mercoledì 15 settembre 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1) IL PAPA IN GRAN BRETAGNA, UNA VISITA DAI DUE VOLTI - Entusiasmo in Scozia e problemi a Londra di Antonio Gaspari
2) Tutti i "cattolici" che lavorano contro la visita di Benedetto in Gran Bretagna - Gianfranco Amato - mercoledì 15 settembre 2010 – ilsussidiario.net
3) ISLAMOFOBIA E MADRE TERESA – volantino CL
4) 14 settembre 2010 - Assalto ai cristiani in Kashmir - “L’Europa sarà islamica”. J’accuse di Gheddo, decano dei missionari italiani - I giornali inglesi e la profezia choc del fondatore di Asianews di Giulio Meotti - © FOGLIO QUOTIDIANO
5) 18 MORTI E VARIE SCUOLE ATTACCATE IN KASHMIR E PUNJAB - In seguito alla campagna “Brucia il Corano” di un pastore nordamericano
6) Alla vigilia della beatificazione - Il Papa e Newman - di Tony Blair - (©L'Osservatore Romano - 15 settembre 2010)
7) Domani inizia la visita di Stato nel Regno Unito: il Pontefice incontrerà la Regina - Onori e critiche per Ratzinger - I media Opinioni favorevoli e qualche polemica per i servizi sulla pedofilia Il governo britannico considera il Vaticano «importante partner internazionale» di Andrea Gagliarducci - © Copyright Il Tempo, 15 settembre 2010
8) Il Corano di Obama di Lorenzo Albacete - mercoledì 15 settembre 2010 – ilsussidiario.net
9) Gheddo: vi spiego perché l'odio anticristiano ora minaccia l'Europa di Piero Gheddo - mercoledì 15 settembre 2010 – ilsussidiario.net
10) FALLACI/ Il nemico di Oriana? Non l'islam ma i vili intellettuali d'Occidente - Renato Farina - mercoledì 15 settembre 2010
11) Viaggio nel desiderio che muove ogni uomo - Giacomo Samek Lodovici – dal sito http://www.pontifex.roma.it
12) Avvenire.it, 15 settembre 2010 – IDEE - Ratzinger & padre Brown di Andrea Monda
13) NOI, I NOSTRI FIGLI E LE DUE SCUOLE - Ci somigliano eppure sono diversi – di DAVIDE RONDONI – Avvenire, 15 settembre 2010


IL PAPA IN GRAN BRETAGNA, UNA VISITA DAI DUE VOLTI - Entusiasmo in Scozia e problemi a Londra di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 14 settembre 2010 (ZENIT.org).- La visita in Gran Bretagna del Pontefice sarà un successo, ma è chiaro che avrà due volti, entusiasmo in Scozia e ostilità a Londra.
Questo è quanto sostiene l’avvocato Gianfranco Amato, membro e consulente legale dell’organizzazione britannica CORE (Comment on Reproductive Ethics) e rappresentante per l’Italia dell’organizzazione Advocates Intenational.
Intervistata da ZENIT Amato ha spiegato che i gruppi più radicali, da secoli ostili al Papa di Roma, stanno facendo di tutto per ostacolare e creare problemi alla visita del Pontefice Benedetto XVI.
I due atei dichiarati il prof. Richard Dawkins, docente di Oxford, e Christofer Hitchens, celebre giornalista, hanno addirittura chiesto l’arresto del Pontefice per crimini contro l’umanità, non appena quest’ultimo atterri in Gran Bretagna.
Dawkins e Hitchens hanno incaricato gli avvocati Geoffrey Robertson e Mark Stephens di richiedere al Crown Prosecution Service l’avvio di un procedimento penale a carico di Joseph Ratzinger.
Le associazioni ostili al cattolicesimo hanno costituito un coordinamento denominato “Protest the Pope”, per contrastare la visita del Pontefice ed hanno raccolto venticinquemila firme in calce ad una petizione inviata al governo britannico per chiedere non solo che venisse cancellata la visita papale, ma anche che lo stesso Pontefice venisse ufficialmente definito “unsuitable guest of the UK government” (ospite indesiderato).
Gli stessi gruppi hanno annunciato una “Big March” che si terrà il 18 settembre, al clou della visita londinese di Benedetto XVI. La notte prima della “Big March”, è prevista una veglia laica dalle sette di sera a mezzanotte circa, celebrata da Peter Tatchell il noto attivista gay per i diritti degli omosessuali.
“I toni sono esacerbati, e la villania e le offese non fanno davvero onore al popolo inglese. Sembra evidente che abbiano paura delle parole che il Papa pronuncerà”, ha sottolineato l’avvocato Amato.
E’ incomprensibile infatti che l’incontro del Papa col mondo accademico sia stato previsto alla St. Mary’s University College di Twickenham, che non è certo un college tra i più prestigiosi.
“Per Benedetto XVI, raffinato intellettuale, cattedratico, uomo di profonda cultura, – ha commentato Amato - non si sono aperte le porte dei templi della sapienza laica, come Cambridge ed Oxford, nonostante il fatto, che proprio nella prestigiosa università di Oxford il cardinale John Newman, che sarà beatificato durante la visita, ha trascorso attivamente gran parte della sua vita. E’ a lui, oltretutto, che si deve la nascita di quell’importante fenomeno politico religioso noto come il movimento di Oxford”.
Secondo gli estensori del programma, al St. Mary’s College il Santo Padre non terrà una lectio magistralis, ma dialogherà di educazione con circa tremila giovani, di cui va apprezzato l’encomiabile sforzo di doversi alzare all’alba per essere presenti all’avvenimento.
Incomprensibile anche la decisione di cambiare il luogo per la cerimonia di beatificazione del cardinal Newman, inizialmente previsto all’aeroporto di Conventry, e poi spostato inopinatamente al Cofton Park di Birmingham.
Non sembra essere stata davvero una grande idea quella di passare da un sito che riusciva a contenere 200.000 persone, ad uno in cui a mala pena stanno 65.000 individui stipati
“Nulla a che vedere con quello che il Pontefice troverà in Scozia – ha aggiunto il membro del CORE –. Sarà tutta un'altra musica”.
Lì verrà eseguita una Messa composta da James MacMillian, uno tra i più grandi musicisti contemporanei del mondo, e punta di diamante dell’attuale scenario musicale britannico.
La profonda fede cattolica di MacMillan, che ha avuto pure l’onore di farsi commissionare un concerto per violoncello da Rostropovich e di vederselo premiare dal grande maestro russo, riesce ad infondere alla sua musica un intenso e vibrante riverbero di assoluta spiritualità.
Per l’avvocato Amato “appare singolare che rispetto alla discutibile organizzazione della visita in Inghilterra, la parte del viaggio programmata in Scozia risulti caratterizzata da una gestione ineccepibile e professionale”.
“C’entrerà senz’altro l’eterna rivalità tra i due 'old enemies', ed il fatto che per gli scozzesi spesso il concetto d’identità nazionale coincide con il fatto di non essere inglesi”, ha affermato.
“Di certo – ha concluso l’avvocato – la vigorosa presenza di Pastori del calibro del cardinale Patrick Keith O’Brien e la fedele e solida fede dei cattolici scozzesi, saluterà con entusiasmo la visita del Pontefice Benedetto XVI”.


Tutti i "cattolici" che lavorano contro la visita di Benedetto in Gran Bretagna - Gianfranco Amato - mercoledì 15 settembre 2010 – ilsussidiario.net
Si avvicina la data della storica visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna, ed i cattolici adulti di quel Paese non riescono a trovare niente di meglio da fare che organizzare, due giorni prima dell’arrivo del Papa, un bel convegno contro il celibato. Tanto per facilitare le cose al Santo Padre. Così, il prossimo 14 settembre all’Odeon West End Cinema, in Leicester Square (luogo cult delle manifestazioni gay), si terrà il dibattito dal titolo “Celibacy should no longer be a compulsory requirement for the Roman Catholic priesthood”, titolo che si potrebbe tradurre semplicemente con un “Aboliamo il celibato”. L’iniziativa sembra rispondere ad una strategia che, dal punto di vista militare, ricorda molto il cosiddetto fuoco amico.
Tra i relatori del convegno non poteva mancare una teologa, la professoressa cattolica Tina Beattie, un’avvocatessa specializzata in diritti umani, Helena Kennedy, e ovviamente un religioso dissidente, Padre John McGowan dell’Ordine dei Carmelitani. Con buona pace di Santa Teresa d’Avila e di San Giovanni della Croce. Il dibattito sarà preceduto dalla proiezione di un controverso film sul tema, dal titolo sintomatico di “Cospiracy of silence”, del regista John Deery, una durissima requisitoria contro il celibato sacerdotale. A proposito, anche John Deery è un cattolico adulto praticante, che ama spesso ricordare con orgoglio il suo passato di chierichetto, nonché la sua intenzione giovanile di entrare in seminario. E parteciperà anche lui al dibattito all’Odeon West End Cinema.
Qualche cattolico adulto sembra essersi pure infiltrato all’interno del Papal visit team, la struttura organizzativa responsabile del tour britannico di Sua Santità. Infatti, il programma per quanto riguarda l’Inghilterra lascia molto a desiderare. Orari e trasferimenti, come ha ironicamente ricordato qualcuno, riuscirebbero a spossare persino un ventenne. Sembrano fatti apposta per costringere il Papa ad essere perennemente in ritardo e a mostrarsi continuamente stanco. Per non parlare degli autogol organizzativi, come il cambiamento del luogo per la cerimonia di beatificazione del cardinal Newman, inizialmente previsto all’aeroporto di Conventry, e poi spostato inopinatamente al Cofton Park di Birmingham. Non sembra essere stata davvero una grande idea quella di passare da un sito che riusciva a contenere 200.000 persone, ad uno in cui a mala pena stanno 65.000 individui stipati.



ISLAMOFOBIA E MADRE TERESA – volantino CL
La proposta di costruire un Centro islamico con una Moschea a Ground Zero ha offeso molti americani e ha generato un pubblico dibattito sull’“islamofobia” in America. Questi fatti ci spingono ad affermare quanto segue:

1. Percepiamo una crescente tendenza a manipolare le circostanze utilizzandole come pretesti per creare un’eccitazione collettiva che spinga la gente a prendere posizione fra due posizioni ideologiche preconfezionate. Ci rifiutiamo di entrare in una discussione sul costruire o meno una Moschea a Ground Zero. La realtà dell’Islam in America pone delle domande che vanno molto più a fondo della costruzione di una Moschea. In particolare, una questione critica e aperta riguarda il modo in cui la cultura contemporanea americana si pone nei confronti del senso religioso dell’uomo.

2. Molti appartenenti all’élite culturale, e molti fra quanti reggono le leve del potere nella nostra nazione, hanno abbandonato la tradizione religiosa che permeava la vita della grande maggioranza dei loro antenati: il Cristianesimo. Lo hanno ridotto a un codice morale o a un vago mito, collegato a un uomo morto da più di duemila anni. In contrapposizione, hanno aderito a uno sguardo “scientifico” sulla vita umana. Ma la scienza non dà risposte a quelle domande che continuamente pungono il cuore dell’uomo, come il problema della giustizia, il significato della vita umana, o i problemi della sofferenza e del male. Di fatto, la scienza tende a soffocarli. Così la cultura americana contemporanea si trova debole e terribilmente incerta davanti a qualsiasi risposta alle domande ultime e ai desideri più profondi dell’uomo.

3. Proprio due settimane fa abbiamo ricordato il centesimo anniversario della nascita di Madre Teresa di Calcutta. Se guardiamo a lei, vediamo una persona risplendente, sovraccarica di amore verso tutti, in particolare verso gli stranieri di religioni diverse. La sua umanità ha toccato tutti: credenti e atei, musulmani e indù, ricchi e poveri. La vita di Madre Teresa invita tutti coloro che cercano la verità ad aprire i loro cuori e la loro mente e a volgere uno sguardo aperto al Cristianesimo.

4. Per dei cristiani seri, la sfida dell’Islam, l’abbandono del Cristianesimo su vasta scala, il vuoto della cultura dominante, la testimonianza di Madre Teresa, sono tutti segni che evidenziano il bisogno urgente di conversione. Papa Benedetto XVI di recente ha dichiarato che “la conversione […] non è una semplice decisione morale, che rettifica la nostra condotta di vita, ma è una scelta di fede, che ci coinvolge interamente nella comunione intima con la persona viva e concreta di Gesù”. Il Papa ci pone di fronte alla radicale differenza tra il Cristianesimo e l’Islam: una religione fonda la sua risposta al senso religioso dell’uomo su un messaggio consegnatoci 1.400 anni fa; l’altra offre l’esperienza di un Uomo che è morto ma è vivo e presente in mezzo a noi oggi. Come ha recentemente affermato don Julián Carrón, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, il messaggio di Gesù e perfino tutti i miracoli da Lui compiuti non bastavano a vincere la tristezza dei discepoli sulla via di Emmaus: solo la Sua presenza poteva infiammare di nuovo i loro cuori.

5. Noi non siamo islamofobi, e neppure abbiamo paura del nostro mondo post-moderno. Al contrario, invitiamo tutti a volgere lo sguardo a Madre Teresa e all’Uomo al quale lei ha donato la vita. Nella Sua persona, presente oggi fra noi, tutti possiamo trovare la Verità che sola può darci la libertà che l’America promette.
Comunione e Liberazione


14 settembre 2010 - Assalto ai cristiani in Kashmir - “L’Europa sarà islamica”. J’accuse di Gheddo, decano dei missionari italiani - I giornali inglesi e la profezia choc del fondatore di Asianews di Giulio Meotti - © FOGLIO QUOTIDIANO
Le autorità federali indiane hanno disposto lo spiegamento di migliaia di poliziotti nel Kashmir, dopo le violenze che hanno causato 18 morti nelle proteste contro i due "dissacratori" del Corano che a Washington avevano strappato pagine del libro sacro dell'Islam davanti alla Casa Bianca. A Srinagar, la capitale estiva dello stato, le strade sono presidiate da pattuglie di uomini pesantemente armati e i poliziotti hanno consigliato alla popolazione di evitare di uscire di casa. Nella città settentrionale di Baramulla ci sono stati violenti scontri tra la polizia e gli abitanti, che hanno improvvisato sassaiole contro gli agenti.

“I musulmani saranno maggioranza in Europa”. Le parole choc di Piero Gheddo, decano dei missionari italiani e fondatore di Asia News, non sono passate inosservate al Daily Telegraph e al Daily Mail, due fra i massimi quotidiani britannici, che hanno lanciato le sue parole. Forse perché Papa Benedetto XVI si appresta a visitare il Regno Unito, dove il dibattito su democrazia e islamismo è rovente. Forse perché di questo si parla da molti giorni in Germania, a seguito della pubblicazione del controverso libro del banchiere dell’Spd Thilo Sarrazin. O forse perché non si leggeva da tempo una simile denuncia, senza infingimenti, da parte di un alto rappresentante vaticano.

“La sfida va presa seriamente”, ha detto Gheddo a proposito del collasso demografico europeo e del vuoto riempito dall’islam. “I giornali o i programmi televisivi non parlano mai di questo. Prima o poi l’islam conquisterà la maggioranza in Europa”. Lo scorso gennaio era stato il cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga, a dire che i musulmani sono pronti a riempire il vuoto europeo. “I musulmani hanno molte ragioni per indirizzarsi qui”, ha detto Vlk. “Ne hanno anche una religiosa, portare i valori spirituali della fede in Dio all’ambiente pagano dell’Europa, al suo stile vita senza Dio. La vita sarà islamizzata”.

Ne parliamo con lo stesso Piero Gheddo. “L’islam ha demograficamente in mano il futuro dell’Europa. Tutti gli anni gli italiani diminuiscono di 130 mila. Ma aumentiamo di 100 mila immigrati, che sono in gran parte musulmani. In Europa inoltre c’è un vuoto religioso enorme che viene riempito dall’islam. I musulmani hanno una forte fede religiosa e pregano addirittura in pubblico”. Il j’accuse di Gheddo è partito dalla frase pronunciata in Italia dal colonnello Gheddafi sul futuro islamico dell’Europa. “Giornali e televisioni hanno ridotto l’avvenimento a un caso politico, accusando il governo e il presidente Berlusconi di aver permesso al capo beduino di approfittare della nostra ospitalità per insultare il popolo e la nazione italiana. Ma la demografia e la convinzione religiosa dei popoli testimoniano contro di noi italiani ed europei”.

Le proiezioni sembrano confermare la fosca profezia di Gheddo. Nelle quattro più grandi città dei Paesi Bassi – Amsterdam, Rotterdam, l’Aia e Utrecht – il nome Mohammed è il più diffuso tra i nuovi nati. All’Aia, variazioni dei nomi del Profeta sono al primo, al secondo e al quinto posto. Le ultime stime demografiche del Pew Forum dicono che nel 2050, un quinto degli europei sarà musulmano. Il venti per cento. Due persone su dieci. Non a caso di “bomba demografica a orologeria che sta trasformando il nostro continente” ha parlato proprio il quotidiano britannico Daily Telegraph, pubblicando i dati emersi dagli studi più aggiornati. Anche nella capitale belga Bruxelles, e nemmeno da poco, al primo posto nella classifica dei nomi più diffusi tra i neonati c’è proprio Mohammed. Si calcola che, se la popolazione europea di fede musulmana è più che raddoppiata negli ultimi trent’anni, analogo raddoppio sarà registrato entro il 2015. E di lì, a salire, fino ad arrivare a quel 20 per cento globale.

In città come la francese Marsiglia e l’olandese Rotterdam la percentuale islamica è già ora del venticinque per cento, del venti nella svedese Malmö, del quindici a Bruxelles e del dieci a Londra, Parigi e Copenaghen. E ancora: in Austria, cattolica al novanta per cento nel Ventesimo secolo, l’islam sarà la religione maggioritaria nel 2050 nella popolazione giovanile. Per usare le parole irriverenti di Mark Steyn, l’intellettuale canadese di “America Alone”, se l’uomo europeo avesse quattro zampe e passasse le sue giornate sugli alberi sarebbe già finito nella lista delle specie in via d’estinzione.


18 MORTI E VARIE SCUOLE ATTACCATE IN KASHMIR E PUNJAB - In seguito alla campagna “Brucia il Corano” di un pastore nordamericano
LAHORE/SRINAGAR, martedì, 14 settembre 2010 (ZENIT.org).- Almeno 18 morti, circa 80 feriti e varie scuole cristiane attaccate è il bilancio dopo i disordini scoppiati durante il fine settimana in Kashmir e Punjab, in India.

L'ondata di violenza si è verificata a causa della trasmissione, da parte di un canale iracheno, di immagini di copie del Corano che venivano bruciate negli Stati Uniti nel contesto della campagna “Brucia il Corano”, del pastore protestante Terry Jones.

Anche se le autorità hanno dichiarato il coprifuoco e la polizia ha agito con decisione, la tensione nella regione continua ad essere altissima e si teme una nuova ondata di violenza anticristiana nella zona, ha reso noto la “Radio Vaticana”.

Gli attacchi anticristiani si sono estesi anche al Punjab pakistano. Questa zona, a maggioranza musulmana, è fonte di conflitto tra l'India e il Pakistan, che reclama il territorio. Dal giugno scorso è in corso un'ondata di proteste indipendentiste.

Le autorità indiane hanno reagito con veemenza ai disordini, sparando su una folla che voleva bruciare la Good Shepherd School, cattolica, di Pulwama.

Anche alcune scuole protestanti hanno subito tentativi di assalto, come la Christ School e la Christ Mohalla School di Pooch Jammu, ha reso noto AsiaNews.

L'ambasciatore nordamericano a Nuova Delhi, Timothy J. Roemer, ha affermato in un comunicato che la profanazione del Corano è un atto irrispettoso, intollerante e non rappresentativo dei valori nordamericani e ha condannato gli attacchi alle scuole.

Dal canto suo monsignor Peter Celestine, Vescovo di Jammu-Srinagar, ha espresso ad Asianews la sua preoccupazione per la nuova ondata di violenza, molto probabilmente incoraggiata da elementi radicali islamici infiltrati nella zona.

La comunità cattolica, ha spiegato, ha sempre avuto “rapporti cordiali coi nostri fratelli islamici e con le autorità”. Il leader separatista Syed Ali Shah Geelani ha infatti condannato gli attacchi alle scuole.

“Sono profondamente rattristato per questa folla incitata alla violenza. La nostra comunità cristiana è una micro-minoranza [lo 0,0014% della popolazione] e siamo pacifici e tolleranti”, ha sottolineato il presule.

Nel vicino Pakistan, gli estremisti islamici hanno minacciato di attaccare i luoghi di culto cristiani in tutto il Paese in caso di profanazione del Corano.

La notte del 12 settembre, una granata è esplosa davanti alla porta principale della Sarhadi Lutheran Church a Mardan, ha riferito Ucanews. Il Vescovo luterano Peter Majeed ha lamentato l'accaduto e ha chiesto più misure di sicurezza.

Il Cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza Episcopale Indiana, ha espresso la “ferma condanna” da parte dei cattolici di qualsiasi profanazione del Corano, ricordando che gesti di questo tipo “non sono quelli che Gesù ci ha insegnato”.

“Il nostro dolore è grande”, ha confessato, condividendo “la costernazione dei miei fratelli e delle mie sorelle musulmani”. “Siamo con voi e costruiremo insieme un'India più forte”, ha aggiunto.


Alla vigilia della beatificazione - Il Papa e Newman - di Tony Blair - (©L'Osservatore Romano - 15 settembre 2010)
In Inghilterra i santi sono stati davvero pochi negli ultimi tempi, almeno quelli riconosciuti dalla Chiesa. I cattolici inglesi sono quindi molto lieti per la beatificazione di John Henry Newman. Per questo un Papa tornerà nel nostro Paese, e soprattutto un Papa in profonda sintonia con lo spirito e le idee di Newman.
La vita e il pensiero di Newman evidenziano il divario che ci separa dal suo mondo. La fama come teologo, la sollecitudine costante per la verità della religione, il ragionamento scientifico e la profondità degli studi storici che lo portarono a lasciare l'anglicanesimo per Roma, lo scalpore suscitato dal suo abbandono appartengono a un'altra epoca.
Certo, si resta colpiti dal suo assenso intellettuale alla fede cattolica. Alcuni continuano a compiere questo cammino, anche se in modo meno spettacolare. Dovrei saperlo. Ma nel 2010 scrivere di teologia in modo elegante e acuto non ottiene le prime pagine dei giornali. Sono dunque ancora oggi importanti le sue idee?
Newman colloca la verità spirituale al di sopra di tutti gli altri valori. A questa ricerca era disposto a posporre amici vecchi e nuovi. Mentre si preparava ad aderire in modo formale alla Chiesa cattolica scrisse: "Nessuno più di me può avere una visione tanto sfavorevole della situazione attuale dei cattolici". Non è certo l'affermazione più diplomatica. Ma a lui non importava, perché avrebbe fatto comunque ciò che riteneva giusto, per quanto scomodo e impopolare.
Questo coraggio intellettuale è ammirevole. È qualcosa che molti cattolici intravedono in Papa Benedetto xvi. Le idee di Newman non si possono esprimere facilmente in un breve articolo. "Uomo di coscienza è colui che non acquisisce mai indulgenza, benessere, successo, prestigio pubblico e approvazione dell'opinione pubblica a spese della verità" scrisse. È un parere duro in un mondo in cui, in misura così schiacciante, sono i media a formare l'opinione.
Com'è noto, Newman considerava prima di tutto la coscienza, anche prima del Papa. Ma non riteneva che la voce della coscienza facilitasse la scelta di un cammino vero e giusto, o rendesse tale scelta indipendente dall'autorità del papato. "Il nostro senso del giusto e dell'errato (...) è così delicato, così frammentario che si può confondere, oscurare, pervertire con tanta facilità (...) così influenzato dall'orgoglio e dalla passione". In questo, l'autorità magisteriale della Chiesa subentra con il suo dono di discernimento e definizione per correggere e pronunciare un giudizio. Quindi, sebbene il divario fra noi e il mondo di Newman sia grande, nondimeno le questioni di cui scrisse interpellano ogni cattolico e ogni politico.
Newman fu il primo a introdurre il concetto di sviluppo. La sua idea di come la dottrina si sviluppava si dimostrò straordinariamente influente nella sua epoca. Rese lo sviluppo un'idea chiave sia all'interno sia all'esterno della Chiesa. È probabile che oggi non useremmo le espressioni "obiettivi di sviluppo del millennio" o "sviluppo internazionale" se Newman non avesse utilizzato per primo questa parola nella sua teologia.
È evidente che per la vita della Chiesa oggi le riflessioni di Newman sullo sviluppo delle idee hanno implicazioni non meno profonde. Egli concluse che era impossibile fissare un punto in cui la crescita della dottrina potesse cessare nella Chiesa. Implicitamente tale crescita prosegue ancora oggi. "L'idea non fu mai di quelle che prosperavano e duravano, tuttavia come la verità matematica non incorporava nulla da fonti esterne" scrisse.
Decidere cosa fosse uno sviluppo "vero" fu certo il presupposto dell'insegnamento della Chiesa. Ma Newman definì il consenso dell'intero "corpo dei fedeli" su questioni dottrinali "voce della Chiesa infallibile". Mi chiedo se questa voce venga ancora presa abbastanza sul serio o se abbiamo compreso appieno le implicazioni di queste idee. La tendenza di alcuni capi religiosi a infilare un gran numero di idee diverse in una sola busta con l'etichetta "secolarismo" e considerarla poi come qualcosa di sinistro, crea divisioni nelle società pluraliste. Essa preclude alla Chiesa possibilità di nuovi sviluppi del pensiero. I dialoghi del Papa con importanti pensatori laici sono, invece, un esempio molto diverso.
Penso che Newman sarebbe un alleato forte nella promozione di forme diverse di dialogo tra le religioni proprio grazie alla sua teoria dello sviluppo. Intuitivamente potrebbe sembrare il contrario. Newman, come Papa Benedetto, si opponeva fieramente al relativismo. Ma l'attività interreligiosa della mia Faith Foundation produce proprio il contrario del relativismo, conferma le persone nelle loro diverse fedi, e suscita rispetto e comprensione per la fede degli altri. Collegando scuole e fedi in tutto il mondo, inserendo università in consorzi di corsi interdisciplinari su fede e globalizzazione, operando in modo interreligioso per promuovere gli obiettivi di sviluppo del millennio, quanti condividono la nostra idea vogliono approfondire la conoscenza della loro stessa fede.
Nel corso della mia vita, la crescente comprensione da parte della Chiesa della natura e dell'importanza del dialogo tra le religioni ha prodotto una fioritura di idee, e soprattutto negli ultimi decenni abbiamo assistito a uno sviluppo che incoraggia la Chiesa ad accogliere il significato spirituale di altre religioni. I vescovi dell'Inghilterra e del Galles lo hanno spiegato in modo eloquente nel recente documento Meeting God in Friend and Stranger.
Come prevedibile, sono sorte alcune controversie circa la beatificazione di Newman. Alcuni si chiedono semplicemente se sia questo il modo giusto per rendergli onore. Ma nessuno dubiterà sul serio del fatto che sia stato ed è un Dottore della Chiesa. Verrà il tempo di dichiararlo tale.


Domani inizia la visita di Stato nel Regno Unito: il Pontefice incontrerà la Regina - Onori e critiche per Ratzinger - I media Opinioni favorevoli e qualche polemica per i servizi sulla pedofilia Il governo britannico considera il Vaticano «importante partner internazionale» di Andrea Gagliarducci - © Copyright Il Tempo, 15 settembre 2010
È partito lunedì il palinsesto critico delle tv britanniche sulla visita di Benedetto XVI, che comincerà domani. Un palinsesto che dice molto della schizofrenia dei media britannici riguardo l'evento. Da una parte, note critiche, grande spazio alle varie idee di protesta (e ormai, alla vigilia del viaggio, sembra che saranno pochissime e circoscritte le proteste) contro la visita del Papa. Dall'altra, l'attenzione per una visita che si preannuncia importantissima. Specialmente per il periodo delicato che sta attraversando la Chiesa anglicana, divisa dalla Chiesa di Roma e ancora più divisa al suo interno. Lo sa bene Ruth Gledill, storica columnist di fatti religiosi per il Times di Londra, che nel sito «Religious intelligence» scrive: «Gli anglicani sono bravi a discutere pubblicamente tra loro. Di certo anche i cattolici combattono tra loro, ma buona parte di questa frattura è privata. Benedetto ha preso in mano la questione che conta davvero, la lotta al secolarismo». Basta dare una scorsa ai titoli dei giornali di ieri per comprendere come le polemiche "marginali" sono quelle che sembrano contare di più per la stampa inglese: si parla del lancio da parte del Papa di una fondazione sportiva in memoria del cardinal John Henry Newman (Indipendent Catholic News), una lista di libri cattolici da tenere sul tavolo (Economist). Più aggressivo il dibattito sui blog. Su quello del Guardian, c'è un post Peter Thatchell, leader degli attivisti gay britannici, che racconta «il suo problema con il Papa» presentando il suo documentario, andato in onda lunedì su Channel Four. Afferma che il suo «non è un documentario anticattolico». Ma è di certo fortemente critico. Sempre lunedì, Bbc One ha invece presentato un'inchiesta sui preti pedofili, dal titolo «What the Pope knew». Nei mesi passati, la stessa Bbc dava ampio risalto ai leader del movimento ateo inglese Christopher Hitchens e Richard Dawkins e alla loro intenzione di far arrestare il Papa. Su sito Slate, ieri, Hitchens tornava alla ribalta con la necessità di incriminare il Papa. Mentre stasera il secondo canale della Bbc trasmetterà «Benedict: Trials of a Pope» (Benedetto: le prove di un Papa), riguardo la carriera religiosa di Joseph Ratzinger, dalla giovinezza in Baviera all'ingresso in Vaticano. Documentari che saranno replicati durante la visita, mentre la stessa tv seguirà con grande interesse tutte le fasi del viaggio, di grande interesse politico. Per questo, mentre il Daily Telegraph polemizza sui biglietti per le celebrazioni rimasti ancora invenduti, l'Indipendent riporta le dichiarazioni del Primo Ministro Inglese David Cameron. Il quale annuncia che darà a Benedetto XVI un «benvenuto molto caloroso» e che «la Santa Sede può anche essere un partner per noi, data la sua grande influenza nel mondo: abbiamo un lavoro incredibilmente importante da fare insieme nel combattere la povertà e il disagio, nel promuovere un dialogo tra le religioni e nel gettare le basi per affrontare il cambiamento climatico». Nel Palazzo arcivescovile di Westminster, andranno a colloquio con Ratzinger, uno dopo l'altro, il premier David Cameron, il vice Nick Clegg e la leader dell'opposizione Harriet Harman. Cameron, tra l'altro, che la sera prima sarà alla «working dinner» alla Lancaster House con il seguito papale e con il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. al quale però non parteciperà Bendetto XVI.
Gli organizzatori sono ora seriamente preoccupati della scarsa capienza del Cofton Park. Probabilmente a risolvere loro i problemi ci penserà il prezzo non proprio economico del biglietto per partecipare alla cerimonia, fissato in 25 sterline, e la prospettiva di doversi mettere in coda per ore fin dall’alba. La cosa che, però, mi appare personalmente più incomprensibile è il fatto che l’incontro del Papa col mondo accademico sia stato previsto alla St. Mary’s University College di Twickenham, uno dei college più insignificanti e mediocri d’Inghilterra. Per Benedetto XVI, raffinato intellettuale, cattedratico, uomo di profonda cultura, si è trattato di un vero e proprio insulto.
Per lui non si sono aperte le porte dei templi della sapienza laica, come Cambridge ed Oxford, nonostante il fatto, peraltro, che proprio nella prestigiosa università di Oxford il cardinale John Newman, che sarà beatificato durante la visita, ha trascorso attivamente gran parte della sua vita. E’ a lui, oltretutto, che si deve la nascita di quell’importante fenomeno politico religioso noto come il movimento di Oxford. Secondo gli estensori del programma, al St. Mary’s College il Santo Padre non terrà una lectio magistralis, ma dialogherà di educazione con circa tremila giovani, di cui va apprezzato l’encomiabile sforzo di doversi alzare all’alba per essere presenti all’avvenimento. Resta comunque incredibile il fatto che durante tutti i tre giorni della visita non si sia riusciti ad organizzare un’iniziativa capace di valorizzare le vaste capacità intellettuali di Benedetto XVI. Non è stata neppure brillantissima l’idea di fissare la “fraternal visit” all’arcivescovo anglicano di Canterbury, prima della “fraternal visit” all’arcivescovo cattolico di Westminister. Forse, sarebbe stato più opportuno, oltre che più logico, il contrario. Né può considerarsi felice la scelta del repertorio musicale previsto per la veglia (anche questa a pagamento) ad Hyde Park. Tutta paccottiglia folk e pop, proprio il genere di canzoni religiose che il Santo Padre non predilige particolarmente. L’apice sarà toccato quando il Papa dovrà ascoltare “Shine Jesus Shine”, un’insignificante canzone “happy-clappy” scritto dal protestantissimo compositore/teologo Graham Kendrick.
A Benedetto XVI, raffinato cultore di musica classica e ottimo esecutore al pianoforte di brani di Mozart, un simile spettacolo poteva obiettivamente essere risparmiato. Nulla a che vedere con quello che il Pontefice ascolterà in Scozia. Lì verrà eseguita una Messa composta da James MacMillian, uno tra i più grandi musicisti contemporanei del mondo, e punta di diamante dell’attuale scenario musicale britannico.
MacMillan, direttore e compositore della BBC Philharmonic Orchestra, ha ottenuto il Classic CD Award for Contemporary Music nel 1993, grazie al suo celebre per il concerto per percussioni Veni, veni, Emmanuel, ed il Royal Philharmonic Society Award nel 2007 per la sua opera The Sacrifice, mentre nel 2009 è stato premiato come miglior compositore britannico di musica liturgica, per i suoi meravigliosi Mottetti di Strathclyde. La profonda fede cattolica di MacMillan, che ha avuto pure l’onore di farsi commissionare un concerto per violoncello da Rostropovich e di vederselo premiare dal grande maestro russo, riesce ad infondere alla sua musica un intenso e vibrante riverbero di assoluta spiritualità. E’ proprio il caso di dire: tutta un’altra musica, rispetto a “Shine Jesus Shine”.
Questo della differenza tra Scozia ed Inghilterra è, in realtà, un fattore da non trascurare. Appare singolare e sintomatico, infatti, che rispetto alla discutibile organizzazione della visita in Inghilterra, corrisponda, la parte del viaggio programmata in Scozia risulti, al contrario, caratterizzata da una gestione ineccepibile e professionale. Qualche maligno è arrivato a dire che la visita di Benedetto XVI è una cosa seria fino alla sera del 16 settembre, quando l’aereo proveniente da Glasgow atterrerà all’aeroporto londinese di Heathrow.
C’entrerà senz’altro l’eterna rivalità tra i due “old enemies”, ed il fatto che per gli scozzesi spesso il concetto d’identità nazionale coincide con il fatto di non essere inglesi.
C’entrerà anche la vigorosa presenza di Pastori del calibro del cardinale Patrick Keith O’Brien.
Ma c’entrerà soprattutto il fatto che in Scozia i cattolici adulti siano fortunatamente assai rari. I cattolici scozzesi, in realtà, riconoscono bene il nemico, e quando devono sparare sanno sempre qual è la giusta direzione.


Il Corano di Obama di Lorenzo Albacete - mercoledì 15 settembre 2010 – ilsussidiario.net
L’11 settembre 2010 è arrivato e non è successo nulla di spettacolare. La grande maggioranza degli americani hanno ricordato quel giorno in modo pacifico e rispettoso. Qualche giorno prima, Terry Jones, un pastore evangelico di Gainesville, Florida, aveva annunciato la rinuncia a bruciare qualche centinaia di copie del Corano, dopo aver ricevuto la visita di eminenti leader evangelici che lo avevano sconsigliato dal mettere in pratica una simile azione. Alla fine, il pastore ha dichiarato che Dio stesso gli aveva ordinato di annullare il previsto rogo.

A quanto pare, roghi pubblici del Corano vi erano già stati in passato, ma senza destare una grande attenzione. Inoltre, negli ambienti evangelici Jones è descritto come il capo di una congregazione marginale di nessuna importanza. Allora, perché il suo caso ha avuto così tanto rilievo sui media, anche su quelli internazionali?

Il tono dei notiziari era molto serio: come avrebbe risposto il mondo musulmano a questo indescrivibile atto? Funzionari americani, dalla Casa Bianca in giù, hanno condannato il piano di Jones, compresi il Segretario di Stato Hillary Clinton e il consigliere presidenziale David Axelrod. Il generale David Petraeus ha ammonito Jones di non bruciare il Corano, perché avrebbe messo in pericolo le vite dei soldati americani.

Lo stesso presidente Obama in televisione ha detto di Jones: “Se mi sta ascoltando, io spero che capisca che ciò che si propone di fare è completamente contrario ai valori americani.. questo … potrebbe danneggiare gravemente i nostri giovani in uniforme”. Jones avrebbe dovuto “ascoltare i suoi angeli più buoni” ha detto il presidente e annullare il suo “atto distruttivo.” (Gli angeli non devono essere riusciti a convincerlo, visto che a quanto pare è dovuto intervenire Dio).
In un commento sul suo blog, lo scrittore Bruce Bawer (che vive in Norvegia) si chiede: “Chi avrebbe immaginato, nel giorno del crollo delle Torri Gemelle, che nove anni dopo saremmo stati così spaventati dalle reazioni dei musulmani, che il piano di uno strampalato di bruciare qualche copia del Corano sarebbe diventato la notizia principale nei notiziari e avrebbe provocato addirittura l’intervento del presidente in persona per implorarlo di rinunciarvi? …Come abbiamo potuto diventare così timidi, così spaventati tanto in fretta? Come ha potuto un presidente americano, nel mezzo di due guerre e di una crisi economica, dare tanta importanza a una non-storia così insignificante?”
Continua Bawer: “ Si possono annunciare progetti per bruciare pile di Bibbie, o di Bhagavad-Gita o Dhammapada, del Libro dei Mormoni o di Science and Health with Key to the Scriptures, o interi camion di copie della Torre di Guardia o di ogni altro testo religioso non musulmano senza che la Casa Bianca o il Pentagono convochino riunioni di emergenza e mettano le ambasciate in stato di allerta.”

“Contrariamente a quanto dice Obama” conclude Bawer, “non si tratta dei ‘nostri valori come americani’; non si tratta di ‘libertà e tolleranza religiosa’. Si tratta di paura. Nove anni dopo che gli jiadisti hanno ammazzato 2977 persone sul suolo americano, lo spettacolo di leader americani tremanti di paura al pensiero che un pagliaccio potesse offendere il mondo musulmano è solo osceno”.

Gli americani sono quindi colpevoli di “islamofobia”, come recentemente suggerito dal Time Magazine in un articolo di copertina? O è tutta una creazione dei media, affamati di polemiche per riempire le loro ventiquattro ore di notizie? Diversi osservatori e pubblicisti cominciano a sospettare che gli americani siano meno nervosi di quanto appaiano dai notiziari. Qualcuno si spinge a suggerire che, malgrado i sondaggi e le vittorie del Tea Party nelle primarie, i Democratici potrebbero anche non subire un disastro nelle elezioni di metà legislatura del prossimo novembre.
Questa settimana tempeste e uragani tropicali stanno tornando a minacciare le coste del Nordest. Questo potrebbe soddisfare il bisogno dei media e, invece di creare polemiche incontrollate, spingerli a parlare di pericoli reali.


Gheddo: vi spiego perché l'odio anticristiano ora minaccia l'Europa di Piero Gheddo - mercoledì 15 settembre 2010 – ilsussidiario.net
Le violenze dei musulmani contro i cristiani del Kashmir mettono l’Occidente di fronte a un sfida cruciale per la sua sopravvivenza. Lo spiega padre Piero Gheddo, missionario del Pime, profondo conoscitore dei Paesi dell’Asia grazie all’esperienza acquisita sul campo durante numerosi viaggi in tutto il mondo e a una rete di contatti con i religiosi presenti nei Paesi più a rischio. E proprio in virtù di questa esperienza, padre Gheddo sottolinea che l’unica risposta possibile alla sfida posta dall’islam può essere quella di un ritorno dell’Europa alla fede.

Padre Gheddo, qual è l’origine delle violenze anti-cristiane in Kashmir e in altri Stati dell’India?
Nel Kashmir nascono dall’odio anti-occidentale sviluppato in un anno di guerra civile, che tra il 15 agosto 1947 e il 15 agosto 1948 ha fatto due milioni di morti. Dopo l’indipendenza indiana dalla Gran Bretagna, l’Impero indiano si è spaccato tra Pakistan e India, e le due Federazioni hanno scatenato una guerra per occupare gli Stati di confine. I Paesi occidentali e l’Unione sovietica hanno appoggiato l’India, che ha conquistato militarmente tre dei cinque distretti del Kashmir musulmano. Ed è questo il motivo per cui in questi territori i musulmani odiano ancora oggi indù e cristiani. Con la differenza che mentre i primi reagiscono, i secondi porgono l’altra guancia, diventando facili vittime di violenze soprattutto dove sono in minoranza.
Ma il Kashmir non è il solo Paese indiano dove questo avviene…
Le cause in Orissa e Madhya Pradesh, a maggioranza indù, sono completamente differenti. In questi Stati i cristiani si sono sempre interessati dei fuori casta, i cosiddetti paria, elevando la loro condizione attraverso le scuole e difendendoli in tribunale dagli espropri delle terre. In India esistono 16 milioni di paria, il 12-15% della popolazione totale. E riscattarli da una condizione di inferiorità turba l’ordine sociale tradizionale, immutabile da secoli. E’ per questo che i cristiani sono malvisti negli Stati a maggioranza induista.

Fino a che punto il governo indiano è responsabile della persecuzione dei cristiani?
Il governo ha fatto quanto era in suo potere per proteggerli, e anche la costituzione riconosce la parità tra le religioni. Anche se un partito molto influente, il Vishwa Hindu Parishad (Vhp) sostiene che l’unico vero indiano è l’induista, e questo ha dato origine a massacri di musulmani e cristiani.

Anche in Pakistan i cristiani non se la passano affatto bene…
In Pakistan la persecuzione dei cristiani è ancora più massiccia. La mentalità comune del popolo è che chi offende l’islam deve morire. In uno dei miei quattro viaggi in Pakistan, ho visitato tra l’altro il villaggio di Khushpur, che conta ottomila abitanti tutti cattolici. Le differenze rispetto a qualsiasi villaggio musulmano saltano subito agli occhi. Le strade sono pulite, le donne sono libere e senza velo, gli uomini lavorano (a differenza di quanto avviene spesso tra i musulmani, dove sono le mogli a fare i mestieri più pesanti), i bambini vanno a scuola. A Khushpur la diversità culturale dei cristiani è portata a livello di popolo, suscitando ammirazione ma anche rabbia e talora violenze. Per non parlare del fatto che il Pakistan, in origine Stato laico, ha cambiato la sua Costituzione inserendo espliciti riferimenti religiosi. Nella polizia sono arruolati agenti corrotti che appartengono agli estremisti. E sono loro spesso a giustiziare o lapidare i cristiani nei villaggi, con accuse il più delle volte inventate.
Come valuta il referendum in Turchia?
Erdogan è abbastanza propenso a promulgare una costituzione di tipo europeo. Ma il popolo turco in realtà è guidato dagli imam, che non escono dai seminari come i nostri sacerdoti, ma si tramandano la carica di padre in figlio come uno strumento di potere. E per gli estremisti è difficile accettare sia l’Occidente, sia la fede in Gesù Cristo.
Sul Corriere, Angelo Panebianco cita un suo giudizio in cui afferma che l’Europa è sul «punto di essere fortemente condizionata, nelle sue leggi e nei suoi costumi, dalle pressioni di comunità islamiche in espansione». Che cosa intende dire?
In Gran Bretagna i musulmani sono già due milioni, in Germania due e mezzo, in Italia ci sono enclavi dove sono quasi la maggioranza, come Mazara del Vallo, Colle Val d’Elsa o nel quartiere torinese di Borgo San Salvario. Gli italiani che ci vivono raccontano che i musulmani hanno le loro leggi, e che la polizia entra in queste zone solo se deve arrestare un italiano, perché per i musulmani ci sono già i tribunali islamici. E più gli immigrati aumentano, più si sente il peso di questa situazione anche in altre aree della Penisola. Gli italiani continuano a diminuire e i musulmani ad aumentare, a causa dei nuovi flussi migratori e dei nuovi nati. La loro espansione è costante, e tra 20 o 30 anni vedremo…
Che cosa può fare l’Europa per evitare di soccombere di fronte all’espansione islamica?
La risposta può essere solo sul piano religioso. Noi europei, popoli cristiani per tradizione, siamo sempre più pagani. La Chiesa è costantemente derisa, e il Vecchio continente dà ormai l’idea di essere divenuto ateo. Nei libri di testo delle scuole in Indonesia e Malesia è scritto che la missione dell’islam è portare l’Europa a Dio, vuota di ideali e di figli.
Che cosa manca a quanti in Europa si definiscono cristiani, per rispondere con la loro fede all’avanzata dell’islam?
La coscienza storica della propria identità cristiana. Se togliamo il cristianesimo all’Europa non si capisce più niente, perché la nostra società è nata dal Vangelo. Il fatto è che l’Europa oggi si chiama cristiana, ma non lo è più, e in questo modo dà l’idea ai musulmani di non credere più a niente. «E noi vi porteremo all’islam», pensano in cuor loro.
Aveva ragione Oriana Fallaci?
In realtà l’Islam ha ancora una sua funzione, anche in un Occidente moderno dove la religione musulmana potrebbe apparire superata. Ed è quella di richiamarci al dovere di essere veramente cristiani. Le conversioni dal cristianesimo all’islam sono sempre più numerose, e questo accade perché nel Corano c’è una fede in un Dio unico e una comunità degna di questo nome. E’ su questo piano, e non su quello politico né tantomeno militare, che noi cristiani siamo chiamati a lanciare la sfida al’islam.
(Pietro Vernizzi)


FALLACI/ Il nemico di Oriana? Non l'islam ma i vili intellettuali d'Occidente - Renato Farina - mercoledì 15 settembre 2010
Nonostante tutto non riesco a ricordare Oriana Fallaci mettendogli in bocca e negli occhi la rabbia contro l’islam. Anche se per reazione all’ipocrisia verrebbe proprio voglia, perché le celebrazioni che la riguardano vogliono isolare o trattare come folle e vecchia la Fallaci degli ultimi anni, quella dove aveva assunto la parte di Cassandra e gridava Troia-brucia-Troia-brucia.

Oriana è stata di più, infinitamente di più che antislamica. Uso non a caso la parola “infinitamente”. Perché guardarla in faccia com’è nel ricordo di chi l’ha conosciuta, significa attingere all’essenza stessa dell’essere uomini: un amore alla vita fuori di ogni misura, dunque smisurato, infinito perché di meno dell’infinito c’è solo il nulla e la morte.

Oriana ha odiato la morte, le sue catene ingiuriose. Per questo ha detestato e maledetto l’Islam nella forma in cui le si è palesato dinanzi agli occhi e le è entrato nel naso con la polvere da sparo di Beirut e con il cemento dissolto insieme alle ossa degli americani assassinati da Al Qaeda l’11 settembre del 2001. Ha odiato e combattuto il culto della morte dei kamikaze e dei loro cantori, il nocciolo di violenza inestirpabile che lei ha visto dentro il Corano, dove la fede si afferma con la spada.

Non importa qui stare a sostenere che esiste un altro Islam. Lei lo ha vissuto così e ha fornito prove per questa sua tesi e questo suo dolore. È stata ingiusta, ma il suo allarme non era e non è campato per aria. Soprattutto su un punto: la furia omicida dei terroristi ispirati all’islam non è derivata dalle colpe dell’Occidente. Non è una reazione esasperata a un’ingiustizia subita. È una violenza sorgiva, è una volontà di sopraffazione che non deriva dall’umiliazione sofferta, ma è dentro il basamento stesso del Corano così come l’ala purtroppo egemonica dell’Islam militante lo intende. Magari per ragioni tattiche e di furbizia non lo dice apertamente, ma quest’idea di metterci sotto i tacchi esiste eccome nei militanti anche italiani del partito delle moschee sempre e dovunque.
Sia chiaro. Contesto – e l’ho fatto quand’era viva con Oriana - il suo giudizio totalmente negativo sugli uomini e le donne che hanno “fede musulmana” (espressione di Papa Benedetto XVI a Colonia, nel 2005) . Oltretutto si contraddiceva quando elogiava i musulmani decapitati da Al Qaeda. Però sia benedetto, ci voleva proprio il suo squillo di tromba. Prima di essere una condanna dell’islam era (ed è ancora) un attacco alla vigliaccheria dell’Occidente e in esso specie dei politici e degli intellettuali. La vigliaccheria nasce quando non si ama niente di grande, quando non si vuol bene ai figli, perché come diceva Manzoni “l’amore è intrepido”. Dunque i vili non amano. E neanche odiano: campano, tirano a campare, soffrendo il meno possibile.

Dunque è una gigantesca truffa incolpare Oriana Fallaci del gesto vigliacco e squallidamente esibizionista di coloro che hanno minacciato - e qualcuno l’ha fatto davvero - di incendiare il Corano. Gentaglia, la quale sa bene di non rischiare nulla personalmente ma di fornire alibi alla persecuzione anticristiana. Quella vera. Quella dove gli inermi non hanno nessuna FBI o polizia che li difenda. Ed è ciò che precisamente è accaduto in India, dove tanti sono morti a causa di quei mascalzoni vestiti da reverendi.

Ma anche qui: l’Islam non è violento in Kashemir o in Punjab perché qualcuno lo provoca. Il terrorismo islamico è sorgivo, originario, l’imposizione della religione con il ferro, la sottomissione di chi non ci sta, è iscritta nei sacri testi e insegnata nelle scuole coraniche. L’islam oggi dominante regala occultato o bene in vista il pungiglione ai suoi fedeli. Non è per cattiveria che ce l’hanno addosso, è una specie di dotazione fornita con il Corano. Come le api le quali uccidono se stesse pur di colpire.

Non c’è una tattica o una strategia adatte alla bisogna. Ho in mente delle testimonianze. Gente che non si stanca di incontrare le persone, di mostrare un amore più forte della morte. A volte a costo del martirio di sangue. Altre volte tutto si scioglie in amicizia. Di certo non serve la paura che genera guerra, ma il coraggio di essere se stessi, di comunicare una speranza, quello sì. È magnifica - e mi piacerebbe parlarne ad Oriana, ma non si può più – l’esperienza dei nostri amici in Egitto che hanno semplicemente incontrato dei musulmani senza tirar fuori la spada e senza occultare la propria fede, ma essendo nella pienezza della loro umanità e li hanno chiamati amici. Questo cambia il mondo. E vorrei tanto oggi che Oriana potesse vedere dal cielo molti di questi miracoli.


Viaggio nel desiderio che muove ogni uomo - Giacomo Samek Lodovici – dal sito http://www.pontifex.roma.it
«Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore»: così recita il titolo della XXXI edizione del Meeting di Rimini che si apre oggi. Sono parole che invitano a riflettere sulla natura umana, sulla nostra radice profonda, sul fuoco che a volte ci pervade e che, in ogni caso, non si spegne mai del tutto, nemmeno quando una cultura riduzionista cerca di convincerci che siamo solo materia, né quando ci dedichiamo a cose volgari oppure a cose piccole in modo sproporzionato. In effetti, siamo esseri che desiderano cose grandi, come già suggerisce l’etimologia latina della parola desiderio che (secondo alcune ricostruzioni) è composta dal “de” privativo, che indica mancanza di qualcosa, e da “sidera”, cioè il cielo, le stelle, la felicità (fuor di metafora). E se è vero che «nulla di grande si fa senza passione», come hanno rilevato diversi autori, al fondo di ogni particolare passione e desiderio che ci spingono a cercare cose grandi c’è un desiderio radicale (tematizzato da moltissimi letterati e filosofi), che è la scaturigine ed il sostrato di tutti gli altri e del nostro intero dinamismo. Lo possiamo comprendere riflettendo sul sentimento della delusione.

Infatti, noi sperimentiamo due tipi di delusione. In primo luogo c’è la delusione per uno scopo mancato: volevamo un buon lavoro e non l’abbiamo avuto, volevamo girare il mondo e non ci siamo riusciti, volevamo essere amati e non siamo stati amati, ecc., perciò siamo insoddisfatti e amareggiati. Ma, in secondo luogo, esiste anche la delusione per uno scopo conseguito, quella che proviamo perché il raggiungimento di un certo traguardo non ci soddisfa come ci aspettavamo: volevamo un buon lavoro e l’abbiamo avuto, volevamo girare il mondo e ci siamo riusciti, volevamo essere amati e siamo stati amati, ecc., eppure, ogni volta, contrariamente alle nostre aspettative, dopo aver raggiunto un traguardo non siamo appagati. La delusione dell’obiettivo conseguito ci coglie (prima o poi) persino quando abbiamo raggiunto una meta a cui anelavamo spasmodicamente e ci rivela che nel nostro cuore alberga un desiderio − che è cifra della grandezza umana − che nessun bene finito può soddisfare: un desiderio di un Bene Assoluto. Per questo l’uomo è un essere essenzialmente inquieto, proteso a cercare in modo inesausto come l’Ulisse di Dante, mai pago, mai pienamente felice nella condizione storica della sua esistenza.

Più precisamente, la felicità umana è legata alle relazioni interpersonali di amore: non si può essere felici da soli e chi vive stabilmente (e non soltanto temporaneamente) in solitudine è tremendamente infelice o, nella migliore delle ipotesi, sperimenta una condizione di mera assenza di negatività, ma non di pienezza. D’altra parte, nessuna persona finita e nessuno dei nostri amori possono pienamente dissetare la nostra esigenza di infinito. Pertanto, la delusione dello scopo conseguito può farci comprendere che solo una definitiva e indefettibile relazione di comunione con una Persona Infinita può essere pienamente felicitante. Una comunione non provvisoria e parziale (quella che gli uomini di fede coltivano durante la loro vita mortale), bensì totale, dunque il cielo che de-sideriamo è il Cielo. Come ha scritto Simone Weil, «quaggiù ci sentiamo stranieri, sradicati, in esilio; come Ulisse, che si destava in un paese sconosciuto dove i marinai l’avevano trasportato durante il sonno e sentiva il desiderio d’Itaca straziargli l’anima». E quale sia la nostra Itaca ce lo evidenzia s. Agostino: «Ci hai fatti per te [o Dio] e il nostro cuore non trova pace finché non riposa in te». [Fonte Avvenire]


Avvenire.it, 15 settembre 2010 – IDEE - Ratzinger & padre Brown di Andrea Monda
Nei suoi Saggi cattoliciGraham Greene sostiene che bisognerebbe nominare il cardinale Newman patrono dei romanzieri cattolici, o, meglio dei romanzieri che sono anche cattolici. In effetti la sua clamorosa conversione avvenuta a metà dell’Ottocento ha prodotto un effetto a catena di altre conversioni specie in campo letterario: Hopkins, Chesterton, Waugh, Tolkien, Lewis, Marshall, lo stesso Greene…sono solo alcuni dei nomi tra quelli che si potrebbero citare ad indicare la "valanga Newman".

Benedetto XVI conosce bene non solo Newman ma anche qualche elemento di quella "valanga". Può darsi che non abbia letto i romanzi di Greene, tanto amati da Papa Montini, ma di sicuro ci sono due autori di quella schiera che Ratzinger conosce molto bene: Gilbert Keith Chesterton e Clive Staple Lewis. Quest’ultimo è un caso a parte, perché è l’unico che si è convertito dall’ateismo al cristianesimo ma è rimasto, almeno formalmente, al di fuori del cattolicesimo, eppure è un autore che Ratzinger ha amato e spesso anche citato (in particolare Le lettere di Berlicche e L’abolizione dell’uomo) apprezzandone la capacità di trattare argomenti "alti", seri e profondi con arguzia, leggerezza e humour tipicamente inglesi; ad esempio il 18 novembre del 1998, presentando l’enciclica Fides et Ratio in San Giovanni in Laterano l’allora cardinale Ratzinger esordiva con queste parole: «Permettetemi di cominciare con una citazione presa dalle Lettere di Berlicche del noto scrittore e filosofo inglese C.S. Lewis. Si tratta di un piccolo libro pubblicato per la prima volta nel 1942, che mette in luce i problemi ed i pericoli dell’uomo moderno in modo spiritoso ed ironico», un’altra, ennesima, conferma della falsità dei luoghi comuni e degli stereotipi sul Papa: all’attuale Pontefice romano piace tanto il cristianesimo così come viene declinato oltremanica.

Principali caratteristiche di questa "declinazione": l’accoppiata umorismo-umiltà, e la centralità della gioia. Ratzinger sa che diventare cristiani in fondo vuol dire lasciarsi sorprendere dalla gioia, come illustrato efficacemente dall’autobiografia di Lewis che s’intitola appunto Sorpreso dalla gioia. Ma la gioia ha bisogno dell’umorismo così come l’umorismo ha bisogno della gioia, così si è espresso il Papa in una recente catechesi: «La gioia profonda del cuore è la precondizione del senso dell’umorismo, e così l’umorismo è, in qualche modo, la misura della fede».

Questa consapevolezza il giovane Ratzinger l’ha maturata nel corso degli anni, grazie anche alla lettura di un autore come Chesterton, ad un tempo umorista e apologeta della fede per il quale la gioia è «il gigantesco segreto del cristiano». La dicotomia noia-gioia è per entrambi un nodo centrale come risulta evidente sin dal primo discorso del neoeletto Pontefice: «Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande […] non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo».

Fortissima l’eco di Chesterton ad esempio quando ha parlato ai giovani polacchi esortandoli: «Non abbiate paura di essere saggi, cioè non abbiate paura di costruire sulla roccia!». Nel suo capolavoro Ortodossia, Chesterton afferma: «Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell’ortodossia come di qualche cosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c’è invece niente di così pericoloso e di così eccitante come l’ortodossia: l’ortodossia è la saggezza e l’essere saggi è più drammatico che l’essere pazzi. […] E’ facile essere pazzi; è facile essere eretici; è sempre facile lasciare che un’epoca si metta alla testa di qualche cosa, difficile è conservare la propria testa».

Ma il Papa arriva anche a citare Chesterton, anche se implicitamente, e lo fa rispondendo ad un’intervista rilasciata ad una televisione tedesca; alla domanda sul ruolo dell’humour nella vita di un Papa, Benedetto XVI ha candidamente affermato: «Io non sono un uomo a cui vengano in mente continuamente barzellette. Ma saper vedere anche l’aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante e direi che è anche necessario per il mio ministero.

Un qualche scrittore aveva detto che gli angeli possono volare perché non si prendono troppo sul serio. E noi forse potremmo anche volare un po’ di più, se non ci dessimo tanta importanza». La citazione è tratta sempre da un brano di Ortodossia di Chesterton che continuava con l’immagine di Lucifero, l’angelo che cade per la forza di "gravità", dove questa gravità significa proprio seriosità, mancanza totale di umorismo che, per lo scrittore inglese come per il Papa tedesco, è quella capacità di visione, di rovesciare la prospettiva e cogliere la gioia (e anche il divertimento, secondo Benedetto XVI). Il Papa-teologo che più volte ha invocato l’esigenza di una "teologia in ginocchio", sa bene che l’umorismo è, anche etimologicamente, fratello dell’umiltà e tutti e due provengono dall’humus, dalla terra.

Solo chi ha i piedi ben piantati per terra, chi riconosce la sua "adamiticità" (Adamo, cioè il "terroso", secondo la Genesi), può volare alto, fino al cielo. È anche questo messaggio che il Papa andrà a proclamare, insieme alla grandezza di un suo maestro come Newman, volando oltremanica per andare in Inghilterra, la Terra degli Ang(e)li.


NOI, I NOSTRI FIGLI E LE DUE SCUOLE - Ci somigliano eppure sono diversi – di DAVIDE RONDONI – Avvenire, 15 settembre 2010

S i somigliano. Gli stessi capelli, le movenze del passo. A volte, i medesimi modi di vestire.

Mamme casual e figlie casual. O padri impomatati e figli vestiti alla moda. A volte al contrario, mamme un po’ trasandate e figlie curatissime, padri freak e figli griffati. Ma si somigliano, mentre vanno per i primi giorni a scuola. Ci sono i piccoli, come colombe, gattini, che vanno tra festa e sbigottimento. E poi ci sono loro, i ragazzi, le ragazze, che sono quasi come i loro genitori.

Somigliano, anche sotto mille mascheramenti.

Possono prendere tutte le distanze, ma emerge il tratto fisico, la bocca tagliata così, gli occhi.

Quell’essere stirpe, l’appartenersi del sangue.

Ci somigliano, i nostri ragazzi, ma non sono noi. All’inizio della scuola si nota di più questo strano spettacolo di genitori e figli. Si assembrano davanti agli istituti, nei parcheggi.

Poco contenti che sia arrivato il rito del mattino un po’ di corsa per non arrivare in ritardo. In questi giorni si parla molto di scuola. Ma se non si guarda quel che c’è fuori dalla porta della scuola non si capisce nulla di quello che c’è dentro. E fuori c’è questo spettacolo di somiglianze e differenze. E c’è anche una enorme scuola fuori dalla scuola. Fatta di mode, di schermi video mai spenti, di messaggi lanciati da politici o da venditori. C’è una grande continua scuola, anch’essa obbligatoria. Non usa cattedre e registri, ma altri strumenti non meno vincolanti. E si vede che come obbligo funziona benissimo, basta notare i fenomeni di massificazione del look e del pensiero. Ci sono la scuola vera e propria e la scuola esterna. E poi ci sono loro, i genitori.

Una generazione che passa all’altra il respiro, i vestiti, i telefoni, gli zaini coi libri e poi cosa?

Adulti che hanno una responsabilità difficile, se la accettano: far crescere il volto umano singolo, personale di ciascuno di questi ragazzi che lasciano ogni giorno in due scuole, la vera e propria e la generale, la sociale. Stanno tra due fuochi: non controllano più di tanto nessuna delle due scuole, affidano i ragazzi – il sangue del loro sangue – a entrambe le scuole. E cosa possono fare perché quel volto che somiglia al loro non si offuschi, non perda gusto per la vita e diventi splendidamente se stesso? Cosa possono fare? Fermarsi nel parcheggio della scuola, fermarsi nel parcheggio della società?

Educare significa far crescere uno che ti somiglia ma non è come te. Che cosa delicata.

Fantastica. Da ricominciare continuamente, senza vacanze. Nessuno o quasi sta parlando di loro. Dei genitori che vedono i ragazzi crescere nella scuola e nell’altra scuola. E ne tremano, forse, fieri o inquieti. Sperano nella scuola, un po’. E vorrebbero sperare nella società, però… Nessuno parla dei genitori che sono di ruolo e però anche precari. Non si smette mai di essere genitori, ma è pur facile accontentarsi di fermarsi nel parcheggio o sentirsi parcheggiati da ragazzi che ci somigliano, ma fatichiamo a riconoscere. A veder questi genitori e figli entrare in cancelli e portoni, vien da sorridere amaro pensando quanto ci si agiti polemicamente per la scuola e non si presti la dovuta attenzione ad altri fenomeni che diffondono costumi e mode ben sospinti da interessi di adulti avidi di denaro e di controllo.

Se un decimo dell’attenzione che le forze politiche e i media in queste ore prestano all’inizio della scuola, con molte ragioni ma anche molti pretesti, lo dedicassero alla più generale questione educativa, vedremmo Parlamento e 'grandi firme' litigare per questioni vere. E i genitori forse si sentirebbero meno soli nell’impresa più entusiasmante del mondo: dare la vita e proporne il significato a chi ti somiglia ma non è come te.