domenica 16 marzo 2008

Nella rassegna stampa di oggi:

1) Papa: Basta con le stragi, basta con le violenze, basta con l’odio in Iraq!
2) Un appello in risposta ad Adriano Sofri - Contiamo fino a un miliardo - Catena umana, alla radio, per far capire che l’aborto non è un’astrazione, di Giuliano Ferrara
3) M.O. GENOCIDIO STRISCIANTE - OCCHI CHIUSI SULLA SPARIZIONE DEI CRISTIANI
4) Il Dalai Lama è finito tra l’incudine e il martello
5) Magdi Allam: la mia battaglia contro i taglia-lingua nostrani


16/03/2008 12:14
VATICANO – IRAQ
Papa: Basta con le stragi, basta con le violenze, basta con l’odio in Iraq!
Accorato grido di Benedetto XVI dopo la morte di mons. Paulos Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mosul, seguita al suo rapimento. Solidarietà al popolo irakeno, segnata da 5 anni di guerra, che ha distrutto la vita civile e sociale.

Città del Vaticano (AsiaNews) - "Basta con le stragi, basta con le violenze, basta con l’odio in Iraq!": è il fermo grido "forte e accorato" lanciato da Benedetto XVI alla fine della messa della Passione, nella domenica delle Palme, a commento della morte dell'arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Paulos Faraj Rahho. Il pastore, che era molto malato e bisognoso di medicine, era stato rapito da gruppi fondamentalisti in Iraq e ritrovato morto su indicazione dei rapitori alcuni giorni fa.
Il papa ha ricordato "la sua bella testimonianza di fedeltà a Cristo, alla Chiesa e alla sua gente, che nonostante numerose minacce non aveva voluto abbandonare" e ha lanciato "un appello al Popolo iracheno, che da cinque anni porta le conseguenze di una guerra che ha provocato lo scompaginamento della sua vita civile e sociale: amato Popolo iracheno, solleva la tua testa e sii tu stesso, in primo luogo, ricostruttore della tua vita nazionale! Siano la riconciliazione, il perdono, la giustizia e il rispetto della convivenza civile tra tribù, etnie, gruppi religiosi, la solidale via alla pace nel nome di Dio!".


15 marzo 2008
Un appello in risposta ad Adriano Sofri - Contiamo fino a un miliardo - Catena umana, alla radio, per far capire che l’aborto non è un’astrazione, di Giuliano Ferrara
Dal Foglio.it
Uno. Pausa. Due. Pausa. Tre. Pausa. Quattro. Così, senza tregua, fino a un miliardo. Centosessantaquattro. Pausa. Centosessantacinque. Pausa. Parlando a Verona nel suo tour veneto per presentare la lista “Aborto? No, grazie”, Giuliano Ferrara ha lanciato un appello “a padre Livio Fanzaga di Radio Maria, a Radio Vaticana, a tutte le radio cattoliche, quelle libere, commerciali, alle radio di stato e a tutte le televisioni”. L’appello vuole essere la risposta ad Adriano Sofri, “che sostiene che la cifra di un miliardo di aborti nel mondo negli ultimi trent’anni è un’astrazione, una citazione letteraria, come se fosse il Milione di Marco Polo”. Da qui l’invito a tutti gli organi di informazione audio e video perché dal giorno dopo Pasqua, il 24 marzo, ospitino “una catena umana di volontari che, ventiquattro ore su ventiquattro, si avvicendino tra loro a contare da zero fino a un miliardo”. Milleuno. Pausa. Milledue. Pausa. Milletre. L’operazione è tecnicamente molto semplice: qualcuno in un microfono esprimerà “la verità del nostro tempo in termini numerici”. Perché un miliardo di bambini non nati non può essere un’astrazione. Scandendo bene le parole. Cento-quaranta-sette-mila-seicento-cinquanta-tre. Pausa. Cento-quaranta-sette-mila-seicento-cinquanta-quattro. Pausa. Senza commenti, con la giusta gravità. Duecentotremila. Pausa. Duecentremilauno. Pausa.
Chiunque abbia mai provato a contare così a lungo sa quanto sia faticoso. Un’impresa che vuole significare quanto impegno, tempo e fatica occorrono per dire che cosa sia l’aborto anche solo in termini numerici. Un-milione-cinquecentomila-seicento-trenta-quattro. Pausa. Un lungo elenco di numeri che verrà letto continuativamente e trasmesso dalle radio e dalle tv “in modo carsico fino e oltre il giorno delle elezioni politiche”. Una triste conta numerica che faccia capire a chi segue in radio e tv dibattiti e contese su Ici, prezzi in aumento, articoli 18 o argomenti più futili, “di cosa stiamo parlando”. Sette-milioni-ottocento-mila-trecento-ventotto. Pausa. Un’impresa titanica che vedrà tra gli speaker volontari gente da tutto il mondo: Spagna, Stati Uniti, Polonia, Messico, Inghilterra, paesi in cui la moratoria sull’aborto sta trovando consensi. One-hundred-millions-two-thousands-fifty-eight. Pausa. In tutte le lingue con cui parla oggi la lotta per la vita.
Tutti avranno in questo modo la possibilità di conoscere la catena lunghissima di numeri che hanno segnato il dramma del nostro tempo. Un fiume carsico che emergerà dai palinsesti e scorrerà nelle case, nelle automobili, nei bar della gente. Due-tre minuti ogni due ore. Quattro-cento-settanta-milioni-novecento-novanta-nove-mila-tre-cento-diciotto. Pausa. Come lancette dell’orologio che segnano il tempo che passa, questa grave enumerazione ricorderà quello a cui il mondo dell’informazione ha “per troppo tempo voltato le spalle fingendo di non vedere”. Sei-cento-trenta-due-milioni-cento-quaranta-tre-mila-uno. Pausa. Sei-cento-trenta-due-milioni-cento-quaranta-tre-mila-due. Un appello che potrebbe rappresentare “il punto di svolta nella significatività e nell’impegno civile di chi, dovendo farlo, non si è mai opposto a che l’aborto divenisse un fenomeno sempre più moralmente indifferente”. Radio e televisioni che diventino la voce di un miliardo di voci messe a tacere. Novecento-novanta-nove-milioni-novecento-novanta-nove-mila-novecento-novanta-nove. Un miliardo.



M.O. GENOCIDIO STRISCIANTE - OCCHI CHIUSI SULLA SPARIZIONE DEI CRISTIANI
Avvenire, 16.3.2008
LUIGI GENINAZZI
Chi s’interessa di loro? Chi di­fende i nuovi perseguitati a causa della fede? Chi si preoccupa della sorte dei cristiani in Medio Oriente? Sono domande non più eludibili all’indomani della tragica morte del vescovo iracheno di Mo­sul che ci ha messo sotto gli occhi il martirio quotidiano della Chie­sa caldea, una delle comunità cri­stiane più antiche ed ora più du­ramente messe alla prova.
«I cristiani iracheni rischiano di scomparire», è l’allarme lanciato dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardina­le Leonardo Sandri, nell’intervista pubblicata ieri dal nostro giorna­le. E le cose non vanno meglio nel resto della regione medio-orien­tale. «Qui la comunità cristiana soffre sempre di più» ammette pa­dre Pizzaballa, custode francesca­no della Terra Santa che ricorda la drastica riduzione dei fedeli, sce­si dal 20 al 2% della popolazione negli ultimi quarant’anni. «I cri­stiani del Libano sono vicini all’a­bisso », ha dichiarato pochi giorni fa il Patriarca Sfeir, la più alta au­torità della Chiesa nel Paese dei cedri dove l’esodo di maroniti, or­todossi e latini ha subìto una for­te accelerazione a partire dall’e­state del 2006, in seguito al recen­te conflitto con Israele.
Fino al 1960 i cristiani erano la maggioranza in Libano, oggi sono circa un terzo. In Iraq erano 800 mila fino al 2003, in cinque anni se ne sono andati più della metà. Ad Aleppo, la città della Siria luogo storico della Chiesa dei primi se­coli, fino a pochi anni fa un abi­tante su due era cristiano. Oggi i fedeli sono poche migliaia, il 6% della popolazione. È un fatto: la maggioranza dei cristiani del Me­dio Oriente vive ormai all’estero, in Europa, negli Stati Uniti, in A­merica Latina. Ci sono più catto­lici palestinesi a Buenos Aires che non a Betlemme.
Se ne vanno per sfuggire alla po­vertà, alla crisi economica, al caos sociale e alle discriminazioni po­litiche che spesso assumono un carattere persecutorio. Circonda­ti da un clima di crescente ostilità, minacciati e ricattati dai fonda­mentalisti islamici, molti imboc­cano la via dell’emigrazione. Per i cristiani dell’Iraq si tratta di una scelta quasi obbligata, costretti da bande di jihadisti ad abbandona­re case e negozi sotto la minaccia delle armi. Chi resiste si candida alla morte.
Così ci si avvia al genocidio stri­sciante, alla pulizia etnica della mi­noranza cristiana in Medio O­riente. Una tragedia davanti a cui l’Occidente preferisce chiudere gli occhi. Nel grande scontro di civiltà 'tra democrazia e islam' i cristia­ni medio-orientali rappresentano un terzo attore guardato con so­spetto dai due protagonisti. In quanto cristiani sono visti come una quinta colonna del nemico, simpatizzanti nascosti dell’Occi­dente e dell’America. In quanto a­rabi sono considerati troppo o­rientali, incapaci d’intendere le ra­gioni della civiltà occidentale.
I cristiani del Medio Oriente sono il punto cieco della nostra visione del mondo. Ragioniamo e discet­tiamo senza tener conto della lo­ro drammatica esistenza. È ora di cambiare prospettiva, mettendo al centro di ogni discorso sull’i­slam e di ogni analisi sul Medio O­riente il ruolo fondamentale del­la minoranza arabo-cristiana co­me fattore di dialogo e di ponte tra culture e religioni diverse. Ne va della loro sopravvivenza. Ma, a ben vedere, anche della nostra ci­viltà.


ACCUSE AL CAPO SPIRITUALE
Il Dalai Lama è finito tra l’incudine e il martello

Avvenire, 16.3.2008
Ancora una volta il Dalai Lama tra i due fuochi. L’ex capo dello stato tibetano, fuggiasco in India nel 1959 e massima autorità riconosciuta del buddhismo mondiale deve oggi tentare di trovare un proprio ruolo nella crisi in atto, sapendo che i suoi interlocutori – i tibetani in rivolta a Lhasa e altrove e in protesta in India, come pure le autorità cinesi – sono in modo uguale e diverso sorde alla sua voce.
Anche ieri Pechino ha accusato il Premio Nobel per la Pace 1972 di essere a capo delle violenze che sono in parte reali e in parte categorizzate come tali dall’insofferenza verso qualsiasi manifestazione di dissensa.
Tuttavia proprio lui non ha mai smesso di portare il malcontento e la ribellione dei tibetani rimasti sotto il dominio cinese, come l’ansia di rivalsa e la frustrazione degli esuli, entro i binari di una protesta pacifica. Né la pressione internazionale, né i colloqui tra le sue delegazioni e le autorità cinesi hanno portato ad alcun risultato, e non solo verso l’indipendenza o verso l’idea dell’autonomia avanzata nel 1987, ma anche riguardo l’identità dei tibetani sotto controllo cinese e la prospettiva di futuro per le centinaia di migliaia di connazionali in esilio in Nepal e in Tibet. Da qui, dalle ampie sacche di povertà di frustrazione in buona parte giovanile e spesso organizzata, arriva il sostegno più forte a una causa tibetana in dissenso dall’ideale nonviolento del loro leader spirituale. ( S.V.)


Magdi Allam: la mia battaglia contro i taglia-lingua nostrani

Autore: Allam, Magdi Curatore: Buggio, Nerella
sabato 15 marzo 2008
La "Guerra santa islamica tramite i Tribunali": la mia battaglia contro i taglia-lingua nostrani
Contro di me una valanga di denunce e processi per costringermi a non scrivere e a non parlare liberamente. Ecco la versione integrale del commento pubblicato sul Corriere della Sera l'11 marzo 2008
Cari amici,
Negli Stati Uniti l’hanno ribattezzata “Jihad by Court”, ossia “la Guerra santa islamica tramite i Tribunali”. Significa assediare e inondare il “nemico dell’islam” di denunce, richieste di rettifica a mezzo stampa, richieste di risarcimento danni, processi penali e civili, fino a costringerlo a capitolare, costringendolo a prendere atto che non gli è più possibile proseguire nell’azione di contrasto dell’estremismo e del terrorismo islamico perché è troppo oneroso il costo in termini di denaro necessario a pagare gli avvocati, di tempo da dedicare alla raccolta del materiale di documentazione atto a comprovare la fondatezza di ciò che si è detto o scritto, di tensione umana per il protrarsi di una vera e propria guerra legale, materiale e psicologica in cui alla fine si rischia di sentirsi soli di fronte ad una centrale del radicalismo islamico globalizzato che dispone di ingenti risorse finanziarie, coadiuvata da una quinta colonna di non musulmani collusi ideologicamente nella condivisione del pregiudizio nei confronti degli Stati Uniti, di Israele e, più in generale, dei valori e dell’identità giudaico-cristiana che sono il fondamento della civiltà occidentale.
Ve lo spiego meglio raccontandovi alcuni particolari di un mio fine settimana.
Venerdì 7 marzo 2008 ricevo per posta nell’ordine: 1) Richiesta risarcimento danni da parte dell’avvocato Luca Bauccio per conto di Rachid Kherigi al-Ghannouchi, con riferimento a quanto ho scritto sul suo conto nel mio ultimo libro “Viva Israele”.
2) Richiesta risarcimento danni da parte dell’avvocato Luca Bauccio per conto dell’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia), con riferimento al mio articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 4 settembre 2007 dal titolo “Quei predatori d’odio contro gli apostati sono arrivati in Italia”.
3) Richiesta risarcimento danni da parte dell’avv. Luca Bauccio per conto dell’Ucoii con riferimento a ben 9 miei articoli pubblicati sul Corriere della Sera dal 14 settembre 2007 al 25 febbraio 2008.
Nella stessa giornata mi arriva via fax una quarta comunicazione, una richiesta di pubblicazione di rettifica rivolta al Corriere, direttamente da parte del presidente dell’Ucoii, Mohamed Nour Dachan, con riferimento al mio articolo del 25 febbraio 2008 dal titolo “Le nozze islamiche e il rischio di copiare Brown”.
Sabato 8 marzo scarico dalla mia mail una quinta comunicazione, una richiesta da parte dell’Ufficio Legale del Corriere della Sera di una relazione circa la causa civile intentata da al-Ghannouchi per tre miei articoli pubblicati sul giornale. Mentre per posta mi arriva una sesta comunicazione, un “decreto che dispone il giudizio” emesso dall’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, per una causa intentata da Abdellah Labdidi, imam della moschea Er Rahma di Fermo, in riferimento a un mio articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 30 novembre 2003 dal titolo “Venerdì d’odio in alcune moschee”. Sempre di sabato ho sentito telefonicamente uno dei miei avvocati, Gabriele Gatti, circa un settimo caso giudiziario, una causa intentata contro di me dai responsabili della Grande Moschea di Roma per una dichiarazione resa nel corso di una puntata della trasmissione Otto e mezzo su La7.
La domenica per fortuna l’ho passata indenne. Ma nella prima mattinata di lunedì 10 marzo ho ricevuto un’ottava comunicazione, una telefonata da parte di Bruno Tucci, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, di convocazione per una denuncia inoltrata da Hamza Roberto Piccardo, ex segretario nazionale dell’Ucoii, circa un mio articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 16 gennaio 2007, con il titolo “Poligamia, la moglie che accusa il capo Ucoii”. E nella tarda mattinata ho ricevuto una seconda telefonata da parte di un avvocato del Corriere della Sera, per una nona comunicazione per un confronto circa la causa intentata da tre docenti universitari, Aldo Bernardini, Luigi Cortesi e Claudio Moffa, i cui nomi risultavano tra gli aderenti al sedicente “Consiglio permanente dei Comitati per la resistenza del popolo iracheno”, in riferimento a un mio articolo pubblicato il 23 marzo 2004 dal titolo “Proclami e moschee”.
E’ dura trovarsi ad occuparsi di nove cause in tre giorni. Ed è logorante dover affrontare ininterrottamente decine di cause per anni. Negli Stati Uniti Daniel Pipes ha promosso un ufficio legale che offre consulenza e assistenza gratuita a tutti i cittadini americani che finiscono nel mirino degli estremisti islamici. Sarebbe ora di farlo anche qui in Italia, in Europa, negli stessi paesi musulmani dove tanti intellettuali, giornalisti , donne emancipate e religiosi riformisti sono stati costretti al silenzio dalle condanne a morte esplicite o da minacce velate. In ogni caso gli estremisti islamici e i loro complici sappiano che io non piegherò mai al terrorismo dei taglia-lingua, così come non mi sono lasciato intimidire dal terrorismo dei taglia-gola. Per la mia libertà interiore di parola e di scrittura, che è l’essenza della vera libertà, mi batterò fino all’ultimo.
Andiamo avanti sulla via della verità, della vita e della libertà con i miei migliori auguri di successo e di ogni bene.
Magdi Allam

Ricordo Magdi Allam ad un pranzo l'agosto scorso, si parlava di politica, di amicizia e futuro, e ascoltandolo parlare in modo chiaro e pacato, ho pensato a come deve vedere il futuro, suo e della sua famiglia, un uomo che vive scortato a causa delle cose che pensa e che scrive.
Avrebbe dopo poco partecipato alla presentazione del libro scritto da Gloria Riva, una suora, e Fabio Cavallari, un comunista non credente, lui ne aveva curata la prefazione e raccontava di come sia possibile agli uomini a tutti gli uomini non solo convivere, ma arricchire il proprio sapere e il proprio cuore condividendo la vita e l'esperienza di altri, anche molto lontani da noi.
Leggere questa lettera mi rattrista, mi fa sentire impotente.
Conferma che Magdi Allam aveva ragione, chi non vuole l'integrazione, non vuole la convivenza, non vuole usare la ragione, usa tutti i mezzi anche quelli leciti, messi a disposizione dalla democrazia che tanto contesta, per fermare la sua penna, per rendergli difficile il lavoro e la vita.
Coraggio Magdi, non sei solo.
Soli sono coloro che si sentono forti, perchè tenuti insieme dalla paura e da un'ideologia che acceca il loro cuore e impedisce loro di essere felici e di costruire un futuro sereno per i loro figli.
A te e alla tua coraggiosa famiglia, un abbraccio.

Nerella