Nella rassegna stampa di oggi:
1) Un giudice del tribunale di Salerno aggira la legge 40 - di Antonio Gaspari
2) Comunicato n° 1 del 14 Gennaio 2010 - SCIENZA & VITA: LA COSTITUZIONE NON DISCRIMINA - EVITIAMO L’EUGENETICA PER SENTENZA
3) La prova vivente della rete clandestina di aiuti agli ebrei di Pio XII - Intervista a uno dei suoi membri, padre Giancarlo Centioni - di Jesús Colina
4) Benedetto XVI: persona e bene comune, pilastri dell'azione politica - Nell'udienza agli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma
5) LA SENTENZA DI SALERNO, IL SENTIRE DEL CUORE, L’« INVISIBILE » VERITÀ - Gli embrioni «sbagliati» sono morte data, sono lutti - MARINA CORRADI – Avvenire, 15 gennaio 2010
6) PUNTARE SU PREVENZIONE E RICONCILIAZIONE - Dal 'divorzio express' uno tsunami sociale - FRANCESCO BELLETTI * - Avvenire, 15 gennaio 2010
7) «Una sentenza contro la legge 40» - Mirabelli: autorizzata la soppressione di embrioni - DI ILARIA NAVA – Avvenire, 15 gennaio 2010
Un giudice del tribunale di Salerno aggira la legge 40 - di Antonio Gaspari
ROMA giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Ha destato scalpore la decisione del giudice Antonio Scarpa del Tribunale di Salerno di autorizzare il 13 di gennaio la selezione embrionale a una coppia fertile portatrice di una malattia ereditaria, l'Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1(SMA1).
Il giudice ha risposto positivamente ad una coppia che intende accedere alle pratiche di selezione embrionale, senza tenere conto che tale autorizzazione viola la legge che regola la procreazione assistita per coppie non fertili.
Secondo Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita (MpV), “si tratta di una decisione che ancora una volta fa carta straccia del principio di uguale dignità di ogni essere umano e del principio della solidarietà verso i più piccoli e più fragili. Una deriva che era già cominciata con l‘annullamento da parte della Corte Costituzionale di quella disposizione che vieta la produzione sovrannumeraria di embrioni”.
“La legge 40 – ha continuato Casini – afferma fin dal suo primo articolo che anche il figlio è soggetto titolare di diritti fin dalla fecondazione. Gravissima è dunque da parte del giudice la disapplicazione della norma. Una disapplicazione che suona come rivolta contro il legislatore che ha approvato la legge 40 e contro la volontà popolare che quella legge ha difeso con maggioranze plebiscitarie”.
Il Presidente del MpV ha sostenuto che “contro questo atteggiamento che non è nasce e rischia di non fermarsi a Salerno, non c’è che un solo rimedio: proclamare con forza legislativa non ignorabile e sottratta alla libera interpretazione dei magistrati che tutti gli esseri umani sono uguali fin dal concepimento. Questo è il senso e lo scopo della modifica dell’articolo 1 del Codice Civile che è stata già proposta alla Camera ed al Senato. Auspico che le forze politiche trovino la compattezza per farla mettere presto in discussione e sostenerla”.
Il prof. Lucio Romano, copresidente dell’Associazione Scienza & Vita, ha precisato che “il doloroso vissuto della coppia di Salerno, non può farci dimenticare che, ancora una volta attraverso una sentenza, si vuole scardinare la Legge 40, finalizzata a regolare le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una legge votata dal Parlamento e confermata da un Referendum”.
“Inoltre – ha continuato Lucio Romano – con questa decisione, la drammaticità di un singolo caso viene utilizzata per introdurre surrettiziamente una componente di discriminazione eugenetica”.
Il giurista Luciano Eusebi, consigliere di Scienza & Vita, ha affermato che “generare in modo consapevole molteplici embrioni portatori di anomalie, per poi privarli di ogni chance esistenziale, riduce la vita umana nella sua prima fase al rango di una cosa totalmente soggetta all’altrui dominio, in totale contrasto col riconoscimento del concepito come soggetto, di cui all’art. 1 della Legge 40”.
“In sostanza – ha proseguito il giurista – si finisce per privare il potere legislativo del compito suo proprio di definire gli assetti normativi nel quadro complessivo della norme costituzionali, salvo, ovviamente, il vaglio circa la non trasgressione delle medesime che compete alla Consulta”.
“La pronuncia in esame – ha concluso Eusebi – apre per la prima volta a una generazione di vite umane fin dall’inizio sub condicione, cioè non finalizzata a che ciascuna di esse possa svolgere l’intero arco esistenziale, bensì esplicitamente funzionale a un processo selettivo, da realizzarsi a vita già iniziata”.
Anche il Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, diretto dal prof. Adriano Pessina, ha emesso una nota in cui esprime il “suo totale disaccordo rispetto alla sentenza emessa dal tribunale di Salerno, con la quale si viola palesemente la legge 40 approvata dal Parlamento e sottoposta al referendum”.
“Questa sentenza – spiega la nota – permette il ricorso alla procreazione medicalmente assistita ad una coppia non sterile e la autorizza ad una selezione preimpianto che costituisce di fatto la legittimazione di alcuni tribunali di una prospettiva eugenetica”.
“Pur comprendendo l’umano desiderio di ogni coppia di avere un figlio sano - continua la nota -, è necessario ribadire come tra il sacrificio del proprio desiderio e il sacrificio della vita altrui una società civile debba sempre far prevalere il rispetto e la tutela della vita”.
La nota sottolinea, infine, che “questa sentenza è in netto contrasto con lo spirito e la lettera della Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità” e conclude affermando che “è oggetto di scandalo civile la costante deriva di alcuni magistrati che nelle questioni bioetiche si sostituiscono alle leggi italiane e alla coscienza morale del Paese”.
Comunicato n° 1 del 14 Gennaio 2010 - SCIENZA & VITA: LA COSTITUZIONE NON DISCRIMINA - EVITIAMO L’EUGENETICA PER SENTENZA
“Il doloroso vissuto della coppia di Salerno, non può farci dimenticare che, ancora una volta attraverso una sentenza, si vuole scardinare la Legge 40, finalizzata a regolare le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una legge votata dal Parlamento e confermata da un Referendum”. Questo il primo commento di Lucio Romano, copresidente dell’Associazione Scienza & Vita, all’indomani del provvedimento del tribunale di Salerno che autorizza la diagnosi preimpianto e la Pma in una coppia fertile portatrice di una grave malattia genetica.
“Inoltre – continua Lucio Romano – con questa decisione, la drammaticità di un singolo caso viene utilizzata per introdurre surrettiziamente una componente di discriminazione eugenetica”.
“Generare in modo consapevole molteplici embrioni portatori di anomalie, per poi privarli di ogni chance esistenziale, – ribadisce il giurista Luciano Eusebi, consigliere di Scienza & Vita – riduce la vita umana nella sua prima fase al rango di una cosa totalmente soggetta all’altrui dominio, in totale contrasto col riconoscimento del concepito come soggetto, di cui all’art. 1 della Legge 40”.
“Appare dunque sorprendente – prosegue il giurista – che una simile modalità di utilizzo delle tecniche di Pma venga intesa addirittura, nella pronuncia in discussione, come costituzionalmente obbligata e tale da consentire una sorta di disapplicazione giurisprudenziale diretta delle norme vigenti, pur mancando qualsivoglia disposizione esplicita in materia nella legge fondamentale.
In sostanza, si finisce per privare il potere legislativo del compito suo proprio di definire gli assetti normativi nel quadro complessivo della norme costituzionali, salvo, ovviamente, il vaglio circa la non trasgressione delle medesime che compete alla Consulta”.
“E ciò, – conclude Luciano Eusebi – appare tanto più incomprensibile in un ambito nel quale la scelta della Legge 40 di non rendere disponibile la Pma per attività selettive, si fonda sulle norme costituzionali che escludono ogni discriminazione tra individui viventi, quale presupposto del principio di uguaglianza. La pronuncia in esame invece apre per la prima volta a una generazione di vite umane fin dall’inizio sub condicione, cioè non finalizzata a che ciascuna di esse possa svolgere l’intero arco esistenziale, bensì esplicitamente funzionale a un processo selettivo, da realizzarsi a vita già iniziata”.
La prova vivente della rete clandestina di aiuti agli ebrei di Pio XII - Intervista a uno dei suoi membri, padre Giancarlo Centioni - di Jesús Colina
ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Alcuni settori dell'opinione pubblica hanno chiesto nelle ultime settimane prove concrete degli aiuti offerti da Pio XII agli ebrei durante la persecuzione nazista. Il sacerdote italiano Giancarlo Centioni, di 97 anni, è la prova vivente, perché è l'ultimo membro in vita della rete clandestina creata da Papa Pacelli.
Dal 1940 al 1945 è stato Cappellano militare a Roma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e ha vissuto in una casa di sacerdoti tedeschi della Società dell'Apostolato Cattolico - Padri Pallottini -, che l'hanno coinvolto nella rete di salvataggio.
“Siccome ero Cappellano fascista, era più facile aiutare gli ebrei”, ha dichiarato spiegando i motivi per i quali venne scelto per partecipare a questa rischiosa operazione.
“I miei colleghi sacerdoti pallottini, venuti da Amburgo, avevano fondato una società che si chiamava 'Raphael's Verein' (società di San Raffaele), che era stata istituita per l'aiuto agli ebrei”, ha rivelato.
Uno degli obiettivi della rete consisteva nel permettere la fuga dalla Germania, attraverso l'Italia, verso la Svizzera o Lisbona (Portogallo), motivo per il quale la rete contava su alcuni uomini in ciascuno di questi quattro Paesi. Con il tempo, ne fecero parte anche alcuni ebrei.
In Germania, ricorda don Centioni, la società era guidata da padre Josef Kentenich, conosciuto in tutto il mondo come il fondatore del Movimento apostolico di Schönstatt. Questo sacerdote pallottino venne poi fatto prigionero e rinchiuso nel campo di concentramento di Dachau fino alla fine della guerra.
“A Roma, in Via Pettinari 57, il capo di tutta questa attività era padre (Anton) Weber, il quale aveva un contatto diretto con Pio XII e la Segreteria”, ha spiegato il sacerdote.
Una delle principali attività della rete consisteva nel consegnare passaporti e soldi alle famiglie ebree perché potessero fuggire.
“Il denaro e i passaporti venivano dati da padre Anton Weber e venivano consegnati alle persone. Però lui li otteneva direttamente [nel video dell'intervista si può constatare come il sacerdote sottolinei la parola 'direttamente'] dalla Segretaria di Stato di Sua Santità, per nome e conto di Pio XII”.
“Con me hanno aiutato almeno 12 sacerdoti tedeschi a Roma”, prosegue il sacerdote, spiegando che la rete ricevette un aiuto decisivo anche da parte della Polizia italiana, in particolare dal vicequestore di Mussolini, Romeo Ferrara, che lo informava sul luogo in cui si trovavano le famiglie ebree alle quali doveva portare i passaporti, “anche di notte”.
Tra coloro che padre Centioni aiutò a Roma c'è ad esempio la famiglia Bettoja, ebrea, proprietaria di alcuni alberghi della città.
Il poliziotto lo mandò di notte a casa loro vestito da Cappellano militare italiano, perché i soldati tedeschi non lo arrestassero.
Il sacedote ricorda nitidamente la paura e la difficoltà dell'operazione, data anche la diffidenza della famiglia che doveva aiutare.
“Ho bussato, ma non volevano aprire. Alla fine dico: 'Guardi, io sono un sacerdote, un Cappellano, vengo per aiutarvi, per portarvi un lasciapassare'”.
“'Lo giuri', ha risposto una voce dall'altra parte della porta. 'Lo giuro, eccomi qua, mi potete vedere attraverso l'occhiolino'”.
Il sacerdote venne ricevuto dalla signora Bettoja con i bambini.
“Ho detto: 'Prima delle 7 andate via di casa con la vostra macchina, perché alla 7 dalla frontiera del Lazio potete andare a Genova'. Fuggirono e si salvarono. E' una delle tante famiglie”.
Gli interventi della rete iniziarono già prima dell'invasione tedesca in Italia, ha ricordato padre Centioni, e durarono, “almeno per quanto ne so io, anche dopo il '45, perché i rapporti di padre Weber con il Vaticano e gli ebrei erano molto vivi”.
“Tanta brava gente”, dice, pensando soprattutto alle famiglie ebree.
“Tra quelli che ci hanno poi aiutato ci sono stati due ebrei che abbiamo nascosto: un letterato, (Melchiorre) Gioia, e un grande musicista compositore di Vienna del tempo, che scriveva le canzoni e faceva le operette, Erwin Frimm”.
Il sacerdote li nascose in alcune case di Roma, soprattutto nella sua residenza religiosa di Via Pettinari 57.
“E loro ci hanno aiutato molto dando indicazioni precise”, ha riconosciuto. A volte questo lavoro comportava il rischio della propria vita, come il sacerdote ha potuto ben presto verificare.
“Ho aiutato Ivan Basilius, una spia russa, che io non sapevo fosse russo o spia; era ebreo. Purtroppo le SS lo arrestarono e nel taccuino c'era il mio nome. Allora, apriti cielo! Mi chiamò la Santa Sede, Sua Eccellenza Hudal [alto e influente prelato tedesco a Roma], e mi disse: 'Venga qua, perché vengono le SS ad arrestarla'. 'E che ho fatto?', chiesi. 'Lei ha aiutato una spia russa'. 'Io? Che ne so? Chi è?'. Allora sono fuggito”.
Don Centioni, come Cappellano, conobbe l'ufficiale tedesco Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma e autore dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui furono assassinati 335 italiani, tra cui molti civili ed ebrei.
“Durante il periodo tedesco, dopo che a marzo fecero la carneficina [alle Fosse Ardeatine], dissi a Kappler, che vedevo spesso: 'Perché non ha chiamato i Cappellani militari alle Fosse Ardeatine?'. 'Perché li avrei eliminati e avrei eliminato anche lei'”, rispose l'ufficiale nazista.
Don Centioni assicura che le centinaia di persone che ha potuto aiutare erano a conoscenza di chi c'era dietro tutto questo, per questo motivo insiste: “Li aiutava Pio XII, attraverso noi sacerdoti, attraverso la 'Raphael's Verein'”.
L'intervista è stata concessa a ZENIT e all'agenzia multimediale www.h2onews.org, che l'ha pubblicata questo giovedì.
Il caso di don Centioni è stato scoperto e analizzato, comparando altre testimonianze, dalla Pave the Way Foundation (http://www.ptwf.org), creata dall'ebreo di New York Gary Krupp.
Di questa intervista ha potuto dare fede l'avvocato italiano Daniele Costi, presidente della Fondazione in Italia.
Il racconto trova riscontro documentale nella decorazione concessa dal Governo polacco in esilio a don Centioni (croce d'oro con due spade, “per la nostra e la vostra libertà”).
Il sacerdote cita inoltre le manifestazioni di gratitudine che ha ricevuto da parte di alcuni degli ebrei aitutati: i signori Zoe e Andrea Maroni, il professor Melchiorre Gioia, il professor Aroldo Di Tivoli, le famiglie Tagliacozzo e Ghiron, i cui figli poterono salvarsi, raggiungendo gli USA, con passaporti di fortuna procurati loro tramite il Vaticano.
[Per vedere l'intervista: www.h2onews.org]
Benedetto XVI: persona e bene comune, pilastri dell'azione politica - Nell'udienza agli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma
ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L'attenzione alla persona e la ricerca del bene comune, al di là di egoismi e particolarismi, devono essere i due cardini attorno a cui ruota ogni azione politica. Lo ha detto Benedetto XVI ricevendo questo giovedì mattina, in Vaticano, gli amministratori della Regione Lazio, del Comune di Roma e della Provincia di Roma.
La persona umana ha sottolineato il Papa “è al centro dell'azione politica e la sua crescita morale e spirituale deve essere la prima preoccupazione per coloro che sono stati chiamati ad amministrare la comunità civile”.
Inoltre, ha aggiunto, “è fondamentale che quanti hanno ricevuto dalla fiducia dei cittadini l'alta responsabilità di governare le istituzioni avvertano come prioritaria l'esigenza di perseguire costantemente il bene comune”.
Esprimendo quindi apprezzamento per gli sforzi compiuti dalle amministrazioni locali in favore delle fasce più deboli, il Pontefice ha quindi posto l'accento sulla necessità di fare della famiglia, in particolare delle famiglie numerose, “il principio ispiratore di ogni vostra scelta”, come “nella realizzazione dei nuovi insediamenti della città, perché i complessi abitativi che vanno sorgendo non siano solo quartieri dormitorio”.
Per questo, ha proseguito, è opportuno che “siano previste quelle strutture che favoriscono i processi di socializzazione”, evitando “la chiusura nell'individualismo” dannosa per ogni convivenza umana.
Il Santo Padre ha poi fatto riferimento alla costruzione delle nuove parrocchie, “che oltre ad essere punti di riferimento per la vita cristiana, svolgono anche una fondamentale funzione educativa e sociale” e all’apertura degli “oratori dei piccoli”, dove i bambini possono giocare serenamente mentre i genitori sono al lavoro.
Dal Papa anche un appello perché le strutture sanitarie siano gestite con attenzione e responsabilità, con competenza professionale e con spirito di dedizione generosa verso i malati.
Non è mancato quindi un accenno alla necessità e all'urgenza “di aiutare i giovani a progettare la vita sui valori autentici, che fanno riferimento ad una visione 'alta' dell’uomo e che trovano nel patrimonio religioso e culturale cristiano una delle sue espressioni più sublimi”.
“Oggi - ha detto - le nuove generazioni chiedono di sapere chi sia l'uomo e quale sia il suo destino e cercano risposte capaci di indicare loro la strada da percorrere per fondare l’esistenza sui valori perenni”.
“In particolare, nelle proposte formative circa i grandi temi dell'affettività e della sessualità, così importanti per la vita, occorre evitare di prospettare agli adolescenti e ai giovani vie che favoriscono la banalizzazione di queste fondamentali dimensioni dell'esistenza umana”.
“A tale scopo, la Chiesa chiede la collaborazione di tutti, in particolare di quanti operano nella scuola, per educare a una visione alta dell’amore e della sessualità umana”, ha concluso.
Nel suo indirizzo di saluto all'inizio dell'udienza, il Vicepresidente della Regione Lazio, Esterino Montino, ha riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dalla Chiesa nel sociale ed ha rivelato che la Regione ha reso “operativa la legge sugli oratori: nel 2009, le risorse erogate ammontano a 5 milioni di euro. Fra il 2006 e il 2008, abbiamo finanziato 394 progetti. Altri 650 sono al vaglio di una commissione appositamente costituita”.
Dal canto suo, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno ha illustrato i progetti offerti dalla capitale come il Centro Benedetto XVI a Monte Mario destinato ai giovani disagiati e in difficoltà, e l'Osservatorio per le libertà religiose volto a contrastare i gesti di intolleranza, ed ha ribadito il suo impegno contro violenze e illegalità.
Infine il Presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, ha indicato come priorità la lotta “alla povertà e all'esclusione sociale”, denunciando la crescita delle disuguaglianze, della precarietà nel lavoro, del degrado urbano, ed ha indicato nell' “inclusione sociale, nell'integrazione culturale e nella solidarietà la chiave fondamentale per la crescita complessiva della società”.
LA SENTENZA DI SALERNO, IL SENTIRE DEL CUORE, L’« INVISIBILE » VERITÀ - Gli embrioni «sbagliati» sono morte data, sono lutti - MARINA CORRADI – Avvenire, 15 gennaio 2010
U na figlia perduta a sette mesi, tre aborti, un unico bambino sano. Con questa odissea alle spalle una coppia portatrice di una grave malattia genetica ha ottenuto da un giudice l’autorizzazione a ricorrere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto – per scartare gli embrioni malati e individuare quelli sani. Che la legge 40 da questa sentenza sia violata, è una evidenza: la procreazione assistita è solo per le coppie sterili, e la selezione degli embrioni, in Italia, è eugenetica. Una vicenda umana dolorosa è stata usata per aprire una breccia nella legge.
E tuttavia, dire questo non basta. Non basta per quella coppia né per gli altri come loro e nemmeno per tanti che ascoltano la storia in tv, e pensano che in fondo una eccezione, dopo tanti lutti, sia giusta. In un 'sentire del cuore' che contrasta con la rigidità dei codici.
Eppure a volte il cuore, o almeno questa parola usata nella sua accezione sentimentale, non vede bene. Perché la realtà è che ai quei genitori viene consentito di 'produrre' molti germi di figli, che saranno scrutati e analizzati; a quello 'perfetto' verrà data una possibilità di vita, gli altri, segnati dal loro stigma, cancellati. Nel nome del 'diritto alla salute', espressione usata dal giudice, quei principi di uomo saranno eliminati. (Paradossale: essere uccisi per il 'diritto alla salute' di altri).
Il fatto è, e lo diciamo con rispetto verso chi ha il dolore di non poter avere figli sani, che un fattore manca in questa somma di diritti e di poteri, che porta al 'sì' della sentenza di Salerno. Quei figli abortiti, e quella persa a pochi mesi di vita, e quello vivo e tanto amato, sono stati, in principio, uguali agli embrioni che si vogliono scartare. Davvero si può negare questa prima uguaglianza, e accettare che gli 'sbagliati' siano buttati via come cose? Per avere un figlio sano, quanti difettosi fratelli annientati, e, davvero è buon cuore consentire, per soddisfare il desiderio di paternità, questa silenziosa strage?
Certo, sono invisibili quei semi, e ciò che è invisibile agli occhi raramente ci commuove. Però lo sappiamo in fondo che nel principio è già scritto, intero, un uomo. Lo sappiamo, che nel seme è inciso se avrà gli occhi chiari, e i capelli, e le mani grandi di suo padre. Tutto è già scritto, in quel frammento da niente; come uno straordinario 'file' che attende solo per dispiegarsi il calore di una madre.
La ragione del no alla selezione è questa. È il rispetto a un bene molto grande, benché infinitamente piccolo.
Anche se non si vedono, quegli embrioni rifiutati sono morte data, sono lutti. È una coscienza, questa della pienezza del principio, che avevano molte delle nostre madri, e che ora neghiamo. Non è ancora figlio quel grappolo di cellule, ci diciamo per tollerare l’aborto. Ma lo sappiamo invece, e lo conferma la scienza, che a poche ore dal concepimento il disegno è già vergato, unico, non ripetibile: il disegno di quell’ uomo.
E le sentenze argomentino pure di un 'diritto alla salute' e di un ideologico 'diritto alla procreazione', che nessun codice ci potrà mai garantire.
Evochiamoli pure questi diritti immaginari, che nella vita un istante di malattia o di disgrazia bastano a contraddire drammaticamente. La realtà non ideologica, innegabile, carnale, è invece quel grappolo di cellule che cresce, e forma gli occhi e le mani, mentre il cuore già batte: in un disegno inesorabilmente ordinato a vedere la luce.
PUNTARE SU PREVENZIONE E RICONCILIAZIONE - Dal 'divorzio express' uno tsunami sociale - FRANCESCO BELLETTI * - Avvenire, 15 gennaio 2010
A distanza di sei anni si torna a parlare di ridurre l’intervallo tra separazione e divorzio che, da più parti dello schieramento politico, si vorrebbe ridurre ad un anno o addirittura a sei mesi. Le posizioni sono molto diverse, sia sul piano delle proposte legislative sia su quello culturale. Fino all’idea 'estremista' di Annamaria Bernardini De Pace che, sul
Giornale
di mercoledì, coglie l’occasione per chiedere non tanto un periodo più breve, ma 'semplicemente' l’accesso diretto al divorzio
tout court,
senza passare affatto dalla separazione.
Tutte scelte per le quali ribadiamo il nostro deciso 'no'. E non certo per mettere i bastoni tra le ruote alle coppie che vogliono dividersi definitivamente o, addirittura, per assumere un ruolo punitivo nei loro confronti. Ci sono due punti che ci sembra importante riaffermare. In primo luogo dobbiamo ricordare che l’idea che le crisi coniugali possono essere recuperate – pur se gravi e anche dopo la separazione propriamente detta – appartiene allo spirito e alla lettera della legge attuale. La domandaobiettivo sociale da porsi in maniera prioritaria, quindi, dovrebbe essere: 'quanto aiutiamo le coppie in difficoltà a restare insieme?' e non facilitare il più possibile la rottura. Su questo terreno il totale fallimento dell’intervento dei consultori è evidente. Di conseguenza richiamiamo la responsabilità sociale di offrire non solo servizi di mediazione per 'separarsi meglio', ma soprattutto innovativi servizi di prevenzione, consulenza, accompagnamento e riconciliazione 'per restare insieme meglio'. In secondo luogo – pur nel massimo della comprensione per la sofferenza che accompagna la rottura di un progetto di vita di coppia – crediamo che il valore sociale da difendere sia la stabilità matrimoniale, contrapposta al concetto 'liquido' del matrimonio e delle responsabilità assunte nei confronti della società, come quello che guida la richiesta di accorciare il più possibile (o addirittura di eliminare) i tempi tra separazione e divorzio. La privatizzazione delle relazioni familiari è il vero rischio che sta correndo la nostra società. È evidente che le scelte personali sono e restano tali. È altrettanto evidente, però, oltre che di rilevanza costituzionale, come esse abbiano implicazioni di primaria importanza per la società. Per i figli eventualmente coinvolti anzitutto, ai quali occorre prestare rinnovata attenzione. Ma anche per la coppia in quanto tale. È ora che il nostro Paese si prenda cura delle numerosissime coppie in crisi che trovano come unica risposta codificata quella della separazione e del divorzio, offrendo loro percorsi alternativi di natura conciliativa che mirino a salvaguardare per quanto possibile l’unità familiare, lasciando la separazione quale
extrema ratio .
Un obiettivo, questo, indicato anche da fronti laici diversi, come nel caso di Hillary Clinton, secondo la quale: «Come un organismo richiede una massa critica di cellule sane per poter vivere, così la società richiede una massa critica di famiglie tradizionali per poter stare in piedi». E basterebbe verificare gli effetti della riforma Zapatero per comprendere lo tsunami sociale che sta per abbattersi nella vicina Spagna del 'divorzio express'.
Chiediamo quindi che il Parlamento, se di divorzio si deve occupare, non tenti di introdurre percorsi di 'facilitazione' alla rottura dei legami per costruire invece finalmente una rete di servizi di protezione e prevenzione. A tutela della libertà di scelta delle persone, ma soprattutto del benessere relazionale della coppia, dei figli, della famiglia nel suo complesso. Anche così si difende la coesione sociale nel nostro Paese.
* Presidente del Forum delle associazioni familiari
«Una sentenza contro la legge 40» - Mirabelli: autorizzata la soppressione di embrioni - DI ILARIA NAVA – Avvenire, 15 gennaio 2010
S ono obiezioni di metodo di merito quelle espresse da Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, nei confronti della sentenza emessa mercoledì dal Tribunale di Salerno. Un provvedimento che, contraddicendo la lettera della legge 40, ha aperto l’accesso alla fecondazione artificiale a due coniugi senza problemi di sterilità ma portatori sani di una malattia genetica, al fine di eseguire sugli embrioni creati in vitro la diagnosi preimpianto.
Come giudica dal punto di vista procedurale la condotta del giudice di Salerno?
Da quello che per ora si sa di questa sentenza, direi che siamo di fronte a un’impostazione 'creativa'. La legge è chiara sui soggetti che possono accedere alla fecondazione, e il giudice avrebbe dovuto applicarla. Se avesse avuto un dubbio di legittimità costituzionale avrebbe dovuto impugnare la legge davanti alla Consulta. Invece ha compiuto una vera e propria fuga in avanti.
Il giudice ha affermato di aver compiuto una «lettura costituzionalmente orientata» della norma...
Ma quella che lui afferma essere una lettura orientata in realtà sembra più una lettura creativa, cosa che non avrebbe potuto fare. Penso che in ultima analisi sia un problema di equilibrio tra istituzioni, tra il ruolo del magistrato, quello della Corte Costituzionale e quello del Parlamento.
Il giudice ha autorizzato la diagnosi preimpianto.
La legge vieta tale pratica: il divieto emerge da diversi aspetti della normativa. La diagnosi preimpianto, di fatto, legittima la soppressione di alcuni embrioni in base alla salute. La legge invece autorizza la ricerca sull’embrione solo ed esclusivamente per finalità terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso. E questo è un principio chiaro, che va rispettato. Come giurista non sono competente a stabilire quali siano tali interventi consentiti dalla legge, perché questo riguarda l’ambito medico scientifico. Però posso senza dubbio affermare che, qualunque intervento si compia sull’embrione, dev’essere fatto unicamente per la sua tutela e non per la sua soppressione.
Anche perché la legge vieta la soppressione degli embrioni creati.
Il rischio che stiamo correndo è che queste prescrizioni diventino lentamente delle finzioni. Di fatto questa sentenza, che autorizza la dia- gnosi preimpianto e la selezione, aggiunge un tassello verso quella che definirei 'eugenetica soppressiva', che elimina i soggetti in base alla salute. Da qui si porrebbero molteplici gravi interrogativi: ad esempio, come si stabilirebbe il criterio di scelta se procedere o meno all’impianto dell’embrione? Se si abbattono gli strumenti di tutela che la legge prevede, l’impianto diventerebbe opzionale a seconda delle caratteristiche.
Il giudice di Salerno ha anche aperto l’accesso a una coppia fertile. Qual è il suo parere?
Con la diagnosi preimpianto l’obiettivo reale non è più la fecondazione bensì la selezione, e per tale motivo anche una coppia senza problemi di sterilità è stata autorizzata. Ma tutto ciò è contrario non solo alla legge 40, ma anche ai princìpi costituzionali: la tutela della salute si realizza contrastando la malattia, non eliminando i soggetti malati.
1) Un giudice del tribunale di Salerno aggira la legge 40 - di Antonio Gaspari
2) Comunicato n° 1 del 14 Gennaio 2010 - SCIENZA & VITA: LA COSTITUZIONE NON DISCRIMINA - EVITIAMO L’EUGENETICA PER SENTENZA
3) La prova vivente della rete clandestina di aiuti agli ebrei di Pio XII - Intervista a uno dei suoi membri, padre Giancarlo Centioni - di Jesús Colina
4) Benedetto XVI: persona e bene comune, pilastri dell'azione politica - Nell'udienza agli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma
5) LA SENTENZA DI SALERNO, IL SENTIRE DEL CUORE, L’« INVISIBILE » VERITÀ - Gli embrioni «sbagliati» sono morte data, sono lutti - MARINA CORRADI – Avvenire, 15 gennaio 2010
6) PUNTARE SU PREVENZIONE E RICONCILIAZIONE - Dal 'divorzio express' uno tsunami sociale - FRANCESCO BELLETTI * - Avvenire, 15 gennaio 2010
7) «Una sentenza contro la legge 40» - Mirabelli: autorizzata la soppressione di embrioni - DI ILARIA NAVA – Avvenire, 15 gennaio 2010
Un giudice del tribunale di Salerno aggira la legge 40 - di Antonio Gaspari
ROMA giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Ha destato scalpore la decisione del giudice Antonio Scarpa del Tribunale di Salerno di autorizzare il 13 di gennaio la selezione embrionale a una coppia fertile portatrice di una malattia ereditaria, l'Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1(SMA1).
Il giudice ha risposto positivamente ad una coppia che intende accedere alle pratiche di selezione embrionale, senza tenere conto che tale autorizzazione viola la legge che regola la procreazione assistita per coppie non fertili.
Secondo Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita (MpV), “si tratta di una decisione che ancora una volta fa carta straccia del principio di uguale dignità di ogni essere umano e del principio della solidarietà verso i più piccoli e più fragili. Una deriva che era già cominciata con l‘annullamento da parte della Corte Costituzionale di quella disposizione che vieta la produzione sovrannumeraria di embrioni”.
“La legge 40 – ha continuato Casini – afferma fin dal suo primo articolo che anche il figlio è soggetto titolare di diritti fin dalla fecondazione. Gravissima è dunque da parte del giudice la disapplicazione della norma. Una disapplicazione che suona come rivolta contro il legislatore che ha approvato la legge 40 e contro la volontà popolare che quella legge ha difeso con maggioranze plebiscitarie”.
Il Presidente del MpV ha sostenuto che “contro questo atteggiamento che non è nasce e rischia di non fermarsi a Salerno, non c’è che un solo rimedio: proclamare con forza legislativa non ignorabile e sottratta alla libera interpretazione dei magistrati che tutti gli esseri umani sono uguali fin dal concepimento. Questo è il senso e lo scopo della modifica dell’articolo 1 del Codice Civile che è stata già proposta alla Camera ed al Senato. Auspico che le forze politiche trovino la compattezza per farla mettere presto in discussione e sostenerla”.
Il prof. Lucio Romano, copresidente dell’Associazione Scienza & Vita, ha precisato che “il doloroso vissuto della coppia di Salerno, non può farci dimenticare che, ancora una volta attraverso una sentenza, si vuole scardinare la Legge 40, finalizzata a regolare le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una legge votata dal Parlamento e confermata da un Referendum”.
“Inoltre – ha continuato Lucio Romano – con questa decisione, la drammaticità di un singolo caso viene utilizzata per introdurre surrettiziamente una componente di discriminazione eugenetica”.
Il giurista Luciano Eusebi, consigliere di Scienza & Vita, ha affermato che “generare in modo consapevole molteplici embrioni portatori di anomalie, per poi privarli di ogni chance esistenziale, riduce la vita umana nella sua prima fase al rango di una cosa totalmente soggetta all’altrui dominio, in totale contrasto col riconoscimento del concepito come soggetto, di cui all’art. 1 della Legge 40”.
“In sostanza – ha proseguito il giurista – si finisce per privare il potere legislativo del compito suo proprio di definire gli assetti normativi nel quadro complessivo della norme costituzionali, salvo, ovviamente, il vaglio circa la non trasgressione delle medesime che compete alla Consulta”.
“La pronuncia in esame – ha concluso Eusebi – apre per la prima volta a una generazione di vite umane fin dall’inizio sub condicione, cioè non finalizzata a che ciascuna di esse possa svolgere l’intero arco esistenziale, bensì esplicitamente funzionale a un processo selettivo, da realizzarsi a vita già iniziata”.
Anche il Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, diretto dal prof. Adriano Pessina, ha emesso una nota in cui esprime il “suo totale disaccordo rispetto alla sentenza emessa dal tribunale di Salerno, con la quale si viola palesemente la legge 40 approvata dal Parlamento e sottoposta al referendum”.
“Questa sentenza – spiega la nota – permette il ricorso alla procreazione medicalmente assistita ad una coppia non sterile e la autorizza ad una selezione preimpianto che costituisce di fatto la legittimazione di alcuni tribunali di una prospettiva eugenetica”.
“Pur comprendendo l’umano desiderio di ogni coppia di avere un figlio sano - continua la nota -, è necessario ribadire come tra il sacrificio del proprio desiderio e il sacrificio della vita altrui una società civile debba sempre far prevalere il rispetto e la tutela della vita”.
La nota sottolinea, infine, che “questa sentenza è in netto contrasto con lo spirito e la lettera della Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità” e conclude affermando che “è oggetto di scandalo civile la costante deriva di alcuni magistrati che nelle questioni bioetiche si sostituiscono alle leggi italiane e alla coscienza morale del Paese”.
Comunicato n° 1 del 14 Gennaio 2010 - SCIENZA & VITA: LA COSTITUZIONE NON DISCRIMINA - EVITIAMO L’EUGENETICA PER SENTENZA
“Il doloroso vissuto della coppia di Salerno, non può farci dimenticare che, ancora una volta attraverso una sentenza, si vuole scardinare la Legge 40, finalizzata a regolare le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una legge votata dal Parlamento e confermata da un Referendum”. Questo il primo commento di Lucio Romano, copresidente dell’Associazione Scienza & Vita, all’indomani del provvedimento del tribunale di Salerno che autorizza la diagnosi preimpianto e la Pma in una coppia fertile portatrice di una grave malattia genetica.
“Inoltre – continua Lucio Romano – con questa decisione, la drammaticità di un singolo caso viene utilizzata per introdurre surrettiziamente una componente di discriminazione eugenetica”.
“Generare in modo consapevole molteplici embrioni portatori di anomalie, per poi privarli di ogni chance esistenziale, – ribadisce il giurista Luciano Eusebi, consigliere di Scienza & Vita – riduce la vita umana nella sua prima fase al rango di una cosa totalmente soggetta all’altrui dominio, in totale contrasto col riconoscimento del concepito come soggetto, di cui all’art. 1 della Legge 40”.
“Appare dunque sorprendente – prosegue il giurista – che una simile modalità di utilizzo delle tecniche di Pma venga intesa addirittura, nella pronuncia in discussione, come costituzionalmente obbligata e tale da consentire una sorta di disapplicazione giurisprudenziale diretta delle norme vigenti, pur mancando qualsivoglia disposizione esplicita in materia nella legge fondamentale.
In sostanza, si finisce per privare il potere legislativo del compito suo proprio di definire gli assetti normativi nel quadro complessivo della norme costituzionali, salvo, ovviamente, il vaglio circa la non trasgressione delle medesime che compete alla Consulta”.
“E ciò, – conclude Luciano Eusebi – appare tanto più incomprensibile in un ambito nel quale la scelta della Legge 40 di non rendere disponibile la Pma per attività selettive, si fonda sulle norme costituzionali che escludono ogni discriminazione tra individui viventi, quale presupposto del principio di uguaglianza. La pronuncia in esame invece apre per la prima volta a una generazione di vite umane fin dall’inizio sub condicione, cioè non finalizzata a che ciascuna di esse possa svolgere l’intero arco esistenziale, bensì esplicitamente funzionale a un processo selettivo, da realizzarsi a vita già iniziata”.
La prova vivente della rete clandestina di aiuti agli ebrei di Pio XII - Intervista a uno dei suoi membri, padre Giancarlo Centioni - di Jesús Colina
ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Alcuni settori dell'opinione pubblica hanno chiesto nelle ultime settimane prove concrete degli aiuti offerti da Pio XII agli ebrei durante la persecuzione nazista. Il sacerdote italiano Giancarlo Centioni, di 97 anni, è la prova vivente, perché è l'ultimo membro in vita della rete clandestina creata da Papa Pacelli.
Dal 1940 al 1945 è stato Cappellano militare a Roma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e ha vissuto in una casa di sacerdoti tedeschi della Società dell'Apostolato Cattolico - Padri Pallottini -, che l'hanno coinvolto nella rete di salvataggio.
“Siccome ero Cappellano fascista, era più facile aiutare gli ebrei”, ha dichiarato spiegando i motivi per i quali venne scelto per partecipare a questa rischiosa operazione.
“I miei colleghi sacerdoti pallottini, venuti da Amburgo, avevano fondato una società che si chiamava 'Raphael's Verein' (società di San Raffaele), che era stata istituita per l'aiuto agli ebrei”, ha rivelato.
Uno degli obiettivi della rete consisteva nel permettere la fuga dalla Germania, attraverso l'Italia, verso la Svizzera o Lisbona (Portogallo), motivo per il quale la rete contava su alcuni uomini in ciascuno di questi quattro Paesi. Con il tempo, ne fecero parte anche alcuni ebrei.
In Germania, ricorda don Centioni, la società era guidata da padre Josef Kentenich, conosciuto in tutto il mondo come il fondatore del Movimento apostolico di Schönstatt. Questo sacerdote pallottino venne poi fatto prigionero e rinchiuso nel campo di concentramento di Dachau fino alla fine della guerra.
“A Roma, in Via Pettinari 57, il capo di tutta questa attività era padre (Anton) Weber, il quale aveva un contatto diretto con Pio XII e la Segreteria”, ha spiegato il sacerdote.
Una delle principali attività della rete consisteva nel consegnare passaporti e soldi alle famiglie ebree perché potessero fuggire.
“Il denaro e i passaporti venivano dati da padre Anton Weber e venivano consegnati alle persone. Però lui li otteneva direttamente [nel video dell'intervista si può constatare come il sacerdote sottolinei la parola 'direttamente'] dalla Segretaria di Stato di Sua Santità, per nome e conto di Pio XII”.
“Con me hanno aiutato almeno 12 sacerdoti tedeschi a Roma”, prosegue il sacerdote, spiegando che la rete ricevette un aiuto decisivo anche da parte della Polizia italiana, in particolare dal vicequestore di Mussolini, Romeo Ferrara, che lo informava sul luogo in cui si trovavano le famiglie ebree alle quali doveva portare i passaporti, “anche di notte”.
Tra coloro che padre Centioni aiutò a Roma c'è ad esempio la famiglia Bettoja, ebrea, proprietaria di alcuni alberghi della città.
Il poliziotto lo mandò di notte a casa loro vestito da Cappellano militare italiano, perché i soldati tedeschi non lo arrestassero.
Il sacedote ricorda nitidamente la paura e la difficoltà dell'operazione, data anche la diffidenza della famiglia che doveva aiutare.
“Ho bussato, ma non volevano aprire. Alla fine dico: 'Guardi, io sono un sacerdote, un Cappellano, vengo per aiutarvi, per portarvi un lasciapassare'”.
“'Lo giuri', ha risposto una voce dall'altra parte della porta. 'Lo giuro, eccomi qua, mi potete vedere attraverso l'occhiolino'”.
Il sacerdote venne ricevuto dalla signora Bettoja con i bambini.
“Ho detto: 'Prima delle 7 andate via di casa con la vostra macchina, perché alla 7 dalla frontiera del Lazio potete andare a Genova'. Fuggirono e si salvarono. E' una delle tante famiglie”.
Gli interventi della rete iniziarono già prima dell'invasione tedesca in Italia, ha ricordato padre Centioni, e durarono, “almeno per quanto ne so io, anche dopo il '45, perché i rapporti di padre Weber con il Vaticano e gli ebrei erano molto vivi”.
“Tanta brava gente”, dice, pensando soprattutto alle famiglie ebree.
“Tra quelli che ci hanno poi aiutato ci sono stati due ebrei che abbiamo nascosto: un letterato, (Melchiorre) Gioia, e un grande musicista compositore di Vienna del tempo, che scriveva le canzoni e faceva le operette, Erwin Frimm”.
Il sacerdote li nascose in alcune case di Roma, soprattutto nella sua residenza religiosa di Via Pettinari 57.
“E loro ci hanno aiutato molto dando indicazioni precise”, ha riconosciuto. A volte questo lavoro comportava il rischio della propria vita, come il sacerdote ha potuto ben presto verificare.
“Ho aiutato Ivan Basilius, una spia russa, che io non sapevo fosse russo o spia; era ebreo. Purtroppo le SS lo arrestarono e nel taccuino c'era il mio nome. Allora, apriti cielo! Mi chiamò la Santa Sede, Sua Eccellenza Hudal [alto e influente prelato tedesco a Roma], e mi disse: 'Venga qua, perché vengono le SS ad arrestarla'. 'E che ho fatto?', chiesi. 'Lei ha aiutato una spia russa'. 'Io? Che ne so? Chi è?'. Allora sono fuggito”.
Don Centioni, come Cappellano, conobbe l'ufficiale tedesco Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma e autore dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui furono assassinati 335 italiani, tra cui molti civili ed ebrei.
“Durante il periodo tedesco, dopo che a marzo fecero la carneficina [alle Fosse Ardeatine], dissi a Kappler, che vedevo spesso: 'Perché non ha chiamato i Cappellani militari alle Fosse Ardeatine?'. 'Perché li avrei eliminati e avrei eliminato anche lei'”, rispose l'ufficiale nazista.
Don Centioni assicura che le centinaia di persone che ha potuto aiutare erano a conoscenza di chi c'era dietro tutto questo, per questo motivo insiste: “Li aiutava Pio XII, attraverso noi sacerdoti, attraverso la 'Raphael's Verein'”.
L'intervista è stata concessa a ZENIT e all'agenzia multimediale www.h2onews.org, che l'ha pubblicata questo giovedì.
Il caso di don Centioni è stato scoperto e analizzato, comparando altre testimonianze, dalla Pave the Way Foundation (http://www.ptwf.org), creata dall'ebreo di New York Gary Krupp.
Di questa intervista ha potuto dare fede l'avvocato italiano Daniele Costi, presidente della Fondazione in Italia.
Il racconto trova riscontro documentale nella decorazione concessa dal Governo polacco in esilio a don Centioni (croce d'oro con due spade, “per la nostra e la vostra libertà”).
Il sacerdote cita inoltre le manifestazioni di gratitudine che ha ricevuto da parte di alcuni degli ebrei aitutati: i signori Zoe e Andrea Maroni, il professor Melchiorre Gioia, il professor Aroldo Di Tivoli, le famiglie Tagliacozzo e Ghiron, i cui figli poterono salvarsi, raggiungendo gli USA, con passaporti di fortuna procurati loro tramite il Vaticano.
[Per vedere l'intervista: www.h2onews.org]
Benedetto XVI: persona e bene comune, pilastri dell'azione politica - Nell'udienza agli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma
ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L'attenzione alla persona e la ricerca del bene comune, al di là di egoismi e particolarismi, devono essere i due cardini attorno a cui ruota ogni azione politica. Lo ha detto Benedetto XVI ricevendo questo giovedì mattina, in Vaticano, gli amministratori della Regione Lazio, del Comune di Roma e della Provincia di Roma.
La persona umana ha sottolineato il Papa “è al centro dell'azione politica e la sua crescita morale e spirituale deve essere la prima preoccupazione per coloro che sono stati chiamati ad amministrare la comunità civile”.
Inoltre, ha aggiunto, “è fondamentale che quanti hanno ricevuto dalla fiducia dei cittadini l'alta responsabilità di governare le istituzioni avvertano come prioritaria l'esigenza di perseguire costantemente il bene comune”.
Esprimendo quindi apprezzamento per gli sforzi compiuti dalle amministrazioni locali in favore delle fasce più deboli, il Pontefice ha quindi posto l'accento sulla necessità di fare della famiglia, in particolare delle famiglie numerose, “il principio ispiratore di ogni vostra scelta”, come “nella realizzazione dei nuovi insediamenti della città, perché i complessi abitativi che vanno sorgendo non siano solo quartieri dormitorio”.
Per questo, ha proseguito, è opportuno che “siano previste quelle strutture che favoriscono i processi di socializzazione”, evitando “la chiusura nell'individualismo” dannosa per ogni convivenza umana.
Il Santo Padre ha poi fatto riferimento alla costruzione delle nuove parrocchie, “che oltre ad essere punti di riferimento per la vita cristiana, svolgono anche una fondamentale funzione educativa e sociale” e all’apertura degli “oratori dei piccoli”, dove i bambini possono giocare serenamente mentre i genitori sono al lavoro.
Dal Papa anche un appello perché le strutture sanitarie siano gestite con attenzione e responsabilità, con competenza professionale e con spirito di dedizione generosa verso i malati.
Non è mancato quindi un accenno alla necessità e all'urgenza “di aiutare i giovani a progettare la vita sui valori autentici, che fanno riferimento ad una visione 'alta' dell’uomo e che trovano nel patrimonio religioso e culturale cristiano una delle sue espressioni più sublimi”.
“Oggi - ha detto - le nuove generazioni chiedono di sapere chi sia l'uomo e quale sia il suo destino e cercano risposte capaci di indicare loro la strada da percorrere per fondare l’esistenza sui valori perenni”.
“In particolare, nelle proposte formative circa i grandi temi dell'affettività e della sessualità, così importanti per la vita, occorre evitare di prospettare agli adolescenti e ai giovani vie che favoriscono la banalizzazione di queste fondamentali dimensioni dell'esistenza umana”.
“A tale scopo, la Chiesa chiede la collaborazione di tutti, in particolare di quanti operano nella scuola, per educare a una visione alta dell’amore e della sessualità umana”, ha concluso.
Nel suo indirizzo di saluto all'inizio dell'udienza, il Vicepresidente della Regione Lazio, Esterino Montino, ha riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dalla Chiesa nel sociale ed ha rivelato che la Regione ha reso “operativa la legge sugli oratori: nel 2009, le risorse erogate ammontano a 5 milioni di euro. Fra il 2006 e il 2008, abbiamo finanziato 394 progetti. Altri 650 sono al vaglio di una commissione appositamente costituita”.
Dal canto suo, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno ha illustrato i progetti offerti dalla capitale come il Centro Benedetto XVI a Monte Mario destinato ai giovani disagiati e in difficoltà, e l'Osservatorio per le libertà religiose volto a contrastare i gesti di intolleranza, ed ha ribadito il suo impegno contro violenze e illegalità.
Infine il Presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, ha indicato come priorità la lotta “alla povertà e all'esclusione sociale”, denunciando la crescita delle disuguaglianze, della precarietà nel lavoro, del degrado urbano, ed ha indicato nell' “inclusione sociale, nell'integrazione culturale e nella solidarietà la chiave fondamentale per la crescita complessiva della società”.
LA SENTENZA DI SALERNO, IL SENTIRE DEL CUORE, L’« INVISIBILE » VERITÀ - Gli embrioni «sbagliati» sono morte data, sono lutti - MARINA CORRADI – Avvenire, 15 gennaio 2010
U na figlia perduta a sette mesi, tre aborti, un unico bambino sano. Con questa odissea alle spalle una coppia portatrice di una grave malattia genetica ha ottenuto da un giudice l’autorizzazione a ricorrere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto – per scartare gli embrioni malati e individuare quelli sani. Che la legge 40 da questa sentenza sia violata, è una evidenza: la procreazione assistita è solo per le coppie sterili, e la selezione degli embrioni, in Italia, è eugenetica. Una vicenda umana dolorosa è stata usata per aprire una breccia nella legge.
E tuttavia, dire questo non basta. Non basta per quella coppia né per gli altri come loro e nemmeno per tanti che ascoltano la storia in tv, e pensano che in fondo una eccezione, dopo tanti lutti, sia giusta. In un 'sentire del cuore' che contrasta con la rigidità dei codici.
Eppure a volte il cuore, o almeno questa parola usata nella sua accezione sentimentale, non vede bene. Perché la realtà è che ai quei genitori viene consentito di 'produrre' molti germi di figli, che saranno scrutati e analizzati; a quello 'perfetto' verrà data una possibilità di vita, gli altri, segnati dal loro stigma, cancellati. Nel nome del 'diritto alla salute', espressione usata dal giudice, quei principi di uomo saranno eliminati. (Paradossale: essere uccisi per il 'diritto alla salute' di altri).
Il fatto è, e lo diciamo con rispetto verso chi ha il dolore di non poter avere figli sani, che un fattore manca in questa somma di diritti e di poteri, che porta al 'sì' della sentenza di Salerno. Quei figli abortiti, e quella persa a pochi mesi di vita, e quello vivo e tanto amato, sono stati, in principio, uguali agli embrioni che si vogliono scartare. Davvero si può negare questa prima uguaglianza, e accettare che gli 'sbagliati' siano buttati via come cose? Per avere un figlio sano, quanti difettosi fratelli annientati, e, davvero è buon cuore consentire, per soddisfare il desiderio di paternità, questa silenziosa strage?
Certo, sono invisibili quei semi, e ciò che è invisibile agli occhi raramente ci commuove. Però lo sappiamo in fondo che nel principio è già scritto, intero, un uomo. Lo sappiamo, che nel seme è inciso se avrà gli occhi chiari, e i capelli, e le mani grandi di suo padre. Tutto è già scritto, in quel frammento da niente; come uno straordinario 'file' che attende solo per dispiegarsi il calore di una madre.
La ragione del no alla selezione è questa. È il rispetto a un bene molto grande, benché infinitamente piccolo.
Anche se non si vedono, quegli embrioni rifiutati sono morte data, sono lutti. È una coscienza, questa della pienezza del principio, che avevano molte delle nostre madri, e che ora neghiamo. Non è ancora figlio quel grappolo di cellule, ci diciamo per tollerare l’aborto. Ma lo sappiamo invece, e lo conferma la scienza, che a poche ore dal concepimento il disegno è già vergato, unico, non ripetibile: il disegno di quell’ uomo.
E le sentenze argomentino pure di un 'diritto alla salute' e di un ideologico 'diritto alla procreazione', che nessun codice ci potrà mai garantire.
Evochiamoli pure questi diritti immaginari, che nella vita un istante di malattia o di disgrazia bastano a contraddire drammaticamente. La realtà non ideologica, innegabile, carnale, è invece quel grappolo di cellule che cresce, e forma gli occhi e le mani, mentre il cuore già batte: in un disegno inesorabilmente ordinato a vedere la luce.
PUNTARE SU PREVENZIONE E RICONCILIAZIONE - Dal 'divorzio express' uno tsunami sociale - FRANCESCO BELLETTI * - Avvenire, 15 gennaio 2010
A distanza di sei anni si torna a parlare di ridurre l’intervallo tra separazione e divorzio che, da più parti dello schieramento politico, si vorrebbe ridurre ad un anno o addirittura a sei mesi. Le posizioni sono molto diverse, sia sul piano delle proposte legislative sia su quello culturale. Fino all’idea 'estremista' di Annamaria Bernardini De Pace che, sul
Giornale
di mercoledì, coglie l’occasione per chiedere non tanto un periodo più breve, ma 'semplicemente' l’accesso diretto al divorzio
tout court,
senza passare affatto dalla separazione.
Tutte scelte per le quali ribadiamo il nostro deciso 'no'. E non certo per mettere i bastoni tra le ruote alle coppie che vogliono dividersi definitivamente o, addirittura, per assumere un ruolo punitivo nei loro confronti. Ci sono due punti che ci sembra importante riaffermare. In primo luogo dobbiamo ricordare che l’idea che le crisi coniugali possono essere recuperate – pur se gravi e anche dopo la separazione propriamente detta – appartiene allo spirito e alla lettera della legge attuale. La domandaobiettivo sociale da porsi in maniera prioritaria, quindi, dovrebbe essere: 'quanto aiutiamo le coppie in difficoltà a restare insieme?' e non facilitare il più possibile la rottura. Su questo terreno il totale fallimento dell’intervento dei consultori è evidente. Di conseguenza richiamiamo la responsabilità sociale di offrire non solo servizi di mediazione per 'separarsi meglio', ma soprattutto innovativi servizi di prevenzione, consulenza, accompagnamento e riconciliazione 'per restare insieme meglio'. In secondo luogo – pur nel massimo della comprensione per la sofferenza che accompagna la rottura di un progetto di vita di coppia – crediamo che il valore sociale da difendere sia la stabilità matrimoniale, contrapposta al concetto 'liquido' del matrimonio e delle responsabilità assunte nei confronti della società, come quello che guida la richiesta di accorciare il più possibile (o addirittura di eliminare) i tempi tra separazione e divorzio. La privatizzazione delle relazioni familiari è il vero rischio che sta correndo la nostra società. È evidente che le scelte personali sono e restano tali. È altrettanto evidente, però, oltre che di rilevanza costituzionale, come esse abbiano implicazioni di primaria importanza per la società. Per i figli eventualmente coinvolti anzitutto, ai quali occorre prestare rinnovata attenzione. Ma anche per la coppia in quanto tale. È ora che il nostro Paese si prenda cura delle numerosissime coppie in crisi che trovano come unica risposta codificata quella della separazione e del divorzio, offrendo loro percorsi alternativi di natura conciliativa che mirino a salvaguardare per quanto possibile l’unità familiare, lasciando la separazione quale
extrema ratio .
Un obiettivo, questo, indicato anche da fronti laici diversi, come nel caso di Hillary Clinton, secondo la quale: «Come un organismo richiede una massa critica di cellule sane per poter vivere, così la società richiede una massa critica di famiglie tradizionali per poter stare in piedi». E basterebbe verificare gli effetti della riforma Zapatero per comprendere lo tsunami sociale che sta per abbattersi nella vicina Spagna del 'divorzio express'.
Chiediamo quindi che il Parlamento, se di divorzio si deve occupare, non tenti di introdurre percorsi di 'facilitazione' alla rottura dei legami per costruire invece finalmente una rete di servizi di protezione e prevenzione. A tutela della libertà di scelta delle persone, ma soprattutto del benessere relazionale della coppia, dei figli, della famiglia nel suo complesso. Anche così si difende la coesione sociale nel nostro Paese.
* Presidente del Forum delle associazioni familiari
«Una sentenza contro la legge 40» - Mirabelli: autorizzata la soppressione di embrioni - DI ILARIA NAVA – Avvenire, 15 gennaio 2010
S ono obiezioni di metodo di merito quelle espresse da Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, nei confronti della sentenza emessa mercoledì dal Tribunale di Salerno. Un provvedimento che, contraddicendo la lettera della legge 40, ha aperto l’accesso alla fecondazione artificiale a due coniugi senza problemi di sterilità ma portatori sani di una malattia genetica, al fine di eseguire sugli embrioni creati in vitro la diagnosi preimpianto.
Come giudica dal punto di vista procedurale la condotta del giudice di Salerno?
Da quello che per ora si sa di questa sentenza, direi che siamo di fronte a un’impostazione 'creativa'. La legge è chiara sui soggetti che possono accedere alla fecondazione, e il giudice avrebbe dovuto applicarla. Se avesse avuto un dubbio di legittimità costituzionale avrebbe dovuto impugnare la legge davanti alla Consulta. Invece ha compiuto una vera e propria fuga in avanti.
Il giudice ha affermato di aver compiuto una «lettura costituzionalmente orientata» della norma...
Ma quella che lui afferma essere una lettura orientata in realtà sembra più una lettura creativa, cosa che non avrebbe potuto fare. Penso che in ultima analisi sia un problema di equilibrio tra istituzioni, tra il ruolo del magistrato, quello della Corte Costituzionale e quello del Parlamento.
Il giudice ha autorizzato la diagnosi preimpianto.
La legge vieta tale pratica: il divieto emerge da diversi aspetti della normativa. La diagnosi preimpianto, di fatto, legittima la soppressione di alcuni embrioni in base alla salute. La legge invece autorizza la ricerca sull’embrione solo ed esclusivamente per finalità terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso. E questo è un principio chiaro, che va rispettato. Come giurista non sono competente a stabilire quali siano tali interventi consentiti dalla legge, perché questo riguarda l’ambito medico scientifico. Però posso senza dubbio affermare che, qualunque intervento si compia sull’embrione, dev’essere fatto unicamente per la sua tutela e non per la sua soppressione.
Anche perché la legge vieta la soppressione degli embrioni creati.
Il rischio che stiamo correndo è che queste prescrizioni diventino lentamente delle finzioni. Di fatto questa sentenza, che autorizza la dia- gnosi preimpianto e la selezione, aggiunge un tassello verso quella che definirei 'eugenetica soppressiva', che elimina i soggetti in base alla salute. Da qui si porrebbero molteplici gravi interrogativi: ad esempio, come si stabilirebbe il criterio di scelta se procedere o meno all’impianto dell’embrione? Se si abbattono gli strumenti di tutela che la legge prevede, l’impianto diventerebbe opzionale a seconda delle caratteristiche.
Il giudice di Salerno ha anche aperto l’accesso a una coppia fertile. Qual è il suo parere?
Con la diagnosi preimpianto l’obiettivo reale non è più la fecondazione bensì la selezione, e per tale motivo anche una coppia senza problemi di sterilità è stata autorizzata. Ma tutto ciò è contrario non solo alla legge 40, ma anche ai princìpi costituzionali: la tutela della salute si realizza contrastando la malattia, non eliminando i soggetti malati.