mercoledì 21 novembre 2007

Nella rassegna stampa di oggi:


1) Casale Monferrato: E' mancato il nostro amato Vescovo - Stroncato da un infarto mentre era in pellegrinaggio a Fatima
2) Indagine choc della Società di Pediatria sulle teenager italiane, tra amore, alcol e fumo – Corriere della Sera
3) Marcello Pera: “Il vero Stato laico non esclude la religione”
4) Cardinal Grocholewski: il soggettivismo e il relativismo, mali dell’educazione
5) “Educare insieme nella scuola cattolica”: documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi),
6) Cellule staminali: Il Governo rimedi quell’errore – moratoria nei laboratori d’Europa
7) «Così ho ringiovanito le cellule»- Yamanaka: si potranno ottenere staminali pluripotenti dal proprio corpo
8) Case famiglia lasciate sole dalle istituzioni
9) L’attacco contro il cristianesimo delle ideologie 'secolari', dalla Rivoluzione francese alla massoneria, dal nazismo al comunismo: una riflessione di Luigi Negri Totalitarismi all’assalto della Chiesa
10) Trendadue_newsletter del Movimento per la vita





Casale Monferrato: E' mancato il nostro amato Vescovo - Stroncato da un infarto mentre era in pellegrinaggio a Fatima


CASALE ore 8.30 (p.b.) – Con profondo dolore annunciamo che ieri martedì 20 novembre alle 21,30 ora locale (e 22,30 ora italiana), è improvvisamente mancato il nostro amato Vescovo di Casale Monferrato, mons. Germano Zaccheo, stroncato da un infarto mentre era in pellegrinaggio a Fatima. Nato a Cannobio il 16 agosto 1934 e consacrato a Novara il 16 settembre 1995 dai Vescovi Renato Corti, Aldo Dal Monte e Carlo Cavalla, aveva fatto l’ingresso nella sua nuova diocesi casalese dedicata a Sant’Evasio il 24 settembre 1995. Presidente del Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica era membro della Commissione Episcopale per i problemi sociali, la giustizia e la pace della CEI. Ha concluso l’anno dei festeggiamenti per il nono centenario della Fondazione del Duomo di sant’Evasio, nel segno della Fede, dell’Arte, della Cultura, della Storia e della Tradizione. E’ andato a Fatima, dove era andato per pregare la Madonna e mettere sotto la sua protezione l'impegno per l'anno mariano indetto dall'8 dicembre prossimo. Il funerale di S.E. mons. Vescovo in Casale Monferrato sarà probabilmente celebrato lunedì 26 novembre.
La Diocesi che ha vissuto con Mons. Zaccheo l'impegno straordinario per le celebrazioni dell'Anno Santo del 2000, del Centenario di S. Evasio del 2003 e del IX Centenario della consacrazione della Cattedrale 2007, piange l'amato Pastore che non si è mai risparmiato per il bene della nostra Chiesa.
Il 29 giugno 2008 ci apprestavamo a festeggiare il suo 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Siamo particolarmente vicini alla cara mamma Rita e al fratello Donato. Tutte le sere alle ore 21 in Duomo fino al giorno del funerale sarà recitato il Santo Rosario.
CASALE ore 10.30 - Tutte le attività pastorali saranno sospese tranne le cresime che saranno amministrate dal Vicario Generale Mons. Antonio Gennaro



Indagine choc della Società di Pediatria sulle teenager italiane, tra amore, alcol e fumo

Le ragazzine e il sesso: a 12 anni senza limiti

Alla domanda «Cosa vuoi fare da grande?» al primo posto la velina, al secondo «Non so»

CorSera 20-11-2007

ROMA — L’allarme è stato come un fascio di luce che acceca: ci sono baby squillo sulle strade. Ce l’hanno messe i loro coetanei, per pagare debiti del gioco d’azzardo. Giuliano Amato, ministro dell’Interno, ha lanciato un sasso, l’altro giorno. E adesso rischia di venire giù una montagna. Perché quella del titolare del Viminale è la punta dell’iceberg. Ma basta fermarsi un attimo e scoprire che l’infanzia più tradizionale, ormai, non riesce a superare le classi elementari. Perché: c’erano una volta i bambini. E le bambine che giocavano con le bambole. Avevano dodici-tredici anni. E la Società italiana di pediatria (la Sip) li interrogava con domande tipo: che giornali girano in casa tua? Usi il computer? Qual è l’avvenimento che ti ha colpito di più quest’anno? L’ultima ricerca fatta così è datata 2003: non serviva più a niente. Non di certo a fotografare la realtà. E adesso a leggere l’ultima ricerca della Società dei pediatri presieduta da Pasquale Di Pietro, quella del 2006, vengono i brividi. Proprio oggi che anche in Italia celebriamo la Giornata dell’Infanzia. Il campione: 1.251 bambini tra i 12 e i 14 anni. Una domanda. Una delle tante del questionario: «Hai mai visto un tuo amico ubriaco?». Sì, dice il 37,4% del campione. Non solo, l’8,4% aggiunge: spesso. Un’altra domanda: conosci qualcuno tra i tuoi amici che ha fumato una canna? E questa volta è quasi uno su due (44,3%) a rispondere un tondo: sì. Un altro esempio? Tre ragazzini su quattro non esitano a confessare di fare cose che loro stessi definiscono rischiose, come ubriacarsi, appunto, bere liquori, prendere farmaci, uscire da soli la sera tardi, avere rapporti sessuali non protetti. Già: hanno rapporti sessuali frequenti, i nostri ex bambini.

Modelli educativi
Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra dell'età evolutiva, non ha dubbi: «L'anticipazione delle tappe dello sviluppo è dovuta ai modelli educativi. Come dire? Sono stati mamma e papà che hanno voluto che succedesse, si sono dati da fare per diversificare il modello culturale che loro avevano ricevuto. Hanno accelerato le capacità di socializzazione dei loro figli. Hanno tolto loro il senso di colpa, il senso della paura. Basta provare, per credere. Basta entrare in una qualsiasi seconda media d'Italia e capire che è impossibile far sentire in colpa questi ragazzi o mettere loro in qualche modo paura». Succede così anche nella seconda media statale di Gela, Sicilia? «I ragazzi sono molto decisi, è vero», garantisce Ela Aliosta, preside della scuola media alle soglie della pensione. Sono quarant'anni che la signora Aliosta ha a che fare con i ragazzi delle medie. Dice adesso: «Sono cambiati. E molto. Fisicamente, prima di tutto: un tempo le femmine arrivavano ragazzine in terza media. Oggi assomigliano a donne già quando entrano in prima. Soprattutto per come si vestono, si truccano, si pettinano i capelli. Con la complicità dei genitori, è ovvio».

«Faccio la velina» Oppure la cubista, la show girl, la ballerina. Alla più tradizionale delle domande: «Cosa vuoi fare da grande?», le bambine intervistate dalla Società dei pediatri hanno infatti messo al primo posto: voglio fare il «personaggio famoso». E fino a qui non sarebbe una scoperta sensazionale. È che però, tolta questa prospettiva, rimane il vuoto: al secondo posto delle preferenze delle bambine c'è, infatti, un disarmante: «Non lo so». «Ho dodici anni faccio la cubista mi chiamano principessa», è il titolo del libro di Marida Lombardo Pijola, una giornalista-mamma che non a caso ha gettato scompiglio tra mamme e papà. Ha scoperchiato il mondo delle discoteche pomeridiane, lasciando disorientati nugoli di genitori davanti a frasi di bambine come: «Se fai la cubista sei una donna. Non più una ragazzina. Con i clienti della disco treschi soltanto se ti va. E puoi farti pagare...». Non è fantasia. È qualcosa che da noi è arrivato da pochissimi anni, probabilmente importato ancora una volta dagli Stati Uniti. Era del 2003 «Thirteen, 13 anni», il film-choc ambientato a Los Angeles con protagoniste due ragazzine (tredicenni, appunto) che vivono vite sempre più pericolose tra sesso promiscuo, droga, fumo, alcol, piccoli furti, accenni di lesbismo. «Sono vent'anni che insegno nella scuola media di Centocelle, a Roma», dice Margherita D'Onofri, insegnante di scienze. E spiega: «Soltanto negli ultimi anni, però, ho visto cambiare gli atteggiamenti durante i campi scuola, ovvero quelle gite che consentono ai ragazzi di dormire fuori dalla propria città. Adesso anche nelle prime classi stanno svegli tutta la notte e si mescolano dentro le stanze. Fino a poco tempo fa non succedeva».
Tra le ragazze «Mamma e papà cosa dicono? Mica lo sanno che veniamo qui. Altrimenti dove andiamo?»

E il sabato pomeriggio tutte a caccia in discoteca
Arrivano in jeans e maglioncino largo, appena dentro si (s)vestono da lolite e cubiste

MILANO —
«E l'età?». Tanta: almeno almeno il doppio tuo. «Che importa, se c'è l'amooore...». Dalla febbre del sabato sera al probabile febbrone — tanto son mezze nude — del sabato pomeriggio, quando la discoteca Shocking apre dalle 15 alle 18 solo ai minorenni, c'è un conto anagrafico alla rovescia, dai 15 agli 11 anni, che conta e riconta l'attesa: «Ancora un'ora e quindici, e si entra». Che choc, allo Shocking. Arrivano prima, prima tanto, per prendere posto in coda, star davanti, essere sicure d'entrare, con l'attesa fumata via tra una sigaretta, uno sputo (sì, uno sputo), una tirata in su del tanga che scende e del reggiseno push-up che traballa, e un posizionamento tattico della frangetta per occultare il brufoletto. Quando son dentro, corrono come centometriste alla conquista del cubo, potessero segnerebbero il terreno attorno con le bandierine, lo occupano e non lo mollano nemmeno a pagarle. E da lì in avanti, via con le danze. Musica elettronica a manetta, incessante, martellante. Mezzoretta iniziale di balli, per scaldarsi. Quindi, le grandi manovre dell'«amore», ché questa discoteca, e così è il vicino Tocqueville, sempre in zona corso Como, sempre in zona movida, il sabato pomeriggio a una cosa sola serve: prendersi. Per lasciarsi, certo, appena il dj spegne la consolle e le luci se ne vanno. Ma chissenefrega: per intanto, godiamocela. Un popolo di lolite (s)vestite da donna, con l'abbigliamento da urlo — parola d'ordine la trasparenza, meglio se assoluta — e nascosto dentro uno zainetto. Escono di casa, salutano mamma e papà con jeans, maglioncino largo, giubbotto, un normal look tra la secchiona e la brava figliola, e appena valicato il controllo agli ingressi partono per il bagno, aprono lo zainetto, e oplà. In un amen, trasformazione estetica, jeans, maglioncino e giubbotto appallottolati dentro il suddetto zainetto, consegnato, previo pagamento di euro 9, alla cassa. A proposito di soldi: ai 9, si aggiungano i 10 euro dell'ingresso, e gli almeno 5 della seconda consumazione (la prima è gratis). Morale: escono non meno di 24 euro. Spesi bene? «E certo. In ogni modo, altrimenti, dove vado il sabato pomeriggio?». E dove potrebbero andare, inseguite, affascinate, sedotte come sono per tutta la settimana dai coetanei — la specialità qui è maschile — addetti alle pubbliche relazioni? I baby pr presidiano i corridoi delle scuole, i mezzanini del metrò, piazza Duomo, gli oratori, con in mano un plico di depliant che consegnano con il sorrisone e la promessa: «Vieni da noi, siamo il massimo dei massimi».
A fine giornata, i gestori prendono i depliant — lasciapassare per l'ingresso in discoteca —, che sopra hanno riportato un piccolo codice, corrispondente al nome di chi li ha piazzati, e contano. Se tal dei tali ha portato un bel numero di persone, in premio bevande gratis, biglietti gratis per le discoteche, tessere gratis per esclusivi privé di locali super-vip. Insomma, se uno s'impegna, è bravo, si sbatte, gli si aprono le porte dell'olimpo del divertimento, e allora ecco perché la ricerca di possibili clienti è una caccia estenuante, sfiancante, finanche stoica, addirittura eroica. Dicono: e i genitori? In questo sabato pomeriggio, di genitori manco l'ombra. Zero. Lo sanno i tuoi che andate in discoteca? «Cosaaaa?». Lo sanno i tuoi che andate in discoteca? «No. Cambia qualcosa?». Boh, forse sì, forse no. «Guarda che mica rubiamo o ammazziamo...». E, a dire il vero, manco si ubriacano: al bancone del bar, gli alcolici non ci sono. E, a ridir il vero, manco si drogano: qualche nuvoletta di canne, d'accordo, e però pasticche o cocaina non se ne vedono. Le nasconderanno? Forse sì, forse no. E comunque sia: l'imperativo è lo stesso. L'amore. Certi appostamenti, certi movimenti, certi affondi restano nella memoria. Con il maschietto piantato lì, come un baccalà e la faccia da finto duro, al centro dell'arena, e le ragazzine attorno che lo osservano, scrutano, bocciano o promuovono con un bacio, e dopo il bacio una chiacchierata e dopo la chiacchierata mani che frugano. Con le femminucce che svettano sui cubi e, sotto ai cubi, i ragazzi che sfilano in processione, uno dopo l'altro, e speranzosi s'affidano agli sguardi delle miss. Se parte l'occhiata, lei scende e si finisce su un divanetto a raccontarsela. Se l'occhiata manco è accennata, avanti il prossimo. E così per cinque ore, in un vortice di telefonini che scattano fotografie e mandano sms, senza sosta, senza interruzione, senza pause. Una frenesia di sudore arginata dal consumo in quantità industriale della bevanda che nella pubblicità ti mette le ali. Litri e litri di energia, sia mai faccia capolino la fatica o, peggio, la stanchezza, o, peggio del peggio, la voglia d'andarsene. Cinque, sei, settecento ingressi, ogni volta, allo Shocking. Altrettanti al Tocqueville. Generalizzando: lo Shocking ambito dai pischelli della Milano bene; il Tocqueville, amato da quelli delle periferie e dell'hinterland. Volgarizzando: «Al Tocqueville ci vanno i tamarri»; «Lo Shocking è il posto dei fighetti». Alla fine, beata gioventù. Toglietegli tutto, tranne che la baby discoteca. Sabato, i gestori del Tocqueville l'han tenuto chiuso perché, la settimana prima, c'era stato un rissone tra adolescenti agitati. E che rabbia, che indignazione, che dolore, tra le abituali clienti che ugualmente si sono messe in fila, sperando che i titolari ci ripensassero. Macché. E ora? «Ora è davvero un grandissimo casino». Scusate, c'è lo Shocking... «Mmmmm». E vabbé, fate uno sforzo, no? Si radunano in gruppo, sigaretta e uno sputo, uno sputo e una sigaretta: vuol dire che ci stanno pensando su, chissà, magari, per stavolta, si può fare un'eccezione. In nome dell'amore, s'intende.


Marcello Pera: “Il vero Stato laico non esclude la religione”I principi della società occidentale nascono dalla cultura cristiana, osserva
ROMA, martedì, 20 novembre 2007 (ZENIT.org).- L’ex Presidente del Senato Marcello Pera ha affermato questo martedì all’Università di Navarra che il vero Stato laico non esclude la religione e ha criticato il laicismo, che cerca di “eliminare la dimensione religiosa dell’uomo”.

Pera è intervenuto come relatore al Congresso Internazionale dal titolo "Cultura e razionalità. Linee per un dialogo e una convergenza in una società plurale", che dal 19 al 21 novembre sta riunendo circa 200 persone per discutere sui temi della diversità culturale e del dialogo interreligioso.

“Distinguerei tra Stato ‘laico’ e ‘laicista’ - ha detto Pera - . Per ‘laico’ intendo che lo Stato è separato da qualsiasi Chiesa e agisce in modo autonomo. Il pensiero laico si sviluppa in modo razionale, ma non esclude la dimensione religiosa e soprannaturale. Il laicismo, al contrario, è un’ideologia che si propone di eliminare la dimensione religiosa dell’uomo”.

L’ex Presidente del Senato ha affermato che “i valori democratici nascono dal cristianesimo”. A suo avviso, alcuni dei principi fondamentali delle società occidentali – come l’uguaglianza, la libertà, la dignità della persona – hanno origine nella cultura cristiana. Per questo, “tutti i democratici dovrebbero essere attenti a quei valori cristiani”.

Per Pera, difendere i valori propri della tradizione giudaico-cristiana è un “dovere di tutti” perché la democrazia ha bisogno di basi solide, condivise da tutti i cittadini.

Il Congresso Internazionale mira a riflettere su quei principi condivisi che consentirebbero una convivenza armoniosa nelle società attuali caratterizzate da diversità culturale, religiosa e politica.

La sessione di mercoledì sarà dedicata al dialogo interreligioso con vari interventi di ebrei, ortodossi, luterani e cattolici.


Cardinal Grocholewski: il soggettivismo e il relativismo, mali dell’educazione
Avverte presentando l’ultimo documento del dicastero per l’Educazione Cattolica
CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 20 novembre 2007 (ZENIT.org).- Anche l’educazione sta subendo i “mali che affliggono le nostre società”, cioè “il diffuso soggettivismo, il relativismo morale ed il nichilismo”, ha denunciato il Cardinale Zenon Grocholewski.
Il prefetto della Congregazione vaticana per l’Educazione Cattolica ha sottolineato questa situazione presentando martedì nella Sala Stampa della Santa Sede il documento “Educare insieme nella scuola cattolica. Missione condivisa di persone consacrate e di fedeli laici”.

Il porporato ha approfittato dell’occasione per sottolineare la missione ecclesiale nell’immenso campo dell’educazione e della scuola. Nel mondo si calcola che il numero di ragazzi in età scolare sia di mille milioni; i docenti sono circa 58 milioni.

La demotivazione e il fatto di vedere “frustrato il loro compito educativo” si diffonde tra i professori, soprattutto in Occidente. Segnali preoccupanti sono anche, ha avvertito il Cardinale, “l’aumento della violenza a scuola e tra gli adolescenti, come pure la difficoltà delle famiglie che, giova ricordare, sono le prime responsabili dell’educazione dei figli, ad essere parte attiva della comunità educativa scolastica”.

“Si assiste, inoltre, ad una perdita di senso dell’educazione strettamente legata allo smarrimento dei valori, soprattutto di quelli che sostengono le scelte di vita: la famiglia, il lavoro, le scelte morali”, ha aggiunto.

“L’educazione soffre anch’essa dei mali che affliggono le nostre società: il diffuso soggettivismo, il relativismo morale ed il nichilismo”.

E’ questo il contesto nel quale svolgono il loro lavoro, ogni giorno, le istituzioni scolastiche della Chiesa nel mondo: 250.000, con circa 42 milioni di alunni e 3,5 milioni di professori.

Questo compito, visto il panorama tracciato, si porta avanti con la convinzione che “l’educazione deve poter contribuire a rendere i giovani capaci di aprirsi progressivamente alla realtà e di formarsi una sana e robusta concezione di vita in cui i valori spirituali, religiosi ed umani non siano estranei”.

Il porporato ha lodato il rapporto dell’UNESCO – di Jacques Delors – nella sua visione educativa dell’educazione pluridimensionale su quattro pilastri: “imparare a conoscere”, “imparare a fare”, “imparare a vivere insieme” e “imparare ad essere”.

“L’educazione integrale della persona, infatti sta molto a cuore alla Chiesa – ha osservato –. Purtroppo, una tale educazione, specialmente fuori delle scuole confessionali, fa fatica ad affermarsi”.
Di fronte alle sfide del soggettivismo, del relativismo e del nichilismo, “la tradizione pedagogica cattolica ribadisce con forza la centralità della persona umana nel percorso educativo”.

“Una corretta impostazione pedagogica punta alla formazione integrale dell’uomo, facendolo accostare in maniera sistematica e critica alla cultura ed alla realtà”, ha sottolineato.

Il dicastero contribuisce a quest’opera, tra gli altri campi in quello delle scuole cattoliche del mondo, con i suoi orientamenti, come quelli dell’attuale documento sulla “missione educativa condivisa” da parte di consacrati e laici.

Il Cardinale Zenon Grocholewski ha avvertito che “la diminuzione dei membri degli Istituti di vita consacrata crea talvolta per loro una insidiosa tentazione di rinunziare alla scuola cattolica non potendo gestirla”.

“Ciò appare, però, non solo inopportuno, ma anche dannoso nella prospettiva della missione della Chiesa”, ha sottolineato, perché “la corretta educazione dei bambini e dei giovani è questione di estrema importanza per il bene della Chiesa e dell’umanità, per formare un mondo migliore”.

In questo è fondamentale la collaborazione tra consacrati e laici, promossa dal nuovo documento.

“Il carisma dei religiosi, la loro consacrazione a Dio e, quindi, la loro particolare testimonianza li predispongono ad essere educatori ai valori” e “non bisogna rinunziare a tale attività”, perché non ci può essere educazione senza testimonianza, ha detto il porporato polacco.

Da parte loro, i laici – “pure essi chiamati all’apostolato” –, “che vivono la quotidianità nelle famiglie e negli affanni della vita secolare, sono in grado di dare una costruttiva prospettiva nell’educazione”.


Educare insieme nella scuola cattolica”:
documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi)



IL GOVERNO RIMEDI QUELL’ERRORE - MORATORIA NEI LABORATORI D’EUROPA
Avvenire, 21.11.2007
EUGENIA ROCCELLA
Quando il presidente degli Stati Uniti, George Bush, bloccò i finanziamenti federali ai progetti di ricerca che pre­vedevano la distruzione di embrioni umani, ci furono violente polemiche. Eppure Bush non aveva vietato gli studi sulle staminali embrionali (che sono andati avanti con fondi privati, o di singoli Stati) ma solo esercitato il diritto del governo a privilegiare alcuni indirizzi di ricerca ad altri. Da quel momento, infatti, si sono moltiplicati i tentativi di trovare nuove strade, eticamente accettabili, per ottenere cellule staminali senza sacrificare gli embrioni. Il blocco dei fondi non è stata l’unica molla, perché già da alcuni anni i ricercatori erano impantanati in mille difficoltà. La prima è il reperimento degli ovociti, necessari alla creazione di embrioni in laboratorio; le donne, a cui si chiede di donarli, sono restie a sottoporsi a trattamenti pesanti e rischiosi per puro 'spirito di servizio' nei confronti della scienza. Ma anche per i centri che hanno avuto centinaia o migliaia di ovociti a disposizione, la clonazione terapeutica è rimasta un miraggio, il Santo Graal della ricerca: nessuna staminale embrionale umana è mai stata pro­dotta con la tecnica della clonazione. Inol­tre proprio la virtù principale di queste cel­lule, la totipotenza, le rende difficili da con­trollare e propense a generare tumori.
Tutto questo era già noto quando, appena insediato il governo Prodi, il ministro Fabio Mussi ha tolto la firma dell’Italia dalla cosiddetta minoranza di blocco, che impediva che fondi comuni europei fossero destinati alla ricerca sugli embrioni. I fatti, a distanza di poco più di un anno, dimostrano che Bush ha avuto ragione, e Mussi torto. Ieri sono stati resi pubblici due studi convergenti, uno americano e l’altro giapponese, che rivoluzionano il campo delle staminali, aprendo prospettive di ricerca totalmente nuove. Si tratta, in entrambi i casi, di riprogrammare cellule adulte per trasformarle in cellule staminali 'pluripotenti indotte', simili, ma non identiche a quelle embrionali. Gli esperimenti sono agli inizi, ma sono bastati a Ian Wilmut – lo scienziato che ha de­terminato il successo della tecnica di trasfe­rimento del nucleo, clonando la pecora Dol­ly – per annunciare al mondo l’abbandono della clonazione, ritenuta ormai una tecnica deludente e obsoleta.
Il danno, però, è fatto. In Europa il gesto di Mussi ha permesso che venissero finanzia­ti, con i soldi di tutti, progetti di ricerca sul­le cellule staminali embrionali. Ma oggi lo sterminio di embrioni rischia di essere una forma di accanimento ideologico privo di serie giustificazioni scientifiche e tantome­no umanitarie, visto che le terapie promes­se si sono rivelate illusorie. Come rimedia­re? Facciamo una proposta: una moratoria europea, che permetta di sospendere per 5 anni la distruzione di embrioni umani. Nel frattempo, i laboratori possono usare le linee cellulari esistenti, senza dover interrompe­re gli studi già intrapresi e finanziati dall’ul­timo programma quadro. Ma basta con la catena di smontaggio degli embrioni, con la creazione di esseri umani destinati ad esse­re vivisezionati entro il quattordicesimo gior­no. Diamo tempo alle nuove tecniche di svi­lupparsi e dimostrare la propria validità, e cominciamo a utilizzare anche nel campo dell’umano quel principio di precauzione così spesso invocato dagli ambientalisti.
Il presidente del Consiglio Romano Prodi, insieme al suo governo, si è meritoriamen­te adoperato per la moratoria sulla pena di morte nel mondo, mettendo in gioco il pe­so dell’Italia. Gli chiediamo di farlo anche per sospendere, nella civile e democratica Europa, l’inutile condanna a morte degli em­brioni umani.


Conferma. Pubblicati gli studi condotti in Giappone e Usa su cellule adulte fatte «ringiovanire» a staminali pluripotenti. Nuova via per ricerche eticamente sostenibili
Scienza, uccidere non serve
Spazzato via l’alibi di chi distrugge embrioni
Avvenire, 21.11.2007

● Due gruppi di ricerca in Giappone e negli Stati Uniti hanno dimostrato la possibilità di riportare cellule umane adulte a uno stadio simile a quello delle staminali embrionali, con ampia capacità di trasformarsi in diversi tipi di tessuto
● Gli esperimenti fanno ipotizzare che, una volta portate all’uso clinico, queste cellule possano rendere inutile il ricorso a embrioni umani, una strada a lungo spacciata da molti come indispensabile per ottenere risultati che tuttavia non si sono mai visti
● La scoperta simultanea delle due équipe dà valore alle ricerche che rispettano il punto fermo della vita umana intangibile in ogni stadio del suo sviluppo e che mai può essere 'usata' per scopi scientifici
● In fermento la comunità scientifica Angelo Vescovi: «Abbiamo appena iniziato a intravedere un nuovo orizzonte, ci attende ancora un duro lavoro»



SCIENZA & ETICA
«Così ho ringiovanito le cellule»- Yamanaka: si potranno ottenere staminali pluripotenti dal proprio corpo
Il ricercatore nipponico spiega come è riuscito a riprogrammare un lembo di pelle umana, in grado ora di trasformarsi in altri tessuti «Il prossimo passo: evitare l’uso dei retrovirus che favoriscono la generazioni di tumori»

Avvenire, 21.11.2007
DI VIVIANA DALOISO
Diretto e di poche parole, decisamente poco abituato al palcoscenico mediatico co­sì lontano dal suo laboratorio si­lenzioso «arrampicato» – come di­ce lui – al secondo piano di un vec­chio edificio universitario di Kyoto. Shinya Yamanaka è il ricercatore giapponese che sta facendo parla­re di sé mezzo pianeta grazie alla scoperta sulle cellule staminali u­mane 'riprogrammate', pubblica­ta ieri sulla rivista scientifica Cell.
Sarà forse per quella passione per la scienza nata casualmente – quando da adolescente incidenti di rugby e di judo lo costringevano a frequenti degenze in ospedale – ma di fama, Yamanaka, non vuol proprio sentir parlare. Sa che il suo metodo è destinato a mettere in discussione tutto l’impianto della ri­cerca degli ultimi anni, che delle cellule staminali embrionali aveva fatto la sua – apparentemente irri­nunciabile – priorità. Eppure anche in queste ore non sa staccarsi dal suo lavoro, che in poco più di quat­tro mesi gli ha permesso di passare dal successo della sperimentazio­ne sui topi a quella sugli esseri u- mani. Il tutto nonostante la man­canza di fondi e l’arretratezza degli strumenti (una situazione per mol­ti versi simile a quella nostrana).
Dottor Yamanaka, come siete arri­vati a ottenere le prime cellule 'ri­programmate' umane?
«Tutto è cominciato l’anno scorso, quando nelle sperimentazioni sui topi abbiamo identificato i quattro geni utili alla tecnica. Non avevamo idea del numero di fattori necessari per riprogrammare una cellula: potevano essere due come un centinaio, e il fatto che ne bastassero soltanto quattro non mi lasciò particolarmente stupito. Fummo molto fortunati, però, nel trovare la loro giusta combinazione. Con quella, la stessa dei topi, abbiamo cominciato la sperimentazione sul­le cellule umane. Per quasi un an­no non abbiamo avuto successo. Poi, come spesso accade nella scienza, è bastato un semplice cambiamento: differenti condizio­ni di coltura delle cellule, e un pe­riodo più lungo di osservazione».
E cos’è successo?
«Da cellule adulte della pelle ab­biamo ottenuto le prime 'Ips', cel­lule staminali riprogrammate e plu­ripotenti, con caratteristiche del tutto simili a quelle embrionali».
Che, tradotto in termini non troppo tecnici, significa?
«Significa che ora siamo in grado di generare cellule staminali potenzialmente capaci di trasformarsi in ogni tessuto umano senza ricorre­re agli embrioni».
Perché queste cellule, con caratte­ristiche simili a quelle embrionali, sono così utili per la ricerca?
«Perché, a lungo termine, potran­no essere utilizzate nella cura dei pazienti senza il rischio di un riget­to: le cellule adulte prelevate e ri­programmate sono le stesse del pa­ziente. E soprattutto perché, a bre­ve termine, potranno essere impie­gate nella ricerca e nello studio del­le malattie e nella sperimentazione di farmaci: riprogrammando cellule malate potremo monitorare lo sviluppo delle patologie e gli effetti dei farmaci».
Perché questa distinzione nei tempi di impiego delle cellule riprogrammate?
«Perché per inserire nella cellula adulta i quattro geni capaci di innescarne il processo di ringiovanimento siamo costretti a utilizzare dei retrovirus, che vengono incorporati nella struttura cromosomica delle stesse cellule. Questi nella maggior parte dei casi generano il cancro. Per ora non abbiamo trovato una strada alternativa».
Se le cellule staminali ringiovani­te possono specializzarsi in ogni al­tro tipo di cellula, potrebbero an­che trasformarsi in cellule germi­nali, cioè in spermatozoi od ovoci­ti, e in linea teorica dare origine a un nuovo essere vivente. È così?
«Sì. Ecco perché credo sarà essenziale, in un futuro non troppo lontano, una regolamentazione appropriata dell’uso delle Ips, in modo da impedire abusi della tecni­ca ».
Come pensa che i risultati ottenu­ti dalla sua équipe abbiano influi­to sulla decisione di Ian Wilmut, il papà di Dolly, di abbandonare la clonazione per intraprendere la via della riprogrammazione cellulare?
«Non mi sento di rispondere. Quel­lo che posso dire, anche rispetto al recentissimo annuncio dei ricerca­tori dell’Oregon Primate Reasearch Center sulle cellule staminali em­brionali ottenute da scimmie clo­nate, è che la mia tecnica ha un e­norme vantaggio: quello di non di­struggere embrioni. E poi, certo, ha ancora uno svantaggio: l’impiego di retrovirus. Il nostro obiettivo, o­ra, è di eliminare questo svantaggio ».
La scienza contemporanea ci ha abituati al suo desiderio caparbio di libertà assoluta: pare non ci debbano essere ostacoli al suo progresso, e che la ricerca non possa avere limiti, tanto meno etici. Eppure lei sta dimostrando il succes­so di una scienza attenta all’etica...
«Sto dimostrando ciò di cui sono sempre stato convinto: che i limiti siano ostacoli che possono trasfor­marsi in risorse».




Analisi - Angelo Vescovi: si apre una nuova era nella ricerca
Avvenire, 21.11.2007
DA MILANO
ENRICO NEGROTTI
« Esistono alternative per produrre cellule embrionali staminali sen­za produrre embrioni». Queste parole di Angelo Luigi Vescovi, docente di Bio­logia all’Università di Milano-Bicocca e di­rettore scientifico dell’Istituto «Brain Repair» di Terni, sono comparse su Avvenire nel di­cembre 2004, ancora prima degli accesi di­battiti per i referendum sulla fecondazione assistita. «Sono stato buon profeta – osserva oggi lo stesso Vescovi – ma le mie parole erano basate su studi che si stavano già pubblicando: in particolare i primi risultati erano stati presentati da Alan Trouson, direttore del Monash Institute australiano, a un convegno a Boston nel giugno 2004». La strada è stata poi esplorata da altri: «Sono usciti già lavori su Nature e Cell, ora anche Science: sono le maggiori riviste internazionali, segno del va­lore di questi studi».
Da uno dei pionieri dello studio sulle cellule staminali in Italia viene la spiegazione dell’importanza pratica della scoperta dei ricer­catori giapponesi e statunitensi: «È la dimostrazione che è possibile riprogrammare una cellula adulta e riportarla a un livello simile a quello della cellula embrionale senza però creare alcun embrione». «In prospettiva – aggiunge Vescovi – quando fosse reso possibile un loro uso clinico, queste cellule simil-em­brionali sarebbero clonate dallo stesso paziente, quindi si eviterebbe ogni rischio di ri­getto ».
In altre parole «viene messo a disposizione dei ricercatori un processo attraverso il qua­le una cellula adulta specializzata – chiarisce Vescovi – viene riportata a uno stadio indifferenziato. Si può quasi dire che eravamo davanti a un muro dietro il quale supponevamo ci fosse un mondo meraviglioso, e adesso abbiamo fatto un piccolo foro attraverso il qua­le abbiamo capito che quel mondo esiste: ora si tratta di allargare quel foro». Una prospettiva che ha affascinato anche Ian Wilmut: «È la dimostrazione che lo scienziato può cambiare idea se viene proposta una via più praticabile».
Occorre ancora lavorare per eliminare i problemi: si è parlato della difficoltà di elimina- re i retrovirus che sono serviti a introdurre i geni nelle cellule: «La riuscita dell’esperimento era l’obiettivo più importante – spiega Vescovi –. Per questo sono stati utilizzati vettori molto potenti in modo che i geni fossero trasportati efficacemente. Ora che il risultato è arrivato, sarà possibile studiare co­me evitare di lasciare i geni all’interno della cellula: usando tecniche per eliminarli, op­pure impiegando vettori più labili».
Il valore della scoperta è comunque enorme: «Siamo agli inizi di una nuova era nella ricer­ca, come ripetono tutti gli osservatori qualificati – ricorda Vescovi –. Certamente occor­re mantenere i piedi per terra, continuare a lavorare con metodo, ripetendo gli esperi­menti ». Le applicazioni cliniche non sono dietro l’angolo, ma la strada sembra traccia­ta: «Per passare dal topo all’uomo è ci è volu­to un anno. E se sono pubblicati oggi, gli e­sperimenti risalgono almeno a sei mesi fa: nei laboratori sono sicuramente già più a­vanti. La tecnica va perfezionata per avere cellule da sperimentare in clinica: non sarà subito, ma i tempi dovrebbero essere ragionevolmente brevi». «Anche noi – aggiunge Vescovi – che ci stavamo dedicando anche alle staminali dal testicolo, faremo esperimenti in questa direzione. Questi risultati confermano la validità e la liceità di scelte che per­seguono vie alternative all’uso degli embrioni, quale lo studio di staminali di feti da a­borto spontaneo, che stiamo effettuando all’Istituto “Brain Repair” di Terni grazie all’o­pera di mecenati quali il vescovo Vincenzo Paglia che ci sostiene generosamente».
«Ora bisogna lavorare per arriv are all’uso clinico Si conferma la validità di scelte eticamente ispirate nella ricerca scientifica».




«È ideologico perseverare sugli embrioni» intervista
Kenner, docente a Vienna: «Chi insiste su questa strada lo fa per interessi diversi da quelli scientifici»
Avvenire, 21.11.2007
DAL NOSTRO INVIATO A VIENNA
RICCARDO CASCIOLI
« È la conferma che la ricerca sugli embrioni non ha futuro, come peraltro dimostra la ricerca stessa di questi decenni. Chi insiste su questa strada lo fa per altri interessi». È lapidario il professor Lukas Kenner, uno dei massimi esperti europei di cellule staminali, nel commentare l’annuncio del 'padre' di Dolly e la scoperta annunciata ieri.
Professore all’Istituto di Patologia Clinica dell’Università di Vienna, Kenner ha fondato con altri 5 colleghi l’Istituto Ludwig Boltzmann per la ricerca sul cancro; dal 2005 è consulente scientifico dell’arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schoenborn, e del Parlamento tedesco per le cellule staminali.
Da quest’anno è anche membro della Pontificia Accademia per la Vita.
Professor Kenner, quali possono essere gli interessi legati alla ricerca sugli embrioni?
Sono convinto che si tratti soprattutto di interessi ideologici, connessi al significato della clonazione che è il vero obiettivo di tale ricerca. Altrimenti non si spiegherebbe tanta insistenza su una strada che è un vicolo cieco.
Bisogna aver chiaro che qualsiasi tentativo di collocare l’inizio della vita in un momento diverso dalla fusione dell’ovulo con lo spermatozoo da un punto di vista biologico non è giustificabile. Al contrario, separare l’attribuzione della dignità umana dall’inizio della vita biologica è bioeticamente esplosivo.
Ma se la ricerca sugli embrioni è senza futuro perché ci sono tanti investimenti su questo settore?
È soltanto il denaro pubblico che finanzia questa ricerca, dovuto all’ignoranza di politici che cedono alle pressioni di una certa cultura. Poi giocano anche le ambizioni di singoli scienziati e di singoli Paesi. Non a caso questa situazione favorisce la frode scientifica: il caso del professore sudcoreano Hwang Woo-suk è stato soltanto il più clamoroso di una lunga serie.
Lei dunque sostiene che non ci siano in ballo grossi interessi economici?
Guardi, l’unico interesse economico in questo caso sta nel fatto che l’uso dell’embrione umano è molto più conveniente.
In pratica è a costo zero, mentre l’uso di animali è molto più costoso. Un solo embrione di scimpanzé, il più simile all’umano, costa all’incirca 3mila euro. Ma anche gli esperimenti con i topi sono molto costosi: una cavia costa circa 300 euro l’anno e per una qualsiasi ricerca ce ne vuole una grande quantità.
Liberalizzare la ricerca sugli embrioni equivarrebbe dunque a un forte risparmio per i laboratori.


Case famiglia lasciate sole dalle istituzioni
Napolitano: «Troppi minori alla fame». Bertone: la vita è sacra fin dal grembo materno
Sono diritti fondamentali. Ma molti bambini – nel mondo come anche in Italia – vedono negarseli. Il presidente Giorgio Napolitano lo sottolinea con forza, celebrando al Quiri­nale davanti ai ragazzi la XVIII Giornata nazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, presenti tra gli altri i ministri del­la Famiglia Rosy Bindi e della So­lidarietà sociale Paolo Ferrero, il presidente dell’Unicef Antonio Sclavi, la presidente della commissione infanzia Anna Serafini. In serata il segretario di Stato va­ticano, il cardinale Tarcisio Ber­tone, partecipando all’iniziativa benefica «La luce dei bambini», nell’aula Paolo VI, è intervenuto a sua volta sul tema: «I bambini trasmettono luce, serenità e irra­diano speranza. Per questo non dobbiamo mortificarli nella vita e per loro dobbiamo creare un fu­turo migliore». Il cardinale ha ri­cordato che la vita «sboccia ancor prima che il bambino venga alla luce» e per questo è «sempre da tutelare e difendere sin nel grem­bo materno». Bertone ha poi condannato «i terribili omicidi e violenze» di cui sono vittime i bambini in tutte le parti del mon­do, sottolineando che «dobbia­mo disinnescare questi mecca­nismi e al contrario creare per lo­ro ambienti sereni». Un tema sen­tito dal presidente Napolitano: «Certe volte la tv mostra bruttu­re e violenze che non sarebbe ne­cessario mostrare». Per il capo dello Stato poi sarebbe grave pensare che «i bambini figli di immigrati non abbiano gli stessi diritti dei figli di italiani». Tra gli immigrati, i romeni sono oggi quelli più a rischio. «Si è sentito dire, non solo dei rom ma dei ro­meni, che sono il male di cui a­vere paura. Ma non bisogna ave­re paura, bisogna farli integrare nel rispetto della legge e far ave­re loro la cittadinanza». Parole che a Palazzo Chigi vengono de­finite «alte e nobili».



Avvenire, 21.11.2007
DAL NOSTRO INVIATO A NAPOLI
PINO CIOCIOLA



Ci sono bambini che nascono all’inferno. Come Danilo (il suo e quelli che seguiranno sono nomi di fantasia, ndr), che pri­ma di compiere dieci anni ha già a­vuto la testa e un paio di dita rotte dalla mamma, ha dovuto fare l’ac­cattone ed è stato stuprato da un gruppo di ultrasettantenni. Come Michele e Antonio, sei e sette anni, madre e padre tossicodipendenti e criminali in odore di camorra. E tan­ti altri, dei quali tivù e giornali si oc­cupano quasi sempre e soltanto quando le loro vite sono state ormai spazzate via.
Ci sono bambini che nascono all’inferno, eppure qualcuno va ad infi­larsi tra le fiamme e riesce a tirarli fuori. Poi, con pazienza e cocciutag­gine, li aiuta a combattere e scaccia­re i demoni aggrappati alle loro ani­me. Com’è successo, sta succeden­do, agli stessi Danilo, Michele e An­tonio e tanti altri.
Ora di pranzo. Sei bambini e quattro bambine a tavola. Danilo no, non vuole sedersi. Urla nel cor­ridoio. Imbe­stialito. «Voglio anche io una mamma! Anche io voglio una fa­miglia! ». Lo urla forte, con la rabbia che può vomitare un bambino che i grandi hanno sbranato per anni e in ogni modo. Suor Amabile, suor Glecy e Nunzia e Maria Pia lo calmano: amore e polso. Gli altri piccoli continuano a mangiare. Marco, sei anni, chiama il giornalista vicino vicino, lo fa abbassare, mette la ma­no in tasca e proprio sottovoce gli di­ce, «Guarda che ho qua», tirando fuo­ri, ma tenendole ben sotto il tavolo, due macchinine. «Per la miseria quanto sono belle!», gli risponde il cronista con voce bassissima anche lui. E il piccolo s’allarga in un sorri­sone complice, compiaciuto e spor­co di pasta e piselli.
' Fratello Sole' si chiama la casa fa­miglia e ' Napul’è' la pronta acco­glienza, a Capodimonte, entrambe gestite dalle suore Francescane dei Sacri Cuori (che a Napoli e provincia curano quattro centri per minori e due per mamme con figli). Suor A­mabile Galatà è la superiora, quan­do passa i bambini le si aggrappano alla veste e l’abbracciano. Suor Glecy è filippina (qui ce ne sono anche in­diane e indonesiane), tutto pepe, trentasei anni (ma ne dimostra me­no di trenta). La casa famiglia e la pronta accoglienza sono nate nel 2000: sono otto le religiose che le se­guono ed otto gli operatori come Nunzia e Maria Pia.
La loro comunità non prende i soldi delle rette dal Comune napoletano da diciotto mesi: denaro dovuto e sul quale, in compenso, la congregazio­ne ha già dovuto pagare le tasse. An­zi, per essere precisi – dopo il can can mediatico delle ultime settimane – pochi giorni fa il Comune s’è degna­to di far avere le quote di maggio e di giugno 2006 e la metà di quanto deve da luglio a dicembre, sempre 2006. Così qui si riesce a tirare avan­ti anche grazie alle pensioni di alcune suore anziane. Fratello Sole e Na­pul’è, insomma, sono una delle realtà a (serissimo) rischio chiusura nel capoluogo campano: quelle che assistono i bambini che nessuno as­siste. E non è un modo di dire.
La convenzione col Comune prevede la disponibilità alla pronta accoglienza ventiquattr’ore su venti­quattro.- In qualsiasi momento del giorno e della notte può bussare al­la loro porta una pattuglia della Po­lizia Municipale o dei Carabinieri o dei poliziotti a 'consegnare' un bambino trovato in strada («una set­timana fa ce ne hanno portato uno addirittura i finanzieri», sorride suor Amabile). Come pure il Tribunale minorile può 'chiedere' alla casa fa­miglia di prendere in carico un bim­bo o (se sono fratelli) tre o quattro insieme. Nessuno è stato mai rifiu­tato.
Questi bambini hanno genitori tos­sicodipendenti o in carcere o che si prostituiscono, oppure sono stra­nieri e genitori non ne hanno affat­to. Piccolissimi a volte: un mese, un anno, un anno e mezzo di vita. Già reietti. Soli.
Tardo pomeriggio. Danilo è nel cor­tile, gioca con un pallone. Sorride a­desso. Sorridono anche suor Glecy e Maria Pia, che lo ha tenuto mezz’o­ra fra le sue braccia consolandolo, coccolandolo. Ascoltandolo. Ha smesso da un pezzo, ma fino a tre anni fa ha provato ad uccidersi due o tre volte. Ha un bel pezzo di strada da fare, ancora, ma ne ha già fatta tanta, tantissima.
Lo psicologo, la comunità lo paga di tasca propria: «Se aspettassimo i tempi di quello gratuito della Asl i bambini intanto... impazzirebbero», dice la superiora. E chissà come fanno a sostenere le spese: «Soldi o non soldi, certo non possiamo lasciare questi bambini! Per noi sono nostri figli. Allora in qualche modo Dio i soldi ci aiuterà a trovarli!», aggiunge (a proposito: se qualcuno volesse dare una mano al Padreterno con un contributo, può sempre chiamare lo 081-7415021 e chiedere proprio di suor Amabile).
Non badano troppo al sottile, da queste parti, quando si tratta di difendere i piccoli. È già successo che sono andate in Tribunale a contestare un decreto del giudice e che quest’ultimo, «saggiamente e con umiltà », l’abbia modificato. È già successo che ad un piccolo di cinque anni, sbranato anche lui dai grandi e affidato alla comunità, lo specialista ha prescritto il Tavor (noto e pesante psicofarmaco...), ma che suore ed operatori abbiano buttato la ricetta, eppure siano riuscite pian piano a curarlo ugualmente.
Se siete un po’ ingenui, credete alle favole, all’isola che non c’è, ai mira­coli e faccende del genere, fareste al­lora bene a fare un salto qui per ave­re la confer­ma che ave­te ragione, e gli altri dica­no pure quel che vo­gliono. Tre anni fa in pronta ac­coglienza è arrivato un neonato, partorito dalla mam­ma in ano­nimato, quindi affidato alla comu­nità. Sarebbe dovuto morire o, a met­terla proprio ottimisticamente – av­visarono i medici – sarebbe dovuto rimanere paralizzato su una sedia a rotelle. Un paio di coppie in cerca d’adozione vennero a vederlo e pre­ferirono andarsene a mani vuote. Se lo sono portato a casa due volonta­ri, moglie e marito. Quel neonato og­gi cammina: poco, male, ma a tre an­ni cammina. A suor Amabile, rac­contandolo, brillano gli occhi.
Ora di cena. Danilo è a tavola con tutti, bambine e bambini. Mangia, sorride, chiacchiera e scherza addi­rittura col giornalista. Marco ha sem­pre in tasca quelle due macchinine, ma è più occupato a sfogliare e (far finta di) leggere il taccuino con gli appunti. Quando è tornato dal rien­tro pomeridiano a scuola era da ri­dere solamente a vederlo: trascina­va uno zainetto mezzo vuoto e più grosso di lui. Arriva anche Martina, quattordici anni (lei pranza a scuo­­la), che nella sua stanza ha i poster di Riccardo Scamarcio e Zac Efron.
Suor Amabile, suor Glecy, Maria Pia e Nunzia, quando i bambini hanno mangiato e si accende la tivù, sono allegre e sfinite. Le sconfitte? «No, non ne abbiamo incontrate poi molte... », risponde la superiora. Ma si ferma, ci riflette su un istante. Ti guarda di nuovo e si corregge: «Sai quali sono le sconfitte? Quelle vere, quelle che fanno male e lasciano il segno? Vedere chi dovrebbe fare il bene dei bambini, soprattutto le istituzioni, e non lo fa». Quatto quatto è arrivato Marco, in pigiama, scalzo, macchinine in mano: «Giornalista, guarda come le ho lucidate!».
Le Francescane dei Sacri Cuori accolgono bimbi violati e soli, inviati dal Comune. Che non paga le rette dal 2006.



anticipazioni
L’attacco contro il cristianesimo delle ideologie 'secolari', dalla Rivoluzione francese alla massoneria, dal nazismo al comunismo: una riflessione di Luigi Negri Totalitarismi all’assalto della Chiesa
Avvenire, 21.11.2007
DI LUIGI NEGRI
L’importanza e l’attualità della dottrina sociale ci è testimoniata anche dalla pubblicazione del Compendio della dottrina sociale della Chiesa, dove viene affermato: «La Chiesa [...] anche con questo documento sulla sua dottrina sociale intende proporre a tutti gli uomini un umanesimo all’altezza del disegno d’amore di Dio sulla storia, un umanesimo integrale e solidale, capace di animare un nuovo ordine sociale, economico e politico, fondato sulla dignità e sulla libertà di ogni persona umana, da attuare nella pace, nella giustizia e nella solidarietà». Che cosa allora offre all’uomo di oggi la Chiesa attraverso il compendio, ma più in generale attraverso l’intero Magistero sociale di cui questo importante documento rappresenta appunto una sintesi? La possibilità di guadagnare un «umanesimo integrale e solidale».
Il termine umanesimo non è tuttavia esente da ambiguità e richiede pertanto ulteriori chiarimenti. Non bisogna scordare che la modernità ha cercato di realizzare un umanesimo senza Dio. La modernità ha voluto percorrere una strada che poggiava totalmente sull’uomo, sul suo potere, sulla sua capacità di conoscere la realtà, di organizzarla scientificamente e di manipolarla tecnologicamente. Abbiamo assistito per più di due secoli al tentativo di creare un umanesimo senza riferimento reli­gioso, non necessariamente contro Dio, ma certamente senza Dio.
Contro l’idea di umanesimo cristiano la modernità ha adottato due atteggiamenti. Il pri­mo è stato l’atteggiamento del rifiuto, quello della negazione violenta, il cui apice è si­curamente rappresentato dall’enorme numero di cristiani martirizzati nel corso dell’epoca moderna, con l’ultimo immenso tributo pagato nel XX secolo: «Secondo la World Christian Enciclopedia, compilata dallo studioso protestante David Barret (e­sperto di statistiche), nel XX secolo vi sono stati oltre 45 milioni di martiri, cioè di cristiani che hanno perduto la vita prematu- ramente in una situazione di ostilità verso il cristianesimo. La cifra è pari a più di 2/3 della somma totale dei martiri dagli inizi del cristianesimo [...]. Il ’900 iniziato con la rivoluzione dei Boxers in Cina, è proseguito con il genocidio degli armeni a opera dei turchi, le persecuzioni anticlericali (masso­niche e social-comuniste) in Brasile, Messi­co, Spagna, la persecuzione nazista in buo­na parte dell’Europa; il comunismo in Urss e nell’Europa dell’Est».
La distruzione delle chiese, dei conventi, la soppressione delle persone fisiche, dei ve­scovi, dei sacerdoti, dei laici e il rifiuto del cri­stianesimo sono conseguenza dell’opzione fondamentale che la modernità ha radical­mente posto: o si è moderni o si è cristiani; o si è per il progresso, per una piena e defi­nitiva realizzazione dell’uomo che rifiuta to­talmente il piano trascendente, o si è per u­na visione retrograda e reazionaria, super­stiziosa e nociva che si fonda sulla religio­ne, sulle Chiese e su Dio. Secondo una tale prospettiva, come ha bene evidenziato Augusto Del Noce, «la storia del XX secolo non potrebbe essere intesa che come un pro­cesso verso il culmine della modernità coin­cidente con la piena secolarizzazione, tale da escludere ogni richiamo alla trascen­denza religiosa». Le parole di Lenin, nonché la sua azione politica, ce lo confermano a pieno: «Tutte le religioni contemporanee, tutte le Chiese e ogni organizzazione reli­giosa sono considerate dal marxismo come organi della reazione borghese che servono a difendere lo sfruttamento e l’istupidi­mento della classe operaia [...]».
Non molto diversa era la concezione di Hi- tler il quale, commentando il concordato con la Chiesa, così si esprimeva: «Ciò non mi impedirà di sradicare totalmente il cristia­nesimo dalla Germania, di eliminarlo in ma­niera completa, radicale e definitiva. È una questione decisiva se il nostro popolo ha u­na fede ebraico cristiana con la sua morale molle e compassionevole, oppure una for­te ed eroica fede in dio nella natura, in dio nel proprio popolo, in dio nel proprio de­stino, in dio nel proprio sangue [...]. Non è possibile essere cristiani e tedeschi insieme: o si è l’uno o si è l’altro».
L’altro atteggiamento molto più subdolo e pervasivo ha cercato di subordinare la Chie­sa al progetto secolaristico della modernità. Ciò è avvenuto innan­zitutto tentando, attraverso la ri­vendicazione della separazione tra Stato e Chiesa, di subordinare la Chiesa allo Stato. Fin dalla Costi­tuzione civile del Clero del 1790 il tema della separazione della Chie­sa dallo Stato è stato l’occasione per ribadire la tendenza ad assi­milare la vita e la struttura religio­sa nell’ambito dello Stato, svilup­pando quell’interpretazione rina­scimentale e, successivamente, protestante, della politica come strumento del regno. Il tema della separazione è stato affrontato dalla modernità con l’intenzione non tanto di affermare la totale separazio­ne dei due ordini, bensì la priorità dell’or­dine politico su quello religioso. Il Concor­dato con la Chiesa cattolica voluto da Na­poleone, come traspare dalle sue stesse pa­role, è anch’esso inscrivibile in una logica puramente strumentale di subordinazione della religione alla politica. La stessa formula «Libera Chiesa in libero Stato» è espressio­ne di questo tentativo di distinguere e se­parare la Chiesa e lo Stato nel senso di un as­sorbimento della Chiesa nello Stato. Prima ancora dello Stato totalitario, lo Stato libe­rale ha preteso di essere lui a concedere il di­ritto a esistere e a normare ogni espressio­ne e opera sociale del popolo cristiano. Si è cercato di ridurre la Chiesa a una funzione pedagogica e morale, sempre all’interno del­lo Stato, come parte integrante di esso, co­me strumento del regno appunto.
«Dalla Dottrina sociale l’ispirazione per un umanesimo integrale e solidale, che non miri più a espellere Dio dal mondo umano».


TRENTADUE - NOTIZIARIO PERIODICO DEL MOVIMENTO PER LA VITA

QUATTRO TAVOLE ROTONDE PER CAPIRE TRENT’ANNI DI 194

Al XXVII Convegno dei Centri di aiuto alla vita di Roma
(070401) “Trent’anni di legge 194” è il titolo del Convegno dei Centri di aiuto alla vita che si terrà a Roma (Centro congressi Grand Hotel Carpegna) dal 23 al 25 novembre. Questa XXVII edizione del convegno si pone all’inizio delle manifestazioni che nei prossimi mesi ricorderanno l’approvazione della legge che nel 1978 ha introdotto l’aborto volontario in Italia.
Quattro le chiavi per interpretare i trent’anni passati e per ipotizzare prospettive nuove e diverse per gli anni futuri (superamento, modifica, applicazione integrale della legge). Quattro chiavi di lettura che trovano una corrispondenza in altrettante tavole rotonde.
La prima, sociale, si svolgerà venerdi 23 ore 17,30 e vedrà la partecipazione di Carlo Casini, Luciano Corradini, Savino Pezzotta, Marcella Reni e sarà aperta dall’intervento di mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei e da un messaggio del card. Camillo Ruini.
Alla seconda tavola rotonda (sabato ore 9) dedicata alla donna e dal titolo “Sindrome post aborto e riconciliazione” prenderanno parte esperti della materia come Tonino Cantelmi, Dario Casadei, Elena Vergani.
La terza (sabato ore 11), più squisitamente politica, vedrà la partecipazione di parlamentari ed amministratori locali. Hanno già confermato la propria presenza Paola Binetti, Luisa Santolini, Pino Morandini
La quarta ed ultima (domenica ore 9,30) sarà dedicata ai giovani, alle generazioni che non hanno voluto né votato la legge 194. Parteciperanno i rappresentanti di numerose aggregazioni giovanili cattoliche e non solo che dialogheranno con il sottosegretario alla solidarietà sociale, De Luca.
Conclusioni, domenica, con Benedetto XVI

BENEDETTO XVI: PIETOSI E ACCOGLIENTI CON CHI HA ABORTITO
Ma inflessibili con “le agenzie che promuovo l’aborto”
(070402) L’aborto ’non può 
mai essere giustificato’. La diretta distruzione della vita 
umana non è mai ammissibile, ’per quanto difficili siano le 
circostanze che portano qualcuno a considerare un passo così 
grave’. Tuttavia la comunità cristiana deve accogliere quanti 
’si pentono di aver partecipato’ a tale grave peccato. Il Papa 
ha ribadito il ’no’ della Chiesa all’interruzione di 
gravidanza, accusando l’azione delle ’agenzie che promuovono 
l’aborto’ ma raccomandando allo stesso tempo uno spirito di 
apertura verso chi manifesta pentimento. 

Il monito di Benedetto XVI è stato pronunciato durante 
l’udienza ai vescovi del Kenya in visita Ad Limina. ’E’ 
materia di grande preoccupazione - ha detto Ratzinger - il fatto 
che la cultura secolare globalizzata stia esercitando una 
crescente influenza sulle comunità locali, come risultato delle 
campagne delle agenzie che promuovono l’aborto’.
’Questa distruzione diretta di una vita umana innocente - ha 
aggiunto - non può mai essere giustificata, per quanto 
difficili siano le circostanze che possono portare qualcuno a considerare di fare un passo così grave’. 
’Quando voi predicate il Vangelo della vita - ha esortato 
Benedetto XVI - ricordate al vostro popolo che il diritto alla 
vita di ogni innocente essere umano, nato o non nato, è 
assoluto e si applica ugualmente a ogni persona senza eccezione 
alcuna’. Il Papa, a tale proposito, ha avvertito che ’la 
comunita’ cattolica deve aprirsi a riaccogliere tutti quanti si 
pentono dall’aver partecipato al grave peccato dell’aborto, e 
dovrebbe guidarli con carità pastorale ad accettare la grazie 
del perdono, il bisogno di penitenza e la gioia di entrare 
ancora una volta nella nuova vita di Cristo’.

NORLEVO. OGNI GIORNO VENGONO VENDUTE MILLE PILLOLE
Ma il Corriere anestetizza le coscienze: “tranquilli, non è aborto!”
(070403) "Da giugno 2006 a luglio 2007 sono state vendute in Italia 356mila pillole del giorno dopo. Quasi mille al giorno. Oltre la metà delle acquirenti ha meno di vent’anni (55%), il resto delle pillole è andato alle signore dai 20 ai 50 anni (45%)". Lo riferisce il Corriere della sera che aggiunge “la quantità di ormoni che rilascia per impedire l’ovulazione e l’eventuale fecondazione non è una passeggiata. Invece per molte signore e signorine è diventata un contraccettivo. Non sono poche ad averla assunta più di una volta". Però subito dopo specifica, tranquillizzante per le coscienze di tutti, "La pillola del giorno dopo non è un aborto”. Certo se la gravidanza non è iniziata (in questo caso è inutile), ma se la gravidanza ha avuto inizio, cari amici del Corriere, come altro lo si può definire?

RU486. TURCO: I FARMACISTI NON HANNO DIRITTO ALL’OBIEZIONE
Una posizione inspiegabile che contraddice la stessa legge 194 sull’aborto
(070415) Non è possibile l’obiezione di coscienza per i farmacisti. Parola del ministro della Salute, Livia Turco. Era stato il Papa a invocare la possibilità di obiezione di coscienza per i farmacisti rispetto ad alcuni medicinali particolari, come la pillola del giorno dopo o la Ru486 (vedi notizia 070305).
"Che cosa significa nel merito?", si chiede la Turco. E aggiunge: "C’e’ un prontuario farmaceutico, in cui i medicinali sono selezionati sulla base della loro capacità di salvare vite e di curare, c’e’ un processo di autorizzazione complesso e basato su evidenze scientifiche, che ha un’autorità europea. Come si può fare obiezione di coscienza rispetto ai farmaci?" conclude con una domanda il ministro.
Il ministro sembra ignorare che l’obiezione è prevista dalla legge in campo militare e sanitario e che i farmacisti fanno parte del personale medico come previsto dall’articolo 9 della legge 194/78, e come tale hanno il diritto di non prestarsi in alcun modo a procedure d’aborto come indubbiamente è la somministrazione di Ru486

RU486. IL 10 DICEMBRE L’AIFA INIZIA L’ESAME DEL DOSSIER
La procedura di mutuo riconoscimento lascia pochi spazi di autonomia all’Italia
(070404) Lunedì 10 dicembre la documentazione per la richiesta di commercializzazione della pillola abortiva Ru486 sarà all’esame dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). La procedura con cui viene chiesta la registrazione della Ru486 è chiamata di mutuo riconoscimento, secondo le regole vigenti è vincolante per i tutti i Paesi Ue. Il 10 dicembre la sottocommissione incaricata di analizzare le domande di autorizzazione all’immissione in commercio dei nuovi farmaci, si riunirà per valutare il dossier fornito dalla Francia, dove la pillola viene già utilizzata. Ad una prima valutazione amministrativa, ne seguirà una tecnico-scientifica, la scadenza per inviare il parere finale alla Francia è di soli 90 giorni. Il 12 dicembre i risultati dei lavori della sottocommissione dovrebbero confluire nella seduta plenaria, per arrivare infine al Consiglio di amministrazione dell’Aifa. Il via alla commercializzazione del prodotto dovrebbe arrivare tra la fine di aprile e l’inizio di maggio

RU486. COMMERCIALIZZARE NON VUOL DIRE LIBERALIZZARE
La “via ospedaliera” per l’aborto indicata dalla 194 resta in vigore
(070405) In merito alla richiesta di commercializzare anche in Italia la pillola abortiva Ru486 da parte della ditta produttrice Exelgyn laboratories va anzitutto detto che la registrazione del farmaco non significa affatto che esso possa essere liberamente usato in Italia. Sarebbe una violazione inammissibile delle leggi vigenti, in particolare della legge 194 che prescrive l’esecuzione dell’aborto esclusivamente in sede ospedaliera. La scelta della “via ospedaliera” non è stata fatta a cuor leggero dai promotori e difensori della legge che hanno voluto come caposaldo della norma la socializzazione del fenomeno aborto e l’intervento diretto delle strutture pubbliche. Dove sono ora gli sponsor della legge 194? Ci aspetteremmo una levata di scudi contro il “rischio Ru486” che invece non è dato vedere...
«Quanto al fondo della questione» ha commentato Casini «non c’è che da esprimere nuovamente il dolore che si prova nel constatare che tante energie intellettuali e economiche sono usate per sopprimere la vita anziché per evitare la morte dei più piccoli e più poveri tra gli esseri umani».

TESTAMENTO BIOLOGICO. RIPRENDE L’ITER LA LEGGE
A spingere è il presidente della Commissione senatoriale, Marino
(070406) A fine mese la commissione Igiene e Sanità del Senato potrebbe riprendere l’esame degli ormai undici disegni di legge presentanti su testamento biologico, direttive anticipate, rinuncia alle cure, lotta contro l’accanimento terapeutico. Per la relatrice del provvedimento, la senatrice Fiorenza Bassoli (Ulivo), l’iter non si presenta facile perché le proposte sono piuttosto distanti tra loro nei contenuti, e non è stato possibile redigere un testo di sintesi.
Ma le perplessità maggiori riguardano l’opportunità di una legge sull’argomento, visto che a regolare la materia sono sufficienti le norme contenute nel Codice deontologico dei medici. Da giugno i lavori si erano fermati, dopo che per mesi erano sfilati in commissione esperti di diverso orientamento e competenza. Ora, per volontà del presidente della commissione Marino il provvedimento potrebbe essere nuovamente calendarizzato.

UNICEF. CAMPAGNA MEDIATICA “PRIMO DIRITTO, VIVERE”
Per celebrare i 18 anni della Convenzione sui diritti dell’infanzia
(070407) Compie 18 anni la Convenzione sui diritti dell'infanzia. Il 20 novembre 1989, infatti, la Convenzione veniva approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, esattamente 30 anni dopo l'approvazione della Dichiarazione sui diritti del fanciullo (20 novembre 1959).
Quest'anno con lo slogan "Primo diritto, vivere", l'Unicef Italia ricorderà che il diritto alla vita e alla salute per milioni di bambini, soprattutto dei Paesi in via di sviluppo, viene continuamente ostacolato da malattie, guerre, abusi e povertà.
Numerose le iniziative previste durante il 20 novembre e i giorni successivi, a livello istituzionale e mediatico. E lo stesso slogan sarà negli stadi nel weekend successivo.
Peccato che sia un’occasione persa per parlare del diritto alla vita di tutti i bambini, prima e dopo la nascita.

GB. SOLO 222 SOCI AVREBBERO ABBANDONATO AMNESTY
Ma l’appello era ad interrompere le donazioni. Aspettiamo i bilanci
(070408) Solo 222 membri di Amnesty international - su 250mila iscritti in Gran Bretagna – avrebbero stracciato la tessera associativa in seguito all’appello lanciato dal cardinal Renato Martino che chiedeva ai fedeli di tutto il mondo di interrompere le donazioni a favore di AI a seguito della decisone presa dal consiglio di Amnesty International di supportare l’interruzione di gravidanza in caso di stupro, incesto o rischi per l’incolumitò della puerpera, abbandonando così la tradizionale neutralità sull’argomento.
Lo afferma la responsabile di Amnesty UK, Kate Allen che però fa un po’ troppa confusione tra la richiesta di “interrompere le donazioni” e “stracciare la tessera”. Aspettiamo i consuntivi economici per valutare la flessione (o meno) delle offerte.
Intanto sarebbe interessante vedere quante tessere sono state stracciate in altri Paesi. In Italia, ad esempio, sono già molte di più di quelle inglesi quelle che ci vengono segnalate tra le migliaia di adesioni all’appello lanciato dal Movimento al Meeting di Rimini e che sarà consegnato ad Amnesty Italiali in occasione del prossimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

GB. MEDICI ANTI-ABORTO FUORI DALL’ORDINE PROFESSIONALE
E’ l’ipotesi del General medical council che indaga su un medico della Cornovaglia
(070409) Tamie Downes, medico condotto di un piccolo paese in Cornovaglia è indagata dal General medical council, l’Ordine dei medici britannici, con l’accusa di abusare della sua carica per convincere le sue pazienti a non abortire.
Infrangendo il codice etico il medico sarebbe colpevole di mettere davanti le sue opinioni personali, di non mantenere un atteggiamento professionale e distaccato di fronte alle pazienti che si mostrano confuse se praticare o meno l’interruzione di gravidanza.
Secondo recenti raccomandazioni avanzate dalla Commissione di scienza e tecnologia della Camera dei Comuni, i medici che si oppongono all’aborto dovrebbero informare della loro posizione i loro pazienti e, nel caso, metterli in contatto con un altro medico.

USA. I REPUBBLICANI VOGLIONO ALLA CASA BIANCA UN PRESIDENTE PRO LIFE
Importanti sondaggi in vista delle primarie per le elezioni presidenziali
(070410) I repubblicani di Iowa e New Hampshire, i primi Stati americani dove si voterà a gennaio per le primarie, considerano Mitt Romney un candidato che rappresenta di più i loro valori morali su aborto e biotecnologie. Anche se sono coscienti che un candidato come Rudy Giuliani abbia a livello nazionale più chance di vittoria.
E’ quanto emerge da un sondaggio pubblicato da New YorkTimes/Cbs in cui l’ex governatore del Massachusetts, di fede mormone, appare in testa sia in New Hampshire che in Iowa. E nello Stato del mid-west l’ex sindaco di New York è addirittura terzo nei sondaggi, dopo l’ex governatore dell’Arkansas Mike Huckabee.
La base repubblicana dei due Stati esprime con forza il desiderio di vedere alla Casa Bianca un presidente conservatore, magari ancora più sensibile ai valori importanti di George Bush.

GERMANIA. LE AZIENDE FAVORISCANO LA CONCILIAZIONE TRA VITA E LAVORO
Lo chiede il cancelliere Merkel che annuncia anche delle misure statali
(070411) La cancelliera tedesca Angela Merkel in un discorso pronunciato all’assemblea della Frauen Union, organizzazione femminile della Cdu, ha espresso il suo augurio affinché presto le aziende tedesche si convincano a porre le condizioni perché le donne possano conciliare la vita familiare e lavorativa.
Più asili nido per bambini sotto i tre anni e, quando questo sia stato attuato, l’introduzione di una retribuzione per chi coscientemente ha deciso di dedicarsi a casa all’educazione dei figli: queste le misure da adottare per agevolare la situazione.
“La politica del personale nelle aziende non è organizzata secondo uno schema che tenga conto dei cicli della vita” ha dichiarato la Merkel, e ancora “la società deve farsi più flessibile e anche in questo senso deve dare prova di più tolleranza e gioia verso i bambini. Io mi appello alla nostra società: la invito a creare un clima in cui i bambini siano davvero i benvenuti”.

SPAGNA. DA ZAPATERO UNO STOP ALL’EUTANASIA
Non entrerà nel programma socialista per le elezioni politiche di marzo
(070412) Il premier Zapatero in un’intervista al quotidiano “Publico“ ha annunciato che la depenalizzazione dell’eutanasia non farà parte del programma del Partito socialista spagnolo in vista delle elezioni politiche di marzo. Una scelta prudenziale e di riavvicinamento a posizioni più moderate rispetto alla linea finora seguita dal governo di Madrid.

MILANO. LA RUOTA TORNERA’ A GIRARE ANCHE ALLA MANGIAGALLI
In funzione presto la Culla per la vita. Sponsor l’assessore Moioli
(070413) I bebè lasciati soli in ospedale subito dopo il parto: sono stati 51 nell’ultimo anno, il triplo rispetto al passato. Il fenomeno delle vite rinnegate alla nascita non è poi così poco attuale come sembra e in questi casi la prontezza dei soccorsi è decisiva. Perciò la futuristica «Culla» che sta per nascere alla clinica Mangiagalli va oltre la riedizione dell’antica e chiacchierata Ruota degli esposti.
L’assessore alle Politiche sociali del Comune, Mariolina Moioli, l’ha fortemente voluta. «Solo un mattone nell’ambito di un progetto ben più articolato di servizi di prevenzione e aiuto messi in campo per le mamme in difficoltà - spiega la responsabile di Palazzo Marino -. A cominciare dalle comunità coinvolte, dagli assegni disponibili per sedici mesi a cavallo del parto. Vogliamo estendere lo strumento della culla, che tutti ci auguriamo sia usato il meno possibile, ad altri presidi ospedalieri caratterizzati da un’utenza massiccia».

LIGURIA. PROVE TECNICHE DI DIALOGO TRA REGIONE E CAV
Si discute una legge per l’accesso dei volontari nei consultori pubblici
(070414) Prove tecniche di dialogo tra la Regione Liguria ed il volontariato per la vita. Il Consiglio regionale, abbandonando vecchi steccati ha deciso di dare via libera ad una legge che permette ai volontari dei Centri di aiuto alla vita di poter operare nei consultori pubblici.
Non c’è infatti stata alcuna obiezione ad avviare la discussione della legge in Commissione III Sanità. La proposta è stata sostenuta dall'esperienza documentata della Clinica Mangiagalli di Milano dove il professore PARDI, primario della Ginecologia e abortista convinto, ha sempre riconosciuto comunque al Cav un ruolo fondamentale nel cercare di promuovere un progetto di sostegno alla vita e nel tentare di rimuovere in tanti casi le ragioni per un aborto volontario, favorendo alternative più umane all'aborto. I nove Cav liguri, come a Milano, potrebbero essere ospitati all'interno degli Ospedali per cercare di aiutare la donna a decidere di non abortire.