Nella rassegna stampa di oggi:
1) L'AMORE È IL SENSO DELLA STORIA, SPIEGA BENEDETTO XVI - Commenta nell'Angelus l'"Inno alla carità" di San Paolo
2) IL MITO DELL'UOMO PERFETTO - Le origini culturale della mentalità eugenetica - di Giorgia Brambilla*
3) «Casini» in casa Udc - Casini e lo sfregio ai vertici della Chiesa - L’Udc-Casini si allea prima con la Bresso in Piemonte e poi anche con Burlando in Liguria. Provocando così una certa irritazione negli ambienti ecclesiastici e non solo. E non a torto. La Regione Liguria, ad esempio, ha approvato da poco una legge con le «Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere» in cui si equiparano le famiglie fondate sul matrimonio a quelle omosessuali nell’accesso, ad esempio, ai servizi abitativi. Secondo autorevoli indiscrezioni, Ruini avrebbe parlato con il segretario del partito, Lorenzo Cesa, nel tentativo di far rientrare l’appoggio a Burlando, ma invano… Sarà bene tenerne conto al momento del voto, proprio per evitare ulteriori «casini»… - di Andrea Tornielli
L'AMORE È IL SENSO DELLA STORIA, SPIEGA BENEDETTO XVI - Commenta nell'Angelus l'"Inno alla carità" di San Paolo
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 31 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L'amore non è solo l'essenza di Dio, ma anche il senso della storia, ha spiegato questa domenica Benedetto XVI.
Nell'incontro settimanale con i pellegrini per recitare la preghiera mariana dell'Angelus, il Pontefice ha riflettuto sull'"Inno alla carità" dell'apostolo Paolo (1 Corinzi 12,31-13,13), che ha definito "una delle pagine più belle del Nuovo Testamento e di tutta la Bibbia".
La "via" della perfezione, ha spiegato il Papa nel suo commento, "non consiste nel possedere qualità eccezionali: parlare lingue nuove, conoscere tutti i misteri, avere una fede prodigiosa o compiere gesti eroici".
"Consiste invece nella carità - agape - cioè nell'amore autentico, quello che Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo", ha dichiarato rivolgendosi ai pellegrini riuniti in Piazza San Pietro in Vaticano.
Citando l'Apostolo delle Genti, ha sottolineato che "la carità è il dono 'più grande', che dà valore a tutti gli altri, eppure 'non si vanta, non si gonfia d'orgoglio', anzi, 'si rallegra della verità' e del bene altrui".
"Chi ama veramente 'non cerca il proprio interesse', 'non tiene conto del male ricevuto', 'tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta'. Alla fine, quando ci incontreremo faccia a faccia con Dio, tutti gli altri doni verranno meno; l'unico che rimarrà in eterno sarà la carità, perché Dio è amore e noi saremo simili a Lui, in comunione perfetta con Lui".
Parlando dalla finestra del suo studio, Benedetto XVI ha osservato che "per ora, mentre siamo in questo mondo, la carità è il distintivo del cristiano. E' la sintesi di tutta la sua vita: di ciò che crede e di ciò che fa".
Per questo, ha detto di aver voluto dedicare il primo grande documento del suo pontificato, l'Enciclica Deus caritas est, al tema dell'amore.
"L'amore è l'essenza di Dio stesso, è il senso della creazione e della storia, è la luce che dà bontà e bellezza all'esistenza di ogni uomo", ha dichiarato raccogliendo le idee centrali di quel documento.
Al tempo stesso, ha aggiunto, "l'amore è, per così dire, lo 'stile' di Dio e dell'uomo credente, è il comportamento di chi, rispondendo all'amore di Dio, imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo".
Gesù, ha indicato, "è l'Amore incarnato. Questo Amore ci è rivelato pienamente nel Cristo crocifisso".
Ha infine spiegato che la vita dei santi, con la loro grande varietà di temperamenti, ha un denominatore comune: "è un inno alla carità, un cantico vivente all'amore di Dio".
Visto che il 31 gennaio la Chiesa ricordava San Giovanni Bosco, fondatore della Famiglia Salesiana e patrono dei giovani, il Pontefice ha concluso invocando la sua intercessione "affinché i sacerdoti siano sempre educatori e padri dei giovani; e perché, sperimentando questa carità pastorale, tanti giovani accolgano la chiamata a dare la vita per Cristo e per il Vangelo".
IL MITO DELL'UOMO PERFETTO - Le origini culturale della mentalità eugenetica - di Giorgia Brambilla*
ROMA, domenica, 31 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Ottimismo positivista, regimi totalitari, organizzazioni statuali liberal-democratiche. L'eugenetica è arrivata fino a giorni nostri? Scrive Lucia Galvagni, commentando Hans Jonas: «Le forme che l'eugenetica ha assunto ricalcano una triplice distinzione» (1).
Il controllo protettivo ha i tratti di un'eugenetica preventiva, intesa come una politica della riproduzione tesa a prevenire la trasmissione di geni patogeni o comunque nocivi, impedendo la procreazione ai loro portatori. «Questo tipo di arte genetica», scrive Galvagni, «è assimilabile all'attuale medicina preventiva» (2).
Si pensi al counselling genetico, mediante il quale alla coppia si forniscono le probabilità della nascita di un figlio affetto dalla loro stessa malattia, oppure alla diagnosi prenatale. Se nel primo caso il consiglio è volto a evitare il concepimento di un figlio malato o portatore di una determinata malattia genetica, nel secondo si pone persino la possibilità di abortire il feto malato o supposto tale.
«La selezione prenatale (..) rappresenta, quindi, una seconda forma dell'eugenetica e denota già un passaggio dal piano preventivo a quello migliorativo»: si dischiude la possibilità di distinguere e selezionare - e questa sarebbe eugenetica negativa - gli individui sani da quelli malati. Vi è infine la vera e propria eugenetica positiva, come selezione umana pianificata, «dato che il suo intento è quello di migliorare la qualità della specie e di renderla più perfetta di quanto la natura non l'abbia fatta» (3).
È importante, però, sottolineare che fino alla cosiddetta "genetica liberale" (4) i poli entro cui si muoveva la "scelta del più adatto" erano Stato-specie (o razza o categoria sociale): lo Stato mediante eugenisti e scienziati in nome del benessere della collettività metteva in atto programmi medico-sociali massificati rivolti a una determinata categoria di individui ritenuti "dannosi".
Invece, la prassi eugenetica della società liberale si basa sul binomio individuo-individuo nel contesto di una diffusione sistematica della diagnosi prenatale e dell'applicazione delle tecniche di ingegneria genetica (5).
Quindi, mentre la vecchia genetica autoritaria cercava di modellare i cittadini a partire da un unico stampo centralizzato, portando come conseguenza una diminuzione dell'ambito della libertà riproduttiva, la nuova genetica liberale, caratterizzata dalla neutralità dello Stato, estende radicalmente tale libertà ed è il singolo a decidere quali fattori genetici siano vantaggiosi o meno (6).
Il problema terminologico consiste nel decidere se chiamare "eugenetica" tale pretesa individuale e individualistica, ponendo l'accento sulla questione antropologica che vi soggiace, oppure, dando più rilievo alle origini storiche, ritenere che tale termine usato oggi, in assenza di coercizione e non diretto alla specie, sia anacronistico.
Il libro "Il Mito dell'uomo perfetto" intende dimostrare la presenza dell'eugenetica nel contesto contemporaneo, partendo dall'idea che di eugenetica si possa parlare anche oggi, ma in termini di mentalità.
Bisogna chiedersi, allora: a chi tocca oggi migliorare la vita? Quel compito di ricercare l'uomo perfetto, che prima era toccato a politiche di Stato o alla mano di dittatori, ora chi lo svolge e perché? L'"eliminazione dei difettosi", che da Galton è passata a politiche di "igiene pubblica" e poi alla tragedia nazista, come e dove avviene oggi?
La risposta a tali domande è possibile se si considera l'eugenetica attraverso un approccio antropologico, ovvero analizzando nei vari ambiti storico-culturali quella visione riduttivista e biologista dell'essere umano che caratterizza l'eugenetica e che, come tale, non è necessariamente legata ad un unico periodo storico.
Il presente lavoro vuole mettere in evidenza, infatti, che l'eugenetica, come in altri momenti storici, possieda una sua particolare connotazione anche in quello attuale: cambia la "scenografia", ma il "copione" resta lo stesso.
E questo copione altro non è che lo sguardo reificante nei confronti dell'essere umano ridotto al suo patrimonio genetico; una visione svilente che questa ricerca intende descrivere a partire dalle sue origini culturali, dimostrando, quindi, che l'eugenetica è presente anche nel mondo contemporaneo, come lo è stata in altri periodi storici, sottoforma di mentalità, per poi mostrarne le gravi conseguenze sull'individuo e sulla società, con particolare riferimento al mondo della Bioetica.
1 L.GALVAGNI, L'eugenetica: la prospettiva etica di H.Jonas, in "Humanitas", 4/2004, p.710; Cfr. H.JONAS, Dalla fede antica all'uomo tecnologico, Il Mulino, Bologna, 1991; ID, Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio di responsabilità, Einaudi, Torino, 1997.
2 Ibidem.
3 Ibidem.
4 Cfr. J.HABERMAS, Il futuro della natura umana. I rischi di una genetica liberale, Einaudi, Torino, 2004
5 Cfr. R.MORDACCI, La sfida dell'eugenetica nell'orizzonte della biopolitica, in "Humanitas", 4/2004, pp. 718-722.
6 Cfr. N.AGAR, Liberal Eugenics, in H.KHUSE, P.SINGER (a cura di), Bioethics, Blackwell, London, 2000, p.17.
Per chiunque voglia approfondire il tema, consigliamo la lettura de "Il mito dell'uomo Perfetto - le origini culturali della mentalità eugenetica", IF Press (www.if-press.com, info@if-press.com).
* Giorgia Brambilla Ha conseguito nel 2003 la Laurea in Ostetricia presso l'Università degli studi di Pavia, nel 2005 la Licenza in Bioetica presso l'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum" (APRA) di Roma, nel 2009, nello stesso Ateneo, il Dottorato in Bioetica. E' Laureanda in Scienze Religiose presso la Pontificia Università Lateranense.
Nell'APRA è Professore Invitato presso la Facoltà di Bioetica e Professore di Filosofia dell'uomo e di Morale Speciale presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose. È redattrice della rivista "Studia Bioethica". Svolge attività didattiche integrative per l'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" presso il Corso di Laurea in Ostetricia e per il Master di I e II livello in Bioetica clinica dell'Università degli Studi di Roma "Sapienza".
«Casini» in casa Udc - Casini e lo sfregio ai vertici della Chiesa - L’Udc-Casini si allea prima con la Bresso in Piemonte e poi anche con Burlando in Liguria. Provocando così una certa irritazione negli ambienti ecclesiastici e non solo. E non a torto. La Regione Liguria, ad esempio, ha approvato da poco una legge con le «Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere» in cui si equiparano le famiglie fondate sul matrimonio a quelle omosessuali nell’accesso, ad esempio, ai servizi abitativi. Secondo autorevoli indiscrezioni, Ruini avrebbe parlato con il segretario del partito, Lorenzo Cesa, nel tentativo di far rientrare l’appoggio a Burlando, ma invano… Sarà bene tenerne conto al momento del voto, proprio per evitare ulteriori «casini»… - di Andrea Tornielli
Bisogna rileggere con attenzione le parole pronunciate lunedì scorso dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei quando, al termine della sua prolusione al Consiglio permanente del vescovi italiani, ha parlato del suo «sogno» di una nuova classe di politici cattolici, per comprendere quanto tesi siano in questo momento i rapporti tra l’Udc di Pier Ferdinando Casini e i vertici della Conferenza episcopale. Uno dei nodi venuti al pettine è il sostegno del partito di Casini al candidato del centrosinistra per la Regione Liguria, Claudio Burlando, già presidente uscente. Un apparentamento che arriva in una regione del cui capoluogo è arcivescovo lo stesso Bagnasco, al quale il testimone è stato passato nel 2006 dal cardinale Tarcisio Bertone, chiamato in Vaticano quale «primo ministro» di Benedetto XVI. Si tratta, insomma, della città (e della regione) che ha avuto e ha per vescovi metropoliti i due porporati più in vista e più esposti per ragioni d’ufficio nel rapporto con la politica italiana.
La vicenda, che il Giornale è in grado di ricostruire, presenta retroscena più complessi di quanto possa sembrare a prima vista. Lo scorso autunno, Casini avrebbe chiesto a Bagnasco un parere e una sorta di via libera all’apparentamento. L’arcivescovo non avrebbe detto di no, mostrandosi prudentemente possibilista, anche in considerazione del rapporto tutto sommato buono che lo legava al presidente della Regione Burlando, il quale ha voluto un rappresentante della Curia genovese nella Fondazione Carige e nei mesi scorsi, nonostante il parere contrario della sinistra radicale, ha provveduto a stanziare i fondi regionali per gli oratori previsti dalla legge varata al tempo della giunta di centrodestra. E Casini si è così affrettato a comunicare questo via libera, filtrato anche sulla stampa, con la gratitudine di Burlando, divenuto così anche candidato dell’Udc.
Di lì a poco, però, a fine ottobre, la Liguria, seconda regione a farlo dopo la Toscana, ha approvato una legge con le «Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere». Una legge che non è piaciuta alla Curia genovese, non nelle parti in cui si afferma la giusta necessità di combattere l’omofobia e le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, quanto piuttosto in quelle nelle quali di fatto si equiparano le famiglie fondate sul matrimonio a quelle omosessuali nell’accesso, ad esempio, ai servizi abitativi. Non è un caso, dunque, che uno dei primi tre punti programmatici del candidato presidente sostenuto dal centrodestra, il cattolico Sandro Biasotti, sia proprio la revisione della legge regionale sull’omofobia.
Anche da Oltretevere, a questo punto, sarebbe stata manifestata qualche preoccupazione per l’apparentamento dell’Udc con la sinistra in Liguria. In extremis, per tentare di convincere Casini a fare dietrofront, è sceso in campo il cardinale Camillo Ruini, l’ex presidente della Cei ed ex Vicario del Papa, che è stato uno dei principali sponsor dell’Udc e ha fatto il possibile perché, in occasione delle ultime elezioni politiche, il partito di Casini fosse alleato con il centrodestra. Secondo autorevoli indiscrezioni, Ruini avrebbe parlato con il segretario del partito, Lorenzo Cesa, nel tentativo di far rientrare l’appoggio a Burlando. Ma ormai era troppo tardi.
Anche alla luce di questi avvenimenti vanno dunque lette le parole del cardinale Bagnasco, che lunedì scorso ha parlato del suo «sogno a occhi aperti» di una «generazione nuova» di italiani e di credenti «che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico». Politici che incarnino gli ideali cristiani e li traducano nella storia «non cercando la via meno costosa della convenienza di parte comunque argomentata, ma la via più vera, che dispiega meglio il progetto di Dio sull’umanità, e perciò capaci di suscitare nel tempo l’ammirazione degli altri, anche di chi è mosso da logiche diverse». Parole che avevano ben presente quanto avvenuto nelle ultime settimane con gli apparentamenti a scacchiera dell’Udc.
Il Giornale sabato 30 gennaio 2010
E in cambio delle poltrone Pier infila nel suo forno pure comunisti e abortisti
I centristi si alleano in quattro regioni con la sinistra e finiscono insieme a Rifondazione, Radicali e No Tav
di Paolo Bracalini
Centristi falce e martello. Ma chi lo spiega ai cattolici elettori di Casini che se vincessero i candidati sostenuti dall’Udc, nei consigli regionali e negli assessorati di quattro regioni finirebbero i loro peggiori nemici: comunisti, abortisti, vendoliani, promotori di moschee, nemici del crocifisso, teorici delle coppie di fatto, dei matrimoni gay e di altre ricette indigeste per gli stomaci moderati? Toccherebbe proprio a lui, a Casini, anche se finora il leader si è occupato d’altro: tessere la tela delle cosiddette «alleanze variabili» o, con altra metafora da Prima Repubblica, accendere le caldaie per i due o tre forni elettorali in cui cuoce il tatticismo degli ex democristiani. Il segretario Cesa ha respinto le accuse di opportunismo elettorale: «Tutti parlano di due forni, io parlo di coerenza». Il principio delle alleanze udiccine in effetti è molto razionale: correre da soli dove non si è influenti e quindi non si ha potere contrattuale (per esempio in Veneto e Lombardia dove è scontata la vittoria del centrodestra, o in Toscana, Umbria ed Emilia-Romagna dove tradizionalmente sbanca il centrosinistra). Alleati invece con l’uno o con l’altro nelle regioni in bilico, a seconda di chi sia favorito: il Pd in Liguria e in Piemonte (anche se di poco), il Pdl in Calabria e forse Campania. Mettendo in campo, però, una serie di relazioni molto pericolose.
Si prenda il caso di scuola: il Piemonte. L’inedita accoppiata non è solo tra i bacchettoni dell’Udc e i laicisti della Bresso, ma anche tra centristi e Radicali, insomma il diavolo con l’acqua santa. La lista Bonino-Pannella fa parte della coalizione in cui si ritrova anche l’Udc, un amalgama multicolore che si allarga in tutti i sensi pur di sommare voti: dai Verdi anti-nucleare (mentre l’Udc è pro-nucleare) ai Comunisti anti-Tav (mentre i casiniani sono pro-Tav) ai pannelliani pro-Ru486 (la «pillola assassina» per l’Udc), all’Idv di Di Pietro (che sull’Udc parla di «politica da meretricio»...). I Comunisti hanno già un posto nel listino del presidente, la quota cioè di consiglieri eletti con il governatore in base al premio di maggioranza. In cambio l’Udc avrebbe incassato la vicepresidenza della Regione e almeno un assessorato pesante, probabilmente la Sanità. Si vocifera anche di parenti in lista. Il quotidiano online Affaritaliani scrive che uno degli assessori in quota Udc potrebbe chiamarsi Caterina Bima, «famosissimo notaio di Torino nonché compagna del vicesegretario nazionale dell’Udc, Michele Vietti». Il figlio dell’onorevole udiccìno Teresio Delfino, papabile vicepresidente della Regione in caso di vittoria, sarebbe invece - sempre secondo il quotidiano web - piazzato come candidato al consiglio regionale.
Ma la stessa elasticità politica («alla Fregoli», direbbe Carlo Giovanardi) viene sfoggiata dall’Udc anche in Liguria, dove i casiniani, custodi dei valori cattolici e della famiglia, appoggiano il governatore uscente Claudio Burlando (Pd), ritrovandosi così a braccetto con la sinistra scalmanata che - tra le altre cose - sponsorizza la costruzione di una moschea a Genova, mentre l’Udc locale ha addirittura raccolto firme per dire no. Nella stessa accolita elettorale ci sono i Comunisti, Rifondazione comunista, i Socialisti, l’Idv di Tonino, i Verdi. Qui la contropartita però è altrettanto golosa: l’assessorato alle Attività produttive già prenotato dal coordinatore regionale del partito, e in più forse un rimpasto al Comune di Genova, dove l’Udc (che ora è all’opposizione) entrerebbe nella spartizione del potere come premio per l’appoggio regionale.
Nelle Marche, terza regione in cui l’Udc si butta a sinistra, i due forni dell’Udc sono ancora più sorprendenti. Lì i centristi sono all’opposizione da quindici anni, e lo sono tuttora. Eppure tra due mesi sosterranno il governatore uscente Gian Mario Spacca (Pd), a cui fanno opposizione in Regione e contro cui avevano espresso un candidato alle precedenti elezioni regionali. «Per due strapuntini hanno svenduto i loro valori, ideali e storia» dice Remigio Ceroni, deputato marchigiano del Pdl e coordinatore regionale. Gli «strapuntini» sarebbero la vicepresidenza e un assessorato importante, quanto basta per il papocchio elettorale. Anche se si tratta di convivere con la Sel (Sinistra e libertà) di Vendola, e molto probabilmente anche con Pdci e Rifondazione comunista. Stesso schieramento variopinto che si ritrova in Basilicata, quarta e ultima regione dove l’Udc è in versione falce e martello. A fargli compagnia c’è anche l’Api di Rutelli, tutti insieme con Rifondazione, Pdci, vendoliani e Idv. Il 6 per cento dell’Udc, qui come altrove, può servire. Purché alla fine non sia Casini a finire scottato dai suoi stessi forni.
Il Giornale sabato 30 gennaio 2010