venerdì 29 gennaio 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1) DISCORSO DI BENEDETTO XVI NELL'UDIENZA ALLE PONTIFICIE ACCADEMIE - Occorre promuovere un autentico umanesimo cristiano
2) NASCE UN SITO INTERNET SUI CRISTIANI PERSEGUITATI - “Dove Dio piange” mostra la testimonianza di agenti pastorali in zone di pericolo
3) Papa e antipapa. Lo strano caso delle elezioni amministrative a Roma e regione - Alla carica di governatore del Lazio è in corsa Emma Bonino, da sempre avversaria irriducibile della Chiesa. Tra il clero e i cattolici molti l'appoggiano, e la gerarchia lascia correre. Un intellettuale laico si ribella e accusa - di Sandro Magister
4) Gender e nozze gay. - L’Europa ora frena - di Pierluigi Fornari - Avvenire 28 Gennaio 2010
5) Laici fuorilegge - Mario Mauro - venerdì 29 gennaio 2010 – ilsussidiario.net
6) Dirette web - Oggi - diretta video con Giovanni Bazoli, Pierluigi Bersani e Giorgio Vittadini – ilsussidiario.net - Questa sera sarà possibile seguire in diretta video dalle 17:15 l'incontro organizzato nell'aula magna dell’Università di Padova (palazzo del Bo, via VIII Febbraio, 2 - Padova) dall'Associazione Culturale Universitaria Antonio Rosmini dal titolo: Caritas in veritate, un vademecum per orientarsi nel mondo globalizzato - Partecipano: Mons. Giampaolo Crepaldi, Giovanni Bazoli, Pierluigi Bersani, Giorgio Vittadini, Maurizio Sacconi. Modera Massimo Castagnaro
7) ANTEPRIMA/ Bernardini: i miei appunti sulla "sfida"di portare in Tv la fiction su S. Agostino - Massimo Bernardini - venerdì 29 gennaio 2010 – ilsussidiario.net
8) 27 Gennaio 2010 – IDEE - L’anima «densa» di Mounier da http://www.avvenire.itbaia

DISCORSO DI BENEDETTO XVI NELL'UDIENZA ALLE PONTIFICIE ACCADEMIE - Occorre promuovere un autentico umanesimo cristiano

ROMA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì da Benedetto XVI nel ricevere in udienza, in Vaticano, i membri delle Pontificie Accademie in occasione della 14a Seduta pubblica.

* * *
Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
illustri Presidenti e Accademici,
Signore e Signori!
Sono lieto di accogliervi e di incontrarvi, in occasione della Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, momento culminante delle molteplici attività dell’anno. Saluto Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto. Estendo il mio saluto ai Presidenti delle Pontificie Accademie, agli Accademici e ai Sodali presenti. L’odierna Seduta Pubblica, nel corso della quale è stato consegnato, a mio nome, il Premio delle Pontificie Accademie, tocca un tema che, nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, riveste particolare importanza: "La formazione teologica del presbitero".
Oggi, memoria di San Tommaso d’Aquino, grande Dottore della Chiesa, desidero proporvi alcune riflessioni sulle finalità e sulla missione specifica delle benemerite Istituzioni culturali della Santa Sede di cui fate parte e che vantano una variegata e ricca tradizione di ricerca e di impegno in diversi settori. Gli anni 2009-2010, infatti, per alcune di esse, sono segnati da una specifica ricorrenza, che costituisce ulteriore motivo per rendere grazie al Signore. In particolare, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia ricorda la Fondazione avvenuta due secoli fa, nel 1810, e la trasformazione in Accademia Pontificia, nel 1829. La Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino e la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum hanno ricordato il loro 130° anno di vita, essendo state fondate entrambe nel 1879. La Pontificia Accademia Mariana Internazionale ha celebrato, poi, il 50° della propria trasformazione in Accademia Pontificia. Le Pontificie Accademie di San Tommaso d’Aquino e di Teologia hanno ricordato, infine, il decennale del loro rinnovamento istituzionale, avvenuto nel 1999 con il Motu proprio Inter munera Academiarum, che reca proprio la data del 28 gennaio.
Tante occasioni, dunque, per rivisitare il passato, attraverso la lettura attenta dei pensieri e delle azioni dei Fondatori e di quanti si sono prodigati per il progresso di queste Istituzioni. Ma lo sguardo retrospettivo e la memoria del glorioso passato non possono costituire l’unico approccio a tali eventi, che richiamano soprattutto il compito e la responsabilità delle Accademie Pontificie di servire fedelmente la Chiesa e la Santa Sede, rinnovando nel presente il ricco e diversificato impegno, che già ha prodotto preziosi frutti anche nel recente passato. La cultura contemporanea, e ancor più gli stessi credenti, infatti, sollecitano continuamente la riflessione e l’azione della Chiesa nei vari ambiti in cui emergono nuove problematiche e che costituiscono anche settori in cui operate, come la ricerca filosofica e teologica; la riflessione sulla figura della Vergine Maria; lo studio della storia, dei monumenti, delle testimonianze ricevute in eredità dai fedeli delle prime generazioni cristiane, a cominciare dai Martiri; il delicato ed importante dialogo tra la fede cristiana e la creatività artistica, a cui ho voluto dedicare l’Incontro con personalità del mondo dell’arte e della cultura, svoltosi nella Cappella Sistina lo scorso 21 novembre. In questi delicati spazi di ricerca e di impegno, siete chiamati a offrire un contributo qualificato, competente e appassionato, affinché tutta la Chiesa, e in particolare la Santa Sede, possa disporre di occasioni, di linguaggi e di mezzi adeguati per dialogare con le culture contemporanee e rispondere efficacemente alle domande e alle sfide che l’interpellano nei vari ambiti del sapere e dell’esperienza umana.
Come ho più volte affermato, l’odierna cultura risente fortemente sia di una visione dominata dal relativismo e dal soggettivismo, sia di metodi e atteggiamenti talora superficiali e perfino banali, che danneggiano la serietà della ricerca e della riflessione e, di conseguenza, anche del dialogo, del confronto e della comunicazione interpersonale. Appare, pertanto, urgente e necessario ricreare le condizioni essenziali di una reale capacità di approfondimento nello studio e nella ricerca, perché ragionevolmente si dialoghi ed efficacemente ci si confronti sulle diverse problematiche, nella prospettiva di una crescita comune e di una formazione che promuova l’uomo nella sua integralità e completezza. Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali, che penalizza particolarmente la convivenza civile e soprattutto la formazione delle giovani generazioni, deve corrispondere un’offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita e di speranza, che possa e debba interessare tutti, soprattutto i giovani. Tale impegno deve essere particolarmente cogente nell’ambito della formazione dei candidati al ministero ordinato, come esige l’Anno Sacerdotale e come conferma la felice scelta di dedicargli la vostra annuale Seduta Pubblica.
Una delle Pontificie Accademie è intitolata a San Tommaso d’Aquino, il Doctor Angelicus et communis, un modello sempre attuale a cui ispirare l’azione e il dialogo delle Accademie Pontificie con le diverse culture. Egli, infatti, riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso sia con il pensiero arabo, sia con quello ebraico del suo tempo, e, facendo tesoro della tradizione filosofica greca, produsse una straordinaria sintesi teologica, armonizzando pienamente la ragione e la fede. Egli lasciò già nei suoi contemporanei un ricordo profondo e indelebile, proprio per la straordinaria finezza e acutezza della sua intelligenza e la grandezza e originalità del suo genio, oltre che per la luminosa santità della vita. Il suo primo biografo, Guglielmo da Tocco, sottolinea la straordinaria e pervasiva originalità pedagogica di San Tommaso, con espressioni che possono ispirare anche le vostre azioni: Frà Tommaso – egli scrive - "nelle sue lezioni introduceva nuovi articoli, risolveva le questioni in un modo nuovo e più chiaro con nuovi argomenti. Di conseguenza, coloro che lo ascoltavano insegnare tesi nuove e trattarle con metodo nuovo, non potevano dubitare che Dio l’avesse illuminato con una luce nuova: infatti, si possono mai insegnare o scrivere opinioni nuove, se non si è ricevuta da Dio una ispirazione nuova?" (Vita Sancti Thomae Aquinatis, in Fontes Vitae S. Thomae Aquinatis notis historicis et criticis illustrati, ed. D. Prümmer M.-H. Laurent, Tolosa, s.d., fasc. 2, p. 81).
Il pensiero e la testimonianza di San Tommaso d’Aquino ci suggeriscono di studiare con grande attenzione i problemi emergenti per offrire risposte adeguate e creative. Fiduciosi nella possibilità della "ragione umana", nella piena fedeltà all’immutabile depositum fidei, occorre – come fece il "Doctor Communis" – attingere sempre alle ricchezze della Tradizione, nella costante ricerca della "verità delle cose". Per questo, è necessario che le Pontificie Accademie siano oggi più che mai Istituzioni vitali e vivaci, capaci di percepire acutamente sia le domande della società e delle culture, sia i bisogni e le attese della Chiesa, per offrire un adeguato e valido contributo e così promuovere, con tutte le energie ed i mezzi a disposizione, un autentico umanesimo cristiano.
Ringraziando, dunque, le Pontificie Accademie per la generosa dedizione e per l’impegno profuso, auguro a ciascuna di arricchire le singole storie e tradizioni di nuovi, significativi progetti attraverso cui proseguire, con rinnovato slancio, la propria missione. Vi assicuro un ricordo nella preghiera e, nell’invocare su di voi e sulle Istituzioni a cui appartenete l’intercessione della Madre di Dio, Sedes Sapientiae, e di San Tommaso d’Aquino, di cuore imparto la Benedizione Apostolica.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]


NASCE UN SITO INTERNET SUI CRISTIANI PERSEGUITATI - “Dove Dio piange” mostra la testimonianza di agenti pastorali in zone di pericolo

BEIRUT / KÖNIGSTEIN, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Un sito Internet dedicato alle nuove persecuzioni subite dai cristiani è stato lanciato il 25 gennaio su iniziativa della Catholic Radio and Television Network (Crtn) dell'associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).
Si tratta della pagina web in inglese “Where God Weeps - the suffering Church in focus”, http://www.wheregodweeps.org/ (“Dove Dio piange, una messa a fuoco sulla sofferenza della Chiesa”).
Il nuovo sito vuole offrire agli utenti informazioni complete sulla situazione dei Paesi in cui molti cristiani sono esiliati o uccisi, e raccoglie testimonianze di Vescovi, Cardinali e missionari sul tema.
Secondo quando ha riferito all'agenzia Sir Mark Riedemann, direttore di Crntv, “il sito offre una importante opportunità per le persone che vogliono conoscere maggiormente le sofferenze patite dai cristiani nel mondo. Le persecuzioni sono in aumento e quelle contro i cristiani in particolare. Al punto che in alcuni Paesi è a rischio la stessa sopravvivenza della Chiesa”.
Chi visiterà questa pagina potrà quindi scoprire come nel XXI secolo la gente continui a dare la vita per far fruttare il seme del Vangelo, annunciando il Signore in luoghi in cui tanti cristiani sono discriminati e perseguitati.
L'elemento centrale di “Dove Dio piange” è un reportage che si realizza una volta al mese da un Paese diverso. Si tratta di un documentario di circa 12 minuti in cui si offrono statistiche, un panorama generale della realtà e testimonianze o interviste a qualche leader della Chiesa locale.
“Dove Dio piange” ha dedicato questo mese il suo approfondimento alla situazione dei cristiani in Libano. Oltre alla panoramica generale, si offre la testimonianza di Paul Karn, direttore nazionale della Pontifical Mission Society nel Paese.
Il reportage mostra come il Libano, pur essendo un Paese democratico in cui coesistono 18 credo diversi, sia in continuo pericolo per via dei Paesi vicini, il cui regime è teocratico o dittatoriale.
Molti cristiani di altri Paesi asiatici arrivano a rifugiarsi in Libano in modo clandestino per le continue minacce o persecuzioni.
“Dove Dio piange” non si ferma al piano informativo, concentrandosi anche su quello propositivo. Offre agli utenti modi per aiutare a sostenere economicamente le azioni evangelizzatrici e il seminario e illustra il sostegno offerto dalle Diocesi libanesi ai cristiani che vi si rifugiano.
Le serie trasmesse da “Dove Dio piange” si possono vedere anche sui canali televisivi EWTN Global, Salt & Light TV (Canada) e Boston Catholic TV, e seguire sulle stazioni radio EWTN Radio, Sacred Heart Radio, Guadalupe Radio, Ave Maria Radio.


Papa e antipapa. Lo strano caso delle elezioni amministrative a Roma e regione - Alla carica di governatore del Lazio è in corsa Emma Bonino, da sempre avversaria irriducibile della Chiesa. Tra il clero e i cattolici molti l'appoggiano, e la gerarchia lascia correre. Un intellettuale laico si ribella e accusa - di Sandro Magister
ROMA, 28 gennaio 2010 – Più di mezzo secolo dopo quel lontano 1952 e in entrambi i casi con le elezioni amministrative alle porte, si ripresenta oggi per la diocesi del papa un pericolo identico: che il suo governo civile cada in mani nemiche.

Ma le reazioni della Chiesa appaiono oggi molto diverse da allora.

Nel 1952 il papa e le autorità vaticane, allarmatissimi, si attivarono in prima persona. Temendo la vittoria elettorale, proprio sotto le mura vaticane, di comunisti e socialisti che all'epoca erano legatissimi all'impero di Mosca, Pio XII ordinò al partito cattolico – la Democrazia Cristiana guidata da Alcide De Gasperi, oggi in via di beatificazione – di far fronte comune con i partiti di estrema destra dentro una lista civica capeggiata dall'anziano sacerdote Luigi Sturzo – anche lui oggi incamminato agli altari – e forte del sostegno dell'Azione Cattolica e dei suoi Comitati Civici.

De Gasperi rifiutò. Nelle elezioni amministrative di Roma tenne ferma l'alleanza con i partiti laici di centro, la stessa con cui era al governo in Italia. Aveva visto giusto e i numeri gli diedero ragione. A Roma i comunisti e i socialisti furono sconfitti.

Ciò non tolse che Pio XII punì De Gasperi per la disubbidienza, rifiutando di riceverlo in udienza con la moglie e la figlia Lucia in occasione dei suoi trent'anni di matrimonio e dei voti religiosi della figlia.


LA SORPRESA EMMA BONINO


Oggi il quadro politico italiano è profondamente mutato. La DC non c'è più. I cattolici sono diluiti in tutti i partiti. Al governo nazionale c'è Silvio Berlusconi, che su vita, famiglia e scuola è il leader più vicino alle attese della Chiesa. Al governo della regione Lazio e quindi della diocesi del papa c'è un'amministrazione di sinistra, lontana e sbiadita erede del defunto partito comunista.

Questa amministrazione ha subito nei mesi scorsi un duro colpo con le dimissioni del suo presidente, Giuseppe Marrazzo, travolto da avventure a luci rosse con transessuali e cocaina. Privi di un proprio candidato alternativo, per riconquistare il governo del Lazio nelle elezioni regionali che si terranno tra due mesi i partiti di sinistra hanno accettato di appoggiare l'autocandidatura a presidente di un personaggio ad essi esterno, simbolo del radicalismo anticattolico più spinto, Emma Bonino (nella foto).

Emma Bonino è una veterana dei "diritti umani". Ma entro questi "diritti" – che ha difeso anche come incaricata della Commissione Europea – essa ha sempre incluso aborto, eutanasia, matrimoni omosessuali, libertà di droga, insomma l'intera panoplia di quella che Giovanni Paolo II definì "cultura della morte". Dagli anni Settanta circola un filmato che la ritrae, fiera, mentre pratica un aborto a una donna aiutandosi con un barattolo di latta e una pompa di bicicletta.

Ebbene, di fronte alla sfida rappresentata dalla candidatura Bonino, come reagisce la Chiesa? Sicuramente non come fece nel 1952. Anche perché oggi è impensabile che il papa in persona detti ai cattolici una precisa "macchina" politica per fronteggiare il pericolo.

Anche nella Chiesa infatti, oltre che in campo politico, tante cose da allora sono cambiate. La Chiesa italiana non ha più un partito cattolico di riferimento. Si muove libera a tutto campo. La sua battaglia è fatta di "cultura cristianamente orientata". E grazie a questa libertà e intraprendenza riesce a volte a essere più influente che in passato, nella sfera pubblica. È questo il modello Ruini, dal nome del cardinale che ha guidato la conferenza episcopale per sedici anni, fino al 2007.

Se e come questo modello stia operando oggi, con il caso Bonino, è materia vivacemente discussa.


"UNO SCHIAFFO ALLA COMUNITÀ CRISTIANA"


Ad accendere la discussione è stato un intellettuale che non appartiene alla Chiesa ma è da anni vigoroso apologeta della visione di Karol Wojtyla, Joseph Ratzinger e Camillo Ruini: Giuliano Ferrara, direttore del quotidiano d'opinione "il Foglio".

La scintilla gliel'ha offerta un articolo – durissimo contro la Bonino – uscito il 20 gennaio su "Avvenire", il giornale della conferenza episcopale italiana. Domenico Delle Foglie, l'autore dell'articolo, è un cattolico di primo piano, ha organizzato per mandato dei vescovi il "Family Day" di due anni fa e dirige il sito "Più voce. Cattolici in rete". È stato vicedirettore di "Avvenire" e lo scorso autunno fu quasi sul punto d'essere chiamato a dirigerlo, al posto del dimissionario Dino Boffo e in continuità con lui, ruiniano a tutto tondo.

Ma prima ancora che Delle Foglie scrivesse il suo articolo, nel principale partito della sinistra italiana, il Partito Democratico, la candidatura Bonino aveva diviso i cattolici che ne fanno parte. Due di essi, Renzo Lusetti ed Enzo Carra, avevano abbandonato il partito, giudicandolo non più abitabile. Altri invece, come Franco Marini e Maria Pia Garavaglia, avevano salutato con favore la candidatura Bonino, addirittura raccomandandola come "capace di temi e programmi che stanno a cuore agli elettori cattolici".

Contro questi cattolici "arrendevoli" e "illusi", Delle Foglie ha invece scritto che la Bonino incarna almeno tre pericoli gravi.

Il primo è simbolico: uno "schiaffo alla comunità cristiana" da parte di "una testimone di militante inimicizia nei confronti della visione cristiana dell'uomo e del mondo".

Il secondo pericolo è che, qualora vincesse, la neopresidente Bonino si metterebbe all'opera per fare del Lazio "il laboratorio di tutti gli zapaterismi", dal nome del premier spagnolo iperlaicista.

Il terzo è la "sovrana ipocrisia" di cui la Bonino dà prova già nel corso della campagna elettorale, quando promette di operare "con e per i cattolici", lei che ha speso tutta una vita a lottare contro la Chiesa.

Ebbene, il giorno dopo l'uscita di questo articolo su "Avvenire", sulla prima pagina del "Foglio" Ferrara sottoscrisse in pieno quanto scritto da Delle Foglie. Ma nello stesso tempo si scagliò contro il giornale dei vescovi perché aveva nascosto quell'articolo a pagina 11, perché l'aveva declassato a opinione personale dello scrivente, perché insomma aveva dato prova di timidezza nell'affrontare una questione che riguarda non piani urbanistici o altre faccende opinabili, ma quei principi supremi definiti dallo stesso papa "non negoziabili".

Insomma, concludeva Ferrara alludendo a ciò che faceva la Chiesa nel 1952 e prima di quell'anno: "Meglio i Comitati Civici di una volta che il timido 'Avvenire' di oggi".


VITERBO. MA NON ERA LA CITTA DEI PAPI?


A Ferrara rispose il giorno successivo il direttore di "Avvenire" Marco Tarquinio. E Ferrara gli controrispose ventiquattr'ore dopo, confermando le sue critiche. Intanto, però, "il Foglio" aveva fatto altro. Aveva mandato una sua valente inviata, Marianna Rizzini, a esplorare le diocesi della regione Lazio, per sentire cosa pensassero i preti e i fedeli della candidata Bonino.

Il responso della prima diocesi esplorata, quella di Viterbo, fu impietoso. Il titolo: "Chiesa di base con Emma. Inchiesta a Viterbo. Compatte opinioni cattoliche, in certi casi fervide, a favore della candidata abortista, divorzista, eutanasista, che definì l'embrione 'un grumo inerte'. Rari i distinguo, e timidi".

In effetti, nel reportage di Marianna Rizzini da Viterbo i soli che si schieravano contro la Bonino erano i "missionari" del Movimento per la Vita, quelli che dedicano la loro vita a far nascere i bambini, non a farli abortire.

Di poco più confortante è stato il secondo reportage della serie, dalla diocesi di Frosinone. E così un terzo, dalla città di Roma.


LA PAROLA AI VESCOVI: BAGNASCO E NEGRI


A questo punto sono entrati in campo i vescovi. Il primo, Angelo Bagnasco, è il cardinale che ha preso il posto di Ruini alla presidenza della conferenza episcopale. Nella prolusione con cui ha aperto il 25 gennaio la sessione invernale del consiglio permanente della CEI, Bagnasco ha detto di avere questo "sogno":

"Vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. Italiani e credenti che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico".

E ancora:

"Vorremmo che i valori che costituiscono il fondamento della civiltà − la vita umana comunque si presenti e ovunque palpiti, la famiglia formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, la responsabilità educativa, la solidarietà verso gli altri, in particolare i più deboli, il lavoro come possibilità di realizzazione personale, la comunità come destino buono che accomuna gli uomini e li avvicina alla meta − formassero anche il presupposto razionale di ogni ulteriore impresa, e perciò fossero da questi cattolici ritenuti irrinunciabili sia nella fase della programmazione sia in quella della verifica".

Bagnasco non ha aggiunto nulla, a proposito del caso Bonino. Parecchio di più ha detto invece un presule che non fa parte del consiglio permanente ma non è di second'ordine: Luigi Negri, vescovo di San Marino e Montefeltro, milanese e stretto collaboratore in gioventù del fondatore di Comunione e Liberazione, don Luigi Giussani.

In un'intervista a Paolo Rodari su "il Foglio" del 26 gennaio, Negri ha detto che un limite della Chiesa italiana è di non saper sempre rendere operativo il pur chiarissimo magistero degli ultimi due papi:

"Perché di fronte a una candidatura dichiaratamente contro la Chiesa una parte del mondo cattolico si mostra privo di atteggiamento critico? È la domanda che mi sono posto dopo aver letto l’inchiesta del 'Foglio' a Viterbo che ha evidenziato come per molti cattolici non fa difficoltà la candidatura della Bonino nel Lazio. Se facessimo la medesima inchiesta in altre regioni, vorrei dire in tutte le regioni d’Italia, il risultato sarebbe lo stesso di Viterbo. Perché il dato è uno e chiede d’essere guardato: stiamo crescendo generazioni assolutamente incapaci di giudizio critico sulle cose. Leggendo l’inchiesta del 'Foglio' mi è venuto in mente quel versetto della Bibbia, Geremia 31, dove si dice: ‘I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati’. Mi domando: siamo stati capaci di favorire in questi anni l’espressione di una vera cultura della fede? Oppure è cresciuta tra noi, sotto i nostri occhi, una generazione per la quale il dialogo viene prima dell’identità? A volte sembra che il dialogo che impostiamo con chi non crede altro non sia che una resa senza condizioni. Nel nome del dialogo ci dimentichiamo chi siamo. E dimenticandoci chi siamo sono sempre gli altri ad avere ragione, ad avere la meglio”.

Per il vescovo Negri occorre ripartire da ciò che predicano Benedetto XVI e la conferenza episcopale italiana

"Sono dieci anni che i vescovi parlano di emergenza educativa. Occorre lavorare tutti su questa emergenza perché soltanto in questo modo i cattolici di oggi e di domani potranno imparare a giudicare e difendere la propria identità. Soltanto in questo modo i cattolici potranno capire che è arrivato il tempo di uscire dalla notte in cui tutte le vacche sono nere e tutte le identità hanno lo stesso colore. Un tempo, insomma, in cui anche il vaglio critico dei candidati alle elezioni sarà più semplice”.


LA POLEMICA CONTINUA


Lo stesso giorno, su "Avvenire" un altro cattolico in vista, Pio Cerocchi, di nuovo criticava con severità quei politici cattolici presenti nel Partito Democratico che avevano accettato passivamente la candidatura Bonino.

Anche questa volta in una pagina interna e come opinione personale.


Gender e nozze gay.
Il Consiglio d’Europa rinvia ad aprile

L’assemblea del consiglio d’Europa ha rinviato alla commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo la bozza di risoluzione sul gender, che verrà riportata nell’assemblea parlamentare di Strasburgo il prossimo aprile. Il documento, in nome della lotta alla discriminazione contro l’orientamento sessuale e il cosiddetto gender, opera una forte azione di lobbying giuridica, politica e culturale per aprire la strada nel vecchio Continente al matrimonio gay e alla possibilità di adozione per le coppie omosessuali, prefigurando anche una sorta di reato di opinione per chi osi esprimere valutazioni etiche o religiose in merito. Da notare che il Consiglio, diversamente dall’Unione europea, raggruppa ben 47 stati membri, includendo numerosi paesi dell’Est europeo di forti radici cristiane, che si affacciano al confronto con il mondo occidentale dopo la chiusura del comunismo. Martedì Amnesty, Human Rights Watch e Ilga avevano tenuto una riunione nel Palazzo d’Europa per sostenere la risoluzione…


Gender e nozze gay. - L’Europa ora frena - di Pierluigi Fornari - Avvenire 28 Gennaio 2010
L’assemblea del consiglio d’Europa rinvia alla commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo la bozza di risoluzione sul gender. Il documento, in nome della lotta alla discriminazione contro l’orientamento sessuale e il cosiddetto gender, opera una forte azione di lobbying giuridica, politica e culturale per aprire la strada nel vecchio Continente al matrimonio gay e alla possibilità di adozione per le coppie omosessuali, prefigurando anche una sorta di reato di opinione per chi osi esprimere valutazioni etiche o religiose in merito. Da notare che il Consiglio, diversamente dall’Unione europea, raggruppa ben 47 stati membri, includendo numerosi paesi dell’Est europeo di forti radici cristiane, che si affacciano al confronto con il mondo occidentale dopo la chiusura del comunismo.
Comunque il numero, circa settanta, e la portata degli emendamenti (molti a firma del neopresidente del gruppo del Ppe, Luca Volontè, di Renato Farina, di Lorenzo Cesa e del sammarinese Marco Gatti) induce il relatore, lo svizzero Andreas Gros del gruppo socialista, a chiedere un ulteriore approfondimento in ambito più ristretto prima di riportare nell’assemblea parlamentare di Strasburgo in aprile la risoluzione. «Registro con soddisfazione - osserva Volontè - che su una risoluzione che tratta una materia così controversa sia stato lo stesso relatore a chiedere il ritorno in commissione, dove si potranno approfondire alcuni aspetti che si prestano ad interpretazioni pericolose per la sovranità dei Paesi membri, per la libertà di espressione, la libertà di professare la propria religione».
Nonostante gli emendamenti, il dibattito forse appositamente calendarizzato nel giorno della memoria, sembra dominato dal politicamente corretto. Il gender, termine incompatibile con l’ordinamento giuridico italiano, diventa parola d’ordine per quasi tutti gli intervenuti.
L’acronimo Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) la password per essere ammessi nei palazzi del potere europeo. C’è da dire anche che per motivi procedurali, sono rinviati al testo scritto ben deci interventi, tra cui numerosi erano i critici alla bozza di risoluzione. A nome del Ppe, la serba Elvira Kovács pronuncia, invece, un intervento perfettamente allineato con le tesi di Gross, che infatti la ringrazia esplicitamente.
La critica invece Farina, rimproverandole di non aver tenuto conto di quanto emerso nella riunione del gruppo prima della seduta e dei principi ispiratori del Partito popolare europeo. Ma l’inglese John Austin del gruppo socialista sostiene che vietare la promozione dell’omosessualità nelle scuole provoca maggior bullismo contro i gay, aumenta l’omofobia ed i reati di odio. Il connazionale Humfrey Malins del gruppo democratico europeo (Edg) si chiede, invece, se un prete che in un’omelia pronuncia un giudizio morale sulla omossessualità sarà considerato colpevole di tali reati. Il lituano Egidijus Vareikis del Ppe chiede attenzione per le famiglia, composta da marito e moglie che hanno figli. Confuta l’idea che la mancanza di una legislazione specifica a favore degli omosessuali comporti qualsiasi discriminazione : «Sono cittadini come gli altri ed hanno gli stessi diritti degli altri». Vareikis ricorda, poi, ai socialisti che le cose non sono così semplici come sembra nella risoluzione, tant’è che un classico della loro cultura, Charles Darwin, sostenne che l’omosessualità pone problemi per la biodiversità.
Gross in replica rimprovera a Vareikis che in Lituania c’è una legge che vieta la di fare propaganda omosessuale e bisessuale rivolta ai bambini. Ma nota soddisfatto : «Abbiamo già discusso del rapporto insieme per lungo tempo, lo ricordo: la sua posizione era molto più dura». Applausi scroscianti dalle tribune dell’emiciclo dove assiste il pubblico. Un evento piuttosto irrituale per una delle massime istituzioni europee. Martedì Amnesty, Human Rights Watch e Ilga hanno tenuto una riunione nel Palazzo d’Europa per sostenere la risoluzione.


Laici fuorilegge - Mario Mauro - venerdì 29 gennaio 2010 – ilsussidiario.net
Il Parlamento francese ha raccomandato il divieto del burqa nei servizi pubblici. E’ la soluzione giusta? Se proposto nel nostro paese soddisferebbe davvero la nostra volontà di sicurezza e quella dei musulmani di integrarsi da minoranza all’interno di un paese di diversa tradizione?
La complessità dell’argomento non ci permette di offrire risposte esaustive alle domande appena poste, ma la misura approvata in Francia tiene vivo un dibattito di vitale importanza anche per noi. Dobbiamo innanzitutto capire quale sia il metodo da privilegiare come strategia globale di integrazione nei confronti degli immigrati.

In questo senso ci sono profonde differenze tra noi, che come ha sottolineato il Presidente Formigoni “puntiamo di più sullo strumento del dialogo”, e la Francia, che con il suo approccio più laicista, tende a privilegiare l’omologazione con le idee e lo spirito della nazione.
Tenuto conto, comunque, che ai fini della sola identificazione, nel nostro paese già vigono leggi che proibiscono a chiunque di girare a volto coperto: che è cosa ben diversa dal voler violare la libertà religiosa, è certamente preferibile la via italiana, perché uno Stato che tende ad intervenire in ogni dettaglio della vita dei cittadini, imponendo loro convincimenti tramite delle norme, finisce per favorire l’isolamento e la rabbia delle minoranze.

Tra le tantissime voci che si sono alzate a commento dell’iniziativa di Sarkozy, quella del ministro degli esteri Frattini risulta essere la più equilibrata e condivisibile. Il ministro dice chiaramente che siamo di fronte all’“errore storico del metodo francese", proibire e autorizzare per legge, l' opposto del multiculturalismo olandese senza regole, altro modello sbagliato.
Serve una terza via, che non parta dall' imposizione ma dal basso, dall' integrazione sul territorio, dal dialogo interreligioso e interculturale. Se si vieta qualcosa per legge, ci sarà sempre qualcuno pronto a ribellarsi, e a ricadere nell' illegalità”.

Il vero problema è il rifiuto del contatto con la comunità in cui vive da parte di chi si vela, di conseguenza non sarà alcuna legge a fargli cambiare idea. All’origine di tutto sta il fatto che dobbiamo comprendere le ragioni che stanno alla base di questo rifiuto, e per fare questo l’unica arma di cui disponiamo è quella del dialogo e della massima apertura. Un percorso lungo e accidentato, ma l’unico che può portare a risultati tangibili.
Dobbiamo essere contrari a chi utilizza il fenomeno migratorio soltanto per il proprio progetto politico, perché se quel progetto politico arriva addirittura a strumentalizzare le proprie tradizioni in rapporto a tutte le altre, il pericolo per la convivenza e per una vera integrazione è immensamente più grande.

Alla base ci sono appunto convivenza e integrazione, nel senso che il rapporto con le minoranze deve essere considerato un’opportunità per tutti. Il nostro modo di essere e le nostre tradizioni devono servire per alimentare questo rapporto, che va considerato come un arricchimento reciproco e quindi un arricchimento della nostra società. Questo non significa guardare in maniera positiva chi nasconde la propria identità coprendosi il viso in pubblico, ma al contrario significa considerare prioritario il fatto che l’immigrato si senta veramente “uno di noi”, un uomo con pari dignità che si senta parte integrante, attore e promotore dello sviluppo sociale e democratico.


ANTEPRIMA/ Bernardini: i miei appunti sulla "sfida"di portare in Tv la fiction su S. Agostino - Massimo Bernardini - venerdì 29 gennaio 2010 – ilsussidiario.net
Portare il film tv su S. Agostino qui, nella sacrestia della chiesa romana degli agostiniani - dove persino Lutero veniva in visita prima dellla rottura - e poi parlarne nella meravigliosa biblioteca Angelica, è probabilmente il modo giusto, visto che qui riposano le spoglie di Monica, madre del santo.

Sintesi popolare, la storia per bigini e per frammenti, anche quella dei santi. Agostino, intelligente e presuntuoso oratore e servo dell'imperatore, che incontra il vecchio, saggio e libero vescovo Ambrogio. Elementi alti e bassi, persino la sua paternità difficile, da intellettuale distratto. Virile e consapevole Ambrogio, che difende l'Incarnazione: "La verità è una persona, Gesù Cristo". Ma combatte contro il potere che vuole contrastare e controllare la Chiesa.

Rieccheggiano le parole della Confessioni, parole intime, dirette.

Come risolvere la "notte" e la conversione di Agostino? Non vi anticipo come lo fa la fiction.

Ambrogio diviene suo padre nello spirito. Agostino: "Ho sempre parlato troppo, oggi per la prima volta ho ascoltato la Tua voce" e piange.

Arriva il "Tardi ti amai" di Agostino, che con la sua sola citazione suscita vera commozione. Sono le citazioni delle sue parole a dar fiato alla storia, insieme ai grandi attori come Nero, Guerritore e Giordana.

Preziosi bello, moderno, forse di gamma limitata (sincero ma confuso nel raccontare la sua avventura di interprete).


27 Gennaio 2010 – IDEE - L’anima «densa» di Mounier da http://www.avvenire.it
Quale è stato il codice personalistico di Mounier? Vi è in lui un ’principio persona’ intorno a cui ruoti il suo pensiero, in modo analogo a quanto accade col "principio responsabilità" nell’opera di Hans Jonas? È Mounier stesso a metterci sulla strada giusta in Personalismo e cristianesimo (1939). All’obiezione di tanti secondo cui non vale la pena prendere le mosse troppo da lontano (ossia da una riflessione filosofica sull’uomo) per orientarsi sui problemi della civiltà e della politica, risponde: «La ragione è che le esigenze temporali del personalismo, a dire il vero, sono costringenti a rigore solo se la persona trascende ontologicamente ciò che è biologico e sociale, e che solo una metafisica cristiana assicura questa trascendenza. Occorre dunque addentrarsi maggiormente nel contenuto del personalismo cristiano». Il polo animante del personalismo mounieriano degli anni ’30 o la sua intentio è individuato nel cristianesimo; più che un personalismo primariamente metafisico e/o morale il suo è un personalismo cristiano, che elabora l’impronta specifica che il cristianesimo dà alla filosofia della persona.

Il centro di questo personalismo teologico sta nell’assunto, vero cardine della teologia cristiana contro ogni sapienza pagana d’ora innanzi spossessata, che la persona «è in rapporto immediato con Dio, nulla interposita natura (Sant’Agostino)». Quale distanza dalla vulgata antropologica attuale in cui la persona è un momento transeunte e meramente organico-vitale dell’evoluzione della vita, e non è in rapporto con alcuna trascendenza! Vero è invece che, in virtù della connessione tra Dio e l’uomo, quando declina l’uno declina anche l’altro: "morte di Dio" e morte dell’uomo procedono di conserva. Mounier va ben oltre l’opposizione moderna tra Dio e uomo, per cui quanto viene attribuito al primo è tolto all’altro, secondo la nota posizione di Feuerbach, Marx, Bakunin, Proudhon.

Dedicando attenzione al tema dell’anima, Mounier produce un distacco dall’orizzonte dell’impersonale e una valorizzazione del personale come individuale. Da questo lato egli è condotto ad aprire una polemica antiellenica: l’ellenismo o il pensiero greco viene giudicato incapace di intendere e valorizzare l’individuale, e di tendere invece verso l’eterno ritorno. Egli reagisce contro l’impersonalismo che parassita l’antropologia e che la indirizza verso il terreno neutro della scienza.
Nonostante la brevità del messaggio di Personalismo e cristianesimo sull’anima, vi sono alcuni preziosi ammaestramenti da trarre.

In Mounier traspare l’idea che l’enigma della persona e dell’anima sia talmente denso che il pensiero filosofico e scientifico non siano da soli in grado di diradarlo, e che dunque occorra nutrirsi della Rivelazione. Settant’anni dopo la situazione è molto mutata e la questione dell’anima - lungamente accantonata - fatica molto a farsi strada nonostante qualche recente tentativo di ripresa che deve fare i conti col naturalismo, le neuroscienze, il darwinismo. Come mi è capitato di scrivere, oggi noi arriviamo sempre in tempo per la psiche e il cervello, e tardi per l’anima.

Nel 1939 il personalismo di Mounier aveva raggiunto un’elaborazione che si presentava pregna di due cammini che dopo il 1945 si allontaneranno nel senso che ad uno solo dei due verrà dato ampio rilievo: un cammino di riflessione rivolto verso un personalismo a base teologica e "ontologica", e un personalismo più legato ad una descrizione delle categorie dell’azione verso cui Mounier si orientò, facendo ampio ricorso a categorie quali: esistenza incorporata, libertà sotto condizione, vocazione, concentrazione, espansione, presenza a sé e alla storia, engagement, épanouissement, affrontement.

Si tratta di categorie in cui affiora l’appartenenza di Mounier alla grande tradizione morale francese, ma che in taluni casi risentono della congiuntura particolare in cui furono pensate per cui oggi sono divenute alquanto gergali. Penso in specie alla categoria alquanto abusata e polimorfa di engagement che è stata quasi una parola d’ordine per due o tre generazioni, ma che attualmente risulta poco parlante.

Andrebbero perciò rielaborate, forse rinominate e esplorate secondo nuovi contenuti, se vogliamo mantenere loro una promessa di futuro. Nella vita dello spirito e della cultura tutto accade come se le parole che al momento incidono più intensamente siano dotate di minor durata e si consumino più velocemente, a meno che non siano portate da parole più profonde. Ora queste parole più profonde ci sono in Mounier, ma nell’ultimo decennio di vita e nell’urgenza dell’azione sono rimaste inespresse e non ulteriormente elaborate. Forse ciò ha contribuito al minor impatto del personalismo mounieriano nelle ultime decadi.