mercoledì 19 dicembre 2007

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Le nuove catacombe
2) Indonesia: chiusura forzata e minacce alle chiese
3) IRAN - Il nervosismo del regime iraniano si "sfoga" sulla popolazione
4) «Spe Salvi», dai Campi Elisi di Virgilio al Paradiso cristiano
5) Giussani e Majo, cinquant’anni di un’amicizia
6) Il boia va in pensione. Viva l'Italia, di Renato Farina
7) E ora la moratoria per l'aborto, di Giuliano Ferrara
8) Omicidi in famiglia, uno su tre è annunciato, 19 Dicembre 2007, Giornale
9) Le lettere inedite di Boris. «Così è nato il mio Zivago»



Le nuove catacombe
Di Daniele Zappalà
Avvenire 18/12/2007
Il j’accuse dello studioso Thomas Grimaux: «Per integralismo islamico e comunismo la persecuzione contro i cristiani è una dottrina sistematica»
«Da circa un decennio, si assiste a una regressione terribile delle condizioni di vita dei cristiani in tutti i Paesi musulmani, praticamente senza eccezioni». È la principale denuncia che lo scrittore francese Thomas Grimaux ha voluto lanciare nel suo 'Libro nero delle nuove persecuzioni anticristiane', un saggio-testimonianza appena pubblicato in Francia e in Svizzera dalle edizioni Favre.
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
«Ho vissuto per oltre un decennio in Paesi della Penisola arabica, dell’Africa orientale e dell’Europa orientale dove i cristiani sono esclusi e perseguitati. E ho serbato tanti ricordi di incontri che non mi lasciano il diritto di tacere, tanto più che questa verità è spesso ignorata. Come in passato, le persecuzioni fanno parte ancora della storia della Chiesa. E forse fin quando la Chiesa continuerà ad annunciare la fede, essa sarà perseguitata da chi non sopporta di confrontarsi con la verità cristiana».
Rispetto al passato, lei sostiene che ci troviamo oggi 'in un’epoca di persecuzioni nuove'. Perché?
«La natura delle persecuzioni cambia. All’epoca di Nerone, si contavano alcune decine di migliaia di perseguitati, mentre oggi le persecuzioni riguardano in modo più o meno diretto decine di milioni di cristiani. In Cina, India, Nigeria e in tanti altri Paesi. In altri tempi, inoltre, le persecuzioni erano spesso legate ai timori politici di dittatori isolati, spesso un po’ folli. Al giorno d’oggi, le persecuzioni sono invece sempre più legate a dottrine strutturate che intendono esplicitamente sradicare il cristianesimo partendo da assunti filosofici o a sfondo religioso. Lo si è visto chiaramente col comunismo, ma ciò è vero anche per le correnti integraliste islamiche. Si passa insomma dagli atti isolati a forme sistematiche e premeditate».
Il carattere 'strutturato' di queste dottrine implica una certa istituzionalizzazione dell’anticristianesimo?
«Quando chi promuove questa concezione anticristiana prende il potere o è sufficientemente forte in un Paese per influire sulle leggi, come in Indonesia, in India, nello Sri Lanka e nella Penisola arabica, la persecuzione può prendere forme istituzionali. Dagli attentati anticristiani su scala locale commessi da singoli individui si passa a una restrizione dell’azione della Chiesa ordinata dallo Stato».
Può farci qualche esempio?
«In Turchia, la Chiesa continua a non avere uno statuto giuridico. In molti altri Paesi, lo Stato rifiuta un’esistenza legale in particolare alla Chiesa cattolica. In Stati dell’India come l’Uttar Pradesh si rifiuta persino che il Vaticano possa finanziare delle scuole aperte a bambini di qualsiasi religione. In Arabia Saudita, nessuna messa viene celebrata, se non si considerano quelle nell’Ambasciata italiana. In Corea del Nord, è impossibile avere un luogo di culto».
L’Europa resta una terra di persecuzioni?
«Le distruzioni e gli incendi dolosi di chiese o le profanazioni di cimiteri continuano a macchiare l’attualità. Ma non si possono tacere neppure i tratti anticristiani di certe politiche condotte a livello europeo. Vi è una volontà reale di limitare o negare il ruolo della Chiesa. In altri continenti, assistiamo a persecuzioni violente, mentre in Europa prevalgono quelle più subdole.
In Francia, ad esempio, un prete cattolico non ha il diritto d’insegnare in un’università pubblica. Si tratta di una legge del 1916 mai messa in causa. Senza contare gli insulti gratuiti al cristianesimo nei film o nelle pubblicità».
Chi sono oggi i maggiori persecutori su scala planetaria?
«Nell’orbita comunista, occorre citare innanzitutto la Cina, Paese dove non si conosce esattamente il numero di vescovi ancora in vita e quello dei preti incarcerati. Ma occorre ricordare anche Cuba, il Venezuela e gli altri Paesi dove restano attive le manipolazioni marxiste, nonostante la caduta del Muro. Negli ex-Paesi sovietici, chi comanda proviene ancora spesso dalle vecchie nomenclature e non ha cambiato i suoi atteggiamenti. Ma anche le correnti induiste e buddiste ultranazionaliste e ultrasettarie predicano l’odio anticattolico nell’India del Nord e nello Sri Lanka. Qui, i processi contro gli assassini di religiosi cristiani o sulle aggressioni di gruppo anticristiane non sfociano mai su nulla. Tutto viene frenato dall’alto, nonostante spesso si conoscano i responsabili. La polizia resta inerte».
Molto spazio del suo libro è dedicato alla condizione dei cristiani nei Paesi islamici come l’Egitto. «In Egitto, ho potuto incontrare vari testimoni che mi hanno confermato la recrudescenza dei sequestri e delle violenze su giovani donne cristiane.
Sul piano legale, non ci sono in pratica deputati cristiani e nei manuali scolastici gli insulti contro il cristianesimo sono regolari. In genere, nessun professore d’arabo può essere cristiano. Persino al Cairo e nelle altre grandi città, le giovani donne cristiane portano ormai il velo come le musulmane per evitare di essere insultate o aggredite. Ma anche in Iraq, Iran, nel Nord della Nigeria e in altri Paesi le persecuzioni subdole quotidiane possono trasformarsi in un attimo in aggressioni fisiche. Credo non sia più esagerato, in certi Paesi, porsi la questione terribile di possibili involuzioni genocidarie future».


Indonesia: chiusura forzata e minacce alle chiese
I cristiani si appellano alla Commissione Nazionale per i Diritti Umani
GIACARTA, martedì, 18 dicembre 2007 (ZENIT.org).- La comunità cristiana dell'Indonesia, attraverso i suoi più alti rappresentanti, ha diffuso e presentato un dettagliato rapporto alla Commissione Nazionale per i Diritti Umani per segnalare i problemi sulla chiusura forzata delle chiese cristiane, a causa delle pressioni di gruppi fondamentalisti islamici.
Il rapporto – informa l'agenzia “Fides” della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli – è stato illustrato nel corso di una visita compiuta da monsignor Martinus Situmorang, Presidente della Conferenza Episcopale d'Indonesia, e dal reverendo Andreas Yewangoe, Presidente della Comunione delle Chiese protestanti dell'Indonesia.
I due sono stati ricevuti da Jery Simanjuntak, Capo della Commissione Nazionale, che dispone di un apposito team investigativo e ha il compito di segnalare al governo le irregolarità riguardo al rispetto dei diritti umani nel Paese.
“Il documento redatto dalla comunità cristiana – afferma l'agenzia missionaria – riporta che, fra il 2004 e il 2007, 108 edifici cristiani, muniti di regolare autorizzazione per il culto, hanno ricevuto minacce o sono stati costretti a chiudere i battenti - per un tempo breve o lungo - a causa delle manifestazioni di gruppi fondamentalisti”.
“Il rapporto, riportando l'elenco delle chiese e le date degli episodi di violenza, denuncia una chiara violazione dei diritti civili delle chiese e dei diritti umani dei fedeli cristiani, impossibilitati ad esercitare la loro libertà di culto”, si legge ancora.
Per questo è stato chiesto al governo di adottare contromisure in grado di fermare le pretese dei gruppi fondamentalisti.

In alcune dichiarazioni a Fides monsignor Situmorang ha dichiarato che quello delle minacce alle chiese “è un problema per la libertà di culto e di religione in Indonesia; rappresenta un problema per le autorità e le forze dell'ordine, che non riescono a garantire l'ordine, la giustizia, la sicurezza a comuni cittadini”.
Inoltre, ha continuato, “è un fenomeno che va contro la Costituzione indonesiana, molto chiara a riguardo, e contro la Pancasila, l'insieme dei principi generali che la regolano”.

La Commissione ha assicurato che svolgerà le indagini necessarie, soprattutto monitorando gruppi come l'Islamic Defenders Front e l'Anti Apostacy Alliance, che in passato si sono resi promotori di attacchi a chiese cristiane.
“Temo che questi episodi possano danneggiare l'immagine internazionale dell'Indonesia, se non saremo capaci di difende i diritti umani nel nostro territorio”, ha sottolineato Yoseph Adi Prasetyo, membro della Commissione.

In Indonesia, ha sottolineato a Fides padre Ignazio Ismartono, S.I., coordinatore del "Servizio di crisi e riconciliazione" della Conferenza Episcopale indonesiana, "la maggioranza dei fedeli musulmani sono moderati, ma esistono piccoli gruppi fanatici che intendono minare l'armonia interreligiosa".
Il sacerdote gesuita, in una recente intervista rilasciata all'agenzia Fides, ha spiegato che nell'arcipelago il dialogo interreligioso "funziona e dà buoni frutti", ma che a volte "vi è l'uso strumentale della religione per motivi politici. Per questo bisogna rendere le persone consapevoli di questo rischio".
I cristiani, ha detto, cercano "di scongiurare in ogni modo l'insorgere di conflitti, di intessere buone relazioni con i musulmani e di promuovere manifestazioni e campagne comuni, per evitare questi pericoli".
I musulmani in Indonesia sono circa l'85% dei 220 milioni di abitanti, mentre i cristiani rappresentano in totale il 10% della popolazione. I cattolici sono circa 6 milioni.


IRAN - Il nervosismo del regime iraniano si "sfoga" sulla popolazione
Pressate dalla comunità internazionale, le autorità portano avanti una violenta campagna di intimidazione per dissuadere gli iraniani dal partecipare a qualsiasi forma di protesta contro il governo o l’autorità maschile in famiglia. Chiusi numerosi internet point che non rispettano i valori islamici, donne arrestate, esecuzioni capitali trasmesse alla tv di Stato. E domani una giovane moglie, vittima delle violenze del marito sarà giustiziata nel carcere di Evin per essersi ribellata.

Teheran (AsiaNews) – Il nervosismo del regime iraniano, pressato da parte della comunità internazionale sulle questioni del nucleare e del rispetto dei diritti umani, continua a “sfogarsi” sulla popolazione. Preoccupate che il diffuso malcontento popolare dia vita a sempre maggiori forme di protesta e manifestazioni anti-governative, le autorità iraniane portano avanti la loro campagna intimidatoria fatta di impiccagioni pubbliche, arresti di studenti, condanne capitali a donne e minorenni, chiusura di internet point che non rispettano i valori islamici.
Le notizie di impiccagioni, soprattutto quelle pubbliche, fanno parte della propaganda di regime per far desistere la popolazione dal partecipare a proteste di piazza o anche solo ad alzare la testa contro l’autorità costituita sia in famiglia che nella società. È prevista per domani, nel famigerato carcere Evin di Teheran, l’esecuzione di una giovane donna colpevole di essersi difesa dalle violenze inflittile dal marito. Rahele lo ha ucciso alcuni anni fa per mettere fine ad una vita di soprusi. La donna, madre di due figli di 5 e 3 anni, chiede alla suocera di perdonarla ed evitarle la morte. La legislazione iraniana, ispirata alla “legge del taglione”, consegna nelle mani della famiglia della vittima la sorte di chi ha commesso volontariamente o involontariamente un omicidio. Ma Rahele per prima è una vittima, una vittima della violenza domestica praticata prevalentemente da parte dei mariti e dei padri contro le loro donne e figlie, nell’impunità.
Lo scorso 11 dicembre, invece, la tv di Stato ha trasmesso le immagini dell'impiccagione di un detenuto ad una gru davanti ad una gran folla. La stessa emittente ha poi diffuso le immagini di altri tre condannati, impiccati ad un’impalcatura all'interno di un cortile della polizia, nella città nord-orientale di Bonjnourd. L’usanza di filmare le esecuzioni capitali e diffonderle sui internet si è sviluppata solo negli ultimi due anni e secondo esperti è un chiaro segno del nervosismo che regna tra i mullah iraniani.
La repressione si scatena anche contro i luoghi di incontro e di flusso di informazioni dall’esterno: università ed internet point. Il colonello Nader Sarkari, agente delle Forze speciali statali (SSF), ha reso noto all'agenzia ufficiale IRNA che solo tra il 14 e il 15 dicembre 435 coffee shop sono stati perquisiti, 170 ammoniti e “23 persone sono state arrestate”, di cui 11 sono donne. “Uso di videogiochi immorali, foto oscene e la presenza di donne che indossano hijab impropri, sono tra le ragioni che hanno imposto l’applicazione di misure restrittive", ha detto Sarkari. La chiusura degli internet point coincide con una nuova ondata di oppressione verso le donne con il pretesto dell' "abbigliamento improprio".


«Spe Salvi», dai Campi Elisi di Virgilio al Paradiso cristiano
idee
Una giusta retribuzione del bene e del male, un Giudizio che ristabilisca per l'eternità l'ordine dei valori. Quei «novissimi» ricordati dal Papa e intuiti dagli antichi
Avvenire, 19.12.2007
DI MARTA SORDI

D opo le brevi osservazioni che ho fatto su «Il Foglio» sulla prima parte dell’enciclica Spe salvi, a proposito dell’invito «a rende­re conto della speranza che è in noi» in un mondo, quello greco e romano del I secolo d.C., «senza Dio e senza spe­ranza in questo mondo», ma pur pie­no, come rivelano i poeti dell’ultima repubblica, della disperata attesa di un Dio presente, mi sembra giusto richia­mare l’attenzione su quello che è, nel­l’enciclica, l’oggetto della speranza, la vita eterna: non c’è dubbio infatti che è questo il contenuto fondamentale dell’enciclica stessa. Una vita eterna che il mondo contemporaneo, tutto te­so a un compimento puramente ter­reno dell’umanità e a un progresso de­terminato dal trionfo di una ragione e di una libertà sganciate da ogni rap­porto con Dio, non desidera e per la quale non mostra neppure interesse: in questo contesto una vita «intermina­bile » fa addirittura paura, a chi conce­pisce l’eternità «come il continuo sus­seguirsi di giorni di calendario» e non «come il momento colmo di appaga­mento in cui la totalità ci abbraccia e noi abbracciamo la totalità» (par. 12). Un momento in cui saremo «sopraf­fatti dalla gioia», secondo la promessa di Gesù in Joh. 16,22. L’immergersi in questo «oceano dell’infinito amore, in cui il tempo – il prima e il dopo – non esiste più» (ib), presuppone però un Giudizio, che l’enciclica definisce, al pari della preghiera dell’agire e del sof­frire, come «un luogo di apprendi­mento e di esercizio della speranza» (par. 4l sgg.): «l’immagine del Giudizio finale è, in primo luogo, non un’im­magine terrificante, ma un’immagine di speranza... la grazia non esclude la giustizia, non cambia il torto in diritto. Non è una spugna che cancella tutto, così che quanto si è fatto sulla terra fi­nisca per avere sempre lo stesso valo­re... I malvagi alla fine, nel banchetto e­terno non siederanno indistintamen­te a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato» (par. 44).
Contro il buonismo diffuso nella cul­tura dominante del nostro tempo, che finisce per ignorare l’esistenza del ma­le e umilia la stessa libertà umana, il Pa­pa ricorda l’esigenza che da sempre l’umanità ha mostrato per una giusta retribuzione del bene e del male e di un Giudizio che ristabilisca per l’eter­nità l’ordine spesso capovolto nella vi­ta terrena (ib. 44) e cita, fra i Greci, Pla­tone, che nel Gorgia (525a-526c) rap­presenta il giudice ultraterreno nel­­l’atto di punire i malvagi e di premia­re i buoni; si potrebbe aggiungere, per il mondo romano, due bellissimi pas­si del VI libro dell’Eneide virgiliana, in cui il poeta (v. 608 sgg. 661 sgg.) vede puniti nel Tartaro, al di là dei soliti per­sonaggi della mitologia, i molti pecca­tori anonimi che, dum vita manebat,
odiarono i fratelli e i genitori, ingan­narono i clienti, e i padroni che go­dettero da soli le loro ricchezze senza farne parte ad altri, commisero adul­terio e provocarono guerre empie, e vede premiati nei Campi Elisi coloro che morirono combattendo per la pa­tria, i sacerdoti casti, coloro che bene­ficarono l’umanità con invenzioni at­te a migliorare la vita e che con i loro meriti ottennero il ricordo degli uo­mini.
Inferno, Purgatorio e Paradiso, di cui si parla ormai molto poco nelle prediche domenicali, sono «il frutto di una scel­ta di vita fatta dall’uomo», che con la morte diventa definitiva (par. 45): «Pos­sono esserci persone che hanno di­strutto totalmente in se stesse il desi­derio della verità e la disponibilità al­l’amore... in cui non ci sarebbe più niente di rimediabile e la distruzione del bene sarebbe irrevocabile... e pos­sono esserci persone purissime, che si sono lasciate interamente penetrare da Dio e di conseguenza sono total­mente aperte al prossimo... il cui an­dare verso Dio conduce solo a compi­mento ciò che ormai sono».
Estremamente confortante, in questa mirabile ripresa di argomenti troppo spesso dimenticati, è infine l’accenno nel paragrafo 46 al Purgatorio, consi­derato con lucido realismo «secondo le nostre esperienze» la sorte che ri­guarda la gran parte degli uomini, nei quali «rimane presente, nel più profon­do della loro essenza, un’ultima aper­tura interiore per la verità, per l’amo­re per Dio», ma che nelle concrete scel­te della vita è ricoperta da «sempre nuovi compromessi col male». Dob­biamo a mio avviso essere molto gra­ti a Benedetto XVI per questa encicli­ca che ha il coraggio di riproporre te­mi fondamentali della nostra fede, og­gi purtroppo oscurati fra gli stessi cre­denti.



Giussani e Majo, cinquant’anni di un’amicizia

Avvenire, 19.12.2007
Pubblicato per la prima volta nel 75° compleanno di Luigi Giussani, il libro «Lettere di fede e di amicizia ad Angelo Majo» (cioè al sacerdote già compagno di seminario e poi amico di una vita) viene oggi riproposto dalle edizioni San Paolo (pagine 150, euro 10) come documento dell’animo appassionato del fondatore di Comunione e Liberazione. Il volume raccoglie, appunto, le lettere inviate da don Giussani a don Majo in oltre cinquant’anni, dalla fine della guerra all’inizio del 1997. In esse è possibile cogliere l’amore per il Cristo, la cui presenza nella vita degli uomini è avvertita in modo quasi fisico come conseguenza dell’incarnazione. Da qui nascono Gioventù Studentesca e Comunione e Liberazione, di cui nelle lettere si percepiscono la forza innovativa e la crescita tumultuosa. Non mancano gli accenni ai momenti difficili, l’amarezza per l’incomprensione nella Chiesa e nella società. In appendice un profilo di Angelo Majo a cura di Giuliano Vigini, e il testo «Elogio dell’amicizia» di Giussani, oltre a un suo profilo scritto da Massimo Camisasca.

19 Dicembre 2007 – Libero, Il boia va in pensione. Viva l'Italia



19 Dicembre 2007 – Foglio, E ora la moratoria per l'aborto



19 Dicembre 2007 – Giornale, Omicidi in famiglia, uno su tre è annunciato



19.12.2007, Le lettere inedite di Boris. «Così è nato il mio Zivago»