Nella rassegna stampa di oggi:
1) La lista pazza è un esempio di quell’alleanza tra cristiani e non credenti che Benedetto XVI desidera per il rinnovamento spirituale dell’Europa
2) "Tutto è cominciato prima che io nascessi", parola di Steve Jobs - Il papà dell'ipod spiega agli studenti che lui non ci sarebbe senza la scelta pro life di sua mamma
3) Madre uccide figlia handicappata. Applausi.
4) Lista Ferrara - Aborto: combatterne le cause e sostenere la maternità
5) Vita e famiglia sono valori 'non negoziabili' - l’obiezione: «I valori non negoziabili? Non sono il metro di giudizio per valutare che partito votare».
6) Il sogno di un mondo a numero chiuso, di Marina Corradi
7) Popolo della libertà - Quoziente familiare e aiuto alle gestanti in difficoltà
8) Cattolici in lista tra priorità e voglia di dialogo
9) Stop alle terapie per i bimbi disabili. «Budget sforato»
10) Il grido Silenzioso – filmato sul dramma dell’aborto – la visione è molto dura – non è per tutti: mostra l’omicidio di un essere umano innocente ed indifeso, che vanamente e disperatamente si autodifende nel grembo materno prima di essere fatto a pezzi.
10 aprile 2008
Dal Foglio.it
Anticipazione del Foglio dell'11 aprile
Chiesa e politica secondo il Wall Street Journal
La lista pazza è un esempio di quell’alleanza tra cristiani e non credenti che Benedetto XVI desidera per il rinnovamento spirituale dell’Europa
"Paradossalmente, il partito più attivo nel sostenere le preoccupazioni del Vaticano per la sacralità della vita è guidato da un ex comunista e autodichiarato “teista”, che non appartiene a nessuna chiesa. Giuliano Ferrara, direttore del piccolo ma influente quotidiano il Foglio, ha dato vita alla sua lista antiabortista sull’onda della sua campagna per una “moratoria” mondiale sull’aborto. Sebbene nessuno si aspetti che riesca a raccogliere molti volti, mesi e mesi di costante attenzione da parte del suo giornale hanno riportato la questione dell’aborto alla ribalta della scena, come non lo era mai più stata fin dal referendum del 1981, che ne aveva confermato la legalità. Le autorità ecclesiastiche hanno mantenuto le distanze dalla campagna di Ferrara, forse perché temono che una spinta eccessiva in senso proibizionista potrebbe rivelarsi controproducente, contribuendo a mobilitare il voto pro abortista, come già avvenuto nel 1981. Ciononostante, l’iniziativa di Ferrara è un esempio di quel genere di alleanza tra cristiani e non credenti comprensivi che Benedetto XVI ritiene necessaria per il rinnovamento spirituale dell’Europa e dell’occidente. Quattro giorni dopo le elezioni italiane il Papa parlerà all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Nel suo discorso solleverà senza dubbio un certo numero di questioni di portata globale, sia di natura strettamente specifica, come la guerra in Iraq, che di natura più generale, come la protezione della vita “dal concepimento fino alla morte naturale”. Come ha già fatto in parecchie occasioni, Benedetto XVI sosterrà le sue tesi non sulla base della dottrina cattolica ma su quelli dei principi etici del “diritto naturale”, comune a tutta l’umanità. E’ in questi stessi termini che il Papa e i suoi seguaci devono imparare a rivolgersi all’Italia e ai suoi vicini, dato che il territorio tradizionale della chiesa si sta progressivamente riducendo. Sostituendo i vecchi partiti confessionali con coalizioni ad hoc, raccolte su un tema particolare, il cattolicesimo può ancora riuscire a ripresentarsi come una potente forza politica nella laica Europa".
Francis X. Rocca
© The Wall Street Journal, per concessione di Milano Finanza, traduzione di Aldo Piccato
10 aprile 2008
Dal Foglio.it
Anticipazione dal Foglio del 11 aprile
"Tutto è cominciato prima che io nascessi", parola di Steve Jobs - Il papà dell'ipod spiega agli studenti che lui non ci sarebbe senza la scelta pro life di sua mamma
"Sono onorato di essere qui con voi oggi, nel giorno della vostra laurea presso una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A dir la verità, questa è l’occasione in cui mi sono di più avvicinato a un conferimento di titolo accademico. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie.
La prima storia parla di “unire i puntini”. Ho abbandonato gli studi al Reed College dopo sei mesi, ma vi sono rimasto come imbucato per altri diciotto mesi, prima di lasciarlo definitivamente. Allora perché ho smesso?
Tutto è cominciato prima che io nascessi. La mia madre biologica era laureanda ma ragazza-madre, decise perciò di darmi in adozione. Desiderava ardentemente che io fossi adottato da laureati, così tutto fu approntato affinché ciò avvenisse alla mia nascita da parte di un avvocato e di sua moglie. All’ultimo minuto, appena nato, questi ultimi decisero che avrebbero preferito una femminuccia. Così quelli che poi sarebbero diventati i miei “veri” genitori, che allora si trovavano in una lista d’attesa per l’adozione, furono chiamati nel bel mezzo della notte e venne chiesto loro: “Abbiamo un bimbo, un maschietto, ‘non previsto’; volete adottarlo?”. Risposero: “Certamente”. La mia madre biologica venne a sapere successivamente che mia mamma non aveva mai ottenuto la laurea e che mio padre non si era mai diplomato: per questo si rifiutò di firmare i documenti definitivi per l’adozione. Tornò sulla sua decisione solo qualche mese dopo, quando i miei genitori adottivi le promisero che un giorno sarei andato all’università. Infine, diciassette anni dopo ci andai". (continua sul Foglio quotidiano)
Steve Jobs, discorso alla Stanford University di Palo Alto, 12 giugno 2005
Madre uccide figlia handicappata. Applausi.
Autore: Buggio, Nerella
Fonte: CulturaCattolica.it E-mail: nerella.buggio@culturacattolica.it
venerdì 11 aprile 2008
Il fatto risale al maggio 2005, in un paese a 15 chilometri da Parigi, la donna, che oggi ha 66 anni, dà un sedativo alla figlia Anne Marie di 22 anni handicappata psichica, poi la affoga nella vasca da bagno, ingoia un tubetto di barbiturici e attende la morte.
Il fatto risale al maggio 2005, in un paese a 15 chilometri da Parigi, la donna, che oggi ha 66 anni, dà un sedativo alla figlia Anne Marie di 22 anni handicappata psichica, poi la affoga nella vasca da bagno, ingoia un tubetto di barbiturici e attende la morte, al marito lascia un messaggio che dice:
«Scusami, Fernand, se ti lascio. Abbi coraggio, adesso, almeno tu. Anne Marie non se ne è nemmeno accorta, ti amo, Lydie».
Ma ecco l’imprevisto, il marito rincasa prima del solito e la moglie è salva.
Ieri il processo l’assolve dall’accusa di omicidio.
Il pubblico in aula e i giurati applaudono.
Qualcuno si è scandalizzato per l’applauso, diamine un po’ di contegno, io credo sia stato il gesto sincero dei presenti, la conseguenza di un modo di guardare alla vita che è diventato normale, non hanno pensato ad Anne Marie, ma alle fatiche di sua madre e di suo padre, a quei 22 anni di amore incondizionato dato ad una figlia cresciuta solo nel fisico, ma bisognosa di cure più di un neonato.
Del resto, perché scandalizzarci, gli handicappati si possono sopprimere prima che vengano al mondo tramite aborto, e nessuno ne ha pietà.
Poi ci sono quelli come Anna Marie, handicappati a causa del parto, oppure, handicappati a seguito di un incidente, è logico che li si guardi come un peso, un errore, qualcosa che ci piacerebbe togliere dalla nostra strada, averlo saputo, se ci fosse un esame che predice il futuro e dice che quel figlio che sta per nascere, bello biondo, paffuto a 10 o 15 anni rimarrà inevitabilmente handicappato, a causa di un incidente, i genitori che farebbero, chissà?
In Belgio il 95 per cento dei bambini con spina bifida viene abortito, in Inghilterra si sale al 98 e in Olanda abbiamo il Protocollo di Groningen per la legalizzazione dell'eutanasia infantile. Dietro alla parola “compassione” c'é solo il desiderio di eliminare gli invalidi, compassione si coniuga alla perfezione con la parola “eugenetica”.
Sia chiaro, la vita con dei figli handicappati gravi è dura, spesso è fatta di rinunce e solitudine, ma è proprio questo che dovrebbe indicarci la strada, le famiglie che vivono questa esperienza hanno bisogno di una comunità che condivide, di supporti psicologici e pratici, non basta l’assegno di accompagnamento, quando ad accompagnare sei sempre e solo tu.
Quando non hai un attimo di tempo per guardare in faccia tuo marito, quando dedichi ogni attimo della tua vita a quel figlio e ai suoi bisogni e soffri di sensi di colpa per non avere lo stesso tempo da dedicare agli altri figli, quando ti vedi invecchiare allo specchio, senti le energie venire meno e sei sempre impegnato ad accudire quel figlio fragile che non è mai cresciuto.
Ti sale l’angoscia per il suo futuro, per il dopo, e a volte ti coglie lo sconforto per quei desideri buoni di vita, che non hai mai potuto soddisfare.
La vera cultura della vita, è un’educazione al bene, all’accoglienza, e uno Stato che davvero volesse promuovere la vita dovrebbe anche sostenere e favorire tutte quelle esperienze che pure esistono, fanno da supporto alle famiglie con figli handicappati, inutile, come in questo caso, gridare all’eutanasia, dire che la povera Anne Marie era handicappata al 90% e quindi ucciderla è stato un gesto di pietà, una società che elimina i deboli non è una società che promuove la pietà, ma promuove una cultura che le si rivolterà inevitabilmente contro, la storia lo insegna.
I valori che non si possono «saltare»
Lista Ferrara - Aborto: combatterne le cause e sostenere la maternità
Avvenire, 11 aprile 2008
Già il nome 'Aborto no grazie' esplicita l’obiettivo diretto e circoscritto perseguito dalla lista promossa dal direttore de Il Foglio. Senza contestare la legittimità della legge sull’aborto, la lista si prefigge di correggere gli elementi che hanno reso la Ivg una pratica diffusissima e, nella mentalità corrente, quasi assimilata alla contraccezione e addirittura un «diritto». Ecco quindi l’impegno a dare sepoltura «a tutti i bambini abortiti ... in qualunque fase della gestazione». Il divieto all’«introduzione della pillola abortiva Ru486». Non deve poi esserci dubbio sul dovere di rianimare i neonati a prescindere da alcuna autorizzazione. Si prefigge di «emendare l’articolo 3 della Costituzione » e promuovere un emendamento alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo: i diritti fondamentali debbono valere «dal concepimento fino alla morte naturale». Difesa di un’interpretazione rigorosa della Legge 40 sulla fecondazione assistita, moratoria sulla ricerca con le cellule staminali embrionali; agenzie regionali per le adozioni: sono altre misure indicate come prioritarie.
Si vuole dare concreto sostegno alla maternità con le modalità del “Progetto Gemma” sovvenzionando il Movimento per la Vita e potenziando la rete dei consultori e dei Centri di aiuto alla vita.
Vita e famiglia sono valori 'non negoziabili' - l’obiezione: «I valori non negoziabili? Non sono il metro di giudizio per valutare che partito votare».
Avvenire, 11.4.2008
È l’obiezione che molti formulano al reiterato richiamo della Chiesa a votare quei partiti che meglio (o meno peggio) si prodigano per tutelare la vita (dal concepimento alla morte naturale), la famiglia (fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna) e la libertà dei genitori di educare i propri figli.
Eppure, questo criterio di voto proposto dalla Chiesa moltissime volte può essere condiviso anche da un non credente, come cerchiamo adesso di illustrare, limitandoci, per ragioni di spazio, alla tutela della vita e della famiglia.
Una società che distrugge la vita umana con l’aborto e l’eutanasia (che è ben diversa dalla rinuncia all’accanimento terapeutico) è una società che non tutela gli indifesi e che sancisce il principio secondo il quale è lecito uccidere. Madre Teresa di Calcutta ha detto, il giorno in cui ha ricevuto il Nobel per la pace: «Oggigiorno il più grande distruttore di pace è l’aborto, perché è una guerra diretta, una diretta uccisione, un diretto omicidio per mano della madre stessa.
[...] Perché se una madre può uccidere il suo proprio figlio, non c’è più niente che impedisce a me di uccidere te, e a te di uccidere me».
D’altra parte, come abbiamo visto in diverse occasioni su questa rubrica, la vita dell’uomo ha un bisogno cruciale della famiglia edificata sul matrimonio, perciò le forze politiche che promuovono divorzio, pacs, matrimonio tra persone dello stesso sesso, ecc., recano un danno alla società (almeno a questo riguardo, perché magari promuovono anche istanze giuste, ma che non possono controbilanciare quelle sbagliate).
Limitiamoci sinteticamente ad enunciare alcuni motivi di questa tesi, senza poterli dimostrare, ma almeno rinviando, per tale dimostrazione, al relativo articolo comparso in questa rubrica, reperibile su www.avvenire.it, cercando nel giorno di seguito indicato tra parentesi.
Ebbene, il piccolo d’uomo rischia di non sopravvivere se non ha dei genitori (o figure che ne fanno le veci) che attivano le sue capacità psicologiche (4.4.2008), ma è il matrimonio il luogo dove i bambini sono maggiormente protetti (4.5.2007); inoltre (27.4.07 e 6.7.07) i bambini figli di divorziati rischiano spesso di patire diverse sofferenze e, in generale, per i figli è molto meglio crescere all’interno di un matrimonio che non all’interno di un pacs (1.6.07), o all’interno di una convivenza (26.10.2007), o con due genitori dello stesso sesso (23.3.07 e 15.6.07); ancora, la violenza aumenta in una società in cui i matrimoni si sfasciano (27.4.07).
Abbiamo dovuto sintetizzare la spiegazione dell’importanza prioritaria della tutela della vita e del matrimonio, perché, nell’imminenza delle elezioni, è fondamentale ricordare che la politica estera, le pensioni, la lotta all’inflazione, ecc. sono temi senz’altro molto importanti, che non si devono affatto sminuire, ma che non sono equiparabili ai valori non negoziabili.
Giacomo Samek Lodovici
Il sogno di un mondo a numero chiuso
Avvenire, 11 aprile 2008
MARINA CORRADI
Desmond Morris è il famoso etologo che negli anni Sessanta scrisse La scimmia nuda, un bestseller che spiegava il comportamento umano in chiave puramente zoologica. Ci sono 193 tipi di scimmie al mondo, ripeteva lo studioso nelle sue conferenze, di cui 192 pelose e con la coda. La 193esima scimmia, senza pelo né coda, è l’uomo. Alle critiche della Chiesa, che gli rimproverava di avere dimenticato l’anima, Morris replicava che «la sola speranza di immortalità per gli esseri umani si trova nei testicoli, ovvero nei loro geni». Oggi Desmond Morris ha 80 anni, e non ha cambiato parere. Ma, come accade a tutti a una certa età, pensa alla morte.
«Non con terrore», tiene a sottolineare in un articolo del Daily Mail tradotto su
Repubblica.
Però, si direbbe, con una certa umana apprensione. Benché, aggiunga, la morte non abbia «nulla di misterioso», in quanto è un semplice meccanismo di conservazione della specie. Tuttavia, sebbene tutto gli sia così pacifico e chiaro, l’anziano etologo alla morte continua a pensare. È andato, racconta, a intervistare una donna vissuta 121 anni, per capire come ha fatto. Buona cucina, bicicletta, giardinaggio, e soprattutto evitare l’introspezione, sono i consigli che ne ha tratto (la 193esima scimmia infatti ha una pericolosa tendenza a riflettere). Tuttavia, qualcosa dice all’etologo che lui, a 121 anni, bicicletta o no, non arriverà. E l’idea lo disturba. «Noi uomini – scrisse da giovane – siamo gli unici a renderci conto che moriremo. Tale consapevolezza è uno sfortunato effetto collaterale del linguaggio» (con una malcelata nostalgia per i beati tempi dei grugniti). Comunque sia, Desmond Morris a 80 anni pensa alla morte con un’intensità sconosciuta fra gli altri primati. E dice che, in realtà, «la morte di inevitabile non ha nulla»: se trovassimo il modo di bloccare il meccanismo genetico dell’invecchiamento, potremmo vivere per sempre. Che mondo sarebbe?
Semplice, «saremmo obbligati a rilasciare dei permessi per procreare, permettendo nuove nascite solo dopo che si è verificato un incidente fatale». Morris non dice che una simile possibilità sia prossima, ma che «potrebbe» accadere. Che ciò che oggi è fantascienza fra qualche decennio potrebbe essere vero. Di certo, aggiunge malinconico, «ciò non avverrà nel corso della mia esistenza». Ma il professore non smette per questo di sognare. Se solo, immagina, il suo cervello potesse essere inserito nel cranio di un giovane morto per trauma cranico, ma sotto ogni altro aspetto sano, potrebbe ricominciare daccapo... Più che un sogno, un incubo.
Un giovane sano, che gentilmente muoia.
Un vecchio lì pronto con le dita adunche a ereditarne il corpo, avido di «ricominciare». Come quell’altra storia di un mondo a numero chiuso, dove entra un bambino solo quando un ultracentenario di malavoglia esce di scena. Che sogni tristi ha lo scopritore della 193esima scimmia, e che orizzonti disperati. Un mese fa un uomo che ha l’età di Morris, Benedetto XVI, ha detto che se la nostra vita biologica non finisse avremmo un mondo che non lascia spazio al rinnovarsi della vita. «Vita in abbondanza – ha detto – non è, come alcuni pensano, consumare tutto. In questo caso vivremmo per le cose morte».
Da scienziato, Desmond Morris potrebbe chiedersi che cos’è questa domanda di vivere per sempre, che lo divora. Una pretesa che nell’ansia di una eternità 'qui', in questa carne, si fa grifagna e feroce. Ma che, nella domanda di non finire nel nulla, ci è stampata addosso come un’impronta originaria. Potrebbe finalmente chiedersi, il famoso etologo giunto alla vecchiaia, in che cosa la 193esima scimmia è differente.
Popolo della libertà - Quoziente familiare e aiuto alle gestanti in difficoltà
Avvenire, 11 aprile 2008
Sui valori fondamentali, sull’idea di famiglia e di società, appaiono evidenti i rimandi del programma del PdL alla visione tradizionale cristiana.
Il testo, peraltro molto sintetico, usa una terminologia esplicita e diretta, che non lascia spazi ad ambiguità né margini a fraintendimenti.
Tra le 'sette missioni per il futuro dell’Italia' – titolo generale del programma –, la seconda, denominata 'Sostenere la famiglia, dare ai giovani un futuro' parte con la netta affermazione che «la famiglia è al centro del nostro programma; per noi la famiglia è la comunità naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna ». A tale enunciazione fa seguito l’indicazione di una serie di misure con le quali ci si prefigge, nell’arco della legislatura, di dare sostanza all’impegno. Tra di esse la «graduale e progressiva introduzione del 'quoziente familiare' che tiene conto della composizione del nucleo familiare»; un «'piano casa' per costruire alloggi per i giovani e per le famiglie »; la «reintroduzione del 'bonus bebè' per sostenere la natalità ». Vi è poi l’enunciazione dell’impegno a sostenere le «famiglie per una effettiva libertà di scelta educativa tra scuola pubblica e scuola privata». Il programma del PdL dichiara anche la volontà di stabilizzare il 'cinque per mille', applicandolo «a favore di volontariato, non-profit, terzo settore». In relazione al fondamentale ruolo sociale as- sunto da quest’ultimo, si propone la «riforma del libro primo del Codice Civile» (dal titolo: 'Delle persone e della famiglia', Ndr). Sempre nel capitolo dedicato alla famiglia si affronta anche il tema dell’aborto, in relazione al quale si sancisce l’impegno al «rilancio del ruolo di prevenzione e di assistenza dei consultori pubblici e privati e, d’intesa con le Regioni, individuazione delle risorse finanziarie necessarie a garantire credibili alternative all’aborto per la gestante in difficoltà ». Subito dopo si dichiara l’«esclusione di ogni tipo di leggi che permettano o comunque favoriscano pratiche mediche assimilabili all’eutanasia».
Tra gli obiettivi del terzo capitolo, 'Più sicurezza, più giustizia', si dichiara di voler procedere all’'istituzione del Tribunale della famiglia, per garantire i diritti fondamentali dei componenti del nucleo familiare'.
In materia di Sanità – affrontata nel capitolo 4, 'Servizi ai cittadini' – si afferma l’intenzione di realizzare la «riforma della Legge 180 del 1978 (meglio nota come Legge Basaglia, Ndr) in particolare per ciò che concerne il trattamento sanitario obbligatorio dei minorati psichici»: non vengono peraltro fornite indicazioni sulla direzione e sugli obiettivi di tale riforma. Subito dopo si sottolinea la volontà di attuare la «legge contro le droghe e potenziamento dei presidi pubblici e privati di prevenzione e di recupero delle tossicodipendenze».
Cattolici in lista tra priorità e voglia di dialogo
Cresce il consenso su equità fiscale e bioetica ma l’istruzione continua ancora a dividere
Avvenire, 11 aprile 2008
DI PAOLO VIANA
C he fatica essere cattolici in politica, tra liste sempre più strette, programmi sempre più simili e poteri forti sempre più insofferenti. Fino a strumentalizzare, attraverso i media, i cavalli di battaglia dei cristiani, come segnala Alfredo Mantovano. «La difesa della vita o il matrimonio tra uomo e donna - dice il candidato del PdL in Puglia, ex Alleanza Cattolica e sottosegretario con Berlusconi non sono temi confessionali e la loro confessionalizzazione, sovente, è un modo per esorcizzarne la trattazione ». Sospira l’Udc Luisa Santolini: «Al convegno di Palermo, più di dieci anni fa, Rusconi e Cacciari ci avevano spiegato che se i cattolici vogliono fare politica devono lasciare da parte Dio e oggi il Pd impone alla mia amica Binetti la legge della maggioranza sui temi etici». Mal di pancia da bipartitismo. Tra i candidati cattolici la voglia di trasversalismo cresce: Mantovano parla di collaborazione sui temi etici con Udc e Ferrara, mentre il centrista Luca Volonté ricorda che «l’intergruppo Persona e Bene comune, tanto utile nel dibattito sulla legge 40 e sui Dico, non è mai stato chiuso», ma Luigi Bobba, ex presidente Acli, capolista Pd in Piemonte 2, prevede una «legislatura costituente anche sui temi etici» e invita a «non partire sulla difensiva ».
Liste strette (per alcuni).
La Santolini, ex presidente del Forum delle Famiglie, è stata ricandidata alla Camera, mentre la «sua amica » Binetti, già presidente di Scienza & Vita, dovrà lasciare palazzo Madama per Montecitorio: sui Dico è diventata la spina nel fianco della sinistra e il Pd non vuole problemi in caso di testa a testa. Lei, dal collegio di Lombardia 2, promette: «Posso discutere fino all’ultimo ma di fronte a questioni etiche sceglierò secondo coscienza: è la tradizione del cattolicesimo politico ed è una garanzia per il Paese». Non ha di questi problemi Raffaello Vignali, candidato dal PdL alla Camera nello stesso collegio: «Siamo in tanti in lista. Ci sono Renato (Fari- na), Roberto (Formigoni), Maurizio (Lupi), Laura (Bianconi)» e via elencando la nutrita pattuglia dei cattolici che corrono con Berlusconi, cui si è unito, proveniente dall’Udc, il gruppo dei popolari liberali di Carlo Giovanardi. Non è solo questione di seggiole: per l’ex presidente della Compagnia delle Opere, la carta dei valori del PdL e diversi punti del programma, come l’adozione del quoziente familiare, il sostegno economico alle famiglie per la libertà di scelta della scuola e la stabilizzazione del 5 per mille portano la firma dei cattolici. Arriccia il naso il senatore Luca Marconi, ricandidato dall’Udc. Secondo l’ex direttore generale di Rinnovamento nello Spirito, «non è chiaro cosa voglia fare il PdL sulla vita e sui Dico». Scuote la testa anche Savino Pezzotta. Già segretario Cisl e portavoce del Family Day, il capolista Udc alla Camera in Lombardia 2 pensa che «il problema è come fare agire la specificità dei cattolici in partiti fusionisti e la presenza di un soggetto che fa esplicito riferimento alle radici cristiane è un servizio al Paese». Ribatte Giorgio Gibertini, dal Movimento per la Vita a capolista di 'Aborto? No grazie' nel Lazio 2: «Siamo gli unici a impegnarci su un progetto chiaro e ad aver candidato dei cattolici nei primi posti delle liste, quelli eleggibili».
Una famiglia per tutti.
A sfogliare i programmi si coglie che l’anima, dal centro alla destra, passando per gli antiabortisti, è familista. Il PdL fa del quoziente familiare un punto qualificante del proprio programma. Vignali ricorda che «in Lombardia, Veneto e Sicilia, come pure dal precedente governo Berlusconi, si è fatto più per la famiglia di quanto abbia promesso il governo Prodi. Inoltre, in Lombardia, nel quoziente familiare è conteggiato anche il concepito non nato». La petizione del Forum delle Famiglie per un fisco più equo è già diventata un punto di riferimento. «La presenteremo alla prima conferenza dei capigruppo» annuncia Luca Volonté, area cielle, candidato in Lombardia 2. Per Emanuela Baio, area focolarina, candidata al Senato dal Pd in Lombardia, «l’attenzione alle famiglie, però, è monca senza una politica del lavoro e della casa».
La trincea dell’aborto.
Se si escludono le peripezie dialettiche del Pd, altro punto fermo è il no all’aborto. «Difesa della vita sin dai suoi inizi» e «promozione della dignità della persona» non mancano mai nei comizi di Mantovano. «Faremo muro contro aborto e eugenetica - afferma - e sui temi etici ci ritroveremo con l’Udc e con Ferrara, con cui abbiamo avviato una riflessione sui principi della tradizione italiana e dell’identità culturale dell’Occidente. Certi valori non sono monopolio di nessuno». Ribatte la lista Ferrara: «Sembrano tutti d’accordo con noi - dice Eraldo Ciangherotti, presidente del centro di aiuto alla vita di Imperia e capolista in Liguria - sulla necessità di applicare correttamente la legge 194, dare sostegno concreto alla maternità e aiutare il volontariato, ma sono perplessi sul fatto che ci presentiamo alle elezioni. Siamo scomodi ». L’Udc, però, rilancia: «Solo noi vogliamo riformare veramente i consultori, sottrarli al ministero della Salute per darli al Welfare» dice la Santolini, che rivendica al proprio partito il coraggio di aver messo in agenda anche una possibile revisione della 194. Controreplica di Ciangherotti: «Conosciamo la materia e i nostri sono programmi realistici, l’Udc rilancia sulla 194, ma non ha il coraggio di prendere posizione contro la pillola abortiva».
Divisi in classe
Sui banchi di scuola, PdL e Udc sono per la parità, Vignali rammenta che «dove governa la CdL il buono scuola è stato introdotto, salvo venire poi abolito dal centrosinistra» e Volontè medita di «riproporre il buono scuola e inserire nelle riforme istituzionali il principio della sussidiarietà fiscale, per superare talune obiezioni sulla liberà di scelta educativa». Per il Pd, invece, l’emergenza resta il servizio pubblico: secondo Giovanni Bachelet, ex Agesci, candidato alla Camera in Lazio 1, «c’è una continuità di pensiero dall’Ulivo al Pd che porta a investire in un sistema pubblico integrato in cui trovino posto le scuole statali e quelle private, ma nel quale l’impegno prioritario resta quello di offrire una scuola pubblica all’altezza delle sfide ». Deideologizza la Baio: «La parità è opera del primo governo Prodi, ora la priorità è puntare sulla formazione degli insegnanti».
Identitari o trasversali?
Se ci sarà un dialogo dipenderà anche da questioni di metodo. È d’accordo Alessandra Borghese, capolista dell’Udc al Senato nel Lazio: «So di essere conosciuta come una donna che ha ritrovato la fede, ma non mi sono candidata per portare la mia fede in Parlamento. La mia concezione della politica è quella di Paolo VI: la più alta forma di carità ». Gianna Galzignato, ex Azione Cattolica e segretario dell’Udc trevigiana, è candidata alla Camera in Veneto 2. «Anche quando difendiamo valori non negoziabili - dice - dobbiamo agire laicamente, la nostra proposta deve avere valore per tutti. Quindi dobbiamo motivare razionalmente ogni scelta». È la scommessa di 'Aborto? No, grazie': «Siamo lo 'scandalo' della politica perché proponiamo le scelte forti dell’antropologia cristiana attraverso un dialogo su basi esclusivamente razionali tra laici e cattolici, secondo l’insegnamento di papa Benedetto XVI» conferma Agnese Pellegrini, ex Azione Cattolica, capolista di Ferrara in Abruzzo e Molise. Esiste anche una via della ragione che parte da sinistra, sottolinea la Binetti, perché «la presenza dei cattolici è strutturale all’esistenza stessa del Pd», tuttavia «quando discuteremo di vita e famiglia bisognerà puntare alla massima trasversalità». Pezzotta puntualizza: «Cercheremo il confronto, non la mediazione estrema». E Vignali mette i paletti: «Sui temi non negoziabili non si può non procedere insieme, così come non si fanno le riforme istituzionali a colpi di maggioranza. Se però i cattolici nel Pd non condivideranno il quoziente familiare, esso diventerà legge comunque».
Stop alle terapie per i bimbi disabili. «Budget sforato»
Giuseppe ha undici anni, è autistico, e dal 28 febbraio scorso, giorno dell’ultima seduta di logopedia che l’Ausl 5 di Messina gli ha concesso, soffre di crisi ossessivo compulsive durante il giorno e nel cuore della notte. Papà Silvio (i nomi sono di fantasia per tutelare la privacy), che per aiutarlo ha fatto sempre di tutto – perfino imparare l’inglese e arrivare negli Stati Uniti per seguire un convegno sulla malattia di cui soffre Giuseppe –, si dichiara «deluso e amareggiato di essere cittadino italiano».
Dal momento in cui il Centro di riabilitazione ha interrotto il trattamento al figlio, senza ragioni mediche né preavviso, ma solo con la motivazione di «esubero rispetto al modulo in convenzione» con la Ausl 5 – cioè è stato superato il tetto massimo di trattamenti quotidiani rimborsati –, non ha perso tempo e ha denunciato l’interruzione di continuità terapica, che in Italia è un reato, alla Procura della Repubblica di Messina.
«Sono ricorso alla giustizia e ho denunciato il fatto anche alla stampa locale – continua –. Non mi aspettavo che ciò risolvesse il problema ma almeno che le autorità competenti si sentissero in dovere di darmi una risposta.
E invece non mi hanno dato neppure quella. Silenzio assoluto».
Silvio però non si dà pace e continua a chiedersi e a chiedere come sia possibile che lo Stato abbandoni genitori che altro non chiedono se non gli strumenti essenziali per accudire i loro figli. «So bene che Giuseppe non potrà guarire dalla sua malattia – dice –. Ma so altrettanto bene che seguendo le terapie giuste può raggiungere quel grado di autonomia elementare per se stesso che darebbe più serenità anche per il futuro a chi lo accudisce. Tutto quello che in questi undici anni di sacrifici abbiamo fatto, invece, con questa interruzione della terapia siamo destinati a perderlo». Giuseppe è un bambino con gravi disturbi di relazione. «La lista di attesa per usufruire di nuovo della terapia è lunga due mesi, un tempo devastante per la sua situazione, come anche l’ipotesi di un trasferimento in un’altra struttura – spiega Concettina Versace, neuropsichiatra infantile del Centro Risorse per le disabilità (Crd) di Messina, che da anni segue Giuseppe e che si ritiene lei stessa vittima della situazione –. Basti pensare che quando durante il trattamento per un motivo qualsiasi Giuseppe doveva cambiare la terapista, la sostituzione della persona portava scompensi così grossi che si preferiva rimandare la terapia per evitargli lo choc.
Adesso Giuseppe è fermo dal 28 febbraio. Si dovrà ricominciare in modo lento e recuperare innanzitutto quello che è andato perduto. Sarà dura».
Ma il caso non è isolato. In questo momento, solo al Crd di Messina ci sono altre circa 35 famiglie nelle stesse condizioni di papà Silvio e di Giuseppe e anche negli altri quattro centri messinesi convenzionati con l’Ausl l’utenza supera notevolmente la copertura economica consentita.
«La lista di attesa c’è sempre stata – aggiunge la neuropsichiatra – ma con le nuove disposizioni del 2008, che abbassano ulteriormente il numero quotidiano di trattamenti convenzionati, è diventata troppo lunga per le urgenze cliniche dei pazienti».
Situazioni simili si verificano anche nel centro Italia, ad esempio in provincia di Teramo, dove a fronte di un aumento degli stanziamenti per il settore sanitario a livello regionale, solo a Giulianova ci sono circa dieci famiglie con bambini e ragazzi disabili a cui entro la fine di questo mese scadrà il diritto alla terapia domiciliare.
Come spiega Maria Vitale, del sindacato Sfida (Sindacato italiano famiglie diversamente abili) «uno dei problemi che stanno alla base di queste situazioni è la mancanza di attenzione da parte della politica e della società nei confronti dei disabili e delle loro famiglie, oltre a una disomogeneità nella distribuzione delle risorse economiche alle province da parte delle Regioni e uno scollegamento tra chi elargisce e la realtà, sia dove gli stanziamenti quest’anno sono oggettivamente calati, come in Sicilia, sia dove la Regione ha aumentato il budget complessivo, dimenticandosi però dei più deboli, come nel caso dell’Abruzzo».
«Mia figlia ha cinque anni e a causa di una malattia metabolica ha subito danni neurologici per cui non cammina, non parla, non vede, ha un ritardo mentale importante e soffre di crisi epilettiche. Prima di Pasqua il centro che le garantiva la terapia domiciliare ci ha comunicato che entro il mese di aprile il servizio sarebbe stato interrotto definitivamente – racconta mamma Isabella –. Come conseguenza dei tagli alla voce riabilitazione previsti dal Piano regionale per la provincia di Teramo, in tutti i centri sono state ridotte le ore di terapia consentite a domicilio. Il centro presso cui mia figlia è in cura, invece, ha tagliato completamente il servizio e in modo definitivo». Intanto, come conseguenza di queste decurtazioni nel bilancio, dalle scorse settimane l’amministrazione del centro di riabilitazione abruzzese sta interrompendo anche rapporti di lavoro con i terapisti a cui ha cominciato a non rinnovare il contratto. «Se anche si dovesse risolvere il problema economico, quindi, i nostri bambini – aggiunge Isabella – non troveranno più gli stessi terapisti. Un fatto non marginale, dato che l’empatia che tipologie di pazienti come mia figlia instaurano con il proprio terapista è un elemento che fa la differenza nella riuscita del trattamento terapico».
Laura Malandrino
Il grido Silenzioso – filmato sul dramma dell’aborto – la visione è molto dura – non è per tutti: mostra l’omicidio di un essere umano innocente ed indifeso, che vanamente e disperatamente si autodifende nel grembo materno prima di essere fatto a pezzi.