mercoledì 16 febbraio 2011

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    Riflessioni su "Ubicumque et semper" - Di fronte a un nuovo paganesimo di CLÁUDIO HUMMES - Cardinale prefetto emeritodella Congregazione per il Clero (©L'Osservatore Romano - 16 febbraio 2011)
2)    Frottole "spaziali"? di Lorenzo Albacete, mercoledì 16 febbraio 2011, il sussidiario.net
3)    Così Sturzo bacchettava i politici bugiardi di Luigi Sturzo, 16-02-2011, da http://www.labussolaquotidiana.it
4)    IL PUNGOLO NEL «CATECHISMO DEI GIOVANI» - Conoscere Dio una questione seria - Occorre sapere ciò in cui si crede come il musicista padroneggia il pezzo che deve suonare di Giacomo Samek Lodovici, Avvenire, 16 febbraio 2011

Riflessioni su "Ubicumque et semper" - Di fronte a un nuovo paganesimo di CLÁUDIO HUMMES - Cardinale prefetto emerito della Congregazione per il Clero (©L'Osservatore Romano - 16 febbraio 2011)

Con il motu proprio Ubicumque et semper Benedetto XVI ha istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, motivato dalla incontestabile e complessa urgenza missionaria in cui oggi si trova la Chiesa e dalle particolari circostanze attuali da affrontare. Così, ancora una volta, il nostro amato Papa ci invia, nel vigore dello Spirito Santo, per compiere gioiosamente il mandato del Signore Risorto: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli" (Matteo, 28, 19).
Fin dall'inizio del pontificato, Benedetto XVI parla dell'urgenza missionaria.
Ai vescovi tedeschi, già nel 2005, disse: "Voi stessi, cari Confratelli, avete affermato (...) "Noi siamo diventati terra di missione". Ciò vale per grandi parti della Germania. Per questo ritengo che in tutta l'Europa, (...) dovremmo riflettere seriamente sul modo in cui oggi possiamo realizzare una vera evangelizzazione, non solo una nuova evangelizzazione, ma spesso una vera e propria prima evangelizzazione. Le persone non conoscono Dio, non conoscono Cristo. Esiste un nuovo paganesimo e non è sufficiente che noi cerchiamo di conservare il gregge esistente, anche se questo è molto importante". In molte altre occasioni Benedetto XVI è tornato sul tema dell'urgenza missionaria.
In Brasile, inaugurando la quinta Conferenza generale dell'episcopato dell'America Latina e dei Caraibi, nel 2007, il Papa affermò: "La fede in Dio ha animato la vita e la cultura di questi Paesi durante più di cinque secoli. (...) Attualmente, quella stessa fede deve affrontare serie sfide, perché stanno in gioco lo sviluppo armonico della società e l'identità cattolica dei suoi popoli". La Conferenza, alla fine, decise di iniziare una missione continentale permanente.
Infatti, in America Latina, e in particolare nel Brasile, la crescita travolgente delle sette pentecostali e la scristianizzazione, conseguenza dell'avvento della cultura post-moderna secolarizzata, relativistica e laicistica, causano un enorme calo nel numero delle persone che si dichiarano cattoliche. Oggi, nel continente latinoamericano, i cattolici corrono il reale rischio di essere ridotti a meno della metà della popolazione.
Nel suo motu proprio, Benedetto XVI indica dove la nuova evangelizzazione è più urgente, cioè "in particolare nelle regioni di antica cristianizzazione", come l'Europa, e in altre dove "si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di religiosità cristiana, ma questo patrimonio morale e spirituale rischia oggi d'essere disperso sotto l'impatto di molteplici processi, tra i quali emergono la secolarizzazione e la diffusione delle sette".
"Solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda", afferma il Papa. Anzitutto, si tratta di alzarci e andare incontro ai cattolici che si sono allontanati: quelli che noi, cioè la Chiesa, abbiamo battezzati e ai quali avevamo promesso allora di evangelizzare, ma la cui evangelizzazione, per tante circostanze avverse o per omissione, purtroppo non siamo riusciti a compiere o a rinnovare continuamente.
La sfida è di portare o riportare a loro il primo annunzio del Signore Risorto e del suo Regno, per condurli a un incontro forte, personale e comunitario con Gesù Cristo vivo e così offrire l'opportunità di aderire profondamente e personalmente al Signore. Anche l'uomo e la donna della post-modernità possono essere di nuovo toccati da un incontro personale con Cristo, morto e risorto. I primi destinatari della nuova evangelizzazione, però, sono tutti i poveri delle città e della campagna.


Frottole "spaziali"? di Lorenzo Albacete, mercoledì 16 febbraio 2011, il sussidiario.net

Ogni giorno, e più volte al giorno, mi diverto ad andare a vedere la lista delle storie “più di moda” sul sito del Time Magazine, lista che viene aggiornata a mano a mano che la popolarità delle storie cambia. CNN riporta una graduatoria simile, e guardo anche quella. Le informazioni che si possono trarre da questi elenchi sono probabilmente del tutto inutili per capire gli stati d’animo degli americani, ma danno quantomeno un’idea di cosa chi produce commercialmente le notizie media sceglie di comunicare e di enfatizzare.

Qui di seguito la lista riportata dal Time nel momento in cui scrivo.

1. “Intanto che gli uomini si ribellano, i gatti del Cairo vengono dimenticati”.

2. “2045: L’anno in cui l'uomo diventa immortale”. Si tratta dell’articolo di copertina di Time di questa settimana su Raymond Kurzweil, un programmatore di computer da quando 47 anni fa, diciassettenne, frequentava la scuola superiore. La sua tesi è che, poiché i computer diventano sempre più veloci, verrà un giorno in cui la loro velocità supererà quella del cervello umano,  dando così inizio al dominio dell’intelligenza artificiale su quella dell’uomo. Essendo diventati i computer più creativi degli umani in tutti i campi, finiranno per essere loro stessi a creare computer super intelligenti.
Tutto questo dovrebbe accadere tra circa 30 anni: la trasformazione della nostra specie in qualcosa di irriconoscibile oggi, in un qualcosa potenzialmente immortale. Il nome di questa trasformazione è “Singolarità”. Questo articolo ha guidato per giorni la classifica e solo oggi è  passato al secondo posto.

3. “L’esercito egiziano sarà capace di realizzare la democrazia?”

4. “Cosa pensava Mubarak: nella mente di un dittatore”.

5.  “I musulmani francesi sono confusi dalle restrizioni halal” (Tutto ciò che è permesso secondo l’islam, ndr).
6. “‘Sex Kittens’. Addio a tre icone del moderno eroticismo” (Il riferimento è alla morte delle attrici Maria Schneider, Lena Nyman, Tura Satana, ndr).

7. “La politica della “grande divisione” in Arizona

8. “Mamme tigri: I genitori “duri” sono veramente la risposta?

9.  “Perché il bicchiere globale è mezzo pieno” (Il riferimento è al progressivo aumento del numero delle democrazie, ndr)

10. “Perché i biocombustibili aiutano l’incremento dei prezzi dei prodotti  alimentari nel mondo”.

Cosa è possibile, se è possibile, concludere sulla base di questo elenco?
La mia prima reazione è stata di divertimento. Ho provato a combinare tutti gli argomenti in un’unica storia. Eccola. Nel 2045, il mondo è governato da computer superintelligenti che, per evitarne le rivolte, distraggono gli umani con film erotici del 2011. Quando le “gattine del sesso”, cioè le icone erotiche, spariscono da questi film, gli umani si ribellano e i supercomputer ordinano per errore lo sterminio di tutti i gatti.
I supercomputer dell’Arizona proibiscono l’entrata degli umani nel loro stato, per evitare rivolte, sostenendo che ciò è necessario per proteggere la loro democrazia. I musulmani francesi che vivono nello stato sono confusi. Hackers ribelli cercano di penetrare nel cervello dei supercomputer. Madri tigre (tigri, cioè supergatti!) insegnano  ai loro figli a sopravvivere in un ambiente di biocombustibili. Come risultato di questo disordine globale, il Bicchiere Globale è mezzo pieno.
Sinceramente, l’argomento per me più interessante è quello relativo alla “singolarità”, che potrebbe essere materia per un grande film di fantascienza. Il punto è che questo tema è già stato trattato nel film di Kubrick “AI” (Artificial Intelligence), diretto da Steven Spielberg nel 2001, dopo la morte di Kubrick.

Tuttavia, questa storia circa l’immortalità mi ha posto questa domanda: tra cinquemila anni,  esseri intelligenti avranno trovato il significato della vita e dell’amore in base alla velocità con cui faranno i loro calcoli? Se sarà così, che motivazioni troveranno  ai loro sforzi per progettare i loro successori? Può darsi che i gatti scopriranno il significato delle loro vite e perderanno ogni interesse, finendo per estinguersi. Ma non gli esseri umani. Il Mistero permarrà sempre al di là della capacità della intelligenza umana e la ragione umana continuerà a cercarlo, senza mai rinunciarvi.
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Così Sturzo bacchettava i politici bugiardi di Luigi Sturzo, 16-02-2011, da http://www.labussolaquotidiana.it

La rivista di attualità e cultura "Studi Cattolici" taglia questo mese il traguardo dei 600 numeri. Per l'occasione pubblicamo qui sotto un articolo di don Luigi Sturzo apparso nel primo numero del mensile nel giugno del 1957.

Per fissare il tema in esame, occorre escludere la menzogna usata da uomini politici a vantaggio proprio, ricadendo questa nella classifica delle menzogne usuali e comuni. Intendiamo per menzogna politica quella di persona investita di autorità civile, - sia capo di stato o prefetto o sindaco, - usata a scopo di bene, per un vantaggio, vero o creduto tale, della nazione, della pubblica amministrazione o di determinate categorie sociali.

Tale menzogna, quale mezzo illecito per un fine buono, cadrebbe nella condanna della tesi che «il fine giustifica i mezzi». Purtroppo, se in teoria tale tesi è condannata dalla morale, nella pratica la menzogna, come mezzo per un fine creduto buono a carattere politico o a questo assimilabile, mi sembra che sia usata senza remore di coscienza. Il fatto rientra nel quadro della diffusione dell'uso quotidiano della menzogna, perfino nella famiglia e nella scuola, quasi a difendere la propria individualità da ingerenze indiscrete, a velare la propria condotta anche a coloro che potrebbero avere giusto motivo di conoscerla. Così si diffonde il senso di diffidenza reciproca, di insofferenza - della verità, quasi un morboso bisogno di mostrare sentimenti diversi da quelli che si provano.

Per gli adulti il fenomeno può essere collegato alla lunga soggezione in un regime di sospetto e di compressione, durante il quale la libera comunicazione reciproca veniva attenuata e perfino paralizzata dal timore di trovarsi di fronte a persona che avrebbe potuto abusare delle confidenze, o imprudentemente sottolineare atteggiamenti poco conformi alla politica di allora. Questo rilievo del passato italiano può valere con molta maggiore intensità per i paesi sotto la dittatura comunista.

Mentre la menzogna difensiva si sviluppa in regimi assolutisti e dittatoriali, la menzogna demagogica si sviluppa in regimi liberi e popolareschi. Nell'uno e nell'altro ambiente, può dirsi essere la menzogna scontata a priori. Il fatto è tanto più grave, in quanto ogni resistenza alla menzogna viene attenuata dalla stessa educazione familiare e civile; la rivendicazione della verità riesce difficile, anche perchè non si trovano persone disposte a superare il conformismo nel primo caso, e ad affrontare la impopolarità nel secondo caso. Di conseguenza, la menzogna politica si sviluppa sempre più largamente.      

Non vi può essere convivenza umana senza la verità nella sua triplice accezione di realtà (principio o fatto), convinzione (comune o individuale), comunicazione (privata o pubblica). Con più efficacia nel caso di persona investita di autorità, la menzogna falsa la realtà, tradisce la convinzione propria e rompe la comunicazione col complesso sociale al quale la persona stessa presiede o del quale è rappresentante o esponente, e, o in singolo o con altri insieme, ne ha la responsabilità. L'alterazione o la negazione della verità fatta per mezzo della menzogna, ferisce la società nella sua essenza, sia nei rapporti individuali che in quelli organizzativi, quali ne siano le finalità particolari. Si suole prendere come scusa il fatto che anche la verità può produrre una frattura sociale, secondo l'antico proverbio: veritas odium parit.

Distinguiamo fra la verità fattuale e quella dei principi. Questi sono sempre da affermarsi e da difendersi, mentre non sempre né a tutti, né con modi indebiti è da comunicarsi la verità di un fatto che meriti riserbo; vi sono casi nei quali sarà meglio che un fatto non sia divulgato, specie se può destare delle reazioni dannose sia pure ingiustificate. Nè a fare ciò è necessario ricorrere a certe restrizioni mentali che differiscono ben poco dalla menzogna. C'è modo a guardarsi dai molesti, a rispondere ai giornalisti con la frase inglese: no comment, per indicare la inopportunità della domanda e il senso di responsabilità che ha l'autorità nel non palesare quel che non è necessario, nè rispondere falsando la verità.

La menzogna è sempre intenzionale; quella politica ha quasi sempre lo scopo di far deviare indagini, di trarre in diversa via, di combattere avversari, di prevenire offensive, di mettere le premesse per un'azione che si creda utile e così di seguito; è insomma un'arma politica. La finalità buona non giustifica la menzogna; la finalità cattiva o connessa ad altri mezzi cattivi, rende ancora più grave l'uso della menzogna.

Abbiamo detto che la menzogna di sua natura, al di fuori di qualsiasi intenzionalità di chi la proferisce, altera e rompe i vincoli della convivenza; pertanto è intrinsecamente un male. La prova controluce è data dal fatto che in una qualsiasi forma di guerra, quando la rottura fra le parti è avvenuta, la menzogna risulta un'arma di guerra, come le antiche alabarde, gli schioppi di un tempo, i carri armati le bombe atomiche di oggi. Perciò, allo stesso modo che sarebbe da fedifrago durante gli armistizi riprendere le armi senza una dichiarazione interruttiva, così nello stesso caso sarebbe da fedifrago l'uso della menzogna intenzionale.

Al contrario, nelle vertenze politiche e civili dei regimi nei quali la convivenza è mantenuta in forma organica, sia che si tratti di vertenze avanti la magistratura, sia che si tratti di lotte elettorali o dibattiti parlamentari, non è moralmente consentita la menzogna come mezzo di difesa e di offesa, trattandosi dell'esercizio di diritti e dell'adempimento di doveri, per i quali la regola etica è sovrana e da osservarsi dalle parti. Come sarebbe possibile volere allo stesso tempo la convivenza in società sotto tutti i suoi vari aspetti e ammettere come legittimo o anche tollerabile il mezzo che da sè opera la rottura dei rapporti, perchè viola la verità oggettiva, fa venir meno la fiducia reciproca e induce nel sospetto di peggiori fatti, quali la mistificazione, il raggiro, l'inganno, la frode che hanno a base la menzogna?

Si dice da alcuni che con gli uomini politici si deve applicare l'apprezzamento in uso con i mercanti e i rivenditori, i quali inducono a comprare vantando la qualità della loro merce. Poichè è notorio che gli aggettivi usati nella mercatura sono delle amplificazioni, anche se toccano la menzogna non sono creduti senza la verifica della merce; penserà il compratore ad essere diffidente. Sotto tale aspetto, il venditore non rompe i rapporti sociali, poichè rompendoli farebbe il suo danno. E' opinione diffusa non reputarsi menzogna quando l'interlocutore sa bene di che si tratta. Ciò varrebbe tanto per le vanterie del rivenditore, che per quelle di qualsiasi oratore che esagera, amplifica, esalta fuori misura ovvero tende a minimizzare e svalutare secondo i fini del discorso.

Considerazioni analoghe valgono più o meno per la menzogna giocosa o quella che come conclusione postula l'affermazione della. verità. Che quanto sopra possa applicarsi all'attività politica è da escludere del tutto; non si tratta nè di scherzo a buon fine, nè di vanteria di merce, nè di oratoria amplificatrice. Si tratta di cose serie, di interesse pubblico, di rapporti fra autorità e cittadini o delle autorità fra di loro; non può mai essere lecita la menzogna che disvia, ottenebra, svaluta la verità e' che infine trae in inganno.

Si suole essere un po' larghi con coloro i quali, sia nelle polemiche extraparlamentari sia in assemblee pubbliche e in riunioni riservate, cercano di indurre gli altri alle proprie opinioni, prospettando i problemi in modo incompleto, ovvero sotto aspetti marginali, sottotacendo elementi e documenti la cui conoscenza potrebbe far cambiare opinione. Anche se formalmente non si presenta il caso di menzogna, la tendenziosità della esposizione e la inesattezza della luce datavi possono costituire travisamenti della verità tali da renderla irriconoscibile. Se tutto ciò è fatto per abito mentale, per incapacità di sintesi, per errata valutazione dei fattori, senza la intenzione di alterare la verità, può trovare subiettivamente delle attenuanti. In via normale non può essere moralmente scusato chi espone incompleta o travisata la realtà di un fatto o il contenuto di un documento, basando la sua tesi su elementi scelti ad hoc o non esattamente interpretati. Il caso, per essere caratterizzato, dovrà riguardare un relatore o chi abbia la responsabilità degli elementi in discussione o si trovi in condizione di conoscere la materia in modo da doverla presentare agli altri senza sorprenderne la buona fede.

Si noti che quasi sempre, in sede politica e amministrativa, sono i pochi ad avere la padronanza dei dati, mentre i molti mancano normalmente di sufficiente preparazione, spesso non sono in grado di rilevare la tendenziosità dei relatori o dei disserenti i quali, essendo ben preparati, tendono a raggiungere fini anche buoni, ma non conformi agli elementi in esame. Se poi dalla discussione fra i componenti di un corpo selezionato, si passa alla esposizione oratoria avanti un assemblamento non caratterizzato, la facilità di far deviare l'opinione pubblica, dando risalto a certi lati e altri mettendo fuori luce, non può dubitarsi che in tali casi si tratti di alterazione della verità. La comunicazione della verità incompleta, unilaterale, equivoca porta alla falsità, per la via della menzogna sia pure diluita in un mare di parole. La menzogna non consiste solamente nel dire sì quando è no, e nel dire no quando è sì.

Tutta la propaganda demagogica è fatta di mezze verità che arrivano alla menzogna e di mezze menzogne che velano la verità. In tali casi la verità non è l'oggetto e il fine della comunicazione interindividuale; si tratta di fare del proselitismo ad ogni costo, di applicare la tendenziosità per fini politici da raggiungere, ovvero, nella migliore delle ipotesi, di un fine creduto buono per la comunità della quale si ha, da solo o con altri, responsabilità direttiva o governativa, un fine che si teme di non poter raggiungere con la chiara esposizione della verità.

Qui ritorna il punctum saliens, cioè l'uso della menzogna per raggiungere un fine utile per la comunità ovvero per evitare ad essa un danno temuto. Stando sulla linea della valutazione politica e prescindendo dall'imperativo etico, si domanda chi può esattamente prevedere che la menzogna possa come tale fare raggiungere il fine utile che si desidera? Ovvero, fare evitare un danno temuto? Anzitutto, è da escludere che perfino uno statista provetto possa, anche sul terreno politico, prevedere gli effetti reali della propria azione, la quale dipenderà più dalla verità realizzata, che dalla menzogna con la quale si vorrebbe nascondere. Nel secondo caso, basta un prudente riserbo ad evitare che si conosca quella verità che, in un dato momento, potrebbe determinare una reazione indebita e quindi costituire un pericolo per la comunità. Tali prospettive servono a togliere al problema il valore di un caso limite nel quale la persona responsabile possa sentirsi obbligata dagli avvenimenti a servirsi della menzogna.

A parte quel che prudenza e accortezza suggeriscono, bisogna notare che nella vita politica, il ricorso alla menzogna è sempre collegato con l'uso abituale della menzogna e, perfino, della mistificazione e della prepotenza. Il complesso negativo di una politica non basata sulla moralità porta all'uso dei mezzi immorali. Non si tratta di menzogna o menzognetta isolata, occasionale, per evitare noie e per ottenere dei vantaggi immediati; si tratta di complesso di modi illeciti e di attività non rispondenti ai fini del buongoverno e agli interessi del paese. Bisogna partire dalla convinzione che la menzogna non giova mai e danneggia sempre; a questa occorre aggiungere subito l'altra, che il fine non giustifica i mezzi; conchiudendo che la migliore politica è quella che non lede la moralità.

Dal punto di vista del moralista cattolico, mantenendo ferma la teoria, si potranno, nei casi concreti, trovare subiettivamente quelle attenuanti alla colpa della menzogna politica, come ad, ogni colpa commessa della quale si chiede perdono a Dio con la promessa di non ricadervi. Ma le attenuanti subiettive non toccano il fermo principio della illeiceità della menzogna, e con maggior ragione della menzogna politica.


IL PUNGOLO NEL «CATECHISMO DEI GIOVANI» - Conoscere Dio una questione seria - Occorre sapere ciò in cui si crede come il musicista padroneggia il pezzo che deve suonare di Giacomo Samek Lodovici, Avvenire, 16 febbraio 2011


N ella lettera di presentazione di «YouCat» ( Youth Cathechism),

la versione del catechismo per i giovani che verrà diffusa tra i partecipanti alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid l’estate prossima, il Papa scrive ai giovani che il catechismo «ci parla del nostro stesso destino».

Perciò, dice, «dovete conoscere quello che credete; dovete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista di informatica conosce il sistema operativo di un computer; dovete conoscerla come un musicista conosce il suo pezzo». È un pensiero semplice, decisivo e valido per qualsiasi uomo, che fa tornare in mente un celebre pensiero di Pascal: «Lo stato dopo la morte – scrisse il filosofo – è eterno, qualunque ne possa essere la natura». Pertanto le nostre azioni e i nostri pensieri devono regolarsi in modo completamente diverso in rapporto alla reale natura dell’eternità che ci aspetta, ed «è impossibile fare un passo con sensatezza e con discernimento senza regolarlo in vista di tale esito». In effetti, ognuno di noi cerca giustamente di formarsi una vasta e solida competenza e di approfondire continuamente le conoscenze della sua professione, o anche di altri campi dello scibile più o meno importanti; dall’altra parte, però, spesso ci accontentiamo di una conoscenza religiosa ferma – anzi, sbiadita nella memoria – al catechismo imparato alle elementari e adeguata a quella capacità di comprensione; oppure (nel caso degli indifferenti) tralasciamo del tutto di interessarci alla conoscenza più decisiva che esista, quella relativa al nostro destino eterno. Un altro grande filosofo come Kierkegaard scrive: se il cristianesimo ti è stato annunziato «tu devi farti un’opinione intorno a Cristo», intorno alla verità o alla falsità di questo annunzio, perché la verità o la falsità circa il Salvatore dell’uomo «è la decisione di tutta l’esistenza». Infatti, qualora fosse vero che esiste Dio e che egli sceglie di incarnarsi e di morire per ciascun uomo, ciò «non è per un capriccio ozioso», non è qualcosa che Dio ha fatto perché si stava annoiando e non aveva nulla da fare: «No, se Dio fa questo, la serietà dell’esistenza dipende da questo fatto», perciò «ognuno deve avere un’opinione in merito». In effetti, è opportuno fare chiarezza sul fine ultimo della ricerca della conoscenza: essa ci deve aiutare a compiere il bene, a conseguire la virtù, a ben vivere e a ben morire. Ciò vuol dire che dobbiamo cercare una giusta proporzione tra ciò che sappiamo per via della nostra professione, o per interesse, e ciò che è imprescindibile conoscere per comprendere il senso della vita: posso apprendere tutto sull’informatica, sull’economia, sul calcio, sulla musica..., ma quello che conta principalmente è tentare di rispondere alle grandi domande: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Esiste Dio? Qual è il senso della vita? Che cosa è bene e male? Così, non di rado, diciamo che la fede è un dono, e perciò chi non ce l’ha non può fare nulla. A ben vedere, tuttavia, se è vero che la fede è una virtù teologale infusa – cioè impressa da Dio nell’anima – nello stesso tempo possiamo predisporci a ricevere questo dono, come chi prepara un terreno affinché possa essere seminato. Ciò vuol dire che chi è incerto sull’esistenza di Dio e sull’esistenza del Dio di Gesù Cristo può comportarsi come chi cerca un tesoro – perché tale sarebbe Gesù Cristo qualora fosse reale anche per lui – senza esser certo che esista e nondimeno si mette a cercarlo.

Etsi daretur, vivere come se esistesse. Per esempio facendo letture adeguate, interpellando persone. E chiedendo al «Dio sconosciuto» di donargli la fede.