Nella rassegna stampa di oggi:
1) Quelle tre o quattro cose forti che il sinodo sulla "Parola di Dio" ha lasciato in eredità - La prima è che il cristianesimo non è una "religione del libro" ma si identifica in una persona. La seconda è che la Bibbia non è solo passato ma è anche presente e futuro. La terza è che l'esegesi non può fare a meno della teologia, e viceversa... Il bilancio del sinodo nel taccuino di un osservatore speciale - di Sandro Magister
2) Anteprima di “Bella”, un film che converte senza prediche - Il 19 dicembre prossimo presso l’Università Europea di Roma - di Antonio Gaspari
3) Cancellate le celebrazioni natalizie nel nord dell'India - Per la situazione di insicurezza in vista delle elezioni
4) 09/12/2008 14:02 – VATICANO - Papa: dignità della persona, pace e sviluppo temi per il dialogo tra fedi - Benedetto XVI afferma che per l’Unione europea, portatrice di una cultura comune fondata sulle civiltà greca e romana e soprattutto sul cristianesimo, il dialogo deve costituire “una priorità”.
5) 09/12/2008 13:42 – CINA - Pechino ammette: “insoddisfacenti” i progressi per i diritti umani - Domani l’Onu celebra il 60mo anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. In previsione, la polizia arresta chi vuole celebrare l’anniversario. In manicomio chi denuncia il malgoverno. Per il latte alla melamina, i tribunali rifiutano di decidere.
6) Il bigottismo laico - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 9 dicembre 2008 - Il corso di aggiornamento è senza punteggio se si tiene in un centro congressi che porta il nome di un Papa
7) Omosessuali: titoli falsi e bugiardi - Autore: Colombo, Carlo Curatore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 9 dicembre 2008
8) Lettera di Benedetto XVI sul dialogo tra culture e religioni - Le radici cristiane dell'Europa sono vive - Un continente solidale e accogliente per le sfide dell'epoca post-moderna - Il tema del dialogo tra culture e religioni è oggi "una priorità" per l'Europa. Lo afferma il Papa in un messaggio in occasione della giornata di studio organizzata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura. – L’Osservatore Romano 9-10 Dicembre 2008
9) Chiesa e diritti umani - Quando la corsa alle vittime oscura la realtà - di Lucetta Scaraffia – L’Osservatore Romano, 9 -10 Dicembre 2008
10) Thomas Merton a quarant'anni dalla morte - Lo studente dissoluto che divenne trappista - di Piero Viotto – L’Osservatore Romano, 9 -10 Dicembre 2008
11) USA/ La scuola secondo Obama - Lorenzo Albacete - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
12) ELUANA/ La Corte Europea ascolti il grido di chi poterebbe essere travolto da una sentenza incivile - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008
13) SCUOLA/ Secondo "La Repubblica" è incostituzionale finanziare le paritarie: ma è proprio vero? - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
14) CONVEGNO/ A 60 anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, una sfida per l’Europa - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
15) FEDE&RAGIONE/ Peter Hodgson, l'uomo per cui il cristianesimo ha posto le basi "necessarie per lo sviluppo della scienza" - Mario Gargantini - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
16) A causa della crisi finanziaria - Un miliardo di persone soffrono la fame – L’Osservatore Romano, 9-10 Dicembre 2008
Quelle tre o quattro cose forti che il sinodo sulla "Parola di Dio" ha lasciato in eredità - La prima è che il cristianesimo non è una "religione del libro" ma si identifica in una persona. La seconda è che la Bibbia non è solo passato ma è anche presente e futuro. La terza è che l'esegesi non può fare a meno della teologia, e viceversa... Il bilancio del sinodo nel taccuino di un osservatore speciale - di Sandro Magister
ROMA, 9 dicembre 2008 – A sette settimane dalla sua chiusura, il sinodo dei vescovi tenuto a Roma in ottobre su "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa" sembra quasi non aver lasciato traccia.
Le 55 proposizioni finali sono state consegnate al papa e provvederà lui a darvi corso, nell'esortazione postsinodale che egli promulgherà tra un anno o anche più.
Quanto al messaggio rivolto dal sinodo al "popolo di Dio" al termine dell'assise, è caduto subito nel dimenticatoio. A differenza dei messaggi finali dei precedenti sinodi, questo era scritto con stile più comunicativo. Tradiva la mano sapiente del suo principale estensore, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio della cultura e biblista di fama mondiale. Ma la sua lunghezza spropositata ne ha reso difficile il rilancio da parte dei media cattolici di tutto il mondo. E di conseguenza ha impedito che divenisse oggetto di lettura e di riflessione da parte di un consistente numero di vescovi, preti e fedeli.
Ciò non toglie, però, che il sinodo che si è tenuto lo scorso ottobre sulla Parola di Dio possa avere effetti importanti e di lunga durata sulla vita della Chiesa. A condizione che i circa 250 vescovi che vi hanno partecipato sappiano raccoglierne le indicazioni e parteciparle ai rispettivi episcopati e Chiese nazionali.
Ma, appunto, quali sono le indicazioni maggiori che il sinodo ha dato? Quali le linee maestre lungo le quali tradurlo in pratica?
Sul sinodo si è scritto molto. Ma rare sono state le valutazioni sintetiche. Qui di seguito ne è riportata una delle più interessanti e acute. È apparsa su "L'Osservatore Romano" del 27 novembre ed è stata scritta non da un padre sinodale ma da un osservatore esterno, un professore di teologia del Boston College, sacerdote della diocesi di New York, padre Robert Imbelli.
Per tutta la durata del sinodo padre Imbelli ha alloggiato, a Roma, al Collegio Capranica, avendo modo di incontrare quotidianamente vari padri sinodali, e di seguirne i lavori.
Il 14 ottobre egli ha avuto anche la possibilità di entrare nell'aula del sinodo e di assistere a una seduta. Per fortunata combinazione, quello fu il giorno in cui Benedetto XVI prese la parola, pronunciando un intervento di straordinaria importanza.
Ecco dunque che cosa il nostro osservatore ha ricavato dal suo soggiorno romano:
Riflessioni sul sinodo di Robert Imbelli
Godendo di un anno sabbatico come docente di teologia al Boston College, ho voluto essere presente a Roma durante il sinodo dei vescovi dedicato a un più profondo apprezzamento e a una rinnovata affermazione della "Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa". Pochi altri argomenti, infatti, sono così fondamentali dal punto di vista teologico e pertinenti da quello pastorale. [...]
La mia prima forte impressione è che il sinodo sia stato una profonda esperienza ecclesiale, in primo luogo, com'è ovvio, per i partecipanti, ma sperabilmente, tramite loro e i resoconti dei media, per l'intera Chiesa cattolica. Vescovi e teologi, laici e preti, donne e uomini, come pure rappresentanti di altre comunità cristiane hanno condiviso tre intense settimane. Si sono reciprocamente arricchiti attraverso le loro esperienze, idee, opinioni e interessi. Lo hanno fatto formalmente con dichiarazioni e dibattiti svoltisi in gruppi linguistici più piccoli. Tuttavia lo hanno fatto anche in maniera informale durante le pause per il caffè o i pasti. La Parola di Dio si è riflessa nelle numerose parole della famiglia umana, mostrando la sua variegata ricchezza e forza trasformatrice: "suaviter et fortiter"
Una delle idee più cruciali emerse nel corso del sinodo è stata la necessità di comprendere le multiformi dimensioni della Parola di Dio. Nel linguaggio dei teologi questo è un concetto "analogo". La Parola di Dio non si può semplicemente identificare con le Sacre Scritture. Queste sono le testimoni privilegiate della Parola di Dio, ma quest'ultima trascende persino la sua incarnazione biblica.
Infatti, in definitiva, la Parola di Dio è una Persona. È Gesù Cristo stesso l'incarnazione piena e definitiva della Parola di Dio. A questo proposito nessun verso biblico è più importante di questo del Vangelo di Giovanni: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (1, 14). In Gesù Cristo, nella sua vita, morte e resurrezione, la Rivelazione di Dio trova la sua espressione perfetta e ottiene la riconciliazione del mondo.
Significativamente, questo riconoscimento nutrito di fede implica che il cristianesimo può essere definito solo impropriamente una "religione del libro". Per quanto la testimonianza biblica di Gesù sia preziosa e indispensabile, il cristianesimo è più precisamente la "religione della persona": la persona di Gesù Cristo che chiama tutti alla comunione personale col Padre, attraverso lui.
Un'ulteriore conseguenza, rilevata da numerosi vescovi, è che Gesù Cristo offre ai cristiani la "chiave ermeneutica" per comprendere le Scritture. La Bibbia non è una raccolta disparata di libri del mondo antico. Essa trova in Gesù il suo "principium": il suo principio interpretativo perché, in quanto Parola di Dio, egli è anche la sua origine e il suo obiettivo.
Dalla "relatio" di apertura del cardinale Ouellet, passando per l'intervento del papa, fino alle proposizioni conclusive presentate al Santo Padre, questo riconoscimento ha portato a insistere sulla necessità di utilizzare vari metodi di interpretazione delle Scritture. Il metodo cosiddetto storico-critico è indispensabile, perché la Parola di Dio è veramente entrata nella storia umana: nata durante il regno di Cesare Augusto e crocifissa sotto Ponzio Pilato. Come ha affermato il Santo Padre: "La storia della salvezza non è mitologia, ma vera storia, ed è perciò da studiare con i metodi della seria ricerca storica".
Per lo stesso motivo un metodo esclusivamente storico-critico presenta forti limiti. La Parola di Dio, alla quale la Bibbia reca testimonianza, chiaramente trascende la dimensione storica per accogliere il piano di Dio per il mondo. La Bibbia non è solo relegata al passato, ma sfida il presente e apre a un compimento futuro.
Quindi l'approccio storico-critico deve essere accompagnato da un approccio teologico-spirituale che affermi l'unità delle Scritture e riconosca che, attraverso il mistero pasquale di Cristo, lo Spirito Santo si è effuso ed ha avuto inizio la nuova creazione.
Di conseguenza, il contesto proprio e privilegiato per ascoltare la Parola di Dio è la liturgia della Chiesa, in special modo l'Eucaristia. In essa si compie l'unità dei Testamenti e si celebra la presenza del Cristo vivo, che svela il significato delle Scritture. In essa diviene chiaro che è in seno alla comunità di fede e alla sua tradizione che la Parola di Dio continua a nutrire il popolo di Dio in ogni epoca fino al ritorno del Signore nella gloria.
Da questo punto di vista il sinodo ci ha lanciato due sfide urgenti. La prima è che tutti i membri della Chiesa sono chiamati ad appropriarsi in modo disciplinato della Parola di Dio nella loro vita quotidiana, facendosi da essa guidare e sostenere. Da qui sono derivate le frequenti esortazioni del sinodo allo sviluppo e alla diffusione di una lettura spirituale della Bibbia che vada oltre il nome generico di "lectio divina". Sebbene siano necessari modalità e metodi differenti per soddisfare le esigenze dei diversi interlocutori e delle diverse situazioni culturali, un requisito permanente è la necessità per tutti, soprattutto per quanti sono immersi in culture occidentali spesso frenetiche, di acquisire familiarità con il silenzio. Solo con un silenzio vigile possiamo udire la Parola di Dio con rinnovato vigore.
La seconda sfida è il bisogno urgente di compiere sforzi creativi per ricreare i vincoli fra esegesi e teologia sistematica, oppure, più concretamente, fra esegeti e teologi. Questo è particolarmente difficile nel contesto attuale delle università, così protese a una ricerca specialistica che spesso separa invece di unire. Ciononostante, si tratta di un imperativo. Come afferma il Santo Padre nel suo intervento al sinodo: "Dove l'esegesi non è teologica, la Scrittura non può essere l'anima della teologia e, viceversa, dove la teologia non è essenzialmente interpretazione della Scrittura nella Chiesa, questa teologia non ha più fondamento".
* * *
Un altro argomento che ha suscitato grande interesse al sinodo è stato quello della predicazione. I vescovi sanno bene che la Parola di Dio deve essere spezzata e condivisa con il popolo di Dio, proprio come il pane eucaristico. È evidente che ciò assume forme diverse secondo l'età e la formazione degli uditori, ma una caratteristica comune che scaturisce dalla meditazione sulla Parola di Dio nella sua realtà trascendente è che le omelie dovrebbero essere "mistagogiche", vale a dire condurre l'assemblea a un incontro vivificante con Gesù Cristo, vera Parola incarnata.
Penso che il Papa stesso offra una guida preziosa all'arte di questa predicazione mistagogica. Le sue omelie, così attente alla situazione concreta e alle sensibilità di coloro a cui si rivolgono, cercano sempre di promuovere un rinnovato apprezzamento dell'altezza, dell'ampiezza, della lunghezza e della profondità dell'amore di Cristo per il suo corpo, la Chiesa, e, attraverso di essa, per il mondo intero. Benedetto XVI, nelle sue omelie, mira a introdurre quanti lo ascoltano nel mistero pasquale di Cristo, in cui essi non sono meri osservatori, ma partecipanti.
Questa predicazione mistagogica è in sé potenziata e rafforzata dalla qualità estetica del luogo in cui si compie. Questo tema è emerso spesso al sinodo, ma ha avuto un'importanza particolare nello storico discorso del patriarca ecumenico Bartolomeo I. Nella fede incarnazionale della Chiesa, la Parola di Dio non solo viene udita, ma anche vista. È mediata da icone e immagini. Bartolomeo ha detto delle icone: "Ci incoraggiano a cercare lo straordinario dell'ordinario".
È stato quindi provvidenziale che, svolgendosi il sinodo in Vaticano, si sia organizzata a Roma, nello splendido spazio espositivo delle Scuderie del Quirinale, una magnifica mostra dell'artista veneziano del primo Rinascimento Giovanni Bellini (1435-1516). Nelle sue meravigliose raffigurazioni della Madonna col Bambino, della crocifissione e della risurrezione di Cristo, lo straordinario e l'ordinario si integrano in modo affascinante, l'uno gettando luce sull'altro. O meglio, la luce di Cristo trasfigura tutto, rivelando l'autentica dignità e il vero destino dell'ordinario.
I dipinti del Bellini, fortemente influenzati dalla tradizione iconica orientale, fanno da splendido commento alla Parola incarnata di Dio, unendo indissolubilmente la lettera e lo spirito. Di fronte a molti suoi dipinti ciascuno può sostare e praticare la "lectio divina", attingendo dalla loro grazia e bellezza acqua per anime assetate.
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Alla fine del sinodo, un vescovo mio amico ha osservato che, a suo parere, esso ha rappresentato da parte della Chiesa una "ricezione" nuova e più profonda della costituzione del Vaticano II sulla divina rivelazione, "Dei Verbum". Se quel vescovo ha ragione, e penso di sì, questo è un momento di grande significato. Infatti, delle quattro costituzioni, vale a dire dei più importanti documenti del Concilio, la "Dei Verbum" è forse la meno apprezzata e studiata, sebbene sia assolutamente fondamentale.
Nella sua "relatio" di apertura del sinodo, il cardinale Ouellet ha detto molto. Ha parlato della rinnovata comprensione, nella "Dei Verbum", della rivelazione divina come "dinamica e dialogica". Tuttavia ha ammesso che il documento non è stato "recepito a sufficienza" e non ha ancora dato i frutti sperati.
Quando ci si chiede come questo sia potuto accadere, un possibile indizio è offerto più avanti proprio dal cardinale Ouellet nella sua "relatio", là dove afferma, in modo un po' provocatorio, che "l'ecclesiocentrismo è estraneo alla riforma del Concilio". In effetti, è possibile che troppi dibattiti e contrasti conciliari siano stati eccessivamente ecclesiocentrici. Non abbiamo forse avuto la tendenza a dimenticare che Cristo, non la Chiesa, è la luce del mondo ("Lumen gentium")? Nel sottolineare la necessità della "partecipatio actuosa" alla liturgia, non ci siamo forse accontentati di leggerla solo in termini di funzioni liturgiche da compiere invece che come chiamata a penetrare più in profondità nel mistero pasquale di Cristo? A volte, la legittima insistenza sul ruolo dell'assemblea nell'azione liturgica non ha forse messo in ombra il soggetto primario che è Cristo che si offre al Padre e abilita il popolo di Dio a condividere il suo unico perfetto sacrificio?
La riforma del Concilio è cristocentrica, non ecclesiocentrica. Solo attraverso Cristo la Chiesa è introdotta nella comunione della santissima Trinità che è vita eterna. È questo il cuore del messaggio della "Dei Verbum" e il sinodo da poco conclusosi ci offre la possibilità provvidenziale di ricevere nuovamente questo Vangelo salvifico.
Molto spesso, dopo il Concilio, ci siamo sentiti dire che dovevamo "appropriarci" della Tradizione della Chiesa, che dovevamo farla nostra. Tuttavia, a un livello più profondo ed esigente sarebbe meglio dire: dobbiamo noi far sì che la Tradizione si appropri di noi e consenta alla Parola di Dio di trasformarci. Questo farsi possedere quotidianamente dalla Parola è la vita della Chiesa ed è l'unica base credibile per la sua missione.
Anteprima di “Bella”, un film che converte senza prediche - Il 19 dicembre prossimo presso l’Università Europea di Roma - di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 9 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Due anni fa, il mondo del cinema fu sorpreso da “Bella,” la storia romantica diretta dal regista messicano Alejandro Monteverde, che inaspettatamente vinse il primo premio del prestigioso “People’s Choice Award” del Toronto Film Festival.
Da quel momento in poi, Bella ha vinto altri premi a livello internazionale, come il premio “Smithsonian Latino Center”.
Nominato come prima preferenza fra gli utenti di Yahoo, è stato anche premiato dalla Casa Bianca per il suo contributo alle Arti.
Il film è girato nella città di New York e racconta la storia di José, un promettente giocatore di calcio messicano, che per circostanze tragiche smette di giocare a calcio e si ritira a fare il cuoco nel ristorante del suo fratello adottivo.
Nello stesso ristorante viene licenziata una giovane ragazza, Nina, che non andava al lavoro perché era incinta.
Nina intende mettere fine alla gravidanza, perché è sola, senza lavoro, senza il sostegno neanche di sua madre che non si è mai ripresa dopo la morte del marito.
José non condivide la scelta della giovane collega ma tenta di aiutarla facendole sentire tutto il caloroso sostegno umano.
In questo modo, le due vite s’intrecciano e, con una serie di stupendi flashback e intensi dialoghi, lo spettatore viene spontaneamente ed emotivamente coinvolto nel loro passato.
Nel film le parole aborto, Dio, solidarietà, umanità, difesa della vita e della famiglia non vengono mai pronunciate, ma le immagini, i silenzi, le varie vicende, i diversi personaggi concorrono insieme a comporre una commovente poesia d’amore.
Si tratta di un film “potente e toccante… un’autentica ispirazione”, ha detto Ana Maria Montero nel suo servizio per la CNN. Secondo Maria Salas, di NBC-Miami, “Bella è un dramma romantico pieno di cuore, anima e messaggi positivi… un gioiello cinematografico”.
Dopo aver visto il film, alcune giovani donne hanno deciso di far nascere i bambini e le bambine che avevano concepito.
L’efficacia del film si deve in parte anche allo straordinario cast: Tammy Blanchard, vincitrice dell’Emmy Award, e la stella messicana Eduardo Verástegui, chiamato il “Brad Pitt dell’America Latina”.
“Dopo 10 anni di carriera – ha confessato Verástegui – mi sono reso conto che mi mancava qualcosa, ma non sapevo cosa fosse. Mi sentivo in un labirinto senza uscita; volevo usare l'uscita di sicurezza ma non sapevo dove si trovasse, mi sentivo vuoto”.
Il giovane Eduardo, nato a Xicotencatl, Tamaulipas, un piccolo paese al nord del Messico, ha avuto una brillante carriera internazionale come cantante pop del gruppo latino Kairo e come attore di “telenovela”, dopodiché si è stabilito negli Stati Uniti in cerca d’una felicità sempre sfuggente.
Dopo aver girato un popolare video musicale con Jennifer Lopez, Eduardo ricevette numerose offerte promettenti da registi di Hollywood, ma le rifiutò, perché si trattava di proposte con un basso livello morale.
“Ho promesso a Dio che non avrei mai più lavorato a un progetto che offendesse la mia fede, la mia famiglia o la mia comunità latina”, ha confessato.
Con gli amici Leo Severino e Alejandro Monteverde, Eduardo ha fondato la Metanoia Films per “produrre pellicole che abbiano il potenziale non solo di intrattenere il pubblico, ma anche di fare la differenza nella nostra società – ha spiegato Verástegui –, pellicole che tocchino il cuore del pubblico ed elevino l'intelletto verso ciò che è buono, bello e vero, verso l'eccellenza”.
La parola metanoia (in greco, “conversione”) è stata scelta Eduardo stesso e riflette il suo percorso spirituale personale.
L’anteprima di “Bella” avrà luogo il prossimo venerdì 19 dicembre, alle 18.45, presso l’Università Europea di Roma (via degli Aldobrandeschi, 190).
La proiezione è stata organizzata dal Centro Pascal, un circolo culturale promosso da giovani universitari, in collaborazione con Fiuggi Family Festival, fondato e diretto dal dott. Gianni Astrei.
Alla promozione e visione del film hanno già aderito il Movimento per la Vita e Cuore Azzurro.
Il film “Bella” verrà distribuito in Italia dalla “Lux Vide”.
[Per maggiori informazioni: www.bellathemovie.com; www.unier.it; www.fiuggifamilyfestival.org ]
Cancellate le celebrazioni natalizie nel nord dell'India - Per la situazione di insicurezza in vista delle elezioni
NUOVA DELHI, martedì, 9 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Un Vescovo del nord dell'India ha cancellato le iniziative per le festività natalizie che attiravano decine di migliaia di persone a causa delle preoccupazioni per la sicurezza in vista delle elezioni nel Paese.
L'associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) riferisce in un comunicato inviato a ZENIT che si attendevano più di 50.000 persone a Lucknow city per l'annuale Christmas Dance Drama sui gradini della Cattedrale cattolica.
Sabato scorso, tuttavia, il Vescovo Gerald Mathias ha bloccato l'iniziativa citando le continue tensioni precedenti il confronto elettorale. Il presule ha anche cancellato altre attività, come l'invito annuale al Ministro responsabile dello Stato dell'Uttar Pradesh, Mayawathi, al Governatore di Lucknow e ad altri funzionari per assistere a un evento che includeva canti, brevi interventi e una cena.
Sono state inoltre eliminate una riunione per il giorno di Natale per 15 o più sacerdoti di Lucknow e le celebrazioni di cinque giorni dopo per il clero e i religiosi della Diocesi.
Annunciando le cancellazioni a una delegazione di ACS in visita a Lucknow per una valutazione dei progetti nel nord dell'India, fr, Ignatius D'Souza, il vicario generale, ha affermato che la gente della città rimarrà probabilmente delusa, ma la decisione era inevitabile.
“Siamo preoccupati per l'attività fondamentalista – ha confessato –. Gli estremisti hanno una strategia a lungo termine e potrebbero ritenere le nostre attività natalizie diocesane un'opportunità per agire”.
“Anche se abbiamo un ottimo sistema di sicurezza per gli eventi ed eccellenti relazioni con il dipartimento locale di polizia, non possiamo essere troppo prudenti. Non sai cosa c'è nella mente di quanti vogliono creare problemi”.
Il religioso ha affermato che quello precedente le elezioni è stato sempre un periodo in cui aumentano le preoccupazioni per la sicurezza per il rischio di atti aggressivi da parte dei partiti politici estremisti, determinati a influenzare il voto in modo leciti o meno.
“Ogni volta che ci sono le elezioni ci sono persone che vogliono esacerbare le tensioni”, ha rilevato fr. D'Souza.
In tutta l'India, la Chiesa è in allerta anche in seguito all'ondata di violenza anticristiana costata la vita a 500 persone soprattutto nello Stato dell'Orissa, ma anche nel Karnataka, dove la distruzione delle chiese in una zona ad alta incidenza cattolica era del tutto inaspettata.
La Conferenza dei Vescovi Cattolici dell'India ha emesso recentemente un messaggio in cui esorta le Diocesi a ridurre le celebrazioni natalizie, lasciando a ogni Vescovo la decisione finale. La cancellazione delle iniziative, ha osservato fr. D'Souza, è anche un atto di solidarietà con i cristiani dell'Orissa.
Il Vescovo Mathias è stato incoraggiato a ridurre le cerimonie dai leader musulmani locali, che durante il loro incontro di sabato hanno annunciato una riduzione delle celebrazioni per la festa dell'Eid, la festa del sacrificio.
Per coloro che stavano mettendo in scena il Christmas Dance Drama, tra cui seminaristi, novizi e novizie, la notizia della cancellazione è stata fonte di grande dispiacere. Profondamente radicata nella cultura locale, l'iniziativa porta in scena alcuni brani biblici concentrati sulla Natività.
Visto che si svolgono il giorno di Natale, le rappresentazioni attirano soprattutto un pubblico non cristiano nella Cattedrale di St Joseph. La città di Lucknow è a maggioranza indù, ma ha anche il 20% di abitanti musulmano. I cattolici, su una popolazione totale di tre milioni di abitanti, sono circa 4.000.
Ad ogni modo, fr. D'Souza ha affermato che nella Cattedrale si terrà come sempre un'iniziativa che celebra la storia del Natale e che saranno benvenuti quanti vorranno entrare e accendere una candela secondo il costume locale.
09/12/2008 14:02 – VATICANO - Papa: dignità della persona, pace e sviluppo temi per il dialogo tra fedi - Benedetto XVI afferma che per l’Unione europea, portatrice di una cultura comune fondata sulle civiltà greca e romana e soprattutto sul cristianesimo, il dialogo deve costituire “una priorità”.
Città del Vaticano (AsiaNews) - La dignità della persona umana, la ricerca del bene comune, la costruzione della pace, lo sviluppo: sono i temi che Benedetto XVI indica ai “credenti” per promuovere iniziative di dialogo interculturale e interreligioso, al fine di stimolare la collaborazione reciproca. In un messaggio al presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, card. Jean-Louis Tauran, ed al presidente del Pontificio consiglio della cultura, mons. Gianfranco Ravasi, in occasione della Giornata di Studio dedicata al tema "Culture e religioni in dialogo" nell’ambito dell’Anno del dialogo interculturale promosso dall’Unione Europea, che ha avuto luogo giovedì 4 dicembre, il Papa afferma che tale dialogo rappresenta “una priorità per l’Unione Europea”.
L’Europa contemporanea, scrive Benedetto XVI, “è frutto di due millenni di civiltà. Essa affonda le sue radici sia nell'ingente e antico patrimonio di Atene e di Roma sia, e soprattutto, nel fecondo terreno del Cristianesimo, che si è rivelato capace di creare nuovi patrimoni culturali pur recependo il contributo originale di ogni civiltà”. “Così, l'Europa ci appare oggi come un prezioso tessuto, la cui trama è formata dai principi e dai valori scaturiti dal Vangelo, mentre le culture nazionali hanno saputo ricamare una immensa varietà di prospettive che manifestano le capacità religiose, intellettuali, tecniche, scientifiche e artistiche dell’Homo europeus. In questo senso possiamo affermare che l'Europa ha avuto e ha tuttora un influsso culturale sull'insieme del genere umano, e non può fare a meno di sentirsi particolarmente responsabile non solo del suo futuro ma anche di quello dell'umanità intera”.
“Nel contesto odierno, in cui sempre più spesso i nostri contemporanei si pongono le domande essenziali sul senso della vita e sul suo valore, appare più che mai importante riflettere sulle antiche radici dalle quali è fluita linfa abbondante nel corso dei secoli. Il tema del dialogo interculturale e interreligioso, perciò, emerge come una priorità per l’Unione Europea e interessa in modo trasversale i settori della cultura e della comunicazione, dell'educazione e della scienza, delle migrazioni e delle minoranze, fino a raggiungere i settori della gioventù e del lavoro.
Una volta accolta la diversità come dato positivo, occorre fare in modo che le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento”.
“Viviamo in quello che si suole chiamare un ‘mondo pluralistico’, caratterizzato dalla rapidità delle comunicazioni, dalla mobilità dei popoli e dalla loro interdipendenza economica, politica e culturale. Proprio in quest’ora, talvolta drammatica, anche se purtroppo molti Europei sembrano ignorare le radici cristiane dell'Europa, esse sono vive, e dovrebbero tracciare il cammino e alimentare la speranza di milioni di cittadini che condividono i medesimi valori. I credenti, dunque, siano sempre pronti a promuovere iniziative di dialogo interculturale e interreligioso, al fine di stimolare la collaborazione su temi di interesse reciproco, come la dignità della persona umana, la ricerca del bene comune, la costruzione della pace, lo sviluppo”.
09/12/2008 13:42 – CINA - Pechino ammette: “insoddisfacenti” i progressi per i diritti umani - Domani l’Onu celebra il 60mo anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. In previsione, la polizia arresta chi vuole celebrare l’anniversario. In manicomio chi denuncia il malgoverno. Per il latte alla melamina, i tribunali rifiutano di decidere.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Wang Chen, ministro dell’Ufficio informativo del Consiglio di Stato, in un’intervista citata oggi da Xinhua riconosce che “sono insoddisfacenti” i miglioramenti compiuti per i diritti umani, seppure fa speciale riguardo al sistema legale, a istruzione e sicurezza sociale e non ricorda gli arresti arbitrari e la censura su media e libertà di parola. Wang difende il “diritto di ogni governo”, in materia di diritti umani, “di adottare misure differenti secondo le rispettive situazioni nazionali”.
Domani le Nazioni Unite celebrano il 60mo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e il gruppo Chinese Human Rights Defenders ricorda i molti cittadini detenuti, interrogati o minacciati perché vogliono commemorare l’evento.
Zhang Zuhua e Liu Xiaobo (nella foto) hanno firmato “Carta 08”, un documento presentato oggi per chiedere maggiore democrazia e tutela dei diritti umani, sottoscritto da attivisti democratici, ma anche da funzionari comunisti e da leader rurali. Ieri notte a Pechino la polizia li ha interrogati, ha sequestrato computer, agende, passaporti e carte di credito e Liu è ancora trattenuto in caserma.
Wen Kejian, pure firmatario di Carta 08, ammonito dalla polizia di non frequentare altri attivisti e non lasciare la città di Hangzhou. Chen Xi, Shen Younian e Du Heping, arrestati dalla polizia il 4 dicembre a Guiyang (Guizhou), perché – dicono amici – vogliono celebrare l’anniversario del 10 dicembre.
Intanto ieri il governo di Xintai (Shandong) è stato accusato di avere internato in ospedale psichiatrico, dal 2006, almeno 18 persone che volevano presentare petizioni di protesta contro corruzione e malgoverno. Pare che siano state rilasciate solo dopo avere sottoscritto una rinuncia alla protesta.
Ieri l’Alta Corte del Popolo dell’Hebei ha dichiarato inammissibile la causa presentata dai genitori di 63 neonati ammalati ai reni per il consumo del latte in polvere “alla melamina” della ditta casearia Sanlu. Secondo gli avvocati, il Tribunale dice che sono ancora in corso le indagini delle autorità sullo scandalo che ha fatto ammalare oltre 290mila neonati.
Il professore di Diritto He Weifang dice al South China Morning Post che questo “è grave”. “I tribunali dovrebbero trattare il caso secondo la legge, non far dipendere la decisione dalle istruzioni delle autorità o dai documenti [ufficiali]. Se i tribunali non rispettano la legge, la gente non avrà più fiducia”.
Nei primi giorni dello scandalo, le autorità avevano promesso di risarcire i danni e pagare le cure mediche. Yang Yong, il cui figlio di 13 mesi è in cura a Xuzhou (Jiangsu) per insufficienza renale, dice ha già dovuto farsi prestare 20mila yuan solo per le cure urgenti.
Il bigottismo laico - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 9 dicembre 2008 - Il corso di aggiornamento è senza punteggio se si tiene in un centro congressi che porta il nome di un Papa
Il Centro Congressi Papa Giovanni XXIII si trova a Bergamo in Viale Papa Giovanni XXIII, 106 – manco a dirlo.
Del resto Giovanni Roncalli era nato a Brusicco, frazione di Sotto il Monte in provincia di Bergamo ed è diventato Papa, quindi nulla di strano che a un cittadino così famoso abbiano dedicato, vie, piazze, ristoranti e persino un Centro Congressi.
Dando uno sguardo al sito del Centro Congressi scopro che si tratta di un un posto all’avanguardia, nel pieno centro di Bergamo, in prossimità della stazione ferroviaria e di tutte le principali location di interesse commerciale e culturale, sede ideale per eventi, convegni, meeting aziendali. provvisto di numerose sale: sala degli Stucchi, sala Bianca, sala Novelli, ben tre sale Alabastro, poi ci sono la Sala Stampa e la Sala Regia.
Alla sezione - Prossimi eventi e news -leggo un nutrito programma:
1 Dicembre 2008
Presentazione della Fondazione Don Andrea Spada
3 Dicembre 2008
L'impresa e la famiglia. Una relazione necessaria ed essenziale
9 Dicembre 2008
Il Bene, il Male. Per una nuova etica. Incontri di filosofia
10 Dicembre 2008
Corso pratico/teorico Urgenze ed emergenze in sala parto: come affrontare le situazioni difficili.
Caspita, quest'ultimo davvero interessante come corso.
Ma è proprio questo corso che ha creato scompiglio al Ministero della salute, dove un solerte funzionario pagato per sorvegliare che tutto venga fatto per benino, ha creduto che non si possa lavorare bene, e aggiornarsi in libertà, in un salone inserito in un complesso con un nome così poco neutro, poco laico.
Sia chiaro, il funzionario non intendeva vietare il corso, questo no, si può fare il corso, ma non si potranno ottenere i punteggi che decretano l’avvenuto aggiornamento medico.
Della serie non sarà considerato “aggiornamento” un corso tenuto in un centro congressi con tale nome, perché vuoi mai che uno che apprende delle tecniche di soccorso e come affrontare le emergenze, in un ambiente che porta quel nome, poi magari davanti a un parto difficile, anziché seguire le procedure cosparga la partoriente con acqua santa.
E questi sono i difensori della laicità? E dalla stupidità chi ci difende? «L’ispirazione cristiana del luogo contrasta con la laicità del sapere scientifico». Ha detto l’esperto, ma chi controlla che gli esperti non siano imbecilli?
Dopo i crocifissi riposti nei cassetti delle cattedre, i presepi fatti fuori dalle classi, le canzoni di Natale con il bip al posto della parola gesù, ci mancava proprio il bigotto laicista a completare l’opera.
Omosessuali: titoli falsi e bugiardi - Autore: Colombo, Carlo Curatore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 9 dicembre 2008
Martedì titoli bugiardi e falsari! Ecco "Repubblica" (pp. 1 e 6) menzogna doppia: "Il Vaticano all'Onu: l'omosessualità resti reato".
"Corsera" (pp. 1, 18 e 19): "il Vaticano all'Onu: non depenalizzate l'omosessualità".
"Stampa" (p.1): "Il Vaticano sfida l'Onu: 'sarebbe sbagliato depenalizzare l'omosessualità'".
"Unità" (p.1): "Omosessuali perseguitati: il Vaticano approva".
"Manifesto" (p. 1) titolo e vignetta sghignazzo: "Omosessualità. Vaticano all'Onu: no alla depenalizzazione".
"Liberazione" (p. 1) apertura e grande foto: "Vaticano: lasciateli penzolare".
Dunque dal Papa si applaudirebbe l'impiccagione! Tutto falso, con commenti conseguenti e insulti di serie. In realtà, visti certi lanci d'agenzia, già alle 19:30 di lunedì la Santa Sede aveva chiarito il senso delle parole del rappresentante vaticano all'Onu: sì (N.B.: Sì!) alla depenalizzazione, ovviamente, ma avvertendo che ciò non deve voler dire che matrimonio e unioni gay siano la stessa cosa.
Invano: chi non vuole capire insiste, e ancora ieri spudoratamente così Augias su "Repubblica" in risposta ad un lettore: "Se la Chiesa difende il reato di omosessualità". È il titolo, ma il testo è peggio, e accusa la Chiesa di incoraggiare «la forca» per gli omosessuali!
Ho scritto martedì che anche gli uomini di Chiesa debbono stare attenti alle parole per evitare equivoci, ma chi comunque e sempre cerca «il nemico» nella Chiesa, si dovrebbe vergognare. Concludendo: difficile dare torto a chi afferma che qualche giornalista dovrebbe cambiare mestiere."
Lascio ai lettori senza pregiudizi, che vogliono andare a fondo della questione, di sentire o meglio leggere le vere dichiarazioni delle persone coinvolte senza fidarsi troppo dei riassunti o delle interpretazioni di alcuni giornali e giornalisti sempre pronti a sparare e sparlare quando si tratta di Chiesa, Papa, Vescovi ecc.
Lettera di Benedetto XVI sul dialogo tra culture e religioni - Le radici cristiane dell'Europa sono vive - Un continente solidale e accogliente per le sfide dell'epoca post-moderna - Il tema del dialogo tra culture e religioni è oggi "una priorità" per l'Europa. Lo afferma il Papa in un messaggio in occasione della giornata di studio organizzata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura. – L’Osservatore Romano 9-10 Dicembre 2008
Al Signor Cardinale
Jean-Louis Tauran
Presidente del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso
e all'Arcivescovo
Gianfranco Ravasi
Presidente del Pontificio Consiglio
della Cultura
Desidero innanzitutto esprimere viva soddisfazione per l'iniziativa congiunta del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e del Pontificio Consiglio della Cultura, che hanno voluto organizzare una Giornata di Studio dedicata al tema: Culture e Religioni in dialogo, quale partecipazione della Santa Sede all'iniziativa dell'Unione Europea, approvata nel dicembre 2006, di dichiarare l'anno 2008 "Anno europeo del dialogo interculturale". Saluto cordialmente, insieme con i Presidenti dei Pontifici Consigli menzionati, i Signori Cardinali, i venerati Fratelli nell'Episcopato, gli Eccellentissimi Membri del Corpo Diplomatico accreditati presso la Santa Sede, nonché i Rappresentanti delle varie Religioni e tutti i partecipanti a questo significativo incontro.
Già da molti anni l'Europa ha preso coscienza della sua sostanziale unità culturale, nonostante la costellazione di culture nazionali che ne hanno modellato il volto. È bene sottolinearlo: l'Europa contemporanea, che si affaccia sul Terzo Millennio, è frutto di due millenni di civiltà. Essa affonda le sue radici sia nell'ingente e antico patrimonio di Atene e di Roma sia, e soprattutto, nel fecondo terreno del Cristianesimo, che si è rivelato capace di creare nuovi patrimoni culturali pur recependo il contributo originale di ogni civiltà. Il nuovo umanesimo, sorto dalla diffusione del messaggio evangelico, esalta tutti gli elementi degni della persona umana e della sua vocazione trascendente, purificandoli dalle scorie che offuscano l'autentico volto dell'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio. Così, l'Europa ci appare oggi come un prezioso tessuto, la cui trama è formata dai principi e dai valori scaturiti dal Vangelo, mentre le culture nazionali hanno saputo ricamare una immensa varietà di prospettive che manifestano le capacità religiose, intellettuali, tecniche, scientifiche e artistiche dell'Homo europeus. In questo senso possiamo affermare che l'Europa ha avuto e ha tuttora un influsso culturale sull'insieme del genere umano, e non può fare a meno di sentirsi particolarmente responsabile non solo del suo futuro ma anche di quello dell'umanità intera.
Nel contesto odierno, in cui sempre più spesso i nostri contemporanei si pongono le domande essenziali sul senso della vita e sul suo valore, appare più che mai importante riflettere sulle antiche radici dalle quali è fluita linfa abbondante nel corso dei secoli. Il tema del dialogo interculturale e interreligioso, perciò, emerge come una priorità per l'Unione europea e interessa in modo trasversale i settori della cultura e della comunicazione, dell'educazione e della scienza, delle migrazioni e delle minoranze, fino a raggiungere i settori della gioventù e del lavoro.
Una volta accolta la diversità come dato positivo, occorre fare in modo che le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento. Il mio Predecessore, il servo di Dio Paolo vi, indirizzandosi ai cattolici, enunciava in questi termini la sua profonda convinzione: "La Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui essa vive. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa conversazione" (Enc. Ecclesiam suam, n. 67). Viviamo in quello che si suole chiamare un "mondo pluralistico", caratterizzato dalla rapidità delle comunicazioni, dalla mobilità dei popoli e dalla loro interdipendenza economica, politica e culturale. Proprio in quest'ora, talvolta drammatica, anche se purtroppo molti Europei sembrano ignorare le radici cristiane dell'Europa, esse sono vive, e dovrebbero tracciare il cammino e alimentare la speranza di milioni di cittadini che condividono i medesimi valori.
I credenti, dunque, siano sempre pronti a promuovere iniziative di dialogo interculturale e interreligioso, al fine di stimolare la collaborazione su temi di interesse reciproco, come la dignità della persona umana, la ricerca del bene comune, la costruzione della pace, lo sviluppo. A tale proposito, la Santa Sede ha voluto dare un rilievo particolare alla propria partecipazione al dialogo ad alto livello sulla comprensione fra le religioni e le culture e sulla cooperazione per la pace, nel quadro della 62 Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4-5 ottobre 2007). Per essere autentico, un tale dialogo deve evitare cedimenti al relativismo e al sincretismo ed essere animato da sincero rispetto per gli altri e da generoso spirito di riconciliazione e di fraternità.
Incoraggio quanti si dedicano alla costruzione di un'Europa accogliente, solidale e sempre più fedele alle sue radici e, in particolare, esorto i credenti affinché contribuiscano non solo a custodire gelosamente l'eredità culturale e spirituale che li contraddistingue e che fa parte integrante della loro storia, ma siano ancor più impegnati a ricercare vie nuove per affrontare in modo adeguato le grandi sfide che contrassegnano l'epoca post-moderna. Tra queste, mi limito a citare la difesa della vita dell'uomo in ogni sua fase, la tutela di tutti i diritti della persona e della famiglia, la costruzione di un mondo giusto e solidale, il rispetto del creato, il dialogo interculturale e interreligioso. In questa prospettiva, faccio voti per la buona riuscita della Giornata di Studio in programma ed invoco su tutti i partecipanti l'abbondanza delle benedizioni di Dio.
Dal Vaticano, 3 dicembre 2008
(©L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2008)
Chiesa e diritti umani - Quando la corsa alle vittime oscura la realtà - di Lucetta Scaraffia – L’Osservatore Romano, 9 -10 Dicembre 2008
Nei giorni scorsi la Chiesa cattolica, per il suo rifiuto di accettare documenti proposti al voto delle Nazioni Unite, è stata sottoposta a pesanti critiche, accusata addirittura di volere la persecuzione legale dell'omosessualità e di non appoggiare nemmeno una convenzione sui disabili che dovrebbe migliorare la loro vita quotidiana e l'accettazione da parte della società. Sarebbe quindi colpevole, per molti, di avere infierito su gruppi sociali deboli e perseguitati. Un'immagine negativa, quindi, del tutto contraria a quella di istituzione caritatevole e attenta a difendere i più deboli che emerge da buona parte della sua storia. La spiegazione delle vere motivazioni che hanno obbligato la Chiesa a non aderire a queste proposte - che contenevano molti elementi positivi, ma insieme ad altri inaccettabili per la morale cattolica, come la possibilità di aborto per i disabili e l'accreditamento del matrimonio per le persone omosessuali, con conseguente apertura all'adozione e alla procreazione artificiale - alla fine non è stata quasi considerata, anche quando questa spiegazione è stata riportata fedelmente. In particolare i media non hanno in realtà dato conto del testo della proposta francese sull'omosessualità, che pure è breve, un testo da cui si sarebbe facilmente capito che l'inserimento in esso di termini come "discriminazioni" e "pregiudizi", accanto a parti ovviamente del tutto condivisibili come l'elenco dei comportamenti che le Nazioni Unite devono denunciare ("arresto o detenzione arbitrarie, pena di morte", "trattamenti crudeli, inumani e degradanti"), rendeva di fatto questo documento uno strumento per introdurre, nel contesto dei diritti umani da rispettare obbligatoriamente, anche il matrimonio per le persone omosessuali, e di conseguenza l'adozione di figli o la procreazione assistita.
Questa formulazione ambigua del testo ha dato modo di denunciare la supposta "crudeltà" della Chiesa cattolica verso un gruppo considerato debole, con un'accusa che si va a sommare, nell'opinione pubblica, ad altre analoghe che già erano state costruite ad arte e diffuse nel corso degli ultimi anni. Con il risultato di rappresentare un'istituzione che sarebbe senza pietà: al dolore dei malati, di cui si afferma che potrebbero guarire con lo sviluppo della ricerca sulle cellule staminali embrionali, o a quello di quanti si dice che vorrebbero essere liberati delle loro sofferenze con la morte, questa istituzione opporrebbe infatti solo rifiuti. Si tratta naturalmente di abili manipolazioni, che mascherano la verità degli intenti e i motivi autentici di questi atteggiamenti, ma che danneggiano gravemente l'immagine della Chiesa, percepita sempre più spesso dall'opinione pubblica come dura e priva di carità, pur di rimanere fedele a istanze dogmatiche.
È questo il prezzo che la Chiesa cattolica paga per essere nel mondo l'unica istituzione importante che si oppone ragionevolmente a pratiche e provvedimenti contrari alla dignità di tutti gli esseri umani, l'unica cioè che indica senza stancarsi quali sono le vere vittime: non soltanto gli omosessuali quando sono discriminati, ma anche e soprattutto i figli che essi vogliono o vorrebbero avere, non soltanto le donne che abortiscono o sono costrette ad abortire, ma anche e soprattutto i feti privati della possibilità di nascere, non soltanto i malati, ma anche e soprattutto gli embrioni a cui viene impedito lo sviluppo vitale.
Come ha scritto il filosofo francese Marcel Gauchet, dopo la caduta delle ideologie, la fede nell'avvenire è stata rimpiazzata dall'indignazione o dalla colpevolezza, cioè dalla "tirannia impotente dei buoni sentimenti". Per cui non importa tanto la ricerca della giustizia e della verità, ma piuttosto la capacità di riuscire a rappresentarsi come vittime. Gli esempi sono molti: uno particolarmente calzante l'ha ricordato Nicoletta Tiliacos sul sito "Più voce". Nel marzo 2007, a una riunione della commissione dell'organismo delle Nazioni Unite che si occupa della situazione femminile nel mondo, nessun Paese europeo - come anche, ovviamente, quelli asiatici direttamente chiamati in causa - "volle appoggiare la richiesta avanzata dalla delegazione americana perché fosse inserita nel documento finale una chiara condanna dell'infanticidio e dell'aborto finalizzato alla selezione del sesso del nascituro". E questo nel timore di mettere in discussione i cosiddetti diritti riproduttivi delle donne, considerati ben più degni di tutela della vita di milioni di bambine, con una scelta tra vittime per lo meno discutibile. Un esempio, fra tanti, della realtà nascosta dietro quella che si vorrebbe presentare come una gara fra chi è più pietoso e più buono.
(©L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2008)
Thomas Merton a quarant'anni dalla morte - Lo studente dissoluto che divenne trappista - di Piero Viotto – L’Osservatore Romano, 9 -10 Dicembre 2008
Persona dai mille interessi questo monaco americano Thomas Merton (1915-1968), nato in Francia da genitori di religione anglicana, entrambi artisti dediti alla pittura, che trascorre l'adolescenza in Nuova Zelanda e che frequenta gli studi liceali a Parigi e a Roma; che leggendo i libri di Gilson e di Maritain, si converte al cattolicesimo e nel 1938 diventa cistercense col nome di padre Luigi nella trappa di Nostra Signora del Getzemani nel Kentucky, dove nel 1948, ordinato sacerdote, diventa maestro dei novizi, scrive numerose poesie, racconta la sua esperienza contemplativa e nel 1968 muore a Bangkok dove si era recato per un incontro con i monaci buddisti. Una sequenza di date casuali attraverso cui passa la provvidenza di Dio, paziente nel rispettare la libertà dell'uomo.
Ho avuto modo di consultare la corrispondenza di Merton, purtroppo ancora inedita, con il monaco cistercense Jean Leclerc e con il filosofo francese Jacques Maritain, assidui frequentatori della trappa del Getzemani, rintracciando fra questi tre protagonisti della cultura cattolica del '900 una condivisione di convinzioni profonde sul significato della contemplazione e della letteratura, della religione e della politica, mentre sono impegnati nel travaglio della vita quotidiana a testimoniare la verità negli ambienti culturali più diversi. Merton in una lettera a Leclerc si confessa: "Ovviamente sono quello che sono, ed il mio temperamento rimane sempre quello dello scrittore, lo scrivere è profondamente radicato nella mia natura e non posso illudermi che sarà molto facile rinunciarvi. Ma almeno potessi sottrarmi al pubblico e alla fama! Si tratta di due elementi non necessariamente connessi all'istinto dello scrivere. Ma tutto l'insieme tende a corrompere la purezza del proprio spirito di fede, oscura la chiarezza del proprio senso di Dio e delle cose divine, vizia il proprio senso della realtà spirituale, finché ci si immagina nell'atto di compiere qualcosa si tende a diventare ricchi ai propri occhi. Invece, dobbiamo essere poveri e vivere soltanto di Dio, sia che scriviamo, sia che facciamo qualsiasi altra cosa. È giunta l'ora per me di immergermi più profondamente in quella povertà... il concetto autentico della vita solitaria è quello di vivere in diretta dipendenza da Dio e nella costante contemplazione della nostra povertà e debolezza... È vero, bisogna procedere senza sostegni; bisogna imparare a camminare sull'acqua. E tuttavia mi piace credere che la Chiesa mi stia comunque sostenendo, e che io non stia deviando per una tangente del tutto personale" (11 agosto 1955).
Merton incontra Maritain quando è ancora giovane studente alla Columbia University di New York, riparato in America dopo avere abbandonato gli studi di letteratura a Cambridge, rovinati dalla sua condotta indisciplinata e dissoluta. Glielo presenta un docente che tiene lezioni sulla filosofia su san Tommaso e Duns Scoto; si incontrano al "Catholic Book Club" ed è un incontro casuale che sta all'origine di una lunga amicizia. Un passo de La montagna dalle sette balze ricorda questo incontro: "Con Maritain scambiai solo poche parole convenzionali, ma da quel francese gentilissimo, un po' curvo e con molti capelli grigi, ricevetti un'impressione di una immensa benevolenza, di semplicità e di bontà. Questo era sufficiente, non era più necessario parlargli, mi allontanai con una profonda sensazione di conforto al pensiero che sulla terra vi fossero ancora persone come lui, con la speranza che in qualche modo mi avrebbe ricordato nelle sue preghiere". Merton si converte, scrive libri sulla sua esperienza di monaco, che hanno un notevole successo, basti ricordare Semi di contemplazione. Maritain, in una conferenza alla Settimana degli intellettuali cattolici tenuta a Parigi nel 1949, Le vie della fede, sottolinea l'importanza della contemplazione e della vita spirituale in un mondo dominato dall'economia e dalla tecnica, e cita Merton: "Permettetemi di ricordare il fatto che un libro sulla contemplazione, scritto da un poeta che si è fatto trappista, è venduto negli Stati Uniti a migliaia di copie, ciò significa che il Paese più attivo del mondo è travagliato da un oscuro desiderio di contemplazione". Non solo cita lo scrittore americano, ma convince Charles Journet a fare tradurre e pubblicare in Francia un libro sulla Eucarestia, Pane vivo, che Merton aveva scritto nel 1955 a richiesta del movimento dei sacerdoti che si impegnano nell'adorazione quotidiana del Santissimo Sacramento. La stima è reciproca, coinvolge anche Raissa Maritain, di cui Merton traduce in inglese alcune poesie della raccolta Nel cavo della roccia.
Jean Leclerc, invece non ha avuto modo di conoscere Maritain di persona, ma ne studia le opere e nella sua autobiografia Di grazia in grazia ricorda: "Contemplazione e umanesimo, questo era anche il tema del libretto di Maritain, Religione e cultura, che affascinava la nostra giovinezza di novizi benedettini del primo terzo del xx secolo. Ciò che ci aiutava a fare la sintesi tra la cultura umanistica e il desiderio di Dio erano questi libretti di Maritain, poeta, artista e mistico. Sullo sfondo si trovava sempre Raissa, che in quegli anni traduceva il trattato I doni dello Spirito Santo".
Tutti e tre, Merton, Leclerc e Maritain, concordano nel distinguere senza separare l'esperienza poetica e l'esperienza mistica, la letteratura e la religione, nell'unità della vita spirituale. La prima è di modo naturale, secondo la sensibilità del poeta, mentre la seconda è di modo soprannaturale, e implica la fede e i doni dello Spirito Santo. L'esperienza mistica si manifesta in atti immanenti nella soggettività dello spirito e riguarda direttamente Dio, l'esperienza poetica si esprime nell'oggettività di un'opera d'arte, e solo indirettamente riguarda Dio. Non si confonda il poeta con il santo, anche se si può passare dal raccoglimento poetico al raccoglimento mistico e spesso il mistico si esprime con immagini poetiche. Infatti, per una certa legge del superamento, ciò che è perfetto in un campo tende a debordare sul campo superiore e la poesia apre alla mistica, come si può constatate in san Giovanni della Croce e in santa Caterina da Siena.
Anche nell'arte Maritain e Merton si trovano coinvolti, perché l'artista americano William Congdon, che dopo la conversione avvenuta nel 1959 è vissuto in Italia tra Assisi e Subiaco, si ispira a loro nella creazione artistica, considerandola come una forma di preghiera che avvia alla contemplazione dell'Assoluto. L'artista chiede nel 1961 a loro due la prefazione al catalogo Il mio disco d'oro: itinerario a Cristo. Merton ne approfitta per sottolineare come anche l'arte contemporanea possa esprimere attraverso la bellezza il messaggio cristiano e scrive: "Lo spettatore religioso, che ignora l'arte contemporanea ma è devoto alla sua religione, può rallegrarsi perché anche l'arte astratta è entrata al servizio della Chiesa, e dovrebbe gioiosamente ricordare che il sabato fu fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato", ancora una volta viene affermata l'autonomia dell'arte e della poesia nelle sue relazioni di reciprocità con la religione.
Anche la musica moderna è compatibile con l'esperienza cristiana. John Howard Griffin, che nel 1966 accompagna Maritain nella trappa del Kentucky, dove il monaco negli ultimi anni viveva in una baracca nel bosco, . ricorda: "Merton ci parla del suo lavoro; sta facendo uno studio su Bob Dylan. Ci ha spiegato che Dylan è una voce nuova, importante, un poeta e autore di canzoni. Merton ci ha dato una dimostrazione facendoci ascoltare il disco Highway 61. La musica è risuonata a pieno volume dentro la grande foresta di pini. Merton ci ha detto che il padre abate gli aveva permesso di tenere il fonografo e i dischi per le ricerche relative a un articolo e che ben presto avrebbe dovuto restituirli. La musica gli procurava un gran godimento e lui ci traduceva le parole che ci sfuggivano quasi tutte, sommerse dall'accompagnamento".
Ma bisogna rilevare che anche le questioni politiche dei diritti dell'uomo e della pace tra i popoli sono affrontati in queste corrispondenze. Leclerc sottolinea come la grandezza di Maritain consista nella conciliazione "tra l'obbedienza della fede e la libertà di pensiero, tra un atteggiamento contemplativo e un servizio disinteressato alla giustizia e alla pace tra gli uomini". Merton dalla sua trappa si interessa ai problemi sociali che affliggono l'America. Critica l'intervento americano in Vietnam, combatte il razzismo, predica la non-violenza. Nel 1963 collabora a un numero monografico Il negro e la coscienza bianca della rivista "Ramparts" sui conflitti razziali. Maritain scrive a Journet, a riguardo dell'assassinio di John Fitzgerald Kennedy "vittima dei bianchi fanatici, nemici dell'integrazione, tutto questo è oscurato affinché i neri non sappiano che è morto per loro, affinché non ci sia un'occasione per la coscienza dei bianchi per risvegliarsi. Infine è un abominio di più che dona a questo assassinio il marchio della politica del demonio. Conoscevo tramite Merton e Griffin la gravità inaudita della questione razziale nel sud" (23 novembre 1963). Merton muore in Thailandia dove si era recato su invito di Leclerc per un incontro panasiatico, a cui erano stati invitati i rappresentanti dei monachesimi non cristiani. Poco prima aveva scritto "Ritengo che aprendosi al buddismo, all'induismo e alle grandi tradizioni asiatiche possiamo cogliere una meravigliosa opportunità per approfondire le potenzialità delle nostre stesse tradizioni". È l'atteggiamento di un dialogo interreligioso, che anche Maritain e Journet sostengono per una comprensione che non rinuncia alla propria identità, ma riconosce i valori insiti nelle tradizioni altrui, e cerca la via per diffondere il Vangelo nelle culture più diverse. Letteratura, poesia, arti figurative, politica, filosofia nella vita inquieta di Thomas Merton, ma alla radice c'è sempre la contemplazione come incontro personale con Dio, da creatura a Creatore, come significa questa sua preghiera, molto esistenziale, perché l'idea di essere è solo il nome astratto di Dio: "Io, Signore Iddio, non ho nessuna idea di dove sto andando. Non vedo la strada che mi sta davanti. Non posso sapere con certezza dove andrò a finire. Secondo verità, non conosco neppure me stesso e il fatto che penso di seguire la tua volontà non significa che lo stia davvero facendo. Ma sono sinceramente convinto che in realtà ti piaccia il mio desiderio di piacerti e spero di averlo in tutte le cose, spero di non fare mai nulla senza tale desiderio. So che, se agirò così, la tua volontà mi condurrà per la giusta via, quantunque io possa non capirne nulla. Avrò sempre fiducia in te, anche quando potrà sembrarmi di essere perduto e avvolto nell'ombra della morte. Non avrò paura, perché tu sei con me e so che non mi lasci solo di fronte ai pericoli".
(©L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2008)
USA/ La scuola secondo Obama - Lorenzo Albacete - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Tra le nomine del presidente eletto Obama per il suo governo, una delle più attese riguarda il prossimo Segretario all’Educazione. Il Partito Democratico è molto diviso sulla questione e la decisione di Obama è attesa con ansia.
Da una parte ci sono i cosiddetti riformatori che sostengono cose come incentivi per gli insegnanti meritevoli, le scuole parificate e una verifica accurata dei risultati. Dall’altra parte, ci sono i sindacati degli insegnanti e gli appartenenti all’establishment accademico e ministeriale. Costoro chiedono un incremento della spesa, classi meno numerose e qualche riforma. Durante la campagna presidenziale, Obama ha oscillato tra le due parti, ma ora deve operare la scelta su chi porterà avanti la politica dell’istruzione nella sua amministrazione.
La persona posta da Obama alla testa della squadra di transizione è Darling-Hammond, un professore della Stanford University spesso critico nei confronti delle strategie riformiste, ma i circoli più vicini a Obama hanno assicurato gli allarmati riformisti sul suo appoggio a molte delle loro posizioni.
L’umore nel Paese è attualmente favorevole ai riformisti. La settimana scorsa Newsweek Magazine ha dedicato il suo articolo di copertina a Michelle Rhee, responsabile del sistema di scuole pubbliche di Washington DC, un’importante riformista. Anche le scuole pubbliche di New York sono guidate da un riformista, Joel Klein.
La questione principale è la valutazione dei risultati e ogni tentativo di indebolire ciò che stanno facendo i riformisti viene interpretato come una sconfitta per le riforme. Le speranze dei riformisti sono ora centrate su un amico personale di Obama, Arne Duncan, alla guida delle scuole pubbliche di Chicago. Se non verrà scelto Duncan, o un altro riformista, Obama deluderà seriamente molti di quelli che hanno creduto nella sua promessa di un cambiamento reale.
È interessante notare che le discussioni sull’educazione riguardano la valutazione dei risultati, gli incentivi, i licenziamenti, gli avanzamenti di carriera, le abilità nello scrivere, nel leggere, nella matematica o nelle scienze, i corsi economicamente profittevoli, etc. Niente viene detto sugli insegnamenti umanistici, specialmente sui contenuti dell’insegnamento della storia, dell’educazione civica e della responsabilità sociale.
Una delle spiegazioni a questo fatto è che per tradizione il governo federale non può stabilire i contenuti dell’insegnamento nelle scuole pubbliche, che sono tutte gestite localmente. Un’altra ragione è il modo pragmatico con cui viene intesa l’istruzione in questo Paese.
Tuttavia, la guerra culturale è arrivata nel sistema pubblico della scuola elementare e secondaria a causa delle regole del “politicamente corretto” incluse nei requisiti per accedere alle sovvenzioni federali. Per esempio, il revisionismo storico (che sembra risultare nell’espunzione del fatto cristiano dalla formazione della civiltà occidentale) è già influente in molte università ed è pronto a entrare anche nella scuola superiore.
Se questa questione non viene affrontata, finisce per non avere molta importanza chi verrà nominato come Segretario all’Educazione. In effetti, insegnanti incompetenti potrebbero essere alla fine preferibili.
ELUANA/ La Corte Europea ascolti il grido di chi poterebbe essere travolto da una sentenza incivile - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 - IlSussidiario.net
Claudio Taliento è Vicepresidente dell’Associazione Risveglio Onlus, che opera sul territorio di Roma, e che fa parte della Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico. Ma, oltre a questo, è marito di Ada Rossi, una donna che da alcuni anni vive in stato vegetativo, esattamente come Eluana. La cura, la veste, le dà da mangiare, la porta a messa e a passeggio. Rappresenta cioè uno dei tanti uomini impegnati personalmente nella difesa della dignità della vita, che chiedono che sia assicurato loro il diritto di continuare in questa difficile lotta quotidiana.
Una lotta che può essere messa profondamente in crisi da una sentenza «barbara e incivile» come quella sul caso Englaro. Motivo per cui questa ed altre associazioni hanno presentato un ricorso presso la Corte Europea dei diritti dell’uomo. E non è detto che la risposta dalla Corte, le cui conseguenze in caso di accoglimento sarebbero notevoli, tardi ad arrivare.
Dottor Taliento, qual è l’attività principale della vostra Associazione?
La missione generale della Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico è quella di muoversi sul fronte della gravi cerebrolesioni acquisite, dietro le quali ci sono le patologie dello stato vegetativo, dello stato di minima coscienza e della Locked-in Syndrome, che sono la summa delle disabilità. Coloro che escono da queste condizioni – sono casi rari ma ci sono – mantengono condizioni di disabilità gravissime e quindi necessitano di essere seguiti con grande attenzione.
Quello che si avverte, in tutta la discussione intorno al caso Englaro, è una certa approssimazione: la gente non sa bene di cosa parla quando usa i termini “coma” o “stato vegetativo”. Di cosa si tratta precisamente?
La cosa fondamentale è innanzitutto distinguere tra il coma e lo stato vegetativo: l’uno esclude l’altro. In effetti spesso, parlando di Eluana, si è parlato a sproposito di coma, o addirittura si sono usate espressioni del tutto prive di significato come “coma vegetativo”; per cui è bene chiarire. Il coma non ha né coscienza né vigilanza; nello stato vegetativo invece c’è la vigilanza, cioè c’è il ciclo sonno-veglia, ma c’è mancanza di coscienza. Il coma poi è un periodo transitorio che può durare solo qualche settimana, da cui si esce. E ci sono tre modi per uscire dal coma: o per morte; o perché il soggetto ripercorre i gradini del coma e si riprende, con danni più o meno gravi; o perché passa a stato vegetativo. Dallo stato vegetativo si può uscire in un arco che statisticamente dovrebbe accadere in 12 mesi. Più avanti diminuiscono le possibilità.
Quindi dallo stato vegetativo si potrebbe non uscire mai
Sì, ma dobbiamo affermare con forza che non esiste scientificamente la possibilità di stabilire una forma irreversibile. Fermo restando che statisticamente il tempo non gioca a favore, e che se passano tanti anni la possibilità di risveglio cala, dobbiamo però ricordare con chiarezza che non esista alcuna certezza. E lo dimostra il fatto che ci sono stati casi di risveglio anche oltre i 19 anni. Casi eccezionali, certamente, ma ci sono stati.
Voi seguite anche le famiglie che si trovano a dover gestire queste difficili condizioni: cosa fate?
La nostra missione è seguire e famiglie e collaborare con le istituzioni affinché queste possano seguire un percorso sanitario e sociale. Bisogna infatti sostenere certamente le persone che cadono in questo stato, ma è altrettanto importante sostenere coloro che le accudiscono. Un problema grave, infatti, è che non esiste un percorso istituzionalizzato dal punto di vista sanitario, e non esistono nemmeno strumenti di supporto dal punto di vista sociale. Non dimentichiamo che stiamo parlando per lo più di famiglie giovani, che rischiano l’emarginazione e la povertà, in quanto disposte a fare di tutto. Bisogna far sì che possano continuare a fare la propria vita, e al tempo stesso assistere i loro cari in condizioni di grave disabilità. Oggi come oggi nel 75% dei casi un familiare di un disabile grave lascia il lavoro. È per questo che stiamo facendo un’importante iniziativa con il Ministero della Salute: il “Libro bianco” degli stati vegetativi, perché si possa realizzare una rete di carattere nazionale per rispondere a questa esigenza sociale.
Veniamo alla sentenza sul caso Englaro: qual è il suo giudizio?
Questa sentenza dal punto di vista giuridico posa su basi d’argilla. Da un parte di dà per scontata l’irreversibilità della condizione di Eluana, e come abbiamo detto dal punto di vista scientifico questa affermazione è falsa; dall’altra, ci si basa su una manifestazione di volontà che non ha fondamento. Chi di noi non direbbe una frase come quella che si attribuisce ad Eluana? Ma il problema è che un’affermazione che non può essere attualizzata.
Si dice che Eluana non proverà dolore se le verrà staccato il sondino: è così?
Le persone in stato vegetativo provano dolore: in forma non convenzionale, ma lo provano, e lo manifestano. Per conoscerlo bisogna stare con loro: muovono gli occhi, serrano la bocca, muovono gli arti, aumentando la loro spasticità. Ma a parte questo, anche nei casi in cui non si manifesta nessuna spasticità, comunque quel che è certo è che scientificamente non siamo assolutamente in grado di dire che non provano dolore.
La vostra associazione, insieme ad altre, ha presentato un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo: perché questa iniziativa?
Per difenderci dalle conseguenze terribili di questa sentenza. Per prima cosa si condanna a morire per fame e per sete una giovane ragazza. E questa è con tutta evidenza una barbarie. In secondo luogo la cosa preoccupante è che tutta la decisione viene lasciata al tutore – che potrebbe essere chiunque – e a un magistrato. D’ora in poi, facendo leva su questa sentenza, tutore e magistrato possono prendere decisioni analoghe sulla base di una testimonianza di chicchessia. E questo potrebbe essere allargato su tutto il fronte di chi non è incapace di intendere e di volere: pensiamo ad esempio ai malati di Alzheimer. Quindi si sono messe tutte le altre famiglie in difficoltà; tutte le persone con grave disabilità hanno ora sulla testa una spada di Damocle, in quanto potenzialmente sopprimibili. E anche noi che curiamo abbiamo una posizione diversa di fronte alla società: chi ora mi vede andare in giro con mia moglie potrebbe pensare che sono una persona malvagia, perché la costringo a stare in quella situazione. Potremmo diventare noi gli insensibili.
Ci dica di sua moglie.
Quello che posso dire è che mia moglie non ha perso la sua qualità di persona: è moglie, madre, sorella, amica, collega. Ha anche lei una sua piccola vita sociale: alla domenica andiamo a messa, e quando c’è bel tempo andiamo al mare a fare delle passeggiate, anche se lei è in carrozzina. Molti non lo sanno, ma coloro che sono in stato vegetativo non sono sempre a letto, e possono stare in poltrona o in carrozzina. Insomma, mia moglie ha una sua quotidianità.
SCUOLA/ Secondo "La Repubblica" è incostituzionale finanziare le paritarie: ma è proprio vero? - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
«Per rispondere alle esigenze delle scuole cattoliche butteremo alle ortiche l’articolo 33 della Costituzione?». Così Miriam Mafai su Repubblica del 6 dicembre. Il dettato costituzionale – e non solo secondo Mafai – escluderebbe dunque in maniera esplicita la possibilità di effettuare finanziamenti alle scuole pubbliche a gestione privata.
È proprio così? L’analisi degli Atti del dibattito svoltosi nell’Assemblea Costituente su quello che è divenuto poi l’articolo 33 della Carta costituzionale entrata in vigore il 1° gennaio 1948 può aiutare forse a comprendere le reali intenzioni degli autori dell’articolo, e quindi le direttive in esso contenute.
L’assemblea fu teatro di un aspro dibattito tra i rappresentanti dell’area social-comunista, incline ad affidare allo Stato il completo controllo del sistema educativo nazionale, e gli eletti nelle file della Democrazia Cristiana, favorevoli ad attribuire allo Stato una funzione sussidiaria rispetto alla responsabilità educativa delle famiglie.
Nella dichiarazione introduttiva alla sua relazione «sui principii costituzionali riguardanti la cultura e la scuola», il deputato comunista Concetto Marchesi sosteneva che l’intero sistema scolastico nazionale dovesse «appartenere allo Stato»: «tutta la organizzazione scolastica ed educativa», dall’istruzione primaria a quella universitaria, sia pubblica che privata, doveva ricadere «sotto il suo controllo»[1]. I partiti di sinistra non respingevano la possibilità di istituire istituti scolastici privati «sotto la vigilanza ed il controllo dello Stato e nei limiti della legge»[2], tuttavia la DC richiedeva che tale libertà fosse «effettiva», come ebbe a dire Dossetti. Secondo Moro e Dossetti, la semplice concessione del diritto giuridico a istituire enti a gestione privata avrebbe costituito la premessa per un monopolio di fatto della scuola pubblica. Il deputato reggiano precisava che non era intenzione dei democristiani rivendicare per la scuola non statale una posizione di privilegio: si voleva però «escludere una posizione di privilegio e anzi di monopolio per la scuola statale […]. La fiducia lo Stato non se la deve meritare precostituendo una posizione di privilegio per la sua scuola, ma organizzando la scuola in condizioni di libera concorrenza con la scuola privata, e facendo sì che la sua scuola sia migliore di quella privata»[3].
Un accordo tra le parti fu raggiunto sul testo di un emendamento firmato da democristiani, socialisti, comunisti ed esponenti di altri partiti, che sarebbe poi entrato a far parte del testo definitivo della Costituzione come articolo 33. Prima del termine del dibattito, però, venne presentato un ulteriore emendamento firmato da numerosi esponenti dello schieramento laico (dal comunista Marchesi al repubblicano Pacciardi, dal liberale Corbino all’azionista Codignola), che proponeva di aggiungere le parole: «senza oneri per lo Stato».
Dinanzi alle proteste del democristiano Gronchi, alcuni dei firmatari intervennero per precisare l’intento dell’emendamento. Corbino dichiarò: «Noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati; diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato. È una cosa diversa: si tratta della facoltà di dare o non dare». Codignola ebbe a precisare che «con questa aggiunta, non è vero che si venga ad impedire qualsiasi aiuto dello Stato a scuole professionali (citate da Gronchi nel suo intervento, NdR): si stabilisce solo che non esiste alcun diritto costituzionale a chiedere tale aiuto. Questo è bene chiarirlo»[4]. L’emendamento cioè precisava che lo Stato non è tenuto a intervenire, come avverrebbe nel caso in cui la Costituzione sancisse per le scuole a gestione privata un diritto a ricevere sussidi pubblici, ma non escludeva affatto che lo Stato possa erogare dei finanziamenti, se gli organi competenti lo stabiliscono. Se ne dovrebbe desumere che, in base al dettato costituzionale interpretato alla luce delle intenzioni originali dei padri costituenti, non è legittimo definire "incostituzionale" un intervento pubblico a favore delle scuole a gestione privata.
L’emendamento (inserito nel testo definitivo e dunque attualmente in vigore) va perciò letto in tal senso[5]. È quanto sostenuto anche dall’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida nella sua intervista a ilsussidiario.net dello scorso 5 giugno: «Il diritto di creare scuole non dà diritto ad usufruire di finanziamenti pubblici, ma appunto è un diritto che si deve esercitare senza oneri per lo Stato. Il che non significa che lo Stato non possa, in relazione a circostanze concrete, ad aspetti oggettivi, a utilità sociali, disporre e prevedere anche forme di finanziamento facoltativo»[6].
(Francesco Tanzilli)
[1] Atti della Commissione per la Costituzione, vol. II, pag. 35.
[2] Ibid., pag. 44.
[3] La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, Roma, Camera dei Deputati – Segretariato generale, 1970, vol. VI, pag. 579.
[4] Ibid., vol. II, p. 1284.
[5] Si veda anche V. Falzone – F. Palermo – F. Cosentino, La Costituzione della Repubblica italiana, Milano, Mondadori, 1976, pag. 119.
[6] http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=2573.
CONVEGNO/ A 60 anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, una sfida per l’Europa - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Oggi a Milano, nell’anniversario dei sessant’anni dalla promulgazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, il Convegno organizzato dall’Ares (Associazione Ricerche e Studi) dal titolo «Per l’Europa dei diritti. Dalla Dichiarazione universale ai nuovi scenari», ospiti Mario Mauro, Letizia Moratti, Oscar Giannino, Gloria Riva, Luciano Garibaldi, Gianfranco Morra, Mons. Luigi Negri.
Perché ragione e fede debbono rappresentare il fondamento dell’Europa?
Al quesito risponderà monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino e Montefeltro, ponendo in rilievo come la laicità dell’Occidente, ereditata dall’antica Grecia, abbia cessato di essere il fondamento della civiltà quando si è trasformata in semplice conoscenza degli oggetti, manipolazione degli oggetti, con la pretesa di escludere ogni altro tipo di conoscenza, dalla metafisica alla teologia. «È stato in questo modo - dice monsignor Negri, offrendo la sintesi della sua relazione - che la ragione, separata dalla fede, è diventata la fonte delle ideologie totalitarie e dei massacri che esse hanno provocato. E basterebbe ricordare la grande opera di Robert Conquest “Il secolo delle idee assassine”. Si può e si deve ricomporre la ragione - aggiunge monsignor Negri - con i sentimenti religiosi. Se la fede incontra la ragione, i contrasti saranno risolti; se invece incontra il razionalismo, essa sarà esclusa ed emarginata a svantaggio della comprensione e dell’amore».
Quale futuro per l’Europa?
Come avrà modo di dire Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo nel suo intervento, oggi il progetto europeo vive tante e tali contraddizioni che invece di essere presentato come una risposta positiva, appare tante volte di impaccio, come una sorta di raccapricciante insensato agglomerato, a tal punto da far esclamare a Benedetto XVI che è possibile l’apostasia dall’Europa stessa (cfr.87 Congresso su I 50 anni dei Trattati di Roma – Valori e prospettive per l’Europa di domani, promosso dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea il 25 marzo 2007). Apostasia intesa come allontanamento dalla propria storia, dalla propria natura, dalla propria radice culturale, dalla radice dell’esperienza di dialogo e di convivenza tra gli uomini, che pure ci ha regalato, importantissimi, oltre cinquant’anni di pace, di sviluppo e diritti. Se questo è il dato da cui partire per cercare di comprendere che cosa sta accadendo nell’evoluzione del sistema politico europeo dobbiamo puntare la nostra attenzione su un particolare; dobbiamo comprendere che di mezzo non c’è una dialettica politica fine a se stessa, ma la sopravvivenza stessa dell’esperienza di un popolo: il problema è «che cosa siamo noi» e «cos’è l’Europa».
L’Europa deve tornare a capire che la possibilità di costruire opzioni adeguate per l’uomo di oggi e di domani risiede nel rapporto tra diritto di natura e politica. Diversamente sempre più finiremo con l’infierire, non tanto sul quel progetto politico che chiamiamo Europa, ma sull’esperienza degli uomini che ne fanno parte. In questo senso diventa ancor più grave il tema delle radici cristiane, che non è un tema da ancorare alla velleità delle gerarchie ecclesiastiche, ma è il tema stesso della sopravvivenza dell’Europa. Oggi c’è l’occasione per un’intera società di ritrovare se stessa e di ritrovare la propria identità, la propria faccia, ma anche il proprio scopo, la ragione per cui siamo quello che siamo. Abbiamo il dovere di rispondere a questa sfida. Cosa abbiamo da offrire in termini, non solo di proposta di significato, ma anche di progetto politico e di esperienza per promuovere la convivenza tra i popoli? Cosa abbiamo da offrire se non siamo capaci di interrogarci sul fondamento di quello che ci lega? Il tema del futuro dell’Europa si pone a questo livello. Deve rispondere a questa sfida. Dobbiamo, vincendo la battaglia con fondamentalismi e relativismi, essere capaci di dire ciò che siamo e in che cosa crediamo. Per avere un’Europa migliore dobbiamo tornare a credere, lavorare, batterci per essa. L’Europa nasce cristiana, non possiamo lasciarla preda di mistificazioni e strumentalizzazioni.
Tra statalismo e liberismo, l’Europa della sussidiarietà
Lo sviluppato mondo europeo è in crisi. Secondo Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, né statalismo, né liberismo sembrano capaci di costruire una società in cui tutti possano beneficiare dell’aumentata prosperità ed essere al riparo dalle conseguenze nefaste di una crisi sociale ed economica. Il limite, sia dello statalismo che del liberismo, consiste in una idea di uomo riduttiva: un uomo incapace di mettere utilmente a frutto le sue potenzialità per il bene comune (statalismo) o capace solo di rapporti utilitaristici (liberismo).
Il principio di sussidiarietà è il modo di concepire la vita sociale ed istituzionale come espressione della capacità di bene delle singole persone e per questo costruisce – come ha sempre costruito - risposte più adeguate ai reali bisogni di tutti.
Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman padri cristiani dell’Europa
Gianfranco Morra, professore di sociologia nell’Università di Bologna, farà un profilo dei padri fondatori dell’Europa. Tutti e tre furono legati dalla scelta politica, il cristianesimo democratico, e dalla fede religiosa cattolica, professata e vissuta. I numerosi studi, che ne hanno ripercorso il cammino europeista, hanno tutti sottolineato come la loro singolare unità di intenti si basava su di una comune consapevolezza: che solo il cristianesimo può essere il cemento dell’unità europea.
Sempre l’impegno politico dei tre statisti ebbe come colonne portanti le fede cattolica e la dottrina sociale della Chiesa. Adenauer, formatosi nella grande tradizione del cattolicesimo renano, aveva militato prima nel Zentrum e più tardi nella democrazia cristiana (Cdu). De Gasperi aveva fatta propria, nel cattolicissimo trentino, la lezione del vescovo Endrici, che aveva cercato di tradurre politicamente prima nel Partito Popolare, poi nella Democrazia Cristiana. E Schuman si era nutrito della tradizione cattolica della Lorena e del suo vescovo, Willibord Benzler. Questa fede li rendeva insensibili alle lusinghe del nazionalismo (ma non all’amor di patria) e li apriva al sogno di una comunità delle nazioni europee. Uniti nella convinzione che il cemento unificatore dell’Europa è la tradizione cristiana.
Il riconoscimento di questa fondazione religiosa dell’Europa appare necessaria, a Schuman, anche per salvaguardare la democrazia dalle sue degenerazioni. Non si tratta di obbligare nessuno a professare una religione, ma di riconoscere, in senso più storico che confessionale, che Europa e Cristianesimo sono in binomio inscindibile.
Quali nuovi stragi si annunciano?
Partendo dai «padri» delle ideologie razziste (il francese De Gobineau e l’inglese Houston Steward Chamberlain) e proseguendo con le aberrazioni contenute nel «Mito del XX secolo» del tedesco Alfred Rosenberg, Luciano Garibaldi, giornalista, dimostrerà come queste basi pseudo-scientifiche, sempre osteggiate dalla Chiesa, siano all’origine della follia antisemita. Purtroppo, dai Lager ai Gulag il passo è stato breve. Ma ora che le due ideologie perverse del Novecento sono finalmente tramontate, un nuovo grido d’allarme arriva dall’Estremo Oriente dove, in Cina, nei Laogai, continuano le stragi di innocenti, sollecitate dall’orrenda pratica di espiantare gli organi dei condannati a morte per farne oggetto di mercato.
FEDE&RAGIONE/ Peter Hodgson, l'uomo per cui il cristianesimo ha posto le basi "necessarie per lo sviluppo della scienza" - Mario Gargantini - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Chi lo ha incontrato nei frequenti incontri pubblici in Italia, è rimasto colpito dalla sua disponibilità, dalla freschezza e dalla vivacità della sua testimonianza di scienziato appassionato della verità: il fisico inglese Peter E. Hodgson si è spento l’altro ieri, pochi giorni dopo aver compiuto l’ottantesimo compleanno. Negli ultimi anni veniva spesso in Italia per conferenze e seminari sui vari temi della scienza, della sua storia, delle sue applicazioni, sempre attento a far emergere la ricchezza di esperienza umana che si può sperimentare affrontando la scienza con sguardo aperto; ma anche con senso critico verso tutte le implicazioni coinvolte nell’impresa scientifica oggi.
Molti lo ricordano rivolgersi alla platea del Meeting di Rimini nel 2005, presentando la mostra di Euresis Sulle spalle dei giganti, con toni precisi ma chiari nel mettere in luce la concezione della realtà che è stata cruciale per il fiorire della scienza nel Medio Evo europeo: un sentimento del reale, anche nel suo livello sensibile, materiale, come di qualcosa di buono, di positivo, dotato di un suo ordine interno e disponibile a farsi conoscere dall’uomo. «A cosa bisogna credere per diventare uno scienziato? Che la materia sia bene e che valga la pena passare la vita a capire la materia nella sua complessità. Dobbiamo anche credere che la materia sia ordinata, cioè si comporti in maniera costante, coerente. […] E poi bisogna essere convinti che l’impresa che si è incominciata valga la pena di essere portata a termine».
La sua carriera scientifica aveva preso le mosse all’università di Londra per poi approdare nel 1958 a Oxford dove è rimasto per oltre trent’anni a capo del gruppo di fisica nucleare teorica: Dal 1963 era poi diventato Fellow del Corpus Christi College, sempre a Oxford, dove ha intensificato l’attività, già peraltro avviata da tempo, di ricerca, insegnamento e pubblicazioni in campo filosofico e teologico, affrontando vari aspetti del rapporto tra scienza ed esperienza religiosa. In questo senso era diventato membro e collaboratore di associazioni e istituzioni internazionali e in particolare aveva collaborato col Pontificio Consiglio della Cultura e con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
A Rimini nel 2005 aveva sorpreso il pubblico affermando, con la consueta ferma pacatezza, che «l’incarnazione di Cristo ha fornito ulteriori convinzioni per la scienza: ha spezzato l’idea che il tempo fosse ciclico, ha nobilitato la materia pensando che fosse adatta a formare il corpo e il sangue di Cristo; ha superato il panteismo, dichiarando che la materia è creata e non generata»; tutte convinzioni «necessarie per lo sviluppo della scienza». E una profonda riflessione sulle radici della scienza è anche, secondo Hodgson, alla base di ogni discorso sulle sue applicazioni e sui loro possibili pericoli.
Come fisico nucleare, lo scienziato inglese si è speso per spiegare a un pubblico più vasto possibile le potenzialità di questa fonte energetica, abbinando sempre alla chiarezza delle prospettive scientifiche, una forte sensibilità per l’uomo, per la sua dignità e per le sue aspirazioni alla pacifica e operosa convivenza. La sua infaticabile attività (stava ultimando alcuni libri sui suoi temi preferiti) lo ha portato a tessere relazioni e a incontrare scienziati e uomini di cultura in tutto il mondo. La sua amicizia e la sua saggezza mancheranno a molti.
A causa della crisi finanziaria - Un miliardo di persone soffrono la fame – L’Osservatore Romano, 9-10 Dicembre 2008
Roma, 9. L'aumento dei prezzi dei generi alimentari ha fatto crescere il numero delle persone affamate nel mondo: sono loro le prime vittime della crisi finanziaria. A renderlo noto oggi è il nuovo rapporto della Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura: dal 2007 il bilancio si è aggravato di quaranta milioni, passando da 923 a 963 milioni, quasi un miliardo. E intanto, dopo una settimana così difficile, le Borse mondiali guadagnano terreno, dopo l'annuncio del presidente eletto Barack Obama di un massiccio piano di investimenti per le infrastrutture.
"Per milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo - si legge nel rapporto della Fao - riuscire a mangiare ogni giorno una quantità di cibo sufficiente per poter condurre una vita attiva e sana è ancora un sogno lontano. I problemi strutturali della fame, come l'accesso alla terra, al credito ed all'occupazione, sommati ai prezzi sostenuti dei generi alimentari, continuano ad essere una spaventosa realtà", ha sottolineato Ghanem. I prezzi dei principali cereali sono calati di oltre il cinquanta per cento rispetto al picco raggiunto agli inizi del 2008, tuttavia rimangono alti rispetto agli anni precedenti. Nonostante il sensibile calo degli ultimi mesi, l'Indice Fao dei prezzi alimentari nell'ottobre 2008 era ancora un venti per cento più alto rispetto all'ottobre 2006. La stragrande maggioranza delle persone sottonutrite - circa 907 milioni - vive nei Paesi in via di sviluppo. Di questi, il 65 per cento risiede in soli sette Paesi: India, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Indonesia, Pakistan ed Etiopia.
Nel frattempo, le Borse mondiali hanno risposto positivamente all'annuncio di Barack Obama di un vasto piano di finanziamenti a favore delle infrastrutture e in attesa di un possibile accordo al Congresso per il salvataggio del settore automobilistico. Secondo fonti giornalistiche, infatti, un accordo tra i leader democratici al Congresso, l'amministrazione entrante e il presidente uscente George W. Bush avrebbe preso forma proprio ieri sera. "Un'intesa è molto probabile", ha detto lo speaker della Camera dei rappresentanti Dana Perino, aggiungendo che i "principi di base sono stati già concordati". Il piano dovrebbe prevedere nell'immediato uno stanziamento di 15 miliardi e l'affidamento della supervisione del salvataggio a una commissione speciale.
(©L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2008)
1) Quelle tre o quattro cose forti che il sinodo sulla "Parola di Dio" ha lasciato in eredità - La prima è che il cristianesimo non è una "religione del libro" ma si identifica in una persona. La seconda è che la Bibbia non è solo passato ma è anche presente e futuro. La terza è che l'esegesi non può fare a meno della teologia, e viceversa... Il bilancio del sinodo nel taccuino di un osservatore speciale - di Sandro Magister
2) Anteprima di “Bella”, un film che converte senza prediche - Il 19 dicembre prossimo presso l’Università Europea di Roma - di Antonio Gaspari
3) Cancellate le celebrazioni natalizie nel nord dell'India - Per la situazione di insicurezza in vista delle elezioni
4) 09/12/2008 14:02 – VATICANO - Papa: dignità della persona, pace e sviluppo temi per il dialogo tra fedi - Benedetto XVI afferma che per l’Unione europea, portatrice di una cultura comune fondata sulle civiltà greca e romana e soprattutto sul cristianesimo, il dialogo deve costituire “una priorità”.
5) 09/12/2008 13:42 – CINA - Pechino ammette: “insoddisfacenti” i progressi per i diritti umani - Domani l’Onu celebra il 60mo anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. In previsione, la polizia arresta chi vuole celebrare l’anniversario. In manicomio chi denuncia il malgoverno. Per il latte alla melamina, i tribunali rifiutano di decidere.
6) Il bigottismo laico - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 9 dicembre 2008 - Il corso di aggiornamento è senza punteggio se si tiene in un centro congressi che porta il nome di un Papa
7) Omosessuali: titoli falsi e bugiardi - Autore: Colombo, Carlo Curatore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 9 dicembre 2008
8) Lettera di Benedetto XVI sul dialogo tra culture e religioni - Le radici cristiane dell'Europa sono vive - Un continente solidale e accogliente per le sfide dell'epoca post-moderna - Il tema del dialogo tra culture e religioni è oggi "una priorità" per l'Europa. Lo afferma il Papa in un messaggio in occasione della giornata di studio organizzata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura. – L’Osservatore Romano 9-10 Dicembre 2008
9) Chiesa e diritti umani - Quando la corsa alle vittime oscura la realtà - di Lucetta Scaraffia – L’Osservatore Romano, 9 -10 Dicembre 2008
10) Thomas Merton a quarant'anni dalla morte - Lo studente dissoluto che divenne trappista - di Piero Viotto – L’Osservatore Romano, 9 -10 Dicembre 2008
11) USA/ La scuola secondo Obama - Lorenzo Albacete - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
12) ELUANA/ La Corte Europea ascolti il grido di chi poterebbe essere travolto da una sentenza incivile - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008
13) SCUOLA/ Secondo "La Repubblica" è incostituzionale finanziare le paritarie: ma è proprio vero? - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
14) CONVEGNO/ A 60 anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, una sfida per l’Europa - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
15) FEDE&RAGIONE/ Peter Hodgson, l'uomo per cui il cristianesimo ha posto le basi "necessarie per lo sviluppo della scienza" - Mario Gargantini - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
16) A causa della crisi finanziaria - Un miliardo di persone soffrono la fame – L’Osservatore Romano, 9-10 Dicembre 2008
Quelle tre o quattro cose forti che il sinodo sulla "Parola di Dio" ha lasciato in eredità - La prima è che il cristianesimo non è una "religione del libro" ma si identifica in una persona. La seconda è che la Bibbia non è solo passato ma è anche presente e futuro. La terza è che l'esegesi non può fare a meno della teologia, e viceversa... Il bilancio del sinodo nel taccuino di un osservatore speciale - di Sandro Magister
ROMA, 9 dicembre 2008 – A sette settimane dalla sua chiusura, il sinodo dei vescovi tenuto a Roma in ottobre su "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa" sembra quasi non aver lasciato traccia.
Le 55 proposizioni finali sono state consegnate al papa e provvederà lui a darvi corso, nell'esortazione postsinodale che egli promulgherà tra un anno o anche più.
Quanto al messaggio rivolto dal sinodo al "popolo di Dio" al termine dell'assise, è caduto subito nel dimenticatoio. A differenza dei messaggi finali dei precedenti sinodi, questo era scritto con stile più comunicativo. Tradiva la mano sapiente del suo principale estensore, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio della cultura e biblista di fama mondiale. Ma la sua lunghezza spropositata ne ha reso difficile il rilancio da parte dei media cattolici di tutto il mondo. E di conseguenza ha impedito che divenisse oggetto di lettura e di riflessione da parte di un consistente numero di vescovi, preti e fedeli.
Ciò non toglie, però, che il sinodo che si è tenuto lo scorso ottobre sulla Parola di Dio possa avere effetti importanti e di lunga durata sulla vita della Chiesa. A condizione che i circa 250 vescovi che vi hanno partecipato sappiano raccoglierne le indicazioni e parteciparle ai rispettivi episcopati e Chiese nazionali.
Ma, appunto, quali sono le indicazioni maggiori che il sinodo ha dato? Quali le linee maestre lungo le quali tradurlo in pratica?
Sul sinodo si è scritto molto. Ma rare sono state le valutazioni sintetiche. Qui di seguito ne è riportata una delle più interessanti e acute. È apparsa su "L'Osservatore Romano" del 27 novembre ed è stata scritta non da un padre sinodale ma da un osservatore esterno, un professore di teologia del Boston College, sacerdote della diocesi di New York, padre Robert Imbelli.
Per tutta la durata del sinodo padre Imbelli ha alloggiato, a Roma, al Collegio Capranica, avendo modo di incontrare quotidianamente vari padri sinodali, e di seguirne i lavori.
Il 14 ottobre egli ha avuto anche la possibilità di entrare nell'aula del sinodo e di assistere a una seduta. Per fortunata combinazione, quello fu il giorno in cui Benedetto XVI prese la parola, pronunciando un intervento di straordinaria importanza.
Ecco dunque che cosa il nostro osservatore ha ricavato dal suo soggiorno romano:
Riflessioni sul sinodo di Robert Imbelli
Godendo di un anno sabbatico come docente di teologia al Boston College, ho voluto essere presente a Roma durante il sinodo dei vescovi dedicato a un più profondo apprezzamento e a una rinnovata affermazione della "Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa". Pochi altri argomenti, infatti, sono così fondamentali dal punto di vista teologico e pertinenti da quello pastorale. [...]
La mia prima forte impressione è che il sinodo sia stato una profonda esperienza ecclesiale, in primo luogo, com'è ovvio, per i partecipanti, ma sperabilmente, tramite loro e i resoconti dei media, per l'intera Chiesa cattolica. Vescovi e teologi, laici e preti, donne e uomini, come pure rappresentanti di altre comunità cristiane hanno condiviso tre intense settimane. Si sono reciprocamente arricchiti attraverso le loro esperienze, idee, opinioni e interessi. Lo hanno fatto formalmente con dichiarazioni e dibattiti svoltisi in gruppi linguistici più piccoli. Tuttavia lo hanno fatto anche in maniera informale durante le pause per il caffè o i pasti. La Parola di Dio si è riflessa nelle numerose parole della famiglia umana, mostrando la sua variegata ricchezza e forza trasformatrice: "suaviter et fortiter"
Una delle idee più cruciali emerse nel corso del sinodo è stata la necessità di comprendere le multiformi dimensioni della Parola di Dio. Nel linguaggio dei teologi questo è un concetto "analogo". La Parola di Dio non si può semplicemente identificare con le Sacre Scritture. Queste sono le testimoni privilegiate della Parola di Dio, ma quest'ultima trascende persino la sua incarnazione biblica.
Infatti, in definitiva, la Parola di Dio è una Persona. È Gesù Cristo stesso l'incarnazione piena e definitiva della Parola di Dio. A questo proposito nessun verso biblico è più importante di questo del Vangelo di Giovanni: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (1, 14). In Gesù Cristo, nella sua vita, morte e resurrezione, la Rivelazione di Dio trova la sua espressione perfetta e ottiene la riconciliazione del mondo.
Significativamente, questo riconoscimento nutrito di fede implica che il cristianesimo può essere definito solo impropriamente una "religione del libro". Per quanto la testimonianza biblica di Gesù sia preziosa e indispensabile, il cristianesimo è più precisamente la "religione della persona": la persona di Gesù Cristo che chiama tutti alla comunione personale col Padre, attraverso lui.
Un'ulteriore conseguenza, rilevata da numerosi vescovi, è che Gesù Cristo offre ai cristiani la "chiave ermeneutica" per comprendere le Scritture. La Bibbia non è una raccolta disparata di libri del mondo antico. Essa trova in Gesù il suo "principium": il suo principio interpretativo perché, in quanto Parola di Dio, egli è anche la sua origine e il suo obiettivo.
Dalla "relatio" di apertura del cardinale Ouellet, passando per l'intervento del papa, fino alle proposizioni conclusive presentate al Santo Padre, questo riconoscimento ha portato a insistere sulla necessità di utilizzare vari metodi di interpretazione delle Scritture. Il metodo cosiddetto storico-critico è indispensabile, perché la Parola di Dio è veramente entrata nella storia umana: nata durante il regno di Cesare Augusto e crocifissa sotto Ponzio Pilato. Come ha affermato il Santo Padre: "La storia della salvezza non è mitologia, ma vera storia, ed è perciò da studiare con i metodi della seria ricerca storica".
Per lo stesso motivo un metodo esclusivamente storico-critico presenta forti limiti. La Parola di Dio, alla quale la Bibbia reca testimonianza, chiaramente trascende la dimensione storica per accogliere il piano di Dio per il mondo. La Bibbia non è solo relegata al passato, ma sfida il presente e apre a un compimento futuro.
Quindi l'approccio storico-critico deve essere accompagnato da un approccio teologico-spirituale che affermi l'unità delle Scritture e riconosca che, attraverso il mistero pasquale di Cristo, lo Spirito Santo si è effuso ed ha avuto inizio la nuova creazione.
Di conseguenza, il contesto proprio e privilegiato per ascoltare la Parola di Dio è la liturgia della Chiesa, in special modo l'Eucaristia. In essa si compie l'unità dei Testamenti e si celebra la presenza del Cristo vivo, che svela il significato delle Scritture. In essa diviene chiaro che è in seno alla comunità di fede e alla sua tradizione che la Parola di Dio continua a nutrire il popolo di Dio in ogni epoca fino al ritorno del Signore nella gloria.
Da questo punto di vista il sinodo ci ha lanciato due sfide urgenti. La prima è che tutti i membri della Chiesa sono chiamati ad appropriarsi in modo disciplinato della Parola di Dio nella loro vita quotidiana, facendosi da essa guidare e sostenere. Da qui sono derivate le frequenti esortazioni del sinodo allo sviluppo e alla diffusione di una lettura spirituale della Bibbia che vada oltre il nome generico di "lectio divina". Sebbene siano necessari modalità e metodi differenti per soddisfare le esigenze dei diversi interlocutori e delle diverse situazioni culturali, un requisito permanente è la necessità per tutti, soprattutto per quanti sono immersi in culture occidentali spesso frenetiche, di acquisire familiarità con il silenzio. Solo con un silenzio vigile possiamo udire la Parola di Dio con rinnovato vigore.
La seconda sfida è il bisogno urgente di compiere sforzi creativi per ricreare i vincoli fra esegesi e teologia sistematica, oppure, più concretamente, fra esegeti e teologi. Questo è particolarmente difficile nel contesto attuale delle università, così protese a una ricerca specialistica che spesso separa invece di unire. Ciononostante, si tratta di un imperativo. Come afferma il Santo Padre nel suo intervento al sinodo: "Dove l'esegesi non è teologica, la Scrittura non può essere l'anima della teologia e, viceversa, dove la teologia non è essenzialmente interpretazione della Scrittura nella Chiesa, questa teologia non ha più fondamento".
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Un altro argomento che ha suscitato grande interesse al sinodo è stato quello della predicazione. I vescovi sanno bene che la Parola di Dio deve essere spezzata e condivisa con il popolo di Dio, proprio come il pane eucaristico. È evidente che ciò assume forme diverse secondo l'età e la formazione degli uditori, ma una caratteristica comune che scaturisce dalla meditazione sulla Parola di Dio nella sua realtà trascendente è che le omelie dovrebbero essere "mistagogiche", vale a dire condurre l'assemblea a un incontro vivificante con Gesù Cristo, vera Parola incarnata.
Penso che il Papa stesso offra una guida preziosa all'arte di questa predicazione mistagogica. Le sue omelie, così attente alla situazione concreta e alle sensibilità di coloro a cui si rivolgono, cercano sempre di promuovere un rinnovato apprezzamento dell'altezza, dell'ampiezza, della lunghezza e della profondità dell'amore di Cristo per il suo corpo, la Chiesa, e, attraverso di essa, per il mondo intero. Benedetto XVI, nelle sue omelie, mira a introdurre quanti lo ascoltano nel mistero pasquale di Cristo, in cui essi non sono meri osservatori, ma partecipanti.
Questa predicazione mistagogica è in sé potenziata e rafforzata dalla qualità estetica del luogo in cui si compie. Questo tema è emerso spesso al sinodo, ma ha avuto un'importanza particolare nello storico discorso del patriarca ecumenico Bartolomeo I. Nella fede incarnazionale della Chiesa, la Parola di Dio non solo viene udita, ma anche vista. È mediata da icone e immagini. Bartolomeo ha detto delle icone: "Ci incoraggiano a cercare lo straordinario dell'ordinario".
È stato quindi provvidenziale che, svolgendosi il sinodo in Vaticano, si sia organizzata a Roma, nello splendido spazio espositivo delle Scuderie del Quirinale, una magnifica mostra dell'artista veneziano del primo Rinascimento Giovanni Bellini (1435-1516). Nelle sue meravigliose raffigurazioni della Madonna col Bambino, della crocifissione e della risurrezione di Cristo, lo straordinario e l'ordinario si integrano in modo affascinante, l'uno gettando luce sull'altro. O meglio, la luce di Cristo trasfigura tutto, rivelando l'autentica dignità e il vero destino dell'ordinario.
I dipinti del Bellini, fortemente influenzati dalla tradizione iconica orientale, fanno da splendido commento alla Parola incarnata di Dio, unendo indissolubilmente la lettera e lo spirito. Di fronte a molti suoi dipinti ciascuno può sostare e praticare la "lectio divina", attingendo dalla loro grazia e bellezza acqua per anime assetate.
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Alla fine del sinodo, un vescovo mio amico ha osservato che, a suo parere, esso ha rappresentato da parte della Chiesa una "ricezione" nuova e più profonda della costituzione del Vaticano II sulla divina rivelazione, "Dei Verbum". Se quel vescovo ha ragione, e penso di sì, questo è un momento di grande significato. Infatti, delle quattro costituzioni, vale a dire dei più importanti documenti del Concilio, la "Dei Verbum" è forse la meno apprezzata e studiata, sebbene sia assolutamente fondamentale.
Nella sua "relatio" di apertura del sinodo, il cardinale Ouellet ha detto molto. Ha parlato della rinnovata comprensione, nella "Dei Verbum", della rivelazione divina come "dinamica e dialogica". Tuttavia ha ammesso che il documento non è stato "recepito a sufficienza" e non ha ancora dato i frutti sperati.
Quando ci si chiede come questo sia potuto accadere, un possibile indizio è offerto più avanti proprio dal cardinale Ouellet nella sua "relatio", là dove afferma, in modo un po' provocatorio, che "l'ecclesiocentrismo è estraneo alla riforma del Concilio". In effetti, è possibile che troppi dibattiti e contrasti conciliari siano stati eccessivamente ecclesiocentrici. Non abbiamo forse avuto la tendenza a dimenticare che Cristo, non la Chiesa, è la luce del mondo ("Lumen gentium")? Nel sottolineare la necessità della "partecipatio actuosa" alla liturgia, non ci siamo forse accontentati di leggerla solo in termini di funzioni liturgiche da compiere invece che come chiamata a penetrare più in profondità nel mistero pasquale di Cristo? A volte, la legittima insistenza sul ruolo dell'assemblea nell'azione liturgica non ha forse messo in ombra il soggetto primario che è Cristo che si offre al Padre e abilita il popolo di Dio a condividere il suo unico perfetto sacrificio?
La riforma del Concilio è cristocentrica, non ecclesiocentrica. Solo attraverso Cristo la Chiesa è introdotta nella comunione della santissima Trinità che è vita eterna. È questo il cuore del messaggio della "Dei Verbum" e il sinodo da poco conclusosi ci offre la possibilità provvidenziale di ricevere nuovamente questo Vangelo salvifico.
Molto spesso, dopo il Concilio, ci siamo sentiti dire che dovevamo "appropriarci" della Tradizione della Chiesa, che dovevamo farla nostra. Tuttavia, a un livello più profondo ed esigente sarebbe meglio dire: dobbiamo noi far sì che la Tradizione si appropri di noi e consenta alla Parola di Dio di trasformarci. Questo farsi possedere quotidianamente dalla Parola è la vita della Chiesa ed è l'unica base credibile per la sua missione.
Anteprima di “Bella”, un film che converte senza prediche - Il 19 dicembre prossimo presso l’Università Europea di Roma - di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 9 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Due anni fa, il mondo del cinema fu sorpreso da “Bella,” la storia romantica diretta dal regista messicano Alejandro Monteverde, che inaspettatamente vinse il primo premio del prestigioso “People’s Choice Award” del Toronto Film Festival.
Da quel momento in poi, Bella ha vinto altri premi a livello internazionale, come il premio “Smithsonian Latino Center”.
Nominato come prima preferenza fra gli utenti di Yahoo, è stato anche premiato dalla Casa Bianca per il suo contributo alle Arti.
Il film è girato nella città di New York e racconta la storia di José, un promettente giocatore di calcio messicano, che per circostanze tragiche smette di giocare a calcio e si ritira a fare il cuoco nel ristorante del suo fratello adottivo.
Nello stesso ristorante viene licenziata una giovane ragazza, Nina, che non andava al lavoro perché era incinta.
Nina intende mettere fine alla gravidanza, perché è sola, senza lavoro, senza il sostegno neanche di sua madre che non si è mai ripresa dopo la morte del marito.
José non condivide la scelta della giovane collega ma tenta di aiutarla facendole sentire tutto il caloroso sostegno umano.
In questo modo, le due vite s’intrecciano e, con una serie di stupendi flashback e intensi dialoghi, lo spettatore viene spontaneamente ed emotivamente coinvolto nel loro passato.
Nel film le parole aborto, Dio, solidarietà, umanità, difesa della vita e della famiglia non vengono mai pronunciate, ma le immagini, i silenzi, le varie vicende, i diversi personaggi concorrono insieme a comporre una commovente poesia d’amore.
Si tratta di un film “potente e toccante… un’autentica ispirazione”, ha detto Ana Maria Montero nel suo servizio per la CNN. Secondo Maria Salas, di NBC-Miami, “Bella è un dramma romantico pieno di cuore, anima e messaggi positivi… un gioiello cinematografico”.
Dopo aver visto il film, alcune giovani donne hanno deciso di far nascere i bambini e le bambine che avevano concepito.
L’efficacia del film si deve in parte anche allo straordinario cast: Tammy Blanchard, vincitrice dell’Emmy Award, e la stella messicana Eduardo Verástegui, chiamato il “Brad Pitt dell’America Latina”.
“Dopo 10 anni di carriera – ha confessato Verástegui – mi sono reso conto che mi mancava qualcosa, ma non sapevo cosa fosse. Mi sentivo in un labirinto senza uscita; volevo usare l'uscita di sicurezza ma non sapevo dove si trovasse, mi sentivo vuoto”.
Il giovane Eduardo, nato a Xicotencatl, Tamaulipas, un piccolo paese al nord del Messico, ha avuto una brillante carriera internazionale come cantante pop del gruppo latino Kairo e come attore di “telenovela”, dopodiché si è stabilito negli Stati Uniti in cerca d’una felicità sempre sfuggente.
Dopo aver girato un popolare video musicale con Jennifer Lopez, Eduardo ricevette numerose offerte promettenti da registi di Hollywood, ma le rifiutò, perché si trattava di proposte con un basso livello morale.
“Ho promesso a Dio che non avrei mai più lavorato a un progetto che offendesse la mia fede, la mia famiglia o la mia comunità latina”, ha confessato.
Con gli amici Leo Severino e Alejandro Monteverde, Eduardo ha fondato la Metanoia Films per “produrre pellicole che abbiano il potenziale non solo di intrattenere il pubblico, ma anche di fare la differenza nella nostra società – ha spiegato Verástegui –, pellicole che tocchino il cuore del pubblico ed elevino l'intelletto verso ciò che è buono, bello e vero, verso l'eccellenza”.
La parola metanoia (in greco, “conversione”) è stata scelta Eduardo stesso e riflette il suo percorso spirituale personale.
L’anteprima di “Bella” avrà luogo il prossimo venerdì 19 dicembre, alle 18.45, presso l’Università Europea di Roma (via degli Aldobrandeschi, 190).
La proiezione è stata organizzata dal Centro Pascal, un circolo culturale promosso da giovani universitari, in collaborazione con Fiuggi Family Festival, fondato e diretto dal dott. Gianni Astrei.
Alla promozione e visione del film hanno già aderito il Movimento per la Vita e Cuore Azzurro.
Il film “Bella” verrà distribuito in Italia dalla “Lux Vide”.
[Per maggiori informazioni: www.bellathemovie.com; www.unier.it; www.fiuggifamilyfestival.org ]
Cancellate le celebrazioni natalizie nel nord dell'India - Per la situazione di insicurezza in vista delle elezioni
NUOVA DELHI, martedì, 9 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Un Vescovo del nord dell'India ha cancellato le iniziative per le festività natalizie che attiravano decine di migliaia di persone a causa delle preoccupazioni per la sicurezza in vista delle elezioni nel Paese.
L'associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) riferisce in un comunicato inviato a ZENIT che si attendevano più di 50.000 persone a Lucknow city per l'annuale Christmas Dance Drama sui gradini della Cattedrale cattolica.
Sabato scorso, tuttavia, il Vescovo Gerald Mathias ha bloccato l'iniziativa citando le continue tensioni precedenti il confronto elettorale. Il presule ha anche cancellato altre attività, come l'invito annuale al Ministro responsabile dello Stato dell'Uttar Pradesh, Mayawathi, al Governatore di Lucknow e ad altri funzionari per assistere a un evento che includeva canti, brevi interventi e una cena.
Sono state inoltre eliminate una riunione per il giorno di Natale per 15 o più sacerdoti di Lucknow e le celebrazioni di cinque giorni dopo per il clero e i religiosi della Diocesi.
Annunciando le cancellazioni a una delegazione di ACS in visita a Lucknow per una valutazione dei progetti nel nord dell'India, fr, Ignatius D'Souza, il vicario generale, ha affermato che la gente della città rimarrà probabilmente delusa, ma la decisione era inevitabile.
“Siamo preoccupati per l'attività fondamentalista – ha confessato –. Gli estremisti hanno una strategia a lungo termine e potrebbero ritenere le nostre attività natalizie diocesane un'opportunità per agire”.
“Anche se abbiamo un ottimo sistema di sicurezza per gli eventi ed eccellenti relazioni con il dipartimento locale di polizia, non possiamo essere troppo prudenti. Non sai cosa c'è nella mente di quanti vogliono creare problemi”.
Il religioso ha affermato che quello precedente le elezioni è stato sempre un periodo in cui aumentano le preoccupazioni per la sicurezza per il rischio di atti aggressivi da parte dei partiti politici estremisti, determinati a influenzare il voto in modo leciti o meno.
“Ogni volta che ci sono le elezioni ci sono persone che vogliono esacerbare le tensioni”, ha rilevato fr. D'Souza.
In tutta l'India, la Chiesa è in allerta anche in seguito all'ondata di violenza anticristiana costata la vita a 500 persone soprattutto nello Stato dell'Orissa, ma anche nel Karnataka, dove la distruzione delle chiese in una zona ad alta incidenza cattolica era del tutto inaspettata.
La Conferenza dei Vescovi Cattolici dell'India ha emesso recentemente un messaggio in cui esorta le Diocesi a ridurre le celebrazioni natalizie, lasciando a ogni Vescovo la decisione finale. La cancellazione delle iniziative, ha osservato fr. D'Souza, è anche un atto di solidarietà con i cristiani dell'Orissa.
Il Vescovo Mathias è stato incoraggiato a ridurre le cerimonie dai leader musulmani locali, che durante il loro incontro di sabato hanno annunciato una riduzione delle celebrazioni per la festa dell'Eid, la festa del sacrificio.
Per coloro che stavano mettendo in scena il Christmas Dance Drama, tra cui seminaristi, novizi e novizie, la notizia della cancellazione è stata fonte di grande dispiacere. Profondamente radicata nella cultura locale, l'iniziativa porta in scena alcuni brani biblici concentrati sulla Natività.
Visto che si svolgono il giorno di Natale, le rappresentazioni attirano soprattutto un pubblico non cristiano nella Cattedrale di St Joseph. La città di Lucknow è a maggioranza indù, ma ha anche il 20% di abitanti musulmano. I cattolici, su una popolazione totale di tre milioni di abitanti, sono circa 4.000.
Ad ogni modo, fr. D'Souza ha affermato che nella Cattedrale si terrà come sempre un'iniziativa che celebra la storia del Natale e che saranno benvenuti quanti vorranno entrare e accendere una candela secondo il costume locale.
09/12/2008 14:02 – VATICANO - Papa: dignità della persona, pace e sviluppo temi per il dialogo tra fedi - Benedetto XVI afferma che per l’Unione europea, portatrice di una cultura comune fondata sulle civiltà greca e romana e soprattutto sul cristianesimo, il dialogo deve costituire “una priorità”.
Città del Vaticano (AsiaNews) - La dignità della persona umana, la ricerca del bene comune, la costruzione della pace, lo sviluppo: sono i temi che Benedetto XVI indica ai “credenti” per promuovere iniziative di dialogo interculturale e interreligioso, al fine di stimolare la collaborazione reciproca. In un messaggio al presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, card. Jean-Louis Tauran, ed al presidente del Pontificio consiglio della cultura, mons. Gianfranco Ravasi, in occasione della Giornata di Studio dedicata al tema "Culture e religioni in dialogo" nell’ambito dell’Anno del dialogo interculturale promosso dall’Unione Europea, che ha avuto luogo giovedì 4 dicembre, il Papa afferma che tale dialogo rappresenta “una priorità per l’Unione Europea”.
L’Europa contemporanea, scrive Benedetto XVI, “è frutto di due millenni di civiltà. Essa affonda le sue radici sia nell'ingente e antico patrimonio di Atene e di Roma sia, e soprattutto, nel fecondo terreno del Cristianesimo, che si è rivelato capace di creare nuovi patrimoni culturali pur recependo il contributo originale di ogni civiltà”. “Così, l'Europa ci appare oggi come un prezioso tessuto, la cui trama è formata dai principi e dai valori scaturiti dal Vangelo, mentre le culture nazionali hanno saputo ricamare una immensa varietà di prospettive che manifestano le capacità religiose, intellettuali, tecniche, scientifiche e artistiche dell’Homo europeus. In questo senso possiamo affermare che l'Europa ha avuto e ha tuttora un influsso culturale sull'insieme del genere umano, e non può fare a meno di sentirsi particolarmente responsabile non solo del suo futuro ma anche di quello dell'umanità intera”.
“Nel contesto odierno, in cui sempre più spesso i nostri contemporanei si pongono le domande essenziali sul senso della vita e sul suo valore, appare più che mai importante riflettere sulle antiche radici dalle quali è fluita linfa abbondante nel corso dei secoli. Il tema del dialogo interculturale e interreligioso, perciò, emerge come una priorità per l’Unione Europea e interessa in modo trasversale i settori della cultura e della comunicazione, dell'educazione e della scienza, delle migrazioni e delle minoranze, fino a raggiungere i settori della gioventù e del lavoro.
Una volta accolta la diversità come dato positivo, occorre fare in modo che le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento”.
“Viviamo in quello che si suole chiamare un ‘mondo pluralistico’, caratterizzato dalla rapidità delle comunicazioni, dalla mobilità dei popoli e dalla loro interdipendenza economica, politica e culturale. Proprio in quest’ora, talvolta drammatica, anche se purtroppo molti Europei sembrano ignorare le radici cristiane dell'Europa, esse sono vive, e dovrebbero tracciare il cammino e alimentare la speranza di milioni di cittadini che condividono i medesimi valori. I credenti, dunque, siano sempre pronti a promuovere iniziative di dialogo interculturale e interreligioso, al fine di stimolare la collaborazione su temi di interesse reciproco, come la dignità della persona umana, la ricerca del bene comune, la costruzione della pace, lo sviluppo”.
09/12/2008 13:42 – CINA - Pechino ammette: “insoddisfacenti” i progressi per i diritti umani - Domani l’Onu celebra il 60mo anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. In previsione, la polizia arresta chi vuole celebrare l’anniversario. In manicomio chi denuncia il malgoverno. Per il latte alla melamina, i tribunali rifiutano di decidere.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Wang Chen, ministro dell’Ufficio informativo del Consiglio di Stato, in un’intervista citata oggi da Xinhua riconosce che “sono insoddisfacenti” i miglioramenti compiuti per i diritti umani, seppure fa speciale riguardo al sistema legale, a istruzione e sicurezza sociale e non ricorda gli arresti arbitrari e la censura su media e libertà di parola. Wang difende il “diritto di ogni governo”, in materia di diritti umani, “di adottare misure differenti secondo le rispettive situazioni nazionali”.
Domani le Nazioni Unite celebrano il 60mo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e il gruppo Chinese Human Rights Defenders ricorda i molti cittadini detenuti, interrogati o minacciati perché vogliono commemorare l’evento.
Zhang Zuhua e Liu Xiaobo (nella foto) hanno firmato “Carta 08”, un documento presentato oggi per chiedere maggiore democrazia e tutela dei diritti umani, sottoscritto da attivisti democratici, ma anche da funzionari comunisti e da leader rurali. Ieri notte a Pechino la polizia li ha interrogati, ha sequestrato computer, agende, passaporti e carte di credito e Liu è ancora trattenuto in caserma.
Wen Kejian, pure firmatario di Carta 08, ammonito dalla polizia di non frequentare altri attivisti e non lasciare la città di Hangzhou. Chen Xi, Shen Younian e Du Heping, arrestati dalla polizia il 4 dicembre a Guiyang (Guizhou), perché – dicono amici – vogliono celebrare l’anniversario del 10 dicembre.
Intanto ieri il governo di Xintai (Shandong) è stato accusato di avere internato in ospedale psichiatrico, dal 2006, almeno 18 persone che volevano presentare petizioni di protesta contro corruzione e malgoverno. Pare che siano state rilasciate solo dopo avere sottoscritto una rinuncia alla protesta.
Ieri l’Alta Corte del Popolo dell’Hebei ha dichiarato inammissibile la causa presentata dai genitori di 63 neonati ammalati ai reni per il consumo del latte in polvere “alla melamina” della ditta casearia Sanlu. Secondo gli avvocati, il Tribunale dice che sono ancora in corso le indagini delle autorità sullo scandalo che ha fatto ammalare oltre 290mila neonati.
Il professore di Diritto He Weifang dice al South China Morning Post che questo “è grave”. “I tribunali dovrebbero trattare il caso secondo la legge, non far dipendere la decisione dalle istruzioni delle autorità o dai documenti [ufficiali]. Se i tribunali non rispettano la legge, la gente non avrà più fiducia”.
Nei primi giorni dello scandalo, le autorità avevano promesso di risarcire i danni e pagare le cure mediche. Yang Yong, il cui figlio di 13 mesi è in cura a Xuzhou (Jiangsu) per insufficienza renale, dice ha già dovuto farsi prestare 20mila yuan solo per le cure urgenti.
Il bigottismo laico - Autore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 9 dicembre 2008 - Il corso di aggiornamento è senza punteggio se si tiene in un centro congressi che porta il nome di un Papa
Il Centro Congressi Papa Giovanni XXIII si trova a Bergamo in Viale Papa Giovanni XXIII, 106 – manco a dirlo.
Del resto Giovanni Roncalli era nato a Brusicco, frazione di Sotto il Monte in provincia di Bergamo ed è diventato Papa, quindi nulla di strano che a un cittadino così famoso abbiano dedicato, vie, piazze, ristoranti e persino un Centro Congressi.
Dando uno sguardo al sito del Centro Congressi scopro che si tratta di un un posto all’avanguardia, nel pieno centro di Bergamo, in prossimità della stazione ferroviaria e di tutte le principali location di interesse commerciale e culturale, sede ideale per eventi, convegni, meeting aziendali. provvisto di numerose sale: sala degli Stucchi, sala Bianca, sala Novelli, ben tre sale Alabastro, poi ci sono la Sala Stampa e la Sala Regia.
Alla sezione - Prossimi eventi e news -leggo un nutrito programma:
1 Dicembre 2008
Presentazione della Fondazione Don Andrea Spada
3 Dicembre 2008
L'impresa e la famiglia. Una relazione necessaria ed essenziale
9 Dicembre 2008
Il Bene, il Male. Per una nuova etica. Incontri di filosofia
10 Dicembre 2008
Corso pratico/teorico Urgenze ed emergenze in sala parto: come affrontare le situazioni difficili.
Caspita, quest'ultimo davvero interessante come corso.
Ma è proprio questo corso che ha creato scompiglio al Ministero della salute, dove un solerte funzionario pagato per sorvegliare che tutto venga fatto per benino, ha creduto che non si possa lavorare bene, e aggiornarsi in libertà, in un salone inserito in un complesso con un nome così poco neutro, poco laico.
Sia chiaro, il funzionario non intendeva vietare il corso, questo no, si può fare il corso, ma non si potranno ottenere i punteggi che decretano l’avvenuto aggiornamento medico.
Della serie non sarà considerato “aggiornamento” un corso tenuto in un centro congressi con tale nome, perché vuoi mai che uno che apprende delle tecniche di soccorso e come affrontare le emergenze, in un ambiente che porta quel nome, poi magari davanti a un parto difficile, anziché seguire le procedure cosparga la partoriente con acqua santa.
E questi sono i difensori della laicità? E dalla stupidità chi ci difende? «L’ispirazione cristiana del luogo contrasta con la laicità del sapere scientifico». Ha detto l’esperto, ma chi controlla che gli esperti non siano imbecilli?
Dopo i crocifissi riposti nei cassetti delle cattedre, i presepi fatti fuori dalle classi, le canzoni di Natale con il bip al posto della parola gesù, ci mancava proprio il bigotto laicista a completare l’opera.
Omosessuali: titoli falsi e bugiardi - Autore: Colombo, Carlo Curatore: Buggio, Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 9 dicembre 2008
Martedì titoli bugiardi e falsari! Ecco "Repubblica" (pp. 1 e 6) menzogna doppia: "Il Vaticano all'Onu: l'omosessualità resti reato".
"Corsera" (pp. 1, 18 e 19): "il Vaticano all'Onu: non depenalizzate l'omosessualità".
"Stampa" (p.1): "Il Vaticano sfida l'Onu: 'sarebbe sbagliato depenalizzare l'omosessualità'".
"Unità" (p.1): "Omosessuali perseguitati: il Vaticano approva".
"Manifesto" (p. 1) titolo e vignetta sghignazzo: "Omosessualità. Vaticano all'Onu: no alla depenalizzazione".
"Liberazione" (p. 1) apertura e grande foto: "Vaticano: lasciateli penzolare".
Dunque dal Papa si applaudirebbe l'impiccagione! Tutto falso, con commenti conseguenti e insulti di serie. In realtà, visti certi lanci d'agenzia, già alle 19:30 di lunedì la Santa Sede aveva chiarito il senso delle parole del rappresentante vaticano all'Onu: sì (N.B.: Sì!) alla depenalizzazione, ovviamente, ma avvertendo che ciò non deve voler dire che matrimonio e unioni gay siano la stessa cosa.
Invano: chi non vuole capire insiste, e ancora ieri spudoratamente così Augias su "Repubblica" in risposta ad un lettore: "Se la Chiesa difende il reato di omosessualità". È il titolo, ma il testo è peggio, e accusa la Chiesa di incoraggiare «la forca» per gli omosessuali!
Ho scritto martedì che anche gli uomini di Chiesa debbono stare attenti alle parole per evitare equivoci, ma chi comunque e sempre cerca «il nemico» nella Chiesa, si dovrebbe vergognare. Concludendo: difficile dare torto a chi afferma che qualche giornalista dovrebbe cambiare mestiere."
Lascio ai lettori senza pregiudizi, che vogliono andare a fondo della questione, di sentire o meglio leggere le vere dichiarazioni delle persone coinvolte senza fidarsi troppo dei riassunti o delle interpretazioni di alcuni giornali e giornalisti sempre pronti a sparare e sparlare quando si tratta di Chiesa, Papa, Vescovi ecc.
Lettera di Benedetto XVI sul dialogo tra culture e religioni - Le radici cristiane dell'Europa sono vive - Un continente solidale e accogliente per le sfide dell'epoca post-moderna - Il tema del dialogo tra culture e religioni è oggi "una priorità" per l'Europa. Lo afferma il Papa in un messaggio in occasione della giornata di studio organizzata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura. – L’Osservatore Romano 9-10 Dicembre 2008
Al Signor Cardinale
Jean-Louis Tauran
Presidente del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso
e all'Arcivescovo
Gianfranco Ravasi
Presidente del Pontificio Consiglio
della Cultura
Desidero innanzitutto esprimere viva soddisfazione per l'iniziativa congiunta del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e del Pontificio Consiglio della Cultura, che hanno voluto organizzare una Giornata di Studio dedicata al tema: Culture e Religioni in dialogo, quale partecipazione della Santa Sede all'iniziativa dell'Unione Europea, approvata nel dicembre 2006, di dichiarare l'anno 2008 "Anno europeo del dialogo interculturale". Saluto cordialmente, insieme con i Presidenti dei Pontifici Consigli menzionati, i Signori Cardinali, i venerati Fratelli nell'Episcopato, gli Eccellentissimi Membri del Corpo Diplomatico accreditati presso la Santa Sede, nonché i Rappresentanti delle varie Religioni e tutti i partecipanti a questo significativo incontro.
Già da molti anni l'Europa ha preso coscienza della sua sostanziale unità culturale, nonostante la costellazione di culture nazionali che ne hanno modellato il volto. È bene sottolinearlo: l'Europa contemporanea, che si affaccia sul Terzo Millennio, è frutto di due millenni di civiltà. Essa affonda le sue radici sia nell'ingente e antico patrimonio di Atene e di Roma sia, e soprattutto, nel fecondo terreno del Cristianesimo, che si è rivelato capace di creare nuovi patrimoni culturali pur recependo il contributo originale di ogni civiltà. Il nuovo umanesimo, sorto dalla diffusione del messaggio evangelico, esalta tutti gli elementi degni della persona umana e della sua vocazione trascendente, purificandoli dalle scorie che offuscano l'autentico volto dell'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio. Così, l'Europa ci appare oggi come un prezioso tessuto, la cui trama è formata dai principi e dai valori scaturiti dal Vangelo, mentre le culture nazionali hanno saputo ricamare una immensa varietà di prospettive che manifestano le capacità religiose, intellettuali, tecniche, scientifiche e artistiche dell'Homo europeus. In questo senso possiamo affermare che l'Europa ha avuto e ha tuttora un influsso culturale sull'insieme del genere umano, e non può fare a meno di sentirsi particolarmente responsabile non solo del suo futuro ma anche di quello dell'umanità intera.
Nel contesto odierno, in cui sempre più spesso i nostri contemporanei si pongono le domande essenziali sul senso della vita e sul suo valore, appare più che mai importante riflettere sulle antiche radici dalle quali è fluita linfa abbondante nel corso dei secoli. Il tema del dialogo interculturale e interreligioso, perciò, emerge come una priorità per l'Unione europea e interessa in modo trasversale i settori della cultura e della comunicazione, dell'educazione e della scienza, delle migrazioni e delle minoranze, fino a raggiungere i settori della gioventù e del lavoro.
Una volta accolta la diversità come dato positivo, occorre fare in modo che le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento. Il mio Predecessore, il servo di Dio Paolo vi, indirizzandosi ai cattolici, enunciava in questi termini la sua profonda convinzione: "La Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui essa vive. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa conversazione" (Enc. Ecclesiam suam, n. 67). Viviamo in quello che si suole chiamare un "mondo pluralistico", caratterizzato dalla rapidità delle comunicazioni, dalla mobilità dei popoli e dalla loro interdipendenza economica, politica e culturale. Proprio in quest'ora, talvolta drammatica, anche se purtroppo molti Europei sembrano ignorare le radici cristiane dell'Europa, esse sono vive, e dovrebbero tracciare il cammino e alimentare la speranza di milioni di cittadini che condividono i medesimi valori.
I credenti, dunque, siano sempre pronti a promuovere iniziative di dialogo interculturale e interreligioso, al fine di stimolare la collaborazione su temi di interesse reciproco, come la dignità della persona umana, la ricerca del bene comune, la costruzione della pace, lo sviluppo. A tale proposito, la Santa Sede ha voluto dare un rilievo particolare alla propria partecipazione al dialogo ad alto livello sulla comprensione fra le religioni e le culture e sulla cooperazione per la pace, nel quadro della 62 Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4-5 ottobre 2007). Per essere autentico, un tale dialogo deve evitare cedimenti al relativismo e al sincretismo ed essere animato da sincero rispetto per gli altri e da generoso spirito di riconciliazione e di fraternità.
Incoraggio quanti si dedicano alla costruzione di un'Europa accogliente, solidale e sempre più fedele alle sue radici e, in particolare, esorto i credenti affinché contribuiscano non solo a custodire gelosamente l'eredità culturale e spirituale che li contraddistingue e che fa parte integrante della loro storia, ma siano ancor più impegnati a ricercare vie nuove per affrontare in modo adeguato le grandi sfide che contrassegnano l'epoca post-moderna. Tra queste, mi limito a citare la difesa della vita dell'uomo in ogni sua fase, la tutela di tutti i diritti della persona e della famiglia, la costruzione di un mondo giusto e solidale, il rispetto del creato, il dialogo interculturale e interreligioso. In questa prospettiva, faccio voti per la buona riuscita della Giornata di Studio in programma ed invoco su tutti i partecipanti l'abbondanza delle benedizioni di Dio.
Dal Vaticano, 3 dicembre 2008
(©L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2008)
Chiesa e diritti umani - Quando la corsa alle vittime oscura la realtà - di Lucetta Scaraffia – L’Osservatore Romano, 9 -10 Dicembre 2008
Nei giorni scorsi la Chiesa cattolica, per il suo rifiuto di accettare documenti proposti al voto delle Nazioni Unite, è stata sottoposta a pesanti critiche, accusata addirittura di volere la persecuzione legale dell'omosessualità e di non appoggiare nemmeno una convenzione sui disabili che dovrebbe migliorare la loro vita quotidiana e l'accettazione da parte della società. Sarebbe quindi colpevole, per molti, di avere infierito su gruppi sociali deboli e perseguitati. Un'immagine negativa, quindi, del tutto contraria a quella di istituzione caritatevole e attenta a difendere i più deboli che emerge da buona parte della sua storia. La spiegazione delle vere motivazioni che hanno obbligato la Chiesa a non aderire a queste proposte - che contenevano molti elementi positivi, ma insieme ad altri inaccettabili per la morale cattolica, come la possibilità di aborto per i disabili e l'accreditamento del matrimonio per le persone omosessuali, con conseguente apertura all'adozione e alla procreazione artificiale - alla fine non è stata quasi considerata, anche quando questa spiegazione è stata riportata fedelmente. In particolare i media non hanno in realtà dato conto del testo della proposta francese sull'omosessualità, che pure è breve, un testo da cui si sarebbe facilmente capito che l'inserimento in esso di termini come "discriminazioni" e "pregiudizi", accanto a parti ovviamente del tutto condivisibili come l'elenco dei comportamenti che le Nazioni Unite devono denunciare ("arresto o detenzione arbitrarie, pena di morte", "trattamenti crudeli, inumani e degradanti"), rendeva di fatto questo documento uno strumento per introdurre, nel contesto dei diritti umani da rispettare obbligatoriamente, anche il matrimonio per le persone omosessuali, e di conseguenza l'adozione di figli o la procreazione assistita.
Questa formulazione ambigua del testo ha dato modo di denunciare la supposta "crudeltà" della Chiesa cattolica verso un gruppo considerato debole, con un'accusa che si va a sommare, nell'opinione pubblica, ad altre analoghe che già erano state costruite ad arte e diffuse nel corso degli ultimi anni. Con il risultato di rappresentare un'istituzione che sarebbe senza pietà: al dolore dei malati, di cui si afferma che potrebbero guarire con lo sviluppo della ricerca sulle cellule staminali embrionali, o a quello di quanti si dice che vorrebbero essere liberati delle loro sofferenze con la morte, questa istituzione opporrebbe infatti solo rifiuti. Si tratta naturalmente di abili manipolazioni, che mascherano la verità degli intenti e i motivi autentici di questi atteggiamenti, ma che danneggiano gravemente l'immagine della Chiesa, percepita sempre più spesso dall'opinione pubblica come dura e priva di carità, pur di rimanere fedele a istanze dogmatiche.
È questo il prezzo che la Chiesa cattolica paga per essere nel mondo l'unica istituzione importante che si oppone ragionevolmente a pratiche e provvedimenti contrari alla dignità di tutti gli esseri umani, l'unica cioè che indica senza stancarsi quali sono le vere vittime: non soltanto gli omosessuali quando sono discriminati, ma anche e soprattutto i figli che essi vogliono o vorrebbero avere, non soltanto le donne che abortiscono o sono costrette ad abortire, ma anche e soprattutto i feti privati della possibilità di nascere, non soltanto i malati, ma anche e soprattutto gli embrioni a cui viene impedito lo sviluppo vitale.
Come ha scritto il filosofo francese Marcel Gauchet, dopo la caduta delle ideologie, la fede nell'avvenire è stata rimpiazzata dall'indignazione o dalla colpevolezza, cioè dalla "tirannia impotente dei buoni sentimenti". Per cui non importa tanto la ricerca della giustizia e della verità, ma piuttosto la capacità di riuscire a rappresentarsi come vittime. Gli esempi sono molti: uno particolarmente calzante l'ha ricordato Nicoletta Tiliacos sul sito "Più voce". Nel marzo 2007, a una riunione della commissione dell'organismo delle Nazioni Unite che si occupa della situazione femminile nel mondo, nessun Paese europeo - come anche, ovviamente, quelli asiatici direttamente chiamati in causa - "volle appoggiare la richiesta avanzata dalla delegazione americana perché fosse inserita nel documento finale una chiara condanna dell'infanticidio e dell'aborto finalizzato alla selezione del sesso del nascituro". E questo nel timore di mettere in discussione i cosiddetti diritti riproduttivi delle donne, considerati ben più degni di tutela della vita di milioni di bambine, con una scelta tra vittime per lo meno discutibile. Un esempio, fra tanti, della realtà nascosta dietro quella che si vorrebbe presentare come una gara fra chi è più pietoso e più buono.
(©L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2008)
Thomas Merton a quarant'anni dalla morte - Lo studente dissoluto che divenne trappista - di Piero Viotto – L’Osservatore Romano, 9 -10 Dicembre 2008
Persona dai mille interessi questo monaco americano Thomas Merton (1915-1968), nato in Francia da genitori di religione anglicana, entrambi artisti dediti alla pittura, che trascorre l'adolescenza in Nuova Zelanda e che frequenta gli studi liceali a Parigi e a Roma; che leggendo i libri di Gilson e di Maritain, si converte al cattolicesimo e nel 1938 diventa cistercense col nome di padre Luigi nella trappa di Nostra Signora del Getzemani nel Kentucky, dove nel 1948, ordinato sacerdote, diventa maestro dei novizi, scrive numerose poesie, racconta la sua esperienza contemplativa e nel 1968 muore a Bangkok dove si era recato per un incontro con i monaci buddisti. Una sequenza di date casuali attraverso cui passa la provvidenza di Dio, paziente nel rispettare la libertà dell'uomo.
Ho avuto modo di consultare la corrispondenza di Merton, purtroppo ancora inedita, con il monaco cistercense Jean Leclerc e con il filosofo francese Jacques Maritain, assidui frequentatori della trappa del Getzemani, rintracciando fra questi tre protagonisti della cultura cattolica del '900 una condivisione di convinzioni profonde sul significato della contemplazione e della letteratura, della religione e della politica, mentre sono impegnati nel travaglio della vita quotidiana a testimoniare la verità negli ambienti culturali più diversi. Merton in una lettera a Leclerc si confessa: "Ovviamente sono quello che sono, ed il mio temperamento rimane sempre quello dello scrittore, lo scrivere è profondamente radicato nella mia natura e non posso illudermi che sarà molto facile rinunciarvi. Ma almeno potessi sottrarmi al pubblico e alla fama! Si tratta di due elementi non necessariamente connessi all'istinto dello scrivere. Ma tutto l'insieme tende a corrompere la purezza del proprio spirito di fede, oscura la chiarezza del proprio senso di Dio e delle cose divine, vizia il proprio senso della realtà spirituale, finché ci si immagina nell'atto di compiere qualcosa si tende a diventare ricchi ai propri occhi. Invece, dobbiamo essere poveri e vivere soltanto di Dio, sia che scriviamo, sia che facciamo qualsiasi altra cosa. È giunta l'ora per me di immergermi più profondamente in quella povertà... il concetto autentico della vita solitaria è quello di vivere in diretta dipendenza da Dio e nella costante contemplazione della nostra povertà e debolezza... È vero, bisogna procedere senza sostegni; bisogna imparare a camminare sull'acqua. E tuttavia mi piace credere che la Chiesa mi stia comunque sostenendo, e che io non stia deviando per una tangente del tutto personale" (11 agosto 1955).
Merton incontra Maritain quando è ancora giovane studente alla Columbia University di New York, riparato in America dopo avere abbandonato gli studi di letteratura a Cambridge, rovinati dalla sua condotta indisciplinata e dissoluta. Glielo presenta un docente che tiene lezioni sulla filosofia su san Tommaso e Duns Scoto; si incontrano al "Catholic Book Club" ed è un incontro casuale che sta all'origine di una lunga amicizia. Un passo de La montagna dalle sette balze ricorda questo incontro: "Con Maritain scambiai solo poche parole convenzionali, ma da quel francese gentilissimo, un po' curvo e con molti capelli grigi, ricevetti un'impressione di una immensa benevolenza, di semplicità e di bontà. Questo era sufficiente, non era più necessario parlargli, mi allontanai con una profonda sensazione di conforto al pensiero che sulla terra vi fossero ancora persone come lui, con la speranza che in qualche modo mi avrebbe ricordato nelle sue preghiere". Merton si converte, scrive libri sulla sua esperienza di monaco, che hanno un notevole successo, basti ricordare Semi di contemplazione. Maritain, in una conferenza alla Settimana degli intellettuali cattolici tenuta a Parigi nel 1949, Le vie della fede, sottolinea l'importanza della contemplazione e della vita spirituale in un mondo dominato dall'economia e dalla tecnica, e cita Merton: "Permettetemi di ricordare il fatto che un libro sulla contemplazione, scritto da un poeta che si è fatto trappista, è venduto negli Stati Uniti a migliaia di copie, ciò significa che il Paese più attivo del mondo è travagliato da un oscuro desiderio di contemplazione". Non solo cita lo scrittore americano, ma convince Charles Journet a fare tradurre e pubblicare in Francia un libro sulla Eucarestia, Pane vivo, che Merton aveva scritto nel 1955 a richiesta del movimento dei sacerdoti che si impegnano nell'adorazione quotidiana del Santissimo Sacramento. La stima è reciproca, coinvolge anche Raissa Maritain, di cui Merton traduce in inglese alcune poesie della raccolta Nel cavo della roccia.
Jean Leclerc, invece non ha avuto modo di conoscere Maritain di persona, ma ne studia le opere e nella sua autobiografia Di grazia in grazia ricorda: "Contemplazione e umanesimo, questo era anche il tema del libretto di Maritain, Religione e cultura, che affascinava la nostra giovinezza di novizi benedettini del primo terzo del xx secolo. Ciò che ci aiutava a fare la sintesi tra la cultura umanistica e il desiderio di Dio erano questi libretti di Maritain, poeta, artista e mistico. Sullo sfondo si trovava sempre Raissa, che in quegli anni traduceva il trattato I doni dello Spirito Santo".
Tutti e tre, Merton, Leclerc e Maritain, concordano nel distinguere senza separare l'esperienza poetica e l'esperienza mistica, la letteratura e la religione, nell'unità della vita spirituale. La prima è di modo naturale, secondo la sensibilità del poeta, mentre la seconda è di modo soprannaturale, e implica la fede e i doni dello Spirito Santo. L'esperienza mistica si manifesta in atti immanenti nella soggettività dello spirito e riguarda direttamente Dio, l'esperienza poetica si esprime nell'oggettività di un'opera d'arte, e solo indirettamente riguarda Dio. Non si confonda il poeta con il santo, anche se si può passare dal raccoglimento poetico al raccoglimento mistico e spesso il mistico si esprime con immagini poetiche. Infatti, per una certa legge del superamento, ciò che è perfetto in un campo tende a debordare sul campo superiore e la poesia apre alla mistica, come si può constatate in san Giovanni della Croce e in santa Caterina da Siena.
Anche nell'arte Maritain e Merton si trovano coinvolti, perché l'artista americano William Congdon, che dopo la conversione avvenuta nel 1959 è vissuto in Italia tra Assisi e Subiaco, si ispira a loro nella creazione artistica, considerandola come una forma di preghiera che avvia alla contemplazione dell'Assoluto. L'artista chiede nel 1961 a loro due la prefazione al catalogo Il mio disco d'oro: itinerario a Cristo. Merton ne approfitta per sottolineare come anche l'arte contemporanea possa esprimere attraverso la bellezza il messaggio cristiano e scrive: "Lo spettatore religioso, che ignora l'arte contemporanea ma è devoto alla sua religione, può rallegrarsi perché anche l'arte astratta è entrata al servizio della Chiesa, e dovrebbe gioiosamente ricordare che il sabato fu fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato", ancora una volta viene affermata l'autonomia dell'arte e della poesia nelle sue relazioni di reciprocità con la religione.
Anche la musica moderna è compatibile con l'esperienza cristiana. John Howard Griffin, che nel 1966 accompagna Maritain nella trappa del Kentucky, dove il monaco negli ultimi anni viveva in una baracca nel bosco, . ricorda: "Merton ci parla del suo lavoro; sta facendo uno studio su Bob Dylan. Ci ha spiegato che Dylan è una voce nuova, importante, un poeta e autore di canzoni. Merton ci ha dato una dimostrazione facendoci ascoltare il disco Highway 61. La musica è risuonata a pieno volume dentro la grande foresta di pini. Merton ci ha detto che il padre abate gli aveva permesso di tenere il fonografo e i dischi per le ricerche relative a un articolo e che ben presto avrebbe dovuto restituirli. La musica gli procurava un gran godimento e lui ci traduceva le parole che ci sfuggivano quasi tutte, sommerse dall'accompagnamento".
Ma bisogna rilevare che anche le questioni politiche dei diritti dell'uomo e della pace tra i popoli sono affrontati in queste corrispondenze. Leclerc sottolinea come la grandezza di Maritain consista nella conciliazione "tra l'obbedienza della fede e la libertà di pensiero, tra un atteggiamento contemplativo e un servizio disinteressato alla giustizia e alla pace tra gli uomini". Merton dalla sua trappa si interessa ai problemi sociali che affliggono l'America. Critica l'intervento americano in Vietnam, combatte il razzismo, predica la non-violenza. Nel 1963 collabora a un numero monografico Il negro e la coscienza bianca della rivista "Ramparts" sui conflitti razziali. Maritain scrive a Journet, a riguardo dell'assassinio di John Fitzgerald Kennedy "vittima dei bianchi fanatici, nemici dell'integrazione, tutto questo è oscurato affinché i neri non sappiano che è morto per loro, affinché non ci sia un'occasione per la coscienza dei bianchi per risvegliarsi. Infine è un abominio di più che dona a questo assassinio il marchio della politica del demonio. Conoscevo tramite Merton e Griffin la gravità inaudita della questione razziale nel sud" (23 novembre 1963). Merton muore in Thailandia dove si era recato su invito di Leclerc per un incontro panasiatico, a cui erano stati invitati i rappresentanti dei monachesimi non cristiani. Poco prima aveva scritto "Ritengo che aprendosi al buddismo, all'induismo e alle grandi tradizioni asiatiche possiamo cogliere una meravigliosa opportunità per approfondire le potenzialità delle nostre stesse tradizioni". È l'atteggiamento di un dialogo interreligioso, che anche Maritain e Journet sostengono per una comprensione che non rinuncia alla propria identità, ma riconosce i valori insiti nelle tradizioni altrui, e cerca la via per diffondere il Vangelo nelle culture più diverse. Letteratura, poesia, arti figurative, politica, filosofia nella vita inquieta di Thomas Merton, ma alla radice c'è sempre la contemplazione come incontro personale con Dio, da creatura a Creatore, come significa questa sua preghiera, molto esistenziale, perché l'idea di essere è solo il nome astratto di Dio: "Io, Signore Iddio, non ho nessuna idea di dove sto andando. Non vedo la strada che mi sta davanti. Non posso sapere con certezza dove andrò a finire. Secondo verità, non conosco neppure me stesso e il fatto che penso di seguire la tua volontà non significa che lo stia davvero facendo. Ma sono sinceramente convinto che in realtà ti piaccia il mio desiderio di piacerti e spero di averlo in tutte le cose, spero di non fare mai nulla senza tale desiderio. So che, se agirò così, la tua volontà mi condurrà per la giusta via, quantunque io possa non capirne nulla. Avrò sempre fiducia in te, anche quando potrà sembrarmi di essere perduto e avvolto nell'ombra della morte. Non avrò paura, perché tu sei con me e so che non mi lasci solo di fronte ai pericoli".
(©L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2008)
USA/ La scuola secondo Obama - Lorenzo Albacete - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Tra le nomine del presidente eletto Obama per il suo governo, una delle più attese riguarda il prossimo Segretario all’Educazione. Il Partito Democratico è molto diviso sulla questione e la decisione di Obama è attesa con ansia.
Da una parte ci sono i cosiddetti riformatori che sostengono cose come incentivi per gli insegnanti meritevoli, le scuole parificate e una verifica accurata dei risultati. Dall’altra parte, ci sono i sindacati degli insegnanti e gli appartenenti all’establishment accademico e ministeriale. Costoro chiedono un incremento della spesa, classi meno numerose e qualche riforma. Durante la campagna presidenziale, Obama ha oscillato tra le due parti, ma ora deve operare la scelta su chi porterà avanti la politica dell’istruzione nella sua amministrazione.
La persona posta da Obama alla testa della squadra di transizione è Darling-Hammond, un professore della Stanford University spesso critico nei confronti delle strategie riformiste, ma i circoli più vicini a Obama hanno assicurato gli allarmati riformisti sul suo appoggio a molte delle loro posizioni.
L’umore nel Paese è attualmente favorevole ai riformisti. La settimana scorsa Newsweek Magazine ha dedicato il suo articolo di copertina a Michelle Rhee, responsabile del sistema di scuole pubbliche di Washington DC, un’importante riformista. Anche le scuole pubbliche di New York sono guidate da un riformista, Joel Klein.
La questione principale è la valutazione dei risultati e ogni tentativo di indebolire ciò che stanno facendo i riformisti viene interpretato come una sconfitta per le riforme. Le speranze dei riformisti sono ora centrate su un amico personale di Obama, Arne Duncan, alla guida delle scuole pubbliche di Chicago. Se non verrà scelto Duncan, o un altro riformista, Obama deluderà seriamente molti di quelli che hanno creduto nella sua promessa di un cambiamento reale.
È interessante notare che le discussioni sull’educazione riguardano la valutazione dei risultati, gli incentivi, i licenziamenti, gli avanzamenti di carriera, le abilità nello scrivere, nel leggere, nella matematica o nelle scienze, i corsi economicamente profittevoli, etc. Niente viene detto sugli insegnamenti umanistici, specialmente sui contenuti dell’insegnamento della storia, dell’educazione civica e della responsabilità sociale.
Una delle spiegazioni a questo fatto è che per tradizione il governo federale non può stabilire i contenuti dell’insegnamento nelle scuole pubbliche, che sono tutte gestite localmente. Un’altra ragione è il modo pragmatico con cui viene intesa l’istruzione in questo Paese.
Tuttavia, la guerra culturale è arrivata nel sistema pubblico della scuola elementare e secondaria a causa delle regole del “politicamente corretto” incluse nei requisiti per accedere alle sovvenzioni federali. Per esempio, il revisionismo storico (che sembra risultare nell’espunzione del fatto cristiano dalla formazione della civiltà occidentale) è già influente in molte università ed è pronto a entrare anche nella scuola superiore.
Se questa questione non viene affrontata, finisce per non avere molta importanza chi verrà nominato come Segretario all’Educazione. In effetti, insegnanti incompetenti potrebbero essere alla fine preferibili.
ELUANA/ La Corte Europea ascolti il grido di chi poterebbe essere travolto da una sentenza incivile - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 - IlSussidiario.net
Claudio Taliento è Vicepresidente dell’Associazione Risveglio Onlus, che opera sul territorio di Roma, e che fa parte della Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico. Ma, oltre a questo, è marito di Ada Rossi, una donna che da alcuni anni vive in stato vegetativo, esattamente come Eluana. La cura, la veste, le dà da mangiare, la porta a messa e a passeggio. Rappresenta cioè uno dei tanti uomini impegnati personalmente nella difesa della dignità della vita, che chiedono che sia assicurato loro il diritto di continuare in questa difficile lotta quotidiana.
Una lotta che può essere messa profondamente in crisi da una sentenza «barbara e incivile» come quella sul caso Englaro. Motivo per cui questa ed altre associazioni hanno presentato un ricorso presso la Corte Europea dei diritti dell’uomo. E non è detto che la risposta dalla Corte, le cui conseguenze in caso di accoglimento sarebbero notevoli, tardi ad arrivare.
Dottor Taliento, qual è l’attività principale della vostra Associazione?
La missione generale della Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico è quella di muoversi sul fronte della gravi cerebrolesioni acquisite, dietro le quali ci sono le patologie dello stato vegetativo, dello stato di minima coscienza e della Locked-in Syndrome, che sono la summa delle disabilità. Coloro che escono da queste condizioni – sono casi rari ma ci sono – mantengono condizioni di disabilità gravissime e quindi necessitano di essere seguiti con grande attenzione.
Quello che si avverte, in tutta la discussione intorno al caso Englaro, è una certa approssimazione: la gente non sa bene di cosa parla quando usa i termini “coma” o “stato vegetativo”. Di cosa si tratta precisamente?
La cosa fondamentale è innanzitutto distinguere tra il coma e lo stato vegetativo: l’uno esclude l’altro. In effetti spesso, parlando di Eluana, si è parlato a sproposito di coma, o addirittura si sono usate espressioni del tutto prive di significato come “coma vegetativo”; per cui è bene chiarire. Il coma non ha né coscienza né vigilanza; nello stato vegetativo invece c’è la vigilanza, cioè c’è il ciclo sonno-veglia, ma c’è mancanza di coscienza. Il coma poi è un periodo transitorio che può durare solo qualche settimana, da cui si esce. E ci sono tre modi per uscire dal coma: o per morte; o perché il soggetto ripercorre i gradini del coma e si riprende, con danni più o meno gravi; o perché passa a stato vegetativo. Dallo stato vegetativo si può uscire in un arco che statisticamente dovrebbe accadere in 12 mesi. Più avanti diminuiscono le possibilità.
Quindi dallo stato vegetativo si potrebbe non uscire mai
Sì, ma dobbiamo affermare con forza che non esiste scientificamente la possibilità di stabilire una forma irreversibile. Fermo restando che statisticamente il tempo non gioca a favore, e che se passano tanti anni la possibilità di risveglio cala, dobbiamo però ricordare con chiarezza che non esista alcuna certezza. E lo dimostra il fatto che ci sono stati casi di risveglio anche oltre i 19 anni. Casi eccezionali, certamente, ma ci sono stati.
Voi seguite anche le famiglie che si trovano a dover gestire queste difficili condizioni: cosa fate?
La nostra missione è seguire e famiglie e collaborare con le istituzioni affinché queste possano seguire un percorso sanitario e sociale. Bisogna infatti sostenere certamente le persone che cadono in questo stato, ma è altrettanto importante sostenere coloro che le accudiscono. Un problema grave, infatti, è che non esiste un percorso istituzionalizzato dal punto di vista sanitario, e non esistono nemmeno strumenti di supporto dal punto di vista sociale. Non dimentichiamo che stiamo parlando per lo più di famiglie giovani, che rischiano l’emarginazione e la povertà, in quanto disposte a fare di tutto. Bisogna far sì che possano continuare a fare la propria vita, e al tempo stesso assistere i loro cari in condizioni di grave disabilità. Oggi come oggi nel 75% dei casi un familiare di un disabile grave lascia il lavoro. È per questo che stiamo facendo un’importante iniziativa con il Ministero della Salute: il “Libro bianco” degli stati vegetativi, perché si possa realizzare una rete di carattere nazionale per rispondere a questa esigenza sociale.
Veniamo alla sentenza sul caso Englaro: qual è il suo giudizio?
Questa sentenza dal punto di vista giuridico posa su basi d’argilla. Da un parte di dà per scontata l’irreversibilità della condizione di Eluana, e come abbiamo detto dal punto di vista scientifico questa affermazione è falsa; dall’altra, ci si basa su una manifestazione di volontà che non ha fondamento. Chi di noi non direbbe una frase come quella che si attribuisce ad Eluana? Ma il problema è che un’affermazione che non può essere attualizzata.
Si dice che Eluana non proverà dolore se le verrà staccato il sondino: è così?
Le persone in stato vegetativo provano dolore: in forma non convenzionale, ma lo provano, e lo manifestano. Per conoscerlo bisogna stare con loro: muovono gli occhi, serrano la bocca, muovono gli arti, aumentando la loro spasticità. Ma a parte questo, anche nei casi in cui non si manifesta nessuna spasticità, comunque quel che è certo è che scientificamente non siamo assolutamente in grado di dire che non provano dolore.
La vostra associazione, insieme ad altre, ha presentato un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo: perché questa iniziativa?
Per difenderci dalle conseguenze terribili di questa sentenza. Per prima cosa si condanna a morire per fame e per sete una giovane ragazza. E questa è con tutta evidenza una barbarie. In secondo luogo la cosa preoccupante è che tutta la decisione viene lasciata al tutore – che potrebbe essere chiunque – e a un magistrato. D’ora in poi, facendo leva su questa sentenza, tutore e magistrato possono prendere decisioni analoghe sulla base di una testimonianza di chicchessia. E questo potrebbe essere allargato su tutto il fronte di chi non è incapace di intendere e di volere: pensiamo ad esempio ai malati di Alzheimer. Quindi si sono messe tutte le altre famiglie in difficoltà; tutte le persone con grave disabilità hanno ora sulla testa una spada di Damocle, in quanto potenzialmente sopprimibili. E anche noi che curiamo abbiamo una posizione diversa di fronte alla società: chi ora mi vede andare in giro con mia moglie potrebbe pensare che sono una persona malvagia, perché la costringo a stare in quella situazione. Potremmo diventare noi gli insensibili.
Ci dica di sua moglie.
Quello che posso dire è che mia moglie non ha perso la sua qualità di persona: è moglie, madre, sorella, amica, collega. Ha anche lei una sua piccola vita sociale: alla domenica andiamo a messa, e quando c’è bel tempo andiamo al mare a fare delle passeggiate, anche se lei è in carrozzina. Molti non lo sanno, ma coloro che sono in stato vegetativo non sono sempre a letto, e possono stare in poltrona o in carrozzina. Insomma, mia moglie ha una sua quotidianità.
SCUOLA/ Secondo "La Repubblica" è incostituzionale finanziare le paritarie: ma è proprio vero? - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
«Per rispondere alle esigenze delle scuole cattoliche butteremo alle ortiche l’articolo 33 della Costituzione?». Così Miriam Mafai su Repubblica del 6 dicembre. Il dettato costituzionale – e non solo secondo Mafai – escluderebbe dunque in maniera esplicita la possibilità di effettuare finanziamenti alle scuole pubbliche a gestione privata.
È proprio così? L’analisi degli Atti del dibattito svoltosi nell’Assemblea Costituente su quello che è divenuto poi l’articolo 33 della Carta costituzionale entrata in vigore il 1° gennaio 1948 può aiutare forse a comprendere le reali intenzioni degli autori dell’articolo, e quindi le direttive in esso contenute.
L’assemblea fu teatro di un aspro dibattito tra i rappresentanti dell’area social-comunista, incline ad affidare allo Stato il completo controllo del sistema educativo nazionale, e gli eletti nelle file della Democrazia Cristiana, favorevoli ad attribuire allo Stato una funzione sussidiaria rispetto alla responsabilità educativa delle famiglie.
Nella dichiarazione introduttiva alla sua relazione «sui principii costituzionali riguardanti la cultura e la scuola», il deputato comunista Concetto Marchesi sosteneva che l’intero sistema scolastico nazionale dovesse «appartenere allo Stato»: «tutta la organizzazione scolastica ed educativa», dall’istruzione primaria a quella universitaria, sia pubblica che privata, doveva ricadere «sotto il suo controllo»[1]. I partiti di sinistra non respingevano la possibilità di istituire istituti scolastici privati «sotto la vigilanza ed il controllo dello Stato e nei limiti della legge»[2], tuttavia la DC richiedeva che tale libertà fosse «effettiva», come ebbe a dire Dossetti. Secondo Moro e Dossetti, la semplice concessione del diritto giuridico a istituire enti a gestione privata avrebbe costituito la premessa per un monopolio di fatto della scuola pubblica. Il deputato reggiano precisava che non era intenzione dei democristiani rivendicare per la scuola non statale una posizione di privilegio: si voleva però «escludere una posizione di privilegio e anzi di monopolio per la scuola statale […]. La fiducia lo Stato non se la deve meritare precostituendo una posizione di privilegio per la sua scuola, ma organizzando la scuola in condizioni di libera concorrenza con la scuola privata, e facendo sì che la sua scuola sia migliore di quella privata»[3].
Un accordo tra le parti fu raggiunto sul testo di un emendamento firmato da democristiani, socialisti, comunisti ed esponenti di altri partiti, che sarebbe poi entrato a far parte del testo definitivo della Costituzione come articolo 33. Prima del termine del dibattito, però, venne presentato un ulteriore emendamento firmato da numerosi esponenti dello schieramento laico (dal comunista Marchesi al repubblicano Pacciardi, dal liberale Corbino all’azionista Codignola), che proponeva di aggiungere le parole: «senza oneri per lo Stato».
Dinanzi alle proteste del democristiano Gronchi, alcuni dei firmatari intervennero per precisare l’intento dell’emendamento. Corbino dichiarò: «Noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati; diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato. È una cosa diversa: si tratta della facoltà di dare o non dare». Codignola ebbe a precisare che «con questa aggiunta, non è vero che si venga ad impedire qualsiasi aiuto dello Stato a scuole professionali (citate da Gronchi nel suo intervento, NdR): si stabilisce solo che non esiste alcun diritto costituzionale a chiedere tale aiuto. Questo è bene chiarirlo»[4]. L’emendamento cioè precisava che lo Stato non è tenuto a intervenire, come avverrebbe nel caso in cui la Costituzione sancisse per le scuole a gestione privata un diritto a ricevere sussidi pubblici, ma non escludeva affatto che lo Stato possa erogare dei finanziamenti, se gli organi competenti lo stabiliscono. Se ne dovrebbe desumere che, in base al dettato costituzionale interpretato alla luce delle intenzioni originali dei padri costituenti, non è legittimo definire "incostituzionale" un intervento pubblico a favore delle scuole a gestione privata.
L’emendamento (inserito nel testo definitivo e dunque attualmente in vigore) va perciò letto in tal senso[5]. È quanto sostenuto anche dall’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida nella sua intervista a ilsussidiario.net dello scorso 5 giugno: «Il diritto di creare scuole non dà diritto ad usufruire di finanziamenti pubblici, ma appunto è un diritto che si deve esercitare senza oneri per lo Stato. Il che non significa che lo Stato non possa, in relazione a circostanze concrete, ad aspetti oggettivi, a utilità sociali, disporre e prevedere anche forme di finanziamento facoltativo»[6].
(Francesco Tanzilli)
[1] Atti della Commissione per la Costituzione, vol. II, pag. 35.
[2] Ibid., pag. 44.
[3] La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, Roma, Camera dei Deputati – Segretariato generale, 1970, vol. VI, pag. 579.
[4] Ibid., vol. II, p. 1284.
[5] Si veda anche V. Falzone – F. Palermo – F. Cosentino, La Costituzione della Repubblica italiana, Milano, Mondadori, 1976, pag. 119.
[6] http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=2573.
CONVEGNO/ A 60 anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, una sfida per l’Europa - Redazione - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Oggi a Milano, nell’anniversario dei sessant’anni dalla promulgazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, il Convegno organizzato dall’Ares (Associazione Ricerche e Studi) dal titolo «Per l’Europa dei diritti. Dalla Dichiarazione universale ai nuovi scenari», ospiti Mario Mauro, Letizia Moratti, Oscar Giannino, Gloria Riva, Luciano Garibaldi, Gianfranco Morra, Mons. Luigi Negri.
Perché ragione e fede debbono rappresentare il fondamento dell’Europa?
Al quesito risponderà monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino e Montefeltro, ponendo in rilievo come la laicità dell’Occidente, ereditata dall’antica Grecia, abbia cessato di essere il fondamento della civiltà quando si è trasformata in semplice conoscenza degli oggetti, manipolazione degli oggetti, con la pretesa di escludere ogni altro tipo di conoscenza, dalla metafisica alla teologia. «È stato in questo modo - dice monsignor Negri, offrendo la sintesi della sua relazione - che la ragione, separata dalla fede, è diventata la fonte delle ideologie totalitarie e dei massacri che esse hanno provocato. E basterebbe ricordare la grande opera di Robert Conquest “Il secolo delle idee assassine”. Si può e si deve ricomporre la ragione - aggiunge monsignor Negri - con i sentimenti religiosi. Se la fede incontra la ragione, i contrasti saranno risolti; se invece incontra il razionalismo, essa sarà esclusa ed emarginata a svantaggio della comprensione e dell’amore».
Quale futuro per l’Europa?
Come avrà modo di dire Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo nel suo intervento, oggi il progetto europeo vive tante e tali contraddizioni che invece di essere presentato come una risposta positiva, appare tante volte di impaccio, come una sorta di raccapricciante insensato agglomerato, a tal punto da far esclamare a Benedetto XVI che è possibile l’apostasia dall’Europa stessa (cfr.87 Congresso su I 50 anni dei Trattati di Roma – Valori e prospettive per l’Europa di domani, promosso dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea il 25 marzo 2007). Apostasia intesa come allontanamento dalla propria storia, dalla propria natura, dalla propria radice culturale, dalla radice dell’esperienza di dialogo e di convivenza tra gli uomini, che pure ci ha regalato, importantissimi, oltre cinquant’anni di pace, di sviluppo e diritti. Se questo è il dato da cui partire per cercare di comprendere che cosa sta accadendo nell’evoluzione del sistema politico europeo dobbiamo puntare la nostra attenzione su un particolare; dobbiamo comprendere che di mezzo non c’è una dialettica politica fine a se stessa, ma la sopravvivenza stessa dell’esperienza di un popolo: il problema è «che cosa siamo noi» e «cos’è l’Europa».
L’Europa deve tornare a capire che la possibilità di costruire opzioni adeguate per l’uomo di oggi e di domani risiede nel rapporto tra diritto di natura e politica. Diversamente sempre più finiremo con l’infierire, non tanto sul quel progetto politico che chiamiamo Europa, ma sull’esperienza degli uomini che ne fanno parte. In questo senso diventa ancor più grave il tema delle radici cristiane, che non è un tema da ancorare alla velleità delle gerarchie ecclesiastiche, ma è il tema stesso della sopravvivenza dell’Europa. Oggi c’è l’occasione per un’intera società di ritrovare se stessa e di ritrovare la propria identità, la propria faccia, ma anche il proprio scopo, la ragione per cui siamo quello che siamo. Abbiamo il dovere di rispondere a questa sfida. Cosa abbiamo da offrire in termini, non solo di proposta di significato, ma anche di progetto politico e di esperienza per promuovere la convivenza tra i popoli? Cosa abbiamo da offrire se non siamo capaci di interrogarci sul fondamento di quello che ci lega? Il tema del futuro dell’Europa si pone a questo livello. Deve rispondere a questa sfida. Dobbiamo, vincendo la battaglia con fondamentalismi e relativismi, essere capaci di dire ciò che siamo e in che cosa crediamo. Per avere un’Europa migliore dobbiamo tornare a credere, lavorare, batterci per essa. L’Europa nasce cristiana, non possiamo lasciarla preda di mistificazioni e strumentalizzazioni.
Tra statalismo e liberismo, l’Europa della sussidiarietà
Lo sviluppato mondo europeo è in crisi. Secondo Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, né statalismo, né liberismo sembrano capaci di costruire una società in cui tutti possano beneficiare dell’aumentata prosperità ed essere al riparo dalle conseguenze nefaste di una crisi sociale ed economica. Il limite, sia dello statalismo che del liberismo, consiste in una idea di uomo riduttiva: un uomo incapace di mettere utilmente a frutto le sue potenzialità per il bene comune (statalismo) o capace solo di rapporti utilitaristici (liberismo).
Il principio di sussidiarietà è il modo di concepire la vita sociale ed istituzionale come espressione della capacità di bene delle singole persone e per questo costruisce – come ha sempre costruito - risposte più adeguate ai reali bisogni di tutti.
Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman padri cristiani dell’Europa
Gianfranco Morra, professore di sociologia nell’Università di Bologna, farà un profilo dei padri fondatori dell’Europa. Tutti e tre furono legati dalla scelta politica, il cristianesimo democratico, e dalla fede religiosa cattolica, professata e vissuta. I numerosi studi, che ne hanno ripercorso il cammino europeista, hanno tutti sottolineato come la loro singolare unità di intenti si basava su di una comune consapevolezza: che solo il cristianesimo può essere il cemento dell’unità europea.
Sempre l’impegno politico dei tre statisti ebbe come colonne portanti le fede cattolica e la dottrina sociale della Chiesa. Adenauer, formatosi nella grande tradizione del cattolicesimo renano, aveva militato prima nel Zentrum e più tardi nella democrazia cristiana (Cdu). De Gasperi aveva fatta propria, nel cattolicissimo trentino, la lezione del vescovo Endrici, che aveva cercato di tradurre politicamente prima nel Partito Popolare, poi nella Democrazia Cristiana. E Schuman si era nutrito della tradizione cattolica della Lorena e del suo vescovo, Willibord Benzler. Questa fede li rendeva insensibili alle lusinghe del nazionalismo (ma non all’amor di patria) e li apriva al sogno di una comunità delle nazioni europee. Uniti nella convinzione che il cemento unificatore dell’Europa è la tradizione cristiana.
Il riconoscimento di questa fondazione religiosa dell’Europa appare necessaria, a Schuman, anche per salvaguardare la democrazia dalle sue degenerazioni. Non si tratta di obbligare nessuno a professare una religione, ma di riconoscere, in senso più storico che confessionale, che Europa e Cristianesimo sono in binomio inscindibile.
Quali nuovi stragi si annunciano?
Partendo dai «padri» delle ideologie razziste (il francese De Gobineau e l’inglese Houston Steward Chamberlain) e proseguendo con le aberrazioni contenute nel «Mito del XX secolo» del tedesco Alfred Rosenberg, Luciano Garibaldi, giornalista, dimostrerà come queste basi pseudo-scientifiche, sempre osteggiate dalla Chiesa, siano all’origine della follia antisemita. Purtroppo, dai Lager ai Gulag il passo è stato breve. Ma ora che le due ideologie perverse del Novecento sono finalmente tramontate, un nuovo grido d’allarme arriva dall’Estremo Oriente dove, in Cina, nei Laogai, continuano le stragi di innocenti, sollecitate dall’orrenda pratica di espiantare gli organi dei condannati a morte per farne oggetto di mercato.
FEDE&RAGIONE/ Peter Hodgson, l'uomo per cui il cristianesimo ha posto le basi "necessarie per lo sviluppo della scienza" - Mario Gargantini - mercoledì 10 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Chi lo ha incontrato nei frequenti incontri pubblici in Italia, è rimasto colpito dalla sua disponibilità, dalla freschezza e dalla vivacità della sua testimonianza di scienziato appassionato della verità: il fisico inglese Peter E. Hodgson si è spento l’altro ieri, pochi giorni dopo aver compiuto l’ottantesimo compleanno. Negli ultimi anni veniva spesso in Italia per conferenze e seminari sui vari temi della scienza, della sua storia, delle sue applicazioni, sempre attento a far emergere la ricchezza di esperienza umana che si può sperimentare affrontando la scienza con sguardo aperto; ma anche con senso critico verso tutte le implicazioni coinvolte nell’impresa scientifica oggi.
Molti lo ricordano rivolgersi alla platea del Meeting di Rimini nel 2005, presentando la mostra di Euresis Sulle spalle dei giganti, con toni precisi ma chiari nel mettere in luce la concezione della realtà che è stata cruciale per il fiorire della scienza nel Medio Evo europeo: un sentimento del reale, anche nel suo livello sensibile, materiale, come di qualcosa di buono, di positivo, dotato di un suo ordine interno e disponibile a farsi conoscere dall’uomo. «A cosa bisogna credere per diventare uno scienziato? Che la materia sia bene e che valga la pena passare la vita a capire la materia nella sua complessità. Dobbiamo anche credere che la materia sia ordinata, cioè si comporti in maniera costante, coerente. […] E poi bisogna essere convinti che l’impresa che si è incominciata valga la pena di essere portata a termine».
La sua carriera scientifica aveva preso le mosse all’università di Londra per poi approdare nel 1958 a Oxford dove è rimasto per oltre trent’anni a capo del gruppo di fisica nucleare teorica: Dal 1963 era poi diventato Fellow del Corpus Christi College, sempre a Oxford, dove ha intensificato l’attività, già peraltro avviata da tempo, di ricerca, insegnamento e pubblicazioni in campo filosofico e teologico, affrontando vari aspetti del rapporto tra scienza ed esperienza religiosa. In questo senso era diventato membro e collaboratore di associazioni e istituzioni internazionali e in particolare aveva collaborato col Pontificio Consiglio della Cultura e con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
A Rimini nel 2005 aveva sorpreso il pubblico affermando, con la consueta ferma pacatezza, che «l’incarnazione di Cristo ha fornito ulteriori convinzioni per la scienza: ha spezzato l’idea che il tempo fosse ciclico, ha nobilitato la materia pensando che fosse adatta a formare il corpo e il sangue di Cristo; ha superato il panteismo, dichiarando che la materia è creata e non generata»; tutte convinzioni «necessarie per lo sviluppo della scienza». E una profonda riflessione sulle radici della scienza è anche, secondo Hodgson, alla base di ogni discorso sulle sue applicazioni e sui loro possibili pericoli.
Come fisico nucleare, lo scienziato inglese si è speso per spiegare a un pubblico più vasto possibile le potenzialità di questa fonte energetica, abbinando sempre alla chiarezza delle prospettive scientifiche, una forte sensibilità per l’uomo, per la sua dignità e per le sue aspirazioni alla pacifica e operosa convivenza. La sua infaticabile attività (stava ultimando alcuni libri sui suoi temi preferiti) lo ha portato a tessere relazioni e a incontrare scienziati e uomini di cultura in tutto il mondo. La sua amicizia e la sua saggezza mancheranno a molti.
A causa della crisi finanziaria - Un miliardo di persone soffrono la fame – L’Osservatore Romano, 9-10 Dicembre 2008
Roma, 9. L'aumento dei prezzi dei generi alimentari ha fatto crescere il numero delle persone affamate nel mondo: sono loro le prime vittime della crisi finanziaria. A renderlo noto oggi è il nuovo rapporto della Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura: dal 2007 il bilancio si è aggravato di quaranta milioni, passando da 923 a 963 milioni, quasi un miliardo. E intanto, dopo una settimana così difficile, le Borse mondiali guadagnano terreno, dopo l'annuncio del presidente eletto Barack Obama di un massiccio piano di investimenti per le infrastrutture.
"Per milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo - si legge nel rapporto della Fao - riuscire a mangiare ogni giorno una quantità di cibo sufficiente per poter condurre una vita attiva e sana è ancora un sogno lontano. I problemi strutturali della fame, come l'accesso alla terra, al credito ed all'occupazione, sommati ai prezzi sostenuti dei generi alimentari, continuano ad essere una spaventosa realtà", ha sottolineato Ghanem. I prezzi dei principali cereali sono calati di oltre il cinquanta per cento rispetto al picco raggiunto agli inizi del 2008, tuttavia rimangono alti rispetto agli anni precedenti. Nonostante il sensibile calo degli ultimi mesi, l'Indice Fao dei prezzi alimentari nell'ottobre 2008 era ancora un venti per cento più alto rispetto all'ottobre 2006. La stragrande maggioranza delle persone sottonutrite - circa 907 milioni - vive nei Paesi in via di sviluppo. Di questi, il 65 per cento risiede in soli sette Paesi: India, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Indonesia, Pakistan ed Etiopia.
Nel frattempo, le Borse mondiali hanno risposto positivamente all'annuncio di Barack Obama di un vasto piano di finanziamenti a favore delle infrastrutture e in attesa di un possibile accordo al Congresso per il salvataggio del settore automobilistico. Secondo fonti giornalistiche, infatti, un accordo tra i leader democratici al Congresso, l'amministrazione entrante e il presidente uscente George W. Bush avrebbe preso forma proprio ieri sera. "Un'intesa è molto probabile", ha detto lo speaker della Camera dei rappresentanti Dana Perino, aggiungendo che i "principi di base sono stati già concordati". Il piano dovrebbe prevedere nell'immediato uno stanziamento di 15 miliardi e l'affidamento della supervisione del salvataggio a una commissione speciale.
(©L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2008)