giovedì 18 dicembre 2008

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Riflessione di Benedetto XVI sul mistero del Natale - Intervento in occasione dell'Udienza generale - CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 17 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della catechesi pronunciata questo mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale svoltasi nell'aula Paolo VI.
2) Nuovo no all’eutanasia dai movimenti per la vita e per la famiglia europei - In un incontro a Strasburgo esprimono solidarietà per il Granduca di Lussemburgo - di Antonio Gaspari
3) Una bussola etica per la biomedicina - Conversazione sull'Istruzione vaticana “Dignitas personae” - ROMA/QUERÉTARO, mercoledì, 17 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Il 12 dicembre, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato un documento sui problemi etici che tratta anche della manipolazione genetica nelle fasi iniziali della vita umana.
4) Non si può stare a guardare! - Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - mercoledì 17 dicembre 2008 - Pubblichiamo il testo dell'Atto del Ministro Sacconi a proposito del caso Eluana: facciamo sentire la nostra volontà di difendere la vita, sempre. Con tutti i mezzi. Anche con le mail alla casa di cura (?) di Udine. Per non sentirci dire - con la solità faziosità - che, al momento giusto, si è stati in silenzio. (La vicenda "Fini" docet...)
5) ELUANA/ La nota del Ministro "stana" le responsabilità di tutti: ecco perché - Riccardo Marletta - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
6) ELUANA/ 1. Mirabelli: il documento Sacconi è legittimo. La sentenza Englaro? "Creativa" - INT. Cesare Mirabelli - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
7) ELUANA/ 2. Gambino: la sentenza non è esecutiva. Gli ospedali devono seguire le indicazioni del ministero - INT. Alberto Gambino - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
8) 17/12/2008 13:45 - VATICANO-ISLAM - Cattolici e musulmani debbono accrescere la fiducia reciproca e educare i giovani alla pace - Le conclusioni di un coloquio in Vaticano con la World Islamic Call Society. Evitare che eventuali crisi degenerino in violenze interreligiose. L’incoraggiamento di Benedetto XVI.
9) 17/12/2008 13:14 – INDIA - Orissa: scomparso un catechista. Il governo vieta le manifestazioni indù a Natale di Nirmala Carvalho - Gli estremisti rispetteranno il divieto solo se la polizia arresterà i colpevoli dell’omicidio del leader Swami Laxmanananda Saraswati. Continuano le accuse ai cristiani mentre la polizia ha già fermato sette persone e continua le indagini.
10) Chiesa, la Straniera derisa - Pigi Colognesi - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
11) SCUOLA/ Il buonsenso della Gelmini: non ha rinviato, ma ha aperto un dibattito - Redazione - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net


Riflessione di Benedetto XVI sul mistero del Natale - Intervento in occasione dell'Udienza generale - CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 17 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della catechesi pronunciata questo mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale svoltasi nell'aula Paolo VI.
Nel discorso in lingua italiana, il Santo Padre si è soffermato sul mistero del Natale ormai prossimo.
* * *
Cari fratelli e sorelle!
Iniziano proprio oggi i giorni dell’Avvento che ci preparano immediatamente al Natale del Signore: siamo nella Novena di Natale che in tante comunità cristiane viene celebrata con liturgie ricche di testi biblici, tutti orientati ad alimentare l’attesa per la nascita del Salvatore. La Chiesa intera in effetti concentra il suo sguardo di fede verso questa festa ormai vicina predisponendosi, come ogni anno, ad unirsi al cantico gioioso degli angeli, che nel cuore della notte annunzieranno ai pastori l’evento straordinario della nascita del Redentore, invitandoli a recarsi nella grotta di Betlemme. Là giace l’Emmanuele, il Creatore fattosi creatura, avvolto in fasce e adagiato in una povera mangiatoia (cfr Lc 2,13-14).
Per il clima che lo contraddistingue, il Natale è una festa universale. Anche chi non si professa credente, infatti, può percepire in questa annuale ricorrenza cristiana qualcosa di straordinario e di trascendente, qualcosa di intimo che parla al cuore. E’ la festa che canta il dono della vita. La nascita di un bambino dovrebbe essere sempre un evento che reca gioia; l’abbraccio di un neonato suscita normalmente sentimenti di attenzione e di premura, di commozione e di tenerezza. Il Natale è l’incontro con un neonato che vagisce in una misera grotta. Contemplandolo nel presepe come non pensare ai tanti bambini che ancora oggi vengono alla luce in una grande povertà, in molte regioni del mondo? Come non pensare ai neonati non accolti e rifiutati, a quelli che non riescono a sopravvivere per carenza di cure e di attenzioni? Come non pensare anche alle famiglie che vorrebbero la gioia di un figlio e non vedono colmata questa loro attesa? Sotto la spinta di un consumismo edonista, purtroppo, il Natale rischia di perdere il suo significato spirituale per ridursi a mera occasione commerciale di acquisti e scambi di doni! In verità, però, le difficoltà, le incertezze e la stessa crisi economica che in questi mesi stanno vivendo tantissime famiglie, e che tocca l’intera l’umanità, possono essere uno stimolo a riscoprire il calore della semplicità, dell’amicizia e della solidarietà, valori tipici del Natale. Spogliato delle incrostazioni consumistiche e materialistiche, il Natale può diventare così un’occasione per accogliere, come regalo personale, il messaggio di speranza che promana dal mistero della nascita di Cristo.
Tutto questo però non basta per cogliere nella sua pienezza il valore della festa alla quale ci stiamo preparando. Noi sappiamo che essa celebra l’avvenimento centrale della storia: l’Incarnazione del Verbo divino per la redenzione dell’umanità. San Leone Magno, in una delle sue numerose omelie natalizie, così esclama: «Esultiamo nel Signore, o miei cari, ed apriamo il nostro cuore alla gioia più pura. Perché è spuntato il giorno che per noi significa la nuova redenzione, l’antica preparazione, la felicità eterna. Si rinnova infatti per noi nel ricorrente ciclo annuale l’alto mistero della nostra salvezza, che, promesso, all’inizio e accordato alla fine dei tempi, è destinato a durare senza fine» (Homilia XXII). Su questa verità fondamentale ritorna più volte san Paolo nelle sue lettere. Ai Galati, ad esempio, scrive: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge…perché ricevessimo l’adozione a figli» (4,4). Nella Lettera ai Romani evidenzia le logiche ed esigenti conseguenze di questo evento salvifico: «Se siamo figli (di Dio), siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (8,17). Ma è soprattutto san Giovanni, nel Prologo del quarto Vangelo, a meditare profondamente sul mistero dell’Incarnazione. Ed è per questo che il Prologo fa parte della liturgia del Natale fin dai tempi più antichi: in esso si trova infatti l’espressione più autentica e la sintesi più profonda di questa festa e del fondamento della sua gioia. San Giovanni scrive: «Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis / E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
A Natale dunque non ci limitiamo a commemorare la nascita di un grande personaggio; non celebriamo semplicemente ed in astratto il mistero della nascita dell’uomo o in generale il mistero della vita; tanto meno festeggiamo solo l’inizio della nuova stagione. A Natale ricordiamo qualcosa di assai concreto ed importante per gli uomini, qualcosa di essenziale per la fede cristiana, una verità che san Giovanni riassume in queste poche parole: "il Verbo si è fatto carne". Si tratta di un evento storico che l’evangelista Luca si preoccupa di situare in un contesto ben determinato: nei giorni in cui fu emanato il decreto per il primo censimento di Cesare Augusto, quando Quirino era già governatore della Siria (cfr Lc 2,1-7). E’ dunque in una notte storicamente datata che si verificò l’evento di salvezza che Israele attendeva da secoli. Nel buio della notte di Betlemme si accese, realmente, una grande luce: il Creatore dell’universo si è incarnato unendosi indissolubilmente alla natura umana, sì da essere realmente "Dio da Dio, luce da luce" e al tempo stesso uomo, vero uomo. Quel che Giovanni, chiama in greco "ho logos" – tradotto in latino "Verbum" e in italiano "il Verbo" - significa anche "il Senso". Quindi potremmo intendere l’espressione di Giovanni così: il "Senso eterno" del mondo si è fatto tangibile ai nostri sensi e alla nostra intelligenza: ora possiamo toccarlo e contemplarlo (cfr 1Gv 1,1). Il "Senso" che si è fatto carne non è semplicemente un’idea generale insita nel mondo; è una "Parola" rivolta a noi. Il Logos ci conosce, ci chiama, ci guida. Non è una legge universale, in seno alla quale noi svolgiamo poi qualche ruolo , ma è una Persona che si interessa di ogni singola persona: è il Figlio del Dio vivo, che si è fatto uomo a Betlemme.
A molti uomini, ed in qualche modo a noi tutti, questo sembra troppo bello per essere vero. In effetti, qui ci viene ribadito: sì, esiste un senso, ed il senso non è una protesta impotente contro l’assurdo. Il Senso ha potere: è Dio. Un Dio buono, che non va confuso con un qualche essere eccelso e lontano, a cui non ci sarebbe mai dato di arrivare, ma un Dio che si è fatto nostro prossimo e ci è molto vicino, che ha tempo per ciascuno di noi e che è venuto per rimanere con noi. E’ allora spontaneo domandarsi: "E’ mai possibile una cosa del genere? E’ cosa degna di Dio farsi bambino?". Per cercare di aprire il cuore a questa verità che illumina l’intera esistenza umana, occorre piegare la mente e riconoscere la limitatezza della nostra intelligenza. Nella grotta di Betlemme, Dio si mostra a noi umile "infante" per vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia; si è liberamente incarnato per rendere noi veramente liberi, liberi di amarlo.
Cari fratelli e sorelle, il Natale è un’opportunità privilegiata per meditare sul senso e sul valore della nostra esistenza. L’approssimarsi di questa solennità ci aiuta a riflettere, da una parte, sulla drammaticità della storia nella quale gli uomini, feriti dal peccato, sono perennemente alla ricerca della felicità e di un senso appagante del vivere e del morire; dall’altra, ci esorta a meditare sulla bontà misericordiosa di Dio, che è venuto incontro all’uomo per comunicargli direttamente la Verità che salva, e per renderlo partecipe della sua amicizia e della sua vita. Prepariamoci, pertanto, al Natale con umiltà e semplicità, disponendoci a ricevere in dono la luce, la gioia e la pace, che da questo mistero si irradiano. Accogliamo il Natale di Cristo come un evento capace di rinnovare oggi la nostra esistenza. L’incontro con il Bambino Gesù ci renda persone che non pensano soltanto a se stesse, ma si aprono alle attese e alle necessità dei fratelli. In questa maniera diventeremo anche noi testimoni della luce che il Natale irradia sull’umanità del terzo millennio. Chiediamo a Maria Santissima, tabernacolo del Verbo incarnato, e a san Giuseppe, silenzioso testimone degli eventi della salvezza, di comunicarci i sentimenti che essi nutrivano mentre attendevano la nascita di Gesù, in modo che possiamo prepararci a celebrare santamente il prossimo Natale, nel gaudio della fede e animati dall’impegno di una sincera conversione.
Buon Natale a tutti!
[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In italiano ha detto:]
Rivolgo il mio saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli di Vernole, accompagnati dal loro concittadino, il Cardinale Salvatore De Giorgi, benvenuti; saluto inoltre i rappresentanti dell’Undicesimo Battaglione Trasporti "Flaminia", di Roma, e il gruppo Zampognari del Matese, di Boiano, ringraziando per la bella musica.
Desidero infine salutare i giovani, i malati e gli sposi novelli. Cari amici, vi ringrazio per la vostra partecipazione a questo incontro. Tra non molti giorni sarà Natale e immagino che nelle vostre case si stia ultimando l’allestimento del presepe, che costituisce una quanto mai suggestiva rappresentazione del Mistero della Natività di Cristo. Auspico che un elemento così importante, non solo della nostra fede, ma anche della cultura e dell’arte cristiana, continui a far parte di questa grande Solennità: in fondo è un semplice ed eloquente modo per ricordare Gesù che, facendosi uomo, è venuto "ad abitare in mezzo a noi", e col presepe realmente abita con noi. Grazie a voi tutti. Buon Natale ancora una volta.
[© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]


Nuovo no all’eutanasia dai movimenti per la vita e per la famiglia europei - In un incontro a Strasburgo esprimono solidarietà per il Granduca di Lussemburgo - di Antonio Gaspari

STRASBURGO, mercoledì, 17 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Oltre quaranta delegati in rappresentanza delle associazioni per la vita e per la famiglia di 12 Paesi hanno sottoscritto a Strasburgo, il 16 dicembre, un messaggio in cui affermano il loro “No all’eutanasia” e la loro solidarietà nei confronti del Granduca Enrico di Lussemburgo.
Il messaggio inizia spiegando che “il confine che distingue la civiltà dalla barbarie è il modo in cui una comunità umana difende, protegge e cura i più deboli. Per questo l'eutanasia è un atto barbarico, mentre la cura amorevole dei malati è espressione della civiltà umana”.
A sessanta anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, i delegati dei movimenti per la vita e per la famiglia riuniti a Strasburgo hanno condannato la pratica della “dolce morte” ed hanno espresso “calorosa solidarietà e sostegno al Granduca Enrico di Lussemburgo che si è rifiutato di firmare una legge che autorizza l’eutanasia ed il suicidio assistito”.
"Noi siamo convinti – è scritto nel messaggio – che la vita vada difesa dal concepimento alla morte naturale. Ed una società che fa prevalere la cultura della morte e non difende la vita dei suoi cittadini, non ha futuro”.
“Noi crediamo, altresì, che l’Europa ha ancora molto da dire in favore della cultura della vita ed è la speranza che alimenta il nostro impegno per costruire la civiltà dell'amore", conclude poi il messaggio.


Una bussola etica per la biomedicina - Conversazione sull'Istruzione vaticana “Dignitas personae” - ROMA/QUERÉTARO, mercoledì, 17 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Il 12 dicembre, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato un documento sui problemi etici che tratta anche della manipolazione genetica nelle fasi iniziali della vita umana.
L'Istruzione “Dignitatis personae. Su alcune questioni di bioetica” è stata pubblicata per far fronte ai problemi di discernimento etico sulla fecondazione artificiale, gli embrioni congelati, il congelamento degli ovuli, la pillola del giorno dopo e un gran numero di interventi umani nel processo naturale della fecondazione e della vita.
Per parlare di questi temi che oggi colpiscono la coscienza cattolica, ZENIT ha intervistato padre Fernando Pascual, L. C., docente di Filosofia e Bioetica presso l'Ateneo pontificio “Regina Apostolorum” di Roma.
In cosa consiste la nuova Istruzione “Dignitatis personae”?
P. Fernando Pascual: Si tratta di un documento che porta avanti e approfondisce gli insegnamenti offerti in altri testi della Chiesa che affrontano problemi etici delle fasi iniziali della vita umana. In concreto, è un complemento e un'attualizzazione dell'Istruzione “Donum vitae” (1987) e dell'Enciclica di Giovanni Paolo II “Evangelium vitae” (1995).
Perché la Chiesa ha sentito la necessità di pubblicare questo nuovo documento?
P. Fernando Pascual: La Chiesa ha la missione di illuminare la coscienza dei cattolici e delle persone di buona volontà di fronte ai problemi e alle situazioni che hanno bisogno di un discernimento etico. In questo caso, le tecniche di fecondazione artificiale si sono sviluppate notevolmente negli ultimi anni, per cui è stato necessario ricordare i criteri offerti dall'Istruzione “Donum vitae” e applicarli alle nuove situazioni.
In concreto, quali sono le principali novità del documento?
P. Fernando Pascual: Oltre a offrire una riassunto dei criteri etici di cui si deve tener conto, la “Dignitatis personae” tocca i seguenti temi: la ICSI (una variante della fecondazione in vitro), il problema degli embrioni congelati, il congelamento di ovuli, la riduzione embrionale, la diagnosi preimpianto, l'intercezione (attraverso l'uso della spirale e della pillola del giorno dopo), la controgestazione (con il ricorso alla RU 486), la clonazione, la terapia genica, le ricerche sulle cellule staminali adulte ed embrionali, la creazione di embrioni ibridi...
Sono molti argomenti...
P. Fernando Pascual: Sì, e su questi il documento stabilisce i criteri per un discernimento etico che si rendeva imprescindibile. Stiamo parlando di tecniche che si applicano alla vita umana nelle sue fasi iniziali. Se l'essere umano ha una dignità intrinseca e deve essere sempre considerato una persona, ciò vale non solo quando è adulto e può far valere i suoi diritti, ma anche quando è un embrione che si sviluppa nei momenti iniziali della sua esistenza.
Alcuni vedranno il documento come un insieme di divieti e diranno che la Chiesa è nemica della scienza...
P. Fernando Pascual: Il documento presenta sicuramente molti “no” di fronte alle tecniche che implicano un danno alla vita o alla salute degli embrioni, e di fronte a ogni atto che non rispetta la corretta trasmissione della vita dall'amore degli sposi e secondo un'antropologia ben fondata. Si tratta, usando una formula di Giovanni Paolo II, di denunciare il pericolo di una “scienza senza coscienza”. Allo stesso modo, dietro ogni “no” c'è un grande “sì”: un “sì” alla vita, alla difesa dei più deboli, al matrimonio, alla famiglia, a una scienza con etica e con coscienza.
C'è un punto che per anni ha diviso i teologi, ed è il tema degli embrioni congelati abbandonati. Cosa dice il documento su questo punto?
P. Fernando Pascual: Si tratta di una questione molto complessa e sulla quale si è discusso per anni. La “Dignitatis personae” dice chiaramente che siamo in un contesto estremamente ingiusto; lo aveva segnalato anni fa l'Istruzione “Donum vitae” e Papa Giovanni Paolo II lo ha ricordato in un discorso pronunciato nel 1996.
In questo discorso, che il nuovo documento riproduce in parte (al n. 19), Giovanni Paolo II rivolgeva “un appello alla coscienza dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via d'uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni congelati, i quali sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come persone umane”.
In altre parole, non si può far nulla in favore degli embrioni congelati.
P. Fernando Pascual: Credo che di fronte a una situazione così complessa il documento offra un'indicazione molto chiara: bisogna avere il coraggio di cambiare le leggi e i comportamenti che hanno portato a “produrre” e a congelare ingiustamente migliaia di embrioni. Ciò vuol dire che la società e i Governi dovrebbero proibire tutte le tecniche di riproduzione extracorporea (ICSI e FIVET), così come il congelamento di embrioni. Finché non si compirà questo passo, i vari sforzi proposti per tutelare gli embrioni congelati saranno insufficienti e il problema continuerà ad aumentare col passare degli anni.
Che accoglienza avrà un documento come questo?
P. Fernando Pascual: Tutto dipende dal grado di sensibilità etica delle persone e dallo sforzo da parte dei Vescovi, dei sacerdoti e di quanti difendono una bioetica ben fondata per saper spiegare la ricchezza dell'Istruzione “Dignitatis personae”. Come si dice alla fine di questa e come abbiamo già ricordato, non si tratta semplicemente di un insieme di divieti, ma di un invito coraggioso a coltivare e promuovere una scienza e una bioetica realmente rispettose della dignità dell'uomo in tutte le sue tappe, dal concepimento nel grembo materno al momento della morte naturale.


Non si può stare a guardare! - Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - mercoledì 17 dicembre 2008 - Pubblichiamo il testo dell'Atto del Ministro Sacconi a proposito del caso Eluana: facciamo sentire la nostra volontà di difendere la vita, sempre. Con tutti i mezzi. Anche con le mail alla casa di cura (?) di Udine. Per non sentirci dire - con la solità faziosità - che, al momento giusto, si è stati in silenzio. (La vicenda "Fini" docet...)
Atto di Sacconi alle Regioni (testo integrale)
Ai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano

OGGETTO: Stati vegetativi, nutrizione e idratazione. Il presente atto è rivolto a richiamare principi di carattere generale, al fine di garantire uniformità di trattamenti di base su tutto il territorio nazionale e di rendere omogenee le pratiche in campo sanitario con riferimento a profili essenziali come la nutrizione e l’alimentazione nei confronti delle persone in Stato Vegetativo Persistente (SVP). Il Comitato nazionale per la bioetica, che si è espresso con parere approvato nella seduta plenaria del 30 settembre 2005, ha fatto presente che “per giustificare bioeticamente il fondamento e i limiti del diritto alla cura e all’accudimento nei confronti delle persone in Stato Vegetativo Persistente va quindi ricordato che ciò che va loro garantito è il sostentamento ordinario di base: la nutrizione e l’idratazione, sia che siano fornite per vie naturali che per vie non naturali o artificiali”. Infatti, la nutrizione e l’idratazione “vanno considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere”.

Secondo il predetto parere “la sospensione di tali pratiche va valutata non come la doverosa interruzione di un accanimento terapeutico, ma piuttosto come una forma, dal punto di vista umano e simbolico particolarmente crudele, di “abbandono” del malato (…) Non sussistono invece dubbi sulla doverosità etica della sospensione della nutrizione nell’ipotesi in cui nell’imminenza della morte l’organismo non sia più in grado di assimilare le sostanze fornite: l’unico limite obiettivamente riconoscibile al dovere etico di nutrire la persona in SVP è la capacità di assimilazione dell’organismo (dunque la possibilità che l’atto raggiunga il fine proprio non essendovi risposta positiva al trattamento) o uno stato di intolleranza clinicamente rilevabile collegato all’alimentazione. (…) Si deve pertanto parlare di valenza umana della cura (care) dei pazienti in SVP”.

Secondo il documento del 17 novembre 2008 del Gruppo di lavoro “Stato vegetativo e stato di minima coscienza” istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali “lo stato vegetativo realizza una condizione di grave disabilità neurologica, potenzialmente reversibile”. Sempre sulla base del citato parere del Comitato nazionale per la bioetica per questi malati “il problema bioetico centrale è costituito dalla stato di dipendenza dagli altri: si tratta di persone che per sopravvivere necessitano delle stesse cose di cui necessita ogni essere umano (acqua, cibo, riscaldamento, pulizia e movimento), ma che non sono in grado di provvedervi autonomamente, avendo bisogno di essere aiutate, sostenute ed accudite in tutte le loro funzioni, anche le più elementari. (…)

Se è vero che alcuni malati terminali possono diventare malati in SVP, è pur vero che le persone in SVP non sono sempre malati terminali (potendo sopravvivere per anni se opportunamente assistite)”.La negazione della nutrizione e dell’alimentazione può configurarsi quindi come una discriminazione fondata su valutazioni circa la qualità della vita di una persona con grave disabilità e in situazione di totale dipendenza.Si fa rinvio, in ogni modo, al testo integrale del citato parere per un orientamento rispetto al necessario esercizio della responsabilità secondo scienza e coscienza della funzione medica.

Tra i compiti del Comitato nazionale per la bioetica, infatti, si evidenzia la funzione di formulare pareri e indicare soluzioni, anche ai fini della predisposizione di atti legislativi, per affrontare problemi di natura etica e giuridica che possono emergere con il progredire delle ricerche e con la comparsa di nuove possibili applicazioni di interesse clinico avuto riguardo alla salvaguardia dei diritti fondamentali e della dignità dell’uomo e degli altri valori così come sono espressi dalla Carta costituzionale e dagli strumenti internazioni ai quali l’Italia aderisce. La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007 ed in corso di ratifica a seguito dell’approvazione del relativo disegno di legge da parte del Consiglio dei Ministri in data 28 novembre 2008, all’articolo 25 stabilisce che “gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità”.

In particolare, gli Stati Parti, devono, tra gli altri, “prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità”. Di conseguenza, le disposizioni di cui all’articolo 25 della Convezione sui diritti delle persone con disabilità si applicano anche agli stati vegetativi. Si ritiene, pertanto, nel rispetto dei principi e criteri ispiratori della Convenzione, che sia fatto divieto di discriminare la persona in stato vegetativo rispetto alla persona non in stato vegetativo. Ciò premesso, si invitano codeste Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano ad adottare le misure necessarie affinché le strutture sanitarie pubbliche e private si uniformino ai principi sopra esposti e a quanto previsto dall’articolo 25 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.
Roma, 16 dicembre 2008
Maurizio Sacconi


ELUANA/ La nota del Ministro "stana" le responsabilità di tutti: ecco perché - Riccardo Marletta - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Un atto di inaccettabile intromissione. Così è stata considerata da parte di molti commentatori la lettera inviata dal Ministro del Welfare Maurizio Sacconi sulla nutrizione e l’idratazione delle persone in stato vegetativo, intervenuta proprio nelle ore in cui si stava per attuare il trasferimento di Eluana Englaro in una Cassa di cura di Udine dove sarebbe stato interrotto il trattamento di alimentazione e idratazione a mezzo di sondino naso-gastrico che le consente di rimanere in vita.
Come può pretendere un Ministro, si è detto, di intervenire su una vicenda sulla quale si sono pronunciate la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale?
La prima impressione è che in tanti abbiano travisato l’effettiva portata di tale nota ministeriale, che forse val la pena chiarire.
Si tratta anzitutto di un atto di indirizzo di carattere generale alle Regioni “al fine di garantire uniformità di trattamenti di base su tutto il territorio nazionale e di rendere omogenee le pratiche in campo sanitario con riferimento a profili essenziali come la nutrizione e l’alimentazione nei confronti delle persone in Stato Vegetativo Persistente”.
Tale esigenza sussiste effettivamente. Si assiste infatti troppo spesso al fenomeno di Regioni che adottano regole e prassi del tutto differenti tra loro anche su temi di fondamentale importanza (come ad esempio in materia di attuazione della legislazione sull’interruzione volontaria della gravidanza).
Non è certo auspicabile che il grado di tutela della vita della persona in stato vegetativo possa dipendere dall’orientamento della Regione nella quale il malato si trova ad essere.
Nel merito, a fronte di una ben nota situazione di carenza legislativa in argomento, l’atto di indirizzo richiama principalmente due documenti.
Il primo è il parere approvato nella seduta plenaria del 30 settembre 2005 del Comitato nazionale per la bioetica, nell’ambito del quale è stato chiarito che la nutrizione e l’idratazione anche artificiali “vanno considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere”.
Il parere in questione ha altresì precisato che “la sospensione di tali pratiche va valutata non come la doverosa interruzione di un accanimento terapeutico, ma piuttosto come una forma, dal punto di vista umano e simbolico particolarmente crudele, di “abbandono” del malato”.
Si noti che il Comitato nazionale per la bioetica ha la funzione di formulare pareri e indicare soluzioni per affrontare problemi di natura etica e giuridica che possono emergere con il progredire delle ricerche e con la comparsa di nuove possibili applicazioni cliniche, alla luce dei diritti fondamentali e della dignità dell’uomo e nell’ottica di una salvaguardia degli stessi.
Il secondo documento richiamato nell’atto di indirizzo in questione è la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007 ed in corso di ratifica a seguito dell’approvazione del relativo disegno di legge da parte del Consiglio dei Ministri in data 28 novembre 2008.
Tale Convenzione, all’articolo 25, stabilisce che gli Stati Parti devono “prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità”.
Si consideri in proposito che, ove mai ve ne fosse stata la necessità, il documento in data 17 novembre 2008 del Gruppo di Lavoro “Stato vegetativo e stato di minima coscienza” istituito presso il Ministero del Welfare ha precisato che “lo stato vegetativo realizza una condizione di grave disabilità neurologica, potenzialmente reversibile”.
Con la conseguenza che le disposizioni dell’articolo 25 sui diritti delle persone disabili riguardano anche coloro che si trovano in stato vegetativo.
L’atto di indirizzo si conclude invitando le Regioni “ad adottare le misure necessarie affinché le strutture sanitarie pubbliche e private si uniformino ai principi sopra esposti e a quanto previsto dall’articolo 25 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità”.
Si tratta dunque di un atto che non ha efficacia direttamente cogente, ma che presuppone che le Regioni si facciano parte attiva per dare attuazione ai principi enunciati.
E’ lecito a questo punto domandarsi come reagiranno le Regioni (nonché le strutture e gli operatori sanitari) a questo atto di indirizzo, anche in considerazione del fatto che non è agevole immaginare meccanismi atti a garantire l’effettiva attuazione in sede regionale dei principi indicati nell’atto di indirizzo, soprattutto in tempi brevi.
Un altro aspetto che inevitabilmente si pone riguarda le possibili ripercussioni dell’atto di indirizzo rispetto alla vicenda di Eluana Englaro.
Se è vero infatti che il decreto mediante il quale la Corte d’Appello di Milano ha autorizzato il padre e il curatore speciale di Eluana a procedere al distacco del sondino è divenuto definitivo, tuttavia tale decreto non ha posto obblighi in capo ad alcun soggetto.
Non c’è dunque nulla di necessitato nell’esecuzione di tale decreto.
Ogni soggetto coinvolto (Regioni, strutture ed operatori sanitari) è dunque chiamato ad assumere le sue decisioni e le sue responsabilità anche alla luce dei principi espressi nell’atto di indirizzo e valutando le possibili conseguenze delle proprie azioni od omissioni. Già poche ore dopo l’adozione dell’atto di indirizzo si è prospettata ad esempio l’eventualità della revoca del convenzionamento con il servizio sanitario per la casa di cura nella quale era previsto che avvenisse il distacco del sondino che tiene in vita Eluana.
Poiché l’atto di indirizzo riguarda tutte le strutture sanitarie pubbliche e private non appare condivisibile in particolare la posizione espressa dal Presidente della Regione Friuli secondo la quale il progettato ricovero di Eluana nella Casa di cura udinese sarebbe una questione tra privati che non riguarderebbe la Regione e sulla quale l’atto di indirizzo non avrebbe alcuna incidenza.
Se l’atto di indirizzo è criticabile nei contenuti, lo si faccia pure, altrimenti gli si dia attuazione senza indugio: c’è in gioco la vita di Eluana ed anche la messa in pratica di principi ai quali nessuno può sentirsi estraneo.


ELUANA/ 1. Mirabelli: il documento Sacconi è legittimo. La sentenza Englaro? "Creativa" - INT. Cesare Mirabelli - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Il provvedimento del Ministro Maurizio Sacconi ha ricreato nella giornata di ieri i soliti schieramenti contrapposti tra i “sostenitori” del potere giudiziario e quelli del potere politico con reciproci scambi di accuse sulla liceità di provvedimenti o sentenze e accuse di invasioni di campo. Per Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte Costituzionale, raggiunto da ilsussidiario.net, la polemica sembra però essere di piccolo cabotaggio: «ci può essere un’interferenza in quanto agli effetti ma ciascuno ha esercitato i suoi poteri. Si può anche ritenere che questo atto non sia legittimo nei suoi contenuti, ma chi lo ritiene ha la possibilità di attivare quegli strumenti di reazione giuridica che l’ordinamento prevede».
Presidente Mirabelli, il suo giudizio personale su questo provvedimento qual è?
Il mio giudizio è che siamo di fronte a una direttiva di carattere generale e non a una “contro-sentenza”. Non si tratta infatti di una direttiva che va “contro” la sentenza della Cassazione, perché si pronuncia sua una situazione che riguarda molte persone ed è rivolta alle strutture sanitarie, nel pieno esercizio di una competenza che il ministro ha: è un atto di indirizzo e di comportamento per garantire una uniformità di comportamento sul territorio nazionale. Si rivolge alle strutture pubbliche o convenzionate, ma non riguarda nello specifico la condizione di Eluana o il “caso Englaro”, sebbene possa avere certamente dei riflessi su questa situazione.
In che senso?
La sentenza che riguarda Eluana autorizza il tutore ad attuare quella che è stata ritenuta – esattamente o meno – la volontà di Eluana, cioè di non ricevere quelli che sono stato qualificati come atti invasivi di natura medica e, quindi, terapie. L’atto di indirizzo e coordinamento si rivolge invece alle strutture sanitarie, che non sono le destinatarie del provvedimento, dal momento che la sentenza non le obbliga a cooperare a quella richiesta; l’atto inoltre, in conformità a orientamenti dati dal Comitato Nazionale per la Bioetica e dalla Convenzione Onu sulle persone disabili, stabilisce che in presenza di uno stato di disabilità sarebbe discriminatorio non dare a questi soggetti il sostegno adeguato per l’alimentazione e l’idratazione. Sotto questo aspetto si rivolge a chi dovrebbe compiere questi atti, escludendo appunto che sia possibile compierli nelle strutture alle quali questo documento si rivolge.
In un comunicato dall'avvocato della famiglia Englaro, si legge che “la lettera del ministro, la quale non è atto amministrativo vincolante né ha contenuto prescrittivo, non è idonea a produrre alcun effetto giuridico sull'attuazione dei pronunciamenti della Corte di Cassazione e della Corte di Appello di Milano concernenti l'interruzione dei trattamenti di Eluana Englaro”. E' una interpretazione corretta?
Da un lato è corretta, ma dall’altro la sentenza non può imporre alle strutture pubbliche di compiere un atto omissivo o di sottrazione dell’alimentazione. Non c’è un contrasto diretto, ma la sentenza non può costituire un obbligo per altri soggetti o per strutture ad attivarsi per compiere gli atti necessari a che Eluana Englaro sia lasciata senza cibo e acqua. Io credo che questo atto, che legittimamente - per quanto riguarda le competenze – il Ministro ha compiuto, ha una sua efficacia e quindi se qualcuno ritiene che ci sia la lesione di un diritto o una illegittimità può rivolgersi alle sedi giudiziarie competenti. Ma l’atto, nello stato in cui si trova, è valido ed efficace.
Il sottosegretario Roccella dalle colonne di questo giornale ha sottolineato fortemente la connotazione di politica sociale del provvedimento: "Si tratta dell’idea che la vita di Eluana e delle persone che vivono nella sua stessa condizione sia una vita di “serie B”, e quindi non degna di essere vissuta. Ma questo è un concetto umanamente e socialmente inaccettabile". Lei cosa ne pensa?
Non ci può essere una discriminazione nella dignità della vita, quale che sia il momento o le modalità nelle quali viene vissuta. E’ una linea di principio che mi pare corretta e il provvedimento è in linea con questo principio, cioè la dignità di una vita non viene giudicata dalla qualità della stessa, con cui si introdurrebbe un metro di giudizio soggettivo. Altro problema è quello della volontà di accettare o meno alcune terapie rispetto ad altre; ma questo discorso introduce il problema del consenso informato rispetto alle scelte terapeutiche che deve essere in qualche misura attuale e sulla base direi di un rapporto di dialogo con il medico. Sotto questo aspetto è una situazione complessa, ed è difficile dire della rilevanza di una dichiarazione o addirittura di un comportamento o una posizione ideale nei confronti di una posizione futura ed ipotetica che possa valere come una decisione presa sulla base di un consenso attuale ed informato. Nel caso poi della sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione – qui introduciamo un altro elemento di carattere ancor più generale – si tratta di capire se costituiscano un atto terapeutico o siano un trattamento elementare in qualche modo comunque dovuto.
Mi pare di capire che lei dissente rispetto ai “presupposti” su cui si basa la sentenza su Eluana…
Mi pare che sia molto “creativa” la sentenza della Cassazione. Ovviamente si tratta di problemi molto complessi nei quali la discussione è aperta e che vanno affrontati avendo presente la drammaticità di alcune situazioni e, d’altra parte, quelle che possono essere le esigenze di tutela della persona e della dignità della persona non distinguendo una vita che ha qualità e una “senza” qualità.
In molti concordano nel dire che un decreto legge avrebbe chiuso ogni discussione, ma la ricerca di una legge condivisa da approvare in parlamento sul fine vita sta allungando i tempi. Come auspica sia il comportamento della magistratura durante questo periodo di lavoro della politica?
La magistratura nei suoi tempi non è condizionata dall’andamento del percorso politico, quindi si comporta secondo quello che l’ordinamento in atto prevede. Sarebbe opportuno di fatto, e quindi anche nel comportamento di tutti, attendere quello che è una soluzione legislativa a questi problemi; ma – ripeto – anche qui non c’è alcun dovere della magistratura di attendere nel prendere le sue decisioni. Ci può essere nell’ambito di queste decisioni una diversità di orientamenti giurisprudenziali, questo non è dato a prevedere…


ELUANA/ 2. Gambino: la sentenza non è esecutiva. Gli ospedali devono seguire le indicazioni del ministero - INT. Alberto Gambino - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Com’era forse prevedibile, l’intervento del ministero della Salute, con cui si dà indicazione precisa agli ospedali del Servizio sanitario nazionale di non mettere in atto l’abbandono di un disabile grave, ha provocato forti reazioni. “Diktat” del ministero, è stato definito da alcuni giornali. Ma veramente si tratta di un intervento imperioso calato dall’alto? È un atto ostruzionistico, o invece un’azione con piene motivazioni dal punto di vista giuridico? Alberto Gambino, ordinario di Diritto Privato e di Diritto Civile nell’Università Europea di Roma, è convinto non solo della legittimità, ma anche dell’assoluta opportunità di questo intervento.
Professor Gambino, quali sono i fondamenti normativi che hanno portato il ministero a fare questo atto?
L’atto di indirizzo si fonda intanto su quelle che sono niente meno che le prerogative stesse del ministro della Salute, che per disposizione costituzionale deve garantire su tutto il territorio nazionale il diritto alla salute per tutti i cittadini. Si tratta di un interesse pubblico, e in quanto tale non può che avere una guida e una direzione imputata agli organismi centrali dello Stato, nel caso specifico il ministero della Salute. Questo il motivo per cui il ministero può a pieno titolo emanare direttive e atti di indirizzo, rivolte agli enti regionali, dal momento che la sanità è organizzata su base regionale. Pertanto bisogna affermare che l’atto riguardante il non abbandono della persone disabili, che si ripercuote sul caso Englaro, non solo è legittimo, ma è anzi opportuno. L’opportunità dell’atto non riguarda poi solo l’aspetto procedurale, ma anche il merito, dato che il dibattito sul fatto che alimentazione e idratazione possano in certe condizioni essere considerate trattamento sanitario è decisamente aperto.
Che cosa si può dire di certo su questo ultimo aspetto? C’è chi insiste nel dire che l’alimentazione forzata sia accanimento terapeutico.
Quel che si può dire con certezza è che la questione è ampiamente dibattuta. Basta guardare i diversi disegni di legge sull’argomento. E si tratta per altro di disegni approntati da politici che hanno notevole esperienza in capo medico, a dimostrazione che è proprio tra gli esperti che manca l’accordo. Le ipotesi sono le più diverse: c’è chi parla di alimentazione e idratazione come di un trattamento sanitario; chi avanza l’ipotesi che si tratti di accanimento terapeutico; chi invece dice che non è nemmeno trattamento sanitario, ma semplice accudimento della persona. In un momento in cui non c’è certezza sull’argomento, la politica però non può sottrarsi dal dare delle indicazioni nazionali. Non potremmo certo accettare che ogni Regione decida di testa propria, dal momento che il diritto alla salute è un diritto di tutta la collettività, così come previsto dalla Costituzione italiana, e non un semplice diritto del singolo, come ad esempio previsto dall’ordinamento americano.
Vediamo le conseguenze normative di questo atto: cosa deve fare adesso un ospedale, che si trovasse indeciso tra l’atto di indirizzo del ministero e la sentenza sul caso Englaro?
La sentenza del tribunale autorizza un'unica persona, cioè il tutore, a interrompere il trattamento per Eluana Englaro. Il tutore, e nessun altro che il tutore. La sentenza si ferma lì. Le modalità con cui il tutore può porre in essere sono poi indicate, ma non sono obbligatoriamente esercitabili in struttura pubblica sanitaria. L’atto del ministro è invece specificamente indirizzato alle sue amministrazioni, le quali fino a prova contraria non possono fare altro che seguire la linea nazionale. In caso contrario ci troveremmo ad avere venti diversi tipi di Sanità; il che, evidentemente, non è costituzionale. Quindi le strutture non possono far altro che seguire l’indirizzo del ministero. Questo è semplicemente l’“abc” della giurisdizione dello Stato, secondo quanto dice l’articolo 32 della Costituzione. Quindi è sorprendente che ci possano essere reazioni contrarie. Certo, altro discorso è poi quello del tutore: su di lui l’atto del ministero non ha ripercussioni. Il tutore potrà fare quello che si sente di fare in coscienza; e in virtù della sentenza, quello che solitamente sarebbe considerato un reato qui non lo è.
Il giudice della Corte d’Appello di Miano, Filippo Lamanna, ieri ha detto però che la sentenza è ormai esecutiva, a prescindere dall’atto del ministero: è così?
La sentenza non è esecutiva, per il semplice motivo che non c’è un obbligo in capo a qualcuno. Se il dottore volesse, può (non deve, può) decidere di staccare il sondino con cui Eluana viene nutrita. Questo fa capire con tutta evidenza che la sentenza non è esecutiva: è un decreto di attuazione che dà un potere discrezionale, che come tale è in contraddizione con le sentenze esecutive. Le sentenze esecutive, per intendersi, sono quelle di condanna, in cui interviene la forza pubblica per effettuare quanto previsto dalla sentenza stessa. I decreti di attuazione della sentenza sul caso Englaro, invece, non sono suscettibili di esecuzione forzata, perché lasciano la discrezionalità al tutore. Non si dice che si deve per forza far cessare l’alimentazione. Parlare di sentenza esecutiva è quindi un’interpretazione del tutto erronea.


17/12/2008 13:45 - VATICANO-ISLAM - Cattolici e musulmani debbono accrescere la fiducia reciproca e educare i giovani alla pace - Le conclusioni di un coloquio in Vaticano con la World Islamic Call Society. Evitare che eventuali crisi degenerino in violenze interreligiose. L’incoraggiamento di Benedetto XVI.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Educare i giovani in modo che non cadano vittime del fanatismo religioso, ma divengano costruttori di pace ed operare per accrescere comprensione, conoscenza e fiducia tra i leader religiosi, in modo da poter affrontare insieme le crisi che dovessero sorgere, evitando che degenerino in conflitti religiosi. Sono i punti principali del comunicato conclusivo del colloquio su “Responsabilità dei leaders religiosi specialmente in tempi di crisi”, organizzato in Vaticano dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e dalla World Islamic Call Society, che ha sede il Libia, che si è concluso oggi.
I partecipanti all’incontro - dodici personalità ed esperti cattolici e dodici musulmani, provenienti da vari Paesi, sotto la presidenza, rispettivamente, del card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, e di Mohamed Ahmed Sherif, segretario generale della World Islamic Call Society – sono stati ricevuti oggi da Benedetto XVI, al termine del’udienza generale.
Il Papa ha espresso loro “soddisfazione e forte incoraggiamento”, come riferisce una nota del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso.
Nel comunicato finale congiunto si afferma, tra l’altro, che “considerando il ruolo che le religioni possono e vogliono avere nella società, i leader eligiosi hanno un ruolo culturale e sociale da giocare, per promuovere i fondamentali valori etici, come la giustizia la solidarietà, la pace, l’armonia sociale ed il bene dell’intera società, specialmente dei bisognosi, i deboli, i migranti e gli oppressi”
“I leader religiosi hanno una speciale responsabilità verso i giovani, che richiedono particolare attenzione perché non restino vittime del fanatismo e del radicalismo religioso e ricevano invece una sana educazione che li aiuti a divenire costruttori di ponti e artefici di pace”.
Tenendo presente la possibilità che sorgano “crisi di diversa natura” a livello nazionale e internazionale, i leader religiosi debbono “imparare a prevenirle, ad affrontare e rimediare a queste particolari situazioni, evitando la loro degenerazione in violenze confessionali. Ciò richiede reciproco rispetto e reciproca conoscenza, curando i rapporti personali e costruendo mutue familiarità e fiducia, così da essere capaci di affontare insieme le crisi, ove serva”-
E’ stato infine deciso che il prossimo Colloquio si terrà a Tripoli entro i prossimi due anni. Il Colloquio fa seguito ad altri incontri organizzati, in varie sedi, nel 1976 e dal 1989 ad oggi in modo regolare.


17/12/2008 13:14 – INDIA - Orissa: scomparso un catechista. Il governo vieta le manifestazioni indù a Natale di Nirmala Carvalho - Gli estremisti rispetteranno il divieto solo se la polizia arresterà i colpevoli dell’omicidio del leader Swami Laxmanananda Saraswati. Continuano le accuse ai cristiani mentre la polizia ha già fermato sette persone e continua le indagini.
Bhubaneshwar (AsiaNews) - Scomparso un catechista del villaggio di Kanjamedi, nel distretto di Kandhamal (Orissa). Fonti di AsiaNews raccontano che ciò è avvenuto “il 16 dicembre attorno alle 18.30, mentre Yuvraj Digal e suo figlio stavano tornando a casa dal villaggio di Tikabali”. Il villaggio dista 50 chilometri circa dal paese in cui vive Yuvraj Digal, catechista stimato e noto leader cristiano locale. Le fonti spiegano che “un gruppo di una cinquantina di persone lo ha riconosciuto, fermato, insultato e picchiato duramente senza alcuna pietà. Suo figlio è riuscito a scappare, ma di Yuvraj non ci sono più tracce”.
Padre Ajay Singh è direttore del Jan Vikas Kendra, il centro caritativo e sociale dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar. Ad AsiaNews spiega che la paura si annida ancora nel Kanhamal. “La situazione non è cambiata molto e nei campi profughi l’inverno sta rendendo le condizioni di vita ancor più difficili. Le persone raccolte nei centri sono 11mila circa. Mentre l’amministrazione ha assicurato che le celebrazioni del Natale potranno svolgersi, lo Swami Laxmanananda Saraswati Sradhanjali Samiti (Slsss) cerca in tutti i modi di non permetterlo”.
Lo Slsss, movimento di estremisti indù ha da tempo annunciato manifestazioni per il 25 dicembre, in ritorsione per l’omicidio del leader Swami Laxmanananda Saraswati a seguito del quale si era scatenato il pogrom anticristiano in agosto. Nonostante gli inquirenti abbiano indicato nei movimenti maoisti i responsabili dell’assassinio, i sostenitori accusano ancora i cristiani e minacciano proteste se la polizia non arresterà tutti i responsabili. Le forze dell’ordine dello stato hanno fermato ad oggi sette persone, di cui non hanno rivelato l’identità, mentre le indagini proseguono.
Alle minacce degli movimenti indù il primo ministro dello stato dell’Orissa, Naveen Patnaik, ha risposto domenica 14 annunciando che il governo non permetterà loro di manifestare nel giorno di Natale. I gruppi di estremisti come il Vishwa Hindu Parishad (Vhp) ed il Rashtriya Swayamevak Sangh (Rss) hanno risposto che rispetteranno il divieto posto da Patnaik solo se la polizia arresterà gli assassini del leader indù.


Chiesa, la Straniera derisa - Pigi Colognesi - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Il fatto, di per sé, non è sorprendente. Ma merita comunque di essere guardato bene in faccia. E il fatto è che si assiste al rinnovarsi insistente di attacchi contro la Chiesa, la sua storia, il suo insegnamento, il suo supremo pastore.
Qualche esempio. Il presidente della Camera sostiene che la Chiesa cattolica non si è sufficientemente opposta alle leggi razziali del fascismo; gli storici definiscono il suo discorso come «sconcertante», ma intanto il sasso è lanciato. Andando ad alimentare la valanga che da mesi tenta di travolgere la memoria dei due pontefici che hanno fronteggiato fascismo e nazismo: Pio XI e il successore Pio XII.
Sempre per restare alla storia, in una trasmissione radiofonica serale si accusa la Chiesa di aver distrutto quella stupenda organizzazione di libertà e democrazia che era l’impero romano. Sembra che non ci sia malefatta da duemila anni a questa parte in cui la Chiesa non possa essere chiamata in causa come imputata.
Per quanto riguarda l’attualità, basta leggere alcuni commenti al messaggio di Benedetto XVI per la prossima giornata mondiale della pace del primo gennaio 2009. Dall’ampia analisi che il Papa propone si estrae la frase - del resto sacrosanta - sulla questione della regolazione delle nascite imposta da organizzazioni internazionali ai paesi in via di sviluppo e il giochetto è fatto: la Chiesa, che vuole impicciarsi di tutto, in realtà è astratta e l’unica cosa che veramente le interessa è porre i suoi sempiterni vincoli nella sfera sessuale. E puntualmente esce l’inchiesta su «tutti i no del Vaticano»: cosa starebbe facendo il Papa se non innalzare continui steccati e divieti, replicare ossessivamente una dottrina fuori dal tempo, ripetere la sfilza dei suoi «no»?
Di fronte a queste sortite persino il direttore de L’Osservatore Romano si è sentito in dovere di replicare con un articolo di fondo, nel quale mette in evidenza che gli allarmi che la Chiesa ripropone sono dovuti al suo amore per la persona e il suo destino. Ed essa continuerà a parlare, anche se viene ridicolizzata come quel clown che, già vestito per lo spettacolo, corre al villaggio per avvisare che è scoppiato un incendio. Tutti lo deridono, pensando che stia recitando. Finché le case non vengono travolte dalle fiamme.
Dicevo all’inizio che di questa pervicace e a volte disonesta incomprensione della Chiesa non c’è da sorprendersi. È da duemila anni, infatti, che quando la Chiesa parla con parole vive e non con quelle della mentalità comune (tentazione sempre ricorrente) i vati di quella mentalità le si rivoltano contro. Essa è, per dirla con Eliot, la Straniera e sa che «in tempo di prosperità il popolo dimenticherà il Tempio, e in tempo di avversità gli sarà contro».
Questa consapevolezza non fa certo concludere per una disincantata inattività. Il grande Charles Péguy aveva capito chiaramente, già oltre un secolo fa, che ci troviamo in una epoca «incristiana», la prima in cui la mentalità comune non è più cristiana dopo l’avvento del cristianesimo. E diceva che la risposta non è la lamentela sterile, né l’astio risentito. La risposta è sempre quella dell’inizio, quella del Natale che celebreremo settimana prossima: «Ma Gesù venne. Egli non perse i suoi anni a gemere e a interpellare la cattiveria dei tempi. Egli taglia corto. In un modo molto semplice. Facendo il cristianesimo. Egli non si mise a incriminare, ad accusare qualcuno. Egli salvò. Non incriminò il mondo. Egli salvò il mondo».


SCUOLA/ Il buonsenso della Gelmini: non ha rinviato, ma ha aperto un dibattito - Redazione - giovedì 18 dicembre 2008 – IlSussidiario.net
Giovedì 11 dicembre, a partire dalle 19, il mio cellulare ha iniziato a suonare incessantemente. Non ho risposto che alla sesta telefonata, e la voce dall’altra parte del “cavo” (oramai solo metaforico) mi ha apostrofato con un “ma che diavolo avete combinato?”, spiegandomi come la Gelmini, a detta dei Tg a reti unificate, avesse fatto “marcia indietro” su maestro unico e dintorni. Ora, in quel momento ero a Roma, in viale Trastevere, sede del ministero, e dal pomeriggio, assieme ai dirigenti, ero impegnato a rifinire il regolamento della “riforma del primo ciclo di istruzione”. Regolamento cui stavo lavorando, per inciso, dai primi di settembre e che da mesi recitava quanto da sempre sostenuto dal Ministro e dai suoi collaboratori. Dunque, il tempo pieno sarebbe stato confermato e ci sarebbero state, oltre al tempo pieno a quaranta ore con due insegnanti (esattamente come è configurato dal 1990), tre opzioni a 24, 27, 30 ore tra cui le famiglie e le autonomie scolastiche avrebbero potuto scegliere, tutte con un insegnante attorniato da altri insegnanti specialisti. Il modello stellare, insomma, che fa la fortuna delle scuole primarie più avanzate del mondo, dalla Federazione Russa a Hong Kong, oltre che di moltissime scuole paritarie.
Altro che arretramento, altro che cedimento alla piazza. La conferma, piuttosto, della forza della disinformatia: si crea un falso (la fine del tempo pieno), lo si propaganda per vero per poi, quando la verità emerge, dichiarare che han vinto le proteste. Senza curare se le proteste, in realtà, avevano un obiettivo artatamente sbagliato. Tra i pochissimi a non cascarci, Renato Farina.
Il rinvio dell’entrata in vigore della riforma del secondo ciclo (licei, tecnici, professionali) merita invece due parole in più. E’ stata una scelta saggia, dettata da due motivi. Nell’approntare i regolamenti, il ministero ha tenuto conto di tutto il lavoro fatto dai ministri Berlinguer, Moratti, Fioroni; delle proposte e degli studi che sono arrivati nel corso degli anni da parte del mondo della scuola e dagli esperti.
In alcuni casi si tratta, come è ovvio che sia, di opzioni diverse, ma in moltissimi altri, e sono decisamente la stragrande maggioranza, assolutamente convergenti, basate su alcune comuni linee di indirizzo e sul Quaderno bianco sulla scuola, scritto sotto l’egida del precedente governo ma che rappresenta, per molti versi, il punto d’arrivo di un dibattito ultradecennale. Dunque, diboscamento della selva di indirizzi, autonomia responsabile, differenziazione dei percorsi affinché ciascuno possa trovare l’occasione per formare il proprio talento, riduzione di un carico orario eccessivo senza paragoni al mondo.
Ma se vogliamo che il nuovo secondo ciclo dell’istruzione superi l’assetto che per oltre ottanta anni lo ha sostanzialmente retto, dalla Riforma Gentile ai provvedimenti di Bottai, erano necessarie due condizioni: che la ristrutturazione dei percorsi non fosse percepita come “calata dall’alto”, ma che, fermi i principi, fosse affinata da un serio, rigoroso, cadenzato dibattito; che i nuovi percorsi venissero pienamente recepiti e fatti propri da chi poi è chiamato a dare gambe e respiro ai nuovi assetti, in primo luogo, dunque, dai dirigenti scolastici e dai docenti, ma anche dalle famiglie e dagli stessi studenti che, vivendo l’attuale assetto dei cicli, sono in grado di dare utili indicazioni.
Due condizioni incompatibili con i due mesi disponibili oggi. Per questo, più che di un rinvio, si deve parlare dell’apertura di una fase di dibattito che ha una scadenza precisa, il giugno 2009, e l’anno scolastico 2010/2011 per quanto riguarda l’attuazione.
Chi conosce Mariastella Gelmini, sa che la parola “ritirata”, ancorché strategica, non fa parte del suo vocabolario. C’è un’altra parola che invece lo domina, ed è buonsenso. L’assenza del quale ha fatto fallire tutti i tentativi di riforma provati dal 1923 ad oggi. Che invece questa sia la volta buona?
Max Bruschi
Consigliere del Ministro per l'Istruzione, l'università e la ricerca