità che si coniuga con la nostra ragione. Perché avvenga questo è un mistero. E questo mistero non è certo illuminabile solo attraverso la scienza. Qui ci vuole una ragione aperta alla fede.
Sostituirsi al Creatore è sbagliato in quanto si viola quella che è la dignità della persona umana. La dignità della vita umana e della persona è un valore primario, per cui quando si vanno a toccare i problemi della procreazione, della modifica dello sviluppo della vita umana bisogna stare molto attenti. Peraltro non ho nessun tipo di remora laddove si interviene nel mondo naturale, per esempio per fare delle modifiche di carattere genetico nelle piante, come nel caso dei famosi Ogm. L’importante è assicurarsi che non danneggino l’uomo; questo è il punto fondamentale.
«La scienza non è in grado di elaborare principi etici», anche se c'è già chi parla di neuroetica e non riconosce validità a principi esterni al sapere scientifico. È possibile oggi operare in campo scientifico rispettando fino in fondo la dignità dell'uomo e conservando l'impegno a servirlo responsabilmente?
Ritengo che la scienza non possa arrogarsi il diritto di negare i valori etici esterni. Peraltro l’etica è qualcosa che supera la scienza e lo scienziato deve essere un uomo che ha un’etica, anche nel fare scienza. È vero che non ci debbono essere limiti nelle metodologie scientifiche e negli oggetti che la scienza studia, a meno che, appunto, non si tocchi la dignità della persona umana. Quindi i comportamenti etici sono fondamentali. La sperimentazione non è sempre possibile; la dignità della persona umana è un principio etico che deve essere rispettato. Lo scienziato, quando fa gli esperimenti, deve avare un comportamento etico, nel senso che deve riportare i risultati dell’esperimento, anche se sono difformi da quello che lui si aspetta. C’è, purtroppo, anche in comportamenti degli scienziati, la tentazione di far dire agli esperimenti quello che uno vorrebbe che dicessero; e questo è molto sbagliato.
Parlare di principi etici significa solo invocare più limitazioni, norme più stringenti, oppure il discorso è più ampio e interessante?
Certamente c’è stata la tentazione di non porre limiti, ma i essi ci sono anche nella scienza; basta pesare ai limiti economici e finanziari o ai limiti del consenso. In tutte le sue attività l’uomo deve capire che ci sono dei limiti che nascono dal rispetto degli altri e di se stesso, dalle esigenze sociali e così via. Credo che l’etica debba essere vista in un modo molto ampio, come l’insieme dei principi a cui gli uomini si debbono rifare per dare un senso positivo al loro agire, sia che sia un agire professionale, sportivo e anche scientifico.
GUARDINI/ La forza pionieristica di un grande educatore - Carlo Fedeli - lunedì 20 ottobre 2008 – IlSussidiario.net
Chi era Romano Guardini? La domanda merita di essere nuovamente posta, in queste settimane nelle quali si ha notizia di diverse iniziative a lui dedicate, nel quarantesimo anniversario della morte (Monaco di Baviera, primo ottobre 1968).
Una prima risposta – a prima vista un po’ banale, quasi anagrafica – suona: Guardini è stato un pensatore e un teologo di origine italiana, nato a Verona nel 1885, che ha però trascorso quasi tutta la vita in Germania. Lì, dopo aver compiuto gli studi inferiori, cambia per ben due volte facoltà universitaria e riconosce di essere chiamato al sacerdozio. Si dedica, finalmente con gusto e con passione, alla teologia, e dopo l’ordinazione continua per una decina d’anni gli studi, fino a conseguire, tra difficoltà e resistenze di vario genere, l’abilitazione all’insegnamento accademico. Nel 1923 gli viene conferita una cattedra di Filosofia della religione e visione cattolica del mondo, istituita presso l’Università di Berlino – il più prestigioso, ma anche il più laicista degli atenei tedeschi. Qui insegna, con grande entusiasmo di studenti e ascoltatori, fino al 1939, quando è costretto dal regime nazista a lasciare il ruolo.
Basterebbero già questi tratti per avvertirci che siamo di fronte a una figura eccezionale e a un’opera di grande valore - “pionieristica”, la definì il teologo Von Balthasar, che ebbe modo di frequentare i suoi corsi a Berlino. Ma ci sono ancora un paio di argomenti, che possono accrescere l’interesse per Guardini.
Il primo. Già dalle superiori, poi ancor più in tempo di guerra, Romano sperimenta non soltanto l’ambivalenza, ma anche l’opposizione fra le sue doppie “identità”: quella italiana, d’origine, e quella tedesca, acquisita attraverso la formazione scolastica e culturale. Sarà l’amara e tragica fine del conflitto a fargli intravedere e tracciare, nel comune radicamento di entrambe le identità nella civiltà europea e cristiana, la via per superare ogni antagonismo nazionale, politico e culturale. Europa: compito e destino, così Guardini intitolerà una delle più mature riflessioni su questo tema, che lo accredita come uno dei più alti – e primi, in ordine di tempo – “spiriti europei”, cui guardare per essere all’altezza delle sfide e dei compiti posti oggi dall’integrazione dei popoli e dal dialogo fra le culture.
Il secondo tratto lo suggeriscono i giovani della Rosa Bianca, che leggevano e consideravano i libri di Guardini come una vera e propria robusta “vaccinazione antitotalitaria”.
È la sua grandezza come educatore.
Essa ha lasciato un segno su almeno tre generazioni di giovani, tedeschi e poi europei.
La generazione che lo ha immediatamente conosciuto come insegnante di religione e assistente ecclesiastico a Magonza, la città del suo primo ministero sacerdotale; quella che lo ha poi incontrato nelle aule dell’università e nei vari momenti di raduno del Quickborn, uno dei movimenti di studenti universitari cattolici più vivaci del periodo fra le due guerre; e quella che ha continuato a guardare a lui come a un maestro, saggio e chiaroveggente, nel secondo dopoguerra, quando cominciava a diventar chiaro, a chi voleva veramente vedere le cose, che l’epoca moderna volgeva al termine e che la scienza, la tecnica e la società di massa ponevano l’uomo di fronte a sfide e responsabilità storiche che non potevano più essere affrontate con la fede illuminista e positivista nel progresso e nell’evoluzione naturalmente buona dell’individuo e della società.
Tre generazioni, dunque. La nostra può essere la quarta.
Bibliografia essenziale di Romano Guardini
In Italia le opere di Romano Guardino sono pubblicate dalla Morcelliana di Brescia. Segnaliamo qui di seguito solo alcuni titoli con l’anno della più recente edizione.
La fine dell’epoca moderna. Il potere (1993), L’essenza del Cristianesimo (1993), La realtà della Chiesa (2004), Libertà - Grazia – Destino (2000), Pascal (1992), La visione cattolica del mondo (1994), Tre scritti sull’università (1999).
Sempre e più che mai valida la biografia di Hanna Barbara Gerl, Romano Guardini, La vita e
l’opera, Morcelliana, Brescia 1988.
Il mare di Internet e le reti tristi - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - domenica 19 ottobre 2008 Abitano il mondo: la banda, il muretto, la squadra, la compagnia, il gruppo musicale, la piazzetta, le vasche del corso, la spiaggia, i concerti, il pub, la discoteca, la notte, l'automobile. Ma quando il mondo reale va a pezzi loro estraggono il passaporto di cittadinanza di quello virtuale
Dal blog di don Marco, questa riflessione sulla "rete" su internet e sulla possibilità e il rischio che ogni strumento mette a disposizione, ma come dice il sacerdote internettiano classe 1979: "D'altronde ogni affascinante possibilità nasconde un suadente rischio. Ma non c'è fedeltà senza rischio".
Anche lì ci sono uomini con le reti tristi dopo notti infruttuose di pesca. Come in quel lontano mare di Galilea (Lc 5,1-11). Uomini e giovinezze sempre connesse. Tengono scarpe slacciate, mutandoni in evidenza, jeans a vita bassa. Sempre collegati, quasi a cancellare spazio e tempo. Un ciao sotto casa e poi appuntamento su Msn, distratti dalla vibrazione del cellulare in tasca e con l'Ipod a fare da cuffia impermeabile al mondo. Ragazzi con doppio passaporto. Abitano il mondo: la banda, il muretto, la squadra, la compagnia, il gruppo musicale, la piazzetta, le vasche del corso, la spiaggia, i concerti, il pub, la discoteca, la notte, l'automobile. Ma quando il mondo reale va a pezzi loro estraggono il passaporto di cittadinanza di quello virtuale: la musica, il fumetto e internet.
Il 23 dicembre 1997 Jorn Barger, un appassionato cacciatore americano, apre una pagina personale sul web (sarà il primo blog della storia) per condividere hobby e interessi con gli amici. C'erano una volta i diari imprigionati da lucchetti: segreti, confidenze, memorabilia. Sogni, aneliti, visioni. Oggi, sotto le onde di internet, si sono trasformati in blog. Parole che al nonno sembrano malattie tropicali oggi sono linguaggio criptato in cui la realtà giovanile si muove a meraviglia: MySpace, Live Spaces (siti che hanno dato vita al fenomeno blog), Second Life, social networks. Sono spazi pubblici di confessione, piazze ri-attualizzate degli antichi areopaghi, mercati di virtuali idee e moderne confidenze. Pure la Chiesa ne elogia le potenzialità: «l'interesse della Chiesa per Internet è un aspetto particolare dell'attenzione che essa riserva da sempre ai mezzi di comunicazione sociale. Considerandoli il risultato del processo storico scientifico per mezzo del quale l'umanità avanza "sempre più nella scoperta delle risorse e dei valori racchiusi in tutto quanto il creato"» (Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La chiesa e internet). Dall'America all'Italia il passo è stato breve. Basta imbarcarsi su qualsiasi scialuppa e affrontare l'alto mare di Internet per scoprire la densità di popolazione, la voglia di tenerezza, il bisogno di rapporto che abita li dentro. Dietro un blog - accessibile a tutti o limitati ad una community scelta - c'è sempre una storia, un volto, una mano. L'Ermes Ronchi scrittore, nel suo libro Baci non dati (Paoline 2007) racconta che sull'atrio di sorella morte, Francesco ebbe fame. Di biscotti. Non di biscotti qualsiasi. Di quelli che partoriva donna Iacopa. Odorava di santità, ma aveva fame: di biscotti, di vicinanza, d'affetto. Non dei biscotti, ma della mano che li faceva. Non della mano: ma del cuore che muoveva la mano.
Il santo folle aveva fame di cuore di donna. Da uno spazio virtuale alla mano che muove il mouse. Dalla mano al cuore che fa muovere la mano che sposta il mouse. Il percorso è presto tracciato.
Percorso e relativi segnali di pericolo. Basti un esempio. Second Life è un mondo oggi abitato da 400.000 utenti di tutto il pianeta (secondo il sito donboscoland.it sono 9 milioni se si comprendono anche quelli inattivi). Iscriversi è semplice: a maggiore età avvenuta è gratis. All'interno si può costruire e vendere oggetti, comprare aree di terreno e condurre una "seconda vita" in cui cercare quella che la prima va negando. Gli incontri sono reali scambi tra esser umani. Un po' come succede quando è il crepuscolo a impadronirsi della giornata. C'è un mondo che sceglie orari strani per vivere. Di notte s'abbandona la formalità del giorno, la compostezza sociale, il vestito stirato, il comportamento ineccepibile. Si è liberi la notte: si fanno cose il giorno non concede. Certe città sono gemellate con la notte. Liberano da tutto, sciolgono responsabilità, convinzioni e propositi, gonfiano la trepidazione, azzannano l'immaginazione. Spingono tremendamente sull'acceleratore! Un commento a proposito della notte: "chiamatela come volete, per me può essere anche la parte perversa. Magari scambiarsi lo stesso ragazzo. Ma viene una cosa naturale perché sei talmente calata nell'ambiente, sei talmente coinvolta che andare in giro in mutande è una cosa normale. Certo è esibizionismo" (C. Fiore, Etica per giovani. Appunti e spunti per un'educazione morale, 138-141). D'altronde ogni affascinante possibilità nasconde un suadente rischio. Ma non c'è fedeltà senza rischio.