Nella rassegna stampa di oggi:
1) Il budget del ricoverato, eutanasia mascherata - Il presidente di “Cristiani per servire” rivendica i diritti dei malati e dei disabili - di Antonio Gaspari
2) Bussate e vi sarà aperto. Purché secondo tradizione - Annunciato l'ingresso nella Chiesa cattolica di diocesi e parrocchie anglicane antimoderniste. L'ecumenismo di papa Ratzinger appare sempre più nutrito dalla fedeltà alla tradizione. È così con i lefebvriani. E più ancora con le Chiese ortodosse d'oriente - di Sandro Magister
3) martedì 20 ottobre 2009 - L'idea cristiana d'Europa - Autore: Oliosi,Don Gino Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it
4) La sfida di Benedetto XVI e GP II - Francesco Botturi mercoledì 21 ottobre 2009 – ilsussidiario.net
5) SCUOLA/ 1. Mons. Negri: l'ora di religione non è un privilegio della Chiesa, ma una proposta culturale - Gabriele Mangiarotti, Luigi Negri mercoledì 21 ottobre 2009 - La questione dell’ora di religione nella scuola dello Stato sta diventando argomento di interesse e a volte alcuni interventi generano un po’ di confusione.
6) OMOSESSUALITÀ , OMOFOBIA E UMANITÀ - Cancellare e creare parole non rimuove la verità - FRANCESCO D’A GOSTINO – Avvenire, 21 ottobre 2009
7) Livorno «strappa» sul biotestamento - La diocesi: «Atto inutile e deludente che non rispetta i più deboli» - DA LIVORNO CHIARA D OMENICI – Avvenire, 21 ottobre 2009
8) l’esperto Sopravvissuto alla scarica da 15mila volt «Un fatto scientificamente inspiegabile» - Avvenire, 21 ottobre 2009
Il budget del ricoverato, eutanasia mascherata - Il presidente di “Cristiani per servire” rivendica i diritti dei malati e dei disabili - di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 20 ottobre 2009 (ZENIT.org).- “Il budget del ricoverato è eutanasia mascherata!”. E’ quanto sostiene Franco Previte, presidente dell’associazione “Cristiani per servire”.
Intervistato da ZENIT Previte ha spiegato che mentre è in itinere l’iter parlamentare per la legge sul “fine vita”, pare che si vada uniformando, anche nel campo della disabilità, il “budget del ricoverato”, vale a dire che superato l’intervento finanziario predisposto dal Servizio Sanitario Nazionale il paziente, in qualsiasi condizione di salute si trova, viene dimesso dalla struttura ospedaliera, ancor più grave se agonizzante, in fase terminale ed in età avanzata.
Secondo il presidente di Cristiani per servire se le politiche contro la natalità, così come la manipolazione genetica e quel “budget del ricoverato” sono in fase di approvazione e di esecuzione, ci troviamo di fronte ad una congiura che nega il diritto alla vita e alla cura e che punta all’eliminazione dei deboli, dei poveri, degli anziani, dei malati e dei disabili.
Per evitare una tale deriva che segnerebbe l’imbarbarimento e la fine della nostra civiltà, l’associazione Cristiani per servire ha scritto un urgentissimo appello ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati per respingere il “budget del ricoverato” e promuovere politiche di sostegno alla vita con particolare attenzione agli anziani, ai malati e ai disabili.
“Riteniamo doveroso, essenziale, improcrastinabile – ha sottolineato Previte – che il Servizio Sanitario Nazionale e il Ministro della Salute si uniformino al dovere di garantire a qualunque persona, specie quella diversamente abile, il diritto alle cure mediche, alla nutrizione ed all’idratazione come predisposto dall’art. 25 lettera f della ‘Convenzione per i diritti delle persone con disabilità’”.
“Per la eventuale disparità di trattamento – ha aggiunto – questo non è configurabile con la Costituzione Italiana, fra gli altri, con l’art. 3 che garantisce 'pari dignità sociale e di condizioni personali'”.
“Siamo per la vita, dono del Creatore”, ha sostenuto il presidente di Cristiani per servire, precisando che “il budget del ricoverato è contro i Trattati Internazionali e la Costituzione Europea in cui si ribadisce che l’individuo è persona, un essere umano a qualunque età e condizione esso si trovi”.
“Si ribadisca – ha concluso Previte – il diritto inalienabile alla vita di ogni paziente disabile, 'budget o non budget del ricoverato!'”.
Bussate e vi sarà aperto. Purché secondo tradizione - Annunciato l'ingresso nella Chiesa cattolica di diocesi e parrocchie anglicane antimoderniste. L'ecumenismo di papa Ratzinger appare sempre più nutrito dalla fedeltà alla tradizione. È così con i lefebvriani. E più ancora con le Chiese ortodosse d'oriente - di Sandro Magister
ROMA, 20 ottobre 2009 – Fino a ieri passavano alla Chiesa cattolica uno alla volta, i preti e vescovi della Comunione anglicana che si sentivano più d'accordo col papa di Roma che con le derive "moderniste" dell'anglicanesimo.
Negli Stati Uniti, per regolare tali passaggi, dal 1980 era in vigore una "Pastoral Provision" scritta dalla congregazione per la dottrina della fede e approvata da Giovanni Paolo II. Grazie ad essa sono passati alla Chiesa cattolica circa ottanta preti anglicani, quasi tutti con moglie e figli. E due anni fa anche un vescovo, Jeffrey Steenson, accolto con una cerimonia celebrata nella basilica romana di Santa Maria Maggiore. Steenson, 57 anni, sposato con tre figli, è stato ordinato sacerdote e incardinato nella diocesi di Santa Fe, dove insegna patrologia in seminario.
A questi preti e vescovi hanno fatto seguito anche gruppi di fedeli, per loro decisione spontanea. L'unico caso di passaggio in blocco di un'intera diocesi anglicana alla Chiesa cattolica è stato finora quello di Amritsar, nel Punjab indiano. Si è verificato nel 1975.
Da oggi in avanti, però, le migrazioni collettive dall'anglicanesimo al cattolicesimo saranno un fatto non più eccezionale ma normale, grazie alla costituzione apostolica che Benedetto XVI si appresta a pubblicare.
La costituzione papale è ancora in fase di messa a punto. Sarà pubblicata forse tra due settimane. Ma il suo annuncio è già stato dato in forma solenne la mattina del 20 ottobre, in due conferenze stampa contemporanee: una a Roma, con il cardinale William Levada, prefetto della congregazione per dottrina della fede, e una a Londra, con il primate della Chiesa cattolica d'Inghilterra e del Galles, Vincent G. Nichols, e con il primate della Comunione anglicana, Rowan Williams (nella foto col predecessore di Nichols, Cormac Murphy-O'Connor).
A Londra i due arcivescovi, cattolico e anglicano, hanno anche emesso una dichiarazione congiunta. Altro elemento di indubbia novità.
Di solito, infatti, quando qualcuno abbandona una confessione cristiana e ne abbraccia un'altra, se ne va sbattendo la porta.
Questa volta, invece, è come se il passaggio sia benedetto di comune accordo dalle due parti.
Una sintonia che fa pensare a quanto sarebbe oggi vicina la riconciliazione tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana se solo in quest'ultima non avesse avuto il via libera l'ordinazione al sacerdozio e all'episcopato di donne e di omosessuali conviventi, con le conseguenti drammatiche divisioni tra chi è d'accordo e chi no.
Una volta pubblicata la costituzione apostolica, le parrocchie e le diocesi anglicane che in questi ultimi anni hanno bussato a Roma per essere accolte nella Chiesa cattolica – dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti, dall'Australia, dal Sudafrica e da altri paesi – potranno farlo nelle modalità indicate nella stessa costituzione. I sacerdoti e i vescovi sposati, ricevuto l'ordine sacro, potranno riprendere a esercitare il sacerdozio, come già avviene per i sacerdoti sposati dei riti orientali, anche cattolici. Le loro comunità faranno capo a "ordinariati personali" retti da vescovi non sposati ma celibi, anche qui in linea con la prassi costante delle Chiese cattoliche e ortodosse. Per le liturgie continuerà a valere il rituale anglicano, peraltro già molto simile a quello cattolico.
Si calcola che in lista di attesa vi siano circa quaranta vescovi e un centinaio di preti, con le rispettive comunità. Metro di misura della conversione sarà l'accettazione del primato del papa e la condivisione della dottrina espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
In ogni caso, le comunità pronte a passare alla Chiesa cattolica fanno parte dell'ala "tradizionalista" della Comunione anglicana.
Così come tradizionaliste sono le comunità scismatiche lefebvriane con le quali Benedetto XVI sta intensificando gli sforzi perché rientrino nell'obbedienza di Roma.
E come attaccate alla grande tradizione sono le Chiese ortodosse con cui l'incontro appare più fruttuoso, con l'attuale pontefice. Dal 16 al 23 ottobre è in corso a Cipro il secondo round – il primo è stato a Ravenna nel 2007 – del dialogo tra cattolici ed ortodossi sulla questione del primato del papa, alla luce di come fu vissuto nel primo millennio.
Oggi più che mai, con Joseph Ratzinger papa, il cammino ecumenico appare non una rincorsa alla modernità, ma un ritrovarsi sul terreno della tradizione.
martedì 20 ottobre 2009 - L'idea cristiana d'Europa - Autore: Oliosi,Don Gino Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it
L’ispirazione decisamente cristiana dei Padri fondatori dell’Unione Europea
«Lei, signor Ambasciatore (Il Signor Yves Gazzo, Capo della Delegazione della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede), ha appena definito l’Unione Europea come “un’area di pace e di stabilità che riunisce ventisette Stati con gli stessi valori fondamentali”. E’ una felice definizione. E’ tuttavia giusto osservare che l’Unione Europea non si è dotata di questi valori, ma che sono stati piuttosto questi valori condivisi a farla nascere e a essere la forza di gravità che ha attirato verso il nucleo dei Paesi fondatori le diverse nazioni che hanno successivamente aderito ad essa, nel corso del tempo. Questi valori sono il frutto di una lunga e tortuosa storia nella quale, nessuno lo può negare, il cristianesimo ha svolto un ruolo di primo piano. La pari dignità di tutti gli esseri umani, la libertà d’atto di fede alla radice di tutte le altre libertà civili, la pace come elemento decisivo del bene comune, lo sviluppo umano – intellettuale, sociale ed economico – in quanto vocazione divina (Caritas in veritate, nn. 16 – 19) e il senso della storia che ne deriva, sono altrettanti elementi centrali della Rivelazione cristiana che continuano a modellare la civiltà europea.
Quando la Chiesa ricorda le radici cristiane dell’Europa, non è alla ricerca di uno statuto privilegiato per se stessa. Essa vuole fare opera di memoria storica ricordando in primo luogo una verità – sempre più passata sotto silenzio – ossia l’ispirazione decisamente cristiana dei Padri Fondatori dell’Unione Europea. A livello più profondo, essa desidera mostrare anche che la base dei valori proviene soprattutto dall’eredità cristiana che continua ancora oggi ad alimentarla.
Questi valori comuni non costituiscono un aggregato anarchico o aleatorio, ma formano un insieme coerente che si ordina e si articola, storicamente, a partire da una visione antropologica precisa. Può l’Europa omettere il principio organico originale di questi valori che hanno rivelato all’uomo allo stesso tempo la sua eminente dignità e il fatto che la sua vocazione personale lo apre a tutti gli uomini con i quali è chiamato a costituire una sola famiglia? Lasciarsi andare a questo oblio, non significa esporsi al rischio di vedere questi grandi e bei valori entrare in concorrenza o in conflitto gli uni e gli altri? O ancora, questi valori non rischiano di essere strumentalizzati da individui e da gruppi di pressione desiderosi di far valere interessi particolari a detrimento di un progetto collettivo ambizioso – che gli europei attendono – che si preoccupi del bene comune degli abitanti del Continente e del mondo intero? Questo rischio è già recepito e denunciato da numerosi osservatori che appartengono a orizzonti diversi. E’ importante che l’Europa non permetta che il suo modello di civiltà si sfaldi, pezzo dopo pezzo. Il suo slancio originale non deve essere soffocato dall’individualismo e dall’utilitarismo» [Benedetto XVI, Al Capo della delegazione della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede, 19 ottobre 2009].
Benedetto XVI ha affermato che le risorse intellettuali, culturali ed economiche del continente continueranno a recare frutto se continueranno ad essere fecondate dalla visione trascendente di ogni persona umana (da dove viene? Dove è destinata?) che costituisce il tesoro più prezioso dell’eredità europea. Questa tradizione umanista, nella quale si riconoscono tante famiglie dal pensiero a volte molto diverso, rende l’Europa capace di affrontare le sfide di domani e di rispondere alle attese della popolazione. Si tratta principalmente
- della ricerca del giusto e delicato equilibrio fra efficienza economica e le esigenze sociali,
- della salvaguardia dell’ambiente
- e soprattutto dell’indispensabile e necessario sostegno alla vita umana dal concepimento fino alla morte naturale,
- alla famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna.
L’Europa sarà realmente se stessa solo se saprà conservare l’originalità che ha fatto la sua grandezza e che è in grado di fare di essa, nel futuro, uno degli attori principali nella promozione dello sviluppo integrale delle persone, che la Chiesa cattolica considera come l’unica via in grado di porre rimedio agli squilibri presenti nel nostro mondo provocati dalla riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Non è difficile vedere come questo tipo di cultura rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità, anzi un capovolgimento della stessa cultura moderna, che era una rivendicazione della centralità dell’uomo e della sua libertà: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e la direzione della nostra vita. Perciò questa cultura è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza.
USA/ Albacete: perchè la famiglia nel pallone interessa più della realtà? - Lorenzo Albacete mercoledì 21 ottobre 2009 – ilsussidiario.net
Non vi è dubbio che, questa settimana, la notizia che più ha attratto l’attenzione e l’interesse del pubblico non è stata la guerra in Afghanistan/Pakistan, né il dibattito sulla riforma sanitaria, né il carattere del presidente Obama. È stata invece la saga della famiglia Heene, soprattutto di Richard, il padre, e di suo figlio Falcon, sei anni.
A metà pomeriggio dello scorso giovedì, i notiziari via cavo e le maggiori emittenti televisive hanno interrotto i programmi per parlare di un incidente che minacciava di diventare una terribile tragedia: Richard Heene annunciava che il figlio Falcon, di sei anni, era salito a bordo di un pallone aerostatico di fabbricazione casalinga che si era poi staccato dal suolo. Il pallone si stava allontanando velocemente dalla loro casa di Fort Collins in Colorado e, dopo essere salito a più di 1500 metri, stava scendendo lentamente verso terra, sorvolando alberi, campi e case.
Secondo il signor Heene e sua moglie Mayumi, testimone di tutto questo era stato il fratello di Falcon, Bradford, che lo aveva raccontato ai genitori. Chi stava guardando la TV vedeva un pallone argenteo (più simile a un Ufo che a un pallone a elio) che si muoveva veloce nel cielo e si chiedeva se Falcon sarebbe sopravissuto all’atterraggio.
Fin dall’inizio, tuttavia, si è notato qualcosa di strano nel comportamento di Heene. Avvertito dell’incidente, invece di chiamare il 911, il numero per le emergenze, Richard ha telefonato alla stazione televisiva locale, chiedendo di mandare il loro elicottero a seguire il pallone, e poi ha chiamato la FAA (l’autorità che sovrintende alla navigazione aerea) per segnalare la necessità di monitorare i decolli e gli atterraggi all’aeroporto internazionale di Denver, al fine di evitare collisioni tra gli aerei e il pallone.
Solo a questo punto sua moglie, in preda al panico, ha chiamato il 911. La risposta delle autorità federali, dello stato e della contea è stata massiccia, includendo anche aerei equipaggiati per la visione notturna. Tutto il paese ha seguito il dramma in TV con grande attenzione e preghiere per la salvezza di Falcon.
Quando finalmente il pallone è atterrato, i soccorritori hanno constatato con stupore che non vi era nessuno al suo interno. A questo punto i telespettatori sono stati presi da una paura ancor più forte: forse Falcon era caduto dal pallone durante il volo. Si è cominciato a discutere di tutta una serie di ipotesi, compresa la possibilità che fosse riuscito a scendere dal pallone prima dell’atterraggio e si stesse nascondendo per la paura di tornare a casa e affrontare l’ira del padre. Le altre possibilità erano troppo spaventose per essere contemplate.
Finalmente, dopo ore di angoscia nazionale, Falcon è stato trovato nascosto in una soffitta sopra il garage di casa. Con questo finisce il Primo atto della storia. Il Secondo atto, ancora in corso, è la parte bizzarra. Mentre stavano guardando la prima conferenza stampa concessa da Heene a CNN, le autorità locali e gli attoniti spettatori, incluso il famoso giornalista della CNN Wolf Blitzer, che stava ponendo delle domande, hanno sentito Falcon che diceva di essersi nascosto perché faceva parte dello “spettacolo” messo in piedi dai suoi genitori.
E sembra proprio che questa sia la realtà, come ha annunciato lo sceriffo della contea in cui vive la famiglia Heene. L’intero incidente sembra essere una montatura dei signori Heene (che si sono incontrati mentre studiavano recitazione) per fare impressione sui produttori di “Reality Show”, immensamente popolari tra i telespettatori americani.
La stessa conferenza stampa dello sceriffo, comunque, sembrava parte dello show imbastito da Richard Heene, e lo sceriffo si è goduto ogni secondo di notorietà, ostentando allegria, cercando di fare battute spiritose e in slang. Di fronte a un reato che era stato commesso, cercava ancora un nome appropriato per definirlo, invitando gli inquirenti statali e federali a fare lo stesso, per far pagare agli Heene il loro riuscito scherzo.
È stato poi chiesto alle autorità statali preposte alla “protezione dell’infanzia” di accertare se Falcon e i suoi fratelli dovessero in qualche modo essere separati dai loro genitori, mentre i giornalisti si sono lanciati in un frenetico esame di coscienza: come abbiamo fatto a farci ingannare così facilmente? La risposta è semplice: quando l’amore e il rispetto per la verità sono abbandonati, le notizie in TV, e la vita stessa, diventano solo un altro “reality show”.
La sfida di Benedetto XVI e GP II - Francesco Botturi mercoledì 21 ottobre 2009 – ilsussidiario.net
L’idea di un “progetto culturale” da parte della Conferenza Episcopale Italiana matura in corrispondenza con il venir meno dell’unità politica dei cattolici nel nostro Paese (un’idea enunciata nel 1994, che diventa ufficialmente una iniziativa stabile nel 1997).
Una concomitanza significativa, non di un intendimento politico del “progetto” stesso, ma di un approfondimento della coscienza ecclesiale italiana, consapevole del bisogno di rinsaldare un vincolo di unità nel momento in cui la sua tradizionale rappresentanza politica veniva meno. La definitiva conclusione dell’età del collateralismo politico (cattolicesimo-Democrazia cristiana) rendeva avvertiti che la sua ragione storica - una certa unità organizzata della presenza pubblica del cattolicesimo italiano - andava riformulata su un altro piano.
Nel frattempo il pontificato di Giovanni Paolo II, con la sua insistenza sull’articolazione della fede e della cultura (una fede che non diventa cultura non è una fede matura, davvero pensata e davvero vissuta) contrastava la duplice deriva dell’integralismo e dello spiritualismo e richiamava all’urgenza storica di una testimonianza cristiana, capace di dare ragione di sé e di essere propositiva ad ogni livello (ricordiamo l’insistenza del magistero di Giovanni Paolo II sui grandi temi della cultura, della famiglia, del lavoro, della Nazione).
La questione centrale era chiara fin dall’inizio ed era quella “antropologica”, come luogo problematico e fuoco di interesse in cui convergevano i molti indizi di crisi dell’esperienza dell’umano nel nostro tempo, dai temi della secolarizzazione a quelli della bioetica, da quelli della famiglia e dell’educazione, a quelli della tecnica e del lavoro. Era sempre più evidente la necessità di ricongiungere ogni problematica settoriale a un centro, l’uomo, la sua identità, la sua dignità, il suo destino, così come solo la fede è in grado di proporre nel contesto incerto della cultura postmoderna.
La Segreteria del Progetto culturale, oltre a promuovere molte iniziative di area (ricerca filosofica, storica, letteraria, artistica, scientifica, della comunicazione, ecc.), ha svolto un inedito compito di sostegno e di coordinamento delle iniziative cattoliche esistenti, sparse sul territorio nazionale (a partire dai Centri culturali).
Di particolare rilievo la promozione del Forum nazionale, cha ha raccolto per nove volte a partire dal 1997 circa duecento intellettuali cattolici impegnandoli in una discussione di temi di grande attualità (fede e libertà; Europa; corpo, affetti e lavoro; rapporto tra le generazioni; 40 anni dal Concilio; educazione; ecc.): gesto di non poco valore, se si pensa alla condizione di dispersione e talvolta di estraneità tra le componenti intellettuali del mondo cattolico stesso, che nel Forum ha avuto invece un’occasione di dialogo e di confronto, di conoscenza personale e di solidarietà operativa, la cui positività non è possibile mettere in dubbio.
Dal 2008 è stato costituito un Comitato del Progetto culturale, che sotto la direzione del card. Ruini ha preso l’impegno di una duplice iniziativa annuale, con l’obiettivo di proporre temi ed elaborazioni con cui interpellare la cultura del Paese. Un primo esito sono il volume, non convenzionale, sulla Sfida educativa (Laterza 2009) e un ampio evento su Dio oggi (Roma, 10-12 dicembre 2009).
È attuale tutto ciò? Le ragioni che hanno mosso il Progetto al suo inizio non sembrano aver perso mordente. Piuttosto, sono ulteriormente drammatizzate, da una parte, dall’acuirsi della crisi antropologica sempre più globale, segnata da una “scomposizione dell’esperienza” tipica di un contesto culturale secolarizzato e nichilista; dall’altra, dalla non facile coesione e collaborazione interna al mondo cattolico di fronte alle attuali sfide culturali (biopolitica, educazione, immigrazione, ecc.).
Per questo l’attualità del Progetto culturale è affidata probabilmente a una rinnovata capacità di conciliare il coraggio di una certa radicalità di giudizio con l’energia di un confronto impegnato e impegnativo con le plurime voci del cattolicesimo italiano.
SCUOLA/ 1. Mons. Negri: l'ora di religione non è un privilegio della Chiesa, ma una proposta culturale - Gabriele Mangiarotti, Luigi Negri mercoledì 21 ottobre 2009 - La questione dell’ora di religione nella scuola dello Stato sta diventando argomento di interesse e a volte alcuni interventi generano un po’ di confusione.
Innanzitutto chiariamo la ragione per cui si insegna religione cattolica nella scuola dello stato in Italia. Si legge nel Concordato così: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento.
All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione» [Legge n. 121 del 25 marzo 1985, Art. 9.2].
In questo modo si riconosce la valenza culturale dell’insegnamento, e si esclude che possa considerarsi una forma di catechismo, oppure di un privilegio concesso alla Chiesa Cattolica e negato ad altre fedi. Lo Stato prevede che, nel caso non ci si voglia, per qualsiasi ragione, avvalere di tale insegnamento, si possa chiedere che ci sia un’attività alternativa, da svolgersi in concomitanza a tale insegnamento, e predisposta dal Collegio Docenti, su richiesta dei genitori degli alunni (o degli alunni stessi, ove maggiorenni). La presenza di tale attività alternativa fa sì che l’IRC mantenga la sua caratteristica di insegnamento da svolgersi «nel quadro delle finalità della scuola», mentre sollecita una responsabilità reale delle famiglie nei confronti della scuola stessa. Siamo certamente preoccupati nei confronti della cosiddetta «ora del nulla», che si realizza quando la scuola non fornisce affatto possibilità reali di studio serio e motivato, ma non riteniamo che la legge attuale preveda – almeno stando a quanto si legge nelle norme – una qualsiasi forma di «ora» alternativa, cioè di materia curricolare di altra religione.
Certamente sarebbe buona cosa che chi vuole usare del tempo scolastico per approfondire in particolare i contenuti della religione islamica, non nella forma di una supplenza a un insegnamento religioso in forma di catechesi, ma di consapevolezza dei contenuti culturali di tale religione lo possa fare, rendendo la scuola più flessibile ai bisogni degli alunni e delle famiglie.
Una scuola che si fa padrona degli alunni e si fa educatrice dei contenuti religiosi propri ci sembra più un retaggio dell’Ottocento che una scuola moderna e aperta ai valori della civiltà di oggi e democratica in senso sostanziale.
La polemica estiva sui crediti scolastici, ecc… ha creato una mentalità che relega l’IRC ad essere un privilegio concesso alla Chiesa Cattolica, con l’aggravante che questo non è concesso ad altri soggetti e ad altre religioni. Ma tale discussione non ha certo giovato alla scuola nel suo insieme, perché ha contribuito a mantenere nella mentalità comune l’impressione che la religione sia un fatto sostanzialmente non rilevante per la cultura.
Vogliamo allora fare nostra l’indicazione di Benedetto XVI agli Insegnanti di Religione il 25 aprile 2009: «Il vostro servizio, cari amici, si colloca proprio in questo fondamentale crocevia, nel quale – senza improprie invasioni o confusione di ruoli – si incontrano l’universale tensione verso la verità e la bimillenaria testimonianza offerta dai credenti nella luce della fede, le straordinarie vette di conoscenza e di arte guadagnate dallo spirito umano e la fecondità del messaggio cristiano che così profondamente innerva la cultura e la vita del popolo italiano. Con la piena e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento, voi contribuite, da una parte, a dare un’anima alla scuola e, dall’altra, ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione e della cultura in generale. Grazie all’insegnamento della religione cattolica, dunque, la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro».
OMOSESSUALITÀ , OMOFOBIA E UMANITÀ - Cancellare e creare parole non rimuove la verità - FRANCESCO D’A GOSTINO – Avvenire, 21 ottobre 2009
M i piacciono, e non poco, Gianna Nannini e la sua musica. Non mi convince affatto, invece, il Gianna Nannini- pensiero. Come artista ' impegnata', Gianna si ritiene legittimata a dire la sua sull’amore e la sessualità. Non è certo il suo ' impegno' che fa problema, ma la sua capacità di cogliere davvero la specificità dei problemi. Non c’è dubbio che il film ' Viola di mare', che si incentra tutto sul tema dell’omosessualità, e di quella femminile in particolare, sia stato pensato da Donatella Maiorca, regista, e da Gianna Nannini, autrice della colonna sonora, come un’opera che dovrebbe mordere nella realtà concreta di oggi, un appassionato contributo alla causa della liberazione da secolari pregiudizi e tabù ormai intollerabili. « Io quella parola la cancellerei dal vocabolario » , dice la Nannini, commentando il film. La parola è « omosessualità » . E continua: « Se è amore, è amore e basta; non c’entrano i sessi, non puoi fare distinzioni, questo sì, questo no » . La giornalista che raccoglie e dà tanta evidenza a questa opinione, Natalia Aspesi, non esita a calarla nella « fosca realtà italiana del 2009 » , in cui il Parlamento ha bocciato la legge che doveva condannare l’omofobia e « il Vaticano continua a occuparsi più di sesso che di spirito » ( dalla ' Repubblica' del 17 ottobre).
Credo che molti condivideranno l’opinione di Gianna Nannini, nella densa formulazione « l’amore è amore e basta » . La condivideranno, purtroppo, come illuminante. Invece è esattamente il contrario. Poche parole, infatti, sono oscure e ambigue come « amore » , pur nella sua apparente, estrema semplicità. Amore ha sempre bisogno di essere aggettivato. Parliamo di amori adolescenziali e senili, felici e disperati, passionali e cerebrali, sadici e masochistici, mistici e carnali, tristi e gioiosi, dolcissimi e violenti, materni e filiali, fraterni e sororali. Sono amore ( almeno etimologicamente) anche la bibliofilia e tutte le diverse forme di attaccamento passionale alle cose. E sono forme di amore tutte le parafilie, dalla zoofilia alla dendrofilia. È amore la necrofilia ed è amore la pedofilia. Sono amore il narcisismo e il feticismo. Così come, naturalmente, è amore anche l’omofilia ( in tal modo faccio contenta la Nannini e non uso la parola « omosessualità » ).
Insomma, la realtà dell’amore umano è talmente complessa e intricata, che è come minimo molto ingenuo sperare di sbarazzarsene con una battuta, sostenendo che con essa « i sessi non c’entrano » . Tutto, letteralmente tutto quello che concerne l’uomo, ha a che fare con la sua identità sessuale e con l’amore, nelle mille forme, a volte sublimi, a volte perverse, che esso è in grado di assumere. Il sempre più frequente tentativo, ben esemplificato dalla battuta di Gianna Nannini, di sottrarre l’amore ai condizionamenti dell’esistenza è solo uno dei tanti segni della crisi antropologica del nostro tempo, che si nutre di illusioni contrapposte: si vuole ' liberare' l’uomo, da una parte cancellando dal vocabolario una parola ( come appunto « omosessualità » ), dall’altra introducendo nel diritto penale un’altra ( come « omofobia » ). Sia chiaro a tutti ( è ormai indispensabile dover ripetere simili avvertimenti): non intendo affatto banalizzare o sminuire la gravità delle violenze contro gli omosessuali: sono degne di una repressione, anche penale, ferma e decisa, accompagnata ovviamente da un’adeguata pedagogia individuale e sociale contro questa e qualsiasi altra forma di discriminazione. Ma non ci si illuda: l’impegno contro queste, così come contro qualsiasi altra forma di violenza brutale e crudele, non passa attraverso la rimozione di una seria riflessione antropologica sull’amore e delle tante contraddizioni e delle tante forme di disordine con cui la sessualità si manifesta dentro e fuori di noi.
Non è ironizzando sul Vaticano ( che si occuperebbe di sesso più che di spirito!), non è desessualizzando l’amore o desessualizzando l’identità maschile e femminile ( fornendo in cambio confuse teorizzazioni in merito a una pretesa identità di « genere » ) che aiuteremo le persone a essere se stesse. La verità non va rimossa, anche quando ci appare enigmatica e fonte di sofferenze: siamo indissolubilmente sesso e spirito, e possiamo ammalarci nell’anima così come nella carne, che può ben essere anche essa, come diceva Mallarmé, « triste » , tanto quanto lo spirito. Riflettiamo seriamente su noi stessi: le fughe nel vuoto del pensiero non servono a nulla e non aiutano nessuno.
Livorno «strappa» sul biotestamento - La diocesi: «Atto inutile e deludente che non rispetta i più deboli» - DA LIVORNO CHIARA D OMENICI – Avvenire, 21 ottobre 2009
« U n atto inutile e deludente», che non è di competenza degli enti locali, che non rispetta i diritti dei più deboli, discusso e Livorno: il Palazzo Comunale del XVIII secolo, restaurato nel Dopoguerra
approvato senza il coinvolgimento della città.
È dura e decisa la reazione della Curia di Livorno dopo l’approvazione da parte del consiglio comunale del registro dei testamenti biologici avvenuta l’altro ieri in tarda notte. Sulla scia di Pisa e Firenze, la mozione, proposta nel luglio scorso dall’Italia dei Valori, è giunta in sala consiliare sottoscritta anche dagli esponenti del Pd che l’hanno votata compatti, insieme ai consiglieri di «Città diversa», di Rifondazione Comunista e della lista «Confronto», mentre il gruppo del Pdl abbandonava l’aula. Si tratta di un atto privo di utilità giuridica – si legge nella nota diffusa dalla Curia vescovile - «la cui materia rientra nella esclusiva competenza del legislatore nazionale». Nel testo della mozione viene inoltre usata impropriamente l’espressione «testamento biologico», equiparata a definizioni come «testamento di vita o dichiarazione anticipata di trattamento o direttive anticipate o volontà previe di trattamento » e si dà legittimazione alla cosiddetta «eutanasia passiva», travisando i veri significati di questi termini e lasciando spazio a fin troppo libere interpretazioni.
«Suscita inoltre perplessità – continua il comunicato - la qualifica del “fiduciario” (che il firmatario del testamento è invitato a nominare quale esecutore delle sue volontà ndr) quale “soggetto chiamato ad intervenire sulle decisioni riguardanti i trattamenti sanitari”: non risulta infatti chiaro cosa significhi “intervenire” e in particolare quale efficacia e limiti possa avere tale intervento, né se l’espressione “sulle decisioni” si riferisca alle decisioni precedentemente espresse dal paziente o nell’attualità della terapia dal medico. In ambedue le ipotesi – osserva ancora la Curia – verrebbe pericolosamente enfatizzato il ruolo decisorio di un soggetto diverso dal paziente e dal medico».
La diocesi teme che alcune dichiarazioni di trattamento terapeutico potrebbero essere fonte di pressioni psicologiche su malati e anziani da parte di familiari o affini senza scrupoli e che quelle dichiarazioni “volontarie” vengano strumentalizzate per secondi fini.
Nonostante l’approvazione di ieri l’istituzione del registro non sarà immediatamente esecutiva, ma la condanna della Chiesa è perentoria: «La Curia livornese – prosegue la nota – esprime disapprovazione per il testo e per l’inutile lavoro del Consiglio comunale e manifesta il proprio biasimo per i cattolici impegnati in politica che si siano fatti promotori e sottoscrittori di un simile atto, senza fra l’altro aver sentito neanche il bisogno di confrontarsi precedentemente e per tempo, con la comunità cristiana. Non tutto è lecito alla mediazione politica, vi sono valori non negoziabili dove è richiesta una limpida testimonianza cristiana». Oltretutto in un tempo in cui la diocesi, attraverso il Progetto culturale ed in particolare il Tavolo dell’Oggettività (luogo di incontro tra il vescovo Simone Giusti ed i primari dell’ospedale di Livorno) sta riflettendo proprio sui temi della vita». E ancora: «Nonostante questo atto – conclude il documento – la diocesi continuerà a dialogare con tutta la città e con tutte le correnti di pensiero in essa presenti; dispiace constatare la mancanza di reciprocità: poteva essere questa una grande occasione di dialogo e di apertura di una nuova stagione civile, dove sulle grandi questioni antropologiche e etiche si preferiva la pazienza della riflessione comune alla solitudine dell’ideologia e del calcolo di parte».
l’esperto Sopravvissuto alla scarica da 15mila volt «Un fatto scientificamente inspiegabile» - Avvenire, 21 ottobre 2009 - Paolo Lambruschi
Incredibile parlare di miracoli in una facoltà di Ingegneria. Dove insegnano che un fenomeno, anche il più strano, se ripetibile, è scientificamente spiegabile. Ripetibile è la parola chiave nella vicenda miracolosa che ha portato don Gnocchi sugli altari. All’Università di Roma, dietro la Stazione Termini, insegna uno dei massimi esperti italiani di corrente elettrica, l’ingegner Giuseppe Parise. Spesso chiamato come perito in cause di incidenti sul lavoro, ha esaminato lui il caso di Sperandio Aldeni, l’uomo sopravvissuto a una scarica di 15mila volt invocando don Carlo.
« Aldeni – racconta Parise – classe 1934, sposato e padre di tre figli elettricista, ex alpino, volontario al Centro Don Gnocchi di Inverigo, doveva morire il 17 agosto 1979. Su questo non ho scientificamente dubbi » . Quel pomeriggio, attorno alle 16, era al lavoro nella cabina elettrica di trasformazione vicino allo stabilimento della Wosa Cec ad Orsenigo, in quel di Lecco. Doveva collegare l’interruttore primario alla linea in arrivo dall’Enel a 15 mila volt. Chiese al direttore della commessa di levare la corrente. Quando sentì dire che era tutto a posto, tolse la barriera di protezione della linea in tensione e prese un tondino di rame per collegarlo al gancio di sostegno ». Pausa. Parise sorride bonario.
«Non elenco le regole di sicurezza infrante dal nostro, ma gli incidenti mortali spesso capitano per una banale disattenzione. Morale: la corrente non era stata disattivata. E lui, in piedi su un armadio di lamiera, che conteneva l’interruttore da 15mila volt, ad un paio di metri da terra in un ambiente che misurava tre metri per quattro, all’improvviso a una quindicina di centimetri dai suoi occhi vide un fulmine e senti un tuono » .
Era il rumore della morte. « In quel momento – afferma l’ingegner Giuseppe Parise – non aveva speranze di salvarsi » . La scarica investì Sperandio che cadde picchiando la fronte con violenza accartocciandosi su se stesso in 40 centimetri. Ma riuscì a riaprire gli occhi, vide sangue attorno a sé e sentì l’odore della sua carne bruciata. Lui stesso testimoniò al processo di beatificazione che in quel momento cominciò a invocare il Signore e la Madonna e a supplicare don Gnocchi di aiutarlo. Non sentiva più le gambe. Lo aiutarono i colleghi e il figlio Marzio. Aldeni tremava, aveva bruciature sull’addome, sulle mani e alle piante dei piedi. Quando gli tolsero le scarpe, veniva via anche la pelle. Ma gli organi interni, il cuore, gli occhi erano intatti. « La situazione che ha vissuto Aldeni – afferma Parise – è quella che letteratura, casistica e l’esperienza definiscono ' fatale'. È inspiegabile come si sia salvato. La scarica elettrica normalmente disegna un arco. Entra dalle mani ed esce dai piedi, transita per le braccia, il tronco e poi per le gambe. Basta la corrente di una presa di 250 volt per uccidere. Lui è sopravvissuto a 15mila » .
Ma cosa è accaduto? « Che la scarica non ha attraversato il tronco, come sarebbe stato normale, ma dal polso è passata nell’addome ed è uscita dai piedi. L’andamento della scarica viene descritto dalle ustioni. Alla fine gliene furono diagnosticate all’addome e alle piante dei piedi e alle mani. Mai vista una cosa simile » . Venne dimesso il 20 ottobre 1979 e condusse vita normale fino al 2 marzo 2007, quando morì di tumore. Aggiunge Parise: « L’incidente avvenne ad agosto. Era umido e caldo, Aldeni era sudato e indossava abiti di cotone. Questo spiega come si sia creato l’arco elettrico, non come la scossa sia stata deviata. Per la scienza, se un evento è ripetibile, è spiegabile. Ma voi provate a ripetere un caso in cui avete zero probabilità di sopravvivere » . Quindi? « La metodologia scientifica non può che fermarsi e prendere atto della magnificenza e imperscrutabilità della casualità provvidenziale. Non so chi o cosa lo salvò. Dal punto di vista scientifico, Aldeni quel giorno doveva morire » .
Paolo Lambruschi
1) Il budget del ricoverato, eutanasia mascherata - Il presidente di “Cristiani per servire” rivendica i diritti dei malati e dei disabili - di Antonio Gaspari
2) Bussate e vi sarà aperto. Purché secondo tradizione - Annunciato l'ingresso nella Chiesa cattolica di diocesi e parrocchie anglicane antimoderniste. L'ecumenismo di papa Ratzinger appare sempre più nutrito dalla fedeltà alla tradizione. È così con i lefebvriani. E più ancora con le Chiese ortodosse d'oriente - di Sandro Magister
3) martedì 20 ottobre 2009 - L'idea cristiana d'Europa - Autore: Oliosi,Don Gino Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it
4) La sfida di Benedetto XVI e GP II - Francesco Botturi mercoledì 21 ottobre 2009 – ilsussidiario.net
5) SCUOLA/ 1. Mons. Negri: l'ora di religione non è un privilegio della Chiesa, ma una proposta culturale - Gabriele Mangiarotti, Luigi Negri mercoledì 21 ottobre 2009 - La questione dell’ora di religione nella scuola dello Stato sta diventando argomento di interesse e a volte alcuni interventi generano un po’ di confusione.
6) OMOSESSUALITÀ , OMOFOBIA E UMANITÀ - Cancellare e creare parole non rimuove la verità - FRANCESCO D’A GOSTINO – Avvenire, 21 ottobre 2009
7) Livorno «strappa» sul biotestamento - La diocesi: «Atto inutile e deludente che non rispetta i più deboli» - DA LIVORNO CHIARA D OMENICI – Avvenire, 21 ottobre 2009
8) l’esperto Sopravvissuto alla scarica da 15mila volt «Un fatto scientificamente inspiegabile» - Avvenire, 21 ottobre 2009
Il budget del ricoverato, eutanasia mascherata - Il presidente di “Cristiani per servire” rivendica i diritti dei malati e dei disabili - di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 20 ottobre 2009 (ZENIT.org).- “Il budget del ricoverato è eutanasia mascherata!”. E’ quanto sostiene Franco Previte, presidente dell’associazione “Cristiani per servire”.
Intervistato da ZENIT Previte ha spiegato che mentre è in itinere l’iter parlamentare per la legge sul “fine vita”, pare che si vada uniformando, anche nel campo della disabilità, il “budget del ricoverato”, vale a dire che superato l’intervento finanziario predisposto dal Servizio Sanitario Nazionale il paziente, in qualsiasi condizione di salute si trova, viene dimesso dalla struttura ospedaliera, ancor più grave se agonizzante, in fase terminale ed in età avanzata.
Secondo il presidente di Cristiani per servire se le politiche contro la natalità, così come la manipolazione genetica e quel “budget del ricoverato” sono in fase di approvazione e di esecuzione, ci troviamo di fronte ad una congiura che nega il diritto alla vita e alla cura e che punta all’eliminazione dei deboli, dei poveri, degli anziani, dei malati e dei disabili.
Per evitare una tale deriva che segnerebbe l’imbarbarimento e la fine della nostra civiltà, l’associazione Cristiani per servire ha scritto un urgentissimo appello ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati per respingere il “budget del ricoverato” e promuovere politiche di sostegno alla vita con particolare attenzione agli anziani, ai malati e ai disabili.
“Riteniamo doveroso, essenziale, improcrastinabile – ha sottolineato Previte – che il Servizio Sanitario Nazionale e il Ministro della Salute si uniformino al dovere di garantire a qualunque persona, specie quella diversamente abile, il diritto alle cure mediche, alla nutrizione ed all’idratazione come predisposto dall’art. 25 lettera f della ‘Convenzione per i diritti delle persone con disabilità’”.
“Per la eventuale disparità di trattamento – ha aggiunto – questo non è configurabile con la Costituzione Italiana, fra gli altri, con l’art. 3 che garantisce 'pari dignità sociale e di condizioni personali'”.
“Siamo per la vita, dono del Creatore”, ha sostenuto il presidente di Cristiani per servire, precisando che “il budget del ricoverato è contro i Trattati Internazionali e la Costituzione Europea in cui si ribadisce che l’individuo è persona, un essere umano a qualunque età e condizione esso si trovi”.
“Si ribadisca – ha concluso Previte – il diritto inalienabile alla vita di ogni paziente disabile, 'budget o non budget del ricoverato!'”.
Bussate e vi sarà aperto. Purché secondo tradizione - Annunciato l'ingresso nella Chiesa cattolica di diocesi e parrocchie anglicane antimoderniste. L'ecumenismo di papa Ratzinger appare sempre più nutrito dalla fedeltà alla tradizione. È così con i lefebvriani. E più ancora con le Chiese ortodosse d'oriente - di Sandro Magister
ROMA, 20 ottobre 2009 – Fino a ieri passavano alla Chiesa cattolica uno alla volta, i preti e vescovi della Comunione anglicana che si sentivano più d'accordo col papa di Roma che con le derive "moderniste" dell'anglicanesimo.
Negli Stati Uniti, per regolare tali passaggi, dal 1980 era in vigore una "Pastoral Provision" scritta dalla congregazione per la dottrina della fede e approvata da Giovanni Paolo II. Grazie ad essa sono passati alla Chiesa cattolica circa ottanta preti anglicani, quasi tutti con moglie e figli. E due anni fa anche un vescovo, Jeffrey Steenson, accolto con una cerimonia celebrata nella basilica romana di Santa Maria Maggiore. Steenson, 57 anni, sposato con tre figli, è stato ordinato sacerdote e incardinato nella diocesi di Santa Fe, dove insegna patrologia in seminario.
A questi preti e vescovi hanno fatto seguito anche gruppi di fedeli, per loro decisione spontanea. L'unico caso di passaggio in blocco di un'intera diocesi anglicana alla Chiesa cattolica è stato finora quello di Amritsar, nel Punjab indiano. Si è verificato nel 1975.
Da oggi in avanti, però, le migrazioni collettive dall'anglicanesimo al cattolicesimo saranno un fatto non più eccezionale ma normale, grazie alla costituzione apostolica che Benedetto XVI si appresta a pubblicare.
La costituzione papale è ancora in fase di messa a punto. Sarà pubblicata forse tra due settimane. Ma il suo annuncio è già stato dato in forma solenne la mattina del 20 ottobre, in due conferenze stampa contemporanee: una a Roma, con il cardinale William Levada, prefetto della congregazione per dottrina della fede, e una a Londra, con il primate della Chiesa cattolica d'Inghilterra e del Galles, Vincent G. Nichols, e con il primate della Comunione anglicana, Rowan Williams (nella foto col predecessore di Nichols, Cormac Murphy-O'Connor).
A Londra i due arcivescovi, cattolico e anglicano, hanno anche emesso una dichiarazione congiunta. Altro elemento di indubbia novità.
Di solito, infatti, quando qualcuno abbandona una confessione cristiana e ne abbraccia un'altra, se ne va sbattendo la porta.
Questa volta, invece, è come se il passaggio sia benedetto di comune accordo dalle due parti.
Una sintonia che fa pensare a quanto sarebbe oggi vicina la riconciliazione tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana se solo in quest'ultima non avesse avuto il via libera l'ordinazione al sacerdozio e all'episcopato di donne e di omosessuali conviventi, con le conseguenti drammatiche divisioni tra chi è d'accordo e chi no.
Una volta pubblicata la costituzione apostolica, le parrocchie e le diocesi anglicane che in questi ultimi anni hanno bussato a Roma per essere accolte nella Chiesa cattolica – dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti, dall'Australia, dal Sudafrica e da altri paesi – potranno farlo nelle modalità indicate nella stessa costituzione. I sacerdoti e i vescovi sposati, ricevuto l'ordine sacro, potranno riprendere a esercitare il sacerdozio, come già avviene per i sacerdoti sposati dei riti orientali, anche cattolici. Le loro comunità faranno capo a "ordinariati personali" retti da vescovi non sposati ma celibi, anche qui in linea con la prassi costante delle Chiese cattoliche e ortodosse. Per le liturgie continuerà a valere il rituale anglicano, peraltro già molto simile a quello cattolico.
Si calcola che in lista di attesa vi siano circa quaranta vescovi e un centinaio di preti, con le rispettive comunità. Metro di misura della conversione sarà l'accettazione del primato del papa e la condivisione della dottrina espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
In ogni caso, le comunità pronte a passare alla Chiesa cattolica fanno parte dell'ala "tradizionalista" della Comunione anglicana.
Così come tradizionaliste sono le comunità scismatiche lefebvriane con le quali Benedetto XVI sta intensificando gli sforzi perché rientrino nell'obbedienza di Roma.
E come attaccate alla grande tradizione sono le Chiese ortodosse con cui l'incontro appare più fruttuoso, con l'attuale pontefice. Dal 16 al 23 ottobre è in corso a Cipro il secondo round – il primo è stato a Ravenna nel 2007 – del dialogo tra cattolici ed ortodossi sulla questione del primato del papa, alla luce di come fu vissuto nel primo millennio.
Oggi più che mai, con Joseph Ratzinger papa, il cammino ecumenico appare non una rincorsa alla modernità, ma un ritrovarsi sul terreno della tradizione.
martedì 20 ottobre 2009 - L'idea cristiana d'Europa - Autore: Oliosi,Don Gino Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it
L’ispirazione decisamente cristiana dei Padri fondatori dell’Unione Europea
«Lei, signor Ambasciatore (Il Signor Yves Gazzo, Capo della Delegazione della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede), ha appena definito l’Unione Europea come “un’area di pace e di stabilità che riunisce ventisette Stati con gli stessi valori fondamentali”. E’ una felice definizione. E’ tuttavia giusto osservare che l’Unione Europea non si è dotata di questi valori, ma che sono stati piuttosto questi valori condivisi a farla nascere e a essere la forza di gravità che ha attirato verso il nucleo dei Paesi fondatori le diverse nazioni che hanno successivamente aderito ad essa, nel corso del tempo. Questi valori sono il frutto di una lunga e tortuosa storia nella quale, nessuno lo può negare, il cristianesimo ha svolto un ruolo di primo piano. La pari dignità di tutti gli esseri umani, la libertà d’atto di fede alla radice di tutte le altre libertà civili, la pace come elemento decisivo del bene comune, lo sviluppo umano – intellettuale, sociale ed economico – in quanto vocazione divina (Caritas in veritate, nn. 16 – 19) e il senso della storia che ne deriva, sono altrettanti elementi centrali della Rivelazione cristiana che continuano a modellare la civiltà europea.
Quando la Chiesa ricorda le radici cristiane dell’Europa, non è alla ricerca di uno statuto privilegiato per se stessa. Essa vuole fare opera di memoria storica ricordando in primo luogo una verità – sempre più passata sotto silenzio – ossia l’ispirazione decisamente cristiana dei Padri Fondatori dell’Unione Europea. A livello più profondo, essa desidera mostrare anche che la base dei valori proviene soprattutto dall’eredità cristiana che continua ancora oggi ad alimentarla.
Questi valori comuni non costituiscono un aggregato anarchico o aleatorio, ma formano un insieme coerente che si ordina e si articola, storicamente, a partire da una visione antropologica precisa. Può l’Europa omettere il principio organico originale di questi valori che hanno rivelato all’uomo allo stesso tempo la sua eminente dignità e il fatto che la sua vocazione personale lo apre a tutti gli uomini con i quali è chiamato a costituire una sola famiglia? Lasciarsi andare a questo oblio, non significa esporsi al rischio di vedere questi grandi e bei valori entrare in concorrenza o in conflitto gli uni e gli altri? O ancora, questi valori non rischiano di essere strumentalizzati da individui e da gruppi di pressione desiderosi di far valere interessi particolari a detrimento di un progetto collettivo ambizioso – che gli europei attendono – che si preoccupi del bene comune degli abitanti del Continente e del mondo intero? Questo rischio è già recepito e denunciato da numerosi osservatori che appartengono a orizzonti diversi. E’ importante che l’Europa non permetta che il suo modello di civiltà si sfaldi, pezzo dopo pezzo. Il suo slancio originale non deve essere soffocato dall’individualismo e dall’utilitarismo» [Benedetto XVI, Al Capo della delegazione della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede, 19 ottobre 2009].
Benedetto XVI ha affermato che le risorse intellettuali, culturali ed economiche del continente continueranno a recare frutto se continueranno ad essere fecondate dalla visione trascendente di ogni persona umana (da dove viene? Dove è destinata?) che costituisce il tesoro più prezioso dell’eredità europea. Questa tradizione umanista, nella quale si riconoscono tante famiglie dal pensiero a volte molto diverso, rende l’Europa capace di affrontare le sfide di domani e di rispondere alle attese della popolazione. Si tratta principalmente
- della ricerca del giusto e delicato equilibrio fra efficienza economica e le esigenze sociali,
- della salvaguardia dell’ambiente
- e soprattutto dell’indispensabile e necessario sostegno alla vita umana dal concepimento fino alla morte naturale,
- alla famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna.
L’Europa sarà realmente se stessa solo se saprà conservare l’originalità che ha fatto la sua grandezza e che è in grado di fare di essa, nel futuro, uno degli attori principali nella promozione dello sviluppo integrale delle persone, che la Chiesa cattolica considera come l’unica via in grado di porre rimedio agli squilibri presenti nel nostro mondo provocati dalla riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Non è difficile vedere come questo tipo di cultura rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità, anzi un capovolgimento della stessa cultura moderna, che era una rivendicazione della centralità dell’uomo e della sua libertà: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e la direzione della nostra vita. Perciò questa cultura è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza.
USA/ Albacete: perchè la famiglia nel pallone interessa più della realtà? - Lorenzo Albacete mercoledì 21 ottobre 2009 – ilsussidiario.net
Non vi è dubbio che, questa settimana, la notizia che più ha attratto l’attenzione e l’interesse del pubblico non è stata la guerra in Afghanistan/Pakistan, né il dibattito sulla riforma sanitaria, né il carattere del presidente Obama. È stata invece la saga della famiglia Heene, soprattutto di Richard, il padre, e di suo figlio Falcon, sei anni.
A metà pomeriggio dello scorso giovedì, i notiziari via cavo e le maggiori emittenti televisive hanno interrotto i programmi per parlare di un incidente che minacciava di diventare una terribile tragedia: Richard Heene annunciava che il figlio Falcon, di sei anni, era salito a bordo di un pallone aerostatico di fabbricazione casalinga che si era poi staccato dal suolo. Il pallone si stava allontanando velocemente dalla loro casa di Fort Collins in Colorado e, dopo essere salito a più di 1500 metri, stava scendendo lentamente verso terra, sorvolando alberi, campi e case.
Secondo il signor Heene e sua moglie Mayumi, testimone di tutto questo era stato il fratello di Falcon, Bradford, che lo aveva raccontato ai genitori. Chi stava guardando la TV vedeva un pallone argenteo (più simile a un Ufo che a un pallone a elio) che si muoveva veloce nel cielo e si chiedeva se Falcon sarebbe sopravissuto all’atterraggio.
Fin dall’inizio, tuttavia, si è notato qualcosa di strano nel comportamento di Heene. Avvertito dell’incidente, invece di chiamare il 911, il numero per le emergenze, Richard ha telefonato alla stazione televisiva locale, chiedendo di mandare il loro elicottero a seguire il pallone, e poi ha chiamato la FAA (l’autorità che sovrintende alla navigazione aerea) per segnalare la necessità di monitorare i decolli e gli atterraggi all’aeroporto internazionale di Denver, al fine di evitare collisioni tra gli aerei e il pallone.
Solo a questo punto sua moglie, in preda al panico, ha chiamato il 911. La risposta delle autorità federali, dello stato e della contea è stata massiccia, includendo anche aerei equipaggiati per la visione notturna. Tutto il paese ha seguito il dramma in TV con grande attenzione e preghiere per la salvezza di Falcon.
Quando finalmente il pallone è atterrato, i soccorritori hanno constatato con stupore che non vi era nessuno al suo interno. A questo punto i telespettatori sono stati presi da una paura ancor più forte: forse Falcon era caduto dal pallone durante il volo. Si è cominciato a discutere di tutta una serie di ipotesi, compresa la possibilità che fosse riuscito a scendere dal pallone prima dell’atterraggio e si stesse nascondendo per la paura di tornare a casa e affrontare l’ira del padre. Le altre possibilità erano troppo spaventose per essere contemplate.
Finalmente, dopo ore di angoscia nazionale, Falcon è stato trovato nascosto in una soffitta sopra il garage di casa. Con questo finisce il Primo atto della storia. Il Secondo atto, ancora in corso, è la parte bizzarra. Mentre stavano guardando la prima conferenza stampa concessa da Heene a CNN, le autorità locali e gli attoniti spettatori, incluso il famoso giornalista della CNN Wolf Blitzer, che stava ponendo delle domande, hanno sentito Falcon che diceva di essersi nascosto perché faceva parte dello “spettacolo” messo in piedi dai suoi genitori.
E sembra proprio che questa sia la realtà, come ha annunciato lo sceriffo della contea in cui vive la famiglia Heene. L’intero incidente sembra essere una montatura dei signori Heene (che si sono incontrati mentre studiavano recitazione) per fare impressione sui produttori di “Reality Show”, immensamente popolari tra i telespettatori americani.
La stessa conferenza stampa dello sceriffo, comunque, sembrava parte dello show imbastito da Richard Heene, e lo sceriffo si è goduto ogni secondo di notorietà, ostentando allegria, cercando di fare battute spiritose e in slang. Di fronte a un reato che era stato commesso, cercava ancora un nome appropriato per definirlo, invitando gli inquirenti statali e federali a fare lo stesso, per far pagare agli Heene il loro riuscito scherzo.
È stato poi chiesto alle autorità statali preposte alla “protezione dell’infanzia” di accertare se Falcon e i suoi fratelli dovessero in qualche modo essere separati dai loro genitori, mentre i giornalisti si sono lanciati in un frenetico esame di coscienza: come abbiamo fatto a farci ingannare così facilmente? La risposta è semplice: quando l’amore e il rispetto per la verità sono abbandonati, le notizie in TV, e la vita stessa, diventano solo un altro “reality show”.
La sfida di Benedetto XVI e GP II - Francesco Botturi mercoledì 21 ottobre 2009 – ilsussidiario.net
L’idea di un “progetto culturale” da parte della Conferenza Episcopale Italiana matura in corrispondenza con il venir meno dell’unità politica dei cattolici nel nostro Paese (un’idea enunciata nel 1994, che diventa ufficialmente una iniziativa stabile nel 1997).
Una concomitanza significativa, non di un intendimento politico del “progetto” stesso, ma di un approfondimento della coscienza ecclesiale italiana, consapevole del bisogno di rinsaldare un vincolo di unità nel momento in cui la sua tradizionale rappresentanza politica veniva meno. La definitiva conclusione dell’età del collateralismo politico (cattolicesimo-Democrazia cristiana) rendeva avvertiti che la sua ragione storica - una certa unità organizzata della presenza pubblica del cattolicesimo italiano - andava riformulata su un altro piano.
Nel frattempo il pontificato di Giovanni Paolo II, con la sua insistenza sull’articolazione della fede e della cultura (una fede che non diventa cultura non è una fede matura, davvero pensata e davvero vissuta) contrastava la duplice deriva dell’integralismo e dello spiritualismo e richiamava all’urgenza storica di una testimonianza cristiana, capace di dare ragione di sé e di essere propositiva ad ogni livello (ricordiamo l’insistenza del magistero di Giovanni Paolo II sui grandi temi della cultura, della famiglia, del lavoro, della Nazione).
La questione centrale era chiara fin dall’inizio ed era quella “antropologica”, come luogo problematico e fuoco di interesse in cui convergevano i molti indizi di crisi dell’esperienza dell’umano nel nostro tempo, dai temi della secolarizzazione a quelli della bioetica, da quelli della famiglia e dell’educazione, a quelli della tecnica e del lavoro. Era sempre più evidente la necessità di ricongiungere ogni problematica settoriale a un centro, l’uomo, la sua identità, la sua dignità, il suo destino, così come solo la fede è in grado di proporre nel contesto incerto della cultura postmoderna.
La Segreteria del Progetto culturale, oltre a promuovere molte iniziative di area (ricerca filosofica, storica, letteraria, artistica, scientifica, della comunicazione, ecc.), ha svolto un inedito compito di sostegno e di coordinamento delle iniziative cattoliche esistenti, sparse sul territorio nazionale (a partire dai Centri culturali).
Di particolare rilievo la promozione del Forum nazionale, cha ha raccolto per nove volte a partire dal 1997 circa duecento intellettuali cattolici impegnandoli in una discussione di temi di grande attualità (fede e libertà; Europa; corpo, affetti e lavoro; rapporto tra le generazioni; 40 anni dal Concilio; educazione; ecc.): gesto di non poco valore, se si pensa alla condizione di dispersione e talvolta di estraneità tra le componenti intellettuali del mondo cattolico stesso, che nel Forum ha avuto invece un’occasione di dialogo e di confronto, di conoscenza personale e di solidarietà operativa, la cui positività non è possibile mettere in dubbio.
Dal 2008 è stato costituito un Comitato del Progetto culturale, che sotto la direzione del card. Ruini ha preso l’impegno di una duplice iniziativa annuale, con l’obiettivo di proporre temi ed elaborazioni con cui interpellare la cultura del Paese. Un primo esito sono il volume, non convenzionale, sulla Sfida educativa (Laterza 2009) e un ampio evento su Dio oggi (Roma, 10-12 dicembre 2009).
È attuale tutto ciò? Le ragioni che hanno mosso il Progetto al suo inizio non sembrano aver perso mordente. Piuttosto, sono ulteriormente drammatizzate, da una parte, dall’acuirsi della crisi antropologica sempre più globale, segnata da una “scomposizione dell’esperienza” tipica di un contesto culturale secolarizzato e nichilista; dall’altra, dalla non facile coesione e collaborazione interna al mondo cattolico di fronte alle attuali sfide culturali (biopolitica, educazione, immigrazione, ecc.).
Per questo l’attualità del Progetto culturale è affidata probabilmente a una rinnovata capacità di conciliare il coraggio di una certa radicalità di giudizio con l’energia di un confronto impegnato e impegnativo con le plurime voci del cattolicesimo italiano.
SCUOLA/ 1. Mons. Negri: l'ora di religione non è un privilegio della Chiesa, ma una proposta culturale - Gabriele Mangiarotti, Luigi Negri mercoledì 21 ottobre 2009 - La questione dell’ora di religione nella scuola dello Stato sta diventando argomento di interesse e a volte alcuni interventi generano un po’ di confusione.
Innanzitutto chiariamo la ragione per cui si insegna religione cattolica nella scuola dello stato in Italia. Si legge nel Concordato così: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento.
All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione» [Legge n. 121 del 25 marzo 1985, Art. 9.2].
In questo modo si riconosce la valenza culturale dell’insegnamento, e si esclude che possa considerarsi una forma di catechismo, oppure di un privilegio concesso alla Chiesa Cattolica e negato ad altre fedi. Lo Stato prevede che, nel caso non ci si voglia, per qualsiasi ragione, avvalere di tale insegnamento, si possa chiedere che ci sia un’attività alternativa, da svolgersi in concomitanza a tale insegnamento, e predisposta dal Collegio Docenti, su richiesta dei genitori degli alunni (o degli alunni stessi, ove maggiorenni). La presenza di tale attività alternativa fa sì che l’IRC mantenga la sua caratteristica di insegnamento da svolgersi «nel quadro delle finalità della scuola», mentre sollecita una responsabilità reale delle famiglie nei confronti della scuola stessa. Siamo certamente preoccupati nei confronti della cosiddetta «ora del nulla», che si realizza quando la scuola non fornisce affatto possibilità reali di studio serio e motivato, ma non riteniamo che la legge attuale preveda – almeno stando a quanto si legge nelle norme – una qualsiasi forma di «ora» alternativa, cioè di materia curricolare di altra religione.
Certamente sarebbe buona cosa che chi vuole usare del tempo scolastico per approfondire in particolare i contenuti della religione islamica, non nella forma di una supplenza a un insegnamento religioso in forma di catechesi, ma di consapevolezza dei contenuti culturali di tale religione lo possa fare, rendendo la scuola più flessibile ai bisogni degli alunni e delle famiglie.
Una scuola che si fa padrona degli alunni e si fa educatrice dei contenuti religiosi propri ci sembra più un retaggio dell’Ottocento che una scuola moderna e aperta ai valori della civiltà di oggi e democratica in senso sostanziale.
La polemica estiva sui crediti scolastici, ecc… ha creato una mentalità che relega l’IRC ad essere un privilegio concesso alla Chiesa Cattolica, con l’aggravante che questo non è concesso ad altri soggetti e ad altre religioni. Ma tale discussione non ha certo giovato alla scuola nel suo insieme, perché ha contribuito a mantenere nella mentalità comune l’impressione che la religione sia un fatto sostanzialmente non rilevante per la cultura.
Vogliamo allora fare nostra l’indicazione di Benedetto XVI agli Insegnanti di Religione il 25 aprile 2009: «Il vostro servizio, cari amici, si colloca proprio in questo fondamentale crocevia, nel quale – senza improprie invasioni o confusione di ruoli – si incontrano l’universale tensione verso la verità e la bimillenaria testimonianza offerta dai credenti nella luce della fede, le straordinarie vette di conoscenza e di arte guadagnate dallo spirito umano e la fecondità del messaggio cristiano che così profondamente innerva la cultura e la vita del popolo italiano. Con la piena e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento, voi contribuite, da una parte, a dare un’anima alla scuola e, dall’altra, ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione e della cultura in generale. Grazie all’insegnamento della religione cattolica, dunque, la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro».
OMOSESSUALITÀ , OMOFOBIA E UMANITÀ - Cancellare e creare parole non rimuove la verità - FRANCESCO D’A GOSTINO – Avvenire, 21 ottobre 2009
M i piacciono, e non poco, Gianna Nannini e la sua musica. Non mi convince affatto, invece, il Gianna Nannini- pensiero. Come artista ' impegnata', Gianna si ritiene legittimata a dire la sua sull’amore e la sessualità. Non è certo il suo ' impegno' che fa problema, ma la sua capacità di cogliere davvero la specificità dei problemi. Non c’è dubbio che il film ' Viola di mare', che si incentra tutto sul tema dell’omosessualità, e di quella femminile in particolare, sia stato pensato da Donatella Maiorca, regista, e da Gianna Nannini, autrice della colonna sonora, come un’opera che dovrebbe mordere nella realtà concreta di oggi, un appassionato contributo alla causa della liberazione da secolari pregiudizi e tabù ormai intollerabili. « Io quella parola la cancellerei dal vocabolario » , dice la Nannini, commentando il film. La parola è « omosessualità » . E continua: « Se è amore, è amore e basta; non c’entrano i sessi, non puoi fare distinzioni, questo sì, questo no » . La giornalista che raccoglie e dà tanta evidenza a questa opinione, Natalia Aspesi, non esita a calarla nella « fosca realtà italiana del 2009 » , in cui il Parlamento ha bocciato la legge che doveva condannare l’omofobia e « il Vaticano continua a occuparsi più di sesso che di spirito » ( dalla ' Repubblica' del 17 ottobre).
Credo che molti condivideranno l’opinione di Gianna Nannini, nella densa formulazione « l’amore è amore e basta » . La condivideranno, purtroppo, come illuminante. Invece è esattamente il contrario. Poche parole, infatti, sono oscure e ambigue come « amore » , pur nella sua apparente, estrema semplicità. Amore ha sempre bisogno di essere aggettivato. Parliamo di amori adolescenziali e senili, felici e disperati, passionali e cerebrali, sadici e masochistici, mistici e carnali, tristi e gioiosi, dolcissimi e violenti, materni e filiali, fraterni e sororali. Sono amore ( almeno etimologicamente) anche la bibliofilia e tutte le diverse forme di attaccamento passionale alle cose. E sono forme di amore tutte le parafilie, dalla zoofilia alla dendrofilia. È amore la necrofilia ed è amore la pedofilia. Sono amore il narcisismo e il feticismo. Così come, naturalmente, è amore anche l’omofilia ( in tal modo faccio contenta la Nannini e non uso la parola « omosessualità » ).
Insomma, la realtà dell’amore umano è talmente complessa e intricata, che è come minimo molto ingenuo sperare di sbarazzarsene con una battuta, sostenendo che con essa « i sessi non c’entrano » . Tutto, letteralmente tutto quello che concerne l’uomo, ha a che fare con la sua identità sessuale e con l’amore, nelle mille forme, a volte sublimi, a volte perverse, che esso è in grado di assumere. Il sempre più frequente tentativo, ben esemplificato dalla battuta di Gianna Nannini, di sottrarre l’amore ai condizionamenti dell’esistenza è solo uno dei tanti segni della crisi antropologica del nostro tempo, che si nutre di illusioni contrapposte: si vuole ' liberare' l’uomo, da una parte cancellando dal vocabolario una parola ( come appunto « omosessualità » ), dall’altra introducendo nel diritto penale un’altra ( come « omofobia » ). Sia chiaro a tutti ( è ormai indispensabile dover ripetere simili avvertimenti): non intendo affatto banalizzare o sminuire la gravità delle violenze contro gli omosessuali: sono degne di una repressione, anche penale, ferma e decisa, accompagnata ovviamente da un’adeguata pedagogia individuale e sociale contro questa e qualsiasi altra forma di discriminazione. Ma non ci si illuda: l’impegno contro queste, così come contro qualsiasi altra forma di violenza brutale e crudele, non passa attraverso la rimozione di una seria riflessione antropologica sull’amore e delle tante contraddizioni e delle tante forme di disordine con cui la sessualità si manifesta dentro e fuori di noi.
Non è ironizzando sul Vaticano ( che si occuperebbe di sesso più che di spirito!), non è desessualizzando l’amore o desessualizzando l’identità maschile e femminile ( fornendo in cambio confuse teorizzazioni in merito a una pretesa identità di « genere » ) che aiuteremo le persone a essere se stesse. La verità non va rimossa, anche quando ci appare enigmatica e fonte di sofferenze: siamo indissolubilmente sesso e spirito, e possiamo ammalarci nell’anima così come nella carne, che può ben essere anche essa, come diceva Mallarmé, « triste » , tanto quanto lo spirito. Riflettiamo seriamente su noi stessi: le fughe nel vuoto del pensiero non servono a nulla e non aiutano nessuno.
Livorno «strappa» sul biotestamento - La diocesi: «Atto inutile e deludente che non rispetta i più deboli» - DA LIVORNO CHIARA D OMENICI – Avvenire, 21 ottobre 2009
« U n atto inutile e deludente», che non è di competenza degli enti locali, che non rispetta i diritti dei più deboli, discusso e Livorno: il Palazzo Comunale del XVIII secolo, restaurato nel Dopoguerra
approvato senza il coinvolgimento della città.
È dura e decisa la reazione della Curia di Livorno dopo l’approvazione da parte del consiglio comunale del registro dei testamenti biologici avvenuta l’altro ieri in tarda notte. Sulla scia di Pisa e Firenze, la mozione, proposta nel luglio scorso dall’Italia dei Valori, è giunta in sala consiliare sottoscritta anche dagli esponenti del Pd che l’hanno votata compatti, insieme ai consiglieri di «Città diversa», di Rifondazione Comunista e della lista «Confronto», mentre il gruppo del Pdl abbandonava l’aula. Si tratta di un atto privo di utilità giuridica – si legge nella nota diffusa dalla Curia vescovile - «la cui materia rientra nella esclusiva competenza del legislatore nazionale». Nel testo della mozione viene inoltre usata impropriamente l’espressione «testamento biologico», equiparata a definizioni come «testamento di vita o dichiarazione anticipata di trattamento o direttive anticipate o volontà previe di trattamento » e si dà legittimazione alla cosiddetta «eutanasia passiva», travisando i veri significati di questi termini e lasciando spazio a fin troppo libere interpretazioni.
«Suscita inoltre perplessità – continua il comunicato - la qualifica del “fiduciario” (che il firmatario del testamento è invitato a nominare quale esecutore delle sue volontà ndr) quale “soggetto chiamato ad intervenire sulle decisioni riguardanti i trattamenti sanitari”: non risulta infatti chiaro cosa significhi “intervenire” e in particolare quale efficacia e limiti possa avere tale intervento, né se l’espressione “sulle decisioni” si riferisca alle decisioni precedentemente espresse dal paziente o nell’attualità della terapia dal medico. In ambedue le ipotesi – osserva ancora la Curia – verrebbe pericolosamente enfatizzato il ruolo decisorio di un soggetto diverso dal paziente e dal medico».
La diocesi teme che alcune dichiarazioni di trattamento terapeutico potrebbero essere fonte di pressioni psicologiche su malati e anziani da parte di familiari o affini senza scrupoli e che quelle dichiarazioni “volontarie” vengano strumentalizzate per secondi fini.
Nonostante l’approvazione di ieri l’istituzione del registro non sarà immediatamente esecutiva, ma la condanna della Chiesa è perentoria: «La Curia livornese – prosegue la nota – esprime disapprovazione per il testo e per l’inutile lavoro del Consiglio comunale e manifesta il proprio biasimo per i cattolici impegnati in politica che si siano fatti promotori e sottoscrittori di un simile atto, senza fra l’altro aver sentito neanche il bisogno di confrontarsi precedentemente e per tempo, con la comunità cristiana. Non tutto è lecito alla mediazione politica, vi sono valori non negoziabili dove è richiesta una limpida testimonianza cristiana». Oltretutto in un tempo in cui la diocesi, attraverso il Progetto culturale ed in particolare il Tavolo dell’Oggettività (luogo di incontro tra il vescovo Simone Giusti ed i primari dell’ospedale di Livorno) sta riflettendo proprio sui temi della vita». E ancora: «Nonostante questo atto – conclude il documento – la diocesi continuerà a dialogare con tutta la città e con tutte le correnti di pensiero in essa presenti; dispiace constatare la mancanza di reciprocità: poteva essere questa una grande occasione di dialogo e di apertura di una nuova stagione civile, dove sulle grandi questioni antropologiche e etiche si preferiva la pazienza della riflessione comune alla solitudine dell’ideologia e del calcolo di parte».
l’esperto Sopravvissuto alla scarica da 15mila volt «Un fatto scientificamente inspiegabile» - Avvenire, 21 ottobre 2009 - Paolo Lambruschi
Incredibile parlare di miracoli in una facoltà di Ingegneria. Dove insegnano che un fenomeno, anche il più strano, se ripetibile, è scientificamente spiegabile. Ripetibile è la parola chiave nella vicenda miracolosa che ha portato don Gnocchi sugli altari. All’Università di Roma, dietro la Stazione Termini, insegna uno dei massimi esperti italiani di corrente elettrica, l’ingegner Giuseppe Parise. Spesso chiamato come perito in cause di incidenti sul lavoro, ha esaminato lui il caso di Sperandio Aldeni, l’uomo sopravvissuto a una scarica di 15mila volt invocando don Carlo.
« Aldeni – racconta Parise – classe 1934, sposato e padre di tre figli elettricista, ex alpino, volontario al Centro Don Gnocchi di Inverigo, doveva morire il 17 agosto 1979. Su questo non ho scientificamente dubbi » . Quel pomeriggio, attorno alle 16, era al lavoro nella cabina elettrica di trasformazione vicino allo stabilimento della Wosa Cec ad Orsenigo, in quel di Lecco. Doveva collegare l’interruttore primario alla linea in arrivo dall’Enel a 15 mila volt. Chiese al direttore della commessa di levare la corrente. Quando sentì dire che era tutto a posto, tolse la barriera di protezione della linea in tensione e prese un tondino di rame per collegarlo al gancio di sostegno ». Pausa. Parise sorride bonario.
«Non elenco le regole di sicurezza infrante dal nostro, ma gli incidenti mortali spesso capitano per una banale disattenzione. Morale: la corrente non era stata disattivata. E lui, in piedi su un armadio di lamiera, che conteneva l’interruttore da 15mila volt, ad un paio di metri da terra in un ambiente che misurava tre metri per quattro, all’improvviso a una quindicina di centimetri dai suoi occhi vide un fulmine e senti un tuono » .
Era il rumore della morte. « In quel momento – afferma l’ingegner Giuseppe Parise – non aveva speranze di salvarsi » . La scarica investì Sperandio che cadde picchiando la fronte con violenza accartocciandosi su se stesso in 40 centimetri. Ma riuscì a riaprire gli occhi, vide sangue attorno a sé e sentì l’odore della sua carne bruciata. Lui stesso testimoniò al processo di beatificazione che in quel momento cominciò a invocare il Signore e la Madonna e a supplicare don Gnocchi di aiutarlo. Non sentiva più le gambe. Lo aiutarono i colleghi e il figlio Marzio. Aldeni tremava, aveva bruciature sull’addome, sulle mani e alle piante dei piedi. Quando gli tolsero le scarpe, veniva via anche la pelle. Ma gli organi interni, il cuore, gli occhi erano intatti. « La situazione che ha vissuto Aldeni – afferma Parise – è quella che letteratura, casistica e l’esperienza definiscono ' fatale'. È inspiegabile come si sia salvato. La scarica elettrica normalmente disegna un arco. Entra dalle mani ed esce dai piedi, transita per le braccia, il tronco e poi per le gambe. Basta la corrente di una presa di 250 volt per uccidere. Lui è sopravvissuto a 15mila » .
Ma cosa è accaduto? « Che la scarica non ha attraversato il tronco, come sarebbe stato normale, ma dal polso è passata nell’addome ed è uscita dai piedi. L’andamento della scarica viene descritto dalle ustioni. Alla fine gliene furono diagnosticate all’addome e alle piante dei piedi e alle mani. Mai vista una cosa simile » . Venne dimesso il 20 ottobre 1979 e condusse vita normale fino al 2 marzo 2007, quando morì di tumore. Aggiunge Parise: « L’incidente avvenne ad agosto. Era umido e caldo, Aldeni era sudato e indossava abiti di cotone. Questo spiega come si sia creato l’arco elettrico, non come la scossa sia stata deviata. Per la scienza, se un evento è ripetibile, è spiegabile. Ma voi provate a ripetere un caso in cui avete zero probabilità di sopravvivere » . Quindi? « La metodologia scientifica non può che fermarsi e prendere atto della magnificenza e imperscrutabilità della casualità provvidenziale. Non so chi o cosa lo salvò. Dal punto di vista scientifico, Aldeni quel giorno doveva morire » .
Paolo Lambruschi