Nella rassegna stampa di oggi:
1) Avvenire.it, 5 giugno 2010 - IL VIAGGIO A CIPRO - Il Papa a maroniti: La pace si basa sul dialogo tra fedi
2) DISCORSO DI BENEDETTO XVI PER LA CELEBRAZIONE ECUMENICA A PAPHOS - PAPHOS, venerdì, 4 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì da Benedetto XVI presso la chiesa di Agìa Kiriakì Chrysopolitissa, un luogo di culto ortodosso aperto anche ai cattolici e agli anglicani, dove ha presieduto la celebrazione ecumenica con l'Arcivescovo ortodosso di Cipro, Sua Beatitudine Chrysostomos II.
3) IL PAPA AI CIPRIOTI: RISOLVERE CON PAZIENZA I PROBLEMI DELL'ISOLA - Cipro, incrocio di culture e religioni
4) Avvenire.it, 4 Giugno 2010 - Gli attacchi alla Lombardia per il sostegno antiaborto alle madri I pregiudizi e i danni degli «altristi», la forza della politica per la vita - Domenico Delle Foglie
5) ANCORA SANGUE CRISTIANO IN TURCHIA - Acoltellato monsignor Padovese, Vicario Apostolico in Anatolia - di Antonio Gaspari
6) Da san Bonaventura alla "Caritas in veritate" - Il mistero del dono e la tirannia dell'autosufficienza - Il 5 e il 6 giugno si svolge a Bagnoregio il cinquantottesimo Convegno di Studi Bonaventuriani "La carità rivelazione della verità". Il sottosegretario del Sinodo dei vescovi ha anticipato a "L'Osservatore Romano" una sintesi del suo intervento. - di Fortunato Frezza - ©L'Osservatore Romano - 4-5 giugno 2010
7) Discernimento spirituale: i nemici dell'anima - Giorgio Mastropasqua – dal sito pontifex.roma.it
Avvenire.it, 5 giugno 2010 - IL VIAGGIO A CIPRO - Il Papa a maroniti: La pace si basa sul dialogo tra fedi
Papa Benedetto XVI, incontrando stamani la piccola comunità di cattolici maroniti di Cipro, è tornato ad esortare i cristiani al dialogo, sia tra le loro diverse chiese sia con i "non cristiani". "Guardando al dialogo interreligioso - ha sottolineato nel suo discorso nella scuola elementare di San Marone - molto ancora occorre fare nel mondo". "Solo attraverso un paziente lavoro di reciproca fiducia - ha proseguito - può essere superato il peso della storia passata, e le differenze politiche e culturali fra i popoli possono diventare un motivo di operare per una maggiore comprensione". "Vi esorto - ha concluso - ad aiutare a creare tale vicendevole fiducia fra cristiani e non cristiani, come fondamento per costruire una pace durevole e un'armonia fra i popoli di diverse religioni, regioni politiche
e basi culturali".
Il discorso alle autorità. "Senza un riferimento chiaro ai principi etici della "legge naturale", il mondo rischia di diventare un "luogo pericoloso": lo ha detto papa Benedetto XVI, incontrando stamani le autorità civili della Repubblica di Cipro e il corpo diplomatico nei giardini del palazzo presidenziale di Nicosia. "Anche ai giorni nostri - ha ammonito - siamo testimoni di tentativi di promuovere pseudo valori con il pretesto della pace, dello sviluppo e dei diritti umani".
Compito delle autorità pubbliche è quello di "promuovere la verità morale" e "fondare la legge positiva sui principi etici della legge naturale". "Individui, comunità e stati senza la guida di verità morali oggettive, diverrebbero egoisti e senza scrupoli, ed il mondo sarebbe un luogo pericoloso per viverci", ha avvertito.
Poi l'ampio discorso sul ruolo dei diplomatici e dei politici, arricchito da riferimenti agli antichi filosofi greci, da Platone a Aristotele, ma anche ai grandi filosofi islamici e cristiani. Nella vita di pubblico servizio, ognuno "deve essere impegnato a servire il bene degli altri nella società, a livello locale, nazionale ed internazionale" ha detto il Papa.
"Il bene comune - ha sottolineato - viene servito precisamente attraverso l'influenza di persone dotate di una chiara visione morale e di coraggio". "La rettitudine morale e il rispetto imparziale degli altri e del loro benessere - ha ripetuto ancora una volta - sono essenziali al bene di qualsiasi società, dato che essi stabiliscono un clima di fiducia nel quale ogni relazione umana, religiosa o economica, sociale e culturale, o civile e politica, acquista forza e sostanza".
Ciò aiuta a prendere "le giuste decisioni" e a "promuovere una genuina riconciliazione" nelle crisi internazionali. "Quando le parti riescono ad innalzarsi dal proprio modo di vedere gli eventi, acquisiscono una visione oggettiva e integrale" ha concluso il Papa.
Ad ascoltarlo, nel prato all'inglese del palazzo presidenziale alcune decine di rappresentati diplomatici. Sul palco un'orchestra d'archi giovanile ha preceduto il discorso del Papa.
DISCORSO DI BENEDETTO XVI PER LA CELEBRAZIONE ECUMENICA A PAPHOS - PAPHOS, venerdì, 4 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì da Benedetto XVI presso la chiesa di Agìa Kiriakì Chrysopolitissa, un luogo di culto ortodosso aperto anche ai cattolici e agli anglicani, dove ha presieduto la celebrazione ecumenica con l'Arcivescovo ortodosso di Cipro, Sua Beatitudine Chrysostomos II.
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Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo,
["A voi grazia e pace in abbondanza" (1Pt 1,2). Con grande gioia saluto voi che rappresentate le comunità cristiane presenti a Cipro].
Ringrazio Sua Beatitudine Crisostomo II per le gentili parole di benvenuto, Sua Eminenza Giorgio, Metropolita di Pafos, che ci ospita, e quanti si sono impegnati per rendere possibile questo incontro. Mi è grato, inoltre, salutare cordialmente i cristiani di altre confessioni qui presenti, inclusi coloro che appartengono alle comunità armena, luterana e anglicana.
In verità, è una grazia straordinaria per noi essere riuniti in preghiera in questa chiesa di Agia Kiriaki Chrysopolitissa. Abbiamo appena udito la lettura dagli Atti degli Apostoli, che ci ha ricordato come Cipro fu la prima tappa dei viaggi missionari dell’Apostolo Paolo (cfr At 13,1-4). Riservati per sé dallo Spirito Santo, Paolo, unitamente a Barnaba, originario di Cipro, ed a Marco, il futuro evangelista, dapprima giunsero a Salamina, dove iniziarono a proclamare la parola di Dio nelle sinagoghe. Attraversando l’isola, giunsero a Pafos, dove, proprio vicino a questo luogo, predicarono alla presenza del proconsole romano Sergio Paolo. Fu quindi da questo posto che il messaggio del Vangelo cominciò a diffondersi in tutto l’impero e la Chiesa, fondata sulla predicazione apostolica, fu capace di piantare radici in tutto il mondo allora conosciuto.
La Chiesa a Cipro può giustamente andare fiera del proprio collegamento diretto con la predicazione di Paolo, Barnaba e Marco e della comunione nella fede apostolica, che la lega a tutte quelle Chiese che custodiscono la stessa regola della fede. Questa è la comunione, reale, benché imperfetta, che già ora ci unisce, e che ci sospinge a superare le nostre divisioni e a lottare per ripristinare quella piena unione visibile, che è voluta dal Signore per tutti i suoi seguaci. Poiché, nelle parole di Paolo, vi è "un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ef 4,4-5).
La comunione ecclesiale nella fede apostolica è sia un dono, sia un appello alla missione. Nel passo degli Atti che abbiamo ascoltato, vediamo un’immagine dell’unità della Chiesa nella preghiera, nell’apertura alle spinte dello Spirito alla missione. Come Paolo e Barnaba, ogni cristiano, mediante il battesimo, è "riservato" perché porti testimonianza profetica al Signore risorto ed al suo vangelo di riconciliazione, di misericordia e di pace. In tale contesto, l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si riunirà a Roma nel prossimo ottobre, rifletterà sul ruolo vitale dei cristiani nella regione, li incoraggerà nella loro testimonianza al Vangelo e li aiuterà a promuovere maggior dialogo e cooperazione fra cristiani in tutta la regione. Significativamente, i lavori del Sinodo saranno arricchiti dalla presenza di delegati fraterni di altre Chiese e Comunità cristiane dell’area, quale segno del comune impegno al servizio della parola di Dio e della nostra apertura alla potenza della sua Grazia che riconcilia.
L’unità di tutti i discepoli di Cristo è un dono da implorare dal Padre, nella speranza che esso rafforzi la testimonianza del Vangelo nel mondo d’oggi. Il Signore ha pregato per la santità e l’unità dei suoi discepoli proprio perché il mondo creda (cfr Gv 17,21). Giusto cento anni orsono, alla Conferenza Missionaria di Edimburgo, l’acuta consapevolezza che le divisioni fra cristiani erano un ostacolo alla diffusione del Vangelo diede origine al movimento ecumenico moderno. Oggi dobbiamo essere grati al Signore, il quale, mediante il suo Spirito, ci ha condotto – specie negli ultimi decenni –a riscoprire la ricca eredità apostolica condivisa da Oriente e da Occidente, e, mediante un dialogo paziente e sincero, a trovare le vie per riavvicinarci l’un l’altro, superando le controversie del passato e guardando ad un futuro migliore.
La Chiesa in Cipro, che si dimostra essere come un ponte fra l’Oriente e l’Occidente, ha contribuito molto a questo processo di riconciliazione. La via che conduce all’obiettivo della piena comunione non sarà certamente priva di difficoltà, ma la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa di Cipro sono impegnate a progredire sul cammino del dialogo e della cooperazione fraterna. Possa lo Spirito Santo illuminare le nostre menti e irrobustire la nostra determinazione, così che insieme possiamo recare il messaggio della salvezza agli uomini e alle donne del nostro tempo, i quali sono assetati di quella verità che porta libertà autentica e salvezza (cfr Gv 8,32), la verità il cui nome è Gesù Cristo!
Cari sorelle e fratelli, non posso concludere senza evocare la memoria dei Santi che hanno adornato la Chiesa in Cipro, in particolare sant’Epifanio, vescovo di Salamina. La santità è il segno della pienezza della vita cristiana, di una profonda docilità interiore allo Spirito Santo che ci chiama ad una conversione e a un rinnovamento costanti, mentre ci sforziamo di essere sempre più conformati a Cristo nostro Salvatore. Conversione e santità sono anche i mezzi privilegiati mediante i quali apriamo le menti e i cuori alla volontà del Signore per l’unità della sua Chiesa. Mentre rendiamo grazie per l’incontro odierno e per il fraterno affetto che ci unisce, chiediamo ai santi Barbara ed Epifanio, ai santi Pietro e Paolo, e a tutti i Santi di Dio, di benedire le nostre comunità, di conservarci nella fede degli Apostoli, e di guidare i nostri passi sulla via dell’unità, della carità e della pace.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
IL PAPA AI CIPRIOTI: RISOLVERE CON PAZIENZA I PROBLEMI DELL'ISOLA - Cipro, incrocio di culture e religioni
PAPHOS, venerdì, 4 giugno 2010 (ZENIT.org).- “Possano l’amore della vostra Patria e delle vostre famiglie e il desiderio di vivere in armonia con i vostri vicini sotto la protezione misericordiosa di Dio onnipotente ispirarvi a risolvere pazientemente i problemi che ancora condividete con la comunità internazionale per il futuro della vostra Isola”.
Con queste parole Benedetto XVI ha salutato questo venerdì i ciprioti nel discorso che ha pronunciato al suo arrivo all'aeroporto internazionale di Paphos, dove è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica di Cipro, Demetris Christofias, dal Patriarca ortodosso di Cipro, Chrysostomos II, e dai Patriarchi e Vescovi cattolici del Medio Oriente.
Dopo il saluto del Presidente Christofias, il Papa si è rivolto ai presenti ricordando che Cipro “si trova all’incrocio di culture e religioni, di storie gloriose ed antiche insieme”, e che la sua “eredità spirituale e culturale” deve contribuire ad arricchire l'Europa.
“Da quando gli Apostoli hanno portato il messaggio cristiano in queste rive, Cipro è stata benedetta da una forte eredità cristiana”, ha sottolineato.
Il Papa si è poi rivolto al Patriarca ortodosso Chrysostomos, che ha salutato “come un fratello nella fede”, e ha espresso la sua fervida speranza “di poter incontrare presto molti altri membri della Chiesa Ortodossa di Cipro”.
“Attendo anche con gioia di poter salutare gli altri responsabili religiosi ciprioti. Spero di rafforzare i nostri comuni legami e di ribadire la necessità di consolidare la reciproca fiducia e l'amicizia durevole con tutti quelli che adorano l'unico Dio”, ha aggiunto.
Il Pontefice si è infine riferito a uno degli obiettivi principali del suo viaggio, la consegna dell'Instrumentum Laboris per l'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.
“Tale Assemblea esaminerà molti aspetti della presenza della Chiesa nella regione e le sfide che i Cattolici devono affrontare, talvolta in circostanze difficili, vivendo la comunione con la Chiesa Cattolica ed offrendo la loro testimonianza a servizio della società e del mondo”.
In questo senso, ha affermato che Cipro è “un luogo appropriato dal quale lanciare la riflessione della nostra Chiesa sul posto della secolare comunità cattolica del Medio Oriente, la nostra solidarietà con tutti i Cristiani della regione e la nostra convinzione che essi hanno un insostituibile ruolo da sostenere nella pace e nella riconciliazione fra i suoi popoli”.
Avvenire.it, 4 Giugno 2010 - Gli attacchi alla Lombardia per il sostegno antiaborto alle madri I pregiudizi e i danni degli «altristi», la forza della politica per la vita - Domenico Delle Foglie
L'«altrismo» è una malattia infantile della politica e dell’informa-zione che ogni tanto rialza la testa. Quante volte abbiamo dovuto ascoltare la fatidica frase "il problema è un altro"? Un esempio ci è cascato sotto gli occhi qualche giorno fa. Sul <+corsivo_bandiera>manifesto<+tondo_bandiera> è stato messo sotto tiro il provvedimento della Regione Lombardia che prevede aiuti economici in favore delle donne che rinunciano all’aborto, con un misto di gratuita ironia e di "altrismo", appunto.
Infatti, nel tentativo di deprezzare il fondo "Nasko" che prevede l’attribuzione di 250 euro al mese per un anno e mezzo alle donne in condizioni economiche critiche e che rinunciano ad abortire, ecco l’argomentazione principe: «Dell’occupazione femminile, della conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, della disomogeneità salariale tra uomini e donne se ne parlerà, appunto, in un’altra vita». Facile facile il gioco di parole sulla vita per contestare la «scelta a favore della vita» fatta dal governo lombardo. E per completare il quadro fosco, l’autrice dell’articolo fa previsioni nere sul futuro dei bambini, «il cui destino – sostiene – è già segnato». Il perché lo vorremmo sapere. Forse che chi nasce con l’aiuto economico è destinato all’infelicità e alla miseria? Questo fatalismo e questo determinismo sociale propagandati dalle pagine del giornale "intelligente" della sinistra italiana sinceramente ci sorprendono, così come ci fanno dubitare della capacità di argomentare al di là dei luoghi comuni. Del resto, quando si vuole polemizzare a tutti i costi si finisce per imboccare qualche scorciatoia intellettuale. Sino a non accorgersi che definire «legge mancia» questo provvedimento è solo un’offesa per i meno abbienti e dimostra, piuttosto, la distanza abissale tra chi osserva il Paese con le lenti deformate dell’ideologia e la vita reale delle classi svantaggiate.
Difficile, infine, non intravedere in tutto l’articolo un pregiudizio contro la maternità che affonda le radici in un vetero-femminismo che non vuole confrontarsi con la realtà. Ineffabile quel passaggio su «Roberto Formigoni che tutte ci vorrebbe con un bel pancione davanti, e sempre pronte a sacrificarci e ad affrontare le gioie della maternità». Nessuna parola viene spesa sulle motivazioni di questa scelta della giunta lombarda e del suo governatore, a cominciare dalla più lineare: dare attuazione concreta alla parte preventiva della legge 194 che pure aveva fra i suoi obiettivi la rimozione delle cause che possono indurre le donne ad abortire. Una motivazione virtuosa che, attraverso questo progetto, trova finalmente una tra le tante possibili attuazioni concrete, sia pure solo in una regione del Nord, mentre altrove siamo ancora all’anno zero.
Invece di attardarsi in futili ironie lontane dalla realtà delle donne "vere", perché "il manifesto" non si preoccupa, piuttosto, di verificare se e quanto possa essere gradito un tale tipo di intervento pubblico? Quante donne che vivono in Italia e sono in serie difficoltà economiche, soprattutto al Sud, sarebbero davvero interessate a riceverlo? Forse le risposte spazzerebbero via i dubbi di certo polveroso femminismo, e questo sarebbe davvero troppo per chi ha fatto dell’ideologia il proprio orizzonte e fa fatica ad accettare l’idea che non c’è ideologia che possa contenere la forza inesauribile della vita. Se anche nascesse un solo bambino in più grazie a quel provvedimento, ci sarebbe semplicemente da festeggiare e da augurargli un futuro felice. Altro che «destino già segnato».
Domenico Delle Foglie
ANCORA SANGUE CRISTIANO IN TURCHIA - Acoltellato monsignor Padovese, Vicario Apostolico in Anatolia - di Antonio Gaspari
ROMA, giovedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- “E' orribile”, un "fatto orribile", "incredibile", "siamo costernati". Così padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha commentato a caldo la notizia dell’uccisione in Turchia di monsignor Luigi Padovese.
"Ciò che è accaduto - ha detto padre Lombardi - è terribile, pensando anche ad altri fatti di sangue in Turchia, come l'omicidio alcuni anni fa di don Santoro" ed ha aggiunto: "Preghiamo perché il Signore lo ricompensi del suo grande servizio per la Chiesa e perché i cristiani non si scoraggino e, seguendo la sua testimonianza così forte, continuino a professare la loro fede nella regione".
Dalle prime notizie risulta che monsignor Luigi Padovese, Vicario apostolico dell'Anatolia e presidente della Conferenza Episcopale Turca, sia stato aggredito nella sua casa a Iskenderun e ucciso a coltellate dal suo autista Murat Altun.
L’assassino è già stato arrestato dalla polizia. L'emittente turca Ntv ha riportato le dichiarazioni del governatore della provincia di Hatay, Mehmet Celalettin Lekesiz, secondo cui: “sulla base dei primi accertamenti effettuati dalla polizia l'omicidio non avrebbe motivazioni politiche nè religiose. Si è appreso che il sospettato era in cura per disordini psicologici''.
Il Nunzio apostolico in Turchia, monsignor Antonio Lucibello, ha dichiarato: "Non abbiamo elementi precisi - spiega - a parte l'autore che è il suo autista, una persona che monsignor Padovese ha sempre trattato molto bene secondo il suo stile".
"La notizia dell'omicidio - ha aggiunto - è stata una doccia fredda. A Iskenderun c'è il vicario generale perchè si renda conto della vicenda. Domani andrà anche l'arcivescovo di Smirne, monsignor Franceschini, predecessore di monsignor. Padovese alla presidenza dei vescovi turchi.
Non conosciamo altri dettagli. Siamo tutti costernati, siamo una piccola comunità anche i capi sono pochi e avanzati negli anni. C'è il pericolo che questa comunità rimanga segnata".
Immediate le reazioni delle Conferenza Episcopale Italiana (CEI). In un messaggio inviato al Nunzio apostolico in Turchia, il presidente della CEI, il Cardinale Angelo Bagnasco, il segretario generale, monsignor Mariano Crociata, hanno espresso "profondo cordoglio" per l'uccisione di monsignor Padovese.
"Mentre deploriamo il barbaro assassinio – hanno sottolineato i vertici della CEI - ci uniamo al dolore dei fedeli si codesta chiesa che ancora una volta viene provata così duramente ed esprimiamo la più sentita vicinanza e solidarietà nostra e dell'intero episcopato italiano".
"Assicuriamo – conclude il messaggio - fervida preghiera di suffragio per l'anima di monsignor Padovese nella certezza che il Signore concederà a questo suo servo buono e fedele il premio della vita eterna".
Dal canto suo il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Ezstergom-Budapest, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopale d’Europa (CCEE) ha diffuso un comunicato per manifestare il “massimo cordoglio” e la “nostra solidarietà con tutta la Chiesa Cattolica in Turchia”.
“In nome della presidenza del CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa) e di tutti i vescovi d’Europa – ha precisato il Cardinale Erdő – vogliamo testimoniare la nostra comunione di preghiera e esprimere la nostra vicinanza ai vescovi, sacerdoti, consacrati e tutto il popolo cristiano in Turchia. La loro sofferenza è anche la nostra”.
Il presidente della CCEE ha rilevato che: “la morte così tragica di monsignor Luigi Padovese, avvenuta nella Solennità del Corpus Domini, lo unisce in un modo particolare al Signore Gesù che ha dato la vita per il Suo popolo. Abbiamo piena fiducia che la Misericordia divina lo accoglierà e lo riempirà della Gloria del Suo amore”.
Dopo aver assicurato la vicinanza al Santo Padre e ai padri Cappuccini, “perché un tale evento ferisce tutta la Chiesa e ci richiama ancora con più fervore a essere uniti e fedeli nel nostro servizio nel Signore”, il Cardinale Erdő ha sottolineato che “solo dal Signore possiamo aspettare la Giustizia che un uomo di pace e di bene, che sempre ha testimoniato un vero zelo apostolico e una forte dedizione al suo popolo, merita. Noi preghiamo anche per chi ha compiuto un tale delitto perché solo il Signore può scrutare e cambiare il cuore degli uomini”.
Il presidente della CCEE ha infine invocato Maria, Madre degli Apostoli, e San Paolo di Tarso affinché “in quest’ora di sofferenza ci aiutino a mantenerci fermi nella fede e nella speranza”.
La Fondazione Internazionale Oasis, www.oasiscenter.eu, da sempre in prima linea nel dialogo con l’Islam ha diffuso un’edizione straordinaria per esprimere profondo cordoglio per la scomparsa di monignor Padovese e vicinanza alla comunità cattolica turca.
Il direttore della newsletter, Maria Laura Conte, ha ricordato quando monsignor Luigi Padovese durante la seconda Assemblea Ecclesiale del Patriarcato di Venezia nell’ottobre scorso, aveva parlato di don Andrea Santoro, il sacerdote assassinato in Turchia nel 2006, come di “una testimonianza fatta di non molte parole, ma di una vita semplice, vissuta con fede”.
“Queste stesse parole – ha affermato la Conte - crediamo di poter applicare a monsignor Padovese, ucciso oggi, in circostanze ancora non chiare, a Iskenderun, dove risiedeva come Vicario Apostolico dell’Anatolia”.
Nell’intervento, che la Fondazione Oasis ripropone integralmente (http://www.oasiscenter.eu/it/node/4776) monsignor Padovese aveva spiegato il significato della testimonianza cristiana.
“Se - affermava -, come è avvenuto nei decenni passati, accettassimo come cristiani di non comparire, restando una presenza insignificante nel tessuto del paese, non ci sarebbero difficoltà, ma stiamo rendendoci conto che [...] è una strada senza ritorno, che non fa giustizia alla storia cristiana di questi paesi nei quali il Cristianesimo è nato e fiorito; è una strada che non farebbe giustizia alle migliaia di martiri che in queste terre ci hanno lasciato in eredità la testimonianza del loro sangue”.
Secondo Maria Laura Conte, “chi incontra Cristo non può fare a meno di annunciarlo, sia con la vita che con le parole”.
Da san Bonaventura alla "Caritas in veritate" - Il mistero del dono e la tirannia dell'autosufficienza - Il 5 e il 6 giugno si svolge a Bagnoregio il cinquantottesimo Convegno di Studi Bonaventuriani "La carità rivelazione della verità". Il sottosegretario del Sinodo dei vescovi ha anticipato a "L'Osservatore Romano" una sintesi del suo intervento. - di Fortunato Frezza - ©L'Osservatore Romano - 4-5 giugno 2010
"La carità nella verità pone l'uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono". Sono queste le prime parole del terzo capitolo dell'enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, seguite da altre: "La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell'esistenza (...) La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l'uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale" (n. 34).
Verità, carità, dono, gratuità, felicità sono categorie essenziali dell'intera enciclica, ne fondano lo statuto dottrinale, ne indicano l'appello testimoniale, ne rivelano tratti anche antropologicamente fecondi. In merito a dono e gratuità è richiamata nel documento la dottrina di sant'Agostino, il quale nel Dialogo sul libero arbitrio sembra voler precisare l'indeterminato, dare corpo all'invisibile, fornire razionalità teologale a un "senso interno", come intuitus alieno da pretese gnostiche, rivelatore di una certezza speculativa ed esistenziale, che dall'interiore umano rimanda a una verità eterna, che si chiama Dio o porta il nome santo di Gesù Cristo.
Se stupefacente è l'esperienza del dono, è perché questo salto da una evidenza introspettiva al riconoscimento di una eternità altissima è vertiginoso. Del resto l'enciclica non esita a spiegare che "l'essere umano è fatto per il dono, che ne esprime e attua la dimensione di trascendenza", accedendo alla quale l'uomo trova Dio con il suo nome.
È, dunque, certo che la verità, essendo dono come la carità, è più grande di noi, ci oltrepassa e oltrepassa i nostri meriti. Nello stesso dinamismo della verità è coinvolta la capacità di donazione, che come tale non si lascia imbrigliare dagli intrighi e dai grovigli del calcolo. Se una regola ha, essa è l'eccedenza, prossima alla trascendenza di Dio che in essa si dona. Infatti nell'ambito del dono l'eccedenza ha la duplice accezione di esigenza di oltrepassare i limiti convenzionali o banali del dare in contropartita e anche di sublimazione dell'autocoscienza fino alla carità increata di Dio. Non a caso tale valicamento nell'Itinerarium di Bonaventura è chiamato excessus mentis, excessus contemplationis, che manifesta come Bonaventura si ispiri ad Agostino e proceda poi verso una novità, attraverso una tipica operazione bonaventuriana di dono, quale si manifesta nella contemplazione, come gratuito scambio tra Dio e la creatura nella stessa trascendenza di Dio. Si tratta di una vera e propria eccedenza della reciprocità mistica.
Bonaventura, commentando nel vangelo di Luca l'episodio dei dieci lebbrosi, spiega analiticamente le parole che Gesù rivolge all'unico guarito che torna sui suoi passi per ringraziare: "Per approvazione della gratitudine aggiunge: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato". "Alzati", per penitenza, "Va'", per giustizia, ossia per obbedienza che è l'atto più nobile della giustizia, come un procedere da Dio a Dio, secondo Dio e per Dio. "La tua fede ti ha salvato", per fiducia; infatti la fede è l'inizio della nostra salvezza, essa rende noto il nome di Gesù Cristo. Di questa salvezza la speranza è sostegno; la carità è perfezione. Cristo dona la salvezza della fede".
L'incontro di Gesù con i lebbrosi è sollecitato dal loro grido univoco, unisono: "Gesù maestro, abbi pietà di noi". Nessun altro, al di fuori della cerchia dei discepoli, ha mai chiamato Gesù con il titolo di "maestro", eppure, a miracolo avvenuto, i nove non hanno imparato la lezione e così facendo non cercano più il maestro, non avvertono l'impulso dell'obbedienza che procede da un interiore senso della giustizia nel riconoscere la fonte del dono, si assentano dall'ulteriore dialogo della salute recuperata e non scoprono, come secondo insegnamento, il segreto della guarigione, che è uno solo, la fede, anch'essa dono, dono di salvezza. Salute e salvezza sono un doppio dono non corrisposto, amputato della reciprocità, privato della gratitudine: una ingratitudine che tuttavia ha partorito paradossalmente la conoscenza della gratuità. Non c'è, infatti, momento maggiore di gratuità che l'assenza di gratificazione per il dono elargito. La sovrana libertà del dono, gratia gratis data, è quella che non ha riconoscimento e basta a se stessa, come segno di una carità suprema, amore che è stipendio a se stesso, eccedenza netta.
Nel solco della condotta ingrata affondano le radici ulteriori di infecondità, come nel caso dei nove, i quali, associati nell'egoistica euforia del beneficio, ma lontani dal maestro e dal compagno grato, si privano anche della festa della fraternità e della solidarietà. Per un dono che arriva, altri si sottraggono, e così l'incapacità di dono fomenta l'infelicità che non conosce l'alterità e tanto meno l'eccedenza.
L'autosufficienza recuperata può far regredire a uno stadio anteriore della coscienza, in cui si manifesta la presunzione "di far coincidere la felicità con forme immanenti di benessere" autonomo e irriconoscente. Bonaventura, l'abbiamo già detto, ha la felice, sorprendentemente moderna intuizione di introdurre nel discorso della gratitudine il riferimento alla giustizia. Il comando di Gesù al lebbroso grato è: "Va'!" e Bonaventura attribuisce questa ingiunzione a una esigenza di giustizia, attratta comunque in una relazione pienamente teologale che trova in Dio l'origine, il fine, la dedicazione degli atti e della condotta di vita, "da Dio a Dio, secondo Dio e per Dio". E Benedetto XVI dichiara: "La logica del dono non esclude la giustizia e non si giustappone a essa in un secondo momento e dall'esterno e (...) lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità" (n. 34). Il riconoscimento dei campi di ciascuno, del dare e dell'avere di ogni persona o istituzione fonda la stessa possibilità dell'eccedere quei necessari e giusti ambiti di esperienza accertata, al di là dei quali si espande l'atto del dono.
(©L'Osservatore Romano - 4-5 giugno 2010)
Discernimento spirituale: i nemici dell'anima - Giorgio Mastropasqua – dal sito pontifex.roma.it
Durante la vita l'uomo è tenuto ad affrontare un'ardua prova di discernimento e combattimento spirituale dal quale dipenderà poi il proprio fine eterno. La vita dell'uomo sulla terra è un combattimento (Giobbe 7,1) - La lotta consiste in un susseguirsi di assalti alla nostra anima denominati tentazioni. Gli avversari sono tre: il demonio, il corpo umano ed il mondo. Un breve sguardo. Demonio - Menzognero e iniquo per eccellenza, nemico giurato di Dio, fortissimo, dotato di intelligenza acuta e di gran lunga superiore a quella dell'uomo, il demonio lavora incessantemente con l'unico scopo di farci cadere nel peccato. Assassino, ingannatore, seduttore, affascinatore arriva anche a camuffarsi da angelo di luce per trarre le sue vittime in inganno, la sua forza però è dominata dalla Volontà di Dio e non può fare più di quanto Dio gli permetta. Il Signore, nella Sua Somma Sapienza, gli concede una certa libertà ...
... affinchè si attuino i Suoi disegni provvidenziali e perchè si possano accumulare per noi meriti in Cielo.
Il corpo umano
Il diavolo pur pericoloso resta un entità esterna che la ferma volontà può bloccare. Il corpo umano invece forse è ancor più subdolo perchè essendo un tutt'uno inscindibile dalla nostra anima è un nemico interno. Il dissesto generato dal peccato originale fa si che la natura si ribelli allo spirito e consenta al corpo umano e alle sue pulsioni di opporre resistenza e di sopraffare sia ragione che volontà. Il corpo dunque segue una legge che è in contrasto con quella dell'anima tanto da spingerci a un combattimento contro noi stessi. Il demonio, ovviamente, ne sa ben approfittare: sobilla queste tendenze, le amplifica per piegare ancor di più la volontà al male e farci cadere irreparabilmente. L'anima è tenuta a resistere per mezzo del suo libero arbitrio; finchè è risoluta a non cedere alla tentazione, qualunque cosa avvenga nel suo essere, non ha colpa alcuna, anzi resta vittoriosa.
Il mondo
Il terzo nemico spirituale è il mondo, l'alleato di satana. Per mondo si intende l'insieme di coloro che vivono materialmente, senza badare alla vita dello spirito, coloro che vivono dei piaceri terreni, dall'appagamento dei sensi. Il mondo è posto sotto il maligno, chi se ne lascia vincere diviene suo schiavo. La legge del mondo è il piacere presente procurato dalla cosiddetta Triplice Concupiscenza: occhi, corpo e superbia della vita. (liberamente tratto da "Le Tentazioni" di Don Giuseppe Tomaselli)
Giorgio Mastropasqua