martedì 1 febbraio 2011

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    Le Beatitudini, ovvero lo sguardo che impara di Angelo Busetto, 01-02-2011, da http://www.labussolaquotidiana.it
2)    Avvenire, martedì 1 febbraio 2011 - Vergognoso! Libertà religiosa, Bruxelles non trova l'accordo
3)    BENEDETTO XVI E LA BATTAGLIA PER LA VERITÀ - Massimo Introvigne spiega il magistero del Papa di Antonio Gaspari
4)    SEGUIRE CRISTO IN CINA - Intervista al direttore di China Aid a sostegno dei cristiani - ROMA, lunedì, 31 gennaio 2011 (ZENIT.org)
5)    Conversazioni sul fine vita - Se un tabù diventa occasione di conoscenza di SILVIA GUIDI - (©L'Osservatore Romano - 31 gennaio 01 febbraio 2011)
6)    Radio Vaticana, notizia del 31/01/2011 - Il Papa invita i fedeli a testimoniare Cristo accanto ai sofferenti dove è più urgente la lotta contro le malattie

Le Beatitudini, ovvero lo sguardo che impara di Angelo Busetto, 01-02-2011, da http://www.labussolaquotidiana.it

Ho provato domenica scorsa a leggermi le righe che precedono il Vangelo delle Beatitudini. Vi si dice che "Gesù percorreva tutta la Galilea… conducevano a lui tutti i malati… grandi folle cominciarono a seguirlo…".

Gesù vede arrivarsi incontro tanta gente bisognosa. Ha davanti i poveri, quelli che piangono, quelli che patiscono ingiustizie, i perseguitati, i disprezzati. Certo non è gente felice e beata. Proprio per questo vanno da lui. Ma da lui vanno! Gli altri, quelli felici e potenti, non ci vanno, almeno per adesso. Ci andranno più avanti. I ricchi e i potenti saranno condotti anch’essi da un bisogno, come il centurione con il figlio malato, o da un’urgenza del cuore, come Nicodemo. O sospinti dalla presunzione e dalla rabbia, come gli scribi e i farisei e i sacerdoti del tempio.

Adesso arriva solo gente derelitta, che non basta a se stessa e non ce la fa da sola. A tutte queste persone non resta che una chance: affidarsi a qualcuno. Gesù vede e capisce. Vanno per lui. E lui è venuto per loro. Allora Egli si lancia in una promessa impossibile, che gli fiorisce in cuore dallo sguardo su quelle persone. Forse non ci aveva mai nemmeno pensato prima. Idee e parole vengono in mente vivendo e guardando. Gli capiterà ancora tante altre volte, guardando i gigli del campo o la donna che impasta la farina o i pescatori sul lago. Forse non aveva mai pensato prima che anche gli uomini si possano pescare, come i pesci. Non aveva pensato alla Chiesa come casa da costruire sulla roccia, prima di aver visto la roccia di Cesarea. Anche Gesù imparava vivendo.

Ed ecco che ora sale sul monte e lancia la promessa: “Beati voi poveri, beati voi miti, beati….” Con una scappatoia: tutti i verbi sono al futuro. Campa cavallo. Ma se qualcuno di quelli che ascoltano si proverà a seguire Gesù, sperimenterà che la promessa si realizza anche al presente. Come Zaccheo ricco. Come la samaritana sprecona di amore. Soprattutto come Pietro che gli dirà con cuore aperto: “Da chi vuoi che andiamo, dopo aver conosciuto te. Tu solo ci dai la vita”. Così la gente realizza che la beatitudine comincia nell’aldiqua e la sua promessa si compie quaggiù fino al centuplo in case, campi, fratelli, sorelle.

Bastano? Non basta nemmeno una grande quantità di beni a colmare la misura del cuore. Il compimento della promessa è Lui stesso, Gesù, che ti si mette accanto come Dio Amico e ti salva la vita.


Avvenire, martedì 1 febbraio 2011 - Vergognoso! Libertà religiosa, Bruxelles non trova l'accordo

BRUXELLES

Libertà religiosa, Bruxelles non trova l'accordo

I ministri degli Esteri della Ue non sono riusciti a trovare un accordo sul testo di conclusioni sulle libertà religiose, pertanto hanno deciso di rinviare la questione. La bozza originaria non faceva riferimento nè a cristiani nè a Paesi in particolare. Il rinvio sarebbe stato chiesto da Italia e Francia.
"Non c'è accordo: un nuovo testo verrà discusso alla prossima riunione del consiglio esteri", hanno riferito le fonti, al termine del consiglio dei ministri della Ue. Nella bozza arrivata sul tavolo dei ministri, si condannava "fermamente l'intolleranza, la discriminazione e la violenza fondata sulla religione o le fedi", senza però menzionare alcun paese specifico e nessuna religione in particolare. Un intervento della Ue contro le persecuzioni di cui i cristiani sono vittime nel mondo era stato sollecitato dal ministro degli Esteri Franco Frattini che il 7 gennaio scorso ha inviato all'Alto rappresentante Ue per la politica estera Catherine Ashton una lettera co-firmata dai ministri degli esteri francese, Alliot-Marie, polacco Sikorski, e ungherese Martonyi per chiedere che la questione venisse iscritta all'ordine del giorno della riunione di lunedì e fossero dibattute misure concrete da mettere in atto per promuovere il rispetto della libertà di religione e di espressione. All'iniziativa ha poi aderito anche la Germania.
Secondo il testo, che non è stato giudicato soddisfacente, in particolare da Italia e Francia, la Ue condannava "la violenza recente e gli atti di terrorismo contro luoghi di culto e di pellegrinaggio", sottolineando che "nessun luogo al mondo è esente dal flagello dell'intolleranza religiosa".
"Oggi è stata scritta una pagina non bella". Così il ministro degli Esteri Frattini ha commentato la mancata approvazione di una risoluzione da parte del Consiglio Ue sul tema delle libertà religiose a causa dell'assenza di un esplicito riferimento ai cristiani. "Ho ritenuto che l'Europa non sarebbe stata credibile senza questa menzione", ha aggiunto, affermando che "il laicismo esasperato è dannoso per la credibilità" dell'Europa.
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BENEDETTO XVI E LA BATTAGLIA PER LA VERITÀ - Massimo Introvigne spiega il magistero del Papa di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 31 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI è non solo tra i più grandi intellettuali viventi ma anche uno degli autori più letti al mondo.
Tuttavia, anche tra i cristiani, di rado i suoi discorsi sono letti integralmente e quasi mai sono studiati a sufficienza. Talvolta, il suo Magistero viene spesso relativizzato, non riconosciuto e contestato.
Per fare il punto sul Magistero di Benedetto XVI, il sociologo e storico delle religioni di fama internazionale, Massimo Introvigne, ha appena pubblicato il libro: “Tu sei Pietro. Benedetto XVI contro la dittatura del relativismo” (Sugarco, Milano 2011).
In 320 pagine Introvigne spiega il Magistero del Papa, dall’enciclica Spe salvi del 2007 alla lettera Ubicumque et semper del 2010 con cui s’istituisce il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
L’autore illustra come il Pontefice Benedetto XVI stia conducendo una offensiva contro la “dittatura del relativismo” per allargare gli orizzonti della ragione, riallacciare la fede al cuore e offrire spazio alla proclamazione della verità.
“Dall’Africa alla Francia e alla Gran Bretagna, dalla sua diocesi di Roma alla Casa Bianca e all’incontro con il popolo delle Giornate Mondiali della Gioventù in Australia – scrive Introvigne –, Benedetto XVI emerge come il primo custode non solo della fede ma anche della ragione minacciata dal relativismo. Per questo molti lo attaccano. Per questo è dovere dei fedeli cattolici stringersi attorno a lui ripetendogli, con le parole del Signore, «Tu sei Pietro»”.
Massimo Introvigne è autore di sessanta volumi e di oltre cento articoli pubblicati in riviste accademiche internazionali sulla nuova religiosità, il pluralismo religioso contemporaneo e il Magistero pontificio.
È fondatore e direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, e membro del Comitato per l’Islam italiano del Ministero dell’Interno. Inoltre, di recente è stato anche nominato Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta all’intolleranza e alla discriminazione contro i cristiani.
ZENIT lo ha intervistato.
Perchè ha voluto scrivere questo libro?
Introvigne: Sono vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, un'associazione che ha come vocazione specifica lo studio e la diffusione del Magistero sociale della Chiesa. Sul Magistero si dibatte molto, distinguendo fra infallibile, non infallibile, dogmatico, pastorale, ordinario, straordinario, e ogni blogger si trasforma in teologo, ma la verità l'ha detta il Papa nella sua ultima intervista: molti parlano del Magistero senza leggerlo. Per esempio si continuano a porre al Papa domande - tipicamente in tema d'interpretazione dei documenti del Vaticano II - cui ha già risposto più di una volta. Volendo escludere che chi pone queste domande reclamando risposte che il Papa ha già dato sia in malafede, rimane l'ipotesi che non legga i documenti.
Giustamente lei indica il problema della ricezione del Magistero da parte del clero e dei fedeli. Mentre i mass media e certi intellettuali criticano il Pontefice a prescindere,  c’è il fatto che moltissimi cattolici non leggono mai cosa il Papa scrive o dice. Neanche il testo dell’Angelus o dell’Udienza del mercoledì. In genere molti fedeli e anche tanti sacerdoti si accontentano di leggere ciò che i giornali riportano sulle parole del Pontefice. Che cosa ha scritto a tal proposito nel suo libro?
Introvigne: Che il problema mette in gioco la stessa normale modalità di funzionamento della Chiesa, e che forse la soluzione ormai spetta ai laici. Tanto clero, è troppo occupato a fare altro.
Un altro problema riguarda il fatto che non tutti i sacerdoti citano il Pontefice durante le omelie o nel corso della catechesi. E’ un problema di ignoranza di ciò che il Pontefice dice e scrive, oppure è incomprensione o disabitudine a riprendere il Magistero ordinario?  
Introvigne: Ci sono a mio avviso tre problemi. C'è una minoranza "progressista" che consapevolmente rifiuta Benedetto XVI considerandolo troppo conservatore. C'è un'altra minoranza che il Papa chiama "anticonciliarista" che, nella smania di rifiutare il Vaticano II dichiarandolo non infallibile, si è abituata a considerare irrilevanti i quotidiani pronunciamenti non infallibili del Papa, dimenticando che il buon fedele segue tutto il Magistero e non solo quello dotato di infallibilità. E c'è una palude, forse maggioritaria, che semplicemente non legge il Magistero perché la sua organizzazione del tempo non gliene lascia la possibilità.
Eppure questo Pontefice è uno degli autori più letti al mondo. I suoi libri, seppure densi e profondi, sono stampati e venduti in tutto il pianeta. Benedetto XVI gode di grande stima e credibilità anche tra religiosi e fedeli di altre confessioni, tra atei e pagani. Come spiega questo fenomeno?
Introvigne: Insisto: incontro grandi appassionati di Benedetto XVI che sono molto più spesso laici che sacerdoti. Ed è vero: il Papa è letto con passione da tanti non cattolici e non credenti. È uno dei maggiori pensatori viventi, con cui anche chi non crede ha il dovere e spesso, mi creda, anche il piacere intellettuale di confrontarsi.
Lei sostiene che uno dei problemi è anche la lettura parziale e limitata nel tempo degli insegnamenti pontifici. Al contrario, nel suo libro si afferma che ogni testo va letto alla luce degli interventi precedenti dello stesso e di altri Pontefici, e diventa a sua volta criterio d’interpretazione dei testi successivi. Può illustrarci il suo punto di vista in materia?
Introvigne: Non ho un punto di vista personale in materia e mi limito a trasmettere quello illustrato più volte dal Papa stesso, per esempio nella "Caritas in veritate". Qui a proposito della "Populorum progressio" del servo di Dio Paolo VI spiega che per non ridurla a una mera "collezione di dati sociologici", che oggi non interesserebbero più a nessuno, quell'enciclica va letta sia alla luce di tutto il Magistero sociale precedente, che presuppone, sia interpretandola alla luce del Magistero successivo, che la chiarisce e la spiega. Questo significa Tradizione vivente e questo vale per ogni documento del Magistero.
Il Pontefice Benedetto XVI è stato presentato come colui che avrebbe distrutto il dialogo ecumenico perchè troppo rigoroso nell’annuncio. Invece dagli anglicani, ai luterani fino agli ortodossi, mai le relazioni sono state così buone. Come spiegare questo fenomeno?
Introvigne: Nella Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani appena conclusa il Papa ha detto due verità sull'ecumenismo. La prima è che, specie con i protestanti, vive una stagione di crisi che non deriva da cause teologiche ma dal fatto che alcune grandi comunità protestanti hanno ceduto allo spirito del mondo su temi come l'aborto o il matrimonio omosessuale, su cui non si deve tacere per presunto quieto vivere ecumenico ma che vanno loro spiegati continuamente con argomenti di ragione e non solo di fede. Il secondo è che, nonostante queste gravi difficoltà, la scelta per l'ecumenismo del Vaticano II rimane irreversibile, obbligatoria e parte del nucleo centrale del pontificato di Benedetto XVI perché la Chiesa crede che questo sforzo, anche se a volte sembra inutile e impossibile, sia voluto da Dio stesso. I cristiani non cattolici capiscono questa dimensione ecumenica, eroica e sofferta, del Papa e la apprezzano, più di tanti cattolici che magari concludono i loro scritti con "Viva il Papa!" ma poi ignorano questa che indica come una dimensione essenziale del suo intero pontificato.


SEGUIRE CRISTO IN CINA - Intervista al direttore di China Aid a sostegno dei cristiani - ROMA, lunedì, 31 gennaio 2011 (ZENIT.org)

ROMA, lunedì, 31 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Bob Fu avrebbe potuto essere una delle vittime del massacro di Piazza Tienanmen, se la sua ragazza (ora sua moglie) non si fosse ammalata qualche giorno prima che il Governo cinese inviasse l’esercito per soffocare le manifestazioni studentesche che si battevano per la democrazia.

Fu non era in piazza quel giorno, ma il massacro ha cambiato comunque la sua vita: è stato quello il momento in cui ha perso la sua fede nel comunismo. Il suo successivo arresto ha portato poi anche alla sua conversione al Cristianesimo e alla sua fuga dalla Cina.

Adesso Fu dirige la fondazione China Aid, con sede negli Stati Uniti, che raccoglie sostegni internazionali per i cristiani in Cina.

Fu ha parlato con il programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, sulla sua vita in Cina e sul futuro dei cristiani nella sua terra d’origine.

Lei è stato uno degli studenti leader di Piazza Tienanmen Square. Ci può raccontare cosa è avvenuto?

Certo. In quei giorni, insieme a molte altre centinaia di migliaia di studenti cinesi, ero in Piazza Tienanmen, per protestare sostanzialmente contro la corruzione dilagante nel Governo cinese e in favore della libertà, della democrazia e dei diritti umani. La manifestazione – che si è svolta nell’arco di diverse settimane – è stata affrontata, la mattina presto del 4 giugno 1989, dai carri armati e da centinaia di migliaia di soldati cinesi dell’Esercito popolare di liberazione. I soldati hanno iniziato a sparare contro la loro stessa gente. Io, in realtà, ero andato via tre giorni prima del massacro, perché la mia fidanzata, ora mia moglie, era molto malata.

Cosa è avvenuto dopo questo evento?

Dopo il massacro, mi trovavo in ciò che chiamano “detenzione soft”, torchiato giorno e notte da un’equipe speciale di investigazione che non mi lasciava seguire le lezioni all'università. Ogni giorno ero trattato come un prigioniero. Aspettavano solo che crollassi e firmassi una confessione. Mi era anche richiesto di riferire di tutte le persone coinvolte nel movimento studentesco.

Alla fine è crollato?

Non sono crollato sotto il Partito comunista cinese, ma sono crollato sotto lo Spirito Santo. Ho avuto un cambiamento rivoluzionario nella mia vita.

Ha perso fiducia nel sistema?

Sì, perché avevo messo la mia speranza nel sistema. Avevo cercato di essere attivo nell’ambito politico e avevo cercato di cambiare il Partito comunista partecipando alle attività di Partito.

Lei credeva nel Partito?

Sì, mi affidavo al sistema per cambiare il sistema. Ma quando l’esercito ha iniziato a sparare sulla propria gente e a uccidere persone innocenti, tutti i nostri sogni si sono infranti e passando dalla delusione alla disperazione mi sono quasi suicidato. A quel punto ho conosciuto Gesù Cristo.

Come ha conosciuto Gesù?

È avvenuto durante quel momento di profonda crisi nella mia vita. Non sapevo come avrei sopravvissuto la successiva fase dell’interrogatorio. Avevo cercato di cambiare gli altri, ma molti dei miei cosiddetti amici mi hanno tradito, mentendo, per dimostrare la loro lealtà al Partito comunista. Per questo ero pieno di odio. Volevo uccidere loro e me stesso. È stato in questo momento che qualcuno mi ha dato un libro: una biografia di un pastore cinese. Mi era stato dato, anzi trafugato, da un mio professore, un americano cristiano, che insegnava inglese nel nostro dipartimento. La lettura di quel libro ha rivoluzionato la mia vita.

Lei ha solo detto: “Sì, Signore”?

Sì. Il libro racconta di come un ex tossicodipendente, un intellettuale molto intelligente, è arrivato ad abbracciare la fede cristiana e si è totalmente trasformato diventando una nuova creazione in Gesù Cristo.

La polizia cinese, la polizia segreta, ha scoperto la sua Bibbia a scuola. Come è successo?

Ufficialmente io ero un insegnante di inglese alla scuola del Partito comunista cinese a Pechino. Durante il giorno trascorrevo diverse ore a insegnare inglese agli esponenti del Partito comunista. La sera e nel resto del mio tempo libero tra cui il fine settimana li trascorrevo alacremente a formare i pastori domestici – una scuola clandestina sulla Bibbia – finché non è stata scoperta dalla polizia segreta cinese. Nel maggio del 1996 sono stato arrestato, insieme a mia moglie e siamo finiti in carcere.

Di nuovo in carcere. Cosa è successo lì? Com’è andata?

È stata dura. I primi tre giorni e le prime tre notti non ci hanno fatto dormire per niente. La tecnica della deprivazione del sonno serviva a incrinare la nostra volontà; eravamo sottoposti a interrogatorio ininterrottamente.

Cosa volevano sapere? Informazioni o semplicemente volevano che rinnegaste la fede cristiana?

Volevano sapere quanti cristiani c'erano nella mia chiesa domestica. Quanti studenti. Da dove venivano. Chi finanziava. Chi erano gli insegnanti. Sostanzialmente volevano che io tradissi i miei fratelli cristiani. E hanno usato mia moglie allo stesso scopo. Mi ripetevano costantemente: “Tua moglie è in un’altra stanza. Se non ci dici niente sarà messa in prigione”.

Ha subito anche torture fisiche?

Non tanto, rispetto ad altri pastori di chiese domestiche, perché almeno sono stato trattato come un noto intellettuale. Ho anche una laurea in legge e continuavo a ricordargli che dovevano rispettare la legge, altrimenti li avrei denunciati dopo il mio rilascio.

Come San Paolo che dichiarò di essere romano.

Sì, sì, glielo ricordavo così . È stata dura, ma non la descriverei come una tortura. Non mi facevano dormire e mi hanno sballottato qualche volta, ma più di questo non mi hanno fatto.

Vorrei parlare un po’ delle comunità cristiane e di come queste vivono la loro fede oggi. Sappiamo, secondo stime prudenti, che vi sono circa 70 milioni di cristiani. Si tratta di un numero che risponde alla realtà?

Abbiamo appreso da Ye Xiaowen, ex direttore dell’amministrazione statale per gli affari religiosi, che nel 2007 il numero dei cinesi cristiani aveva già raggiunto quota 130 milioni, compresi i cattolici. Quindi, prudentemente si può parlare di un numero che va dai 70 ai 130 milioni. Un autorevole pastore della Chiesa internazionale mi ha detto che prima di lasciare la Cina, il direttore dell’Ufficio per gli affari religiosi gli aveva riferito che nella sola città di Pechino vi erano più di 9.000 chiese domestiche. Quindi, la crescita è senza precedenti. Nel 1949, quando ha preso il potere il Partito comunista, i cristiani erano meno di un milione e se guardiamo anche solo alle stime prudenti di 70 milioni, si tratta di una crescita notevole in 60 anni.

Eppure i cristiani sono spesso oggetto di violente repressioni?

Sì, anche se in verità, negli ultimi 30 anni, vi sono stati cambiamenti e progressi positivi non solo nel benessere economico, ma anche in termini di libertà religiosa. Ciò nonostante, nell’insieme, la libertà religiosa presenta ancora dei problemi. In molte aree della Cina è ancora in atto una diffusa persecuzione.

Lei è scappato dalla Cina. Cosa l’ha spinto a lasciare il suo Paese?

Siamo stati in prigione per due mesi e siamo stati rilasciati solo grazie alle pressioni internazionali e perché non hanno trovato prove sufficienti per incriminarci. Ma ci siamo accorti che la vita fuori dalla prigione era ancora più dura di quella dentro. Dovevamo tornare continuamente al commissariato di polizia; sostanzialmente volevano fare di noi degli informatori. Dovevamo riferire di ogni telefonata, ogni visita; è stata molto dura. Una volta gli agenti di sicurezza hanno portato me e mia moglie ad un parco e ci hanno ricordato che ci avrebbero potuto arrestare in qualsiasi momento. Abbiamo saputo da una fonte interna che eravamo sul loro elenco di persone da riarrestare a causa della nostra mancanza di collaborazione. Mia moglie a quel punto era incinta e senza il permesso di gravidanza.

Solo qualche spiegazione: cos’è il permesso di gravidanza e come funziona nell’ambito della politica del figlio unico?

Il Governo cinese ha portato avanti questa forma di controllo delle nascite, la politica del figlio unico, in base alla teoria che, essendo le risorse limitate, l’unico modo per assicurare alla popolazione esistente il benessere economico fosse quello di limitare la crescita demografica. Per questo è, in generale, consentito ad ogni famiglia di avere un solo figlio. Quando si vuole avere il primo figlio dopo il matrimonio, è necessario farsi rilasciare il permesso di gravidanza – una tessera gialla – prima che la moglie resti incinta. Altrimenti si viene arrestati e costretti all’aborto. Il permesso di gravidanza è rilasciato dal datore di lavoro. Ma poiché mia moglie Heidi era stata allora espulsa dall’Università popolare a causa del suo arresto, non aveva potuto ottenere il permesso di gravidanza.

E il permesso semplicemente non le sarebbe stato dato?

No. Abbiamo cercato medici cristiani negli ospedali di Pechino e ne abbiamo trovato uno, il quale semplicemente non ci poteva aiutare per timore di perdere il lavoro se sorpreso a prendersi cura di mia moglie.

Quindi eravate di fronte al rischio di dover abortire?

Sì. Per questo siamo dovuti scappare nel cuore della notte saltando dalla finestra del bagno del secondo piano dell'edificio.

Siete scappati a Hong Kong e da lì verso gli Stati Uniti?

Sì. Lasciato Pechino ci siamo nascosti nelle campagne, perché non avevamo passaporto o altri documenti da viaggio. Pensavamo di non riuscire mai a uscire dalla Cina, ma veramente Dio ci ha fatto la grazia, e con tante preghiere e tanto aiuto siamo riusciti ad arrivare a Hong Kong e poi, nel 1997, negli Stati Uniti.

Vorrei tornare sulla questione della politica del figlio unico. Che impatto sta avendo sulla società cinese?

Credo che l’impatto si manifesti in diversi aspetti. Anzitutto, sul concetto tradizionale cinese dell’importanza di avere un figlio maschio. Ogni famiglia vuole avere un figlio maschio e questo ha provocato un enorme squilibrio tra maschi e femmine nella popolazione. In secondo luogo, si ha un’enorme crisi nei genitori anziani. Le coppie oggi devono farsi carico di quattro genitori a causa della politica del figlio unico. Terzo, è in atto una pratica massiccia di sterilizzazione forzata e di costrizione all’aborto. Lo scorso anno sono stati riportati circa 20 milioni di aborti, tra cui aborti effettuati anche fino al nono mese. Io personalmente ho parlato al telefono con una signora cristiana, la moglie di un pastore, che mi ha detto di essere stata in ospedale mentre aveva una gravidanza di otto mesi e che accanto a lei, su un altro letto, c’era una signora incinta di nove mesi. Quella notte 80 donne incinte sono state costrette ad abortire mediante un’iniezione letale al feto. Questo è un omicidio di massa.

Cosa comporta questo per la psicologia di una nazione?

Questa è un’altra conseguenza di tale politica. Queste donne entrano in depressione e il tasso di suicidio è piuttosto elevato. Inoltre, la politica del figlio unico porta i genitori a viziare quel figlio unico, creando un individuo molto incentrato su se stesso. Lo scorso anno, la rivista Time ha pubblicato un articolo sulla politica cinese del figlio unico, dal titolo “China's Me Generation”. Questa politica ha creato una generazione egoista – la generazione incentrata sull'“io, io, io”. Le conseguenze di questa politica si stanno iniziando a manifestare e a creare un enorme problema sociale.

Il finanziamento di questa politica del figlio unico viene dall’estero o da dove?

La politica del figlio unico è sicuramente nazionale, una politica del Governo centrale, anche se una gran parte del finanziamento, paradossalmente proviene da organizzazioni internazionali come il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, che ha donato centinaia di milioni di dollari. Gli Stati Uniti lo finanziano e 40 milioni di dollari vanno alla Cina per portare avanti questa politica del figlio unico. Quindi, purtroppo, i Paesi occidentali sono complici di questa politica.

Perché il Governo ha così tanta paura del Cristianesimo?

Parlando in termini spirituali: le tenebre scompaiono all’arrivo della luce, per questo le tenebre odiano la luce. I cristiani dimostrano integrità, amore e perdono e per le “tenebre” questo è una sfida e una minaccia al loro potere: è una lotta tra il bene e il male. Nella storia cinese il Cristianesimo è considerato come un qualcosa di estraneo (yang jiao) e il Governo cinese, in particolare quello comunista, aderisce all’ideologia atea, che è in realtà anti-cristiana. Attraverso la propaganda politica si alimenta questa ideologia dell’odio per opprimere i cristiani. Si dipingono i cristiani come il nemico del popolo, che collaborano con l’Occidente per rovesciare il Governo cinese, eccetera, eccetera.

Persino le attività caritative dei cristiani non sono riconosciute o sono del tutto trascurate dal Governo. Durante il terremoto, i cristiani che erano accorsi in aiuto sono stati arrestati semplicemente perché stavano pregando per le vittime. Quindi vi sono diversi approcci all’oppressione e all’intimidazione delle comunità cristiane. Ho sentito che dopo il crollo dell’Unione sovietica nell’Europa occidentale, il Governo cinese è diventato molto nervoso.

Perché vedono quello come un esempio di ciò che potrebbe accadere?

Sì. Si dice: ieri il grande fratello; domani potrebbe essere il piccolo fratello, come la Cina.

L’agnello cristiano deve temere il drago cinese? Che speranze ha per il Cristianesimo e per il suo Paese?

Ho grandi speranze. Credo che il Vangelo di Gesù Cristo sia inarrestabile. Fisicamente è possibile legare i cristiani, gettarli in prigione o nei campi di lavoro, ma alla fine Dio trasforma queste carceri in campi di raccolta. Così, molte persone hanno potuto conoscere il Signore in questi campi di lavoro. Persino gli agenti di questi campi si sono convertiti vedendo la luce di questi cristiani costretti al lavoro. Quindi sono molto ottimista e credo che la Cina del XXI secolo sarà non solo un Paese di missione, ma in futuro la Cina potrà essere pronta anche a riportare il Vangelo a Gerusalemme e a diventare in Paese missionario in tutto il mondo. Quindi sono molto ottimista.



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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per "Where God Weeps", un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l'organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.

Per maggiori informazioni: www.WhereGodWeeps.org


Conversazioni sul fine vita - Se un tabù diventa occasione di conoscenza di SILVIA GUIDI - (©L'Osservatore Romano - 31 gennaio 01 febbraio 2011)

"Mia cara signorina Eva, sei venuta a tentare tuo padre un'altra volta?". Thomas More si sta rivolgendo all'amatissima figlia che è venuta a trovarlo in prigione: la ragazza con la voce rotta dall'ansia seduta di fronte a lui in realtà si chiama Margaret, ma è una nuova Eva per suo padre perché rappresenta la tentazione più sottile e tenace, quella degli affetti familiari.
Un episodio della vita del martire inglese che fornisce a Russell Shaw, in un testo pubblicato in rete (www.catholicity.com), lo spunto per un'inedita analisi di cosa significa davvero prudenza cristiana; davanti alla muta accusa dello sguardo di una figlia che implicitamente chiede al padre "perché ci stai facendo questo?" o gli rinfaccia "le assurde pretese del tuo Dio" emerge per il brillante, amabile cancelliere del re d'Inghilterra la vera posta in gioco.
More sa bene che prudenza cristiana non significa tanto amore del quieto vivere quanto capacità di discernimento; la consapevolezza di essere mortali è un antidoto potente contro la dimenticanza del limite e l'idolatria del "qui e ora" svincolato dal contesto storico e personale in cui si vive.
Margaret - scrive Shaw - è una Cordelia alla rovescia; la figlia più giovane di re Lear perde l'amore del padre perché non accetta di trasformare il suo affetto in una parodia dell'adulazione a uso e consumo della corte, mentre la figlia maggiore di More vuole salvare a tutti i costi suo padre, convincendolo a rinunciare a quello che ha di più caro, il suo irriducibile amore per Dio, che lo rende pieno di gratitudine e capace di prendersi gioco con malinconica ironia anche del male più turpe ("è già un pessimo affare perdere la propria anima per il mondo intero, figuriamoci per la Cornovaglia" chiosa commentando il tradimento di un amico; "se è per questo io e vostra grazia condividiamo un destino non troppo dissimile - risponde a un altro che lo esorta a evitare il capestro a ogni costo - siamo tutti condannati a morte, è solo questione di tempo").
Il criterio da seguire, ripete il Lord cancelliere, è amare la verità più di se stessi, anche se è terribilmente scomoda: "La verità vi farà liberi" è un itinerario di conoscenza. Il valore conoscitivo, e non solo sentimentale o emotivo, della "categoria della mortalità" è il segreto del fascino di molte opere d'arte, persino di qualche inaspettato capolavoro di marketing contemporaneo.
È questa una delle leve del cambiamento di Scrooge, il protagonista di Canto di Natale (a questo prelude il celebre incipit, "Marley, prima di tutto, era morto. Nessun dubbio su questo", in cui la concretezza del finire delle cose assume un'evidenza ineludibile); è questo il tema dei Cafés mortels, le conversazioni sulla morte organizzate nei bistrot parigini dall'etnologo Bernard Crettaz, e di uno dei video più scaricati da Youtube, il commencement address di Steve Jobs che il fondatore della Apple ha pronunciato alla Stanford University nel 2005: ""Se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?" Ogniqualvolta la risposta è "no" per troppi giorni di fila qualcosa deve essere cambiato (...) Mi dispiace essere così drammatico ma è la pura verità: non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore".
Quando il rumore delle opinioni altrui è assordante, fatalmente vengono rimosse o trascurate le domande più interessanti sulla vita, scrive Maria Felice Pacitto in L'ingiustizia estrema, gli antemorti (Roma, Alpes, 2009) citando Lévinas; il filosofo francese, nelle ultime lezioni tenute alla Sorbona negli anni 1975-1976 descrive la morte come un fenomeno strutturalmente passivo, di una passività talmente radicale da risultare intollerabile, "non pensabile" per la mentalità contemporanea.
L'insofferenza verso la resa incondizionata a cui costringe il limitare della vita affiora anche dal lessico: il semplice verbo "è guarito" viene spesso sostituito da un più trionfalistico "ha sconfitto la malattia", "ha combattuto contro il suo male", o viceversa diciamo "non ce l'ha fatta" quando l'esito è infausto, lasciando intravedere un ultimo volontarismo anche all'interno di una comune condivisione del dolore. La "fretta di comprendere" ci spinge ad accusare noi stessi per la morte di una persona cara, trasformando il dolore in senso di colpa, o a rimuovere la ferita del distacco. Ma in entrambi i casi, censurando il luogo dove l'insondabilità della domanda sfiora "il mistero che dà fuoco e tensione a ogni nostra parola, urgenza a ogni problema" (Thomas Mann) si rischia di far ammalare, o condannare all'insignificanza, le potenzialità stesse della vita.
Secondo Maria Felice Pacittouna distorta elaborazione del luttotrasforma il dolore in senso di colpa .


Radio Vaticana, notizia del 31/01/2011 - Il Papa invita i fedeli a testimoniare Cristo accanto ai sofferenti dove è più urgente la lotta contro le malattie

“Perché in quei territori di missione dove più urgente è la lotta contro le malattie, le comunità cristiane sappiano testimoniare la presenza di Cristo accanto ai sofferenti”. E’ l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di febbraio. Un tema, questo, sul quale il Papa si è soffermato più volte. “Nonostante la malattia faccia parte dell’esperienza umana – ha affermato in occasione dell’Angelus dell’8 febbraio del 2009 - ad essa non riusciamo ad abituarci, non solo perché a volte diventa veramente pesante e grave, ma essenzialmente perché siamo fatti per la vita, per la vita completa”. “Quando siamo provati dal male e le nostre preghiere sembrano risultare vane” - ha aggiunto il Pontefice - “troviamo risposta nel Vangelo”. Ma come testimoniare la presenza di Cristo accanto ai sofferenti? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a fra Marco Fabello, direttore della rivista Fatebenefratelli:

R. - Sono le comunità cristiane più antiche che hanno forse fondamenti più profondi, che dovrebbero in qualche modo essere capaci di manifestare questa presenza di Cristo accanto ai sofferenti, soprattutto nei territori di missione, ma anche nelle nostre missioni quotidiane. Certo, in terra di missione ci sono meno mezzi, meno operatori disponibili, ma probabilmente c’è un terreno che sa accettare forse meglio il Vangelo, la Buona Novella, di quanto forse avvenga nei nostri Paesi, nelle nostre città.

D. - A proposito di Vangelo: Gesù è sempre stato vicino a malati, storpi, ciechi e lebbrosi. Con quale spirito la Chiesa missionaria si accosta oggi al mondo della sofferenza?

R. - Con lo stesso spirito con cui si accostava Gesù, quello dei primi cristiani: quello di andare incontro al fratello che ha bisogno di una mano, e questo non per fare un qualcosa di filantropico o altro, ma in nome di quel Gesù che da sempre ci ha insegnato che stare vicino ai poveri e ai bisognosi è già portare salute, è già portare, forse, la grazia della salvezza.

D. - Le malattie sono molteplici ma quella più grave che affligge l’uomo di tutti i tempi è l’assenza di Dio nella vita della persone. Nelle terre di missione come si curano le sofferenze procurate da questa assenza?

R. - La nostra azione dovrebbe essere quella di aiutare le persone ad avvicinarsi al Dio che ama, al Dio che non abbandona mai nessuno.

D. - Il dolore e l’impotenza causati dalla malattia possono mettere la fede a dura prova. Come riscoprire allora il senso della sofferenza racchiuso nella Croce di Cristo, nella sua Passione e Resurrezione?

R. - Questo è uno dei temi più importanti di cui siamo testimoni quasi quotidianamente: la sofferenza che molte volte, invece di avvicinare, allontana da Dio. Io credo che questa sia una grave prova che il cristiano vive e che può superare con la vicinanza degli altri fratelli, coloro che nonostante tutto sanno che Dio aiuta anche nelle difficoltà più gravi.

D. - Sacerdoti, religiosi e laici che assistono i malati in molte parti del mondo sono dunque chiamati ad essere le mani e il cuore di Cristo per far risplendere le parole di Gesù: “Quello che avete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”...

R. - Il pane da dare, l’acqua da porgere, il consiglio da portare a queste persone, oggi più che mai, è pane di speranza e acqua di salute. Forse quello che dobbiamo mettere in atto è innanzitutto essere noi convinti di amare Dio e poi trasferire questo amore che Dio ha per noi, e noi per Dio, agli altri fratelli. Se non amiamo i fratelli, soprattutto quelli che sono in maggiore difficoltà, come possiamo dire di amare Dio?

D. - A proposito di amore e di impegno, l’Ordine ospedaliero Fatebenefratelli è presente in 50 Paesi dei cinque continenti, con circa 400 opere apostoliche. Come si traduce questa presenza nelle terre di missione?

R. - Per noi essere in terra di missione significa stare in mezzo alle persone che hanno bisogno, che hanno molto bisogno, e assisterle. Poi il resto lo fa la Provvidenza, lo fa il Signore. (ma)