domenica 16 dicembre 2007

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Ora pagano per convincerci che gay è bello
2) L'Europa si rifà il look e strizza l'occhio agli omosex
3) I DIRITTI IN EUROPA - AMBIGUITÀ E NON SOLO MERITI NELLA CARTA


Ora pagano per convincerci che gay è bello
Il governo olandese ha stanziano 2,5 milioni di euro per promuovere una campagna finalizzata a far considerare come “normale” il comportamento omosessuale presso quegli ambienti e quelle persone che seguono “uno stile di vita religiosamente ortodosso” e a motivo del loro credo considerano la pratica omosex come un peccato. Si pretende infatti di “catechizzare” con i soldi pubblici chi la pensa diversamente sulla pratica omosessuale. Il commento di Mons.Luigi Negri, vescovo di San Marino: «Si vuole eliminare la concezione cristiana della vita»…
di Andrea Tornielli


1) Ora pagano per convincerci che gay è bello
Due milioni e mezzo di euro, quasi 5 miliardi di vecchie lire, da destinare a una campagna contro l’omofobia, per convincere chi «segue uno stile di vita religioso più ortodosso» della «normalità » dell’omosessualità. Li investirà dal 2008 al 2011 il governo olandese, che nei giorni scorsi ha annunciato il finanziamento. Dunque, chi segue uno stile di vita religiosamente «ortodosso» dovrà essere catechizzato e convinto che non c’è nulla di male o di riprovevole nel comportamento omosessuale.
Ronald Plasterk, dallo scorso febbraio ministro dell’Educazione, proveniente da una famiglia cattolica, presentando il progetto ha ammesso che gli omosessuali godono in Olanda degli stessi diritti di qualsiasi altro cittadino, ma ha spiegato che «dal punto di vista sociale l’accettazione dell’omosessualità non è così automatica soprattutto presso alcune minoranze etniche o presso persone che seguono stili di vita religiosamente ortodossi». Nel mirino del governo sono innanzitutto i giovani musulmani, nelle scuole, nelle palestre e nelle associazioni. Ma è evidente che anche qualche cattolico potrebbe rientrare nelle categorie «a rischio», come chiunque altro abbia nel suo subconscio qualche obiezione alle pubbliche manifestazioni di omosessualità. L’attivista gay Franc van Dalen, presidente nazionale dei gruppi gay olandesi (Federazione delle associazioni per l’integrazione dell’omosessualità in Olanda), ha ricordato che un recente sondaggio tra la popolazione del suo Paese ha dimostrato che il 48% dei cittadini rimane scioccato nel vedere due uomini che si baciano e che questa percentuale sale al 75 fra gli immigrati. L’Olanda è stato il primo Paese al mondo a istituire il matrimonio tra persone dello stesso sesso e a consentire a due partner gay di adottare un bambino. Il governo olandese, ha spiegato il ministro per l’Aiuto allo sviluppo olandese, Bert Koenders, «promuoverà al massimo l’uguaglianza dei diritti per i gay, e su ciò non si discute». Per questo sono state date istruzioni agli ambasciatori di aumentare le pressioni nei confronti di quelle nazioni che criminalizzano l’omosessualità.
Dalle dichiarazioni dei ministri olandesi, si comprende però chiaramente che l’obiettivo della campagna non sono i diritti dei gay, quanto il tentativo di convincere chi ha sull’omosessualità opinioni diverse – in base a credenze religiose – per «rieducarli». «Usare denaro pubblico per questo tipo di campagne – dichiara al Giornale Carlo Casini, parlamentare europeo, docente di diritti umani e di bioetica, presidente del Movimento per la vita italiano – mi sembra qualcosa che si avvicina al totalitarismo. Oggi si dibatte molto sulla possibilità che hanno i governi di influenzare gli stili di vita dei loro cittadini, ad esempio con campagne per una corretta alimentazione o contro il fumo. Io mi domando – continua Casini – se non vi sia da parte dei governi una responsabilità precisa nel promuovere campagne per il rispetto dei diritti umani, primo fra tutti quello alla vita, dal suo concepimento al suo fine naturale». «Nessuno vuole negare diritti agli omosessuali, che in quanto persone godono degli stessi diritti di tutti i cittadini. Ma i rapporti tra di loro, la loro compagnia, non è qualcosa che abbia un pubblico interesse.
L’interesse pubblico, come sancito nella Dichiarazione dei diritti umani, è rappresentato dalla famiglia, nucleo fondamentale della società. I gay non possono pretendere che i loro privati legami affettivi diventino di pubblico interesse. Il caso olandese, va oltre. Oltre il Grande Fratello di orwelliana memoria: si pretende di colpire, di “rieducare” chi la pensa diversamente sull’omosessualità!».
Il Giornale 15 dicembre 2007

2) «Con le campagne pro-gay vince il mondo dell’irreale»
«Leggendo la notizia che il Giornale ha pubblicato sulla campagna olandese in favore dell’omosessualità non ho potuto fare a meno di ricordare una frase di San Girolamo, che scriveva: «Il demonio scimmiotta Dio e vuole creare un’altra realtà...». È duro il commento del vescovo di San Marino e Montefeltro, Luigi Negri. Il prelato, che ha appena dato alle stampe un libro dedicato al magistero sociale della Chiesa («Per un umanesimo del terzo millennio», edizioni Ares) critica la decisione dell’Olanda di spendere 2,5 milioni di euro per una campagna finalizzata a «catechizzare» chi segue «stili di vita religiosamente ortodossi» per far comprendere la «normalità» dell’omosessualità.
«Si impiegano soldi – spiega – per ribadire la dignità intellettuale, morale e sociale di un fenomeno che anche una concezione naturale, non cristiana, considera complesso, difficilmente presentabile come “positivo” e “normale”. Attenzione, è giusto combattere l’omofobia e la discriminazione delle persone omosessuali. La dignità di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni, come insegna la Chiesa. Ma qui si tratta del riconoscimento statale del valore della pratica omosessuale e la pretesa di convincere con soldi pubblici chi la pensa diversamente. Davvero il mondo anticristiano vuole l’eliminazione radicale della concezione cristiana della vita attraverso la costruzione di un mondo dell’irrealtà, che si pretende essere l’unico vero, da imporre a tutti come l’unico possibile».
Immagina che ci possano essere ricadute in Italia? Come giudica la situazione nel nostro Paese?
«In Italia vedo un clima di acceso anticristianesimo, come dimostrano i recenti attacchi a qualsiasi segno che richiami al Natale per ciò che esso è, la nascita di Gesù. Nelle scuole lo si sostituisce con favole sui marziani o gli animaletti, si dice per non offendere le religioni diverse. La mentalità laicista però dimentica che l’islam non si è mai offeso per le nostre celebrazioni religiose. Sotto sotto c’è la volontà di eliminare la tradizione cristiana, considerata un’anomalia per l’attuale concezione tecno-scientista».
La Chiesa come risponde?
«La mia risposta è un’altra domanda, e cioè se coloro che guidano il popolo cristiano sono consapevoli della radicalità della sfida. Quando sono in grado di rimettersi di fronte alle domande fondamentali dell’uomo offrendo la strada del Vangelo, si sente vibrare attorno a noi una consapevolezza profonda. Quando invece non si segue la strada dell’evangelizzazione, ci si perde in pseudo-problemi di tipo ideologico».
Il Giornale domenica 16 dicembre 2007


L'Europa si rifà il look e strizza l'occhio agli omosex

Il Trattato europeo si firma, per la seconda volta in tre anni, senza nominare i simboli. E nemmeno le radici giudaico-cristiane, per non scandalizzare i filo-massoni…


Scompaiono dalle istituzioni europee la bandiera con le dodici stelle e l'Inno alla gioia di Beethoven. Sopravviveranno ufficiosamente ma, per far contenti tutti, il Trattato europeo si firma, per la seconda volta in tre anni, senza nominare i simboli. E nemmeno le radici giudaico-cristiane, per non scandalizzare i filo-massoni à la Chirac. Ora sono ventisette i Paesi comunitari che dovranno ratificarlo. Per evitare sgradite sorprese, come quelle uscite nel 2005 dai referendum francese e olandese, stavolta si aggirerà l'ostacolo del consenso popolare. Dovunque, tranne che in Irlanda, dove la Carta fondamentale impone il ricorso al referendum, si passerà dai Parlamenti nazionali, con l'obiettivo di far approvare il documento prima delle elezioni Europee 2009. Dopo la firma della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue, avvenuta mercoledì a Strasburgo, anche il Trattato va incontro, con la stessa formulazione, alle aspettative dei gay con l'articolo 5, che recita: «Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale». Con la differenza che il riferimento all'orienta mento sessuale, già contenuto nella Carta dei diritti, lanciata come documento non vincolante dal Trattato di Nizza, con quello di Lisbona diventa vincolante. Una frasetta, che obbligherà ad adeguare gli ordinamenti nazionali ad applicare le orme anti-omofobia. A meno di una petizione popolare.
LIBERO 14 dicembre 2007


I DIRITTI IN EUROPA - AMBIGUITÀ E NON SOLO MERITI NELLA CARTA
Avvenire, 16.12.2007
FRANCESCO D’AGOSTINO
La soddisfazione con la quale Stefano Rodotà ( Repubblica, 12 dicembre, p. 26) dà notizia della proclamazione della Carta dei diritti dell’Unione eu­ropea ha ragioni adeguate, che lo stesso Rodotà espli­cita come meglio non si potrebbe: «la Carta dei diritti fondamentali... individua le linee guida dell’azione del­l’Unione, non più riducibili alla pura logica economi­ca, ma fondate sui diritti delle persone». Insomma, con la Carta l’Unione, ponendo la persona al centro della sua azione e insistendo esplicitamente sul principio di dignità, ha di fatto voluto realizzare una vera 'costitu­zionalizzazione' della persona.
È però dovere di onestà intellettuale, una volta ricono­sciuti alla Carta i suoi meriti, rilevare come in essa sia­no state insinuate ambiguità e siano presenti omissio­ni, che ne possono purtroppo favorire una lettura fran­camente inaccettabile: la cosa è particolarmente gra­ve, perché si tratta di un testo che parla di diritti fon­damentali e che quindi dovrebbe usare parole ed e­spressioni il più possibile univoche. La cosa curiosa è che lo stesso Rodotà (consapevolmente?) ce ne forni­sce subito alcuni esempi. Egli afferma che l’articolo 9 della Carta ha fatto cadere (?) il riferimento alla diver­sità di sesso per quanto riguarda la costituzione di u­na famiglia.
Ma non appartiene alla tradizione costituzionale (ivi compresa quella italiana, si veda l’articolo 29 della no­stra Costituzione) insistere sul requisito della diversità di sesso tra i coniugi! Il testo dell’articolo 9 della Carta europea dei diritti, intitolato «Diritto di sposarsi e di co­stituire una famiglia», letto per quello che in esso è scritto, si limita semplicemente a dire che «il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono ga­rantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio». L’articolo vuole salvaguardare le ben note differenze che all’interno dell’Unione caratterizzano il diritto di famiglia. Il problema naturalmente non è pic­colo, ma interpretare questo articolo come una inten­zionale apertura al matrimonio tra omosessuali è un’autentica forzatura ermeneutica e ideologica.
Quanto all’articolo 21 della Carta, che ribadisce il di­vieto di ogni discriminazione, anche di quelle fondate sulle tendenze sessuali, e che Rodotà richiama con sod­disfazione, perché non riconoscere che è linguistica­mente infelice e giuridicamente troppo vago? Possia­mo certamente riferirci all’omosessualità come a una «tendenza sessuale», ma come negare che possono pa­rimenti essere ritenute «tendenze sessuali» la pedofi­lia, il sadismo, la necrofilia, ecc.? È troppo pretendere da una Carta dei diritti che alcuni ritengono abbia un valore epocale un uso rigoroso del linguaggio?
Le critiche che Benedetto XVI ha rivolto non ai diritti umani, si badi, ma alle rinnovate pressioni per qualifi­care come tali (anche attraverso vaghezze linguistiche come quelle cui ho appena fatto cenno) pretese sog­gettive, individualistiche e fondamentalmente arbitra­rie (tutto l’opposto cioè di ciò che dovrebbe essere ri­tenuto un 'diritto'), non possono essere riduttivamente considerate alla stregua di una indebita intenzione del­la Chiesa di «sostituire ai valori costituzionali quelli propri della sua dottrina»: Rodotà, che pure è grande giurista, si fa accecare spesso da simili pregiudizi.
La critica alla distorsione soggettivistica e al fonda­mento esclusivamente positivistico dei diritti umani non è stata attivata dal magistero ecclesiastico, per o­scure e indebite ragioni confessionali: la Chiesa l’ha fatta propria partendo dal più alto dibattito filosofico­giuridico che attraversa tutta la seconda metà del No­vecento e che trova le sue radici, come si sa, oltre che nel pensiero di studiosi appartenenti alla tradizione del giusnaturalismo classico (che peraltro non va pen­sato come esclusivamente 'cattolico') anche in Nietz­sche, anche in Marx.
Il fatto che oggi, tramite l’insegnamento del Pontefice, queste tematiche vengano riproposte all’attenzione dell’opinione pubblica è semplicemente una conferma (ma come può ignorarlo Rodotà?) che il cattolicesimo si fa carico del bene umano universale e non sempli­cemente del bene confessionale dei credenti.
Chi vuole criticare Benedetto XVI è ovviamente libe­rissimo di farlo, ma lo faccia – per favore – usando ar­gomenti di sostanza e non rispolverando i soliti, pigri pregiudizi anticlericali.