Nella rassegna stampa di oggi:
1) BENEDETTO XVI: MARIA INTERCEDE PER LE NOSTRE NECESSITÀ - Alla preghiera dell'Angelus recitata nel Cofton Park di Rednal a Birmingham
2) OMELIA DEL PAPA NELLA MESSA DI BEATIFICAZIONE DEL CARD. NEWMAN - BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata questa domenica da Benedetto XVI nel presiedere, nel Cofton Park di Rednal a Birmingham, la Santa Messa di beatificazione del Servo di Dio John Henry Newman (1801-1890), Cardinale e fondatore degli Oratori di San Filippo Neri in Inghilterra.
3) Newman ha parlato questa sera a Hyde Park - L'insegnamento del grande convertito nella meditazione del papa alla vigilia della sua beatificazione. "La passione per la verità ha un grande prezzo: spesso implica essere esclusi, ridicolizzati o fatti segno di parodia" di Benedetto XVI (18 settembre 2010)
4) Difensore della vita contro il relativismo - La missione: il teologo Ratzinger condanna l'empirismo così radicato nella cultura anglosassone che cancella Dio. Angela Pellicciari - © Copyright Il Tempo, 17 settembre 2010
5) Paolo Rodari e Andrea Tornielli, Attacco a Ratzinger, Edizioni Piemme agosto 2010, Pagine 322, ISBN 978-88-566-1583-8, Euro 18,00 – note degli autori
6) Gli anglicani possibili alleati per Benedetto di GIAN ENRICO RUSCONI - © Copyright La Stampa, 20 settembre 2010
7) PAPA/ 100mila ragioni - Ubaldo Casotto - lunedì 20 settembre 2010 – ilsussidiario.net
8) PAPA/ 1. Peter Hitchens: il mio viaggio dall’ateismo alla fede e quello di Benedetto XVI - INT. Peter Hitchens - giovedì 16 settembre 2010 – ilsussidiario.net
9) PAPA/ 2. Milbank (anglicano): da questo Papa abbiamo reimparato la ragione e la fede - INT. John Milbank - lunedì 20 settembre 2010 – ilsussidiario.net
10) NEWMAN/ 4. La fede e quella somma di indizi più ragionevoli anche della scienza - Gianni Bianchi - lunedì 20 settembre 2010 – ilsussidiario.net
BENEDETTO XVI: MARIA INTERCEDE PER LE NOSTRE NECESSITÀ - Alla preghiera dell'Angelus recitata nel Cofton Park di Rednal a Birmingham
BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI ad introduzione della preghiera mariana dell'Angelus recitata nel Cofton Park di Rednal a Birmingham.
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Fratelli e sorelle in Gesù Cristo,
Sono lieto di inviare i miei saluti alla gente di Siviglia, dove, proprio ieri, è stata beatificata Madre María de la Purísima de la Cruz. Che la beata María sia di ispirazione per le giovani donne a seguire il suo esempio di amore totale a Dio e al prossimo.
Quando il Beato John Henry Newman venne a vivere a Birmingham, diede il nome di “Maryvale” alla sua prima casa. L’Oratorio da lui fondato è dedicato all’Immacolata Concezione della Beata Vergine. E l’Università Cattolica dell’Irlanda venne da lui posta sotto la protezione di Maria, Sedes sapientiae. In moltissimi modi egli visse il proprio ministero sacerdotale in spirito di devozione filiale alla Madre di Dio. Meditando sul ruolo di Maria nel dispiegarsi del piano di Dio per la nostra salvezza, giunse ad esclamare: “Chi può valutare la santità e la perfezione di lei, che fu scelta per essere la Madre di Cristo? Quali avrebbero dovuto essere i suoi doni, lei che fu scelta per essere l’unica familiare terrena del Figlio di Dio, l’unica che egli fu obbligato per natura a riverire e alla quale rivolgersi; l’unica incaricata di guidarlo ed educarlo, di istruirlo giorno dopo giorno, mentre cresceva in sapienza e grandezza?” (Parochial and plain sermons, II, 131-2). E’ sulla base di questi doni abbondanti di grazia che noi l’onoriamo, ed è sulla base del suo intimo legame con il suo Figlio divino che noi in maniera naturale ricerchiamo la sua intercessione per le nostre necessità e quelle del mondo intero. Nelle parole dell’Angelus, ci rivolgiamo ora alla nostra santissima Madre ed affidiamo a lei le intenzioni che sono nei nostri cuori.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
OMELIA DEL PAPA NELLA MESSA DI BEATIFICAZIONE DEL CARD. NEWMAN - BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata questa domenica da Benedetto XVI nel presiedere, nel Cofton Park di Rednal a Birmingham, la Santa Messa di beatificazione del Servo di Dio John Henry Newman (1801-1890), Cardinale e fondatore degli Oratori di San Filippo Neri in Inghilterra.
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Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,
la giornata odierna che ci ha portati qui insieme a Birmingham è di grande auspicio. In primo luogo, è il giorno del Signore, domenica, il giorno in cui nostro Signore Gesù Cristo risuscitò dai morti e cambiò per sempre il corso della storia umana, offrendo vita e speranza nuove a quanti vivevano nelle tenebre e nell’ombra della morte. Questa è la ragione per cui i cristiani in tutto il mondo si riuniscono insieme in questo giorno per dar lode e ringraziare Dio per le grandi meraviglie da lui operate per noi. Questa domenica particolare, inoltre, segna un momento significativo nella vita della nazione britannica, poiché è il giorno prescelto per commemorare il 70mo anniversario della "Battle of Britain". Per me, che ho vissuto e sofferto lungo i tenebrosi giorni del regime nazista in Germania, è profondamente commovente essere qui con voi in tale occasione, e ricordare quanti dei vostri concittadini hanno sacrificato la propria vita, resistendo coraggiosamente alle forze di quella ideologia maligna. Il mio pensiero va in particolare alla vicina Coventry, che ebbe a soffrire un così pesante bombardamento e una grave perdita di vite umane nel novembre del 1940. Settant’anni dopo, ricordiamo con vergogna ed orrore la spaventosa quantità di morte e distruzione che la guerra porta con sé al suo destarsi, e rinnoviamo il nostro proposito di agire per la pace e la riconciliazione in qualunque luogo in cui sorga la minaccia di conflitti. Ma vi è un ulteriore, più gioiosa ragione del perché questo è un giorno fausto per la Gran Bretagna, per le Midlands e per Birmingham. E’ il giorno che vede il Cardinale John Henry Newman formalmente elevato agli altari e dichiarato Beato.
Ringrazio l’Arcivescovo Bernard Longley per il cortese benvenuto rivoltomi questa mattina, all’inizio della Messa. Rendo omaggio a tutti coloro che hanno lavorato così intensamente per molti anni per promuovere la causa del Cardinale Newman, inclusi i Padri dell’Oratorio di Birmingham e i membri della Famiglia spirituale Das Werk. E saluto tutti coloro che sono qui venuti dall’intera Gran Bretagna, dall’Irlanda e da altrove; vi ringrazio per la vostra presenza a questa celebrazione, durante la quale rendiamo gloria e lode a Dio per le virtù eroiche di questo sant’uomo inglese.
L’Inghilterra ha una grande tradizione di Santi martiri, la cui coraggiosa testimonianza ha sostenuto ed ispirato la comunità cattolica locale per secoli. E tuttavia è giusto e conveniente che riconosciamo oggi la santità di un confessore, un figlio di questa Nazione che, pur non essendo chiamato a versare il proprio sangue per il Signore, gli ha tuttavia dato testimonianza eloquente nel corso di una vita lunga dedicata al ministero sacerdotale, specialmente alla predicazione, all’insegnamento e agli scritti. E’ degno di prendere il proprio posto in una lunga scia di Santi e Maestri di queste isole, san Beda, sant’Hilda, san Aelredo, il beato Duns Scoto solo per nominarne alcuni. Nel beato John Henry quella gentile tradizione di insegnamento, di profonda saggezza umana e di intenso amore per il Signore ha dato ricchi frutti quale segno della continua presenza dello Spirito Santo nel profondo del cuore del Popolo di Dio, facendo emergere abbondanti doni di santità.
Il motto del Cardinale Newman, Cor ad cor loquitur, "il cuore parla al cuore", ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio. Egli ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina. Come scrisse in uno dei suoi forbiti sermoni: "l’abitudine alla preghiera, che è pratica di rivolgersi a Dio e al mondo invisibile in ogni stagione, in ogni luogo, in ogni emergenza, la preghiera, dico, ha ciò che può essere chiamato un effetto naturale nello spiritualizzare ed elevare l’anima. Un uomo non è più ciò che era prima; gradualmente… ha interiorizzato un nuovo sistema di idee ed è divenuto impregnato di freschi principi" (Parochial and plain sermons, IV, 230-231). Il Vangelo odierno ci dice che nessuno può essere servo di due padroni (cfr Lc 16,13), e l’insegnamento del Beato John Henry sulla preghiera spiega come il fedele cristiano si sia posto in maniera definitiva al servizio dell’unico vero Maestro, il quale soltanto ha il diritto alla nostra devozione incondizionata (cfr Mt 23,10). Newman ci aiuta a comprendere cosa significhi questo nella nostra vita quotidiana: ci dice che il nostro divino Maestro ha assegnato un compito specifico a ciascuno di noi, un "servizio ben definito", affidato unicamente ad ogni singolo: "io ho la mia missione – scrisse – sono un anello in una catena, un vincolo di connessione fra persone. Egli non mi ha creato per niente. Farò il bene, compirò la sua opera; sarò un angelo di pace, un predicatore di verità proprio nel mio posto… se lo faccio obbedirò ai suoi comandamenti e lo servirò nella mia vocazione" (Meditations and devotions, 301-2).
Lo specifico servizio al quale il Beato John Henry Newman fu chiamato comportò l’applicazione del suo sottile intelletto e della sua prolifica penna a molti dei più urgenti "problemi del giorno". Le sue intuizioni sulla relazione fra fede e ragione, sullo spazio vitale della religione rivelata nella società civilizzata, e sulla necessità di un approccio all’educazione ampiamente fondato e a lungo raggio, non furono soltanto di importanza profonda per l’Inghilterra vittoriana, ma continuano ancor oggi ad ispirare e ad illuminare molti in tutto il mondo. Desidero rendere onore alla sua visione dell’educazione, che ha fatto così tanto per plasmare l’"ethos" che è la forza sottostante alle scuole ed agli istituti universitari cattolici di oggi. Fermamente contrario ad ogni approccio riduttivo o utilitaristico, egli cercò di raggiungere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la disciplina morale e l’impegno religioso procedessero assieme. Il progetto di fondare un’università cattolica in Irlanda gli diede l’opportunità di sviluppare le proprie idee su tale argomento e la raccolta di discorsi da lui pubblicati come The Idea of a University contiene un ideale dal quale possono imparare quanti sono impegnati nella formazione accademica. Ed in verità, quale meta migliore potrebbero proporsi gli insegnanti di religione se non quel famoso appello del Beato John Henry per un laicato intelligente e ben istruito: "Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere" (The Present Position of Catholics in England, IX, 390). Oggi quando l’autore di queste parole viene innalzato sugli altari, prego che, mediante la sua intercessione ed il suo esempio, quanti sono impegnati nel compito dell’insegnamento e della catechesi siano ispirati ad un più grande sforzo dalla sua visione, che così chiaramente pone davanti a noi.
Mentre il testamento intellettuale di John Henry Newman è stato quello che comprensibilmente ha ricevuto le maggiori attenzioni nella vasta pubblicistica sulla sua vita e la sua opera, preferisco in questa occasione, concludere con una breve riflessione sulla sua vita di sacerdote e di pastore d’anime. Il calore e l’umanità che sottostanno al suo apprezzamento del ministero pastorale vengono magnificamente espressi da un altro dei suoi famosi discorsi: "Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso ambiente ("Men, not Angels: the Priests of the Gospel", Discourses to mixed congregations, 3). Egli visse quella visione profondamente umana del ministero sacerdotale nella devota cura per la gente di Birmingham durante gli anni spesi nell’Oratorio da lui fondato, visitando i malati ed i poveri, confortando i derelitti, prendendosi cura di quanti erano in prigione. Non meraviglia che alla sua morte molte migliaia di persone si posero in fila per le strade del luogo mentre il suo corpo veniva portato alla sepoltura a mezzo miglio da qui. Cento vent’anni dopo, grandi folle si sono nuovamente qui riunite per rallegrarsi del solenne riconoscimento della Chiesa per l’eccezionale santità di questo amatissimo padre di anime. Quale modo migliore per esprimere la gioia di questo momento se non quella di rivolgerci al nostro Padre celeste in cordiale ringraziamento, pregando con le parole poste dal Beato John Henry Newman sulle labbra dei cori degli angeli in cielo:
Lode a Colui che è Santissimo nell’alto dei cieli
E lode sia nelle profondità;
Bellissimo in tutte le sue parole,
ma ben di più in tutte le sue vie!
(The dream of Gerontius).
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
Newman ha parlato questa sera a Hyde Park - L'insegnamento del grande convertito nella meditazione del papa alla vigilia della sua beatificazione. "La passione per la verità ha un grande prezzo: spesso implica essere esclusi, ridicolizzati o fatti segno di parodia" di Benedetto XVI (18 settembre 2010)
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
questa è una serata di gioia, di immensa gioia spirituale per tutti noi. Siamo qui riuniti in questa veglia di preghiera per prepararci alla messa di domani, durante la quale un grande figlio di questa nazione, il cardinale John Henry Newman, sarà dichiarato beato. Quante persone, in Inghilterra e in tutto il mondo, hanno atteso questo momento! Anche per me personalmente è una grande gioia condividere questa esperienza con voi. Come sapete, Newman ha avuto da tanto tempo un influsso importante nella mia vita e nel mio pensiero, come lo è stato per moltissime persone al di là di queste isole.
Il dramma della vita di Newman ci invita ad esaminare le nostre vite, a vederle nel contesto del vasto orizzonte del piano di Dio, e a crescere in comunione con la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo: la Chiesa degli apostoli, la Chiesa dei martiri, la Chiesa dei santi, la Chiesa che Newman amò ed alla cui missione consacrò la propria intera esistenza. [...] Questa sera, nel contesto della preghiera comune, desidero riflettere con voi su alcuni aspetti della vita di Newman, che considero importanti per le nostre vite di credenti e per la vita della Chiesa oggi.
Permettetemi di cominciare ricordando che Newman, secondo il suo stesso racconto, ha ripercorso il cammino della sua intera vita alla luce di una potente esperienza di conversione, che ebbe quando era giovane. Fu un’esperienza immediata della verità della Parola di Dio, dell’oggettiva realtà della rivelazione cristiana quale era stata trasmessa nella Chiesa. Tale esperienza, al contempo religiosa e intellettuale, avrebbe ispirato la sua vocazione ad essere ministro del Vangelo, il suo discernimento della sorgente di insegnamento autorevole nella Chiesa di Dio ed il suo zelo per il rinnovamento della vita ecclesiale nella fedeltà alla tradizione apostolica. Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro come una lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione come un fatto puramente privato e soggettivo, una questione di opinione personale.
Qui vi è la prima lezione che possiamo apprendere dalla sua vita: ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newman ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscere Cristo, che è lui stesso “la via, la verità e la vita” (Giovanni 14, 6).
L’esistenza di Newman, inoltre, ci insegna che la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata. Non lontano da qui, a Tyburn, un gran numero di nostri fratelli e sorelle morirono per la fede; la testimonianza della loro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate che molti di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore. Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia. E tuttavia la Chiesa non si può esimere dal dovere di proclamare Cristo e il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicità ultima come individui, e quale fondamento di una società giusta e umana.
Infine, Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cristo e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere separazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivolti alla gloria di Dio e alla diffusione del suo regno. Newman comprese questo e fu il grande campione dell’ufficio profetico del laicato cristiano. Vide chiaramente che non dobbiamo tanto accettare la verità come un atto puramente intellettuale, quanto piuttosto accoglierla mediante una dinamica spirituale che penetra sino alle più intime fibre del nostro essere. La verità non viene trasmessa semplicemente mediante un insegnamento formale, pur importante che sia, ma anche mediante la testimonianza di vite vissute integralmente, fedelmente e santamente; coloro che vivono della e nella verità riconoscono istintivamente ciò che è falso e, proprio perché falso, è nemico della bellezza e della bontà che accompagna lo splendore della verità, "veritatis splendor".
La prima lettura di stasera è la magnifica preghiera con la quale san Paolo chiede che ci sia dato di conoscere “l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza” (cfr. Efesini 3, 14-21). L’Apostolo prega affinché Cristo dimori nei nostri cuori mediante la fede (cfr. Efesini 3, 17) e perché possiamo giungere a “comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità” di quell’amore. Mediante la fede giungiamo a vedere la parola di Dio come una lampada per i nostri passi e luce del nostro cammino (cfr. Salmo 119, 105). Come innumerevoli santi che lo precedettero sulla via del discepolato cristiano, Newman insegnò che la “luce gentile” della fede ci conduce a renderci conto della verità su noi stessi, sulla nostra dignità di figli di Dio, e sul sublime destino che ci attende in cielo.
Permettendo a questa luce della fede di risplendere nei nostri cuori e abbandonandoci ad essa mediante la quotidiana unione al Signore nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti della Chiesa, datori di vita, diventiamo noi stessi luce per quanti ci stanno attorno; esercitiamo il nostro “ufficio profetico”; spesso, senza saperlo, attiriamo le persone più vicino al Signore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, senza l’interiore trasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti, non possiamo – con le parole di Newman – “irradiare Cristo”; diveniamo semplicemente un altro “cembalo squillante” (1 Corinzi 13, 1) in un mondo già pieno di crescente rumore e confusione, pieno di false vie che conducono solo a profondo dolore del cuore e ad illusione.
Una delle più amate meditazioni del cardinale contiene queste parole: “Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio. Mi ha affidato un certo lavoro che non ha affidato ad altri” (Meditations on Christian Doctrine). Vediamo qui il preciso realismo cristiano di Newman, il punto nel quale la fede e la vita inevitabilmente si incrociano. La fede è destinata a portare frutto nella trasformazione del nostro mondo mediante la potenza dello Spirito Santo che opera nella vita e nell’attività dei credenti.
Nessuno che guardi realisticamente al nostro mondo d’oggi può pensare che i cristiani possano continuare a far le cose di ogni giorno, ignorando la profonda crisi di fede che è sopraggiunta nella società, o semplicemente confidando che il patrimonio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della nostra società. Sappiamo che in tempi di crisi e di ribellioni Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti per il rinnovamento della Chiesa e della società cristiana; noi abbiamo fiducia nella sua provvidenza e preghiamo per la sua continua guida. Ma ciascuno di noi, secondo il proprio stato di vita, è chiamato ad operare per la diffusione del Regno di Dio impregnando la vita temporale dei valori del Vangelo. Ciascuno di noi ha una missione, ciascuno è chiamato a cambiare il mondo, ad operare per una cultura della vita, una cultura forgiata dall’amore e dal rispetto per la dignità di ogni persona umana. Come il Signore ci insegna nel Vangelo appena ascoltato, la nostra luce deve risplendere al cospetto di tutti, così che, vedendo le nostre opere buone, possano dar gloria al nostro Padre celeste (cfr. Matteo 5, 16).
Qui desidero dire una parola speciale ai molti giovani presenti. Cari giovani amici: solo Gesù conosce quale “specifico servizio” ha in mente per voi. Siate aperti alla sua voce che risuona nel profondo del vostro cuore: anche ora il suo cuore parla al vostro cuore. Cristo ha bisogno di famiglie che ricordano al mondo la dignità dell’amore umano e la bellezza della vita familiare. Egli ha bisogno di uomini e donne che dedichino la loro vita al nobile compito dell’educazione, prendendosi cura dei giovani e formandoli secondo le vie del Vangelo. Ha bisogno di quanti consacreranno la propria vita al perseguimento della carità perfetta, seguendolo in castità, povertà e obbedienza, e servendolo nel più piccolo dei nostri fratelli e sorelle. Ha bisogno dell’amore potente dei religiosi contemplativi che sorreggono la testimonianza e l’attività della Chiesa mediante la loro continua orazione. Ed ha bisogno di sacerdoti, buoni e santi sacerdoti, uomini disposti a perdere la propria vita per il proprio gregge. Chiedete a Dio cosa ha in mente per voi! Chiedetegli la generosità di dirgli di sì! Non abbiate paura di donarvi interamente a Gesù. Vi darà la grazia necessaria per adempiere alla vostra vocazione. [...]
Ed ora, cari amici, continuiamo questa veglia di preghiera preparandoci ad incontrare Cristo, presente fra noi nel santissimo sacramento dell’altare. Insieme, nel silenzio della nostra comune adorazione, apriamo le menti ed i cuori alla sua presenza, al suo amore, alla potenza convincente della sua verità. In modo speciale, ringraziamolo per la continua testimonianza a quella verità, offerta dal cardinale John Henry Newman. Confidando nelle sue preghiere, chiediamo a Dio di illuminare i nostri passi e quelli della società britannica, con la luce gentile della sua verità, del suo amore, della sua pace. Amen.
Hyde Park, 18 settembre 2010
Difensore della vita contro il relativismo - La missione: il teologo Ratzinger condanna l'empirismo così radicato nella cultura anglosassone che cancella Dio. Angela Pellicciari - © Copyright Il Tempo, 17 settembre 2010
Sarà un caso, ma il discorso che Ratzinger ha fatto al nuovo ambasciatore di Germania il 13 settembre è un’ottima introduzione ai temi che sta affrontando nel viaggio di stato appena iniziato in Inghilterra. Il papa tedesco è partito dal ricordo dei martiri cristiani durante il nazismo. In quell'epoca si viveva in uno stato etico, in cui la differenza fra bene e male veniva stabilita dalle leggi dello stato. Le conseguenze si sono viste. La vita che contava era quella che i nazisti volevano proteggere: quella degli ariani. E anche in questo caso con evidenti limitazioni: ariani sani, belli e giovani. «Amante della vita», così il libro della Sapienza definisce il Dio biblico.
Chi si allontana da questo Dio non è più amante della vita. Ma solo protettore di una vita particolare. La vita che volta a volta è definita da chi detiene il potere: «L'agire sociale viene dominato sempre di più dall'interesse privato o dal calcolo del potere, a danno della società», diceva Ratzinger all'ambasciatore Schmid. Ratzinger ha individuato la radice del relativismo moderno nell'abbandono della fede in un Dio personale che non si limita a creare, ma che vede, ama, protegge le sue creature, tutte le sue creature, per salvarle dalla morte. Il vero nemico del Dio biblico, della Trinità formata da tre persone, è la morte. Paolo di Tarso parla della morte come dell'ultimo nemico che sarà sconfitto. Quando la fede in questo Dio personale viene meno, dice il papa, «Se però uno abbandona la fede verso un Dio personale, sorge l'alternativa di un "dio" che non conosce, non sente e non parla. E, più che mai, non ha un volere. Se Dio non ha una propria volontà, il bene e il male alla fine non sono più distinguibili; il bene e il male non sono più in contraddizione fra di loro, ma sono in opposizione in cui l'uno sarebbe complementare all'altro».
La visione del mondo tratteggiata dal pontefice in queste righe è in parte determinante originata dalla filosofia inglese: dall'empirismo e dalla massoneria che ne divulga il credo. Un uomo inerme, piccolo, semplice, calunniato, vestito di bianco, vicario di Cristo, arriva in un'Inghilterra dominata dal relativismo. In cui non si può più distinguere fra uomo e donna perché è politicamente scorretto. In cui la famiglia ha smesso di avere le sue caratteristiche naturali ed il suo valore di datrice e custode della vita. In cui orfanotrofi cattolici sono stati chiusi perché obbligati ad affidare i bambini indifferentemente ad una coppia eterosessuale o ad una omosessuale. In cui la sharia sta sempre più prendendo il posto il posto dei tribunali civili. In cui l'anglicanesimo, religione di stato il cui capo è la regina Elisabetta, ammette donne prete e preti omosessuali. In cui viene permessa la creazione di ibridi uomo-animale.
L'Inghilterra ha da tempo perso la bussola del buon senso. Oltre che, come ovvio, della fede cristiana. Per non dire della ragione e della sua capacità di conoscere la verità. Un filosofo mite, un teologo mite, un grande saggio dei nostri tempi arriva in Inghilterra come un'ancora di salvezza. Porta le ragioni del Dio amante della vita, del Dio logos che chiama il nostro logos ad interrogarsi su cos'è la verità. Una grande sfida per Ratzinger, una seria opportunità per una grande nazione.
© Copyright Il Tempo, 17 settembre 2010
Paolo Rodari e Andrea Tornielli, Attacco a Ratzinger, Edizioni Piemme agosto 2010, Pagine 322, ISBN 978-88-566-1583-8, Euro 18,00 – note degli autori
Sconto su: http://www.theseuslibri.it
Ricordo ancora, come fosse oggi, le parole che sentii dire da un cardinale italiano, allora molto potente nella Curia romana, all'indomani dell'elezione di Benedetto XVI. "Due-tre anni, durerà solo due-tre anni...". Lo faceva accompagnando le parole con un gesto delle mani, come per minimizzare...
Joseph Ratzinger, il settantottenne Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede appena eletto successore di Giovanni Paolo II doveva essere un Papa di transizione, passare velocemente, ma soprattutto doveva passare senza lasciare troppa traccia di sé...
Certo, un accenno alla durata del pontificato la fece Ratzinger stesso, nella Sistina. Ho impressa nella mente l'immagine del momento in cui accettò l'elezione. Disse che sceglieva il nome di Benedetto per ciò che la figura del grande santo patrono d'Europa aveva significato, ma anche perché l'ultimo Papa che aveva preso questo nome, Benedetto XVI, non aveva avuto un pontificato molto lungo e si era adoperato per la pace.
Ma un pontificato non lungo, a motivo dell'età già avanzata, non significa passare senza lasciare traccia. Anche quello di Giovanni XXIII doveva essere – e dal punto di vista meramente cronologico è stato – un pontificato di transizione. Ma quanto ha cambiato la storia della Chiesa...
Ci ho ripensato molte volte: visto che non è passato così velocemente come qualcuno sperava, e visto che il suo pontificato è destinato a lasciare un segno, si sono moltiplicati gli attacchi contro Benedetto XVI.
Attacchi di ogni tipo. Una volta si dice che il Papa si è espresso male, un'altra volta si parla di errore di comunicazione, un'altra ancora di un problema di coordinamento tra gli uffici curiali, un'altra di inadeguatezza di certi collaboratori, un'altra del concordante tentativo da parte di forze avverse alla Chiesa intenzionate a screditarla. Vuole sapere la mia impressione?
Anche se in realtà il Santo Padre non è solo, anche se attorno a lui ci sono persone fedeli che cercando di aiutarlo, in tante occasioni egli viene lasciato oggettivamente solo. Non c'è una squadra che lo sostiene adeguatamente, che previene l'accadere di certi problemi, che riflette su come rispondere in modo efficace. Che cerca di far passare, di espandere l'autentico suo messaggio, spesso distorto. Così la domanda più frequente è diventata questa: a quando la prossima crisi?Mi sorprende anche il fatto che talvolta queste crisi arrivino dopo decisioni importanti...
C'era, sì, il gravissio caso irlandese. Ma nulla faceva ancora presagire che, come per contagio, la situazione oggettivamente peculiare dell'Irlanda – che ha messo in luce l'oggettiva incapacità di diversi vescovi di governare le loro diocesi? e di affrontare i casi di abusi sui minori tenendo presente la necessità di assistere innanzitutto le vittime evitando in ogni modo che le violenze potessero ripetersi – finisse per replicarsi, per lo meno mediaticamente, in altri Paesi. E ha coinvolto la Germania, l'Austria, la Svizzera, e di nuovo, nelle polemiche, gli Stati Uniti, dove già il problema era emerso, e in maniera piuttosto devastante, all'inizio di questo millennio.
Solo a scorrere le rassegne stampa internazionali, bisogna ammettere l'esistenza di un attacco contro Papa Ratzinger. Un attacco dimostrato dal pregiudizio negativo pronto a scattare su qualsiasi cosa il Pontefice dica o faccia. Pronto a enfatizzare certi particolari, pronto a creare dei «casi» internazionali. Questo attacco concentrico ha origine fuori, ma spesso anche dentro la Chiesa. Ed è (inconsapevolmente) aiutato dalla reazione a volte scarsa, di chi attorno al Papa potrebbe fare di più per prevenire le crisi o per gestirle in modo efficace.
È purtroppo (inconsapevolmente) aiutato dalla mancanza di una regia e di una strategia comunicativa, come si è visto nel corso di quella che nelle prossime pagine abbiamo definito «la settimana nera», con gli incidenti di percorso rappresentati dall'omelia del Venerdì santo 2010 pronunciata da padre Raniero Cantalamessa, dalle parole del cardinale Angelo Sodano il giorno di Pasqua, dalle dichiarazioni del Segretario di Stato Tarcisio Bertone rilasciate durante il suo lungo viaggio pastorale in Cile.
Questo libro non intende presentare una tesi precostituita. Non intende accreditare in partenza l'ipotesi del complotto ideato da qualche «cupola» o spectre, neanche quella del «complotto mediatico», divenuto spesso il comodo lasciapassare dietro al quale alcuni collaboratori del Pontefice si trincerano per giustificare ritardi e inefficienze. È però innegabile che Ratzinger sia stato e sia sotto attacco.
Le critiche e le polemiche suscitate dal discorso di Regensburg; il caso clamoroso delle dimissioni del neo- arcivescovo di Varsavia Wielgus a causa di una sua vecchia collaborazione con i servizi segreti del regime comunista polacco; le polemiche per la pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum; il caso della revoca della scomunica ai vescovilefebvriani, che ha coinciso con la tramissione in video dell'intervista negazionista sulle camere a gas rilasciata a una Tv svedese da uno di loro; la crisi diplomatica per le parole papali sul preservativo durante il primo giorno del viaggio in Africa; il dilagare dello scandano degli abusi sui minori, che non accenna ancora a placarsi e rischia di stendere un'ombra sugli ultimi anni del pontificato wojtyliano.
Di bufera in bufera, di polemica in polemica, l'effetto è stato quello di «anestetizzare» il messaggio di Benedetto XVI, schiacciandolo sul cliché del Papa retrogrado, depotenziandone la portata. E soprattutto dimenticando slanci e aperture dimostrati da Ratzinger in questi primi cinque anni di pontificato su grandi temi quali la povertà, la salvaguardia del creato, la globalizzazione. Ma questo attacco non ha mai avuto un'unica regia. Ha avuto, piuttosto, un'assenza di regia.
Anche se non si può escludere che in più occasioni, pure nel corso della crisi per gli scandali per la pedofilia del clero, si sia verificata un'alleanza tra ambienti diversi ai quali può far comodo ridurre al silenzio la voce della Chiesa, sminuendo la sua autorità morale e il suo essere fenomeno popolare, magari con la segreta speranza che nel giro di una decina essa finisca per contare sulla scena internazionale quanto una qualsiasi setta.
Paolo Rodari
Andrea Tornielli
http://www.facebook.com/notes/paolo-rodari/attacco-a-ratzinger-paolo-rodariandrea-tornielli-edizioni-piemme-1800/153143531365416
Abbiamo cercato di documentare ciò che è avvenuto, abbiamo fatto parlare i protagonisti e gli osservatori più qualificati, abbiamo raccolto documenti e testimonianze inedite che aiutano a ricostruire quanto accaduto nei sacri palazzi, e più in generale nella Chiesa, durante le crisi di questi primi cinque anni di pontificato. Un pontificato che si era aperto, dopo il conclave lampo durato lo spazio di un giorno, con le parole pronunciate da Papa Ratzinger nel giorno della messa inaugurale, il 24 aprile 2005: «Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi». Quasi presentisse che l'avrebbe aspettato un insidioso percorso ad ostacoli.
Mi sto ad esempio chiedendo che cosa accadrà ora che Benedetto XVI ha coraggiosamente proclamato l'eroicità delle virtù di Pio XII insieme a quelle di Giovanni Paolo II».Quando questa confidenza venne fatta a uno di noi, alla vigilia di Natale del 2009, da un autorevole porporato che lavora da molti anni nei sacri palazzi, il grande scandalodegli abusi sui minori perpetrati dal clero cattolico non era ancora esploso in tutta la sua portata.
Gli anglicani possibili alleati per Benedetto di GIAN ENRICO RUSCONI - © Copyright La Stampa, 20 settembre 2010
Se il successo mediatico è un criterio per giudicare la visita del Papa in Inghilterra, allora questa sembra aver raggiunto il suo obiettivo.
Il Pontefice ha trovato i toni giusti per farsi ascoltare in un Paese dal secolarismo maturo ed esigente. Ratzinger ha usato parole di profonda commozione e di forte dimensione religiosa per le vittime della pedofilia nella Chiesa ed espressioni di schietta riconoscenza di «tedesco» nel Paese che coltiva un ricordo vivissimo della guerra contro la Germania nazista.
Ma dietro all’emozione di Ratzinger e al suo «candore» c’è un teologo severo. Severo nel giudicare l’Occidente secolarizzato, che non è recuperabile con il semplice ricatto della minaccia dell’Islam o con la promozione di una religione-identikit, potente soltanto simbolicamente e mediaticamente - come invece vorrebbero molti. A lui stanno a cuore i contenuti dottrinari della religione.
In questa prospettiva si colloca la sua strategia di avvicinamento o di rapporto privilegiato con una Chiesa «separata» ma dogmaticamente ancora (apparentemente) salda come la Chiesa anglicana.
Ma questa Chiesa ha una pratica pastorale (sacerdozio femminile, celibato facoltativo) e una dottrina morale (unioni omosessuali) che sono considerate incompatibili con Roma. Mi chiedo quindi se l’avvicinamento tra le due Chiese non innescherà un corto circuito tra contenuti dogmatici e comportamenti morali con conseguenze imprevedibili per lo stesso cattolicesimo. Non è possibile che Ratzinger non abbia valutato questo problema.
La risorsa principale sulla quale l’attuale Pontefice punta è quella che oggi appare la più perdente: la fedeltà alla dottrina tradizionale della Chiesa. Professore di dogmatica fino al midollo, per anni defensor fidei nella struttura burocratico-istituzionale dell’ex Santo Uffizio, scelto al soglio pontificio per riportare un po’ di ordine teologico dopo le improvvisazioni wojtyliane - Ratzinger gioca tutto il suo pontificato sulla riproposta della dottrina tradizionale della Chiesa e della «razionalità della fede» con la convinzione che essa sia ancora all’altezza dell’Occidente secolare.
Apparentemente privo di carisma personale confrontabile con quello del suo predecessore, Ratzinger ne sta scoprendo uno suo personale in sintonia con il «carisma d’ufficio», basato fondamentalmente sulla autorità e sulla autorevolezza del suo ruolo.
Ma in lui si percepisce anche una sottile sofferenza interiore che ricorda quella di un suo (lontano) predecessore, Paolo VI. Ratzinger non ha l’esperienza politica né l’intelligenza problematica di Montini.
Ma la passione, l’insistenza, la radicalità della sua condanna della pedofilia nelle file della Chiesa gli ha dato una statura morale e intellettuale rispetto alla quale appaiono miserabili e ridicoli i distinguo e i risentimenti vittimistici di molti uomini di Chiesa.
Dopo qualche anno di pontificato è evidente la doppia strategia ratzingeriana: lotta al «relativismo» e al «secolarismo» all’interno dell’Occidente, e tentativo di ricuperare le Chiese ancora dogmaticamente «ortodosse». Da questo punto di vista non stupisce la freddezza, spinta sino all’insofferenza, verso le Chiese riformate, protestanti tedesche che sono irrecuperabili per la Chiesa di Roma. Ma, a ben vedere, questo è un atteggiamento perfettamente coerente con la ricostruzione che Ratzinger fa dello sviluppo della modernità e del razionalismo occidentale di cui la Riforma luterana è stata uno degli impulsi (Non dimentichiamo la lezione di Ratisbona, che rimane a tutt’oggi l’esposizione più netta ma insieme più discutibile della visione ratzingeriana della modernità).
Diversa invece è la strategia verso l’anglicanesimo. È caratterizzata dalla insistenza sulla condivisione di valori comuni - paradossalmente incarnata dal «convertito» John Henry Newman ora dichiarato «beato» dalla Chiesa di Roma. Ciò che poteva sembrare un «dispetto» tra Chiese può diventare un motivo di comunanza? Forse. Ma queste sono soltanto congetture di una visita le cui conseguenze a lungo termine sono ancora molto incerte.
PAPA/ 100mila ragioni - Ubaldo Casotto - lunedì 20 settembre 2010 – ilsussidiario.net
Il viaggio del Papa in Gran Bretagna è stato la dimostrazione di quanta ragione avesse Tertulliano quando diceva che il cristianesimo chiede solo una cosa, di non essere rifiutato senza essere conosciuto. Benedetto XVI non ha avanzato questa pretesa in modo preventivo, ma con il suo fare umile e nello stesso tempo fermo, ha costretto molti dei suoi detrattori d’Oltremanica, presenti in realtà più nei media che nelle piazze, a ricredersi. E, con un’onestà intellettuale rara dalle nostre parti, se si sconta qualche inevitabile eccezione, i giornali inglesi si sono ricreduti. L’hanno fatto di fronte ai centomila che hanno affollato, in modo inaspettato Hyde Park per la veglia di preghiera per la beatificazione di John Henry Newman (l’aspettativa era di non più di cinquantamila persone); l’hanno fatto soprattutto di fronte alle parole di Joseph Ratzinger, che ha smesso di essere il “Papa Rotweiler”, qualcuno anzi, di fronte al suo argomentare razionale, si è chiesto: possiamo dire che non abbia ragione?
Il fil rouge e la preoccupazione costante dei discorsi del Papa in Inghilterra mi pare di poterli individuare nella dimensione pubblica e totalizzante per la vita dell’avvenimento della fede. Una fede che per quanto riguarda l’iniziativa di Dio (l’ha ben spiegato parlando di Newman) è grazia e illuminazione, per quanto riguarda la libertà dell’uomo è questione di “conoscenza”. Il verbo conoscere, declinato in vari modi, è stato quello più ripetuto nei due discorsi dedicati al nuovo beato della Chiesa inglese, la cui opera (“specifico servizio”) è stata così riassunta da Benedetto XVI: “Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro come una lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione come un fatto puramente privato e soggettivo, una questione di opinione personale”. Una lotta quindi contro il relativismo intellettuale e morale nel quale si esplica oggi il potere del mondo. Una passione per la verità - e si può dire che qui il Pontefice parli per esperienza personale - che comporta “un grande prezzo da pagare”.
A questo punto qui il Papa ha attualizzato il concetto di persecuzione: “Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia”. Qui, onde evitare ogni vittimismo autocommiserativo, ha subito rilanciato la palla in campo cristiano e richiamato la responsabilità soprattutto del “laicato”, indicandone nello stesso tempo l’errore: “Non vi può essere separazione tra ciò che crediamo e il modo in cui viviamo la nostra esistenza”. È il superamento di questa separazione tra fede e vita la responsabilità dei cristiani oggi. Uno iato per superare il quale non basta il richiamo alla tradizione.
Chissà se finalmente si capirà che questo Papa, che ama la Tradizione, non è tradizionalista. Risentiamo che cosa ha detto ad Hyde Park: “Nessuno che guardi realisticamente al nostro mondo d’oggi può pensare che i cristiani possano continuare a far le cose di ogni giorno, ignorando la profonda crisi di fede che è sopraggiunta nella società, o semplicemente confidando che il patrimonio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della nostra società”.
Il Papa della ragione, il Papa che difende la dignità dell’uomo ribadendo che la coscienza è indisponibile per il potere, il Papa che spiega il rapporto tra religione rivelata e politica ricordando il reciproco ruolo purificatore che intercorre tra fede e ragione… questo Papa può fondare tutta l’impalcatura del suo argomentare su un fatto presente. E l’ha ricordato durante l’omelia della Messa di beatificazione di Newman, prima di parlare della santità del grande teologo: “In primo luogo domenica è il giorno in cui nostro Signore Gesù Cristo risuscitò dai morti e cambiò per sempre il corso della storia umana offrendo vita e speranza nuove a quanti vivevano nelle tenebre e nell’ombra della morte. Questa è la ragione per cui…”.
Conoscere questo fatto che attraversa la storia rende inaccettabile ogni sua riduzione intellettuale, morale o dottrinaria.
Dice il segretario di C.S. Lewis, Walter Hooper, raccontando la sua conversione: “Una domenica di Pasqua mi recai in cattedrale, e un vescovo anglicano iniziò l’omelia dicendo: ‘Cari fratelli, stamattina parlavo con il mio gatto, e gli domandavo: ma tu, o gatto, sei davvero sicuro che Gesù sia risorto?’. Me ne andai via disgustato; a casa accesi il televisore e vidi a Roma un uomo vestito di bianco esclamare a gran voce ‘Cristo è davvero risorto!’. Dove mai sarei potuto andare?”.
PAPA/ 1. Peter Hitchens: il mio viaggio dall’ateismo alla fede e quello di Benedetto XVI - INT. Peter Hitchens - giovedì 16 settembre 2010 – ilsussidiario.net
Dall’ateismo alla fede. E’ la storia personale di Peter Hitchens, pluripremiato giornalista inglese 59enne, che nell’ultimo libro dal titolo La rabbia contro Dio. Come l’ateismo mi ha portato alla fede racconta la sua conversione dall’ateismo militante e dal trotzkismo alla fede anglicana e a posizioni conservatrici. Un percorso che lo ha portato a convinzioni opposte a quelle del fratello, lo scrittore Christopher Hitchens, uno dei più accesi polemisti anti-cristiani viventi. Abbiamo intervistato Peter Hitchens in occasione della visita del Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna, dove sarà da oggi fino al 19 settembre per la beatificazione di John Henry Newman. Un’occasione per fare il punto sulle opportunità legate a quello che si presenta come un evento storico e, nello stesso tempo, molto delicato dal punto di vista diplomatico.
Oggi, 16 settembre, il Papa Benedetto XVI sarà in Gran Bretagna. Ritiene che sarà un’opportunità positiva per il suo Paese?
Sono sicuro che sarà un’opportunità positiva. Dubito seriamente però che la Gran Bretagna la coglierà. La visita è stata organizzata dal precedente governo, per motivazioni che restano da chiarire. Il suo momento centrale, la beatificazione di John Henry Newman, è sconosciuto alla maggioranza del popolo inglese che – essendo analfabeta in materia di religione – ha udito a malapena di Newman e nutre scarso interesse per quanto riguarda il suo stato di beato. La Chiesa cattolica in Gran Bretagna inoltre è generalmente su posizioni liberali, e (io sospetto) non molto favorevole nei confronti delle opinioni conservatrici di Benedetto XVI. E quindi non ritengo che ci sia una grande volontà che la visita abbia successo.
Il popolo inglese, benché in gran parte indifferente nei confronti della religione e ignorante per quanto riguarda le differenze tra protestantesimo e cattolicesimo, che un tempo lo avrebbero interessato, può facilmente farsi aizzare in un bigottismo anti-cattolico, specialmente sull’argomento degli abusi sessuali dei sacerdoti.
Che cosa ne pensa della posizione di Richard Dawkins e di suo fratello Christopher, che hanno chiesto di inquisire Benedetto XVI per crimini contro l’umanità in relazione alla vicenda dei preti pedofili?
E’ semplicemente ridicola.
Secondo quanto dichiarato pochi giorni fa dal portavoce della Conferenza Episcopale inglese, Jack Valero, Papa Benedetto XVI potrebbe incontrare dieci vittime degli abusi in Gran Bretagna. Questo fatto aiuterà a sanare le ferite delle persone che hanno subito degli abusi?
Lo spero di cuore. Quanti però desiderano usare questo problema per attaccare la Chiesa cattolica non desisteranno, qualsiasi cosa accada. Verrebbe da pensare, dal modo con cui insistono, che la Chiesa cattolica abbia istruito i suoi sacerdoti perché abusassero dei bambini, e che nessun bambino abbia mai subito abusi nelle istituzioni laiche e liberali. Il vero problema in questo caso è la crescita della furia laicista contro il Cristianesimo.
Nel suo libro La rabbia contro Dio racconta che tra gli elementi che hanno giocato un ruolo nella sua conversione c’è stata anche la paura provata di fronte a un quadro, il Giudizio universale di Rogier van der Weyden. Ritiene che l’origine della religione sia un sentimento di paura, o qualche cos’altro?
No, l’origine della religione non è certamente la paura. L’origine della religione risiede nel fatto che l’esistenza di Dio spiega così tanti dei misteri dell’universo - specialmente la coscienza.
Lo scrittore russo Fedor Dostoevskij, negli appunti del romanzo I demoni, si domandava: «Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?». Lei che cosa risponderebbe?
Sì. Perché il fatto di essere un uomo colto e un europeo dei nostri giorni dovrebbe essere un ostacolo al fatto di credere? Io avrei detto piuttosto che i fallimenti e le barbarie compiute nel 20esimo secolo dall’uomo senza Dio, soprattutto in Europa, hanno reso la Divinità di Cristo più facile da comprendere e più necessaria. E per quanto riguarda il fatto che siamo uomini colti, basti ricordare che la Divinità di Cristo è il fondamento della nostra cultura.
Lei ha dichiarato che il suo ateismo è iniziato ad andare in crisi anche di fronte alla bellezza delle chiese del Medioevo: «I miei disprezzati antenati non erano né rozzi né ignoranti, ma uomini e donne di grande abilità e geni dell’ingegneria, un genio non contraddetto o bloccato dalla fede, ma rafforzato da questa». Perché ritiene che la fede possa rafforzare le abilità e le qualità umane?
Perché il desiderio di conoscere la sovranità di Dio ispira gli uomini a compiere cose più grandi di quanto possa fare la semplice esistenza quotidiana. Per capirlo, basta paragonare una cattedrale con una villetta a schiera, la musica di Giovanni Pierluigi da Palestrina con una canzone pop, Leonardo da Vinci con gli affreschi murali di Pompei.
(Pietro Vernizzi)
PAPA/ 2. Milbank (anglicano): da questo Papa abbiamo reimparato la ragione e la fede - INT. John Milbank - lunedì 20 settembre 2010 – ilsussidiario.net
Si è conclusa ieri, con la beatificazione del Cardinale John Henry Newman, la visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna, su invito ufficiale della Regina Elisabetta. Un’importante visita di Stato, ma anche l’incontro tra due Chiese cristiane ultimamente più vicine.
Per questo motivo ilsussidiario.net ha chiesto a John Milbank, Professor in Religion, Politics and Ethics nell’Università di Nottingham e cofondatore del Radical Orthodoxy movement, di approfondire il significato della visita del Papa e della beatificazione di Newman.
Professore, ieri c’è stata la cerimonia di beatificazione del Cardinale John Henry Newman. Com’è stato percepito questo evento da parte della gerarchia e dei fedeli della Chiesa anglicana?
Sia la gerarchia anglicana che una grande maggioranza dei fedeli sono lieti per la beatificazione di Newman e sono commossi dal riconoscimento del Papa di questo grande cristiano inglese, che ha così fortemente contribuito a formare l’attuale vita sia della Chiesa anglicana che di quella cattolica.
Senza Newman, la celebrazione settimanale dell’Eucaristia non sarebbe diventata usuale nelle parrocchie anglicane. La sua influenza ha aiutato a “cattolicizzare” la pratica anglicana in un modo decisivo, che i principali vescovi anglicani sono oggi coscienti di dover difendere contro le pressioni in favore di un falso populismo.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, insieme ai grandi teologi della Scuola di Tubinga nell’800, egli è stato uno dei primi in epoca moderna a suggerire l’importanza della storia, dell’immaginazione, della cultura e dell’unione integrale tra mente e sentimento nell’elaborazione della verità cristiana.
Anche prescindendo dalla violenta opposizione degli ambienti laicisti e atei, si ha però la sensazione che gli anglicani abbiano timore di possibili “arruolamenti” di fedeli della Chiesa anglicana nella Chiesa di Roma. È corretta questa impressione?
No, non è così. Finora le indicazioni dicono che si tratta di numeri non grandi, ma anche se fossero considerevoli, la maggioranza degli anglicani è convinta, e spera, che l’emergere di una “Chiesa Uniate” anglicana aiuterebbe, non ostacolerebbe, un riavvicinamento tra le due confessioni.
Un elemento importante è che attualmente ci sono circa 600 candidati anglicani al sacerdozio (di cui circa la metà donne), dai quali potrà essere assicurato un adeguato sostegno alla vita delle nostre parrocchie, tra le più vivaci in Europa. Questo numero di aspiranti al sacerdozio è circa dieci volte quello della Chiesa cattolica nel Regno Unito, pur in presenza di un numero di laici circa uguale se non superiore. Comunque, anche il numero di vocazioni cattoliche sta recentemente aumentando nel Regno Unito.
Cosa possiamo apprendere oggi dalla vita e dall’insegnamento del Cardinal Newman?
Newman è un personaggio complesso e, a tratti, tormentato. In questo senso un santo della nostra epoca, dove non vi sono risposte semplici a certe questioni fondamentali. Penso che da lui possiamo imparare il vero significato della tradizione, e cioè che dobbiamo rispettare i doni di conoscenza e pratiche che ci arrivano dal passato e che abbiamo la responsabilità di trasmetterli in una forma autentica al futuro. Allo stesso tempo, possiamo anche imparare da Newman che una tradizione genuina si sviluppa per rimanere fedele a se stessa, così come gli stessi Vangeli sono una promessa che noi possiamo continuare incessantemente a trovare nel loro tesoro di sapienza cose che sono nuove, pur rimanendo al contempo antiche. È mia opinione che sia Papa Benedetto che l’Arcivescovo Rowan Williams (il Primate anglicano, ndr) abbiano in comune questa concezione della natura autentica della tradizione. Penso anche che condividano un altro insegnamento che possiamo trarre da Newman: che ogni ragione coinvolge la fede e una certa “sensibilità” per la verità, così come la fede è realmente una questione di rafforzamento della ragione dentro la luce, data per grazia, della fede.
Tutte le Chiese cristiane si trovano oggi a fronteggiare nemici comuni, quali il secolarismo e il relativismo, contro i quali questo Papa ha sempre preso forti posizioni. Quali sono le prospettive per un lavoro comune tra le Chiese anglicana e cattolica, sia sotto il profilo teologico che per la vita di tutti i giorni?
A questa domanda ha risposto molto bene Papa Benedetto nel suo primo discorso a Edimburgo, nel quale ha riconosciuto la storica missione cristiana delle corone inglesi e scozzesi e ha indicato come da qui è nata una tradizione unica di governo costituzionale che, alla fine, ha portato benefici universali. Insieme a più ampie influenze cristiane, ciò ha aiutato la nascita di una tradizione britannica di preoccupazione per la libertà e il benessere di ogni essere umano. Citando questa realtà storica, credo che il Papa stesse implicitamente dicendo che questa apertura globale britannica fa parte naturalmente del destino cattolico, il destino di una verità universale per tutti i popoli. È senza dubbio questa la portata storica del primo incontro ufficiale dalla Riforma, tra un Papa e un sovrano britannico sul suolo britannico.
Qualcosa che però non sembra essere stato sottolineato dai media.
Il fatto che ciò venga trascurato, in linea di massima, dai media inglesi è il segno della loro limitata prospettiva storica in confronto a quella di Benedetto XVI. Sono convinto che egli abbia ragione quando afferma che senza il fondamento cristiano la nostra tradizione di giustizia, libertà personali, capacità di associazione (e, si potrebbe aggiungere, il genio letterario) quasi certamente appassirebbero. Ha anche ragione nel dire che la fonte ultima della corruzione nazista è nel suo ateismo, un’affermazione che non pone in discussione le indubbie virtù personali di molti atei di oggi. Come cittadino britannico vorrei ringraziarlo per aver riconosciuto la parte avuta dal popolo di queste isole, allora in gran parte ancora cristiano, nello sconfiggere l’orrore pagano e nichilista del nazismo.
Il popolo inglese è ancora religioso come allora?
Nonostante la Gran Bretagna sia diventata oggi molto secolarizzata, vi sono forti segnali di un rinnovamento culturale e politico che ha sorgenti religiose. Questo è vero nel caso di molti degli attuali, seri artisti, scrittori e poeti, che verranno ricordati a lungo dopo che saranno dimenticati molti dei nomi ora di moda. Questo è vero anche per nuovi movimenti come i London Citizens, guidati ampiamente da chiese, sinagoghe e moschee. I cattolici sono in prima linea in questo movimento, basato soprattutto sulla dottrina sociale della Chiesa cattolica, ma anche gli anglicani sono largamente coinvolti. È davvero notevole come la migliore tradizione del pensiero sociale anglicano (che ha aiutato a dar forma a un particolare approccio britannico alle relazioni internazionali, in confronto a quello, per certi versi cinico, del “realismo” americano) sia congruente con la migliore tradizione del pensiero sociale cattolico. Entrambe le tradizioni concordano nel promuovere il primato della società civile e il ruolo delle “istituzioni intermedie”, sia all’interno che tra le nazioni, riducendo al contempo l’importanza sia della sovranità dello Stato-nazione, sia dell’affarismo economico.
Lei è uno dei fondatori del movimento Radical Orthodoxy. Da questo punto di vista, qual è il suo giudizio sulla visita del Papa?
Ho salutato questa visita come un nuovo passo sulla strada di una riunione di tutte le Chiese fondate sull’episcopato. E mi azzardo a dire che vedo una forte coerenza tra Radical Orthodoxy e la teologia del Papa: entrambe sottolineano l’unità di fede e ragione, il naturale desiderio verso il soprannaturale, l’importanza dell’eredità platonica per lo sviluppo del pensiero cristiano e la convinzione che solo un umanesimo cristiano può superare l’impulso verso un nichilismo amorale intrinseco al secolarismo.
In un certo senso, qui il tema riguarda l’infinito: superando il platonismo, il cristianesimo ha legittimato un infinito, apparentemente traumatizzante, di desiderio, perché sostiene che questo desiderio può essere compiuto e soddisfatto da un Dio infinito. Ma se si nega questo Dio, il genio dell’infinito può essere rimesso dentro la bottiglia del paganesimo. Di conseguenza, il post-cristiano non postula un umanesimo moderato di tipo ciceroniano, ma piuttosto l’abbraccio di Prometeo, disperato o demoniaco, dell’infinito come abisso del nulla.
NEWMAN/ 4. La fede e quella somma di indizi più ragionevoli anche della scienza - Gianni Bianchi - lunedì 20 settembre 2010 – ilsussidiario.net
La beatificazione di John Henry Newman costituisce uno dei punti qualificanti del viaggio di Benedetto XVI in terra inglese, poiché con questo gesto il Papa permette al popolo cristiano di riconoscere la vita e l’opera di uno dei pensatori più originali degli ultimi due secoli. Nato da una famiglia della borghesia inglese nel 1801, riceve un’educazione dal doppio volto: dal padre eredita una certa propensione all’indagine e alla verifica razionale di ogni problema, secondo uno stile proprio del liberalismo inglese post-illuminista. Dalla madre, di antiche origini ugonotte francesi, una salda fede calvinista nella predestinazione dell’anima e nell’importanza del rapporto diretto con la Sacra Scrittura.
Queste due prospettive educative si fusero in lui in maniera del tutto originale, tanto da fargli scrivere nella sua autobiografia, L’apologia pro vita sua, che fin da ragazzo: «mi sentivo prescelto per l'eterna gloria. Non mi sembra che tale convinzione tendesse in alcun modo a rendermi negligente nel compiacere il Signore [...] ma ritengo che abbia avuto qualche influenza sulle mie opinioni [...]: nel senso, cioè, di isolarmi dagli oggetti che mi circondavano, di rafforzare la mia diffidenza verso la realtà dei fenomeni materiali e ancorarmi al pensiero di due, e solo due, esseri assoluti, di un'intrinseca e luminosa evidenza: me stesso e Dio».
Il giovane Newman sente da subito che la propria sete di felicità ha bisogno di un rapporto personale e totale con Dio, e si dedica quindi allo studio dei classici e della patristica, trasferendosi ben presto all’Università di Oxford. Qui gli studi intensi e le diverse influenze culturali e religiose mosse dai suoi molti incontri e dalle sue ancor più numerose letture lo portano ad abbandonare il calvinismo materno e a maturare la vocazione sacerdotale all’interno della Chiesa anglicana, di cui diventa sacerdote nel 1825.
Egli non abbandona comunque la comunità universitaria, poiché vi svolge contemporaneamente, a partire dal 1826, l’incarico di tutor presso l’Oriel College di Oxford. Da questo momento in avanti l’opera di Newman è sempre più intensa, volta allo studio della patristica e all’approfondimento della dottrina anglicana.
A partire dal 1839, Newman diventa uno dei fondatori del cosiddetto movimento trattariano, che consisteva in un gruppo di ricercatori che studiavano e pubblicavano scritti in merito alla tradizione cristiana così da riscoprire e rifondare l’esperienza anglicana, secondo loro messa in pericolo da una pericolosa deriva liberale e scetticheggiante.
Questo gruppo di persone, diventato famoso con il nome di Movimento di Oxford, portò un’ondata di aria fresca nella chiesa inglese, rivista come un via media tra le derive delle letture protestanti, troppo lontane dalla tradizione della Chiesa antica e deboli nella loro proposta di vita cristiana, e le spigolosità della Chiesa Cattolica, ritenuta dai trattariani un’istituzione ultimamente diabolica volta alla perversione dell’evento cristiano. Ma già dopo due anni, nel 1841, Newman e i suoi dovettero sospendere le pubblicazioni dei loro Tracts, poiché accusati dalla gerarchia anglicana di essere eccessivamente ambigui nelle loro ricostruzioni dottrinali, ritenute troppo vicine al credo cattolico.
Lo stesso Newman ha ormai da qualche tempo dubbi sulla posizione anglicana, poiché quanto più studia la patristica, tanto più capisce la legittimità delle pretese cattoliche in tema di dogmi e disciplina ecclesiastica. Si ritira quindi nell’eremo di Littlemore, nei pressi di Oxford, lasciando anche i suoi incarichi universitari per decidere quale via seguire nella sua vita ed approfondire i suoi studi. Vi rimase fino all’8 ottobre del 1845, quando, dopo lunghi e tormentati ripensamenti, chiede di essere ammesso alla comunione cattolica.
La sua vita da cattolico fu altrettanto intensa, e costellata da successi e anche da fallimenti, ma fu soprattutto una vita di pace, come lui stesso scrive: «Dal momento in cui divenni cattolico, naturalmente non ho più da narrare una storia delle mie opinioni religiose. Con questo non intendo dire che la mia mente sia stata in ozio o che io abbia smesso di meditare su argomenti teologici; ma non ho più avuto variazioni da registrare; più nessun'ansia di cuore. Ho goduto una perfetta pace e tranquillità; non mi è più venuto un sol dubbio».
Venuto a Roma nel 1846, con i molti suoi compagni di studi che avevano come lui abbracciato la fede cattolica, Newman rimane affascinato dall’esperienza degli Oratoriani di San Filippo Neri, della cui comunità entra a far parte chiedendo di aprire una casa in Inghilterra. Il suo desiderio ebbe corso nel 1849 quando a Birmingham fu fondata la prima casa inglese della congregazione dove Newman si trasferì con molti dei suoi amici.
Qui Newman si dedicò all’insegnamento e all’approfondimento dei suoi studi, volti in questa fase sia alla storia della Chiesa sia alla filosofia. Riprendendo molti temi già presenti nei suoi discorsi alla comunità universitaria di Oxford quando era ancora anglicano, nel 1864 Newman pubblica La grammatica dell’assenso, un capolavoro filosofico dove smonta il positivismo imperante nel suo tempo e mostra la ragionevolezza dell’adesione alla fede: egli infatti dimostra con chiarezza che la ragione possiede moltissimi strumenti conoscitivi, tutti efficaci se usati correttamente e non riducibili alla dimostrazione scientifica, che costituisce solo uno tra queste vie di conoscenza.
Tra questi strumenti il più utilizzato e allo stesso tempo misconosciuto è il cosiddetto senso illativo, che coincide con la ragionevole certezza che una verità è tale in virtù di una somma di indizi differenti che concordano su quella stessa verità. Così la fede, tipico esempio di senso illativo, non dimostra scientificamente la sua veridicità, ma offre a tutti la propria ragionevolezza poiché spiega gli incontri della vita, la storia della Chiesa, le prove che ognuno incontra lungo il corso della propria esistenza, le relazioni con gli altri uomini, ecc. La fede è un atto ragionevole di chi incontra Cristo, e, incontrandolo, potenzia e compie la propria ragione.
Newman vivrà anche alcune gravi incomprensioni all’interno della comunità cattolica, ma la nomina a cardinale nel 1879 spazzò via tutti i sospetti che si ammassavano su di lui da parte di quanti guardavano con sospetto a questo convertito sempre pronto a discutere su tutto e a cercare i fondamenti di ogni cosa. La sua vita ebbe termine l’11 agosto 1890, presso la sua comunità oratoriana di Birmingham dove la sua vita di ricerca aveva trovato finalmente compimento.