venerdì 14 dicembre 2007

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Non riduciamo la teologia di Benedetto a fede dei semplici
2) ED ANCHE A LOURDES IRROMPE L'ANTICRISTO
3) Venezia - Scola: ci spiega che donarsi è il culmine dell’amore
4) Quell'inutile spreco di risorse che sta uccidendo la scuola, di Giorgio Vittadini



Non riduciamo la teologia di Benedetto a fede dei semplici
di Pietro De Marco
L’Occidentale
Il penetrante giudizio di Gianni Baget Bozzo (consultabile anche in ragionpolitica.it) sull’enciclica Spe salvi è apparso con un titolo, La fede di semplici, che conferma un topos, un diffuso ed efficace argomento dell’intelletto “cattolico”, interno ed esterno alla appartenenza ecclesiastica, contro le teologie e i teologi della stagione postconciliare. Benedetto XVI emerge quale difensore della fede comune; come scrive Baget Bozzo, “questa enciclica del Papa conforterà dunque la fede dei semplici credenti, che hanno creduto alla vita eterna (…), quindi nell’immortalità dell’anima, con cui la Chiesa, fino a qualche decennio fa, aveva espresso il punto di contatto tra il tempo e l’eternità”. Dirò subito in quale senso questa implicita, e rassegnata, diagnosi dell’isolamento di papa Ratzinger mi sembri, di fatto e in linea di principio, da non coltivare.
Avevo sentito dire qualcosa di simile, nel corso di un dibattito, da uno studioso laico di prestigio e di robusta cultura, anche religiosa. Prima di lui un teologo, ed ecclesiastico, non più giovane, molto noto in Italia, aveva spiegato ad un pubblico perplesso, in verità, come la Speranza teologale cristiana sia senza un oggetto certo (in virtù del carattere solo metaforico della Scrittura e del Simbolo), ma sussista come interpretazione ed elevazione dell’impulso vitale della storia umana e cosmica. Il laico (che serenamente e pubblicamente si afferma cristiano) ha osservato al nostro teologo che di fronte alle sofisticazioni si pone la fede comune che ha difficoltà ad accedere (e forse accettare) le conclusioni teologiche, ma che conserva egualmente una sua dignità e ragione d’essere (anche teologica). L’osservazione era semplice e garbata, più semplice e garbata di come la propongo qui, ma mirava consapevolmente ad un bersaglio importante, la evanescente teologia contemporanea, anche cattolica, nella sua modernizzante estraneità alla fede trasmessa e vissuta.
Consento, s’intende. Molti anni fa avevo incontrato nel saggio di un indianista una salutare durezza polemica nei confronti degli “intellettuali” (teologi) delle diverse religioni, rigoristicamente ciechi di fronte alla ordinaria proliferazione del divino presso e per gli uomini semplici, i fedeli. Consento, ma a condizione di un chiarimento essenziale.
A mio avviso, sul terreno cattolico, la dicotomia tra una teologia modernisticamente smarrita e una fede communis è inesatta e, in sede polemica, persino controproducente. Le teologie senza Trascendenza e senza Anima, senza Dogma trinitario né Sacrificio eucaristico, le teologie come ermeneutiche e terapeutiche filosofiche rivestite di verbiage comunitario, non sono la sola teologia (non certamente la teologia cattolica) contemporanea. Come una rigorosa teologia cattolica potrebbe affermare la incompatibilità di “un Supremo Ente personale alla guida del mondo” e la libertà umana, o una concezione dell’anima come “scarto tra il totale della nostra energia e l’energia che in noi si esprime come corpo” (Mancuso)?
La diversità del papa teologo questo ne è, in quanto teologo, una prova; Benedetto non protegge con linguaggi desueti una religio popolare; pratica teologia da teologo, non isolato, e teologia rigorosa. Per grazia di Dio nella chiesa cattolica non si è cessato di fare e si fa teologia diversamente dalle derive che pure le appartengono ma che non la saturano. Ed avviene che anche nei Seminari e nelle Facoltà Teologiche dei seminaristi mostrino tutta l’insoddisfazione per la riproposizione di tesi teologiche “critiche” e progressiste di fronte alla loro sete di un pieno e rigoroso credere.
Ma una essenziale distinzione vale anche per il “popolo”, per i “semplici”. Certo, non solo il fervido popolo di Radio Maria, ma il prevalente consenso dei praticanti chiede (o avvalora) un’altra teologia - e possiede altra teologia implicita - da quelle “moderne”. Ma molti laicati parrocchiali “militanti” attingono al minimalismo e/o neomodernismo teologico degli intellettuali-teologi che vendono in libreria; questi laicati sono entro la deriva teologica, la traucono in una catechesi e pastorale teologicamente minimalistica. Così, inevitabilmente, anche il popolo credente è diviso.
Il poco sapere dei credenti, registrato dai sondaggi “sociologici”, è anche il risultato di un deliberato, pluridecennale, vacuum teologico-catechetico e omiletico che si pretende teologicamente giustificato. Si chiedeva un amico, giorni fa: “Il primo giorno di catechismo è stato detto al mio figlio piccolo che l’Inferno non esiste; come devo comportarmi con i catechisti?”.
Il quadro e la portata dei dissensi ecclesiali di oggi non si riduce, dunque, al conflitto tra i vizi dell’intelletto e la forte fede dei semplici; lasciamo questa scontata letteratura ai Cento chiodi di Olmi, il cui “Gesù” è, peraltro, il tipo della vacuità teologico-esegetica contemporanea. Al collasso della fede (la fides quae, la Fede nel suo contenuto, che è ciò che conta) nella teologia neoterica non si oppone solo il Popolo cristiano, che facilmente può anzi esserne vittima; deve opporsi anzitutto e, di fatto, si oppone una operosità teologica radicata nella Tradizione e interprete di un Concilio che (secondo rigorosa ermeneutica) non autorizza alcuna delle derive dogmatiche in atto da decenni. E vi si oppone, come suo mandato, il Magistero petrino. Questa teologia, che unisce dogma e predicazione (titolo di una importante raccolta di scritti di Joseph Ratzinger), è per sé coerente con la fede dei “semplici”.


ED ANCHE A LOURDES IRROMPE L'ANTICRISTO
I ripetuti richiami all’Anticristo del Vaticano. Dall’enciclica “Spe salvi” all’omelia del cardinale Dias a Lourdes, la Chiesa evoca l’avvento del Male. Ma la Vergine sarà con noi…
di ANTONIO SOCCI


È sorprendente ricevere una conferma tanto clamorosa e tempestiva da un'alta autorità come il cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli e stretto collaboratore del Papa. Sabato scorso, su queste colonne, avevo segnalato un "dettaglio" allarmante contenuto nella recentissima enciclica pontificia "Spe salvi": la menzione dell'Anticristo, tramite una citazione di Immanuel Kant. È assai raro oggi, nel mondo cattolico, sentir parlare di questo terribile personaggio profetizzato nel Nuovo Testamento. Colpisce ancor più vederlo evocare, in relazione ai tempi presenti, in un documento solenne come un'enciclica e da un Papa così rigoroso, pacato e colto come Benedetto XVI. Nell'articolo di sabato avevo ricordato che già il 27 febbraio scorso, nel più stretto entourage papale, si era riflettuto con il Pontefice su quell'inquietante profezia, durante gli esercizi spirituali predicati dal cardinal Biffi che citò "Il racconto dell'Anticristo" di Vladimir Solovev. Infine avevo rammentato che lo stesso Ratzinger, da cardinale, in un memorabile discorso tenuto a New York e a Roma, aveva citato quelle pagine.
PAROLE CLAMOROSE
Ma le parole pronunciate dal cardinale Dias sempre sabato scorso, poi pubblicate dall'Osservatore romano (fatto significativo), sono le più clamorose. Il prelato stava facendo la sua omelia nel santuario di Lourdes «per inaugurare, come inviato del Papa, l'Anno celebrativo del 150° anniversario delle apparizioni». Si tratta delle apparizioni della Madonna a Bernadette Soubirous, che iniziarono l'11 febbraio 1858. Nella solenne circostanza l'inviato del Papa ha portato «il saluto molto cordiale di Sua Santità» e poi ha detto: «La Madonna è scesa dal Cielo come una madre molto preoccupata per i suoi figli... È apparsa alla Grotta di Massabielle che all'epoca era una palude dove pascolavano i maiali ed è precisamente là che ha voluto far sorgere un santuario, per indicare che la grazia e la misericordia di Dio superano la miserabile palude dei peccati umani. Nel luogo vicino alle apparizioni, la Vergine ha fatto sgorgare una sorgente di acqua abbondante e pura, che i pellegrini bevono e portano nel mondo intero significando il desiderio della nostra tenera Madre di far arrivare il suo amore e la salvezza di suo Figlio fino all'estremità della terra. Infine, da questa Grotta benedetta la Vergine Maria ha lanciato una chiamata pressante a tutti per pregare e fare penitenza e così ottenere la conversione dei poveri peccatori». Il cardinale ha inquadrato queste apparizioni nel «contesto della lotta permanente, e senza esclusione di colpi, tra le forze del bene e le forze del male». Una lotta che sembra arrivata, nella nostra generazione, all'epilogo finale, preparato dalla «lunga catena di apparizioni della Madonna» nella modernità, iniziate «nel 1830, a Rue du Bac, a Parigi, dove è stata annunciata l'entrata decisiva della Vergine Maria nel cuore delle ostilità tra lei e il demonio, come è descritto nei libri della Genesi e dell'Apocalisse». È un vero affresco di teologia della storia quello tracciato dal cardinale che richiama anche Fatima e - ritengo - Medjugorje: «Dopo le apparizioni di Lourdes, la Madonna non ha smesso di manifestare nel mondo intero le sue vive preoccupazioni materne per la sorte dell'umanità nelle sue diverse apparizioni. Dovunque, ha chiesto preghiere e penitenza per la conversione dei peccatori, perché prevedeva la rovina spirituale di certi Paesi, le sofferenze che il Santo Padre avrebbe subìto, l'indebolimento generale della fede cristiana, le difficoltà della Chiesa, la venuta dell'Anticristo e i suoi tentativi per sostituire Dio nella vita degli uomini: tentativi che, malgrado i loro successi splendenti, sono destinati tuttavia all'insuccesso». È una frase breve, ma folgorante questa del prelato: la Madonna è apparsa così frequentemente in questo tempo «perché prevedeva» una grande apostasia dalla fede, le persecuzioni alla Chiesa, la sofferenza del Papa e - testualmente - «la venuta dell'Anticristo». È una frase dirompente che si rifà, evidentemente, alle parole pronunciate dalla Vergine in qualcuna delle apparizioni citate. Così l'inviato del Papa, parlando del nostro tempo, evoca di nuovo e pubblicamente l'Anticristo a pochi giorni dall'uscita dell'enciclica. Nel Nuovo Testamento questa figura non si colloca necessariamente alla fine dei tempi. Gesù stesso preannuncia l'arrivo di «falsi cristi e falsi profeti» capaci di «indurre in errore, se possibile, anche gli eletti» e profetizza «una grande tribolazione», mai vista così terribile nella storia umana (Mt 24, 24). San Paolo spiega che si verificherà l'«apostasia» (2 Tes. 2, 3), ovvero l'abbandono di Dio e della Chiesa, quindi esploderà «la manifestazione dell'uomo iniquo», «il figlio della perdizione», colui che «nella potenza di Satana... si contrappone a Dio» fino a sedersi «nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio» (2 Tes. 2, 3-4).
IL DOMINIO DEL MALE
È un dominio quasi totale del Male sulla terra che viene qui preconizzato. Non si sa come, quando e per quanto. Uno scenario di orrore e di malvagità agghiacciante. I teologi discutono se sia un preciso individuo che viene preannunciato o un sistema di potenze. Ma colpisce in queste settimane sentirlo evocare con tanta insistenza accorata dalla Santa Sede, evidentemente anche in base a "informazioni" (che Oltretevere si conoscono e si valutano) provenienti da "fonti" speciali, quali appunto i messaggi delle apparizioni mariane, di mistici e di rivelazioni private. Questi pronunciamenti pubblici mostrano con quanto allarme in Vaticano si guardi agli eventi mondiali. Del resto, drammatico è anche il messaggio pontificio per la Giornata della pace del 1° gennaio prossimo, dove si mette in guardia dalle devastazioni morali (delle famiglie e della vita) e materiali (per esempio con gli immensi rischi della corsa alle armi nucleari). Il quadro è cupissimo. Ma la Santa Sede non è un'entità politica e non valuta la situazione con uno sguardo solo terreno. Infatti vi è la certezza di poter contare su un aiuto "superiore". Il cardinale Dias nella clamorosa omelia di sabato spiegava: «Qui, a Lourdes, come dovunque nel mondo, la Vergine Maria sta tessendo un'immensa rete nei suoi figli e figlie spirituali per lanciare una forte offensiva contro le forze del Maligno nel mondo intero, per chiuderlo e preparare così la vittoria finale del suo divin Figlio, Gesù Cristo. La Vergine Maria oggi ci invita ancora una volta a fare parte della sua legione di combattimento contro le forze del male».
IL MONITO DI WOJTYLA
Il prelato ripete - se non fosse chiaro - che «la lotta tra Dio e il suo nemico è sempre rabbiosa, ancora più oggi che al tempo di Bernadette, 150 anni fa» e «questa battaglia fa delle innumerevoli vittime». Quindi rivela delle parole - forse inedite - pronunciate dal cardinale Karol Wojtyla il 9 novembre 1976, pochi mesi prima di essere eletto Papa: «Ci troviamo oggi di fronte al più grande combattimento che l'umanità abbia mai visto. Non penso che la comunità cristiana l'abbia compreso totalmente. Siamo oggi davanti alla lotta finale tra la Chiesa e le Anti-Chiesa, tra il Vangelo e gli Anti-Vangelo». Parole clamorose. Un'ulteriore conferma. Sembra evidente che il Vicario di Cristo e i suoi più stretti collaboratori conoscano qualcosa di più e desiderino preparare i cristiani a quella "lotta finale". I loro ripetuti appelli a rispondere alla chiamata della Madonna sono già sufficienti per riflettere seriamente su ciò che sta accadendo e che accadrà alla Chiesa e al mondo. Un futuro prossimo che noi non conosciamo, ma che, spiega Dias, sarà vittorioso grazie a Maria. Come lei stessa annunciò a Rue du Bac: «Il momento verrà, il pericolo sarà grande, tutto sembrerà perduto. Allora io sarò con voi».
www.antoniosocci.it

LIBERO 14 dicembre 2007



Venezia - Scola: ci spiega che donarsi è il culmine dell’amore
Avvenire, 14.12.2007
DA VENEZIA
FRANCESCO DAL MAS
S anta Lucia gode di una venerazione del tutto particolare a Venezia. È davvero una santa popolare.
Come hanno testimoniato migliaia di fedeli pregando ieri davanti alle sue reliquie, nella chiesa di San Geremia e Santa Lucia. Ha colto questa opportunità il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, per ribadire, ancora una volta – nella partecipata assemblea eucaristica di ieri pomeriggio – la sua profonda convinzione che «la pienezza della libertà è l’amore». Ce lo dice – ha sottolineato il patriarca – «l’esperienza umana elementare che ogni giorno ciascuno di noi vive». E il vertice dell’amore che cos’è? «È il dono di sé» – ha raccomandato il porporato, proponendo la santa come esempio. «Lucia ce ne documenta il fascino nella sua persona e nella sua giovane esistenza», ha infatti sottolineato. Riconoscerlo – ha insistito il patriarca – «davanti agli uomini, come ha fatto Lucia, significa come lei riconoscere a chi apparteniamo, chi ci sostiene e ci sostenta, il nuovo fondamento – ha sottolineato Scola, citando la recente enciclica Spe Salvi –-su cui possiamo poggiare la nostra vita». E dopo aver ricordato che «la vita sempre incontra la prova» che «non è risparmiata neanche ai cristiani», per cui è necessaria quella pazienza che è «sinonimo della speranza», il patriarca ha rassicurato che «il futuro si radica e già germoglia nel presente». «Lucia, donatrice di luce (certamente il Manzoni lo aveva ben presente scegliendo questo nome per la protagonista dei suoi “Promessi Sposi”), che ce lo testimonia, ci aiuti a viverlo» è stata l’invocazione conclusiva del celebrante. Intanto, in occasione della festa di Santa Lucia, a Belluno è stata posta la prima pietra della nuova cappella dell’ospedale “San Martino”, benedetta dal vescovo di Belluno-Feltre monsignor Giuseppe Andrich e voluta a suo tempo dal predecessore, monsignor Vincenzo Savio. La cappella – spiega Andrich – è voluta nell’ospedale San Martino come uno spazio accogliente per coltivare la speranza e cogliere il senso delle misteriose vicende della vita».

13.12.2007, Quell'inutile spreco di risorse che sta uccidendo la scuola, Giorgio Vittadini, Il Giornale