Nella rassegna stampa di oggi:
1) Il Papa e il Presidente
2) Secondo giorno del papa negli USA. Benedetto XVI detta ai vescovi le linee guida
3)Il discorso di Benedetto XVI ai vescovi statunitensi - God bless America (dal concepimento alla morte naturale)
4)BENEDETTO, LE PAROLE FRANCHE - CHI HA SPERANZA DEVE VIVERE DIVERSAMENTE
5) L'Europa ordina agli Stati il diritto all'aborto
Farina e Lorenzetto scrivono a Ferrara
6) Vuoi pagare meno imposte? Divorzia, dice il fisco
7) FISCO Le associazioni familiari mettono le mani avanti sui programmi del nuovo governo "Attendiamo il quoziente. Ecco come arrivarci"
Il Papa e il Presidente
Autore: Buggio, Nerella
Fonte: CulturaCattolica.it
giovedì 17 aprile 2008
Bush riceve il Papa, gli va incontro all’aeroporto, la cerimonia di benvenuto sul prato delle rose della Casa Bianca, pare sia stata tra le più gremite della storia degli Stati Uniti.
"Vengo come amico e annunciatore del Vangelo, come uno che rispetta grandemente questa vasta società pluralistica. Sono felice di essere ospite di tutti gli Americani" dichiara Benedetto XVI, il Presidente Americano dice che il mondo ha bisogno del messaggio del Papa, e ricorda che l’America è una nazione, dove "fede e ragione esistono in armonia" e dove il ruolo della religione è benvenuto nel dibattito pubblico.
Una Nazione insomma, piena di contraddizioni, ma dove non si ha paura della religione come di un agente destabilizzante.
Da noi invece abbiamo una nazione piena di contraddizioni, ma il Papa non può nemmeno tenere una lezione all’Università perché un manipolo di professoroni s’indigna e un gruppo di studenti protesta, temono che le parole del Papa, possano instillare il dubbio e la riflessione tra gli adpeti del laicismo sfrenato.
Dio salvi l'America, ma anche l'Italia.
Secondo giorno del papa negli USA. Benedetto XVI detta ai vescovi le linee guida
Il testo integrale del suo discorso ai vescovi degli Stati Uniti, e attraverso di essi a quelli di tutto il mondo. Con la trascrizione del successivo botta e risposta di Sandro Magister
ROMA, 18 aprile 2008 – Nel secondo giorno del viaggio americano di Benedetto XVI, l'attenzione pubblica ha raggiunto il suo picco con l'incontro tra il papa e il presidente George W. Bush alla Casa Bianca. Ma per la Chiesa cattolica degli Stati Uniti il vero momento forte è stato la sera, nella cripta del santuario dell'Immacolata Concezione di Washington. Lì, dopo il canto del vespero, Benedetto XVI ha rivolto un monumentale discorso agli oltre quattrocento cardinali e vescovi delle 194 diocesi dell'Unione. Ma non soltanto a loro. Attraverso di essi il papa ha voluto parlare ai pastori dell'intera Chiesa cattolica. E l'ha rimarcato fin dalle prime battute: "La comunità cattolica che servite è una delle più vaste del mondo ed una delle più influenti. Quanto importante è dunque far sì che la vostra luce brilli di fronte ai vostri concittadini e al mondo 'perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli' (Matteo 5, 16)". Nel suo discorso, il successore di Pietro ha detto a ciascun vescovo come essere "buon pastore" sul modello di Gesù. Ma gli ha detto anche che cosa fare – ed eventualmente come correggersi – di fronte alle maggiori sfide dell'era presente. Tra i numerosi punti critici passati in rassegna dal papa non è mancato quello degli abusi sessuali su minori, compiuti da preti. Una "vergogna" – ha detto – "talvolta gestita in pessimo modo", che esige una rigorosa "purificazione" e soprattutto una grande opera di compassione a sostegno delle vittime e di preventiva difesa dei piccoli innocenti. Al termine del discorso – autentica "magna charta" della guida pastorale della Chiesa – Benedetto XVI ha inoltre risposto a tre domande di altrettanti vescovi, con il metodo del botta e risposta da lui già adottato più volte con sacerdoti, giovani e bambini: un metodo che egli particolarmente predilige perché gli consente di sviluppare con più libertà i temi che gli stanno a cuore. Nell'ultima delle tre risposte, ad esempio, non ha esitato a denunciare "la quasi completa eclissi nelle nostre società tradizionalmente cristiane" di una speranza oltre questa vita. Una eclissi alla quale egli ha voluto reagire con l'enciclica "Spe salvi". Ecco dunque i testi integrali del discorso del papa ai vescovi, col successivo botta e risposta:
"Venerati fratelli nell'episcopato..." di Benedetto XVI
Discorso ai vescovi degli Stati Uniti, Washington, 17 aprile 2008
Venerati fratelli nell’episcopato, grande è la mia gioia nel salutarvi oggi, all’inizio della mia visita in questo paese, e ringrazio il cardinale George per le gentili parole rivoltemi a nome vostro. Desidero ringraziare ognuno di voi, specialmente gli officiali della conferenza episcopale, per l’impegnativo lavoro che hanno affrontato nella preparazione di questo viaggio. Il mio grato apprezzamento va inoltre allo staff e ai volontari del Santuario Nazionale, i quali ci hanno qui accolto questa sera. I cattolici d’America sono noti per la loro leale devozione alla sede di Pietro. La mia visita pastorale qui è un’occasione per rafforzare ulteriormente i vincoli di comunione che ci uniscono. Abbiamo iniziato con la celebrazione della preghiera serale in questa basilica dedicata all’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, santuario di speciale significato per i cattolici americani, proprio nel cuore della vostra capitale. Uniti in preghiera con Maria, Madre di Gesù, amorevolmente affidiamo al nostro Padre celeste il Popolo di Dio in ogni parte degli Stati Uniti.
Per le comunità cattoliche di Boston, New York, Filadelfia e Louisville, questo è un anno di celebrazioni particolari, dato che segna il bicentenario dell’erezione di queste Chiese locali a diocesi. Mi unisco a voi nel rendere grazie per i molti celesti doni concessi alla Chiesa in tali luoghi nei trascorsi due secoli. Dato che l’anno corrente segna pure il bicentenario dell’erezione della sede fondatrice, Baltimora, ad arcidiocesi, questo mi offre l’opportunità di ricordare con ammirazione e gratitudine la vita e il ministero di John Carroll, primo vescovo di Baltimora e degno pastore della comunità cattolica nella vostra nazione resasi da poco indipendente. I suoi instancabili sforzi per diffondere il Vangelo nel vasto territorio affidato alle sue cure posero le basi della vita ecclesiale nel vostro paese e permisero alla Chiesa in America di crescere verso la maturazione. Oggi la comunità cattolica che servite è una delle più vaste del mondo ed una delle più influenti. Quanto importante è dunque far sì che la vostra luce brilli di fronte ai vostri concittadini e al mondo "perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5, 16). Molte delle persone nei confronti delle quali John Carroll e i suoi confratelli vescovi esercitarono il ministero due secoli orsono erano giunte da terre lontane. La diversità della loro provenienza è riflessa nella ricca varietà della vita ecclesiale dell’odierna America. Cari fratelli vescovi, desidero incoraggiare voi e le vostre comunità a continuare ad accogliere gli immigranti che si uniscono alle vostre file oggi, a condividere le loro gioie e speranze, a sostenerli nelle loro sofferenze e prove, e ad aiutarli a prosperare nella loro nuova casa. Questo, d’altra parte, è ciò che fecero i vostri concittadini per generazioni. Sin dagli inizi, essi hanno aperto le porte agli affaticati, ai poveri, alle "masse che si accalcavano alla ricerca di respirare nella libertà" (cfr il sonetto inciso sulla Statua della Libertà). Queste erano le persone che l’America ha fatto proprie. Fra quanti vennero qui per costruirsi una nuova vita, molti furono capaci di far buon uso delle risorse e delle opportunità che vi trovarono, e di raggiungere un alto livello di prosperità. In verità, i cittadini di questo paese sono conosciuti per la loro grande vitalità e creatività. Essi sono pure conosciuti per la loro generosità. Dopo l’attacco alle Torri Gemelle, nel settembre del 2001, ed ancora dopo l’uragano Katrina nel 2005, gli americani hanno mostrato la loro prontezza a venire in aiuto dei loro fratelli e sorelle che erano nel bisogno. A livello internazionale, il contributo offerto dal popolo d’America alle operazioni di soccorso e di salvataggio dopo lo tsunami del dicembre del 2004 è un’ulteriore dimostrazione di tale compassione. Permettetemi di esprimere particolare apprezzamento per le innumerevoli forme di assistenza umanitaria offerta dai cattolici americani attraverso le Caritas cattoliche ed altre agenzie. La loro generosità ha dato frutti nell’attenzione verso i poveri e i bisognosi, come pure nell’energia manifestata nella costruzione della rete nazionale di parrocchie cattoliche, di ospedali, scuole e università. Tutto ciò offre solido motivo per rendere grazie. L’America è anche una terra di grande fede. La vostra gente è ben conosciuta per il fervore religioso ed è fiera di appartenere ad una comunità orante. Ha fiducia in Dio e non esita ad introdurre nei discorsi pubblici ragioni morali radicate nella fede biblica. Il rispetto per la libertà di religione è profondamente radicato nella coscienza americana, un dato di fatto che ha contribuito a far sì che questo paese attraesse generazioni di immigranti alla ricerca di una casa dove poter liberamente rendere culto a Dio secondo i propri convincimenti religiosi.
In questo contesto, prendo atto volentieri della presenza fra di voi di vescovi da tutte le venerabili Chiese orientali in comunione con il successore di Pietro: li saluto con speciale gioia. Cari fratelli, vi chiedo di rassicurare le vostre comunità del mio profondo affetto e dell’incessante preghiera, sia per loro come pure per i molti fratelli e sorelle rimasti nella loro terra d’origine. La vostra presenza in questo paese è memoria della coraggiosa testimonianza per Cristo di tanti membri delle vostre comunità, spesso tra le sofferenze, nelle rispettive patrie. Ciò è anche un grande arricchimento per la vita ecclesiale in America, poiché offre una vivida espressione della cattolicità della Chiesa e della varietà delle sue tradizioni liturgiche e spirituali.
È in questo suolo fertile, nutrito da così numerose differenti fonti, che voi, venerati fratelli nell’episcopato, siete chiamati oggi a spargere la semente del Vangelo. Questo mi conduce a domandarmi come, nel ventunesimo secolo, un vescovo possa adempiere al meglio alla chiamata di "fare nuova ogni cosa in Cristo, nostra speranza"? Come può egli condurre il suo popolo "all’incontro con il Dio vivente", sorgente di quella speranza che trasforma la vita di cui parla il Vangelo? (cfr "Spe salvi", 4). Forse egli ha bisogno anzitutto di abbattere alcune barriere che impediscono tale incontro. Anche se è vero che questo paese è contrassegnato da un genuino spirito religioso, la sottile influenza del secolarismo può tuttavia segnare il modo in cui le persone permettono che la fede influenzi i propri comportamenti. È forse coerente professare la nostra fede in chiesa alla domenica e poi, lungo la settimana, promuovere pratiche di affari o procedure mediche contrarie a tale fede? È forse coerente per cattolici praticanti ignorare o sfruttare i poveri e gli emarginati, promuovere comportamenti sessuali contrari all’insegnamento morale cattolico, o adottare posizioni che contraddicono il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale? Occorre resistere ad ogni tendenza a considerare la religione come un fatto privato. Solo quando la fede permea ogni aspetto della vita, i cristiani diventano davvero aperti alla potenza trasformatrice del Vangelo.
Per una società ricca, un ulteriore ostacolo ad un incontro con il Dio vivente sta nella sottile influenza del materialismo, che può purtroppo molto facilmente concentrare l’attenzione sul "cento volte tanto" promesso da Dio in questa vita, a spese della vita eterna che egli promette per il tempo che verrà (Mc 10,30). Le persone hanno oggi bisogno di essere richiamate allo scopo ultimo dell’esistenza. Hanno bisogno di riconoscere che dentro di loro vi è una profonda sete di Dio. Hanno bisogno di avere l’opportunità di attingere al pozzo del suo amore infinito. È facile essere ammaliati dalle possibilità quasi illimitate che la scienza e la tecnica ci offrono; è facile compiere l’errore di pensare di poter ottenere con i nostri propri sforzi l’adempimento dei bisogni più profondi. Questa è un’illusione. Senza Dio, il quale ci dona ciò che da soli non possiamo raggiungere (cfr "Spe salvi", 31), le nostre vite sono in definitiva vuote. Le persone hanno bisogno di essere continuamente richiamate a coltivare una relazione con lui, che è venuto affinché avessimo la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Lo scopo di ogni nostra attività pastorale e catechetica, l’oggetto della nostra predicazione, il centro stesso del nostro ministero sacramentale deve esser quello di aiutare le persone a stabilire ed alimentare una simile relazione vitale con "Cristo Gesù, nostra speranza" (1 Tm 1,1).
In una società che dà molto valore alla libertà personale e all’autonomia, è facile perdere di vista la nostra dipendenza dagli altri, come pure le responsabilità che noi abbiamo nei loro confronti. Questa accentuazione dell’individualismo ha influenzato persino la Chiesa (cfr Spe salvi, 13-15), dando origine ad una forma di pietà che talvolta sottolinea il nostro rapporto privato con Dio a scapito della chiamata ad esser membri di una comunità redenta. Eppure sin dall’inizio, Dio vide che "non è bene che l’uomo sia solo" (Gn 2,18). Siamo stati creati come esseri sociali che trovano compimento soltanto nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Se vogliamo veramente tenere fisso lo sguardo su di lui, sorgente della nostra gioia, dobbiamo farlo come membri del Popolo di Dio (cfr Spe salvi, 14). Se ciò sembrasse andar contro la cultura odierna, sarebbe semplicemente un’ulteriore prova dell’urgente necessità di una rinnovata evangelizzazione della cultura.
Qui in America siete stati benedetti con un laicato cattolico di considerevole varietà culturale, che pone i propri multiformi doni al servizio della Chiesa e della società in generale. Esso guarda a voi per ricevere incoraggiamento, guida e indirizzo. In un’epoca satura di informazioni, l’importanza di offrire una solida formazione della fede non rischia di essere sopravalutata. I cattolici americani hanno riservato per tradizione un alto valore all’educazione religiosa, sia nelle scuole che nell’insieme dei programmi di formazione per adulti: occorre mantenere ed espandere. I numerosi uomini e donne che generosamente si dedicano alle opere caritative devono essere aiutati a rinnovare il loro impegno mediante una "formazione del cuore": un "incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore ed apra il loro animo agli altri" ("Deus caritas est", 31). In un’epoca in cui i progressi nelle scienze mediche portano nuova speranza a molti, possono essere suscitate sfide etiche in antecedenza inimmaginabili. Ciò rende più importante che mai assicurare una solida formazione negli insegnamenti morali della Chiesa a quei cattolici che sono impegnati nella sfera della salute. Una saggia guida è necessaria in tutti questi campi di apostolato, perché possano portare frutti abbondanti. Se essi vogliono veramente promuovere il bene integrale della persona, devono essi stessi essere resi nuovi in Cristo nostra speranza.
Quali annunciatori del Vangelo e guide della comunità cattolica, voi siete chiamati anche a partecipare allo scambio di idee nella pubblica arena, per aiutare a modellare atteggiamenti culturali adeguati. In un contesto in cui la libertà di parola è apprezzata e un dibattito robusto ed onesto viene incoraggiato, la vostra è una voce rispettata che molto ha da offrire alla discussione sulle questioni sociali e morali dell’attualità. Nel far sì che il Vangelo venga udito in modo chiaro, voi non soltanto formate le persone della vostra comunità, ma, nell’ambito della più vasta platea della comunicazione di massa, aiutate a diffondere il messaggio della speranza cristiana in tutto il mondo.
L’influenza della Chiesa nel pubblico dibattito, è chiaro, si effettua a molti livelli diversi. Negli Stati Uniti, come altrove, vi sono attualmente molte leggi già in vigore o in discussione che suscitano preoccupazione dal punto di vista della moralità e la comunità cattolica, sotto la vostra guida, deve offrire una testimonianza chiara ed unitaria su tali materie. Ancor più importante, tuttavia, è l’apertura graduale delle menti e dei cuori della comunità più ampia alla verità morale: qui c’è ancora molto da fare. In questo ambito è cruciale il ruolo dei fedeli laici nell’agire come "lievito" nella società. Tuttavia, non si deve dare per scontato che tutti i cittadini cattolici pensino secondo l’insegnamento della Chiesa circa le questioni etiche fondamentali di oggi. Ancora una volta è vostro dovere far sì che la formazione morale offerta ad ogni livello della vita ecclesiale rifletta l’autentico insegnamento del Vangelo della vita.
A tale proposito, un argomento di profonda preoccupazione per noi tutti è la situazione della famiglia all’interno della società. È vero: il cardinale George ha prima ricordato come voi abbiate posto il rafforzamento del matrimonio e della vita familiare fra le priorità della vostra attenzione nei prossimi anni. Nel Messaggio di quest’anno per la Giornata Mondiale per la Pace, ho parlato del contributo essenziale che una vita familiare sana offre alla pace entro e fra le nazioni. Nella casa della famiglia sperimentiamo "alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e l’amore tra fratelli e sorelle, la funzione dell’autorità espressa dai genitori, il servizio amorevole ai membri più deboli perché piccoli o malati o anziani, l’aiuto vicendevole nelle necessità della vita, la disponibilità ad accogliere l’altro e, se necessario, a perdonarlo" (n. 3). La famiglia è inoltre il luogo primario dell’evangelizzazione, nella trasmissione della fede, nell’aiutare i giovani ad apprezzare l’importanza della pratica religiosa e dell’osservanza della domenica. Come non essere sconcertati nell’osservare il rapido declino della famiglia quale elemento basilare della Chiesa e della società? Il divorzio e l’infedeltà sono in aumento, e molti giovani uomini e donne scelgono di ritardare il matrimonio o addirittura di ignorarlo completamente. Per alcuni giovani cattolici il vincolo sacramentale del matrimonio appare scarsamente distinguibile da un legame civile, o è percepito addirittura come un semplice accordo per vivere con un’altra persona in modo informale e senza stabilità. In conseguenza si vede un allarmante decremento di matrimoni cattolici negli Stati Uniti insieme ad un aumento di coabitazioni, nelle quali il reciproco donarsi degli sposi al modo di Cristo, mediante il sigillo di una pubblica promessa di vivere le esigenze di un impegno indissolubile per l’intera esistenza, è semplicemente assente. In tali circostanze viene negato ai figli l’ambiente sicuro di cui hanno bisogno per crescere come esseri umani, e vengono pure negati alla società quegli stabili pilastri che sono necessari, se si vuole mantenere la coesione e il centro morale della comunità.
Come il mio predecessore, il papa Giovanni Paolo II, insegnava, "il primo responsabile della pastorale familiare nella diocesi è il Vescovo. Egli deve consacrare interessamento, sollecitudine, tempo, personale, risorse; soprattutto, però, appoggio personale alle famiglie ed a quanti lo aiutano nella pastorale della famiglia" ("Familiaris consortio", 73). È vostro compito proclamare con forza gli argomenti di fede e ragione che parlano dell’istituto del matrimonio, compreso come impegno per la vita fra un uomo e una donna, aperto alla trasmissione della vita. Tale messaggio dovrebbe risuonare di fronte alle persone di oggi, poiché è essenzialmente un "sì" incondizionato e senza riserve alla vita, un "sì" all’amore e un "sì" alle aspirazioni del cuore della nostra comune umanità, mentre ci sforziamo di portare a compimento il nostro profondo desiderio di intimità con gli altri e con il Signore.
Fra i segni contrari al Vangelo della vita che si possono trovare in America, ma anche altrove, ve n’è uno che causa profonda vergogna: l’abuso sessuale dei minori. Molti di voi mi hanno parlato dell’enorme dolore che le vostre comunità hanno sofferto quando uomini di Chiesa hanno tradito i loro obblighi e compiti sacerdotali con un simile comportamento gravemente immorale. Mentre cercate di eliminare questo male ovunque esso capiti, siate sicuri del sostegno orante del Popolo di Dio in tutto il mondo. Giustamente voi date priorità alla manifestazione di compassione e sostegno alle vittime: è responsabilità che vi viene da Dio, quali Pastori, quella di fasciare le ferite causate da ogni violazione della fiducia, di favorire la guarigione, di promuovere la riconciliazione e di accostare con amorevole preoccupazione quanti sono stati così seriamente danneggiati.
La risposta a simile situazione non è stata facile e, come indicato dal presidente della vostra conferenza episcopale, è stata "talvolta gestita in pessimo modo". Ora che la dimensione e la gravità del problema sono compresi più chiaramente, avete potuto adottare misure di rimedio e disciplinari più adeguate e promuovere un ambiente sicuro che offre maggiore protezione ai giovani. Mentre si deve ricordare che la stragrande maggioranza dei sacerdoti e dei religiosi in America svolgono un’eccellente opera nel recare il messaggio liberante del Vangelo alle persone affidate alle loro premure pastorali, è di vitale importanza che i soggetti vulnerabili siano sempre protetti da quanti potrebbero causare ferite. A tale proposito, i vostri sforzi per alleviare e proteggere stanno portando grande frutto non soltanto nei confronti di quanti sono posti direttamente sotto la vostra cura pastorale, ma anche dell’intera società. Se vogliamo che raggiungano il loro pieno scopo, tuttavia, occorre che le misure e le strategie da voi adottate siano poste in un contesto più ampio. I bambini hanno diritto di crescere con una sana comprensione della sessualità e il ruolo che le è proprio nelle relazioni umane. Ad essi dovrebbero essere risparmiate le manifestazioni degradanti e la volgare manipolazione della sessualità oggi così prevalente; essi hanno il diritto di essere educati negli autentici valori morali radicati nella dignità della persona umana. Ciò ci riporta alla considerazione sulla centralità della famiglia e sulla necessità di promuovere il Vangelo della vita. Che cosa significa parlare della protezione dei bimbi quando la pornografia e la violenza possono essere guardate in così tante case attraverso i mass media ampiamente disponibili oggi? Dobbiamo con urgenza riaffermare i valori che sorreggono la società, così da offrire a giovani e adulti una solida formazione morale. Tutti hanno un ruolo da svolgere in tale compito, non solo i genitori, le guide religiose, gli insegnanti e i catechisti, ma anche l’informazione e l’industria dell’intrattenimento. Sì, ogni membro della società può contribuire a questo rinnovamento morale e trarre beneficio da esso. Prendersi cura davvero dei giovani e del futuro della nostra civiltà significa riconoscere la nostra responsabilità di promuovere e di vivere quegli autentici valori morali che soli rendono capace la persona umana di prosperare. È vostro compito di pastori che hanno come modello Cristo, il Buon Pastore, di proclamare in modo forte e chiaro tale messaggio e di affrontare pertanto il peccato d’abuso entro il più vasto contesto dei comportamenti sessuali. Inoltre, nel riconoscere il problema e nell’affrontarlo quando accade in un contesto ecclesiale, voi potete offrire un orientamento agli altri, dato che questa piaga si trova non solo dentro le vostre diocesi, ma in ogni settore della società. Essa esige una risposta determinata e collettiva. Pure i sacerdoti hanno bisogno della vostra guida e della vostra vicinanza durante questo tempo difficile. Essi hanno sperimentato la vergogna per ciò che è accaduto e molti di loro percepiscono di avere perduto parte di quella fiducia che una volta avevano. Non sono pochi quelli che sperimentano una vicinanza a Cristo nella sua passione, mentre si sforzano di affrontare le conseguenze della crisi presente. Il vescovo, come padre, fratello e amico dei suoi sacerdoti, li può aiutare a trarre frutto spirituale da questa unione con Cristo, rendendoli consci della consolante presenza del Signore nel mezzo delle loro sofferenze, ed incoraggiandoli a camminare con il Signore nel sentiero della speranza (cfr "Spe salvi", 39). Come osservava il papa Giovanni Paolo II sei anni orsono, "dobbiamo aver fiducia che questo tempo di prova porterà una purificazione dell’intera comunità cattolica", che condurrà "ad un sacerdozio più santo, ad un episcopato più santo e ad una Chiesa più santa" (Messaggio ai cardinali degli Stati Uniti, 23 aprile 2002, 4). Vi sono molti segni che, nel periodo successivo, una tale purificazione ha davvero avuto luogo. La costante presenza di Cristo nel mezzo delle nostre sofferenze sta gradualmente trasformando le nostre tenebre in luce: ogni cosa viene fatta nuova veramente in Cristo Gesù, nostra speranza.
In questo momento parte vitale del vostro compito è di rafforzare i rapporti con i vostri sacerdoti, specialmente in quei casi in cui è sorta tensione fra preti e Vescovi in conseguenza della crisi. È importante che continuiate a dimostrare nei loro confronti la vostra preoccupazione, il vostro sostegno e la vostra guida attraverso l’esempio. Così di certo li aiuterete ad incontrare il Dio vivente e li orienterete verso quella speranza che trasforma l’esistenza della quale parla il Vangelo. Se voi stessi vivrete in un modo che si configura strettamente a Cristo, il Buon Pastore, che diede la vita per le sue pecore, ispirerete i vostri fratelli sacerdoti a dedicarsi nuovamente al servizio del gregge con la generosità che caratterizzò Cristo. In verità, una concentrazione più chiara sull’imitazione di Cristo nella santità di vita è ciò che abbisogna, se vogliamo andare avanti. Dobbiamo riscoprire la gioia di vivere un’esistenza incentrata su Cristo, coltivando le virtù ed immergendoci nella preghiera. Quando i fedeli sanno che il loro pastore è uomo che prega e dedica la propria vita al loro servizio, rispondono con quel calore ed affetto che nutre e sostiene la vita dell’intera comunità.
Il tempo trascorso nella preghiera non è mai gettato via, per quanto siano importanti i doveri che ci pressano da ogni dove. L’adorazione di Cristo nostro Signore nel Santissimo Sacramento prolunga ed intensifica quell’unione a lui che si costituisce mediante la celebrazione eucaristica (cfr "Sacramentum caritatis", 66). La contemplazione dei misteri del Rosario sprigiona tutta la loro forza salvifica conformandoci, unendoci e consacrandoci a Gesù Cristo (cfr "Rosarium Virginis Mariae", 11.15). La fedeltà alla Liturgia delle Ore assicura che l’intero nostro giorno sia santificato, ricordandoci continuamente la necessità di restare concentrati nel compiere l’opera di Dio, nonostante tutte le urgenze o le distrazioni che possono sorgere nei confronti degli obblighi da compiere. In tale maniera, la devozione ci aiuta a parlare e ad agire "in persona Christi", ad insegnare, governare e santificare i fedeli nel nome di Gesù, recando la sua riconciliazione, la sua guarigione ed il suo amore a tutti i suoi amati fratelli e sorelle. Questa radicale configurazione a Cristo Buon Pastore è al centro del nostro ministero pastorale e se apriamo noi stessi, mediante la preghiera, alla potenza dello Spirito, Egli ci elargirà i doni di cui abbiamo bisogno per compiere il nostro formidabile dovere, tanto da non dover mai preoccuparci "di come o di che cosa parlare" (Mt 10,19).
Nel concludere questo mio discorso rivolto a voi questa sera, affido in maniera tutta particolare la Chiesa che è nel vostro Paese alla materna sollecitudine e all’intercessione di Maria Immacolata, Patrona degli Stati Uniti. Possa lei, che ha portato nel proprio grembo la speranza di tutte le nazioni, intercedere per il popolo di questa nazione, affinché tutti siano resi nuovi in Cristo Gesù, il Figlio suo. Cari fratelli vescovi, assicuro a ciascuno di voi qui presente la mia profonda amicizia e la mia partecipazione alle vostre preoccupazioni pastorali. A voi tutti, al clero, ai religiosi ed ai fedeli laici imparto cordialmente la benedizione apostolica, pegno di gioia e di pace in Cristo Risorto.
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I vescovi domandano, il papa risponde
D. – Santo Padre, come valuta la crescente sfida del secolarismo nella vita pubblica e del relativismo nella vita intellettuale? Come suggerisce di affrontare tali sfide, per una evangelizzazione più efficace? R. – Ho affrontato brevemente questo tema nel mio discorso. Ritengo significativo il fatto che qui in America, a differenza di molti luoghi in Europa, la mentalità secolare non si è posta come intrinsecamente opposta alla religione. All’interno del contesto della separazione fra Chiesa e Stato, la società americana è sempre stata segnata da un fondamentale rispetto della religione e del suo ruolo pubblico e, se si vuol dar credito ai sondaggi, il popolo americano è profondamente religioso. Ma non è sufficiente contare su questa religiosità tradizionale e comportarsi come se tutto fosse normale, mentre i suoi fondamenti vengono lentamente erosi. Un impegno serio nel campo dell’evangelizzazione non può prescindere da una diagnosi profonda delle sfide reali che il Vangelo ha di fronte nella cultura contemporanea americana. Naturalmente, ciò che è essenziale è una corretta comprensione della giusta autonomia dell’ordine secolare, un’autonomia che non può essere disgiunta da Dio Creatore e dal suo piano di salvezza (cfr "Gaudium et spes", 36). Forse il tipo di secolarismo dell’America pone un problema particolare: mentre permette di credere in Dio e rispetta il ruolo pubblico della religione e delle Chiese, sottilmente tuttavia riduce la credenza religiosa al minimo comune denominatore. La fede diviene accettazione passiva che certe cose "là fuori" sono vere, ma senza rilevanza pratica per la vita quotidiana. Il risultato è una crescente separazione della fede dalla vita: il vivere "come se Dio non esistesse". Ciò è aggravato da un approccio individualistico ed eclettico alla fede e alla religione: lungi dall’approccio cattolico del "pensare con la Chiesa", ogni persona crede di avere un diritto di individuare e scegliere, mantenendo i vincoli sociali ma senza una conversione integrale, interiore alla legge di Cristo. Di conseguenza, piuttosto che essere trasformati e rinnovati nell’animo, i cristiani sono facilmente tentati di conformarsi allo spirito del secolo (cfr Rm 12,2). L’abbiamo constatato in maniera acuta nello scandalo dato da cattolici che promuovono un presunto diritto all’aborto. A un livello più profondo, il secolarismo sfida la Chiesa a riaffermare e a perseguire ancor più attivamente la sua missione nel e al mondo. Come è stato reso chiaro dal Concilio, i laici a questo riguardo hanno una responsabilità particolare. Sono convinto che ciò di cui vi è bisogno sia un maggior senso del rapporto intrinseco fra il Vangelo e la legge naturale da una parte, e il perseguimento dall’altra dell’autentico bene umano, come viene incarnato nella legge civile e nelle decisioni morali personali. In una società che giustamente tiene in alta considerazione la libertà personale, la Chiesa deve promuovere ad ogni livello i suoi insegnamenti – nella catechesi, nella predicazione, nell’istruzione seminaristica ed universitaria – un’apologetica tesa ad affermare la verità della rivelazione cristiana, l’armonia tra fede e ragione, ed una sana comprensione della libertà, vista in termini positivi come liberazione sia dalle limitazioni del peccato che per una vita autentica e piena. In una parola, il Vangelo dev’esser predicato ed insegnato come un modo di vita integrale, che offre una risposta attraente e veritiera, intellettualmente e praticamente, ai problemi umani reali. La "dittatura del relativismo", alla fin fine, non è nient’altro che una minaccia alla libertà umana, la quale matura soltanto nella generosità e nella fedeltà alla verità.
Si potrebbe dire molto di più, naturalmente, su questo argomento: lasciatemi concludere, tuttavia, dicendo che io credo che la Chiesa in America, in questo preciso momento della sua storia, ha di fronte a sé la sfida di ritrovare la visione cattolica della realtà e di presentarla in maniera coinvolgente e con fantasia ad una società che fornisce ogni genere di ricette per l’auto realizzazione umana. Penso in particolare al nostro bisogno di parlare al cuore dei giovani, i quali, nonostante la costante esposizione a messaggi contrari al Vangelo, continuano ad aver sete di autenticità, di bontà, di verità. Molto resta ancora da fare a livello della predicazione e della catechesi nelle parrocchie e nelle scuole, se si vuole che l’evangelizzazione rechi frutto per il rinnovamento della vita ecclesiale in America.
D. – Santo Padre, come giudica il silenzioso abbandono di tanti cattolici dalla pratica della fede, dalla partecipazione alla messa e dall’identificazione con la Chiesa?
R. – Certamente molto di tutto ciò dipende dal progressivo ridursi di una cultura religiosa, talvolta paragonata in modo dispregiativo ad un "ghetto", che potrebbe rafforzare la partecipazione e l’identificazione con la Chiesa. Come ho appena detto, una delle grandi sfide che stanno di fronte alla Chiesa in questo paese è quella di coltivare un’identità cattolica basata non tanto su elementi esterni, quanto piuttosto su un modo di pensare e di agire radicato nel Vangelo ed arricchito in base alla tradizione vivente della Chiesa.
Il tema coinvolge chiaramente fattori come l’individualismo religioso e lo scandalo. Ma andiamo al cuore della questione: la fede non può sopravvivere se non è nutrita, se non "opera per mezzo della carità" (Gal 5,6). La gente ha oggi difficoltà ad incontrare Dio nelle nostre chiese? La nostra predicazione ha forse perso il proprio sale? Non potrebbe ciò essere dovuto al fatto che molti hanno dimenticato, o addirittura mai imparato, come pregare nella e con la Chiesa?
Non parlo qui di persone che lasciano la Chiesa alla ricerca di "esperienze" religiose soggettive; questo è un tema pastorale da affrontare nei termini propri. Penso che stiamo parlando di persone che sono cadute fuori strada senza aver coscientemente rigettato la fede in Cristo, ma che, per una qualche ragione, non hanno ricevuto forza vitale dalla liturgia, dai sacramenti, dalla predicazione. Eppure la fede cristiana, come sappiamo, è essenzialmente ecclesiale, e senza un vincolo vivo con la comunità, la fede dell’individuo non crescerà mai sino a maturità. Per tornare alla questione appena discussa: il risultato può essere un’apostasia silenziosa.
Lasciatemi perciò fare due brevi osservazioni sul problema del "processo di abbandono", che spero stimoleranno ulteriori riflessioni.
Per prima cosa, come sapete, diviene sempre più difficile nelle società occidentali parlare in maniera sensata di "salvezza". Eppure la salvezza – la liberazione dalla realtà del male e il dono di una vita nuova e libera in Cristo – è al cuore stesso del Vangelo. Dobbiamo riscoprire, come ho già detto, modi nuovi e avvincenti per proclamare questo messaggio e risvegliare una sete di quella pienezza che soltanto Cristo può dare. È nella liturgia della Chiesa, e soprattutto nel sacramento dell’Eucaristia, che queste realtà vengono manifestate nel modo più potente e vengono vissute nell’esistenza dei credenti; forse abbiamo ancora molto da fare per realizzare la visione del Concilio circa la liturgia, come esercizio del sacerdozio comune e come slancio per un fruttuoso apostolato nel mondo.
In secondo luogo, dobbiamo riconoscere con preoccupazione la quasi completa eclissi di un senso escatologico in molte delle nostre società tradizionalmente cristiane. Come sapete, ho sollevato tale problema nell’enciclica Spe salvi. Basti dire che fede e speranza non sono limitate a questo mondo: come virtù teologali esse ci uniscono al Signore e ci portano verso il compimento non soltanto del nostro destino ma anche di quello di tutta la creazione. La fede e la speranza sono l’ispirazione e la base dei nostri sforzi per prepararci alla venuta del Regno di Dio. Nel cristianesimo non vi può essere posto per una religione puramente privata: Cristo è il Salvatore del mondo e, quali membra del suo Corpo e partecipi dei suoi munera profetico, sacerdotale e regale, non possiamo separare il nostro amore per Lui dall’impegno dell’edificazione della Chiesa e dell’ampliamento del Regno. Nella misura in cui la religione diventa un affare puramente privato, essa perde la sua stessa anima.
Lasciatemi concludere, affermando l’ovvio. I campi sono a tutt’oggi pronti per la mietitura (cfr Gv 4,35); Dio continua a far crescere la messe (cfr 1 Cor 3,6). Possiamo e dobbiamo credere, insieme col defunto papa Giovanni Paolo II, che Dio sta preparando una nuova primavera per la cristianità (cfr Redemptoris missio, 86). Ciò di cui c’è maggior bisogno, in questo specifico tempo della storia della Chiesa in America, è il rinnovamento di quello zelo apostolico che ispiri i suoi pastori in maniera attiva a cercare gli smarriti, a fasciare quanti sono stati feriti e a rafforzare i deboli (cfr Ez 34,16). E ciò, come ho detto, esige nuovi modi di pensare basati su una sana diagnosi delle sfide odierne ed un impegno per l’unità nel servizio alla missione della Chiesa verso le generazioni presenti.
D. – Santo Padre, come valuta il declino delle vocazioni, nonostante le qualità personali e la sete di santità dei candidati che decidono di proseguire?
R. – Siamo sinceri: la capacità di coltivare le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa è un segno sicuro della salute di una Chiesa locale. Non c’è spazio per alcun compiacimento a questo riguardo. Dio continua a chiamare i giovani, ma spetta a noi incoraggiare una risposta generosa e libera a quella chiamata. D’altra parte, nessuno di noi può prendere tale grazia come scontata.
Nel Vangelo, Gesù ci dice di pregare perché il Signore della messe mandi operai; egli ammette pure che gli operai sono pochi al confronto dell’abbondanza della messe (cfr Mt 9,37-38). Sembrerà strano, ma io spesso penso che la preghiera – l’unum necessarium – è l’unico aspetto delle vocazioni che sia efficace e noi tendiamo spesso a dimenticarlo o a sottovalutarlo! Non parlo soltanto di preghiera per le vocazioni. La preghiera stessa, nata nelle famiglie cattoliche, nutrita da programmi di formazione cristiana, rafforzata dalla grazia dei sacramenti, è il mezzo principale mediante il quale veniamo a conoscere la volontà di Dio per la nostra vita. Nella misura in cui insegniamo ai giovani a pregare, e a pregare bene, noi cooperiamo alla chiamata di Dio. I programmi, i piani e i progetti hanno il loro posto, ma il discernimento di una vocazione è anzitutto il frutto di dialogo intimo fra il Signore e i suoi discepoli. I giovani, se sanno pregare, possono essere fiduciosi di sapere che cosa fare della chiamata di Dio.
È stato notato che vi è una sete crescente di santità in molti giovani oggi e che, anche se in numero sempre minore, quanti vanno avanti dimostrano un grande idealismo e offrono molte promesse. È importante ascoltarli, comprendere le loro esperienze ed incoraggiarli ad aiutare i coetanei a vedere il bisogno di sacerdoti e religiosi impegnati, come pure a vedere la bellezza di una vita di sacrificio e di servizio al Signore e alla sua Chiesa. A mio giudizio, molto è richiesto ai direttori e formatori delle vocazioni: ai candidati, oggi più che mai, bisogna offrire una sana formazione intellettuale e umana che li ponga in grado non soltanto di rispondere alle domande reali e ai bisogni dei contemporanei, ma anche di maturare nella loro conversione e di perseverare nella vocazione attraverso un impegno che duri per la vita intera. Quali vescovi, siete coscienti del sacrificio che viene richiesto quando vi domandano di sollevare dagli impegni uno dei vostri preti migliori per lavorare in seminario. Vi esorto a rispondere con generosità per il bene della Chiesa intera.
Da ultimo, penso che sappiate per esperienza che molti dei vostri fratelli sacerdoti sono felici nella loro vocazione. Ciò che dissi nel mio discorso sull’importanza dell’unità e della collaborazione con il presbiterio si applica anche in questo campo. Vi è la necessità per tutti noi di lasciare le sterili divisioni, i disaccordi e i preconcetti e di ascoltare insieme la voce dello Spirito che guida la Chiesa verso un futuro di speranza. Ciascuno di noi sa quanto importante è stata la fraternità sacerdotale nella propria vita; essa non è soltanto un possesso prezioso, ma anche una risorsa immensa per il rinnovamento del sacerdozio e la crescita di nuove vocazioni. Desidero concludere incoraggiandovi a creare opportunità di un dialogo ancora maggiore e di incontri fraterni fra i vostri sacerdoti, specialmente quelli giovani. Sono convinto che ciò porterà frutto per il loro arricchimento, per l’aumento del loro amore al sacerdozio e alla Chiesa, come pure per l’efficacia del loro apostolato. Con queste poche osservazioni, vi incoraggio ancora una volta nel vostro ministero nei confronti dei fedeli affidati alle vostre premure pastorali e vi affido all’amorevole intercessione di Maria Immacolata, Madre della Chiesa.
17 aprile 2008
Dal Foglio.it
Il discorso di Benedetto XVI ai vescovi statunitensi - God bless America (dal concepimento alla morte naturale)
La sottile influenza del secolarismo e lo scopo ultimo dell'esistenza
Aborto e sacralità della vita al centro delle parole del Papa a Washington. Dopo i festeggiamenti per il suo ottantunesimo compleanno e l'incontro con il presidente George Bush alla Casa Bianca, Benedetto XVI ha parlato ai vescovi statunitensi. Salutando l'America come paese che ha sempre mostrato "prontezza a venire in aiuto dei fratelli e sorelle che erano nel bisogno", ha sottolineato come gli Stati Uniti siano "una terra di grande fede". L'America, ha rimarcato il Pontefice, "ha fiducia in Dio e non esita ad introdurre nei discorsi pubblici ragioni morali radicate nella fede biblica". Benedetto XVI ha quindi rilevato (anche rispondendo alle domande dei prelati dopo il suo discorso) come in America "la mentalità secolare non si è posta come intrinsecamente opposta alla religione". Certo è che, però, la "sottile influenza del secolarismo" incide nel modo in cui le persone permettono alla fede di influenzare i prori discorsi. "E' forse coerente – ha chiesto ai vescovi – professare la nostra fede in chiesa alla domenica e poi, lungo la settimana, promuovere pratiche di affari o procedure mediche contrarie a tale fede?". Ma soprattutto "E' forse coerente per cattolici praticanti ignorare o sfruttare i poveri e gli emarginati, promuovere comportamenti sessuali contrari all'insegnamento morale cattolico, o adottare posizioni che contraddicono il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale?". Benedetto XVI ha messo in guardia da un materialismo che induce a farsi "ammaliare dalle possibilità quasi illimitate che la scienza e la tecnica ci offrono; è facile compiere l'errore di pensare di poter ottenere con i nostri propri sforzi l'adempimento dei bisogni più profondi". Compito dei pastori, ha rimarcato, è "richiamare le persone allo scopo ultimo dell'esistenza". Un lavoro impegnativo per la chiesa americana tenuto conto che, come ha detto poco dopo parlando di "leggi in vigore o in discussione che suscitano preoccupazione dal punto di vista della moralità", per il Papa "qui c'è ancora molto da fare". Ecco perché il Pontefice si è poi soffermato sull'importanza dell'educazione, della famiglia, del matrimonio e della preghiera. Il discorso ha anche toccato il tema della pedofilia ("gestito in pessimo modo") con un doloroso giudizio negativo immediatamente illuminato dall'osservazione che "vi sono molti segni che, nel periodo successivo, una purificazione ha davvero avuto luogo".
BENEDETTO, LE PAROLE FRANCHE - CHI HA SPERANZA DEVE VIVERE DIVERSAMENTE
Avvenire, 18 aprile 2008
LUIGI GENINAZZI
Nel Paese delle grandi opportunità Benedetto XVI non ha mancato di cogliere la sua. "The american Pope", il Papa americano, come l’ha definito il settimanale Time, non ha perso occasione per dichiarare apertamente lo straordinario feeling che lo lega agli Stati Uniti, "terra di grande fede... che non esita ad introdurre nei discorsi pubblici ragioni morali radicate nella fede biblica", ha detto l’altra sera all’episcopato locale.Negli Stati Uniti la religione resta un elemento fondamentale della democrazia ed entra nel dibattito pubblico senza le remore e i distinguo che caratterizzano l’Europa. Ma Benedetto XVI, "affascinato dal concetto positivo di laicità che esiste nella società americana ", non si è fermato lì. È andato oltre, sapendo bene che nel confuso mercato delle idee a stelle e strisce la religione rischia di rimanere un fatto emozionale, in vendita a poco prezzo, e non un impegno serio con la verità. Proprio perché "l’America è anche una terra di grande fede" Papa Ratzinger non fa sconti. Proprio perché si trova su "un suolo fertile" invita con forza a diffondere "il seme del Vangelo".Nel suo primo grande discorso in terra americana, rivolgendosi ai vescovi, Benedetto XVI ha denunciato il crescente fossato tra appartenenza religiosa e prassi quotidiana. Promuovere pratiche di affari o procedure mediche contrarie alla fede, ignorare o sfruttare i poveri, negare il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, tutto questo – si è domandato con efficace vis polemica – è forse coerente per un cattolico? Ha criticato l’individualismo "che ha influenzato persino la Chiesa", mettendo in luce quello che resta sempre nel cono d’ombra della società americana "che dà molto valore alla libertà personale" e "perde di vista la nostra dipendenza dagli altri, come pure la responsabilità che noi abbiamo nei loro confronti".Sarà diventato anche "americano" questo Pontefice ma non dimentica il rigore logico tedesco. E soprattutto dice a chiare lettere qual è il senso della sua missione: "Dare testimonianza a Cristo nostra speranza". È il Papa dell’enciclica Spe salvi che ieri nell’omelia pronunciata al Nationals Stadium di Washington ha svolto una stupenda riflessione su questa virtù teologale. "Gli americani sono sempre stati un popolo della speranza – ha detto –. La speranza nel futuro fa profondamente parte del carattere americano ". Ma non ha dimenticato le speranze tradite e le sofferenze degli indigeni d’America e degli schiavi deportati dall’Africa. E ancora una volta, ha saputo trasformare l’elogio in pungolo, senza appiattirsi sull’esistente, "in un mondo che ha nostalgia di una libertà genuina e di una felicità autentica". Ai cattolici d’America ha lanciato una grande sfida: "Chi ha speranza deve vivere diversamente! ". Un richiamo sofferto quello di Papa Ratzinger, colpito profondamente da tanti cristiani inclini ad abbracciare atteggiamenti contrari al Vangelo.Non tace, non nasconde nulla Benedetto XVI. Anche ieri è tornato a parlare della tragedia degli abusi sessuali sui minori compiuti da personalità ecclesiastiche: "Nessuna parola potrebbe descrivere il dolore e il danno per quanto verificatosi all’interno della Chiesa". Già due anni fa, di fronte all’esplosione degli scandali, li aveva definiti "crimini abominevoli da perseguire con forza, determinazione e tempestività". Non si limita alla denuncia, ma indica la via della guarigione. È quella che chiama "la formazione del cuore", un compito educativo, una grande risorsa morale che il Paese delle grandi opportunità non può assolutamente perdere.
L'Europa ordina agli Stati il diritto all'aborto
Fonte: dal sito www.lozuavopontificio.net
Il Consiglio d'Europa, riunito in assemblea plenaria a Strasburgo, è stato chiamato ieri (16 aprile) a discutere e votare una Risoluzione su "Accesso ad un aborto sicuro e legale in Europa" ("Accès à un avortement sans risque et légal en Europe"). La Risoluzione che è stata presentata dalla socialista austriaca Gisela Wurm (nella foto), chiedeva agli Stati membri dell'organizzazione che non l'hanno ancora fatto (Polonia, Irlanda, Malta, Monaco e Andorra) di depenalizzare l'aborto, entro ragionevoli limiti di gestazione, e di "garantire alle donne il diritto all'aborto senza rischi per la salute e legale", rimuovendo, pertanto, tutti gli ostacoli e le condizioni che restringono la possibilità di abortire.
L'assemblea plenaria del Consiglio d'Europa, dopo un dibattito di 4 ore e l'esame di 72 emendamenti, ha approvato la Risoluzione (che non è vincolante, ma che è fortemente condizionante) con 102 voti a favore e 69 contrari. Tra le obiezioni sollevate dai deputati, è stato sottolineato come nel testo non si parli mai del "diritto alla vita" del nascituro, dei traumi e delle sofferenze affrontate le donne che abortiscono, del diritto del padre di esprimere un parere sulla decisione di abortire assunta dalla madre. Anche i Vescovi di Malta erano fermamente intervenuti il 15 aprile per ribadire al Consiglio d'Europa: "il primo diritto fondamentale è quello alla vita. Abbiamo il dovere di difendere la vita di ogni essere umano sin dal primo momento della sua esistenza. L'aborto non è una scelta ma un assassinio, non è un diritto ma la negazione del diritto alla vita, e non rappresenta un beneficio né per la società né perla madre".
Nella Risoluzione si chiede anche che alle donne che fanno richiesta di abortire debbano essere offerti sostegno e cure psicologiche, così come un adeguato supporto finanziario.
Volendo riassumere, ricordiamo che lo scopo della Risoluzione è triplice:
1/ depenalizzare l'aborto negli Stati membri in cui è ancora proibito;
2/ riconoscere alle donne il "diritto di abortire";
3/ favorire la contraccezione e rendere obbligatoria nelle scuole l'educazione sessuale dei giovani.
Anche il Parlamento Europeo aveva già adottato un testo simile, senza alcun valore giuridico obbligante, ma che lascia tuttavia un profondo segno nel vocabolario e nella mentalità dell'opinione pubblica, nonché nelle istituzioni europee.
La Commissione europea per le questioni sociali, la sanità e la famiglia ha organizzato nel febbraio del 2007 una audizione con diverse ONG. Le sigle che vennero scelte sono significative: Fédération internationale des plannings familiaux (IPPF), il Forum parlementaire intereuropéen sur la population et le développement (FPIPD), la Fédération internationale des professionnels de l'avortement et de la contraception (IEPFPD), "Aktion Lebensrecht für Alle" (Germania), l'Association suédoise pour l'éducation à la sexualité (RFSU) e "Abortion Rights" (Gran Bretagna). Nessuna ONG che rappresentava i giovani o la famiglia é stata ascoltata, né alcuna associazione che aiuta le donne in difficoltà mediante interventi materiali o psicologici.
Come giustamente scrive Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân, è in atto "una intollerabile pressione delle istituzioni europee in campi non di loro competenza". Di fronte a questa Europa è urgente fare e promuovere un'efficace obiezione di coscienza.
17 aprile 2008
La lista pazza
Farina e Lorenzetto scrivono a Ferrara
Gli articoli su Libero e il Giornale
Segnaliamo due articoli sulla lista pazza apparsi su Libero e il Giornale in questi giorni. Il primo (pubblicato mercoledì e di cui pubblichiamo una parte qui di seguito) è di Renato Farina, il secondo di Stefano Lorenzetto.
Caro Giuliano Ferrara. Due osservazioni. Dici che la proporzione della tua sconfitta ti preclude la strada per fare il ministro della Salute. Perché mai? Non ti vogliamo perché prendi tanti voti, ma perché saresti bravissimo. Insisto. Hai perso le elezioni. Hai ammesso di aver sbagliato, ma non è la tua idea ad essere stata sconfitta. È la tua lista ad aver perso: la tua strategia politica, il tuo metodo. Lo hai pure scritto, lealmente. Poi però conservi un retro pensiero che tracima da tutte le parti. E lo contraddico. Non sei così importante da poter dedurre che sconfitto te sia sconfitta la vita. È proprio un abbaglio dire al Corriere della Sera che aver riscosso il consenso solo dello 0,3 per cento rende evidente come l’aborto si sia trasformato in Occidente nel "compagno di viaggio effettivo o potenziale… delle donne e dei maschi perché così si scopa più allegri".i temi che amiamo. Ehi, non ti pare che sia un po’ offensivo trasformare quelli che non ti hanno votato in una banda di maniaci spernacchiatori? Se faccio una lista contro la fame nel mondo, se non mi vota nessuno, vuol dire che gli altri sono tutti cannibali di bambini? Non è che hai il culto della bella sconfitta? Tanti come me, pure loro eletti nel Pdl, sono pronti a continuare come possono la tua battaglia sacrosanta perché aspettare un bambino non finisca nel sangue; accettando in pieno le tue laiche e razionali parole d’ordine. Tutte. Meno quella che trasuda dalla tua delusione: la certezza cioè di un Parlamento insensibile ai temi a te (e a me) cari.
Renato Farina
Caro Giuliano, fratello mio. Non fa niente. Va bene anche così. Hai combattuto la buona battaglia, hai terminato la tua corsa, hai conservato la fede anche di chi, come me, ne ha davvero poca. Tu, un non credente. Sei riuscito a ottenere più di quanto potessero sperare i 135.578 che ti hanno votato: rimettere al centro della scena i diritti di chi non ha voce. Sarai ricordato, per questo.Mi sei sembrato la reincarnazione del Peppone di Gino Cervi, in quella posa studiatamente facinorosa del comiziante che restituisce i pomodori dal palco di Bologna: il gesto eroico da fromboliere, il labbro arricciato. Ma si vedeva benissimo che le tue dita grosse sono state create per accarezzare e per scrivere, non per menare. I tuoi avversari, quelli sì menano. Tutto in te testimonia invece mitezza.Ci hai messo la faccia, non hai voluto sentir ragioni. Hai rischiato per generosità. Perché tu sei un uomo buono, qualcosa di assai diverso da un buon uomo. L’ho capito abbracciandoti la mattina in piazza dei Signori - talvolta i toponimi dicono molto - e riabbracciandoti la sera in un garage d’albergo, trasformato in catacomba di questi nostri tempi storti, mentre fuori un manipolo di abortisti insipienti urlava slogan d’indicibile volgarità. Hai infilato la borsa d’ufficio con dentro il pigiama nel baule dell’Alfetta blindata. "Sparano?". Non hai rinunciato alla tua lieve ironia per sciogliere la tensione degli uomini della scorta. Poi ti sei tolto dal capo il berretto e mi hai avviluppato con la tua mole, il barbone sorprendentemente soffice che mi sfiorava le guance.Sei troppo intelligente per star lì a chiederti che cosa non abbia funzionato. Che avresti perso la tua sfida elettorale mi è apparso chiaro in via definitiva venerdì scorso, alle 21.55, quando ho ricevuto da un importante personaggio della finanza questo Sms: "Negli ultimi 30 anni abbiamo votato il minore dei mali, ora con Ferrara possiamo votare il maggiore dei beni. Io lo farò, fregandomene della logica politica. Eppure molti dei nostri non ci credono, caro Stefano!". E se lo diceva lui, che li conosce tutti, dal Papa in giù.
Te lo pronosticai un mese fa, all’ombra delle Arche che custodiscono le spoglie mortali dei condottieri medievali della mia città, scandalizzando i tuoi fan, docenti universitari, professionisti, anche un pio imprenditore molto perbene che fattura qualche migliaio di miliardi di vecchie lire: la Chiesa non muoverà un dito per aiutarti, preferisce trattare col governo che verrà, qualunque esso sia. La realpolitik viene prima dei principii non negoziabili, che credevi? Te lo dissi, per la verità, con le stesse ruvide parole scritte da Francesco Cossiga nella lettera che hai pubblicato sabato scorso sul Foglio: "Per molti vescovi tra i "valori primari" primeggiano l’8 per mille, l’esenzione dall’Ici e la non tassazione di ostelli e altro". Sarà mica un caso se un eminentissimo cardinale, due ore prima di partecipare a un incontro pubblico sull’impegno dei cattolici in politica, pregò il moderatore, che ero io, di espungere dal dibattito tutte le domande riguardanti l’impegno dei cattolici in politica...Ma adesso ascolta, fratello Giuliano, quali miracoli sta propiziando la tua battaglia in difesa della vita maltrattata. È partito apposta da Milano per venire a trovarmi uno dei protagonisti del libro che reca la tua prefazione e che proprio di questo parla, di vita, di morte e di miracoli: Alfredo Villa. Un tempo faceva i soldi solo per sé, e senza andare per il sottile: diventò miliardario quotando a Wall Street una società svedese di intrattenimenti porno. Poi s’è messo in testa di farli per gli altri con un fondo d’investimento - H4H, Homes for hope, case per la speranza - che destina parte delle commissioni in beneficenza e che in un paio d’anni ha già guadagnato il 42%. La sua mission è costruire abitazioni per derelitti in giro per il mondo.Villa s’è presentato con due cabarè di paste: "Ne avevo comprato uno solo, però mi pareva troppo piccolo, così te ne ho portato un secondo". Giusto per farti capire che tipo è. Mi ha detto: "Ho comprato e ristrutturato una casa in collina a Masserano, vicino a Biella. Posizione stupenda, al margine di un bosco. Davanti scorre un fiumicello in cui nuotano ancora i pesci. È finita in ogni dettaglio, in regola con quanto richiesto dall’Asl, già approvata come struttura d’accoglienza. Sono oltre 400 metri quadrati su tre piani. C’è un ristorante, 60 coperti, con i soffitti a volta e una grande terrazza. La modernissima cucina industriale è perfettamente a norma. Otto camere tra singole, doppie e triple, in totale 19 posti letto. Vorrei ospitarci le ragazze madri che non vogliono abortire. Mi piacerebbe chiamarla la Casa del Foglio".
L’ho guardato come si guardano i matti che provano a farsi santi. "Dillo a Giuliano Ferrara. Possono entrare da domattina. Tutto è tristemente funzionale ed ordinato in quella casa. E, come diceva il Don, dove c’è ordine non c’è amore". Il Don era don Luigi Longhi, parroco dei diseredati all’Aravecchia di Vercelli, morto l’anno scorso. Ideò la Campana della Vita: due rintocchi ogni giorno per ricordare i ragazzi che muoiono, di malattia o d’incidente, prim’ancora d’aver cominciato a vivere. E chi più dei non nati? Villa lo incontrò per caso e ne fu conquistato."Il ristorante ha la licenza e può essere aperto al pubblico già da stasera", ha continuato l’operatore di Borsa. "Se lo desiderano, lo lascio gestire alle ragazze madri con la collaborazione delle quattro sorelle del Don, che hanno un bar tavola calda a un chilometro dalla casa. Fanno da mangiare benissimo, sono piene d’entusiasmo: diventerebbero le mamme delle mamme e le nonne dei bambini. Le donne abbandonate staranno in questa casa tutto il tempo che vogliono, senza dover dare i figli in affido o in adozione dopo averli messi al mondo. Il modello che ho in mente è quello della cascina lombarda d’inizio secolo. Un chilometro di passeggiata in mezzo ai campi e si arriva alle scuderie dei cavalli da corsa che allevo con Cristina. I bambini potranno veder nascere i puledri, mungere le mucche, giocare con i cani, con le galline e con Pasqualino, un agnellino sciancato salvato dalla macellazione rituale. E anche fare i tuffi nella piscina, che oggi è solo molto bella, molto ordinata, molto vuota... E se non dovesse bastare, nel centro storico di Masserano ho un palazzo settecentesco appartenuto a un generale napoleonico, 900 metri quadrati su tre piani con un giardino meraviglioso. Trovo mezzo milione di euro e sistemo anche quello. Le madri prive di un tetto non dovranno più temere per il futuro dei loro figli".Se era questo che volevi - bimbi che crescono, invece di finire triturati fra i rifiuti ospedalieri - rimboccati le maniche, Giuliano. Con la lista pazza hai dato una casa alla vita nascente. Le chiavi sono tue.
Stefano Lorenzetto
Contraddizioni
Vuoi pagare meno imposte? Divorzia, dice il fisco
Avvenire, 18 aprile 2008
Il Moige denuncia come con la separazione sia possibile dedurre integralmente l’assegno di mantenimento dell’ex coniuge, il quale deve dichiararlo ma se non ha altri redditi pagherà un’aliquota decisamente minore Così il sistema tributario anziché sostenere il matrimonio sembra spingere verso il divorzio Anche 'finto', tanto per risparmiare qualche migliaio di euro l’anno
Se ci si mette anche il fisco a fare il diavoletto fra moglie e marito, allora per il futuro della famiglia si fa veramente dura. C’è chi ha fatto le pulci al nostro sistema fiscale e ha scoperto che non c’è dubbio: conviene separarsi.
Il Moige (Movimento italiano genitori) lo ha denunciato addirittura nelle aule parlamentari, durante l’audizione alla commissione Affari sociali, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla famiglia. Era la seduta del 24 gennaio dello scorso anno ed Elisabetta Scala così argomentava: "Paradossalmente, in Italia conviene essere separati dal punto di vista fiscale, piuttosto che costituire una famiglia: i separati hanno maggiori agevolazioni rispetto alle famiglie unite, ad esempio, in relazione agli asili nido, alle tasse universitarie. So per certo che ci sono famiglie a cui viene consigliato di chiedere la separazione per avere la possibilità di accedere alle liste per gli asili nido ed altro".
Esempre il Moige, di recente, ha provveduto a mettere in campo i suoi tecnici per fare due conti.
Anzi, come dicono gli esperti, per approntare le 'simulazioni'. E allora si fanno scoperte incredibili. In caso di separazione dei coniugi, la famiglia può risparmiare sul fisco anche migliaia di euro, grazie al meccanismo della deduzione integrale dal reddito dell’assegno di mantenimento. Un esempio è quello di una coppia in cui solo lui lavori e percepisca un reddito attorno ai 70mila euro. In questo caso l’aliquota fiscale che si applica è quella del 41%. Mettiamo il caso che dopo la separazione debba versare 20mila euro alla moglie. Detratta questa cifra, l’aliquota scende e il risparmio di imposta (per lui) è qualcosa più di 8mila euro. Si dirà: ma anche la moglie separata dovrà pagare le tasse.
Certo, ma l’aliquota inferiore (23%), le costerà 4.600 euro di imposte. I conti sono presto fatti: i falsi separati risparmieranno complessivamente 3.400 euro. Niente male. E i tecnici del settore confermano di poter esibire molti altri esempi.
Insomma, una situazione di incentivazione all’incontrario, in aperta contraddizione con la Costituzione italiana e con il tanto proclamato principio del 'favor familiae'. Una incentivazione così riassumibile: separatevi (anche fittiziamente) e il fisco vi verrà in soccorso. Ora, questa situazione appare ancor più paradossale, dopo una campagna elettorale che ha visto i principali contendenti spendersi in promesse per la famiglia, soprattutto se con figli. Ristabilire i giusti
rapporti è dunque prioritario. Anche perché il passo è breve sotto il profilo culturale e del senso comune. Se, infatti, conviene separarsi, perché mai accingersi al grande passo e sposarsi?
Anzi, sarà gioco facile per tutti i detrattori del matrimonio e della famiglia, per tutti i laicisti in servizio permanente effettivo, per i sostenitori di tutte le altre forme di unione, a partire dalla convivenza, allestire persino una campagna in negativo. Al grido: 'Sposarsi non conviene'.
Dunque, aspettiamo speranzosi i gesti del futuro governo in favore delle famiglie. Incidere sul sistema del prelievo fiscale, vedi le deduzioni per ogni familiare a carico poste al centro della proposta del Forum delle associazioni familiari, porta con sé un accentuato valore di equità sociale. Chi più dà alla comunità, attraverso la cura e l’educazione dei figli, più riceve, o meglio: meno gli viene tolto alla fonte. Altrimenti, aumenterà la tentazione di separarsi pur di pagare meno tasse. E in quel caso il fisco avrà davvero vinto su tutto, amore compreso.
Domenico delle Foglie
FISCO Le associazioni familiari mettono le mani avanti sui programmi del nuovo governo "Attendiamo il quoziente. Ecco come arrivarci"
Paola Soave, vicepresidente del Forum spiega il percorso possibile: subito la reintroduzione delle deduzioni per i familiari a carico, come proposto nella petizione per un "fisco amico" Si potrebbe partire da una cifra-base facendola poi crescere in maniera costante di anno in anno, per arrivare infine al varo del quoziente familiare vero e proprio
"Se si vuole mantenere una promessa va bene, se si intende fare un regalino alle famiglie, come dire di no? Quando nasce un figlio ci sono molte spese e 1.000 euro fanno comodo a tutti: ci si compra la carrozzina e il lettino. Ma attenzione: perché se si pensa che basti reintrodurre il bonus bebè e tagliare l’Ici per dire di aver realizzato una politica per la famiglia, allora non ci siamo: avevamo espresso perplessità su queste misure in passato, non abbiamo cambiato idea".Paola Soave, vicepresidente nazionale del Forum delle associazioni familiari mette le mani avanti. Le anticipazioni dei primi provvedimenti che il premier in pectore Silvio Berlusconi intende assumere hanno suscitato sentimenti contrastanti nelle associazioni familiari. Da un lato apprezzamento per il segnale di attenzione, ma dall’altro insieme anche una certa inquietudine. Il timore infatti è che ci si fermi a queste misure simboliche – che pure hanno un costo non irrisorio – ma si lasci poi inalterata la struttura del prelievo fiscale, che oggi penalizza le famiglie con figli e le monoreddito in particolare, rimandando a tempi migliori (e indefiniti) gli interventi che pure sono stati inseriti nel programma elettorale.
"Il Popolo della Libertà ha promesso di introdurre il quoziente familiare – spiega ancora Paola Soave –. Ma farlo dall’oggi al domani non è facile ed è costoso. Occorre arrivarci per gradi: tra il niente, la penalizzazione di oggi, e il tutto rappresentato dal quoziente, c’è in mezzo la proposta sul fisco elaborata dal Forum e sulla quale sta concludendosi la raccolta di firme dei cittadini. Un sistema, basato sulle deduzioni per i familiari a carico, che è modulabile, si può far crescere nel tempo, tutela i più poveri con l’imposta negativa e non favorisce i più abbienti perché fa salva la progressività delle aliquote di prelievo". La proposta elaborata dal Forum grazie al contributo di alcuni studiosi è quella del Bif (Basic income familiare) e prevede che dal reddito lordo del contribuente sia dedotta una cifra pari al costo minimo di mantenimento dei familiari a carico e le normali aliquote d’imposta si applichino così solo al reddito realmente disponibile.
Il costo di un figlio è stato stimato in circa 7mila euro l’anno, ma uno dei pregi del sistema è quella flessibilità e un’ipotesi percorribile potrebbe essere quella di fissare una cifra base di deduzione – ad esempio 3.000-3.500 euro, senza tetti di reddito – dalla quale partire già quest’anno e accrescerla in maniera costante e certa di anno in anno, fino ad arrivare appunto a 7mila euro. A quel punto – ma già si sarebbe prodotto un forte cambiamento per le famiglie italiane – si potrebbe poi passare con maggiore facilità al sistema del quoziente vero e proprio. "Iniziare ad applicare la proposta del Forum è particolarmente importante non solo come misura di sostegno, ma innanzitutto perché rappresenta il riconoscimento della soggettività della famiglia – conclude la Soave –. Con Tremonti ne abbiamo parlato a lungo e siamo ansiosi di riprendere il confronto".
In attesa è anche Roberto Bolzonaro, presidente dell’Afi (Associazione famiglie italiane). "Il bonus bebé è un intervento che non fa male, ma certo non è risolutivo. Se si tratta di uno snack per moderare l’appettito delle famiglie in attesa delle pietanze forti, va bene, è un aperitivo che prendiamo volentieri. Se ci si fermasse a questo, invece, sarebbe del tutto insufficiente – spiega –. Quanto alla cancellazione dell’Ici la giudico positivamente. È un balzello che colpisce indiscriminatamente ricchi e poveri, single e famiglie numerose su un bene, la prima casa di abitazione, che non è un lusso ma una necessità. Allora o si gradua molto bene l’imposta, tenendo conto ad esempio dei carichi familiari oppure ben venga l’eliminazione del problema alla radice. Certo, occorrerà vedere come i comuni compenseranno le minori entrate, non vorrei che aumentassero le addizionali o tagliassero i servizi...". Le attese per le famiglie, però, sono ben altre. "Alla nuova maggioranza chiediamo di mantenere fede al suo programma elettorale nel quale è scritto a chiare lettere che si applicherà il quoziente familiare nel sistema di tassazione – commenta ancora Bolzonaro –. È chiaro che non pretendiamo tutto subito. Ma vogliamo un segnale preciso già dal prossimo Dpef di giugno. Si può arrivare al quoziente anche con un processo graduale, ma con tappe intermedie ben definite. In questo senso, si può applicare in maniera crescente la proposta delle deduzioni per familiari a carico indicata nella petizione del Forum".
Anche Mario Sberna, presidente dell’Associazione famiglie numerose (Anfn), conta sulla realizzazione del quoziente familiare, promesso da Berlusconi in campagna elettorale. "Ha detto che entrerà gradualmente nel nostro sistema fiscale e noi vigileremo che ciò accada". L’abolizione dell’Ici è un’altra misura apprezzata, ma con qualche preoccupazione. "La speranza è che si individuino fondi appositi, ad esempio un 'tesoretto', in modo che i Comuni non ci 'restituiscano il favore' attraverso tassazioni addizionali...". Quanto all’altra promessa di Berlusconi, il bonus bebé, Sberna lo considera una "buona cosa", che però "non risolve i problemi delle famiglie con figli già messi al mondo". E i suoi personali, di auspici? "Vorrei che non si interrompesse il finanziamento per gli asili nido e il discorso, appena avviato con il precedente governo, della libertà di scelta della madre di accudire il figlio nei primi due anni di vita, garantita con un sussidio pubblico pari al costo del nido".
Su un altro fronte, quello dei disabili, appare piuttosto disilluso Guido Trinchieri, dell’Unione famiglie handicappati, che nell’ultimo governo Berlusconi faceva parte della Consulta handicap presso il ministero della Funzione pubblica. "In campagna elettorale si è parlato pochissimo di handicap e questo non lascia presagire nulla di buono né si profilano nei ruoli di governo personalità politiche con particolari sensibilità su questo tema. Le nostre priorità?
Metterei in cima alla lista l’istituzione della Commissione per la presa in carico del disabile, la quale dovrebbe coordinare i servizi per il disabile stesso e per la sua famiglia".
Un altro tema che sta a cuore alle famiglie è quello della scuola. Carmen Pontieri, presidente nazionale del Faes
(Famiglia e Scuola, 12 istituti paritari in tutta Italia) ricorda che nei discorsi di molti candidati del Pdl c’era la parità scolastica.
"Chiediamo una parità scolastica effettiva, che agevoli le famiglie e le metta in condizione di esercitare una vera libertà di scelta, anche dal punto di vista economico". In generale, poi, Carmen Pontieri si augura una "stabilità legislativa, che escluda continue modifiche nella normativa. Ad oggi abbiamo una riforma, quella varata dalla Moratti, che è stata applicata solo in parte, e la riforma dei licei che non è mai veramente decollata".
Prudente anche il giudizio di Carlo Costalli presidente del Movimento cristiano lavoratori: "Ici e bonus bebé sono provvedimenti utili, ma non risolutivi. Ciò che ci aspettiamo è un reale intervento strategico a favore della famiglia. E dunque attendiamo i tempi medi della prossima Finanziaria: allora ci sarà il vero banco di prova. Per la nostra sensibilità, poi, vogliamo vedere anche quali scelte verranno compiute nell’ambito del lavoro, ad esempio riguardo ai giovani e alla conciliazione tra lavoro e famiglia, quale coinvolgimento e valorizzazione ci sarà dei corpi intermedi di rappresentanza".
Antonella Mariani Francesco Riccardi