Nella rassegna stampa di oggi:
1) LA VICENDA ENGLARO E LA LEGGE - UNO SQUARCIO NEL PANORAMA D’INQUIETUDINE, di Davide Rondoni
2) ELUANA/ La Procura di Milano ferma la sentenza. Alla Camera via libera al conflitto di attribuzione
3) la storia - Il tutore voleva staccare la spina senza averla vista Ma la piccola Haleigh ha ripreso a vivere
4) "Altro che Olimpiadi la Cina è un orrore" - Parla Harry Wu, il dissidente che ha vissuto 19 anni nei "laogai", i campi lager comunisti ...
5) Don Giussani, l’unicità dell’Io e degli altri, di Luca Doninelli
LA VICENDA ENGLARO E LA LEGGE - UNO SQUARCIO NEL PANORAMA D’INQUIETUDINE
Avvenire, 1 agosto 2008
DAVIDE RONDONI
L’iniziativa della Procura generale di Milano ha il merito di togliere dal panorama così pieno di dolore e di inquietudine della faccenda di Eluana una delle presunte certezze. Ovvero la presunta certezza che la legge, il diritto fossero dalla parte di chi vuole la fine della vita di quella povera ragazza attraverso la fine dell’alimentazione. Ora che quella presunta certezza non c’è, o almeno è messa autorevolmente in discussione, il dolore, l’inquietudine, le idee controverse che abbiamo fin qui sentito sul caso Eluana non avranno più quel riparo o quell’ostacolo. Ora che una interpretazione della legge che acconsentiva alla morte è stata messa in discussione, siamo tutti di nuovo per così dire soli con la nostra coscienza e di fronte alla dura realtà che ci dona una vita non come vorremmo. Una vita strana, che vorremmo interpretare e che invece sta lì, nella sua nuda presenza. Una presenza enigmatica e dura da sopportare. Una vita poverissima, apparentemente. Una vita che per molti non ha nessun valore e che invece sta smuovendo coscienze e animando il pensiero di tanti. Una vita poverissima e però ricchissima di azione. E che più di tante vite oggi di successo, sfolgoranti e al centro dell’attenzione, ha avuto il merito di farci pensare tutti a cosa è vivere e morire.
Una vita che ha il merito, ha la ricchezza di esser divenuta per tutti vero e proprio 'scandalo'. Uno scandalo buono, in mezzo a tanti inutili scandali avvelenati. Una occasione per tutti per sostare e guardarsi in volto. Forse si doveva parlare di più di Eluana e dei tanti che vivono esperienze simili, e dei loro cari. Se ne doveva parlare prima che scoppiasse il caso della magistratura che dava il via alla morte. Perché questo scandalo della vita che non è come vogliamo risaltasse ai nostri occhi. Anche se, sotto gli occhi, ce lo abbiamo sempre. Non in modo così eclatante, scandaloso. Ma di continuo la vita ci sorprende come una cosa che non possediamo. Nei nostri figli, nei nostri amori, nella natura…Molte le voci - e i lettori di questo giornale bene lo sanno - che hanno invitato in nome della scienza e della esperienza a non far morire Eluana. Dall’altra si opponevano dei sentimenti e una carta firmata da giudici. Ora il valore di quella carta si è incrinato. E i sentimenti, sì, anche quelli di stanchezza, di amore affaticato, di pietà, ora devono aver la forza di misurarsi con i sentimenti di amore che non cede, di devozione alla vita.
Alcuni di quei sentimenti dovranno aver la forza e la umiltà di confrontarsi con altri sentimenti. Quelli che vogliono che Eluana muoia, con quelli che invece desiderano che Eluana - poiché non dà fastidio a nessuno, e dorme un sonno enigmatico che però morte non è viva. E oltre ai sentimenti, dovranno confrontarsi le ragioni. Per misurare se ha più ragione chi non vuole più dare nessuna chance all’esistenza di Eluana, o chi invece non chiude la porta mai, se non proprio quando - e non è questo il caso - l’accanimento non ha nessuna giustificazione.
Ora torna ad essere una faccenda di cuore, e di ragione. Ora che è stata tolta al diritto la strana maschera di volontà di morte. Ora che è stata tolta di mezzo una strana caricatura. E rimaniamo di nuovo in questo teatro strano, realissimo, pieno di inquietudine e di commozione per la vita. Per la vita che non è in nostro possesso, mai.
ELUANA/ La Procura di Milano ferma la sentenza. Alla Camera via libera al conflitto di attribuzione
Redazione01/08/2008
Autore(i): Redazione. Pubblicato il 01/08/2008 – IlSussidiario.net
Camera dei deputati contro Corte di Cassazione. Questo l'inedito processo di cui sta per essere investita la Corte Costituzionale. L'Assemblea di Montecitorio ha infatti deciso ieri di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro la sentenza sul caso di Eluana Englaro. Domani con ogni probabilità anche Palazzo Madama farà lo stesso.
Intanto la procura generale di Milano ha presentato ricorso contro l'ordinanza della Corte d'Appello che ha dato il via libera alla sospensione dei trattamenti terapeutici della donna in coma da 16 anni. Con la richiesta anche della sospensione dell'esecuzione del provvedimento. Una decisione che impedisce quindi alla famiglia Englaro di procedere alla interruzione dell'alimentazione e della idratazione di Eluana.
Esprime soddisfazione il Sottosegretario Eugenia Roccella: «Siamo soddisfatti per la decisione della Procura generale di Milano di depositare il ricorso contro il provvedimento che autorizza la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione di Eluana Englaro. Abbiamo ritenuto che quella sentenza fosse poco documentata sul piano medico (la letteratura scientifica più aggiornata non definisce lo stato vegetativo come sicuramente irreversibile) e che rappresentasse un pericoloso precedente sul piano giuridico: se fosse stata applicata, infatti, Eluana sarebbe morta prima di ottenere una sentenza definitiva».
Partito democratico e Italia dei valori si sono invece schierati contro il “conflitto”. Anche se ieri in Aula gli unici voti negativi sono stati quelli dell'Idv («no a soluzioni pilatesche» ha detto Di Pietro), dal momento che il Pd ha deciso di non partecipare alla votazione per manifestare dissenso verso «un'operazione rozzamente strumentale e propagandistica»
Ma quella del partito di Veltroni è una posizione solo all'apparenza compatta. Paola Binetti, con altri sette deputati teodem, subito dopo il voto ha sottolineato che unicamente una «sofferta mediazione» ha permesso una «importante manifestazione di unità». I cattolici di area rutelliana, infatti, erano tentati dall'appoggiare il conflitto per esprimere un «fermo no a qualsiasi forma di eutanasia». Al contrario, i radicali del Pd, impegnati nell'occupazione della commissione di Vigilanza sulla Rai, hanno fatto sapere che se fossero stati presenti in Aula avrebbero votato no, perché non convinti da una scelta dal «sapore aventiniano».
Antonello Soro (Pd), subito dopo il pronunciamento della Camera ha scritto una lettera al presidente della Camera Gianfranco Fini, per chiedere che siano calendarizzate «in tempi rapidi» le otto (tre alla Camera, cinque al Senato) proposte di legge in materia di testamento biologico ed eutanasia.
la storia - Il tutore voleva staccare la spina senza averla vista Ma la piccola Haleigh ha ripreso a vivere
Usa, la bimba, era finita in coma per le botte subite dal patrigno, non respirava ed era nutrita con il sondino.
La Corte suprema del Massachussetts aveva dato l’ok a interrompere i trattamenti
Avvenire, 1 agosto 2008
DA VERONA LORENZO FAZZINI
U n giorno la giustizia americana la condanna a morte per disidratazione; la mattina dopo la struttura pubblica che l’ha in cura annuncia «miglioramenti nella sua salute» tali da bloccare la decisione di staccarle il sondino. La vita di Haleigh Poutre è stata sospesa sul filo della burocrazia giudiziaria. Questa ragazzina di 11 anni di Westfield, cittadina del Massachussetts, nel settembre 2005 entrò in coma a seguito (come ricostruì la polizia) del pestaggio subito dal patrigno, Jason Strickland, marito della zia materna della bambina, Holli Strick- land. Quest’ultima, che l’aveva adottata anni prima, era stata trovata morta; accanto a lei vi era la piccola Haleigh in una situazione che i medici del Baystate Medical Center di Springfield avevano definito «di morte cerebrale».
Così il Dipartimento dei servizi sociali aveva nominato un nuovo tutore legale della bambina nella persona di Harry Spence, che (basandosi sui resoconti dei dottori che curavano la ragazzina) aveva chiesto al tribunale locale il permesso di rimuovere il respiratore e il sondino gastrico che facevano respirare e nutrivano Haleigh. Particolare non da poco: Spence non si era mai recato in ospedale per visitare la ragazzina né si era sincerato direttamente sulle sue condizioni. Si era solo fidato delle indicazioni del personale medico, il quale aveva diffuso sui media l’indicazione dei costi per 'mantenere' in vita la ragazzina: 4 mila dollari al giorno. Anzi: dopo soli otto giorni dal ricovero, Hence aveva chiesto a un giudice il permesso di 'staccare la spina' di Hailegh.
Il 18 gennaio successivo la Corte suprema del Massachussetts (uno degli stati più liberal) sanciva la liceità di staccare il sondino gastrico e il ventilatore. Ma il giorno seguente Hence, andato a visitare la piccola, assistette a un 'miracolo': la ragazza rispondeva alle richieste di chi le era di fronte, dando in mano allo stesso tutore un suo giocattolo e un bloc notes. «È incredibile la sua voglia di vivere», raccontò lo stesso tutore.
La portavoce del Dipartimento, Denise Monteiro, si limitò a dire: «C’è stato un cambiamento nella situazione della ragazza. Lo stato vegetativo può non essere uno stato vegetativo totale ». Non solo: la stessa Monteiro riferì che il cambiamento decisivo nello stato di salute di Haleigh si era verificato proprio il giorno precedente, ovvero quando la Corte aveva sancito lo stacco del sondino. «La decisione di rimuovere i supporti vitali – sottolineò la portavoce del Dipartimento – è stata presa sulla base della miglior diagnosi che pensavamo fosse possibile».
Evidentemente, non era abbastanza accurata. Anzi, secondo l’autorevole Boston Globe, che ha seguito la vicenda da vicino, la situazione sanitaria di Haleigh era considerata addirittura peggiore rispetto a quella di Terri Schiavo, la giovane donna della Florida morta nel 2005 perché il tribunale ne aveva decretato la sospensione dell’alimentazione via sondino. Infatti la piccola del Massachussetts non respirava autonomamente, a differenza della Schiavo.
Hence dunque vide che la ragazzina rispondeva ai test cui i medici la sottoponevano; dopo una settimana dal clamoroso annuncio Hailegh lasciava l’ospedale di Springfield per essere trasferita in un centro di riabilitazione a Brighton. Anche la madre 'biologica' della bimba, Allison Avrett, recatasi al suo capezzale, confermava gli incredibili miglioramenti: «È in grado di rispondere ai comandi, ad esempio lascia cadere un oggetto dalle mani quando glielo si chiede».
Singolare poi che lo stesso tutore legale abbia in seguito difeso la sua precedente richiesta di sospendere l’alimentazione e la respirazione artificiale della ragazza, sebbene avesse già intravisto - prima della sorprendente ripresa della bimba - come ella sbattesse gli occhi: «Non sono un medico», si era difeso. Ma quel giocattolo che Hailegh ha preso in mano ha smentito tutte le previsioni di morte su questa piccola 'eroina' della vita.
"Altro che Olimpiadi la Cina è un orrore" - Parla Harry Wu, il dissidente che ha vissuto 19 anni nei "laogai", i campi lager comunisti ...
Un orrore lungo 19 anni. Gli cadde addosso nel 1961 quando era uno studente universitario ventitreenne e non lo abbandonò fino al 1979. Diciannove anni nei campi di lavoro della Cina comunista senza una vera colpa, senza un processo, senza un’autentica condanna. La vita di Harry Wu è ancora oggi, a 71 anni suonati, una vita segnata da quell’orrore, dal ricordo dei compagni di prigionia piegati dalla fame e dagli stenti, dalla fatica e dalla determinazione che lo aiutò a uscire dai campi di lavoro dove la Cina di Mao seppellì decine di milioni di cosiddetti «controrivoluzionari». La maggior parte dei suoi compagni di sventura non sopravvisse. Chi ci riuscì spesso non vuole ricordare.
Harry Wu ha fatto di quel ricordo la missione della sua vita. Anche dopo la libertà, dopo la «riabilitazione», dopo la fuga negli Stati Uniti, non ha mai smesso di raccontare quei 19 anni, non ha mai smesso di pronunciare la parola «laogai». Grazie a lui la «rieducazione attraverso il lavoro», introdotta dal maoismo cinese per spegnere qualsiasi opposizione e qualsiasi resistenza, è diventata sinonimo di lager e gulag. Ma il cammino è ancora lungo e Harry Wu lo sa. Nonostante sia tornato in Cina, nonostante la recensione in un dettagliato elenco degli oltre mille campi di lavoro dove ancora oggi la Cina rieduca i suoi dissidenti, nonostante sia stato nuovamente arrestato, nuovamente condannato e definitivamente espulso dalla Cina, la battaglia di Harry Wu non si è mai fermata. Dopo il laogai e i lavori forzati ha denunciato le esecuzioni e i prelievi d’organi dai condannati a morte. Solo grazie a lui molte delle nefandezze del comunismo cinese sono venute alla luce, ma la strada è ancora lunga. Soprattutto in Europa, soprattutto in un continente che in nome degli affari ha spesso dimenticato le battaglie per i diritti umani. Ed ecco allora Laogai. L’orrore cinese, il nuovo libro intervista pubblicato da Spirali in cui il professor Wu ci accompagna nella raccapricciante galleria di sofferenze su cui è cresciuta e si sviluppa la potenza economica cinese. Ma questa potenza, a sentire quanto racconta Harry Wu al Giornale, potrebbe avere un orizzonte limitato perché, come ci ripete il più famoso dissidente cinese, «se a Pechino arriverà una nuova rivoluzione sarà la rivoluzione contro il comunismo».
Pechino può contare su un’economia florida, su un consenso abbastanza generalizzato, su un ferreo apparato di sicurezza e su rapporti internazionali abbastanza solidi: perché mai non dovrebbe sopravvivere?
«Perché chi comanda, il Partito, continua a professare il credo comunista e questo lo porterà a fare i conti con le proprie contraddizioni interne. Il comunismo puntava ad abolire la proprietà privata, la libertà di pensiero, di parola e di religione. Ma oggi la libertà economica diffonde anche un desiderio di libertà autentica. La gente apprezza il benessere, ma desidera la proprietà privata, vuole possedere la terra su cui vive. Ma in Cina nessuno può possedere la terra. Quel diritto spetta solo allo Stato e al Partito. La stessa cosa vale per la religione. Chi è veramente cattolico non sa più cosa farsene dei vescovi nominati da Pechino, pretende di poter ascoltare la parola dei veri vescovi ordinati dal Papa. Lentamente questo processo travolgerà anche l’economia e chi investe i propri soldi pretenderà di sottrarla al controllo dei burocrati venuti dalle fila del Partito. Il Partito diventerà l’espressione di tutto quello che i cinesi non vogliono e sarà spazzato via».
Le Olimpiadi accelereranno questo processo?
«Le Olimpiadi non contano nulla, sono transitorie, passeggere. Quando si spegneranno i riflettori si spegnerà anche l’attenzione per i diritti umani. C’è una grande questione che tutti tendete a dimenticare. I Giochi sono affascinanti, ma passeggeri ed effimeri. La negazione dei diritti umani è invece continua perché connaturata al sistema. Non basta parlarne tre mesi per eliminarla. Conoscete qualcuno veramente disposto a boicottare i Giochi in nome dei diritti umani? Io non ne ho incontrato neppure uno».
Ma le Olimpiadi aiutano a far parlare della Cina...
«Qualsiasi cosa possiate dire, qualsiasi cosa succeda da qui alla fine dei Giochi non rappresenta un grosso problema per Pechino. Guardate il Tibet. A marzo hanno ucciso centinaia di persone e ne hanno imprigionate migliaia. Chi parla più di loro? Chi lotta per loro? Lo stesso Dalai Lama, se continueranno i colloqui con Pechino, sarà forse costretto a presenziare alle Olimpiadi».
Quali sono le violazioni dei diritti umani più plateali?
«In Cina, ci sono le esecuzioni. In Cina, le donne non sono libere di partorire. I Cina non esiste libertà di religione e di organizzazione. In Cina i mezzi di comunicazione sono interamente controllati dai comunisti e sostenuti dalle società come Yahoo, Cisco, Microsoft e Google. In Cina, se ti colleghi a Internet, devi inserire la tua carta magnetica, così la polizia scopre immediatamente che sei su Internet. La sicurezza cinese si fa dare da Yahoo o da qualsiasi altro provider le informazioni sull’indirizzo e-mail, le trasferisce ai tribunali che emettono atti d’accusa e ordini d’arresto. Ma la cosa più aberrante è forse la legge sul controllo delle nascite che toglie a donne e famiglie il diritto naturale alla procreazione. Per mettere al mondo un figlio le famiglie cinesi devono ottenere il permesso dello Stato. Per imporre questo sistema aberrante lo Stato spinge all’aborto milioni di donne e ne condanna altrettante alla sterilizzazione. Non c’è nulla di simile sulla faccia della terra».
Lei è stato il primo a denunciare i trapianti degli organi prelevati ai condannati a morte.
«La Cina, oggi, è l’unico paese al mondo che usa gli organi espiantati ai condannati a morte per i trapianti. Grazie a questa pratica la Cina è oggi il secondo paese al mondo per trapianti d’organo. Il 95 per cento degli organi proviene da prigionieri giustiziati. Di conseguenza la Cina è l’unico paese al mondo in cui il numero dei prigionieri giustiziati cresce ogni anno. E il numero delle esecuzioni resta uno dei meglio custoditi segreti di Stato».
Cosa potrà metter fine a questi orrori?
«Solo la fine del comunismo».
di Gian Micalessin
Il Giornale n. 172 del 2008-07-20
Don Giussani, l’unicità dell’Io e degli altri, di Luca Doninelli
IlGiornale, 31 luglio 2008
Sono i libri da me più attesi e temuti. Sono i libri detti «dell’équipe», da tre anni in uscita presso Rizzoli, che raccolgono i testi degli incontri tenuti da don Luigi Giussani con gruppi di responsabili di Comunione e Liberazione. Uomini senza patria è il titolo di quest’anno (pagg. 400, euro 11), e il periodo preso in considerazione è il biennio 1982-83.
La forza di questi libri sta nel livello di familiarità tra don Giussani e quei ragazzi: una familiarità che era però l’occasione di un a-fondo diretto, spesso molto duro, senza imbottiture di circostanza, sui temi all’ordine del giorno.
La presunzione di trasformare questi colloqui in libri, e quindi in strumenti ritenuti utili per tutti (per chi c’era e per chi non c’era, per chi è ciellino e per chi non lo è, per chi è cristiano e per chi non lo è, e perfino per i non credenti) si giustifica per l’importanza ultimativa di quegli ordini del giorno - che poi si riducevano a un solo ordine del giorno, quello di noi tutti: la nostra vita con la sua sete di un significato totale.
Il titolo è preso da una frase che Giovanni Paolo II disse a don Giussani e alcuni amici: «Voi non avete patria».
«Fino a quando - scrive don Giussani - il cristianesimo è sostenere dialetticamente e anche praticamente valori cristiani, esso trova spazio e accoglienza dovunque. Ma là dove il cristiano è l’uomo che annuncia nella realtà umana, storica, la presenza permanente (...) di Dio fatto Uno tra noi, oggetto di esperienza (come quella di un amico, di un padre o di una madre), attivamente determinante come orizzonte totale, come ultimo amore (...), questo uomo non ha patria». «L’avvenimento cristiano - dice ancora - ha questo come suo oggetto, come suo contenuto: la conoscenza di Cristo».
Chi fa questo non può essere amico del mondo, perché essere amici del mondo significa cercare un posto nel mondo, essere bene accolti, ospiti graditi in quanto parte del mondo stesso, e quindi già neutralizzati nella propria unicità di persone.
Si capisce così come la posta in gioco qui, come in san Paolo è sì la fede, ma la fede intesa come legame concreto, affettivo e razionale, con la persona di Gesù Cristo: un rapporto esauriente, capace di produrre una pace nuova. In altre parole: la posta in gioco è l’io, la sua irriducibilità, la sua pienezza. Non vi preoccupate se siete ciellini o no, credenti o atei: leggete questo libro. La sua forza, nata da uno spunto concretissimo, si dilata, è per tutti. Come le lettere di san Paolo o, se volete, quelle di don Milani.
1) LA VICENDA ENGLARO E LA LEGGE - UNO SQUARCIO NEL PANORAMA D’INQUIETUDINE, di Davide Rondoni
2) ELUANA/ La Procura di Milano ferma la sentenza. Alla Camera via libera al conflitto di attribuzione
3) la storia - Il tutore voleva staccare la spina senza averla vista Ma la piccola Haleigh ha ripreso a vivere
4) "Altro che Olimpiadi la Cina è un orrore" - Parla Harry Wu, il dissidente che ha vissuto 19 anni nei "laogai", i campi lager comunisti ...
5) Don Giussani, l’unicità dell’Io e degli altri, di Luca Doninelli
LA VICENDA ENGLARO E LA LEGGE - UNO SQUARCIO NEL PANORAMA D’INQUIETUDINE
Avvenire, 1 agosto 2008
DAVIDE RONDONI
L’iniziativa della Procura generale di Milano ha il merito di togliere dal panorama così pieno di dolore e di inquietudine della faccenda di Eluana una delle presunte certezze. Ovvero la presunta certezza che la legge, il diritto fossero dalla parte di chi vuole la fine della vita di quella povera ragazza attraverso la fine dell’alimentazione. Ora che quella presunta certezza non c’è, o almeno è messa autorevolmente in discussione, il dolore, l’inquietudine, le idee controverse che abbiamo fin qui sentito sul caso Eluana non avranno più quel riparo o quell’ostacolo. Ora che una interpretazione della legge che acconsentiva alla morte è stata messa in discussione, siamo tutti di nuovo per così dire soli con la nostra coscienza e di fronte alla dura realtà che ci dona una vita non come vorremmo. Una vita strana, che vorremmo interpretare e che invece sta lì, nella sua nuda presenza. Una presenza enigmatica e dura da sopportare. Una vita poverissima, apparentemente. Una vita che per molti non ha nessun valore e che invece sta smuovendo coscienze e animando il pensiero di tanti. Una vita poverissima e però ricchissima di azione. E che più di tante vite oggi di successo, sfolgoranti e al centro dell’attenzione, ha avuto il merito di farci pensare tutti a cosa è vivere e morire.
Una vita che ha il merito, ha la ricchezza di esser divenuta per tutti vero e proprio 'scandalo'. Uno scandalo buono, in mezzo a tanti inutili scandali avvelenati. Una occasione per tutti per sostare e guardarsi in volto. Forse si doveva parlare di più di Eluana e dei tanti che vivono esperienze simili, e dei loro cari. Se ne doveva parlare prima che scoppiasse il caso della magistratura che dava il via alla morte. Perché questo scandalo della vita che non è come vogliamo risaltasse ai nostri occhi. Anche se, sotto gli occhi, ce lo abbiamo sempre. Non in modo così eclatante, scandaloso. Ma di continuo la vita ci sorprende come una cosa che non possediamo. Nei nostri figli, nei nostri amori, nella natura…Molte le voci - e i lettori di questo giornale bene lo sanno - che hanno invitato in nome della scienza e della esperienza a non far morire Eluana. Dall’altra si opponevano dei sentimenti e una carta firmata da giudici. Ora il valore di quella carta si è incrinato. E i sentimenti, sì, anche quelli di stanchezza, di amore affaticato, di pietà, ora devono aver la forza di misurarsi con i sentimenti di amore che non cede, di devozione alla vita.
Alcuni di quei sentimenti dovranno aver la forza e la umiltà di confrontarsi con altri sentimenti. Quelli che vogliono che Eluana muoia, con quelli che invece desiderano che Eluana - poiché non dà fastidio a nessuno, e dorme un sonno enigmatico che però morte non è viva. E oltre ai sentimenti, dovranno confrontarsi le ragioni. Per misurare se ha più ragione chi non vuole più dare nessuna chance all’esistenza di Eluana, o chi invece non chiude la porta mai, se non proprio quando - e non è questo il caso - l’accanimento non ha nessuna giustificazione.
Ora torna ad essere una faccenda di cuore, e di ragione. Ora che è stata tolta al diritto la strana maschera di volontà di morte. Ora che è stata tolta di mezzo una strana caricatura. E rimaniamo di nuovo in questo teatro strano, realissimo, pieno di inquietudine e di commozione per la vita. Per la vita che non è in nostro possesso, mai.
ELUANA/ La Procura di Milano ferma la sentenza. Alla Camera via libera al conflitto di attribuzione
Redazione01/08/2008
Autore(i): Redazione. Pubblicato il 01/08/2008 – IlSussidiario.net
Camera dei deputati contro Corte di Cassazione. Questo l'inedito processo di cui sta per essere investita la Corte Costituzionale. L'Assemblea di Montecitorio ha infatti deciso ieri di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro la sentenza sul caso di Eluana Englaro. Domani con ogni probabilità anche Palazzo Madama farà lo stesso.
Intanto la procura generale di Milano ha presentato ricorso contro l'ordinanza della Corte d'Appello che ha dato il via libera alla sospensione dei trattamenti terapeutici della donna in coma da 16 anni. Con la richiesta anche della sospensione dell'esecuzione del provvedimento. Una decisione che impedisce quindi alla famiglia Englaro di procedere alla interruzione dell'alimentazione e della idratazione di Eluana.
Esprime soddisfazione il Sottosegretario Eugenia Roccella: «Siamo soddisfatti per la decisione della Procura generale di Milano di depositare il ricorso contro il provvedimento che autorizza la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione di Eluana Englaro. Abbiamo ritenuto che quella sentenza fosse poco documentata sul piano medico (la letteratura scientifica più aggiornata non definisce lo stato vegetativo come sicuramente irreversibile) e che rappresentasse un pericoloso precedente sul piano giuridico: se fosse stata applicata, infatti, Eluana sarebbe morta prima di ottenere una sentenza definitiva».
Partito democratico e Italia dei valori si sono invece schierati contro il “conflitto”. Anche se ieri in Aula gli unici voti negativi sono stati quelli dell'Idv («no a soluzioni pilatesche» ha detto Di Pietro), dal momento che il Pd ha deciso di non partecipare alla votazione per manifestare dissenso verso «un'operazione rozzamente strumentale e propagandistica»
Ma quella del partito di Veltroni è una posizione solo all'apparenza compatta. Paola Binetti, con altri sette deputati teodem, subito dopo il voto ha sottolineato che unicamente una «sofferta mediazione» ha permesso una «importante manifestazione di unità». I cattolici di area rutelliana, infatti, erano tentati dall'appoggiare il conflitto per esprimere un «fermo no a qualsiasi forma di eutanasia». Al contrario, i radicali del Pd, impegnati nell'occupazione della commissione di Vigilanza sulla Rai, hanno fatto sapere che se fossero stati presenti in Aula avrebbero votato no, perché non convinti da una scelta dal «sapore aventiniano».
Antonello Soro (Pd), subito dopo il pronunciamento della Camera ha scritto una lettera al presidente della Camera Gianfranco Fini, per chiedere che siano calendarizzate «in tempi rapidi» le otto (tre alla Camera, cinque al Senato) proposte di legge in materia di testamento biologico ed eutanasia.
la storia - Il tutore voleva staccare la spina senza averla vista Ma la piccola Haleigh ha ripreso a vivere
Usa, la bimba, era finita in coma per le botte subite dal patrigno, non respirava ed era nutrita con il sondino.
La Corte suprema del Massachussetts aveva dato l’ok a interrompere i trattamenti
Avvenire, 1 agosto 2008
DA VERONA LORENZO FAZZINI
U n giorno la giustizia americana la condanna a morte per disidratazione; la mattina dopo la struttura pubblica che l’ha in cura annuncia «miglioramenti nella sua salute» tali da bloccare la decisione di staccarle il sondino. La vita di Haleigh Poutre è stata sospesa sul filo della burocrazia giudiziaria. Questa ragazzina di 11 anni di Westfield, cittadina del Massachussetts, nel settembre 2005 entrò in coma a seguito (come ricostruì la polizia) del pestaggio subito dal patrigno, Jason Strickland, marito della zia materna della bambina, Holli Strick- land. Quest’ultima, che l’aveva adottata anni prima, era stata trovata morta; accanto a lei vi era la piccola Haleigh in una situazione che i medici del Baystate Medical Center di Springfield avevano definito «di morte cerebrale».
Così il Dipartimento dei servizi sociali aveva nominato un nuovo tutore legale della bambina nella persona di Harry Spence, che (basandosi sui resoconti dei dottori che curavano la ragazzina) aveva chiesto al tribunale locale il permesso di rimuovere il respiratore e il sondino gastrico che facevano respirare e nutrivano Haleigh. Particolare non da poco: Spence non si era mai recato in ospedale per visitare la ragazzina né si era sincerato direttamente sulle sue condizioni. Si era solo fidato delle indicazioni del personale medico, il quale aveva diffuso sui media l’indicazione dei costi per 'mantenere' in vita la ragazzina: 4 mila dollari al giorno. Anzi: dopo soli otto giorni dal ricovero, Hence aveva chiesto a un giudice il permesso di 'staccare la spina' di Hailegh.
Il 18 gennaio successivo la Corte suprema del Massachussetts (uno degli stati più liberal) sanciva la liceità di staccare il sondino gastrico e il ventilatore. Ma il giorno seguente Hence, andato a visitare la piccola, assistette a un 'miracolo': la ragazza rispondeva alle richieste di chi le era di fronte, dando in mano allo stesso tutore un suo giocattolo e un bloc notes. «È incredibile la sua voglia di vivere», raccontò lo stesso tutore.
La portavoce del Dipartimento, Denise Monteiro, si limitò a dire: «C’è stato un cambiamento nella situazione della ragazza. Lo stato vegetativo può non essere uno stato vegetativo totale ». Non solo: la stessa Monteiro riferì che il cambiamento decisivo nello stato di salute di Haleigh si era verificato proprio il giorno precedente, ovvero quando la Corte aveva sancito lo stacco del sondino. «La decisione di rimuovere i supporti vitali – sottolineò la portavoce del Dipartimento – è stata presa sulla base della miglior diagnosi che pensavamo fosse possibile».
Evidentemente, non era abbastanza accurata. Anzi, secondo l’autorevole Boston Globe, che ha seguito la vicenda da vicino, la situazione sanitaria di Haleigh era considerata addirittura peggiore rispetto a quella di Terri Schiavo, la giovane donna della Florida morta nel 2005 perché il tribunale ne aveva decretato la sospensione dell’alimentazione via sondino. Infatti la piccola del Massachussetts non respirava autonomamente, a differenza della Schiavo.
Hence dunque vide che la ragazzina rispondeva ai test cui i medici la sottoponevano; dopo una settimana dal clamoroso annuncio Hailegh lasciava l’ospedale di Springfield per essere trasferita in un centro di riabilitazione a Brighton. Anche la madre 'biologica' della bimba, Allison Avrett, recatasi al suo capezzale, confermava gli incredibili miglioramenti: «È in grado di rispondere ai comandi, ad esempio lascia cadere un oggetto dalle mani quando glielo si chiede».
Singolare poi che lo stesso tutore legale abbia in seguito difeso la sua precedente richiesta di sospendere l’alimentazione e la respirazione artificiale della ragazza, sebbene avesse già intravisto - prima della sorprendente ripresa della bimba - come ella sbattesse gli occhi: «Non sono un medico», si era difeso. Ma quel giocattolo che Hailegh ha preso in mano ha smentito tutte le previsioni di morte su questa piccola 'eroina' della vita.
"Altro che Olimpiadi la Cina è un orrore" - Parla Harry Wu, il dissidente che ha vissuto 19 anni nei "laogai", i campi lager comunisti ...
Un orrore lungo 19 anni. Gli cadde addosso nel 1961 quando era uno studente universitario ventitreenne e non lo abbandonò fino al 1979. Diciannove anni nei campi di lavoro della Cina comunista senza una vera colpa, senza un processo, senza un’autentica condanna. La vita di Harry Wu è ancora oggi, a 71 anni suonati, una vita segnata da quell’orrore, dal ricordo dei compagni di prigionia piegati dalla fame e dagli stenti, dalla fatica e dalla determinazione che lo aiutò a uscire dai campi di lavoro dove la Cina di Mao seppellì decine di milioni di cosiddetti «controrivoluzionari». La maggior parte dei suoi compagni di sventura non sopravvisse. Chi ci riuscì spesso non vuole ricordare.
Harry Wu ha fatto di quel ricordo la missione della sua vita. Anche dopo la libertà, dopo la «riabilitazione», dopo la fuga negli Stati Uniti, non ha mai smesso di raccontare quei 19 anni, non ha mai smesso di pronunciare la parola «laogai». Grazie a lui la «rieducazione attraverso il lavoro», introdotta dal maoismo cinese per spegnere qualsiasi opposizione e qualsiasi resistenza, è diventata sinonimo di lager e gulag. Ma il cammino è ancora lungo e Harry Wu lo sa. Nonostante sia tornato in Cina, nonostante la recensione in un dettagliato elenco degli oltre mille campi di lavoro dove ancora oggi la Cina rieduca i suoi dissidenti, nonostante sia stato nuovamente arrestato, nuovamente condannato e definitivamente espulso dalla Cina, la battaglia di Harry Wu non si è mai fermata. Dopo il laogai e i lavori forzati ha denunciato le esecuzioni e i prelievi d’organi dai condannati a morte. Solo grazie a lui molte delle nefandezze del comunismo cinese sono venute alla luce, ma la strada è ancora lunga. Soprattutto in Europa, soprattutto in un continente che in nome degli affari ha spesso dimenticato le battaglie per i diritti umani. Ed ecco allora Laogai. L’orrore cinese, il nuovo libro intervista pubblicato da Spirali in cui il professor Wu ci accompagna nella raccapricciante galleria di sofferenze su cui è cresciuta e si sviluppa la potenza economica cinese. Ma questa potenza, a sentire quanto racconta Harry Wu al Giornale, potrebbe avere un orizzonte limitato perché, come ci ripete il più famoso dissidente cinese, «se a Pechino arriverà una nuova rivoluzione sarà la rivoluzione contro il comunismo».
Pechino può contare su un’economia florida, su un consenso abbastanza generalizzato, su un ferreo apparato di sicurezza e su rapporti internazionali abbastanza solidi: perché mai non dovrebbe sopravvivere?
«Perché chi comanda, il Partito, continua a professare il credo comunista e questo lo porterà a fare i conti con le proprie contraddizioni interne. Il comunismo puntava ad abolire la proprietà privata, la libertà di pensiero, di parola e di religione. Ma oggi la libertà economica diffonde anche un desiderio di libertà autentica. La gente apprezza il benessere, ma desidera la proprietà privata, vuole possedere la terra su cui vive. Ma in Cina nessuno può possedere la terra. Quel diritto spetta solo allo Stato e al Partito. La stessa cosa vale per la religione. Chi è veramente cattolico non sa più cosa farsene dei vescovi nominati da Pechino, pretende di poter ascoltare la parola dei veri vescovi ordinati dal Papa. Lentamente questo processo travolgerà anche l’economia e chi investe i propri soldi pretenderà di sottrarla al controllo dei burocrati venuti dalle fila del Partito. Il Partito diventerà l’espressione di tutto quello che i cinesi non vogliono e sarà spazzato via».
Le Olimpiadi accelereranno questo processo?
«Le Olimpiadi non contano nulla, sono transitorie, passeggere. Quando si spegneranno i riflettori si spegnerà anche l’attenzione per i diritti umani. C’è una grande questione che tutti tendete a dimenticare. I Giochi sono affascinanti, ma passeggeri ed effimeri. La negazione dei diritti umani è invece continua perché connaturata al sistema. Non basta parlarne tre mesi per eliminarla. Conoscete qualcuno veramente disposto a boicottare i Giochi in nome dei diritti umani? Io non ne ho incontrato neppure uno».
Ma le Olimpiadi aiutano a far parlare della Cina...
«Qualsiasi cosa possiate dire, qualsiasi cosa succeda da qui alla fine dei Giochi non rappresenta un grosso problema per Pechino. Guardate il Tibet. A marzo hanno ucciso centinaia di persone e ne hanno imprigionate migliaia. Chi parla più di loro? Chi lotta per loro? Lo stesso Dalai Lama, se continueranno i colloqui con Pechino, sarà forse costretto a presenziare alle Olimpiadi».
Quali sono le violazioni dei diritti umani più plateali?
«In Cina, ci sono le esecuzioni. In Cina, le donne non sono libere di partorire. I Cina non esiste libertà di religione e di organizzazione. In Cina i mezzi di comunicazione sono interamente controllati dai comunisti e sostenuti dalle società come Yahoo, Cisco, Microsoft e Google. In Cina, se ti colleghi a Internet, devi inserire la tua carta magnetica, così la polizia scopre immediatamente che sei su Internet. La sicurezza cinese si fa dare da Yahoo o da qualsiasi altro provider le informazioni sull’indirizzo e-mail, le trasferisce ai tribunali che emettono atti d’accusa e ordini d’arresto. Ma la cosa più aberrante è forse la legge sul controllo delle nascite che toglie a donne e famiglie il diritto naturale alla procreazione. Per mettere al mondo un figlio le famiglie cinesi devono ottenere il permesso dello Stato. Per imporre questo sistema aberrante lo Stato spinge all’aborto milioni di donne e ne condanna altrettante alla sterilizzazione. Non c’è nulla di simile sulla faccia della terra».
Lei è stato il primo a denunciare i trapianti degli organi prelevati ai condannati a morte.
«La Cina, oggi, è l’unico paese al mondo che usa gli organi espiantati ai condannati a morte per i trapianti. Grazie a questa pratica la Cina è oggi il secondo paese al mondo per trapianti d’organo. Il 95 per cento degli organi proviene da prigionieri giustiziati. Di conseguenza la Cina è l’unico paese al mondo in cui il numero dei prigionieri giustiziati cresce ogni anno. E il numero delle esecuzioni resta uno dei meglio custoditi segreti di Stato».
Cosa potrà metter fine a questi orrori?
«Solo la fine del comunismo».
di Gian Micalessin
Il Giornale n. 172 del 2008-07-20
Don Giussani, l’unicità dell’Io e degli altri, di Luca Doninelli
IlGiornale, 31 luglio 2008
Sono i libri da me più attesi e temuti. Sono i libri detti «dell’équipe», da tre anni in uscita presso Rizzoli, che raccolgono i testi degli incontri tenuti da don Luigi Giussani con gruppi di responsabili di Comunione e Liberazione. Uomini senza patria è il titolo di quest’anno (pagg. 400, euro 11), e il periodo preso in considerazione è il biennio 1982-83.
La forza di questi libri sta nel livello di familiarità tra don Giussani e quei ragazzi: una familiarità che era però l’occasione di un a-fondo diretto, spesso molto duro, senza imbottiture di circostanza, sui temi all’ordine del giorno.
La presunzione di trasformare questi colloqui in libri, e quindi in strumenti ritenuti utili per tutti (per chi c’era e per chi non c’era, per chi è ciellino e per chi non lo è, per chi è cristiano e per chi non lo è, e perfino per i non credenti) si giustifica per l’importanza ultimativa di quegli ordini del giorno - che poi si riducevano a un solo ordine del giorno, quello di noi tutti: la nostra vita con la sua sete di un significato totale.
Il titolo è preso da una frase che Giovanni Paolo II disse a don Giussani e alcuni amici: «Voi non avete patria».
«Fino a quando - scrive don Giussani - il cristianesimo è sostenere dialetticamente e anche praticamente valori cristiani, esso trova spazio e accoglienza dovunque. Ma là dove il cristiano è l’uomo che annuncia nella realtà umana, storica, la presenza permanente (...) di Dio fatto Uno tra noi, oggetto di esperienza (come quella di un amico, di un padre o di una madre), attivamente determinante come orizzonte totale, come ultimo amore (...), questo uomo non ha patria». «L’avvenimento cristiano - dice ancora - ha questo come suo oggetto, come suo contenuto: la conoscenza di Cristo».
Chi fa questo non può essere amico del mondo, perché essere amici del mondo significa cercare un posto nel mondo, essere bene accolti, ospiti graditi in quanto parte del mondo stesso, e quindi già neutralizzati nella propria unicità di persone.
Si capisce così come la posta in gioco qui, come in san Paolo è sì la fede, ma la fede intesa come legame concreto, affettivo e razionale, con la persona di Gesù Cristo: un rapporto esauriente, capace di produrre una pace nuova. In altre parole: la posta in gioco è l’io, la sua irriducibilità, la sua pienezza. Non vi preoccupate se siete ciellini o no, credenti o atei: leggete questo libro. La sua forza, nata da uno spunto concretissimo, si dilata, è per tutti. Come le lettere di san Paolo o, se volete, quelle di don Milani.