domenica 11 novembre 2007

L’ultima intervista di don Benzi «Il male va tolto non regolato»

Avvenire, 10.11.2007

Pochi giorni prima di morire don Oreste Benzi, scomparso il 2 novembre scorso, aveva rilasciato questa inter­vista a 'Sempre', il mensile della sua associazione, in distribuzione dalla prossima settimana. Ringraziamo il coordinatore Alessio Zamboni che ci ha concesso di anticiparla oggi.
DI ALESSIO ZAMBONI
U n documento «da buttare e rifare completamente». Co­sì don Oreste Benzi ha liqui­dato la relazione finale dell’'Osser­vatorio sulla prostituzione e sui fe­nomeni delittuosi ad essa connes­si' presentata a Roma il 2 ottobre. Ecco perché. Da sei mesi l’Osserva­torio sulla prostituzione, voluto dal ministro dell’Interno Giuliano A­mato, lavorava all’elaborazione di linee guida per contrastare questo fenomeno. Il risultato, secondo don Benzi, è un documento non solo «i­nutile » ma perfino «dannoso». «Il motivo per cui l’Osservatorio era stato costituito - spiega - è la libe­razione delle donne schiavizzate dal racket. Fin dalla prima riunione ho richiamato questo scopo. Invece è emerso che l’intenzione reale era arrivare ad una legalizzazione stri­sciante della prostituzione. Ma co­sì si va contro le stesse leggi italia­ne e internazionali».
Perché?
La prostituzione in Italia è tollera­ta, non è legalizzata. Inoltre la Con­venzione Onu n. 317 del 1951, rati­ficata dall’Italia nel 1966, dice che 'la prostituzione e il male che l’ac- compagna sono incompatibili con la dignità ed il valore della persona umana e mettono in pericolo il be­nessere dell’individuo, della fami­glia e della comunità'. Io ho richia­mato con forza che il male non va regolato ma tolto! Invece tutte le proposte emerse sono per la rego­lamentazione della prostituzione. È una presa in giro.
Come Comunità Papa Giovanni XXIII cosa avevate proposto?
La prostituzione è un male, e come tale va proibita e non regolata. Se però in Parlamento non ci fossero i numeri per far passare questa linea risolutiva, in subordine abbiamo proposto di puntare sulla punizio­ne del cliente. Vanno previste però sanzioni non ridicole ma effettive, che servano come dissuasione.
Dunque sradicare il fenomeno dal lato della 'domanda'.
Esattamente. La vittima diventa strumento per accontentare i clien­ti, che sono i primi responsabili, i fi­nanziatori del racket, in quanto pa­gano per mantenere questo com­mercio di corpi umani.
Con il ministro Amato in passato avevi avuto una sintonia di vedute.
Sì. Aveva detto che dovevamo se­guire l’esempio della Svezia, dove la prostituzione è proibita. Dalle ulti­me dichiarazioni sembra invece che abbia ceduto ad una visione mate­rialistica della donna, che è trasver­sale alle forze politiche. Ma la don­na non è mai riducibile a strumen­to da sfruttare, anche se fosse con­senziente, come ci ricorda l’artico­lo 1 della Convenzione Onu che ho già citato.
Altre associazioni, anche cattoli­che, hanno sottoscritto il docu­mento...
Il Pontificio consiglio della pasto­rale per i migranti e gli itineranti, che è un dicastero della Chiesa, ha fatto una scelta netta a favore della linea adottata dalla Svezia. Non capisco perché non si è te­nuto conto di questo orienta­mento. Questa è una vera disob­bedienza alla Chiesa.
Operatori specializzati, unità di strada, progetti finanziati dalle Re­gioni... la prostituzione è diventa­ta un settore occupazionale. Que­sto può influire sull’approccio al problema?
Certamente! E si capisce dall’orien­tamento emerso di voler lasciare sulla strada le ragazze per poterle contattare meglio, per andare a di­stribuire i preservativi. È l’orrore! Lo stesso ministro Livia Turco ha di­chiarato in tivù che si tratta al 90% di schiave. Io aggiungo che al 100% sono sfruttate e lo sfruttamento è punito dalla legge.
Dunque la prostituzione non è un business solo per la malavita.
Ma scherzi? Se finissero i finanzia­menti, quanti continuerebbero ad andare sulla strada? È un’azione di perversa assistenza per mantenere il fenomeno, non per toglierlo.
Anche la Comunità Papa Giovanni ha unità di strada e strutture di ac­coglienza per queste ragazze.
Noi ne abbiamo liberate ormai 6.000 e ne abbiamo attualmente 330 in programma di protezione. Ma la nostra linea è chiara: noi chiediamo la proibizione della prostituzione!.
Viste le conclusioni dell’Osserva­torio come intendete procedere?
La lotta continua, con manifesta­zioni e azioni concrete. Nei pros­simi giorni andremo a fare inter­posizione non-violenta in piccoli gruppi per impedire ai clienti di contattare le ragazze, visto che non lo fanno gli organismi prepo­sti. Stiamo inoltre contattando le altre organizzazioni, in particola­re quelle cattoliche, per cercare u­na convergenza sull’obiettivo ve­ro: liberare le ragazze.
«La prostituzione?
Incompatibile con la dignità. La donna non è mai riducibile a strumento da sfruttare, anche se consenziente».