Nella rassegna stampa di oggi:
1) Avvenire.it, 22 settembre 2010 - UDIENZA DEL MERCOLEDI' - «Il viaggio nel Regno Unito, evento storico» di Benedetto XVI
2) DIFESA DELLA VITA E DELLA FAMIGLIA NELL’AGENDA BIOETICA DEL GOVERNO di Antonio Gaspari (ZENIT.org)
3) Il miracolo di san Gennaro alla prova della scienza - dal blog Ragione e Fede
4) Crisi dei giovani, crisi di maestri di Giulia Tanel del 23/09/2010, in Attualità, dal sito http://www.libertaepersona.org
5) mercoledì 22 settembre 2010 - Una lettura realista dei dati sulla pedofilia in America e Irlanda – da http://dallaragioneallafede.blogspot.com
6) Avvenire.it, 23 settembre 2010 - La pretesa negazionista di «profanare» i lager - Fino a quando Irving abuserà della nostra tolleranza?
7) RIPENSARE IL TESTO GIÀ A METÀ STRADA - Una legge per tutti i libri Ma proprio per tutti - DAVIDE RONDONI – Avvenire, 23 settembre 2010
8) «Ricorrere agli aborti non affronta le vere cause» - «Semplicemente si riduce il numero delle gravidanze invece di migliorare le cure mediche e i servizi» - DA NEW YORK Elena Molinari – Avvenire, 23 settembre 2010
Avvenire.it, 22 settembre 2010 - UDIENZA DEL MERCOLEDI' - «Il viaggio nel Regno Unito, evento storico» di Benedetto XVI
Cari fratelli e sorelle!
Oggi vorrei soffermarmi a parlare del viaggio apostolico nel Regno Unito, che Dio mi ha concesso di compiere nei giorni scorsi. E’ stata una visita ufficiale e, in pari tempo, un pellegrinaggio nel cuore della storia e dell’oggi di un popolo ricco di cultura e di fede, qual è quello britannico. Si è trattato di un evento storico, che ha segnato una nuova importante fase nella lunga e complessa vicenda delle relazioni tra quelle popolazioni e la Santa Sede. Scopo principale della visita era quello di proclamare beato il Cardinale John Henry Newman, uno dei più grandi inglesi dei tempi recenti, insigne teologo e uomo di Chiesa. In effetti, la cerimonia di beatificazione ha rappresentato il momento preminente del viaggio apostolico, il cui tema era ispirato al motto dello stemma cardinalizio del beato Newman: "Il cuore parla al cuore". E nelle quattro intense e bellissime giornate trascorse in quella nobile terra ho avuto la grande gioia di parlare al cuore degli abitanti del Regno Unito, ed essi hanno parlato al mio, specialmente con la loro presenza e con la testimonianza della loro fede. Ho potuto infatti constatare quanto l’eredità cristiana sia ancora forte e tuttora attiva in ogni strato della vita sociale. Il cuore dei britannici e la loro esistenza sono aperti alla realtà di Dio e vi sono numerose espressioni di religiosità che questa mia visita ha posto ancora più in evidenza.
Sin dal primo giorno della mia permanenza nel Regno Unito, e durante tutto il periodo del mio soggiorno, ovunque ho ricevuto una calorosa accoglienza da parte delle Autorità, degli esponenti delle varie realtà sociali, dei rappresentanti delle diverse Confessioni religiose e specialmente della gente comune. Penso in modo particolare ai fedeli della Comunità cattolica e ai suoi Pastori, che, pur essendo minoranza nel Paese, sono largamente apprezzati e considerati, impegnati nell’annuncio gioioso di Gesù Cristo, facendo splendere il Signore e facendosi sua voce specialmente tra gli ultimi. A tutti rinnovo l’espressione della mia profonda gratitudine, per l’entusiasmo dimostrato e per l’encomiabile solerzia con cui si sono adoperati per la riuscita di questa mia visita, il cui ricordo conserverò per sempre nel mio cuore.
Il primo appuntamento è stato a Edimburgo con Sua Maestà la Regina Elisabetta II, che, unitamente al suo Consorte, il Duca di Edimburgo, mi ha accolto con grande cortesia a nome di tutto il popolo britannico. Si è trattato di un incontro molto cordiale, caratterizzato dalla condivisione di alcune profonde preoccupazioni per il benessere dei popoli del mondo e per il ruolo dei valori cristiani nella società. Nella storica capitale della Scozia ho potuto ammirare le bellezze artistiche, testimonianza di una ricca tradizione e di profonde radici cristiane. A questo ho fatto riferimento nel discorso a Sua Maestà e alle Autorità presenti, ricordando che il messaggio cristiano è diventato parte integrante della lingua, del pensiero e della cultura dei popoli di quelle Isole. Ho parlato anche del ruolo che la Gran Bretagna ha svolto e svolge nel panorama internazionale, menzionando l’importanza dei passi compiuti per una pacificazione giusta e duratura nell’Irlanda del Nord.
L’atmosfera di festa e gioia creata dai ragazzi e dai bambini ha allietato la tappa di Edimburgo. Trasferitomi poi a Glasgow, città impreziosita da incantevoli parchi, ho presieduto la prima Santa Messa del viaggio proprio nel Bellahouston Park. E’ stato un momento di intensa spiritualità, molto importante per i cattolici del Paese, anche in considerazione del fatto che in quel giorno ricorreva la festa liturgica di san Ninian, primo evangelizzatore della Scozia. A quell’assemblea liturgica riunita in attenta e partecipe preghiera, resa ancor più solenne da melodie tradizionali e canti coinvolgenti, ho ricordato l’importanza dell’evangelizzazione della cultura, specialmente nella nostra epoca in cui un pervasivo relativismo minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo.
Nella seconda giornata ho iniziato la visita a Londra. Qui, ho incontrato dapprima il mondo dell’educazione cattolica, che riveste un ruolo rilevante nel sistema di istruzione di quel Paese. In un autentico clima di famiglia ho parlato agli educatori, ricordando l’importanza della fede nella formazione di cittadini maturi e responsabili. Ai numerosi adolescenti e giovani, che mi hanno accolto con simpatia ed entusiasmo, ho proposto di non perseguire obiettivi limitati, accontentandosi di scelte comode, ma di puntare a qualcosa di più grande, vale a dire la ricerca della vera felicità, che si trova soltanto in Dio. Nel successivo appuntamento con i responsabili delle altre religioni maggiormente rappresentate nel Regno Unito, ho richiamato l’ineludibile necessità di un dialogo sincero, che ha bisogno del rispetto del principio di reciprocità perché sia pienamente fruttuoso. Al tempo stesso, ho evidenziato la ricerca del sacro come terreno comune a tutte le religioni sul quale rinsaldare amicizia, fiducia e collaborazione.
La visita fraterna all’Arcivescovo di Canterbury è stata l’occasione per ribadire il comune impegno di testimoniare il messaggio cristiano che lega Cattolici e Anglicani. E’ seguito uno dei momenti più significativi del viaggio apostolico: l’incontro nel grande salone del Parlamento britannico con personalità istituzionali, politiche, diplomatiche, accademiche, religiose, esponenti del mondo culturale e imprenditoriale. In quel luogo così prestigioso ho sottolineato che la religione, per i legislatori, non deve rappresentare un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al cammino storico e al dibattito pubblico della nazione, in particolare nel richiamare l’importanza essenziale del fondamento etico per le scelte nei vari settori della vita sociale.
In quel medesimo clima solenne, mi sono poi recato nell’Abbazia di Westminster: per la prima volta un Successore di Pietro è entrato nel luogo di culto simbolo delle antichissime radici cristiane del Paese. La recita della preghiera dei Vespri, insieme alle diverse comunità cristiane del Regno Unito, ha rappresentato un momento importante nei rapporti tra la Comunità cattolica e la Comunione anglicana. Quando insieme abbiamo venerato la tomba di sant’Edoardo il confessore, mentre il coro cantava: "Congregavit nos in unum Christi amor", abbiamo tutti lodato Dio, che ci conduce sulla via della piena unità.
Nella mattinata di sabato, l’appuntamento con il Primo Ministro ha aperto la serie di incontri con i maggiori esponenti del mondo politico britannico. E’ seguita la celebrazione eucaristica nella Cattedrale di Westminster, dedicata al Preziosissimo Sangue di Nostro Signore. E’ stato uno straordinario momento di fede e di preghiera – che ha anche evidenziato la ricca e preziosa tradizione di musica liturgica "romana" e "inglese" - a cui hanno preso parte le diverse componenti ecclesiali, spiritualmente unite alle schiere di credenti della lunga storia cristiana di quella terra. Grande è la mia gioia per aver incontrato un gran numero di giovani che partecipavano alla Santa Messa dall’esterno della Cattedrale. Con la loro presenza carica di entusiasmo ed insieme attenta e trepida, essi hanno dimostrato di voler essere i protagonisti di una nuova stagione di coraggiosa testimonianza, di fattiva solidarietà, di generoso impegno a servizio del Vangelo.
Nella Nunziatura Apostolica ho incontrato alcune vittime di abusi da parte di esponenti del Clero e dei religiosi. E’ stato un momento intenso di commozione e di preghiera. Poco dopo, ho incontrato anche un gruppo di professionisti e volontari responsabili della protezione dei ragazzi e dei giovani negli ambienti ecclesiali, un aspetto particolarmente importante e presente nell’impegno pastorale della Chiesa. Li ho ringraziati e incoraggiati a continuare il loro lavoro, che si inserisce nella lunga tradizione della Chiesa di cura per il rispetto, l’educazione e la formazione delle nuove generazioni. Sempre a Londra ho visitato poi la casa di riposo per anziani gestita dalle Piccole Sorelle dei Poveri con il prezioso apporto di numerose infermiere e volontari. Questa struttura di accoglienza è segno della grande considerazione che la Chiesa ha sempre avuto per l’anziano, come pure espressione dell’impegno dei cattolici britannici nel rispetto della vita senza tenere conto dell’età o delle condizioni.
Come dicevo, il culmine della mia visita nel Regno Unito è stata la beatificazione del Cardinale John Henry Newman, illustre figlio dell’Inghilterra. Essa è stata preceduta e preparata da una speciale veglia di preghiera svoltasi sabato sera a Londra, in Hyde Park, in un’atmosfera di profondo raccoglimento. Alla moltitudine di fedeli, specialmente giovani, ho voluto riproporre la luminosa figura del Cardinale Newman, intellettuale e credente, il cui messaggio spirituale si può sintetizzare nella testimonianza che la via della coscienza non è chiusura nel proprio "io", ma è apertura, conversione e obbedienza a Colui che è Via, Verità e Vita. Il rito di beatificazione ha avuto luogo a Birmingham, nel corso della solenne Celebrazione eucaristica domenicale, alla presenza di una vasta folla proveniente dall’intera Gran Bretagna e dall’Irlanda, con rappresentanze di molti altri Paesi. Questo toccante evento ha portato ancor più alla ribalta uno studioso di grande levatura, un insigne scrittore e poeta, un sapiente uomo di Dio, il cui pensiero ha illuminato molte coscienze e ancora oggi esercita un fascino straordinario. A lui, in particolare, si ispirino i credenti e le comunità ecclesiali del Regno Unito, perché anche ai nostri giorni quella nobile terra continui a produrre frutti abbondanti di vita evangelica.
L’incontro con la Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles e con quella della Scozia, ha concluso una giornata di grande festa e di intensa comunione di cuori per la Comunità cattolica in Gran Bretagna.
Cari fratelli e sorelle, in questa mia Visita nel Regno Unito, come sempre ho voluto sostenere in primo luogo la Comunità cattolica, incoraggiandola a lavorare strenuamente per difendere le immutabili verità morali che, riprese, illuminate e confermate dal Vangelo, stanno alla base di una società veramente umana, giusta e libera. Ho inteso anche parlare al cuore tutti gli abitanti del Regno Unito, nessuno escluso, della realtà vera dell’uomo, dei suoi bisogni più profondi, del suo destino ultimo. Nel rivolgermi ai cittadini di quel Paese, crocevia della cultura e dell’economia mondiale, ho tenuto presente l’intero Occidente, dialogando con le ragioni di questa civiltà e comunicando l’intramontabile novità del Vangelo, di cui essa è impregnata. Questo viaggio apostolico ha confermato in me una profonda convinzione: le antiche nazioni dell'Europa hanno un'anima cristiana, che costituisce un tutt’uno col "genio" e la storia dei rispettivi popoli, e la Chiesa non cessa di lavorare per mantenere continuamente desta questa tradizione spirituale e culturale.
Il beato John Henry Newman, la cui figura e cui scritti conservano ancora una formidabile attualità, merita di essere conosciuto da tutti. Egli sostenga i propositi e gli sforzi dei cristiani per "diffondere ovunque il profumo di Cristo, affinché tutta la loro vita sia soltanto un’irradiazione della sua", come scriveva sapientemente nel suo libro Irradiare Cristo.
DIFESA DELLA VITA E DELLA FAMIGLIA NELL’AGENDA BIOETICA DEL GOVERNO di Antonio Gaspari (ZENIT.org)
ROMA, mercoledì, 22 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Il valore della vita e la centralità della persona sono la priorità del governo”. Così il senatore Stefano De Lillo ha aperto martedì mattina a Roma il convegno “Primum vivere – agenda bioetica del governo” organizzato dal Gruppo Parlamentare al Senato del Popolo della Libertà (Pdl).
De Lillo, che del convegno era il coordinatore, ha illustrato i cinque punti fondamentali dell’agenda e precisamente: “il valore della vita umana al momento dell'inizio; la vita nello stato di massima disabilità; la vita umana al suo termine; i problemi legati all'essere umano come materiale biologico. Infine i criteri etici della ricerca” .
Il senatore Antonio Tomassini, presidente della Commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama, ha precisato che la bioetica è un tema fondamentale della politica, le cui “regole non sono improntate a negare la libertà dell’individuo, bensì a difendere i soggetti più deboli”, regole che “devono essere flessibili, ed evolvere con la società e il progresso scientifico, ma entro dei valori che devono rimanere costanti”.
Il vicepresidente vicario dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, ha ricordato la vicenda Englaro, ripercorrendo quanto fatto dal Parlamento e dal Governo per evitare la morte di Eluana, ed ha poi rivelato che nelle votazioni a scrutinio segreto effettuate in Senato per varare il decreto Calabrò sul fine vita “emergevano sistematicamente più voti favorevoli di quanti fossero quelli a disposizione della maggioranza di governo”.
Secondo Quagliarello, “i temi della biopolitica sono la nuova frontiera lungo la quale possono consumarsi inedite convergenze fra chi ritiene che al centro della politica, debba esserci la persona con le sue imperfezioni, la sua dignità, la sua tradizione ed una libertà che si nutre di responsabilità”.
Il senatore, che è anche presidente onorario della Fondazione Magna Charta, ha criticato chi “vorrebbe espellere la voce della Chiesa dallo spazio pubblico relegandola nel ghetto della coscienza individuale”.
Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha ribadito che il DDL Calabrò “deve essere approvato anche per chiudere la falla creata dalla sentenza dei giudici sul caso Englaro”.
Il ministro ha ricordato che con il caso Englaro “la magistratura ha aperto una falla che va chiusa il prima possibile” ed ha aggiunto “non solo auspichiamo ma sicuramente avremo una larga maggioranza sulle tematiche che riguardano la vita in parlamento”.
Il sottosegretario al Ministero del lLavoro e delle Politiche sociali, Eugenia Roccella, ha aggiunto che “i temi della biopolitica sono vocati a una maggioranza più ampia, lo abbiamo visto in Senato con la legge sul fine vita” e “l’attenzione di questo Governo ai temi etici, o meglio di biopolitica, e al valore integrale della persona è chiaramente testimoniata non solo da battaglie come quella per Eluana Englaro, ma anche dalla scelta compiuta sulle mie deleghe e su quelle affidate al ministro Sacconi per il coordinamento delle politiche bioetiche”.
L’onorevole Antonio Mazzocchi, questore della Camera dei Deputati, ha fortemente difeso la famiglia naturale in quanto fondamento della società civile ed ha sottolineato che “la famiglia non è solo una questione cattolica, è un valore sociale”.
La senatrice Laura Bianconi ha ribadito che l’agenda bioetica del Governo è “un buon punto di partenza per dar vita a un confronto serio e sereno per decidere in che direzione vogliamo che la società vada. E io, personalmente, sono contraria alla banalizzazione della vita”.
Il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, ha spiegato l’impegno convinto del Governo sui temi bioetici, perchè “riguardano valori fondamentali sui quali si possono trovare in Parlamento convergenze non solo tra i cattolici ma fra tutti coloro che difendono la vita e la famiglia”.
Gasparri ha ringraziato pubblicamente il Movimento per la Vita ed il suo Presidente Carlo Casini per le tantissime opere meritorie in difesa della vita e della famiglia ed ha sottolineato il convinto sostegno suo e del gruppo alla proposta di legge per modificare l’articolo 1 del Codice civile e riconoscere la capacità giuridica del bambino non ancora nato.
Carlo Casini ha espresso “apprezzamento” per le dichiarazioni pubbliche degli esponenti del Governo e della maggioranza sulla necessità che le questioni bioetiche “trovino posto al centro dell’attuale verifica politica e della ricerca di un consenso più vasto per proseguire la legislatura”.
Casini, che è pure Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, ha rivelato che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi gli ha inviato una lettera in cui si diceva favorevole alla Moratoria sull’aborto proposta alle Nazioni Unite da Giuliano Ferrara.
Secondo il Presidente del Movimento per la Vita, i tempi sembrano maturi per recuperare una coerente e solida cultura della vita, migliorando e orientando al meglio le leggi esistenti.
Al convegno sono intervenuti anche due senatori che non fanno parte della maggioranza il senatore Claudio Gustavino dell’Alleanza per l’Italia (Api) e il senatore del Partito Democratico (Pd) Daniele Bosone, vicepresidente della Commissione Igiene e Sanità.
Gustavano si è detto d’accordo con l’approccio culturale e antropologico del governo in merito alla questioni bioetiche, mentre Bosone ha rivendicato una unità dei cattolici, pur nella diversità dei differenti punti di vista.
Il miracolo di san Gennaro alla prova della scienza - dal blog Ragione e Fede
Ieri si è liquefatto (o fuso) nuovamente il sangue di San Gennaro nel Duomo di Napoli. Facciamo il punto sulla situazione scientifica rispetto a questo avvenimento.
IN COSA CONSISTE?
Il sangue di san Gennaro è conservato nel Duomo di Napoli (assieme al busto aureo ed argenteo del Santo e al suo cranio) in una boccetta di vetro sigillata, con volume stimato di circa 60 millilitri, riempita per metà dal liquido. Questa bottiglietta, accanto ad un’altra più piccola e vuota, è contenuta tra due pareti di vetro in un reliquiario portatile d’argento. Durante la cerimonia del miracolo di San Gennaro, il reliquiario è più volte mosso, agitato e capovolto al fine di evidenziare l’avvenuta liquefazione, che diviene visibile senza difficoltà: in certi casi quasi immediatamente, in altri dopo alcuni giorni, sebbene solidificatosi nell’arco dei secoli. Si dice, su basi non comprovate dalla scienza, che in qualche circostanza il sangue “ribolla”, cambi di peso e di colore, ma non vi sono prove certe che confermino questi fenomeni. L’evento è quasi sempre avvenuto in date precise durante l’anno da circa 700 anni.
PERCHE’ SI PARLA DI MIRACOLO?
Si parla di miracolo quando si è difronte ad un fatto oggettivamente inspiegabile a qualunque disamina, a qualunque procedimento indagativo della ragione. La scienza ci dimostra come il sangue umano, se sigillato in vitro per un certo periodo, solitamente si coaguli, senza più tornare al proprio stato liquido. Ma anche quando dovesse rompersi il coagulo (con conseguente liquefazione), ciò potrebbe avvenire una tantum: senza alcuna possibilità, dunque, di ulteriore ritorno alla coagulazione iniziale. Il liquido conservato nel Duomo di Napoli, invece, sta misteriosamente continuando, nel corso dei secoli, a solidificare ed a liquefarsi più volte, senza entrare mai a contatto con l’aria.
STORIA.
Tradizionalmente si racconta che il 19 settembre del 305, durante la persecuzione di Diocleziano, Gennaro, vescovo di Benevento, fu decapitato con altri compagni nella Solfatara di Pozzuoli. In altre fonti, è detto che Gennaro fu destinato ai leoni. Qualunque sia la versione ufficiale, sappiamo che la sua nutrice raccolse il suo sangue e il suo corpo, secondo i canoni di una tradizione molto diffusa e caratterizzante l’atteggiamento dei fedeli nei confronti dei martiri. Le cerimonie in onore di san Gennaro furono istituite nel 1337 dall’arcivescovo di Napoli. Bisogna attendere il 1389 quando, il 17 agosto, il fenomeno della liquefazione venne documentato per la prima volta: «fu fatta una grandissima processione per il miracolo che Gesù mostrò mediante il sangue del beato Gennaro conservato e che allora era liquefatto come se quel giorno fosse uscito dal capo del beato Gennaro». Da allora si sono verificate circa 11.000 liquefazioni in condizioni ambientali e culturali molto diverse. L’evento si è ripetuto – quasi sempre – a date regolari, scandendo la storia di Napoli. Il 19 settembre (giorno della decapitazione del santo); il sabato che precede la prima domenica di maggio (anniversario della traslazione delle reliquie del martire nelle catacombe di Capodimonte) e il 16 dicembre (in relazione ad una terribile eruzione del Vesuvio che nel 1631 causò molti lutti e distruzione. Il popolo durante quell’evento si affidò totalmente al Santo). Sono inoltre avvenute altre liquefazioni in giorni diversi e interpretate simbolicamente dai napoletani.
POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA.
La Chiesa cattolica non ha mai riconosciuto ufficialmente come “miracolo” il fenomeno della liquefazione. Qualche autorità ecclesiale lo ha definito “prodigio”.
IPOTESI E STUDI SCIENTIFICI
Le possibilità attuali proposte: miracolo (non ci sono prove sufficienti ed esaurienti); trucco (non ci sono prove e qualcuno se ne sarebbe già accorto, inoltre occorre implicare la malafede delle autorità ecclesiali che però paradossalmente dimostrano molta più prudenza dei fedeli); “energia psichica” prodotta dalle aspettative della folla (da escludere); effetto di microrganismi (da esclludere poiché il contenuto è sigillato e isolato dall’ambiente esterno da secoli); cause naturali (non ci sono prove sufficienti ed esaurienti).
L’antropologo e studioso di miti popolari Massimo Centini ha affermato nel 2006: “Malgrado le tesi scientifiche, il miracolo di san Gennaro continua ad essere un fenomeno che resiste agli assalti del tempo e delle critiche” (Massimo Centini, Misteri d’Italia, Newton & Compton 2006 – pag. 55 e seguenti)”.
CICAP e tissotropia. Occorre premettere che il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) non ha spirito scientifico neutrale poiché è un’associazione che difficilmente intende andare contro il suo spirito di sopravvivenza (ammettendo qualcosa di misterioso negli avvenimenti che studia). Nel 1991 ha proposto l’ipotesi della tissotropia (ricordiamo che non ha però mai studiato il liquido direttamente): proprietà di alcuni gel di diventare più fluidi, fino a passare dallo stato solido a quello liquido, se scossi o fatti vibrare, comunque turbando il loro stato con sollecitazioni meccaniche. A dichiararlo è stato il suo responsabile scientifico, il chimico Luigi Garlaschelli dell’Università di Pavia (che ha fatto fortuna, non solo economica, grazie a questa vicenda), il quale tornò agli onori della cronoca anni dopo per aver voluto far credere di aver creato una seconda Sindone (senza aver mai studiato l’originale), rivelatasi però una bufala.
Il CICAP ricrea il “miracolo”. Lo scienziato ritenne che il liquido fosse frutto di una manipolazione da parte di qualche abile alchimista e ha riprodotto il “miracolo” (cioè i cambiamenti di stato da solido a liquido) utilizzando una sostanza ottenuta tramite il miscuglio di elementi abitualmente adoperati dagli antichi alchimisti (per la Sindone invece ha usato il colore ocra, ignorando che sul Lino non c’è segno di alcun pigmento o di alcuna direzione). Le sostanze tissotropiche hanno la caratteristica di mutare, se agitate, il proprio stato.
Errori del CICAP. Purtroppo il gel tissotropico creato dal chimico ha mantenuto le sue proprietà tissotropiche per soli 2 anni (come riportato da Antonio Ruggeri), al contrario del liquido di San Gennaro che dura ininterrottamente da quasi 7 secoli. Il CICAP presentò i lavori durante l’inaugurazine della sezione campana del CICAP. Il Corriere della Sera riporta che in sala era presente anche il professor Geraci, docente di Biologia molecolare e studioso di fama internazionale, che dopo aver precisato che ai miracoli non crede, “smantellò pezzo a pezzo le tesi del Cicap”. La «tissotropia» non c’entra nulla e gli scienziati del CICAP hanno utilizzato la stessa metodologia che spesso viene adottata dai loro «nemici». Il quotidiano continua: “Lo stesso Garlaschelli ha dovuto riconoscere i suoi limiti e con onestà intellettuale ha poi raggiunto il professore, al termine dell’incontro, per chiedergli lumi e la possibilità di leggere i suoi studi. Ed è a questo punto che Geraci rivela: «Il sangue c’è, il miracolo no, tutto nasce dalla degradazione chimica dei prodotti, che crea delle reazioni e delle variazioni anche con il mutare delle condizioni ambientali». Su quest’ultima frase, l’accademico, cambierà idea nel 2010 (è raccontato dopo).
Nella teca c’è sangue umano. Già Baima Bollone, ordinario di Medicina legale nell’Università di Torino, dichiarò nel 1989: “secondo il parere di alcuni insigni biologi, sembrerebbe ragionevole – sulla base delle conoscenze via via raccolte – presumere che nelle ampolline sia contenuto del sangue certamente antico. Sangue con «metaemoglobina scura e stabile, il che bene corrisponde all’aspetto cupo del materiale contenuto nelle ampolle al momento della fase solida. Nella fase di liquefazione il contenuto delle ampolle diviene invece rosso vivo, quasi che si fosse realizzato l’impossibile ripristino della ossiemoglobina. Inoltre, le conoscenze sulla coagulazione tendono a condurre gli studiosi verso la conclusione che la liquefazione ricorrente contrasta con le conoscenze scientifiche biochimiche e fisiologiche naturali.” (P.L. Baima Bollone, San Gennaro e la scienza, pag. 204). Giuseppe Geraci ha confermato tutto questo di recente, dopo 4 anni di studio.
Ultimi test scientifici. A Febbraio 2010, il dipartimento di Biologia Molecolare dell’Universita’ Federico II di Napoli, guidato appunto dal professor Geraci, ha dimostrato che nell’ampolla di San Gennaro è contenuto sangue umano e che esso può mutare stadio per eventi meccanici, fisici o chimici. Geraci afferma: “Ho applicato il massimo del rigore scientifico a un evento ritenuto assolutamente metafisico, inspiegabile”. Dopo centinaia di osservazioni e rilevazioni non si è rilevata alcuna misteriosa variazione di peso, anche quando ci sono i mutamenti di stato. L’analisi però ha portato a una sostanziale conferma dei dati emersi nel 1989 con l’analisi spettroscopica, i quali rivelarono lo spettro dell’emoglobina. A confermare ulteriormente questo dato per il professor Geraci ha contribuito un evento assolutamente imprevisto. «Nelle disponibilità della Delegazione c’era una teca con ampolla, in tutto simile a quella di San Gennaro. Una reliquia – afferma Geraci – proveniente dall’Eremo dei Camaldoli», ritrovata dieci anni fa. L’ampolla, che è identica a quella di San Gennaro ma è di datazione diversa (risale al XVIII secolo mentre quella di San Gennaro è del 1300) è stata sottoposta a numerosi test. Geraci racconta: «abbiamo riprodotto una serie di condizioni per verificare le reazioni del liquido, rossastro e schiumoso, in tutto simile a quello di San Gennaro. Poi abbiamo potuto aprire l’ampolla e, durante l’operazione, abbiamo verificato un elemento che ci ha convinto che all’interno ci fosse sangue ancor prima di poterlo verificare direttamente. Il sangue umano, in particolare condizioni, sprigiona una sostanza che, di fatto, è un vero e proprio mastice naturale. Il tappo, così come quello dell’ampolla di San Gennaro, era praticamente incollato al vetro. Impossibile da aprire senza romperlo». Nell’ampolla dei Camaldoli quindi è stato trovato del sangue umano. «Ma l’evento particolare fu all’atto dell’apertura. Si sprigionò un odore tremendo, un autentico odore di morte che si diffuse per l’intero dipartimento. Poi il liquido rossastro si coagulò in una gelatina. Test, con movimento e sostanze naturali, hanno poi riportato il sangue da solido a liquido. Così come per San Gennaro, non c’è dato scientifico univoco che spieghi perché avvengano questi mutamenti. Non basta attribuire al movimento la capacità di sciogliere il sangue, il liquido cambia stato per motivi ancora tutti da individuare” (da Il Mattino di Napoli, 5/2/10).
Conclusioni. I lavori del dipartimento di Biologia molecolare dell’università di Napoli, sono sono stati esposti il 5/2/10 all’Accademia nazionale di Scienze fisiche e matematiche presieduta a Napoli dal rettore Guido Trombetti e rappresentata dal segretario nazionale Carlo Sbordone, titolare della cattedra di Analisi matematica alla federiciana, nel corso del convegno ‘Il miracolo di san Gennaro: esperimenti e considerazioni di un biologo molecolare’, in cui “sono stati riportati gli eventi che hanno portato ad eseguire misure sulla reliquia di sangue di San Gennaro, i loro risultati e le conseguenti considerazioni sulla autenticità della reliquia”.
Geraci ha aperto il convegno mostrando ai presenti un campione del proprio sangue solidificato e agitandolo ne ha provocato la liquefazione. E’ quindi tornato a parlare di tissotropia (ipotesi già avanzata dal CICAP).
Unicità e misteriosità dell’evento. Lo scienziato ha però poi sottolineato l’incredibilità e unicità dell’ampolla studiata e di quella di San Gennaro: «non basta l’evento meccanico, uno scossone, a far cambiare stato. Quando ho aperto l’ampolla dei Camaldoli [quindi a contatto con l'aria] il sangue contenuto da liquido è divenuto gelatinoso, ho sottratto del calcio per riportarlo allo stadio fluido. Per l’ampolla con il mio sangue è bastato uno scossone. Quello che non sappiamo è in base a quali circostanze il sangue dell’ampolla di San Gennaro passa da solido a liquido e viceversa». (da Il Levante, 9/5/10).
La liquefazione del sangue di San Gennaro non avviene per contatto con l’aria ed è accaduto che nonostante numerosi giorni di “agitazioni” dell’ampolla, il sangue è rimasto solido.
Conferme. Guido Trombetti, accademico di prestigio internazionale, già Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane e titolare del corso di Analisi Matematica I e II per il corso di laurea in Fisica, ha confermato il lavoro di Geraci dicendo: “”nella teca custodita in cattedrale vi è certamente sangue umano. Perché il 19 settembre di ogni anno, agitando la teca, il sangue ivi racchiuso possa sciogliersi nessuno sa dirlo. Neanche gli esperimenti di Geraci.”. Conclude dicendo: “Bisogna smetterla con la pretesa superiorità intellettuale della posizione dei non credenti rispetto a quella dei credenti. Si tratta in entrambi i casi di una posizione dogmatica. O, se vi piace di più, si tratta della scommessa di Pascal”.
Crisi dei giovani, crisi di maestri di Giulia Tanel del 23/09/2010, in Attualità, dal sito http://www.libertaepersona.org
Il Miur ha reso noti dei dati allarmanti: 190mila ragazzi, su un totale di 616.600 iscritti, nell’ultimo quinquennio hanno abbandonato la scuola. Il 44% di questi abbandoni si registra negli istituti professionali e la regione con maggior numero di ragazzi che lasciano gli studi è la Sardegna: qui la percentuale si aggira attorno al 40%.
Insomma, il 19,7% dei ragazzi abbandona la scuola: cosa li spinge a tale scelta?
Le cause di questa “diaspora” scolastica non riguardano unicamente le scuola, ma sono anche di carattere economico e sociale.
Da un punto di vista economico, infatti, molte famiglie − soprattutto al Sud e nelle Isole − stanno letteralmente soccombendo sotto l’attuale crisi di mercato e il risultato è che, troppo spesso, i figli sedicenni sono costretti ad andare a lavorare per contribuire al reddito famigliare. In molte realtà lo studio sembra essere tornato a costituire un lusso, un denominatore di ricchezza.
I motivi di abbandono riconducibili alla sfera del sociale, invece, riguardano precipuamente l’ottica materialista che è sempre più radicata nella mentalità dei giovani d’oggi. Non sono pochi i ragazzi che abbandonano gli studi per andare a svolgere un lavoro precario e magari sottopagato, ma che consente loro di acquistare “cose”, per soddisfare le loro “vogliuzze”: il cellulare, il motorino, il computer… tanti status symbol di cui, evidentemente, non si riesce più a fare a meno; tra teenager, se non si hanno determinati “oggetti” si rischia di rimanere emarginati ed essere considerati “di meno”. Insomma, quello che più conta oggigiorno non è il valore intrinseco di una persona, bensì il suo “abito”: tutto il contrario di quello che i grandi testi del sapere hanno sempre insegnato… La terza causa determinante nell’abbandono scolastico è la scuola stessa. Però, intendiamoci, non la scuola in quanto struttura (pubblica o privata) destinata ad educare ed istruire: in tale ambito i passi che si stanno facendo sono molti; alcuni sono delle ampie falcate in avanti, altri sono dei passettini impercettibili, altri sono dei passi indietro… ma già il fatto che qualcosa si stia muovendo è positivo. No, il problema effettivo non sta nella burocrazia e nelle risorse economiche della scuola: il vero nocciolo della questione sono gli insegnanti. Troppo spesso i ragazzi si trovano di fronte adulti meno motivati di loro, che lavorano svogliatamente e senza la benché minima passione. I giovani hanno bisogno di maestri da seguire: date loro un docente realmente appassionato di quello che insegna e anche il più astruso problema di geometria sembrerà meno ostile o, se non altro, almeno un briciolo meno noioso.
Secondo Arne Ducan, Segretario di Stato all’Educazione degli Stati Uniti, “un grande insegnante può letteralmente cambiare il corso di vita di uno studente. […] Non sorprende che tutti gli studi affermino ripetutamente come sia la qualità dell’insegnante responsabile della classe il fattore decisivo per la crescita scolastica di uno studente”. Prosegue poi: “l’insegnamento è una delle poche professioni che non è solo un lavoro o un’avventura estemporanea: è una vocazione. I grandi insegnanti si sforzano di aiutare ogni studente a sbloccare il proprio potenziale e a sviluppare l’atteggiamento mentale che gli servirà per tutta la vita. Essi lavorano nella convinzione che tutti gli studenti abbiano un dono, anche quando dubitano di se stessi” (Avvenire, 2 giugno 2010).
Anche il giovane scrittore ed insegnante liceale Alessandro D’Avenia concorda con Ducan: “se i ragazzi non leggono libri, è perché gli adulti accendono la tv, invece di prendere in mano un libro. Se i ragazzi abbandonano la scuola, è perché gli adulti della scuola non sono interessati a loro. La crisi dei giovani è crisi di maestri. Io conosco centinaia di maestri capaci di provocare la nostalgia del futuro, provocando (chiamandole alla luce) le risorse migliori degli studenti. Di contro ci sono docenti che odiano i loro studenti, li umiliano e li condannano all’abbandono, non solo della scuola, ma di se stessi” (Avvenire, 8 settembre 2010).
Lo diceva anche Nietzsche: “[…] la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande”. Alimentare questo desiderio è il compito primario − e, nel contempo, più difficile − della scuola. E’ una sfida enorme ma necessaria: senza dei punti di riferimento a cui guardare, le nuove generazioni rischiano di essere sballottate dalle varie mode e tendenze, alla stregua di una barchetta nel mare in tempesta. Invece un faro, una luce, un modello da seguire possono cambiare la vita.
mercoledì 22 settembre 2010 - Una lettura realista dei dati sulla pedofilia in America e Irlanda – da http://dallaragioneallafede.blogspot.com
Sul magazine inglese Spinked, il non credente Brendan O'Neill fa il punto della situazione sulla questione pedofilia in America e Irlanda in ambito della Chiesa cattolica. Secondo il giornalista, «quello che è successo è che le sezioni della lobby dei New Atheist, hanno promosso sempre più calunnie anticattoliche, con una mentalità inquisitoriale verso la Chiesa cattolica. Così ogni accusa di abuso che emergeva nei confronti di un prete cattolico si è trasformata direttamente in stupro, indipendentemente dal fatto che uno studio legale abbia parlato di condanna». Purtroppo chi ha riportato queste scorrettezze è stato accusato, sempre dai fondamentalisti, di voler difendere i pedofili. Invece è una lettura realistica e meno ideologica dei dati di questo terribile crimine.
Stati Uniti. Fra gli esempi clamorosi O'Neill cita ad esempio quello del The Independent, che ha parlato di 10mila bambini stuprati negli Stati Uniti dai preti cattolici. Il giornalista continua: «Si riferisce ad uno studio commissionato nel 2002 dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, che ha riguardato il periodo 1950-2002, ed ha effettivamente trovato che 10.000 individui negli Stati Uniti [quindi più di 2 stupri al giorno] hanno sollevato accuse di abusi sessuali contro 4.392 sacerdoti (circa il 4% dei 109.694 sacerdoti cattolici attivi negli Stati Uniti tra il 1950 e 2002). Ma questo non significa che 10.000 persone sono state violentate». Infatti solo 3.553 delle persone affermavano di avere avuto un contatto fisico con il sacerdote (e non solo molestie verbali) e un numero inferiore parlava di tentato stupro o stupro. Esattamente 1.203 individui e non certo 10.000. Ma non è finita: «1.021 sono stati esaminati dalla polizia, e di questi, 384 sono stati effettivamente accusati, dei quali 252 sono stati condannati. Così, solo il 6% degli accusati è stato infine condannato». Facendo i conti si scopre che negli Stati Uniti, tra il 1950 e il 2002 (52 anni), sono stati realmente accusati di pedofilia 384 sacerdoti su 109.694, quindi lo 0,35% di tutti i sacerdoti attivi in quegli anni (la relazione a cui si riferiscono i media inglesi la si può trovare qui)
Irlanda. La situazione non cambia anche se i numeri si restrincono. «Il Belfast Telegraph e il Guardian parlano di migliaia di bambini stuprati tra il 1940 e il 1999. Ma è vero? No, sono 68, presumibilmente. 240 testimoni hanno fatto 253 denunce di abuso sessuale nei confronti del personale della Irish reform schools alla Commission to inquire into Child Abuse, e tra questi, 68 sostengono di essere stati violentati» (la relazione della Commissione irlandese la si può trovare qui).
O'Neill conclude: «L'ateismo moderno ha zero interesse per l'applicazione degli strumenti di indagine razionale e si è affidato all'utilizzo della politica della paura per inventare un fantastico orco dallo stupro facile, fingendo di essere difensori della pura innocenza infantile e dell'integrità della società». Segnaliamo anche il dossier Indagine sulla pedofilia nella Chiesa, di Agnoli, Bertocchio e Volontè (Fede&Cultura 2010, 6€).
Avvenire.it, 23 settembre 2010 - La pretesa negazionista di «profanare» i lager - Fino a quando Irving abuserà della nostra tolleranza?
David Irving, lo pseudo-storico inglese conosciuto grazie alla sua ostinata opera di negazione della Shoah, ha avuto un’idea brillante, utile anche per risanare il suo bilancio reso precario dalle condanne subite per negazionismo, in particolare dopo la perdita della causa per diffamazione da lui intentata nel 2000 contro la storica Deborah Lipstadt e la Penguin Books: guidare a pagamento gruppi di negazionisti nei luoghi più importanti della Shoah, per mostrarne l’inesistenza de visu.
Immaginiamo già schiere di neonazisti girare per i campi di sterminio misurando con il metro le camere a gas per dimostrare che non potevano funzionare. Irving, che si trova già in Polonia con i suoi "clienti", ha dichiarato che se non lo faranno andare ad Auschwitz andrà a Treblinka: il secondo campo di sterminio per grandezza dopo Auschwitz, quello dove tra il luglio e l’ottobre del 1942 scomparvero oltre trecentomila ebrei provenienti dal ghetto di Varsavia.
Il negazionismo non è una corrente storiografica, ma una bugia avvolta sotto la parvenza della storia e motivata esclusivamente dall’antisemitismo. Non ha dignità scientifica, dal momento che nega il valore delle prove: le une perché vengono dagli ebrei, e ovviamente giudicate «inaffidabili»; le altre perché «sospette», cioè sospettate di essere subordinate alla volontà dei vincitori. E pensare che, fra prove documentarie, giudiziarie e memorialistica la Shoah è forse l’evento maggiormente documentato della storia terribile del Novecento.
Il negazionismo è figlio del nazismo, della sua volontà di occultare lo sterminio degli ebrei. Alle origini del negazionismo sono direttamente i nazisti quando nei campi dicevano alle loro vittime che, anche se fossero sopravvissuti, nessuno li avrebbe mai creduti. Ai negazionisti non si può rispondere, perché il loro percorso mentale è deviato dall’unico obiettivo di mentire. Non c’è alcun possibile dialogo con loro.
Tuttavia, personalmente, sono fra quanti considerano con esitazione e dubbio la scelta, fatta da molti Paesi europei, di mettere fuori legge il negazionismo. Legge che, in Austria, è costata allo stesso Irving più di un anno di prigione. Credo, nonostante tutto, che si tratti di un delitto di opinione. Altra cosa è però lasciare i negazionisti liberi di insegnare le loro menzogne nelle scuole, nelle università, nella società. Altra ancora è lasciarli liberi di profanare, con la loro sola presenza, lo spazio di un campo di sterminio. Lascereste un writer ben conosciuto entrare con una bomboletta agli Uffizi, in nome della sua libertà di movimento? E la libertà di opinione può consentire la dissacrazione di uno spazio simbolico come quello di Auschwitz? Possiamo lasciare – per riprendere la bella immagine di Pierre Vidal-Naquet – che questi lugubri assassini della memoria scorazzino nei loro pullman attraverso i luoghi che hanno visto lo sterminio degli ebrei d’Europa?
«Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?», si domandava Cicerone. E fino a quando David Irving abuserà della nostra tolleranza?
RIPENSARE IL TESTO GIÀ A METÀ STRADA - Una legge per tutti i libri Ma proprio per tutti - DAVIDE RONDONI – Avvenire, 23 settembre 2010
Le grandi questioni culturali sono spesso nascoste. Non è detto che quel che assurge alla dignità di titolo sui media o a livello di polemica (spesso dai risvolti politici e condita da massicce dosi di ipocrisia, come di recente intorno al festival del cinema di Venezia) sia veramente importante. È altrove, magari in silenzio, che si giocano partite notevoli. Come quella che vede al centro una legge sulla promozione dei libri nel nostro Paese. Una legge passata alla Camera e ora in discussione (ma, a quanto risulta, anche in opportuna rimeditazione) al Senato e che ha visto sollevarsi un coro ampio di perplessità e di dissenso, formato da moltissime case editrici medie e piccole, da molti librai e autori.
Voci, come si dovrebbe sapere, di un settore già pesantemente ferito dalla cruda manovra sulle tariffe postali che tanti danni sta facendo anche al mondo dei quotidiani e dei periodici.
Con questa legge così com’è, secondo i firmatari di un appello che raccoglie su Internet tante adesioni, si finirebbe con il favorire i grandi gruppi editoriali e le catene distributive a essi collegate e si mortificherebbero editoria minore e librerie e reti indipendenti. La contesa verte sulla possibilità di effettuare sconti in modo libero e non solo entro alcuni periodi e entro alcune fasce percentuali. Da un lato i fautori di questa legge dicono che liberando la possibilità di sconto si conquistano più lettori, dall’altra si ribatte che tale capacità è solo appannaggio dei grandi gruppi e delle loro catene che in tal modo si difendono dalla forza commerciale della cosiddetta Grande Distribuzione (supermercati, autogrill compresi), ottenendo però lo stritolamento di piccoli e medi.
Nella protesta ci sono evidenti ragioni. Non è solo dando spazio ai grandi e grossi che si allarga la proposta della lettura. Senza cedere alla tentazione un po’ snob di ritenere che tutto ciò che è piccolo è bello, va riconosciuto senza mezzi termini che il valore culturale dell’editoria italiana si deve in buona parte al lavoro spesso oscuro e avventuroso di editori medio-piccoli o addirittura minimi. Dei veri 'folli del libro' in alcuni casi. Basta vedere come certi autori di valore (in alcuni casi anche dei Nobel) stavano nei cataloghi di piccole case prima che tutti li scoprissero. O come certi tesori siano custoditi in cataloghi 'laterali'. Inoltre il modello seguito in altri Paesi consiglierebbe maggior cautela nella politica degli sconti.
Resta, però, sul tappeto il problema principale, quello di convincere gli italiani a leggere. E non sarà una politica (o l’altra) di sconti a convincerli. La crisi non riguarda la possibilità di accesso ai libri, tranne forse certe zone del Sud, ma Internet arriva pure lì con le sue fornitissime librerie on line.
La crisi riguarda la motivazione alla lettura. Una crisi educativa e culturale, dalla quale non si possono più girare gli occhi, pur occupandosi di sconti sui libri.
Il mercato coi suoi fenomeni è, a suo modo, una risposta alla mancanza di motivazione: 'imponendo' certi libri, i grossi editori da un lato pensano che quei libri siano un traino, dall’altra però pensano pure a tirar su quattrini prima possibile. Il mercato – più o meno protetto – dunque non basta. Anche una generica chiamata alle armi per la diffusione del libro non porta automaticamente con sé un aumento della motivazione a leggere. In gioco, insomma, c’è un livello di questione che non riguarda solo l’organizzazione del mercato del libro, ma l’educazione, la motivazione che dovrebbe spingere ad amare la lettura come luogo di lavoro su di sé, sulla propria visione delle cose e del mondo e come intrattenimento non stupido. Senza motivo per leggere, anche lo sconto più lauto non basta.
Occorre perciò, anche in sede di formulazione di leggi, agganciare il problema della diffusione del libro e del suo commercio con l’altro vero, grande problema: cioè l’educazione. Se no si aiuta l’editore (piccolo o grande, meglio entrambi), ma intanto si balla nemmeno tanto allegramente sul Titanic.
«Ricorrere agli aborti non affronta le vere cause» - «Semplicemente si riduce il numero delle gravidanze invece di migliorare le cure mediche e i servizi» - DA NEW YORK Elena Molinari – Avvenire, 23 settembre 2010
Solleva forti perplessità nel mondo cattolico e tra le associazioni di difesa per la vita lo scopo dichiarato nel documento finale del summit anti-povertà dell’Onu di voler «eliminare» 33 milioni di gravi danze nei prossimi cinque anni. Un approccio cinico al proble ma della mortalità materna e in fantile, secondo Terrence McKeegan, vicepresidente del “Catholic Family & Human Ri ghts Institute” (Cfam), a New York per seguire i lavori del Pa lazzo di Vetro.
Qual è a suo dire la motivazione razionale delle Nazioni Unite per voler ridurre il tasso di fer tilità nei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo?
È una logica secondo la quale il modo migliore di ridurre le mor ti per parto e le morti di infanti non è di migliorare le cure che le madri e i bambini hanno a di sposizione, o la qualità e il nu mero dei dottori, o le strade per arrivare agli ospedali, ma sem plicemente di ridurre il numero delle gravidanze attraverso a borti e anticoncezionali. Non af fronta la vera causa del proble ma.
Quali dati o prove vengono usati nel documento per spiegare che un approccio del genere, per quanto cinico, possa funzionare?
L’unico dato che viene ripetuto da anni nei documento Onu è quello dell’esistenza di 200 mi lioni di donne al mondo i cui bi sogni di pianificazione familiare non vengono soddisfatti. È un numero arbitrario, perché a de finire questo “bisogno” sono gli esperti delle Nazioni Unite, non le donne stesse, che in molti Pae si poveri, per cultura o fede reli giosa, non desiderano avere maggiore disponibilità di anti concezionali o di aborti.
Nei documenti che emergono dal Palazzo di Vetro o dalle sue agenzie è ormai diventato co mune l’uso della frase «salute ri produttiva », che viene guardata con scetticismo dalle associa zioni di difesa della vita. Perché questo scetticismo?
Perché la qualità della salute ri produttiva viene misurata in un solo modo: quantificando la «prevalenza dei contraccettivi» in un Paese. Se questo indicato re è basso, si dice che in quel Pae se vi è una povera salute riproduttiva. Ogni volta che si parla dell’obiettivo numero 9 degli O biettivi del Millennio, «ridurre la mortalità materna», si parla di «prevalenza dei contraccettivi». Noi non crediamo a questa e quivalenza, che non tiene in considerazione i veri bisogni di sa lute delle donne in età fertile.
È mai stata dimostrata una cor relazione fra la «prevalenza di contraccettivi» e la riduzione della mortalità materna?
No. I Paesi che hanno ridotto drasticamente la mortalità di donne e bambini lo hanno fatto aumentando la presenza di per sonale qualificato ai parti, la pu lizia degli ospedali e la qualità delle strade. Ma le risorse sono limitate, e ogni dollaro investito in profilattici e aborti toglie de naro a questo tipo di investimenti.
L’esperienza della sua associa zione è stata ascoltata all’Onu durante la fase di preparazione del documento finale?
L’abbiamo fatta sentire. Abbia mo organizzato conferenze di al to livello invitando ginecologi, medici e volontari che operano in Paesi poveri. Durante una pre sentazione ai delegati dell’Onu, la scorsa settimana, una gineco loga ha spiegato ad esempio co me la semplice istituzione del medico di base in Nigeria più che dimezzerebbe la mortalità ma terna e infantile.