Nella rassegna stampa di oggi:
1) Comunicato Stampa: Aggressione a Berlusconi in piazza Duomo a Milano: nota di Comunione e Liberazione
2) Tutte le ragioni di Dio. Un'inchiesta - Guida all'evento internazionale su "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto". Il cardinale Ruini si è riscoperto filosofo. E con lui hanno discusso Spaemann, Scruton, Van Inwagen. E gli scienziati del cosmo Nowak e Coyne. Ed esperti di musica, di arte, di cinema... - di Sandro Magister
3) Le indifendibili argomentazioni dei sostenitori della Ru486 - Se «recuperare il ritardo» significa aprire la via a più aborti - Assuntina Morresi - Avvenire 13 Dicembre 2009
Comunicato Stampa: Aggressione a Berlusconi in piazza Duomo a Milano: nota di Comunione e Liberazione
All’origine dell’aggressione al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al quale siamo vicini e auguriamo una pronta guarigione, c’è un clima di ostilità ideologica che sta demolendo la possibilità di una convivenza pacifica e ordinata: è il frutto di una lunga storia che ha reso mentalità normale l’atteggiamento dell’homo homini lupus, che giunge a utilizzare la violenza - verbale e fisica - come modalità dei rapporti, in famiglia, a scuola e al lavoro, fino alla politica.
La radice di questa violenza è in ciascuno di noi e si esprime come menzogna, odio e strumentalizzazione dell’altro per affermare la propria opinione e i propri interessi. La Chiesa chiama “peccato originale” questa presunzione.
L’esito è la grande confusione in cui siamo immersi e che semina dubbio e incertezza a riguardo di ciò che è vero, giusto e buono, riducendo ogni comportamento a reattività istintiva, come abbiamo visto in piazza Duomo a Milano domenica.
Il cristianesimo è nato precisamente per offrire una risposta a questa situazione da cui l’uomo non sa uscire con le sue forze, come ci ricorda il Natale che stiamo apprestandoci a vivere: una esaltazione del valore dell’io di ciascuno in quanto “mistero” che eccede ogni possibilità di strumentalizzazione; un riconoscimento che la propria vita implica l’esistenza dell’altro uomo, chiunque sia. Questo è il fondamento del rispetto verso tutti - cioè della democrazia e del dialogo -, senza del quale cresce la confusione e domina la violenza.
l’ufficio stampa di CL
Milano, 14 dicembre 2009.
Tutte le ragioni di Dio. Un'inchiesta - Guida all'evento internazionale su "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto". Il cardinale Ruini si è riscoperto filosofo. E con lui hanno discusso Spaemann, Scruton, Van Inwagen. E gli scienziati del cosmo Nowak e Coyne. Ed esperti di musica, di arte, di cinema... - di Sandro Magister
ROMA, 13 dicembre 2009 – L'obiettivo era di "diradare quella penombra che rende precaria e timorosa per l'uomo del nostro tempo l'apertura verso Dio".
Così Benedetto XVI nel messaggio che ha inaugurato il 10 dicembre a Roma l'evento internazionale su "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto", ideato e organizzato dal comitato per il progetto culturale della Chiesa italiana, presieduto dal cardinale Camillo Ruini.
Due giorni dopo, sul finire dell'evento, Ruini era raggiante. Il tema era duro, l'ascolto impegnativo, a parlare erano filosofi e scienziati dal linguaggio arduo. Eppure la sala era sempre piena, in un silenzio attentissimo. Sono accorsi in duemilacinquecento nel grande auditorium di via della Conciliazione, a pochi passi da piazza San Pietro, per sentir parlare di Dio. Un pubblico in buona parte nuovo e giovane. Visibilmente fiero della ricchezza e della serietà delle cose dette, in un mondo disorientato che proprio di questo ha sete.
Di Dio e di nient'altro questo pubblico voleva sentir parlare. Non certo delle diatribe interne alla Chiesa, di qua e di là del Tevere. I profeti di sventura che avevano predetto (e sotto sotto auspicato) l'insuccesso dell'evento, e con esso l'addio a quell'evanescente "araba fenice" che secondo loro era il progetto culturale, e la definitiva giubilazione del suo ideatore Ruini, sono stati ammutoliti dai fatti. A questo primo evento il cardinale ha già annunciato che ne seguirà presto un secondo, sempre "su temi sostanziali, duri, non facili, non di moda".
Ma che cosa è accaduto nei tre giorni dell'evento? Il programma, il resoconto, i testi integrali, i video dell'intera assise, con i profili dei relatori, sono a portata di mouse nella pagina web ad essa dedicata:
> "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto, Roma, 10-12 dicembre 2009
Qui di seguito sono semplicemente segnalati alcuni momenti salienti.
LE TRE PROVE DEL CARDINALE RUINI
Per primi, giovedì 10 dicembre, hanno parlato il cardinale Ruini e il tedesco Robert Spaemann. Entrambi da filosofi.
Ruini ha tracciato tre vie di accesso a Dio, cioè tre prove della sua esistenza, non teologiche ma razionali, quindi proponibili a tutti, non solo ai credenti.
La prima via parte dal fatto evidente "che esiste qualcosa piuttosto che nulla". La seconda muove dalla constatazione che l'universo è conoscibile da parte dell'uomo. La terza si fonda sull'esperienza che l'uomo ha in sé di una legge morale.
Le tre vie si riferiscono quindi ai "trascendentali" della filosofia classica: cioè all'essere, al vero e al bene. Nell'argomentarle, Ruini ha inteso superare le obiezioni radicali che esse hanno subito negli ultimi due secoli, a partire da Kant. Ma ha riconosciuto che neppure così tali vie avranno la forza di una dimostrazione apodittica, che non sollevi nuovi dubbi. E allora? La proposta finale del cardinale è che l'esistenza di Dio venga accolta come "l'ipotesi migliore", con formula ripresa da Joseph Ratzinger.
Ecco i due paragrafi finali del discorso di Ruini:
"Le difficoltà dell’approccio metafisico nel contesto culturale contemporaneo, aggiungendosi all’aporia derivante dall’esistenza del male nel mondo, sono le ragioni di fondo di quella 'strana penombra che grava sulla questione delle realtà eterne'. Perciò l’esistenza del Dio personale, pur solidamente argomentabile come abbiamo cercato di fare, non è oggetto di una dimostrazione apodittica, ma rimane 'l’ipotesi migliore che esige da parte nostra di rinunciare a una posizione di dominio e di rischiare quella dell’ascolto umile'. Sono grandi le implicazioni di un simile riconoscimento, sia per i rapporti tra credenti e non credenti che, già per questa ragione di fondo, andrebbero improntati a un sincero e convinto rispetto reciproco, sia per l’atteggiamento personale di ciascun credente, e in particolare per il ruolo fondamentale che deve occupare la preghiera nel nostro rapporto con Dio, così da poter impetrare da lui il dono della fede, che ci dà quella certezza incondizionata, e al contempo libera, riguardo a Dio che, come spiega san Tommaso, non esclude in alcun modo lo spazio per ulteriori indagini, ma sostiene la nostra fedeltà a lui fino al dono di noi stessi.
"Termino con una constatazione che mi sembra assai significativa della condizione in cui stiamo vivendo. Esiste cioè un profondo parallelismo tra l’approccio a Dio e l’approccio a noi stessi, in quanto soggetti intelligenti e liberi. In entrambi i casi siamo attualmente sottoposti alla pressione di un forte e pervasivo scientismo epistemologico e naturalismo, spesso inconsapevolmente metafisico, che vorrebbe dichiarare Dio inesistente, o quanto meno razionalmente non conoscibile, e ridurre l’uomo a un oggetto della natura tra gli altri. Oggi, come forse mai in precedenza, appare chiaro dunque che l’affermazione dell’uomo come soggetto e l’affermazione di Dio 'simul stant et simul cadunt', stanno e cadono insieme. Ciò del resto è profondamente logico, poiché da una parte è ben difficile fondare un vero e irriducibile emergere dell’uomo rispetto al resto della natura se la natura stessa è il tutto della realtà, e dall’altra è ugualmente difficile lasciare razionalmente aperta la via al Dio personale, intelligente e libero – in modo vero anche se per noi ineffabile – se non si riconosce al soggetto umano questa sua irriducibile specificità. Rendere testimonianza al vero Dio e al tempo stesso alla verità dell’uomo è perciò il compito forse più esaltante che ci sia dato di adempiere".
SPAEMANN E LA GRAMMATICA DI DIO
Robert Spaemann ha dedicato la parte iniziale della sua riflessione all'identità – invece che alla contrapposizione – tra i due predicati di Dio, "potente" e "buono":
"Chi crede in Dio, crede che la potenza assoluta e il bene assoluto abbiano lo stesso riferimento: la santità di Dio. Gli gnostici dei primi secoli cristiani negavano questa identità. Essi attribuivano i due predicati a due divinità, una potenza cattiva, il 'deus universi', dio e creatore di questo mondo, e un dio che è luce, che appare da lontano nell’oscurità di questo mondo. [...] È importante sottolineare questo oggi, dove addirittura i sacerdoti, anziché invocare su di noi la benedizione del Dio onnipotente, parlano soltanto di 'Dio buono'. Il discorso sulla bontà di Dio, su Dio che è amore, smarrisce il suo punto sconvolgente, se passa sotto silenzio chi è colui di cui si dice che Egli è amore, se cioè passa sotto silenzio che Egli è la potenza che guida la nostra esistenza e il mondo. [...] Se il bene non appartenesse all’essere, l’essere non sarebbe tutto, non sarebbe cioè la totalità. [...] Ma vale anche il contrario: se il bene fosse impotenza, allora non sarebbe il bene tout court. Poiché l’impotenza del bene non è bene. La fede nella potenza del bene è ciò che ci consente di abbandonarci attivamente alla realtà, senza dover temere che in un mondo assurdo anche ogni buona intenzione sia giudicata come una assurdità".
Nella parte finale, Spaemann ha invece rovesciato la visione di Nietzsche, il filosofo della "morte di Dio", secondo cui "la vera questione è soltanto con quale menzogna si viva meglio". E ha proposto una dimostrazione di Dio "che sia, per così dire, Nietzsche-resistente": una dimostrazione di Dio "a partire dalla grammatica, più esattamente dal cosiddetto 'futurum exactum', il futuro anteriore". Ecco come:
"Il 'futurum exactum' è per noi necessariamente connesso al presente. Dire di qualcosa che è adesso, equivale a dire nel futuro che quella cosa è stata. In questo senso ogni verità è eterna. Il fatto che il 10 dicembre 2009 numerose persone si siano riunite a Roma per una conferenza di Robert Spaemann su 'Razionalità e fede in Dio' non è vero solo il 10 dicembre, ma è vero per sempre. Se noi oggi siamo qui, noi domani 'saremo stati' qui. Come passato, come 'essere stato' del futuro anteriore, il presente rimane sempre reale. Di che tipo è questa realtà? Si potrebbe dire: nelle tracce che essa lascia. [...]
"Tuttavia il ricordo prima o poi svanisce. E prima o poi nessun uomo ci sarà più sulla terra. Alla fine perfino la terra scomparirà. Poiché al passato appartiene sempre un presente, del quale il passato è passato, dovremmo dunque dire che con il presente che ricordiamo scompare anche il passato, e il futuro anteriore perde il suo significato. Tuttavia è proprio questo che non possiamo pensare. La proposizione 'nel futuro più lontano non sarà più vero che noi questa sera eravamo riuniti qui' è insensata. Non si lascia pensare. Se noi un giorno non saremo più stati, allora noi di fatto non siamo reali neanche adesso, così come il buddismo afferma in modo consequenziale. Se la realtà presente un giorno non sarà più stata presente, allora essa non è affatto reale. Chi elimina il futuro anteriore elimina il presente.
"Tuttavia, ancora una volta: di quale tipo è questa realtà del passato, l’eterno essere vera di ogni verità? L’unica risposta suona così: siamo costretti a pensare una coscienza che custodisce tutto ciò che accade, una coscienza assoluta. Nessuna parola pronunciata un giorno sarà un giorno non pronunciata, nessun dolore non sofferto, nessuna gioia non vissuta. Il passato può diradare, ma non si può fare in modo che non sia stato. Se la realtà esiste, allora il futuro anteriore è inevitabile e con esso il postulato del Dio reale. 'Io temo – così scrive Nietzsche – che non ci libereremo di Dio finchè continuiamo a credere alla grammatica'. Il problema è che non possiamo fare a meno di credere alla grammatica. Anche Nietzsche ha potuto scrivere quello che scrisse soltanto perché ha affidato alla grammatica ciò che ha voluto dire".
Il "DIO ABBREVIATO" DEL CARDINALE SCOLA
La mattina di venerdì 11 dicembre, il cardinale Angelo Scola, in un passaggio della sua ben costruita relazione su "eclissi e ritorno di Dio", ha ripreso la critica di Spaemann alla contrapposizione tra bontà e onnipotenza di Dio.
Nel chiedersi "se il problema della trasmissione del cristianesimo non stia, soprattutto oggi, nell’assumere il linguaggio evangelico nella sua essenzialità [...] e identità più autentica", Scola ha criticato coloro che identificano tale essenzialità nella "kènosis", nello svuotamento di sé, anche della propria "potenza" divina, fatto da Dio in Cristo crocifisso:
"Qui occorre denunciare un uso improprio, non teologico e non rispettoso del dato scritturistico, della 'kènosis' di Dio all’interno del cosiddetto 'pensiero debole'. Si perde in tal modo l’unità dei misteri cristiani e si giustifica, mediante la 'kènosis' separata dalla risurrezione, la rinuncia alla considerazione della verità e della trascendenza di Dio e al suo essere personale".
Infatti:
"È solo nel Dio che è Logos-Amore che riceve senso il tema decisivo della 'kenosis' divina come modalità con cui Dio-Verità-Bene si offre agli uomini. Il Dio kenotico non è un Dio debole, ma un Dio che ama e come tale si offre alla libertà dell’uomo".
Poco più avanti, Scola ha citato questo passaggio dell'omelia di Benedetto XVI del Natale del 2006, sul vero senso della "kènosis" di Dio, cioè su Dio che parla all'uomo "abbreviandosi nel Verbo incarnato":
"Dio ha reso breve la sua Parola, l'ha abbreviata (Isaia 10, 23; Romani 9, 28). Il Figlio stesso è la Parola, il Logos. La Parola eterna si è fatta piccola, si è fatta bambino, affinché la Parola diventi per noi afferrabile".
LA "VIA PULCHRITUDINIS" DI ROGER SCRUTON
Ancora la mattina di venerdì 11 dicembre, il filosofo anglo-americano Roger Scruton ha sviluppato il quarto dei "trascendentali" della filosofia classica, quello del bello, anch'esso come via di accesso a Dio.
"Nel creare bellezza l'artista rende gloria alla creazione di Dio", ha detto. Così è stato nell'arco dell'intera storia dell'uomo, anche là dove – come negli abissi del Novecento – domina il regno della sofferenza e della desolazione.
Eppure "il culto della bruttezza e della dissacrazione si afferma oggi in un'epoca di prosperità senza precedenti. [...] La dissacrazione e` una sorta di difesa dal sacro, un tentativo di distruggerne le pretese. Davanti alle cose sacre le nostre vite vengono giudicate; e per sfuggire a quel giudizio, noi distruggiamo la cosa che sembra accusarci. E siccome la bellezza ci ricorda del sacro – e anzi di una forma speciale di esso –, anche la bellezza deve venire dissacrata".
La "via positiva" alla bellezza è comunque insita nel cuore dell'uomo. "Perché allora così tanti artisti si rifiutano oggi di camminare lungo questo sentiero? Forse perché sanno che esso conduce a Dio".
Terminato l'intervento di Scruton, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio della cultura, e il professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, hanno illustrato l'apparire di Dio nell'arte figurativa di ieri e di oggi. Anche con esempi concreti, tra i quali gli affreschi di Raffaello nelle stanze Vaticane, e in particolare quella "Scuola di Atene" che www.chiesa, nel presentare l'evento su "Dio oggi", aveva proposto come emblematica dello stesso evento.
In altri momenti dell'assise l'apparire di Dio è stato illustrato nella musica, nella narrativa, nella poesia, nel cinema, nella televisione, con esecuzioni, letture e proiezioni suggestive, commentate da artisti e specialisti.
IL "SUPER-DISNEY" DI PETER VAN INWAGEN
L'ultima sessione dell'evento, la mattina di sabato 12 dicembre, è stata dedicata a "Dio e le scienze". George Coyne, astronomo gesuita direttore dell'Observatory's Research Group dell'Università dell'Arizona, e Martin Nowak, biologo e matematico, professore a Harvard, hanno parlato, da scienziati, del rapporto tra Dio creatore e l'evoluzione del cosmo in due scintillanti esposizioni che hanno incatenato l'attenzione dell'uditorio.
Il terzo relatore, Peter Van Iwagen dell'Università di Notre Dame, ha invece parlato come filosofo. E ha percorso in modo originale e avvincente quella "via cosmologica" a Dio che lo stesso Benedetto XVI ha proposto in diversa forma in più occasioni.
Van Inwagen è partito da un'analogia. Immaginiamo, ha detto, che "Dio sta al mondo fisico come Walt Disney sta al mondo rappresentato sulla schermo in Biancaneve e i sette nani". Anzi, immaginiamo che "le vicende del cartone animato siano davvero la storia del mondo intero" e chiamiamo "Super-Disney" il loro creatore.
Ebbene, dal punto di vista degli abitanti del mondo questo Super-Disney non c'è da nessuna parte, ma in un altro senso egli è presente dappertutto.
E così è per il Dio del nostro mondo reale: "Se mai esiste, non si può trovare al suo interno più di quanto il Super-Disney si possa trovare nel suo mondo; e tuttavia non è lontano dai suoi abitanti". Inoltre, si può ipotizzare che gli abitanti del mondo arrivino a credere che esso sia frutto di creazione da parte di un essere intelligente e onnipresente.
Van Inwagen ha poi così proseguito:
"Vi sono anzi alcuni – tra cui anche scienziati – che hanno sostenuto che vi sono buone argomentazioni scientifiche a favore dell'esistenza di un'intelligenza responsabile dell'esistenza dell'universo fisico. E ci sono altri – tra cui anche scienziati – che hanno sostenuto che vi sono buone argomentazioni scientifiche a sostegno della non-esistenza di un progettista".
Entrambe queste tesi "sono non scientifiche ed errate". La seconda, però, quella che nega un Dio creatore sulla base della teoria darwiniana dell'evoluzione, è diventata opinione diffusa.
Ed è contro i sostenitori di questa opinione che Van Inwagen ha formulato la sua tesi conclusiva, a sostegno dell'impossibilità di negare con argomenti scientifici l'esistenza di un Dio creatore:
"Voi credete che il mondo reale sia darwiniano, cioè un mondo nel quale la teoria di Darwin è vera. Ma la realtà implica la possibilità: tutto ciò che è vero è possibile. E Dio, se esiste, è per definizione onnipotente. Un essere onnipotente può creare qualunque oggetto possibile, anche se quell'oggetto è un intero universo o cosmo. Orbene, questa nostra terra darwiniana (così come voi credete che sia) è un oggetto possibile, poiché esiste. Pertanto, un essere onnipotente potrebbe crearla e potrebbe creare l'intero universo di cui fa parte. Ora, se un essere onnipotente potrebbe creare un mondo darwiniano, allora perché qualcuno che ritenga che il mondo reale sia darwiniano dovrebbe ritenere che questa caratteristica del mondo reale dimostri – o abbia una qualche tendenza a dimostrare – che l'universo non è stato creato da un essere onnipotente?".
E NELLE PROSSIME PUNTATE, BIBBIA E LITURGIA
Concludendo l'assise, prima l'arcivescovo Rino Fisichella e poi il cardinale Ruini hanno fatto cenno a ulteriori capitoli della riflessione su Dio, non affrontati in questo primo evento ma non meno importanti.
Due in particolare: anzitutto una riflessione su "ciò che Dio dice di sé", cioè sulla rivelazione divina; e poi una riflessione sulla liturgia, ossia sui riti, i luoghi, i tempi, i linguaggi con cui l'uomo e il cristiano si rapportano a Dio
Le indifendibili argomentazioni dei sostenitori della Ru486 - Se «recuperare il ritardo» significa aprire la via a più aborti - Assuntina Morresi - Avvenire 13 Dicembre 2009
L’argomento cui ricorrono più spesso i sostenitori della Ru486 – per esempio alcuni ex-ministri della Salute, come Livia Turco e Umberto Veronesi – è quello secondo il quale con la pillola «finalmente» l’Italia «recupera il ritardo rispetto agli altri Paesi», dove questo metodo abortivo viene usato da più tempo. Eppure proprio gli ex-ministri dovrebbero sapere che quello della situazione in altri Paesi è un argomento indifendibile, per il semplice motivo che sarebbe disastroso, per noi, allinearci agli altri in tema di aborto.
L’Italia è infatti l’unico Paese occidentale in cui, dal numero massimo del 1982, gli aborti sono regolarmente e costantemente calati di numero. Abbiamo la più bassa percentuale di minori che abortiscono, e il minor numero di aborti ripetuti. Non è solo l’effetto della legalizzazione, come alcuni sostengono, perché altrimenti lo stesso fenomeno si sarebbe dovuto osservare in tutti i Paesi dove esiste una legge che consente l’aborto. L’«anomalia» italiana è il risultato di una cultura diversa, di una società che nonostante tutto conserva una salda rete di rapporti familiari e per la quale la maternità va tutelata, tanto che persino la legge 194 sull’aborto ne ha dovuto tener conto, ricordandolo pure nel titolo. Un atteggiamento che si è tradotto, per la 194, in limitazioni – troppo poche, ma importanti – che altri Paesi non hanno: per esempio l’aborto in Italia, e solo in Italia, si può effettuare esclusivamente in ospedali pubblici autorizzati. I privati sono esclusi, per evitare che si possa guadagnare facendo aborti (in Italia un medico non può fare aborti come libero professionista o in cliniche private).
Che succede invece nei Paesi "più avanzati", dove la Ru486 è diffusa? Stiamo parlando di Francia, Gran Bretagna e Svezia: in molti altri è commercializzata, ma usata poco o niente. In Svezia l’aborto fino alla diciottesima settimana di gravidanza è libero, su richiesta. Il tasso di aborti, molto più elevato che da noi, è costante e non scende. Così come in Francia, dove si interrompono circa duecentomila gravidanze all’anno, senza alcuna diminuzione. In Gran Bretagna gli aborti sono in continuo aumento, e la situazione delle minori è disperata: ogni anno abortiscono di più, e sempre più giovani.
Non è il risultato della pillola abortiva, piuttosto il contrario: è l’effetto di un atteggiamento secondo il quale l’aborto è considerato un diritto individuale anziché un problema sociale. Ed è un simile atteggiamento che favorisce la diffusione dell’aborto, anche di quello farmacologico, e quest’ultimo, a sua volta, ne è favorito.
La Ru486 non è semplicemente un metodo alternativo all’aborto chirurgico: con la procedura farmacologica l’aborto si trasforma da emergenza sociale in atto medico privato e personale. Chi oggi si rallegra del prossimo ingresso della Ru486 in Italia, spingendo perché le donne siano "libere" di farlo a casa propria, non sta sostenendo una procedura medica, ma una posizione culturale: l’aborto non riguarda tutti noi, ma solamente chi lo fa. E se chi abortisce a casa ha problemi – come spesso succede – può "scegliere" di tornare in ospedale.
L’aborto senza alcun dubbio è e resta la drammatica soppressione di una vita umana innocente, indipendentemente dal metodo usato. Ma è anche vero che si possono avere atteggiamenti differenti, di maggiore o minore sostegno alle maternità difficili, di maggiore o minore tendenza a diminuire il più possibile il numero degli aborti.
Se l’aborto è un diritto individuale e non un disvalore, perché prevenire? Se l’aborto è un fatto privato, per quale motivo interessarsene? Perché monitorarlo?
L’aborto a domicilio, vero obiettivo dell’introduzione della Ru486, significa rinunciare alla sua prevenzione per nasconderlo fra le mura di casa. Un mutamento culturale, con le inevitabili conseguenze che le situazioni di Francia, Gran Bretagna e Svezia ci mostrano con chiarezza.
Assuntina Morresi
1) Comunicato Stampa: Aggressione a Berlusconi in piazza Duomo a Milano: nota di Comunione e Liberazione
2) Tutte le ragioni di Dio. Un'inchiesta - Guida all'evento internazionale su "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto". Il cardinale Ruini si è riscoperto filosofo. E con lui hanno discusso Spaemann, Scruton, Van Inwagen. E gli scienziati del cosmo Nowak e Coyne. Ed esperti di musica, di arte, di cinema... - di Sandro Magister
3) Le indifendibili argomentazioni dei sostenitori della Ru486 - Se «recuperare il ritardo» significa aprire la via a più aborti - Assuntina Morresi - Avvenire 13 Dicembre 2009
Comunicato Stampa: Aggressione a Berlusconi in piazza Duomo a Milano: nota di Comunione e Liberazione
All’origine dell’aggressione al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al quale siamo vicini e auguriamo una pronta guarigione, c’è un clima di ostilità ideologica che sta demolendo la possibilità di una convivenza pacifica e ordinata: è il frutto di una lunga storia che ha reso mentalità normale l’atteggiamento dell’homo homini lupus, che giunge a utilizzare la violenza - verbale e fisica - come modalità dei rapporti, in famiglia, a scuola e al lavoro, fino alla politica.
La radice di questa violenza è in ciascuno di noi e si esprime come menzogna, odio e strumentalizzazione dell’altro per affermare la propria opinione e i propri interessi. La Chiesa chiama “peccato originale” questa presunzione.
L’esito è la grande confusione in cui siamo immersi e che semina dubbio e incertezza a riguardo di ciò che è vero, giusto e buono, riducendo ogni comportamento a reattività istintiva, come abbiamo visto in piazza Duomo a Milano domenica.
Il cristianesimo è nato precisamente per offrire una risposta a questa situazione da cui l’uomo non sa uscire con le sue forze, come ci ricorda il Natale che stiamo apprestandoci a vivere: una esaltazione del valore dell’io di ciascuno in quanto “mistero” che eccede ogni possibilità di strumentalizzazione; un riconoscimento che la propria vita implica l’esistenza dell’altro uomo, chiunque sia. Questo è il fondamento del rispetto verso tutti - cioè della democrazia e del dialogo -, senza del quale cresce la confusione e domina la violenza.
l’ufficio stampa di CL
Milano, 14 dicembre 2009.
Tutte le ragioni di Dio. Un'inchiesta - Guida all'evento internazionale su "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto". Il cardinale Ruini si è riscoperto filosofo. E con lui hanno discusso Spaemann, Scruton, Van Inwagen. E gli scienziati del cosmo Nowak e Coyne. Ed esperti di musica, di arte, di cinema... - di Sandro Magister
ROMA, 13 dicembre 2009 – L'obiettivo era di "diradare quella penombra che rende precaria e timorosa per l'uomo del nostro tempo l'apertura verso Dio".
Così Benedetto XVI nel messaggio che ha inaugurato il 10 dicembre a Roma l'evento internazionale su "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto", ideato e organizzato dal comitato per il progetto culturale della Chiesa italiana, presieduto dal cardinale Camillo Ruini.
Due giorni dopo, sul finire dell'evento, Ruini era raggiante. Il tema era duro, l'ascolto impegnativo, a parlare erano filosofi e scienziati dal linguaggio arduo. Eppure la sala era sempre piena, in un silenzio attentissimo. Sono accorsi in duemilacinquecento nel grande auditorium di via della Conciliazione, a pochi passi da piazza San Pietro, per sentir parlare di Dio. Un pubblico in buona parte nuovo e giovane. Visibilmente fiero della ricchezza e della serietà delle cose dette, in un mondo disorientato che proprio di questo ha sete.
Di Dio e di nient'altro questo pubblico voleva sentir parlare. Non certo delle diatribe interne alla Chiesa, di qua e di là del Tevere. I profeti di sventura che avevano predetto (e sotto sotto auspicato) l'insuccesso dell'evento, e con esso l'addio a quell'evanescente "araba fenice" che secondo loro era il progetto culturale, e la definitiva giubilazione del suo ideatore Ruini, sono stati ammutoliti dai fatti. A questo primo evento il cardinale ha già annunciato che ne seguirà presto un secondo, sempre "su temi sostanziali, duri, non facili, non di moda".
Ma che cosa è accaduto nei tre giorni dell'evento? Il programma, il resoconto, i testi integrali, i video dell'intera assise, con i profili dei relatori, sono a portata di mouse nella pagina web ad essa dedicata:
> "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto, Roma, 10-12 dicembre 2009
Qui di seguito sono semplicemente segnalati alcuni momenti salienti.
LE TRE PROVE DEL CARDINALE RUINI
Per primi, giovedì 10 dicembre, hanno parlato il cardinale Ruini e il tedesco Robert Spaemann. Entrambi da filosofi.
Ruini ha tracciato tre vie di accesso a Dio, cioè tre prove della sua esistenza, non teologiche ma razionali, quindi proponibili a tutti, non solo ai credenti.
La prima via parte dal fatto evidente "che esiste qualcosa piuttosto che nulla". La seconda muove dalla constatazione che l'universo è conoscibile da parte dell'uomo. La terza si fonda sull'esperienza che l'uomo ha in sé di una legge morale.
Le tre vie si riferiscono quindi ai "trascendentali" della filosofia classica: cioè all'essere, al vero e al bene. Nell'argomentarle, Ruini ha inteso superare le obiezioni radicali che esse hanno subito negli ultimi due secoli, a partire da Kant. Ma ha riconosciuto che neppure così tali vie avranno la forza di una dimostrazione apodittica, che non sollevi nuovi dubbi. E allora? La proposta finale del cardinale è che l'esistenza di Dio venga accolta come "l'ipotesi migliore", con formula ripresa da Joseph Ratzinger.
Ecco i due paragrafi finali del discorso di Ruini:
"Le difficoltà dell’approccio metafisico nel contesto culturale contemporaneo, aggiungendosi all’aporia derivante dall’esistenza del male nel mondo, sono le ragioni di fondo di quella 'strana penombra che grava sulla questione delle realtà eterne'. Perciò l’esistenza del Dio personale, pur solidamente argomentabile come abbiamo cercato di fare, non è oggetto di una dimostrazione apodittica, ma rimane 'l’ipotesi migliore che esige da parte nostra di rinunciare a una posizione di dominio e di rischiare quella dell’ascolto umile'. Sono grandi le implicazioni di un simile riconoscimento, sia per i rapporti tra credenti e non credenti che, già per questa ragione di fondo, andrebbero improntati a un sincero e convinto rispetto reciproco, sia per l’atteggiamento personale di ciascun credente, e in particolare per il ruolo fondamentale che deve occupare la preghiera nel nostro rapporto con Dio, così da poter impetrare da lui il dono della fede, che ci dà quella certezza incondizionata, e al contempo libera, riguardo a Dio che, come spiega san Tommaso, non esclude in alcun modo lo spazio per ulteriori indagini, ma sostiene la nostra fedeltà a lui fino al dono di noi stessi.
"Termino con una constatazione che mi sembra assai significativa della condizione in cui stiamo vivendo. Esiste cioè un profondo parallelismo tra l’approccio a Dio e l’approccio a noi stessi, in quanto soggetti intelligenti e liberi. In entrambi i casi siamo attualmente sottoposti alla pressione di un forte e pervasivo scientismo epistemologico e naturalismo, spesso inconsapevolmente metafisico, che vorrebbe dichiarare Dio inesistente, o quanto meno razionalmente non conoscibile, e ridurre l’uomo a un oggetto della natura tra gli altri. Oggi, come forse mai in precedenza, appare chiaro dunque che l’affermazione dell’uomo come soggetto e l’affermazione di Dio 'simul stant et simul cadunt', stanno e cadono insieme. Ciò del resto è profondamente logico, poiché da una parte è ben difficile fondare un vero e irriducibile emergere dell’uomo rispetto al resto della natura se la natura stessa è il tutto della realtà, e dall’altra è ugualmente difficile lasciare razionalmente aperta la via al Dio personale, intelligente e libero – in modo vero anche se per noi ineffabile – se non si riconosce al soggetto umano questa sua irriducibile specificità. Rendere testimonianza al vero Dio e al tempo stesso alla verità dell’uomo è perciò il compito forse più esaltante che ci sia dato di adempiere".
SPAEMANN E LA GRAMMATICA DI DIO
Robert Spaemann ha dedicato la parte iniziale della sua riflessione all'identità – invece che alla contrapposizione – tra i due predicati di Dio, "potente" e "buono":
"Chi crede in Dio, crede che la potenza assoluta e il bene assoluto abbiano lo stesso riferimento: la santità di Dio. Gli gnostici dei primi secoli cristiani negavano questa identità. Essi attribuivano i due predicati a due divinità, una potenza cattiva, il 'deus universi', dio e creatore di questo mondo, e un dio che è luce, che appare da lontano nell’oscurità di questo mondo. [...] È importante sottolineare questo oggi, dove addirittura i sacerdoti, anziché invocare su di noi la benedizione del Dio onnipotente, parlano soltanto di 'Dio buono'. Il discorso sulla bontà di Dio, su Dio che è amore, smarrisce il suo punto sconvolgente, se passa sotto silenzio chi è colui di cui si dice che Egli è amore, se cioè passa sotto silenzio che Egli è la potenza che guida la nostra esistenza e il mondo. [...] Se il bene non appartenesse all’essere, l’essere non sarebbe tutto, non sarebbe cioè la totalità. [...] Ma vale anche il contrario: se il bene fosse impotenza, allora non sarebbe il bene tout court. Poiché l’impotenza del bene non è bene. La fede nella potenza del bene è ciò che ci consente di abbandonarci attivamente alla realtà, senza dover temere che in un mondo assurdo anche ogni buona intenzione sia giudicata come una assurdità".
Nella parte finale, Spaemann ha invece rovesciato la visione di Nietzsche, il filosofo della "morte di Dio", secondo cui "la vera questione è soltanto con quale menzogna si viva meglio". E ha proposto una dimostrazione di Dio "che sia, per così dire, Nietzsche-resistente": una dimostrazione di Dio "a partire dalla grammatica, più esattamente dal cosiddetto 'futurum exactum', il futuro anteriore". Ecco come:
"Il 'futurum exactum' è per noi necessariamente connesso al presente. Dire di qualcosa che è adesso, equivale a dire nel futuro che quella cosa è stata. In questo senso ogni verità è eterna. Il fatto che il 10 dicembre 2009 numerose persone si siano riunite a Roma per una conferenza di Robert Spaemann su 'Razionalità e fede in Dio' non è vero solo il 10 dicembre, ma è vero per sempre. Se noi oggi siamo qui, noi domani 'saremo stati' qui. Come passato, come 'essere stato' del futuro anteriore, il presente rimane sempre reale. Di che tipo è questa realtà? Si potrebbe dire: nelle tracce che essa lascia. [...]
"Tuttavia il ricordo prima o poi svanisce. E prima o poi nessun uomo ci sarà più sulla terra. Alla fine perfino la terra scomparirà. Poiché al passato appartiene sempre un presente, del quale il passato è passato, dovremmo dunque dire che con il presente che ricordiamo scompare anche il passato, e il futuro anteriore perde il suo significato. Tuttavia è proprio questo che non possiamo pensare. La proposizione 'nel futuro più lontano non sarà più vero che noi questa sera eravamo riuniti qui' è insensata. Non si lascia pensare. Se noi un giorno non saremo più stati, allora noi di fatto non siamo reali neanche adesso, così come il buddismo afferma in modo consequenziale. Se la realtà presente un giorno non sarà più stata presente, allora essa non è affatto reale. Chi elimina il futuro anteriore elimina il presente.
"Tuttavia, ancora una volta: di quale tipo è questa realtà del passato, l’eterno essere vera di ogni verità? L’unica risposta suona così: siamo costretti a pensare una coscienza che custodisce tutto ciò che accade, una coscienza assoluta. Nessuna parola pronunciata un giorno sarà un giorno non pronunciata, nessun dolore non sofferto, nessuna gioia non vissuta. Il passato può diradare, ma non si può fare in modo che non sia stato. Se la realtà esiste, allora il futuro anteriore è inevitabile e con esso il postulato del Dio reale. 'Io temo – così scrive Nietzsche – che non ci libereremo di Dio finchè continuiamo a credere alla grammatica'. Il problema è che non possiamo fare a meno di credere alla grammatica. Anche Nietzsche ha potuto scrivere quello che scrisse soltanto perché ha affidato alla grammatica ciò che ha voluto dire".
Il "DIO ABBREVIATO" DEL CARDINALE SCOLA
La mattina di venerdì 11 dicembre, il cardinale Angelo Scola, in un passaggio della sua ben costruita relazione su "eclissi e ritorno di Dio", ha ripreso la critica di Spaemann alla contrapposizione tra bontà e onnipotenza di Dio.
Nel chiedersi "se il problema della trasmissione del cristianesimo non stia, soprattutto oggi, nell’assumere il linguaggio evangelico nella sua essenzialità [...] e identità più autentica", Scola ha criticato coloro che identificano tale essenzialità nella "kènosis", nello svuotamento di sé, anche della propria "potenza" divina, fatto da Dio in Cristo crocifisso:
"Qui occorre denunciare un uso improprio, non teologico e non rispettoso del dato scritturistico, della 'kènosis' di Dio all’interno del cosiddetto 'pensiero debole'. Si perde in tal modo l’unità dei misteri cristiani e si giustifica, mediante la 'kènosis' separata dalla risurrezione, la rinuncia alla considerazione della verità e della trascendenza di Dio e al suo essere personale".
Infatti:
"È solo nel Dio che è Logos-Amore che riceve senso il tema decisivo della 'kenosis' divina come modalità con cui Dio-Verità-Bene si offre agli uomini. Il Dio kenotico non è un Dio debole, ma un Dio che ama e come tale si offre alla libertà dell’uomo".
Poco più avanti, Scola ha citato questo passaggio dell'omelia di Benedetto XVI del Natale del 2006, sul vero senso della "kènosis" di Dio, cioè su Dio che parla all'uomo "abbreviandosi nel Verbo incarnato":
"Dio ha reso breve la sua Parola, l'ha abbreviata (Isaia 10, 23; Romani 9, 28). Il Figlio stesso è la Parola, il Logos. La Parola eterna si è fatta piccola, si è fatta bambino, affinché la Parola diventi per noi afferrabile".
LA "VIA PULCHRITUDINIS" DI ROGER SCRUTON
Ancora la mattina di venerdì 11 dicembre, il filosofo anglo-americano Roger Scruton ha sviluppato il quarto dei "trascendentali" della filosofia classica, quello del bello, anch'esso come via di accesso a Dio.
"Nel creare bellezza l'artista rende gloria alla creazione di Dio", ha detto. Così è stato nell'arco dell'intera storia dell'uomo, anche là dove – come negli abissi del Novecento – domina il regno della sofferenza e della desolazione.
Eppure "il culto della bruttezza e della dissacrazione si afferma oggi in un'epoca di prosperità senza precedenti. [...] La dissacrazione e` una sorta di difesa dal sacro, un tentativo di distruggerne le pretese. Davanti alle cose sacre le nostre vite vengono giudicate; e per sfuggire a quel giudizio, noi distruggiamo la cosa che sembra accusarci. E siccome la bellezza ci ricorda del sacro – e anzi di una forma speciale di esso –, anche la bellezza deve venire dissacrata".
La "via positiva" alla bellezza è comunque insita nel cuore dell'uomo. "Perché allora così tanti artisti si rifiutano oggi di camminare lungo questo sentiero? Forse perché sanno che esso conduce a Dio".
Terminato l'intervento di Scruton, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio della cultura, e il professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, hanno illustrato l'apparire di Dio nell'arte figurativa di ieri e di oggi. Anche con esempi concreti, tra i quali gli affreschi di Raffaello nelle stanze Vaticane, e in particolare quella "Scuola di Atene" che www.chiesa, nel presentare l'evento su "Dio oggi", aveva proposto come emblematica dello stesso evento.
In altri momenti dell'assise l'apparire di Dio è stato illustrato nella musica, nella narrativa, nella poesia, nel cinema, nella televisione, con esecuzioni, letture e proiezioni suggestive, commentate da artisti e specialisti.
IL "SUPER-DISNEY" DI PETER VAN INWAGEN
L'ultima sessione dell'evento, la mattina di sabato 12 dicembre, è stata dedicata a "Dio e le scienze". George Coyne, astronomo gesuita direttore dell'Observatory's Research Group dell'Università dell'Arizona, e Martin Nowak, biologo e matematico, professore a Harvard, hanno parlato, da scienziati, del rapporto tra Dio creatore e l'evoluzione del cosmo in due scintillanti esposizioni che hanno incatenato l'attenzione dell'uditorio.
Il terzo relatore, Peter Van Iwagen dell'Università di Notre Dame, ha invece parlato come filosofo. E ha percorso in modo originale e avvincente quella "via cosmologica" a Dio che lo stesso Benedetto XVI ha proposto in diversa forma in più occasioni.
Van Inwagen è partito da un'analogia. Immaginiamo, ha detto, che "Dio sta al mondo fisico come Walt Disney sta al mondo rappresentato sulla schermo in Biancaneve e i sette nani". Anzi, immaginiamo che "le vicende del cartone animato siano davvero la storia del mondo intero" e chiamiamo "Super-Disney" il loro creatore.
Ebbene, dal punto di vista degli abitanti del mondo questo Super-Disney non c'è da nessuna parte, ma in un altro senso egli è presente dappertutto.
E così è per il Dio del nostro mondo reale: "Se mai esiste, non si può trovare al suo interno più di quanto il Super-Disney si possa trovare nel suo mondo; e tuttavia non è lontano dai suoi abitanti". Inoltre, si può ipotizzare che gli abitanti del mondo arrivino a credere che esso sia frutto di creazione da parte di un essere intelligente e onnipresente.
Van Inwagen ha poi così proseguito:
"Vi sono anzi alcuni – tra cui anche scienziati – che hanno sostenuto che vi sono buone argomentazioni scientifiche a favore dell'esistenza di un'intelligenza responsabile dell'esistenza dell'universo fisico. E ci sono altri – tra cui anche scienziati – che hanno sostenuto che vi sono buone argomentazioni scientifiche a sostegno della non-esistenza di un progettista".
Entrambe queste tesi "sono non scientifiche ed errate". La seconda, però, quella che nega un Dio creatore sulla base della teoria darwiniana dell'evoluzione, è diventata opinione diffusa.
Ed è contro i sostenitori di questa opinione che Van Inwagen ha formulato la sua tesi conclusiva, a sostegno dell'impossibilità di negare con argomenti scientifici l'esistenza di un Dio creatore:
"Voi credete che il mondo reale sia darwiniano, cioè un mondo nel quale la teoria di Darwin è vera. Ma la realtà implica la possibilità: tutto ciò che è vero è possibile. E Dio, se esiste, è per definizione onnipotente. Un essere onnipotente può creare qualunque oggetto possibile, anche se quell'oggetto è un intero universo o cosmo. Orbene, questa nostra terra darwiniana (così come voi credete che sia) è un oggetto possibile, poiché esiste. Pertanto, un essere onnipotente potrebbe crearla e potrebbe creare l'intero universo di cui fa parte. Ora, se un essere onnipotente potrebbe creare un mondo darwiniano, allora perché qualcuno che ritenga che il mondo reale sia darwiniano dovrebbe ritenere che questa caratteristica del mondo reale dimostri – o abbia una qualche tendenza a dimostrare – che l'universo non è stato creato da un essere onnipotente?".
E NELLE PROSSIME PUNTATE, BIBBIA E LITURGIA
Concludendo l'assise, prima l'arcivescovo Rino Fisichella e poi il cardinale Ruini hanno fatto cenno a ulteriori capitoli della riflessione su Dio, non affrontati in questo primo evento ma non meno importanti.
Due in particolare: anzitutto una riflessione su "ciò che Dio dice di sé", cioè sulla rivelazione divina; e poi una riflessione sulla liturgia, ossia sui riti, i luoghi, i tempi, i linguaggi con cui l'uomo e il cristiano si rapportano a Dio
Le indifendibili argomentazioni dei sostenitori della Ru486 - Se «recuperare il ritardo» significa aprire la via a più aborti - Assuntina Morresi - Avvenire 13 Dicembre 2009
L’argomento cui ricorrono più spesso i sostenitori della Ru486 – per esempio alcuni ex-ministri della Salute, come Livia Turco e Umberto Veronesi – è quello secondo il quale con la pillola «finalmente» l’Italia «recupera il ritardo rispetto agli altri Paesi», dove questo metodo abortivo viene usato da più tempo. Eppure proprio gli ex-ministri dovrebbero sapere che quello della situazione in altri Paesi è un argomento indifendibile, per il semplice motivo che sarebbe disastroso, per noi, allinearci agli altri in tema di aborto.
L’Italia è infatti l’unico Paese occidentale in cui, dal numero massimo del 1982, gli aborti sono regolarmente e costantemente calati di numero. Abbiamo la più bassa percentuale di minori che abortiscono, e il minor numero di aborti ripetuti. Non è solo l’effetto della legalizzazione, come alcuni sostengono, perché altrimenti lo stesso fenomeno si sarebbe dovuto osservare in tutti i Paesi dove esiste una legge che consente l’aborto. L’«anomalia» italiana è il risultato di una cultura diversa, di una società che nonostante tutto conserva una salda rete di rapporti familiari e per la quale la maternità va tutelata, tanto che persino la legge 194 sull’aborto ne ha dovuto tener conto, ricordandolo pure nel titolo. Un atteggiamento che si è tradotto, per la 194, in limitazioni – troppo poche, ma importanti – che altri Paesi non hanno: per esempio l’aborto in Italia, e solo in Italia, si può effettuare esclusivamente in ospedali pubblici autorizzati. I privati sono esclusi, per evitare che si possa guadagnare facendo aborti (in Italia un medico non può fare aborti come libero professionista o in cliniche private).
Che succede invece nei Paesi "più avanzati", dove la Ru486 è diffusa? Stiamo parlando di Francia, Gran Bretagna e Svezia: in molti altri è commercializzata, ma usata poco o niente. In Svezia l’aborto fino alla diciottesima settimana di gravidanza è libero, su richiesta. Il tasso di aborti, molto più elevato che da noi, è costante e non scende. Così come in Francia, dove si interrompono circa duecentomila gravidanze all’anno, senza alcuna diminuzione. In Gran Bretagna gli aborti sono in continuo aumento, e la situazione delle minori è disperata: ogni anno abortiscono di più, e sempre più giovani.
Non è il risultato della pillola abortiva, piuttosto il contrario: è l’effetto di un atteggiamento secondo il quale l’aborto è considerato un diritto individuale anziché un problema sociale. Ed è un simile atteggiamento che favorisce la diffusione dell’aborto, anche di quello farmacologico, e quest’ultimo, a sua volta, ne è favorito.
La Ru486 non è semplicemente un metodo alternativo all’aborto chirurgico: con la procedura farmacologica l’aborto si trasforma da emergenza sociale in atto medico privato e personale. Chi oggi si rallegra del prossimo ingresso della Ru486 in Italia, spingendo perché le donne siano "libere" di farlo a casa propria, non sta sostenendo una procedura medica, ma una posizione culturale: l’aborto non riguarda tutti noi, ma solamente chi lo fa. E se chi abortisce a casa ha problemi – come spesso succede – può "scegliere" di tornare in ospedale.
L’aborto senza alcun dubbio è e resta la drammatica soppressione di una vita umana innocente, indipendentemente dal metodo usato. Ma è anche vero che si possono avere atteggiamenti differenti, di maggiore o minore sostegno alle maternità difficili, di maggiore o minore tendenza a diminuire il più possibile il numero degli aborti.
Se l’aborto è un diritto individuale e non un disvalore, perché prevenire? Se l’aborto è un fatto privato, per quale motivo interessarsene? Perché monitorarlo?
L’aborto a domicilio, vero obiettivo dell’introduzione della Ru486, significa rinunciare alla sua prevenzione per nasconderlo fra le mura di casa. Un mutamento culturale, con le inevitabili conseguenze che le situazioni di Francia, Gran Bretagna e Svezia ci mostrano con chiarezza.
Assuntina Morresi