venerdì 20 novembre 2009

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Con la Croce, recupero della testimonianza di fronte al mondo - di mons. Luigi Negri*
2) Non discriminiamo il concepito! - Proposta di legge per riconoscere i diritti del nascituro - di Antonio Gaspari
3) Il discorso del Papa ai pontifici atenei romani e alle università cattoliche - Una nuova sintesi umanistica per superare il divario tra fede e cultura - L'Osservatore Romano - 20 novembre 2009
4) La sfida delle cellule staminali - Adulte è meglio - di Rino Fisichella - Arcivescovo Presidente della Pontificia Accademia per la Vita - L'Osservatore Romano - 20 novembre 2009
5) Il regalo della crisi - Bernhard Scholz venerdì 20 novembre 2009 – ilsussidiario.net
6) NOMINE UE/ Mauro: niente D’Alema, l’“orologiaio” Van Rompuy e Ashton i nomi giusti - Mario Mauro venerdì 20 novembre 2009 – ilsussidiario.net

Con la Croce, recupero della testimonianza di fronte al mondo - di mons. Luigi Negri*
ROMA, giovedì, 19 novembre 2009 (ZENIT.org).- La decisione assunta dalla Corte dei Diritti dell’uomo di Strasburgo di vietare la presenza dei crocifissi nella aule scolastiche era largamente prevedibile e, per certi aspetti, attesa. In queste istituzioni si sta sostanzialmente catalizzando tutto il peggior laicismo che ha una connotazione obiettivamente anti cattolica ed è ¨ teso ad eliminare, anche con la violenza, la presenza cristiana dalla vita della società e, addirittura, i simboli di questa presenza. Altri hanno già individuato, soprattutto la Conferenza Episcopale Italiana, la meschinità culturale di questa decisione, la miopia, come ha detto la Santa Sede, ma io credo che sia giusto dire che si tratta di una volontà eversiva verso la presenza cristiana, condotta con una ferocia pari soltanto all’apparente oggettività o neutralità delle istituzioni del diritto. Però è anche giusto - come facevano i nostri vecchi, e noi abbiamo spesso dimenticato questa lezione, - che ci chiediamo se noi, come popolo cristiano e, addirittura, vorrei dire come ecclesiasticità , non abbiamo qualche responsabilità per questa situazione. E’ sempre giusto leggere in profondità se in qualche modo abbiamo rischiato di essere conniventi.

La vicenda di Strasburgo nella sua brutalità è anche una conseguenza di troppo irenismo che attraversa il mondo cattolico da decenni, per cui la preoccupazione fondamentale non è la nostra identità ma il dialogo ad ogni costo, andare d’accordo anche con le posizioni più distanti. Questo rispetto della diversità delle posizioni culturali e religiose, sostenuto dall’idea di una sostanziale equivalenza fra le varie posizioni e religioni, che fa perdere al cattolicesimo la sua assoluta specificità . Un irenismo, un aperturismo, una volontà di dialogo a tutti i costi che viene ripagata nell’unico modo in cui il potere mondano ripaga sempre questi scomposti atteggiamenti di compromesso: con il disprezzo e la violenza.

E’ necessario rinnovare la coscienza della propria identità , della propria specificità come evento umano e cristiano nei confronti di qualsiasi altra posizione, ed attrezzarci a vivere il dialogo con tutte le altre posizioni, non sulla base di una smobilitazione della propria identità ma come espressione ultima, critica, intensa della nostra identità .

Alla fine risulterà forse una prova significativa, una prova che può formare, una prova attraverso la quale - come spesso ci viene ricordato dalla tradizione dei grandi Padri della Chiesa -, Dio continua ad educare il suo popolo. Ma occorre che il giudizio sia chiaro e non ci si fermi a reazioni emotive ma si legga in profondità il compito che abbiamo davanti: recuperare la nostra identità ecclesiale e impegnarci nella testimonianza di fronte al mondo.

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*Mons. Luigi Negri è Vescovo di San Marino-Montefeltro


Non discriminiamo il concepito! - Proposta di legge per riconoscere i diritti del nascituro - di Antonio Gaspari
ROMA, 19 novembre 2009 (ZENIT.org).- "Non ci sarà mai piena giustizia se non si affermerà con chiarezza l'uguaglianza tra tutti i cittadini, senza distinzioni tra nati e non nati" .

Così l'onorevole Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita (MpV), ha presentato questo mercoledì nella sala Alcide de Gasperi della Camera dei Deputati la proposta di legge per la modifica dell'art.1 del Codice Civile, che punta a estendere i diritti personali dal momento della nascita a quello del concepimento.

A vent'anni dall'approvazione della Convenzione universale dei diritti del fanciullo (20 novembre 1989), l'onorevole Casini ha ricordato come la Convenzione chiami "bambino" anche il nascituro e che al punto 9 del preambolo sostenga che "il fanciullo a causa della sua immaturità ha bisogno di una protezione speciale, anche giuridica sia prima che dopo la nascita".

Per il presidente del MpV, questo confermerebbe che la Convenzione sui diritti del fanciullo "si applica anche al concepito" e ribadisce le solide acquisizioni della scienza biologica e genetica secondo le quali "la vita umana individuale inizia al momento del concepimento".

Casini ha quindi ricordato che due sentenze costituzionali, in Italia il 10 febbraio 1997 n.35 e in Polonia il 27 maggio 1997, hanno fatto riferimento al preambolo e all'articolo 1 della Convenzione per affermare che il "riconoscimento del diritto alla vita di ogni essere umano dalla fecondazione trova una conferma anche nel diritto internazionale".

Su questo tema già il 20 luglio 1995 il MpV aveva depositato alla Camera dei Deputati una proposta di legge di iniziativa popolare, sottoscritta da 400 docenti universitari di Biologia, Genetica e Diritto.

Tale proposta aveva visto l'adesione di 197.277 cittadini e una petizione di sostegno con oltre un milione 400 mila firme.

La proposta era quella di sostituire l'articolo 1 del Codice Civile in modo da anticipare al momento del concepimento il riconoscimento della capacità giuridica, che oggi è invece fissata al momento della nascita.

Seppure ripresentata da numerosi parlamentari sia al Senato che alla Camera, la proposta di legge non è mai stata messa in discussione.

In occasione del ventesimo anniversario della Convenzione sul diritto del fanciullo, il presidente del MpV, sostenuto dall'UDC e dai parlamentari dei diversi schieramenti politici, spera di ottenerne l'approvazione.

"Il formale riconoscimento sulla soggettività giuridica del concepito - ha spiegato Casini - non è soltanto l'esito moderno e inevitabile del principio di eguaglianza".

"Non è soltanto una soluzione giuridicamente corretta non in contraddizione con le altre parti dell'ordinamento italiano".

"E' anche un modo - ha concluso - per motivare meglio il coraggio delle madri, dei padri e della famiglie, nonché l'impegno della società in ogni sua articolazione per rimuovere le difficoltà che potrebbero orientare una donna verso l'interruzione volontaria della gravidanza".


Il discorso del Papa ai pontifici atenei romani e alle università cattoliche - Una nuova sintesi umanistica per superare il divario tra fede e cultura - L'Osservatore Romano - 20 novembre 2009
Promuovere una "nuova sintesi umanistica" per superare il divario tra fede e cultura. È questo il compito affidato da Benedetto XVI a docenti e studenti dei pontifici atenei romani e delle università cattoliche, ricevuti in udienza giovedì mattina, 19 novembre, nell'Aula Paolo VI. All'incontro erano presenti anche i partecipanti all'assemblea generale della Fiuc.

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
illustri Rettori, Autorità accademiche e Professori,
cari studenti, fratelli e sorelle!
Con gioia vi accolgo e vi ringrazio di essere convenuti ad Petri Sedem, per essere confermati nel vostro importante ed impegnativo compito di insegnamento, di studio e di ricerca al servizio della Chiesa e dell'intera società. Ringrazio cordialmente il Cardinale Zenon Grocholewski per le parole che mi ha rivolto introducendo questo incontro, nel quale ricordiamo due ricorrenze particolari: il 30° della Costituzione apostolica Sapientia christiana, promulgata il 15 aprile 1979 dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, e il 60° anniversario del riconoscimento da parte della Santa Sede dello Statuto della Fédération Internationale des Universités Catholiques (Fiuc).
Sono lieto di fare memoria insieme con voi di questi significativi anniversari, che mi offrono l'occasione di evidenziare ancora una volta il ruolo insostituibile delle Facoltà ecclesiastiche e delle Università cattoliche nella Chiesa e nella società. Il Concilio Vaticano II lo aveva già ben sottolineato nella Dichiarazione Gravissimum educationis, quando esortava le Facoltà ecclesiastiche ad approfondire i vari settori delle scienze sacre, per avere una conoscenza sempre più profonda della Rivelazione, per esplorare il tesoro della sapienza cristiana, favorire il dialogo ecumenico e interreligioso, e per rispondere ai problemi emergenti in ambito culturale (cfr. n. 11). Lo stesso Documento conciliare raccomandava di promuovere le Università cattoliche, distribuendole nelle diverse regioni del mondo e, soprattutto, curandone il livello qualitativo per formare persone versate nel sapere, pronte a testimoniare la loro fede nel mondo e a svolgere compiti di responsabilità nella società (cfr. n. 10). L'invito del Concilio ha trovato vasta eco nella Chiesa. Oggi vi sono, infatti, oltre 1.300 Università cattoliche e circa 400 Facoltà ecclesiastiche, diffuse in tutti i continenti, molte delle quali sono sorte negli ultimi decenni, a testimonianza di una crescente attenzione delle Chiese particolari per la formazione degli ecclesiastici e dei laici alla cultura e alla ricerca.
La Costituzione apostolica Sapientia christiana, fin dalle sue prime espressioni, rileva l'urgenza, ancora attuale, di superare il divario esistente tra fede e cultura, invitando ad un maggiore impegno di evangelizzazione, nella ferma convinzione che la Rivelazione cristiana è una forza trasformante, destinata a permeare i modi di pensare, i criteri di giudizio, le norme di azione. Essa è in grado di illuminare, purificare e rinnovare i costumi degli uomini e le loro culture (cfr. Proemio, i) e deve costituire il punto centrale dell'insegnamento e della ricerca, nonché l'orizzonte che illumina la natura e le finalità di ogni Facoltà ecclesiastica. In questa prospettiva, mentre viene sottolineato il dovere dei cultori delle discipline sacre di raggiungere, con la ricerca teologica, una conoscenza più profonda della verità rivelata, si incoraggiano, allo stesso tempo, i contatti con gli altri campi del sapere, per un fruttuoso dialogo, soprattutto al fine di offrire un prezioso contributo alla missione che la Chiesa è chiamata a svolgere nel mondo. Dopo trent'anni, le linee di fondo della Costituzione apostolica Sapientia christiana conservano ancora tutta la loro attualità. Anzi, nell'odierna società, dove la conoscenza diventa sempre più specializzata e settoriale, ma è profondamente segnata dal relativismo, risulta ancora più necessario aprirsi alla "sapienza" che viene dal Vangelo. L'uomo, infatti, è incapace di comprendere pienamente se stesso e il mondo senza Gesù Cristo: Lui solo illumina la sua vera dignità, la sua vocazione, il suo destino ultimo e apre il cuore ad una speranza solida e duratura.
Cari amici, il vostro impegno di servire la verità che Dio ci ha rivelato partecipa della missione evangelizzatrice che Cristo ha affidato alla Chiesa: è pertanto un servizio ecclesiale. Sapientia christiana cita, al riguardo, la conclusione del Vangelo secondo Matteo: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28, 19-20). È importante per tutti, docenti e studenti, non perdere mai di vista il fine da perseguire, quello cioè di essere strumento dell'annuncio evangelico. Gli anni degli studi ecclesiastici superiori si possono paragonare all'esperienza che gli Apostoli hanno vissuto con Gesù: nello stare con Lui hanno appreso la verità, per diventarne poi annunciatori dappertutto. Al tempo stesso è importante ricordare che lo studio delle scienze sacre non va mai separato dalla preghiera, dall'unione con Dio, dalla contemplazione - come ho richiamato nelle recenti Catechesi sulla teologia monastica medioevale - altrimenti le riflessioni sui misteri divini rischiano di diventare un vano esercizio intellettuale. Ogni scienza sacra, alla fine, rinvia alla "scienza dei santi", alla loro intuizione dei misteri del Dio vivente, alla sapienza, che è dono dello Spirito Santo, e che è anima della "fides quaerens intellectum" (cfr. Udienza Generale, 21 ottobre 2009).
La Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (Fiuc) è nata nel 1924 per iniziativa di alcuni Rettori e riconosciuta 25 anni dopo dalla Santa Sede. Cari Rettori delle Università cattoliche, il 60° anniversario dell'erezione canonica di questa vostra Federazione è un'occasione quanto mai propizia per fare un bilancio dell'attività svolta e per tracciare le linee degli impegni futuri.
Celebrare un anniversario è rendere grazie a Dio che ha guidato i nostri passi, ma è attingere anche dalla propria storia ulteriore slancio per rinnovare la volontà di servire la Chiesa. In questo senso, il vostro motto è un programma anche per il futuro della Federazione: "Sciat ut serviat", sapere per servire. In una cultura che manifesta una "mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa" (Enc. Caritas in veritate, 31), le Università cattoliche, fedeli alla propria identità che fa dell'ispirazione cristiana un punto qualificante, sono chiamate a promuovere una "nuova sintesi umanistica" (ibid., 21), un sapere che sia "sapienza capace di orientare l'uomo alla luce dei principi primi e dei suoi fini ultimi" (ibid., 30), un sapere illuminato dalla fede.
Cari amici, il servizio che svolgete è prezioso per la missione della Chiesa. Mentre formulo a tutti sinceri auguri per l'anno accademico da poco iniziato e per il pieno successo del Convegno della Fiuc, affido ognuno di voi e le istituzioni che rappresentate alla materna protezione di Maria Santissima, Sede della Sapienza, e ben volentieri imparto a voi tutti la Benedizione Apostolica.
(©L'Osservatore Romano - 20 novembre 2009)


La sfida delle cellule staminali - Adulte è meglio - di Rino Fisichella - Arcivescovo Presidente della Pontificia Accademia per la Vita - L'Osservatore Romano - 20 novembre 2009
Le cellule staminali sono oggi oggetto di prospettive e competizioni maggiori nel campo delle scienze e della medicina. È stato lo sviluppo degli studi sull'embrione umano che ha stimolato l'interesse per questo tipo di cellule e ha portato a partire dal 1998 a scoprire mezzi tecnici per isolarle e coltivarle in vitro. Queste cellule staminali embrionali si sono rivelate immediatamente molto interessanti per la biologia e la medicina. Ciò che le rende per alcuni versi uniche nella loro specie è la proliferazione abbondante e la quasi illimitata possibilità di differenziazione in tutti i tipi di cellule dell'organismo. Queste cellule, tuttavia, hanno evidenziato profondi limiti per la loro utilizzazione terapeutica. Al di là dei gravi problemi etici che suscitano - per poter avere queste cellule si deve distruggere l'embrione - ciò che crea seri problemi presso gli scienziati è il rifiuto che viene loro opposto dalle difese immunitarie dell'organismo nel momento in cui sono trapiantate nel paziente, fino a generare tumori, e la loro sopravvivenza in coltura dovuta a cellule di topo. Si è visto, al contrario, che altre cellule staminali possono trovare maggior efficacia in diverse patologie; queste sono chiamate "adulte", se rinvenute nei diversi tessuti dell'organismo, o "ombelicali" se raccolte dal sangue del cordone ombelicale. Il loro prelievo non pone nessun problema di ordine etico, non generano cancro nelle parti di trapianto e sono ben accettate dall'organismo dei pazienti. Un limite di queste cellule, purtroppo, è la loro mancanza di abbondante proliferazione, di potenziale differenziazione in tutti i tipi cellulari dell'organismo e di stabilità in coltura. È per questo motivo che alcuni scienziati rimangono maggiormente attratti dalle cellule staminali embrionali, nonostante i seri problemi a cui si è fatto cenno.
Nel settembre 2006 la Pontificia Accademia per la Vita si fece promotrice di un convegno per valutare le conoscenze acquisite sulle cellule staminali, sul loro reale potenziale e sulla possibile potenzialità nella prassi terapeutica. In quell'occasione, lo scienziato giapponese Shinya Yamanaka annunciò che contro ogni attesa era riuscito a riprogrammare delle cellule di topolini già differenziate per farle divenire delle cellule staminali indifferenziate, pluripotenti, dotate di tutte le qualità delle cellule staminali embrionali. Chiamò queste cellule "iPS" (induced Pluripotent Stem cells). L'anno successivo, Yamanaka con alcuni colleghi pubblicò altri studi che riportavano ulteriori esperimenti di riprogrammazione cellulare partendo questa volta da cellule di pelle umana. In maniera indipendente da Yamanaka, anche il famoso ricercatore americano James Thomson era giunto agli stessi risultati di riprogrammazione cellulare, evidenziando il loro carattere innovativo. Questi studi, che hanno segnato una svolta decisiva nella ricerca sulle cellule staminali, sono stati giudicati lo scorso dicembre dalla prestigiosa rivista "Science Magazine", come il "passo più significativo" dell'anno. La tecnica di produzione di cellule iPS, infatti, ha permesso di realizzare ciò che era impensabile in materia di biologia cellulare: far passare cellule adulte differenziate allo stato di cellule immature, indifferenziate, di tipo embrionale. Ad oggi circa trecento laboratori sparsi per il mondo studiano queste cellule e ciò che merita attenzione è il fatto che numerose squadre di ricercatori sono passati dallo studio delle cellule staminali embrionali a quello delle cellule iPS.
È importante osservare che le cellule iPS non presentano solo le stesse caratteristiche delle cellule staminali embrionali umane in termini di proliferazione cellulare, stabilità e potenziale di differenziazione, ma le superano su almeno tre fronti. Il primo è di ordine etico: le iPS, infatti, non sono ottenute attraverso la distruzione della vita umana di embrioni vitali. La loro riprogrammazione risolve pienamente le difficoltà etiche, rispettando la dignità e la vita umana. Con l'avvento delle cellule iPS, pertanto, si può considerare chiuso il dibattito etico che ha agitato l'opinione pubblica, i parlamenti e la comunità scientifica. Il secondo riguarda le applicazioni terapeutiche: le cellule iPS offrono il grande vantaggio di essere ottenute da cellule prelevate direttamente dal paziente. Ciò significa che nel momento del loro trapianto risultano immunocompatibili con l'organismo del paziente stesso e, dunque, perfettamente accettate. Il terzo, infine, consente di verificare come le cellule iPS permettono di creare dei modelli di patologie. È sempre grazie a Yamanaka che si può parlare per l'immediato futuro di generazione di modelli cellulari delle malattie, in vitro, come la prima applicazione pratica di questa tecnologia. Si possono ricordare in proposito studi già effettuati con la produzione di cellule iPS a partire da cellule di pazienti con un gene mutato responsabile della sclerosi laterale amiotrofica (Sla) o di altre patologie quali il morbo di Parkinson, il diabete giovanile, l'atrofia muscolare spinale. La cosa, come si può ben osservare, non è affatto trascurabile, ma anzi presenta aspetti estremamente importanti soprattutto per la farmacologia.
Su queste recenti scoperte, è apparso importante offrire una nuova opportunità ai ricercatori e a quanti si interessano di cellule staminali. La Pontificia Accademia per la Vita, la Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici, la Fondazione Jérôme Lejeune e il Comitato Consultativo di Etica del Principato di Monaco si fanno promotori del secondo Congresso Internazionale sulle cellule staminali adulte dal titolo Adult somatic stem cells: new perspectives, che si terrà a Monaco dal 26 al 28 novembre. Ci auguriamo che i risultati di questo importante Convegno possano permettere un ulteriore progresso nella ricerca scientifica sulle cellule staminali, attenta a rispettare l'integrità della vita umana e nello stesso tempo capace di rispondere con efficacia alla pressante necessità terapeutica, nel quadro di una medicina rigenerativa divenuta realtà.
(©L'Osservatore Romano - 20 novembre 2009)


Il regalo della crisi - Bernhard Scholz venerdì 20 novembre 2009 – ilsussidiario.net
Questo è il momento della fatica, ma anche della tenacia; dello sconforto, ma anche del coraggio. Succedono cose che lasciano a bocca aperta. Sui giornali non se ne parla, o se ne parla poco, ma ci sono tanti imprenditori che stanno rinunciando al loro stipendio da mesi, per non compromettere l’azienda e il lavoro dei dipendenti.


Ce ne sono altri che stanno investendo nell’impresa il loro patrimonio personale perché ci credono, nonostante la situazione attuale. Ci sono dipendenti che danno il loro meglio per sostenere l’azienda in questo passaggio tormentato. E ci sono tanti che dedicano tempo ad aiutare chi dalla crisi si è visto negare quel minimo di attività necessaria per la sopravvivenza.



Quello a cui assistiamo è una mobilitazione di risorse professionali e di energie personali che non ha eguali. Per questo il cinismo di chi alimenta ancora un clima di sospetto generalizzato nei confronti di chi intraprende, è semplicemente distruttivo.



La ripresa non sarà un regalo automatico della global economy, ma sarà il frutto di una sollecitudine e di una perseveranza che oggi più che mai ha bisogno di recuperare il significato del lavoro in relazione al senso della propria vita, e non solo come contributo al Pil nazionale. Occorre riscoprire cosa significa vivere il proprio lavoro in un modo che rispondendo al proprio bisogno possa essere risposta anche al bisogno di tutti; e quale sia perciò la relazione tra il lavoro di ciascuno e il bene comune. Proprio di questo parleremo nel corso dell’Assemblea Generale di Cdo che si terrà domenica 22 novembre a Milano dal titolo “La tua opera è un bene per tutti”.



La ripresa sarà il frutto maturo dei tentativi di controbattere alla crisi mobilitando nuove risorse in azienda attraverso la valorizzazione delle capacità di ciascuno, sapendo innovare e offrire qualcosa di nuovo a mercati che cambiano continuamente, cercando in Italia ma anche all’estero nuove opportunità di sviluppo.



Di questa tensione sarà certamente pervaso il Matching, che si svolge da lunedì 23 a mercoledì 25 novembre, e che quest’anno coinvolge 2.200 imprese da tutta Italia e da 42 Paesi esteri. Matching è un evento finalizzato a favorire le relazioni tra imprenditori, lo scambio di beni e servizi tra aziende e la conoscenza di tutto ciò che riguarda la vita e lo sviluppo dell’impresa.



Giustamente in un suo recente intervento, Alberto Quadrio Curzio richiamava l’importanza di erogare fondi per favorire l’aggregazione di imprese, rifacendosi anche a una idea del ministro Tremonti che andava nella stessa direzione. Si tratta di una proposta interessante e da perseguire con decisione, che - scriveva ancora Alberto Quadrio Curzio - «sarebbe in linea con il principio di sussidiarietà, a noi così caro, che il Matching non solo propone ma mette in atto, perché favorisce il formarsi di reti - e perché no, col tempo di imprese un po’ più grandi - senza costringere gli imprenditori piccoli a sacrificarsi, ma incentivandoli a entrare in forme di aggregazione che li vedono più attivi e partecipi».



Durante i tre giorni di Matching sono in calendario 15 seminari e 50 workshop, nati per essere occasione di condividere le conoscenze sul fronte dell’innovazione, dell’internazionalizzazione, della rete e di altri temi specifici, coinvolgendo anche il mondo del non-profit. Il Matching è una piazza dove tutto questo è al servizio della persona che lavora e che intraprende.



È la dimostrazione del fatto che il lavoro e il dialogo tra chi lavora, il sostegno reciproco tra chi lavora, sono le strade principali che ci permetteranno di attraversare questa fase con un realismo responsabile e una audacia solidale. Ed è una risposta positiva all’esigenza di fare rete, di scoprire che l’altro imprenditore può essere una risorsa; tanto più preziosa quanto più, in un momento come questo, le risorse sono merce rara.



E ancora più rari sono i momenti dove sperimentare quella positività condivisa che può essere fondamento di una ricostruzione reale e di cui tutti possano beneficiare.


NOMINE UE/ Mauro: niente D’Alema, l’“orologiaio” Van Rompuy e Ashton i nomi giusti - Mario Mauro venerdì 20 novembre 2009 – ilsussidiario.net
In vista dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, i capi di Stato e di governo europei si incontrati ieri a Bruxelles per nominare le alte cariche dell’Ue. Era stata preannunciata come una delle solite riunioni interlocutorie in cui per fare un piccolo passo avanti occorrono lunghe ore di negoziati, e quindi ancora giorni o settimane per raggiungere un accordo definitivo.



Le posizioni sembravano essere ancora distanti, sia tra i capi di Stato e di Governo, sia all’interno dei partiti politici. Non sembrava chiaro ancora nemmeno a quale parte politica spettasse la poltrona di Presidente del Consiglio e a chi quella di mister PESC (Ministro degli esteri Ue). Sembrava che l’appoggio a D’Alema da parte dei socialisti fosse scontato, con Martin Schulz che più volte aveva esternato la sua predilezione per l’ex premier italiano. I mugugni su D’Alema arrivavano tutti dagli altri schieramenti politici, sebbene l’appoggio del Governo italiano, di colore avverso, costituiva un importante biglietto da visita.



Nulla di tutto questo si è avverato: Massimo D’Alema è stato sì bocciato, ma non dai popolari, bensì dagli otto Capi di Stato socialisti riunitisi in forma privata. Il Candidato socialista a Ministro degli Esteri era Catherine Ashton, fino a ieri sera Commissario al Commercio estero Ue. A quel punto i giochi erano fatti con il popolare belga Herman Van Rompuy che diventava in serata il primo Presidente permanente del Consiglio dell’Unione europea. Bene così, anche se la nomina di Massimo D’Alema avrebbe giovato molto all’Italia sia in termini di equilibri interni al paese, sia per il prestigio internazionale.



Il Presidente e l’Alto Rappresentante assumeranno le loro funzioni il 1º dicembre, quando entrerà in vigore il Trattato di Lisbona. La macchina europea stavolta ha funzionato perfettamente. Nessun ritardo per l’entrata in vigore del Trattato, solo alcune prevedibili divergenze politiche e formali, ma in generale c’è stata un’inaspettata brama da parte di tutti di vedere finalmente il riavviarsi di un progetto politico ormai da troppo tempo in frigorifero. Complimenti al Primo Ministro svedese Fredrik Reinfeldt, il cui paese detiene la presidenza semestrale del Consiglio, che ha magistralmente trovato una sintesi tra le esigenze di tutti e 27 i paesi dell’Unione.


L’Europa ha scelto le persone giuste. Per presentare il nuovo presidente Herman Van Rompuy basta citare il soprannome che la stampa belga gli ha affibbiato da quando è primo Ministro, “l’orologiaio dei compromessi impossibili”. Cattolico, moderato, atlantista, è colui che ha restituito la convinzione di una coesistenza possibile a un paese in pieno disfacimento. Perfetto per un’Europa che è abituata a sognare in grande, ma che fino a oggi ha agito soltanto per mezze misure.