Benedetto XVI: Natale, "mistero dell'amore che non finisce mai di stupirci"
Parole introduttive alla preghiera dell'Angelus
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 23 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI nell'introdurre la preghiera dell'Angelus, recitata insieme ai fedeli e ai pellegrini convenuti in piazza San Pietro.
* * *
Cari fratelli e sorelle,
Solo un giorno separa questa IV domenica di Avvento dal santo Natale. Domani notte ci raduneremo per celebrare il grande mistero dell'amore che non finisce mai di stupirci. Dio si è fatto figlio dell'uomo perché noi diventiamo figli di Dio. Durante l'Avvento, dal cuore della Chiesa si è elevata spesso una implorazione : "vieni, Signore, a visitarci con la tua pace, la tua presenza ci riempirà di gioia." La missione evangelizzatrice della Chiesa è la risposta al grido "vieni, Signore Gesù", che percorre tutta la storia della salvezza e che continua a levarsi tra le labbra dei credenti. "Vieni Signore a trasformare i nostri cuori, perché nel mondo si diffondano la giustizia e la pace". Questo intende richiamare la Nota Dottrinale su alcuni aspetti dell'Evangelizzazione appena pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il documento si propone, in effetti, di ricordare a tutti i cristiani, in una situazione in cui spesso non è più chiara nemmeno a molti fedeli la stessa ragion d'esser dell'evangelizzazione, che l'accoglienza della buona novella nella fede spinge di per sé a comunicare la salvezza ricevuta in dono.
Infatti, la verità che salva la vita, che si è fatta carne in Gesù, accende il cuore di chi la riceve, con un amore verso il prossimo che muove la libertà a ridonare ciò che si è gratuitamente ricevuto. Essere raggiunti dalla presenza di Dio, che si fa vicino a noi al Natale, è un dono inestimabile, dono capace di farci vivere nell'abbraccio universale degli amici di Dio, in quella rete di amicizia con Cristo che collega cielo e terra, che protende la libertà umana verso il suo compimento e che, se vissuta nella sua verità, fiorisce in una amore gratuito e colmo di premura per il bene di tutti gli uomini. Nulla è più bello, urgente ed importante che ridonare gratuitamente agli uomini quanto gratuitamente abbiamo ricevuto da Dio.
Nulla ci può esimere o sollevare da questo oneroso ed affascinante impegno. La gioa del Natale che già pregustiamo, mentre ci colma di speranza, ci spinge al tempo stesso ad annunciare a tutti la presenza di Dio in mezzo a noi.
Modello impareggiabile di evangelizzazione è la vergine Maria, che ha comunicato al mondo non un'idea ma Gesù, il Verbo incarnato. Invochiamola con fiducia affinché la Chiesa annunci anche nel nostro tempo Cristo Salvatore. Ogni cristiano ed ogni comunità sentono la gioia di condividere con gli altri la buona notizia che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito perché il mondo si salvi per mezzo di lui. E' questo il senso autentico del Natale, che sempre dobbiamo riscoprire e intensamente vivere.
[Dopo l'Angelus il Papa si è rivolto ai presenti in varie lingue. In italiano ha detto:]
Rivolgo il mio cordiale saluto agli operatori del giornale vaticano "L'Osservatore Romano" che stamane in piazza San Pietro propongono un iniziativa di solidarietà in favore di bambini dell'Uganda. Mentre esprimo apprezzamento per la speciale attenzione che "L'Osservatore Romano" dedica alle emergenze umanitarie in ogni parte del mondo, lodo il fatto che ciò trova riscontro anche in gesti concreti come questo per il quale auguro una buona riuscita.
Saluto finalmente con affetto i pellegrini di lingua italiana. Insieme con una buona domenica auguro a tutti di vivere le prossime festività nella luce e nella pace che promanano da Cristo Salvatore. Buon Natale a tutti voi.
[© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana]
ECCO DI CHI STIAMO PARLANDO
Dall’atomo primitivo alla nascita e dall’esplosione vitale alla vita del feto. L’embrione è qualcosa o qualcuno? Prima di rispondere leggete qui…
di Francesco Agnoli
“L’atomo primitivo” della Genesi.
Nel XII secolo un vescovo francescano di nome Roberto Grossatesta, studiando attentamente il libro della Genesi e quello della natura, ipotizzò che l’universo intero fosse nato da un minuscolo puntino di luce-energia creato da Dio e destinato a espandersi immensamente sino a dar vita a un cosmo incredibilmente grande, ordinato e complesso. Probabilmente, se non fosse stato un vescovo, un grande studioso della luce, degli specchi e dell’arcobaleno, e non avesse avuto un certo ruolo nella costruzione dei primi occhiali da vista, qualcuno avrebbe potuto accusarlo di essere un po’ matto. Come? L’incredibile molteplicità delle forme viventi, il mondo minerale, vegetale, animale, ognuno così complesso al suo interno, tutto da un miserabile puntino indistinto? L’immensamente grande dall’incredibilmente piccolo? Eppure parecchi secoli dopo, nel Novecento, un altro sacerdote, un filosofo tomista, l’abate Lemaître, avrebbe sostenuto la nascita dell’universo da un singolo “atomo primitivo”, dando vita alla teoria che verrà detta del “Big Bang”, ancor oggi ritenuta, da molti, assai attendibile. Del resto già Galileo Galilei aveva puntato il cannocchiale verso i cieli immensi, facendo notevolissime scoperte; ma aveva anche spiegato l’importanza di guardare ciò che è piccolo, costruendo il cosiddetto “occhialino”, l’antenato del moderno microscopio. Ebbene il parallelo tra l’universo fisico e l’uomo si impone spontaneamente. Per i medievali infatti l’uomo è un microcosmo, analogo, per molti aspetti, al macrocosmo: è, idealmente, il centro del mondo, in quanto “luogo” in cui la vita acquista autocoscienza, consapevolezza, spirito e pensiero. Anche l’uomo, al pari del creato intero, nasce per così dire da una stupenda “esplosione”, da un Big Bang, semplicissimo e complessissimo a un tempo. L’unione di due persone che si amano, uomo e donna, genera infatti una creatura nuova, che eredita parte del patrimonio genetico del padre e parte della madre, costituendo però un nuovo individuo, assolutamente unico, originale e irripetibile. C’è già, in questo rapporto, una “esplosione”, che ben esprime quel mistero grande che si intravede dietro l’amore: la sua capacità di creare. L’amore, infatti, dicevano sempre i filosofi medievali, è “diffusivo di se stesso”: tende a irradiarsi come la luce del sole, che si diffonde ovunque, velocissima, penetrando e vivificando, donando i colori, scaldando e facendo crescere.
* * *
L’embrione umano: qualcosa o qualcuno?
Ma l’esplosione non è solo, per così dire, metaforica, un’esplosione d’amore: è anche fisica, proprio come per l’“atomo primitivo” di Lemaître. Ogni uomo infatti inizia a esistere come embrione monozigote, cioè come creatura di una sola cellula, capace di svilupparsi ed evolvere sino a dar vita a una persona completa. In origine, dunque, tutto il mondo in un atomo, tutto l’uomo in una cellula. Chi amasse la filosofia potrebbe capire già da queste osservazioni come si possa giustificare, filosoficamente, il monoteismo creazionista: tutto deriva dall’uno, come scriveva già Galilei, che è per così dire il numero più piccolo, perché dà vita a tutti gli altri, ma anche il più grande, perché, in origine, li contiene tutti. Oppure, usando un’altra immagine, si potrebbe dire che l’universo, come anche il corpo umano, è un unico grande quadro, pieno di figure e di elementi diversi che concorrono a una rappresentazione unitaria: dietro questa unità nella molteplicità si può postulare la mano intelligente di un unico pittore. Ma rimaniamo nel campo del visibile: che cosa vediamo osservando la cellula iniziale che darà vita a un uomo completo di arti, organi, apparati eccetera? La rivista scientifica Newton (n. 3, 2004) riporta questa descrizione: “All’inizio è solo una microscopica cellula, alla fine saranno milioni e milioni di cellule organizzate che pesano oltre un miliardo di volte quella iniziale. In mezzo ci sono giorni e giorni di lavoro scandito da tappe precise. Prima, ventitrè stadi per lo sviluppo dell’embrione, sessanta giorni perché dalla cellula fecondata si arrivi a un esserino dalla testa arrotondata con il tronco e gli arti ben formati. Poi, il periodo fetale, molto più lungo del precedente, che prosegue per altre ventinove settimane circa. Un cammino avventuroso e ricco di colpi di scena che dura 266 giorni, giorno più giorno meno”. Tutto a partire da un puntino di pochi millimetri, in cui esiste già un’“intelligenza” intrinseca, che permette un graduale sviluppo ordinato e finalizzato che porta alla formazione di organi e apparati, così diversi l’uno dall’altro, eppure armonizzati in unità. Questa “intelligenza” intrinseca, paragonata spesso al programma di un computer, è il cosiddetto Dna, ovverosia un “lungo e sottilissimo filamento che trasmette tutte le informazioni che servono a costruire quell’unico, particolare, nuovo essere umano”. Tale programma, per uno dei suoi più grandi studiosi, lo scienziato Erwin Chargaff, ci rimanda, evidentemente, all’esistenza non del “Signor Caso”, autore involontario di qualcosa di sensato, ma di un programmatore intelligente. Infatti, come nessuna musica degna di essere definita tale può incidersi da sola, casualmente, sul nastro di una cassetta, analogamente è difficile affermare che la melodia infinitamente più grandiosa della vita, nei vari momenti della sua esplicitazione, possa derivare dall’assoluta mancanza di cause, e cioè dalla assenza di un compositore.
“Ecco, l’eredità del Signore sono i figlioli: la sua ricompensa il frutto del seno. Quali frecce nella mano dell’eroe, tali sono i figli della giovinezza”. (Salmo 126)
* * *
L’alba dell’Io.
Tornando alla rivista citata, Newton, essa ci informa, tramite un accurato servizio fotografico a cura del ginecologo tedesco Rainer Jonas, che a quattro settimane “l’embrione non raggiunge i sei millimetri di lunghezza e pesa un centesimo di grammo… sono però già evidenti gli abbozzi delle braccia e delle gambe, mentre su ogni lato del viso è riconoscibile una protuberanza, il primo accenno di occhi. Il cuore comincia a battere e, soprattutto, ha inizio un grandioso progetto: il cervello”. Tra la quinta e la sesta settimana, “l’embrione si presenta con una grossa testa reclinata in avanti… il palmo delle manine è ben definito”: potremmo già prendere le impronte digitali, così incredibilmente uniche e originali. Alla settima settimana, l’embrione è “lungo 17 millimetri, pesa appena 7 centesimi di grammo ed è già in grado di provare sensazioni, anche se primitive”. Alla nona settimana, infine, c’è un esserino ormai completo, in cui addirittura crescono le unghie delle mani e dei piedi. Dimostra già “gusti precisi”: “L’ecografia rivela che iniettando nel liquido amniotico delle sostanze dolci il feto fa dei movimenti di suzione e deglutizione, mentre in presenza di sostanze amare fa delle smorfie accompagnate dal tentativo di chiudere la bocca”. Che cosa succeda in seguito lo sappiamo: il bimbo continua a crescere, senza soluzione di continuità, mentre la natura si “concentra su dettagli e dimensioni”. La sua vita è già così intensa che scalcia, nuota come un astronauta nel liquido amniotico, percepisce i rumori e i suoni provenienti dall’esterno, sino ad affezionarsi al battito del cuore della madre. Il Corriere della Sera del 29/6/2004 ci informa addirittura che con una nuova ecografia tridimensionale a ultrasuoni si è scoperto che “a 26 settimane il feto riesce addirittura a esprimersi in modi diversi: sbadigliando, sfregandosi gli occhi, piangendo, succhiando e sorridendo”. Sono le stesse considerazioni esposte in vari scritti dal dottor Carlo Bellieni, neonatologo di fama internazionale, che ha studiato attentamente il suo paziente tipico, e cioè proprio il feto, per comprenderne le caratteristiche, anche in vista di eventuali cure prenatali. Nel suo “Se questo non è un uomo” (Ancora, 2004) ci racconta che in utero il feto “ascolta, gusta i sapori, sente i movimenti, sente gli odori. Alla base del cranio fetale c’è un organo, detto organo vomeronasale che serve appunto per sentire gli odori nel mezzo acquatico, e che si atrofizzerà dopo la nascita… Dalla ventiduesima settimana il feto ha una reazione di soprassalto quando gli viene proposta una musica ad alto volume attraverso la parete uterina. Sappiamo poi che il feto sa abituarsi agli stimoli: se il feto ascolterà più volte la stessa musica attraverso la parete uterina, dopo alcune volte non sussulterà più, anzi i battiti cardiaci inizieranno a diminuire, come fa un adulto quando ascolta una cosa che lo interessa”. Nei vari capitoletti del suo libro Bellieni analizza quindi “la memoria del feto”, “il piacere del feto”, la possibilità che egli possa in qualche modo sognare, e la sua percezione del dolore. Nel suo “L’alba dell’io” ci dà altre informazioni preziose, che così riassume: “A 23 settimane il feto distingue la voce materna dalle altre, riconosce i suoni. Secondo uno studio pubblicato su Lancet, i neonati riconoscono le musiche delle telenovele ascoltate dalla mamma. Le melodie udite in utero calmano il pianto del bambino… in generale lo calma tutto ciò che riproduce la sua situazione prenatale: i figli delle ballerine per esempio vogliono essere cullati vigorosamente, abituati come sono al movimento”.
* * *
Parola di abortista.
Anche un celebre ginecologo come Carlo Flamigni, docente universitario a Bologna, collaboratore del quotidiano l’Unità e sostenitore agguerrito della liceità dell’aborto e della fecondazione artificiale, concorda con queste osservazioni: “Lontano dall’essere un ospite inerte, il feto svolge un ruolo attivo nell’andamento della gravidanza, controlla vari aspetti del suo sviluppo ed è capace di rispondere a vari stimoli uditivi, visivi e tattili provenienti dall’ambiente esterno. Alcuni psicologi parlano di ‘personalità’ del feto prima della nascita. Queste supposizioni sono confortate da vari racconti di individui in ipnosi che hanno ricordato esperienze vissute nel periodo prenatale o l’esperienza della nascita. In base quindi al presupposto che il feto possa essere cosciente, consapevole e capace di memoria, è anche stato ipotizzato che le esperienze che vive durante il periodo prenatale possano influire sullo sviluppo della sua emotività e sulla sua mente” (“Avere un bambino”, Mondadori). E altrove: “Il mondo del bambino in utero comincia solo adesso ad aprirsi allo studio e alla conoscenza. Sappiamo che il feto dorme e che in alcuni momenti il suo sonno si accompagna a movimenti oculari rapidi (sonno Rem), come il sonno dell’adulto che sogna…”.
* * *
Il protagonismo biologico dell’embrione.
Ebbene, in tutto questo processo, che ci è ancora per moltissimi aspetti sconosciuto, dall’embrione, al feto, al neonato, la nuova vita è incredibilmente protagonista. Per dirla con un altro ginecologo di fama, Pino Noia, “l’embrione è un attivo orchestratore che dirige il suo impianto e il suo destino futuro”. Del resto, già nel lontano 1947, il famoso biologo Jean Rostand, in “L’avventura umana dal germe al neonato”, scriveva che “dal momento della fecondazione la parte più importante della costituzione fisica è determinata. Per il solo fatto che l’uovo ha ricevuto quei dati cromosomi, nulla potrebbe impedire, se esso si sviluppa, che produca un individuo di un dato sesso, con una data qualità di capelli, una data forma di cranio, un dato colore di occhi…: un pittore onnisciente potrebbe derivare l’immagine di qualsiasi individuo dal semplice esame dei cromosomi dell’uovo fecondato dal quale nascerà”. Ciò comporta appunto che la nuova vita, meccanicamente isolata dall’organismo materno grazie a una membrana mucopolisaccaridica prima e al trofoblasto poi, ha già in sé tutto ciò che gli serve allo sviluppo e alla sua evoluzione: “Conserverà sempre la sua singolarità genetica, perché non usufruirà di nessun apporto di materiale genetico organizzato che intervenga dall’esterno a modificarlo” (Giorgio Carbone, “L’embrione umano: qualcosa o qualcuno?”, ESD). L’embrione, dunque, non è, come la statua fatta da un falegname, plasmata a suo piacere, nel tempo voluto e secondo un suo personale disegno, che può essere tranquillamente considerata una proprietà e un “brevetto” del falegname stesso.
* * *
Il rapporto con la madre.
Questo non significa, però, che il nascituro non abbia bisogno di aiuto, e cioè della generosa ospitalità della madre. A lei infatti è richiesto di sopportare le nausee, il mutamento del proprio fisico, la stanchezza e la debilitazione, e, infine, il dolore del parto: l’amore materno si rivela subito, anche fisicamente, come un amore basato sul sacrificio e sulla dedizione completa, che rimarrà caratteristica della madre anche negli anni a venire. Del resto, tale indissolubile legame, spirituale e fisico, ha origine già nei primissimi giorni, allorché l’embrione e la madre intraprendono un dialogo intensissimo, in cui la madre è chiamata, solitamente, a dare, e, più raramente, a ricevere. Sin dal concepimento infatti si instaura tra l’embrione che risale la tuba e la donna che si prepara ad accoglierlo il cosiddetto “colloquio crociato”. Tale colloquio viene abitualmente definito “talk cross” ed è, come scrive Flamigni, uno “scambio di informazioni chimiche”: “L’inizio dell’impianto della blastocisti (particolare stadio dell’embrione, ndr) e l’invio di messaggi specifici alla madre sono contemporanei a profonde modificazioni dell’utero (la mucosa si trasforma e si ispessisce; aumentano i vasi sanguigni; la muscolatura diviene più soffice ed elastica) e della blastocisti stessa, le cui cellule iniziano a differenziarsi e a costruire i propri sistemi di ancoraggio nei confronti della mucosa, sistemi che serviranno anche per lo scambio di sostanze chimiche”. Insomma: l’embrione dialoga con la madre e la madre con lui, con finalità che sono benefiche e preparatorie per entrambi. Questo colloquio è essenziale, tanto è vero che continuerà nel tempo: madre e figlio non smetteranno di comunicare con “messaggi misteriosi”, “messaggi impalpabili che la biochimica ufficiale non riesce né a percepire né a quantificare” (op. cit.). Gli studi più recenti ci spingono ad andare oltre, e cioè a ritenere che vi sia una interazione profonda tra madre e figlio, già in utero, anche dal punto di vista psicologico. Lo hanno sottolineato parecchi medici, allarmati dalla sempre maggior ansietà con cui la società accoglie i suoi figli. Sembra infatti che le indagini prenatali, tralasciando ogni altra considerazione, come pure l’obbligo sociale del figlio sano e bello a tutti i costi, siano in qualche modo percepiti dal figlio stesso, quasi avvertisse la precarietà del suo destino e l’ansia di colei che lo ospita. E’ sempre Flamigni a spiegarci che “vari studi hanno dimostrato che l’attitudine della madre verso il feto ha un forte impatto sulla salute sia fisica sia psichica del nascituro. I bambini nati da madri ‘ambivalenti’, cioè con difficoltà ad accettare la gravidanza anche se apparentemente felici, presentano spesso problemi comportamentali e somatici, quali disturbi gastrointestinali. Le cosiddette ‘cool mothers’, madri cioè che per problemi di carriera o finanziari non vogliono una gravidanza, hanno più spesso figli inizialmente letargici e apatici. Il bambino prima della sua nascita è strettamente legato alle esperienze fisiche, mentali ed emotive della madre. E’ stato coniato il termine ‘toxic womb’ a sottolineare l’importanza dell’influenza degli stress emotivi, fisici e psicologici dei genitori e in particolare della madre. Diversi autori hanno suggerito che la gravidanza e la nascita sono eperienze formative non solo per i genitori, ma anche per il bambino. Durante i nove mesi di gestazione, i genitori possono essere felici, ambivalenti, arrabbiati, o senza speranza e allo stesso modo il bambino si può sentire benvenuto o respinto”. Per questo, conclude Flamigni, “il compito di essere genitori non inizia con la nascita o uno o due anni dopo, ma già durante la gravidanza, quando il grembo materno diviene una scuola che tutti i bambini frequentano e in cui i genitori sono gli insegnanti”.
* * *
Quando il figlio salva la madre.
Per concludere si può notare che se è vero che alla madre è richiesto un amore capace di sacrificio e di dedizione al figlio, sin dalla sua primissima comparsa, è anche vero che quest’ultimo non è fonte di gioia e di bene solo a partire dalla sua nascita, quando, con la sua bellezza, riesce a stupire e a consolare la madre di ogni passata sofferenza. Sembra infatti che anche il figlio abbia potenzialità benefiche, a livello fisico, sulla madre, ancora in utero. Diana Bianchi, ricercatrice genetista della Tuft University di Boston, ha dimostrato la possibilità che il “traffico cellulare” tra madre e concepito possa portare, in alcuni casi, alla guarigione di un tumore materno. Ha infatti documentato “un’esperienza molto particolare, notando che le cellule staminali del figlio ancora in grembo avevano circondato un follicolo tiroideo della madre che aveva avuto una tendenza neoplastica trasformandolo in cellule tiroidee. Individuando il tumore, dunque, le cellule staminali fetali si sono differenziate in cellule tiroidee per curare e circoscrivere una lesione materna: hanno quindi la potenzialità di riparare danni a organi della gestante, trasmettendo benefici per la salute” (Noi-Avvenire, 25/1/2004). Inoltre le cellule del nascituro continuano a rimanere per decenni nella madre, e “potrebbero svelare perché, per esempio, le donne sono più longeve dell’uomo” (Il Giornale, 9/10/2004).
“Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo”. (Salmo 139)
Il Foglio 21 dicembre 2007
INTERVISTA A CLAUDIO RISE’
di Cristiano Gatti
Il Giornale 22/12/2007
Certo si fa prima a lavare via tutto questo sangue domestico con un pratico luogo comune, classico armamentario da cronisti svogliati, genere «improvvisa esplosione di follia tra le mura domestiche». Ma sì: un bel raptus, una bella depressione, e passiamo pure agli altri titoli del nostro notiziario... Purtroppo tutti quanti sappiamo che non è così semplice. La semplificazione aiuta a rimuovere gli incubi, ma non a comprendere. Sono grato a Claudio Risè - che dalla sua postazione di psichiatra e psicanalista è un acuto osservatore di umanità - per aver sgombrato molta nebbia. Per aver detto due o tre cose molto chiare. Per non essersi perso, come tanti suoi colleghi di grido, nelle chiacchiere da talk-show di metà pomeriggio o di prima serata.
Chi abbia voglia di chiarire che cosa davvero stia succedendo nella famiglia italiana - vecchio o giovane, uomo o donna, di destra o di sinistra - può leggersi questa intervista. Si può dissentire, ma non è tempo perso. Risè, sorpreso da tanti delitti domestici?
«No. Ci siamo costruiti un certo modo di vivere: i nodi stanno venendo al pettine».
Quale il nodo più nodo? «L’aborto. Siamo la prima società che ha legalizzato l’omicidio di un bambino. La stessa società che risparmia la vita a un criminale accertato, battendosi contro la pena di morte, uccide legalmente un essere indifeso». Il risultato? «Accettato l’aborto, nell’inconscio di uomini e donne passa l’idea della violenza quotidiana, intima, familiare. Se si può esercitare violenza su un essere inerme, il resto viene da sé».
Visione cristiana?
«Guardi, i più recenti studi francesi, cioè di un Paese veramente laico, attribuiscono alla legalizzazione dell’aborto un peso enorme. È come il nullaosta alla violenza. A quel punto, l’uccisione è accanto a te come un’opzione praticabile».Crolla un tabù: l’intoccabilità della vita umana.
«Sì, crolla un tabù. Uso un termine che piace molto in quest’epoca: è lo sdoganamento della violenza. Oltre tutto, della peggiore: non è neppure quella dei combattimenti bellici o della pena di morte, ma è contro un bambino indifeso».
E la famiglia, come ci leghiamo al problema della famiglia?
«L’aborto trasmette in casa un virus: a livello inconscio, rende praticabile l’uccisione anche in un ambito intimo e domestico come la famiglia, luogo una volta considerato sacro e intoccabile. Se l’uccisione non è più percepita come uccisione, salta tutto: il sacro della vita, il sacro della famiglia».
Quando abbiamo deciso di demolire?
«Anni ’70. Casualmente, gli anni di aborto e divorzio. Curioso: mentre a livello sociale si combatteva per difendere gli interessi delle masse, cioè collettivi, con quelle leggi abbiamo messo sul piedestallo l’individuo. Prima, le persone pensavano che fosse interesse di tutti non uccidere bambini e tenere unite le famiglie, perché questo contribuiva al benessere della società. Oltre la boa degli anni ’70, passa un’altra convinzione: quello che un individuo ritiene sia utile all’individuo, va fatto. Se c’è un impiccio come un nuovo bimbo, lo si rimuove. Se c’è un nuovo amore, o una nuova opportunità di lavoro, si cambia vita. È la fine della famiglia: ogni stormir di fronda può essere causa sufficiente per disfarla. Basta la semplice stanchezza del legame: prima veniva superata nell’interesse superiore della famiglia, cioè della società, ora diventa occasione per andarsene».
E la violenza?
«Se la famiglia è fragile, se non è più sacra (anche in senso laico), la famiglia può essere distrutta in ogni momento. C’è spazio per l’opzione della violenza. Ciò che una volta era intoccabile, adesso è toccabilissimo. Gli ultimi studi americani dimostrano che la maggior parte dei casi difficili - tossici, suicidi, carcerati, malati mentali - nasce tra i figli cresciuti senza padre, cioè in famiglie distrutte».
Dunque, vaghiamo tra le macerie degli anni ’70. Ma intravede una via d’uscita?
«Il malessere è forte. Però ci sono già importanti germi di cambiamento. Cresce il senso religioso. Il giudizio dei giovani su aborto e divorzio è molto più negativo di quello dei loro genitori: guarda caso, alle manifestazioni per gli anniversari di quelle leggi c’erano pochissimi ragazzi. In America c’è un fortissimo recupero del matrimonio indissolubile. I giovani non credono all’idea del matrimonio smontabile dalla sera alla mattina. O è per sempre, o niente. La verità è che i ragazzi non vedono nei miti degli anni ’70, i miti dei loro padri e delle loro madri, una via praticabile. È una via esaurita».
PROSTITUZIONE, LA PRIMA LOTTA È CULTURALE
Come fossimo primitivi. Le schiave in mezzo a noi
Avvenire, 24.12.2007
DAVIDE RONDONI
L’ Italia è un Paese dove vige la schiavitù. E se in un paese c’è la schiavitù significa che tutti siamo colpevoli. Là dove esiste uno schiavo non esiste la libertà per nessuno. E chi dice o pensa: sono libero, compie una censura violenta, colpevole. Una schiavitù avviene sotto i nostri occhi. Anche se non vediamo catene o lacci perché non si vedono contro la luce dei fanali sui viali di periferia o nelle misere luci stroboscopiche dei night. Centomila ragazze vendute per strada, cinquantamila in locali miserevoli.
Colpevoli siamo noi clienti, noi governanti, noi prostitute, noi passanti.
Il governo tergiversa, prepara disegni di legge confusi e poi li ritira. Nei comuni si profilano soluzioni che non sono soluzioni, ma segni di disperazione. O peggio, di accondiscendenza alla schiavitù. È una peste. Che andrebbe combattuta, e invece la si lascia proliferare. E non ci si ripari dietro il vecchio adagio che tanto si tratta del più antico mestiere del mondo. Se anche fosse vero, e se anche consideriamo inevitabile l’umana debolezza e la tendenza a lasciarsi andare, tutto questo non giustifica tale esercito di schiave, né il colossale laido business che continua a crescere sulle loro schiene, sulle loro gambe, sul loro ventre. Perché una debolezza va corretta, e un mercato mostruoso di schiave va combattuto.
Se in un Paese c’è la schiavitù significa che la mente dei governanti e quella dei passanti è ormai abituata a considerare normale la schiavitù. E questo annulla ogni presunzione di progresso raggiunto. Una mente abituata alla schiavitù non è progredita in nulla. Semmai è tornata ad essere incivile.
La manifestazione che ieri sera gli amici di don Benzi, il sant’uomo che aveva lanciato dal fondo della sua carità il grido d’allarme per queste schiave, e a loro ha aperto le sue braccia di prete e di cittadino, ecco quella manifestazione è il segno a cui dobbiamo aggrapparci tutti, per non soffocare dentro alla colpa dell’acconsentire alla schiavitù.
Poiché un uomo ha detto: «questa indegnità deve finire» allora c’è speranza per noi, per la nostra mente schiavista di governanti e di passanti, di prostitute o di clienti. Aggrapparci alle richieste di don Benzi e dei suoi è l’unico modo per mostrare che qualcosa nella nostra coscienza non ha ceduto all’accettazione della schiavitù come fatto normale. È l’unico modo per dire «l’Italia è un Paese civile» senza dover provare interamente vergogna dei nostri parlamenti, dei nostri viali, delle nostre città.
Si deve colpire duro questo commercio di schiave. Se lo si lascia continuare, possiamo cambiare tutte le leggi elettorali, tutti i governi, tutti i partiti e le coalizioni che vogliamo, ma l’Italia resterà una terra di schiavi.
E di schiavisti. Si deve colpire duro, combattendo con la possibile disperazione che si tratti di ragazze perdute. Combattendo il sottile e velenoso cinismo che non possa essere che così. Quel cinismo e quella disperazione che ci fanno considerare quelle ragazze, spesso giovanissime, meno che bestie.
Buone solo ad essere vendute.
Ci vuole una polizia che vigili sulle strade, e una speranza che vigili nelle coscienze. Una polizia che dia la caccia a coloro – uomini e, fatto tremendissimo, anche donne – che sfruttano tali schiave, e ci vuole un sussulto di dignità che non ci faccia accettare la vendita del corpo umano, del sesso, della dignità umana come una attività fieristica a cui destinare una zona di periferia. Ci vuole la polizia e ci vuole la dignità. Come sempre, quando una generazione che non voglia esser vile e disumana si trova a combattere le forme peggiori di potere e di violenza. Se non combattiamo per liberare l’Italia dalla schiavitù, che generazione saremo?
Vicky, l’amore batte l’Aids
Avvenire, 24.12.2007
«Mi sono sentita accolta nella mia sofferenza. Era come se qualcuno mi avesse detto: tu hai un valore più grande della tua malattia» Ora ridà fiducia a chi l’aveva perduta
DI GIORGIO PAOLUCCI
Q uando Vicky scoprì di essere incinta del terzo figlio, suo marito la mise davanti a un’alternativa secca: rimanere sua moglie, rinunciando alla gravidanza, o separarsi da lui se voleva tenere il bambino. A quell’epoca aveva «solo» due figli, pochi per una donna ugandese. Perciò decise di portare avanti la gravidanza, cosa che segnò la fine della sua relazione coniugale. Non capiva, Vicky, perché il suo uomo fosse così crudele e intransigente. Nasce Brian, il terzogenito, dopo qualche anno la donna si ammala e perde il lavoro. E quel figlio così fortemente voluto, manifesta i sintomi della tubercolosi. Con le due malattie arrivano i primi sospetti: dopo qualche mese Vicky si aggrava, all’ospedale viene visitata e sottoposta al test dell’Hiv che risulta positivo. «Fu in quel momento che ricordai e compresi perché mio marito si era opposto alla terza gravidanza: perché a quell’epoca anche lui era sieropositivo». Si fa ancora più dura la vita per una madre rimasta sola con i suoi tre figli e quella sventura piombata come un macigno. «Due dei miei ragazzi erano sani ma non avevamo abbastanza soldi per mangiare, per le medicine e per la scuola. Ma soprattutto, non avevamo amore da nessuno. Non sapevo più se Dio esisteva davvero».
E Dio le si fa incontro, un giorno, nelle facce dei volontari del Meeting Point International, una ong ugandese partner dell’italiana Avsi che – anche grazie al sostegno a distanza – aiuta più di duemila bambini, quasi tutti orfani, e oltre duemila adulti. Al Meeting Point sieropositivi e malati di Aids vengono accolti, curati ed amati. «Quando sono arrivata ero a pezzi, nel corpo e nello spirito – racconta la donna –-, ma lì ho incontrato persone che mi davano un po’ del loro tempo e del loro affetto. Ho visto donne che non immaginavo potessero vivere in quel modo pur essendo malate di Aids: ballavano, cantavano, erano liete, positive. Ho ritrovato qualcuno della mia stessa tribù. Dopo un po’ che frequentavo quel posto ho cominciato a vedere una luce che faceva capolino nel buio della mia vita, e ho deciso di stare con loro. Ero costretta a letto, ma mi guardavano come se fossi una della loro famiglia proprio mentre i miei parenti e i vicini di casa si vergognavano di me e dei miei figli, o ci guardavano con disprezzo. Era come se mi dicessero: Vicky, tu hai un valore, e il tuo valore è più grande del peso della tua malattia».
La donna comincia a comprare farmaci per Brian che rischiava di morire, dopo averlo tolto dalla scuola per il marchio di discriminazione con cui era bollato: lo chiamavano «scheletro». Anche lei sta male, ha perso trenta chili, comincia a curarsi e le forze lentamente ritornano. Oggi Brian è un ragazzo sano e ha ripreso gli studi, Vicky ha 42 anni, vive a Kampala ed è diventata una dei volontari del Meeting Point, accoglie ed aiuta decine di donne sieropositive che avevano smesso di sperare e tanti orfani. Quando se le trova davanti, dice loro che il valore della vita è più grande e più forte del virus che portano in corpo. «Le guardo come sono stata guardata io quando arrivai qui. E dico a queste donne: tu hai un valore, e il tuo valore è più grande del peso della malattia. Dicono che con l’Aids la morte vince, ma io pensando a come sono cambiata grido: morte, dov’è la tua vittoria? Il potere della morte è nella perdita della speranza, nel non amare e nel non essere amati. Quando scopri di essere amata da qualcuno, come è successo a me, la morte è sconfitta, nel tuo cuore entrano i raggi della speranza. E diventi capace di ridare fiducia nella vita a chi l’aveva perduta».
IL RACCONTO DI NATALE Un uomo isolato, solo nella campagna nebbiosa e fredda. Un piatto in più, messo «per sbaglio» sulla tavola della festa.
E l’arrivo di un commensale inatteso: «Buon Natale mi dissi - . Non per augurio, ma per risultato»
L’ospite della Vigilia
di Erri De Luca
Fuori c’era una nebbia densa come la polenta. Finita la mungitura mi ero dato da fare in cucina intorno al camino. Mentre s’ammucchiava un po’ di brace, intagliavo la buccia alle castagne per poi metterle su. Al fornello bolliva la minestra.
Se in quella notte di Natale veniva a terra questa nebbia, perdeva la strada pure la stella cometa. Ma ci sono notti prescritte e devono capitare proprio a quel modo, limpide e pizzicate dal ghiaccio di una stella.
Bofonchiavo così mentre mi apparecchiavo il posto a tavola.
Soprapensiero avevo preso dalla dispensa due piatti anziché uno. E questo? Bah, se sei voluto uscire pure tu, stai lì, mi tieni compagnia. Mi capita di parlottare da solo, per sentire una voce. Mi piace dirmi qualcosa di sera.
Non ho la corrente elettrica, ho smesso di pagarla e me l’hanno staccata. Faccio con le candele e col fuoco nel camino. Era Natale, lo sapevo dal calendario, era pure domenica, due feste in una da lasciare correre.
Fuori s’era zittito il mondo. Non veniva nessun suono di motore dalla statale. Ho messo le castagne sulla brace, ho tagliato una cipolla grossa in cima al ciuffo, l’ho svuotata e all’interno ci ho messo un uovo, l’ultimo. Ho coperto con il pezzo tagliato e l’ho messa nel camino, circondata di brace. Ne esce una specialità. Era Natale anche per me.
Mi sono affacciato alla finestra. Bello starsene imbottiti dentro casa e dentro la nebbia. Mi sono strofinato le mani per vedere se mi veniva un poco di allegria.
Invece sono venuti un paio di fari: dalla statale avevano imboccato il mio sentiero. Avanzavano piano. Arrivò al mio cortile e spense il motore. Non successe nient’altro. Dal furgone non uscì nessuno. Mi infilai la giacca e il cappello, accesi la lampada a petrolio e andai a vedere.
Bussai al finestrino. Un uomo sui cinquanta, più o meno la mia età, abbassò il vetro: «Con questa nebbia non riesco a proseguire. Disturbo se resto qui mentre che passa?». La faccia era cordiale, dissi di sì.
«Sì? Allora disturbo?». Allora dissi no, «Non vuole venire dentro? Qua è freddo e magari la nebbia resta fino a domattina». «Non voglio disturbare, magari state facendo il cenone».
«Macché, sto da solo». Si convinse. Uscì dal furgone, raccattò una borsa e mi seguì. «Qui non c’è corrente, l’hanno staccata».
Seduti innanzi al fuoco gli dissi che per sbaglio quella sera avevo tirato fuori dalla credenza due piatti. Lui tolse dalla borsa un panno in cui era avvolto un salame intero. Poi dalla borsa uscì pure una bottiglia di vino. «È la mia cena, visto che per la nebbia non sono riuscito ad arrivare a casa». Tagliò con un coltello, di quelli a molte lame, sturò il vino. Mancava il secondo bicchiere, presi per me una scodella.
Sollevò la bottiglia, disse: «Alla vita» e versò.
Con la minestra nella scodella cominciò a raccontare.
«Vengo diritto dalla Bosnia. Sono stato a fare un viaggio con altri furgoni a portare un po’ di roba che serve più a loro che a noi». Gratis, chiesi. «Sì, da volontari, a spese nostre. Siamo partiti il 19, ritornati oggi». Bella mossa, gli dissi. «Ho da badare alle bestie, se no verrei una volta.
Non sono mie, nemmeno questa casa, nemmeno questo tavolo, la stalla, niente è mio. Sto a salario». Mangiammo la minestra, il salame, gli offrii l’uovo cotto alla brace dentro la cipolla. Restammo a chiacchierare, gli chiesi della guerra.
la nostra specialità di gente umana. È antica quanto noi, non si riesce a stare senza. Non è altro che l’autorizzazione ad ammazzare. Sembra che spunti in ogni generazione. Anche Natale è frutto di una guerra, l’esercito romano che impone in pieno inverno un censimento alla nazione conquistata. E così Maria partorisce lontano da casa.
«È Natale è una notte di pace in mezzo alla guerra».
«A me – rispondo – dà pace la natura.
Anche quando grandina o c’è nebbia da non vedersi i piedi, mi dà pace. Guardo le montagne e mi ritrovo loro coetaneo, di quando la terra le spingeva in alto. Sono più vicino alle bestie in stalla che agli uomini in città». Sorrise e disse: «Pure il bambinello è venuto al mondo più vicino alle bestie che agli uomini».
Sbucciammo le castagne pronte.
Andavamo dietro ai pensieri, come fa il vento con le nuvole. Sotto le parole si sentiva il brusio del camino e lo scrocchio delle castagne sgusciate dalle dita. Lui disse ancora: «Ho bisogno di avere un po’ di fede, ringraziare qualcuno. Non è opera nostra questo mondo, neanche il fuoco che ci sta scaldando. Chi ha fatto il legno adatto per bruciare? E la nebbia che fa incontrare le persone? Mi serve un po’ di fede, come uno spago per tenere insieme». Aspettai sette respiri prima di rispondere.
Quante parole, venute tutte insieme, mi ballavano a festa dentro le orecchie disabituate. Mi tenevo le nocche in grembo e sorridevo. «Alla fede non arrivo, credo alla pace, alla buona volontà degli uomini, credo che esiste il diritto e una sera come questa in ogni stanza del mondo».
Mi dissi a bassa voce: buon Natale. Non per augurio, ma per risultato: era un buon Natale quello che mi capitava, portato sulla slitta della nebbia. Era cominciato con un piatto in più tirato fuori dalla credenza.
Da allora faccio la stessa mossa ogni Natale, apparecchio per due.
FECONDAZIONE ASSISTITA
Avvenire, 24.12.2007
Scienza&Vita: speriamo ci sia un giudice anche per il concepito. Casini (Mpv): interessi economici dietro le aggressioni alla legge I politici si mobilitano: tradita la volontà popolare espressa dal referendum
Un altro giudice «impone» la selezione degli embrioni
DA ROMA PIER LUIGI FORNARI
Dopo il Tribunale di Cagliari, ancora una decisione che disattende la lettera e lo spirito della legge 40, sostenendo che il divieto di diagnosi preimpianto sia presente solo nelle linee guida E il ministro Melandri esulta...
Dopo la decisione del Tribunale di Cagliari, un altro caso di non applicazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita per via giudiziaria. Un’ordinanza del giudice di Firenze, infatti, impone al Centro Demetra di non rispettare le linee guida della legge, eseguendo la diagnosi preimpianto e di conservare gli embrioni malati, accogliendo il ricorso di una coppia di Milano, nella quale lei è portatrice di una malattia genetica (la estosi). «Il divieto di diagnosi preimpianto non esiste essendo stato posto illegittimamente dalle sole linee guida della legge 40/04 che vanno pertanto disapplicate », così motiva la decisione il giudice Isabella Mariani. Sulla base di queste motivazioni impone inoltre al Centro Demetra di «trasferire solo gli embrioni sani e crioconservare quelli malati fino al giudizio di merito » e di eseguire la procreazione assistita «secondo le migliori regole della scienza» in relazione alla salute della madre (e non del nascituro).
A commento della sentenza ha esultato la Verde Paola Balducci sostenendo che la sentenza di fatto «aggiorna le linee guida». Dello stesso pa- rere Rocco Berardo e Filomena Gallo, rispettivamente vice segretario dell’Associazione Luca Coscioni e presidente dell’associazione Amica Cicogna. «Un’ottima notizia», si è aggiunta la ministra Giovanna Melandri ripetendo la 'leggenda' della «legge crudele».
Ma Wanda Ciaraldi, responsabile bioetica dell’Udeur, ha avvertito che con questa sentenza «si rischia di arrivare concretamente all’eugenetica». «Va notato – ha aggiunto l’esponente del Campanile – che spesso questi test danno dei falsi positivi». «E poi – ha aggiunto la Ciaraldi – non è accettabile che la sentenza di un giudice stravolga una legge che nasce da un confronto in Parlamento e che ha visto l’apporto di tanti prestigiosi scienziati ».
Per il leghista Massimo Polledri si tratta di «un precedente inquietante contro la volontà popolare ». L’esponente del Carroccio ha puntualizzato che tale intervento «non può fornire elementi utili per la terapia di malattie genetiche e non è utile al concepito». E ricordando i risultati del referendum ha sottolineato che «questa sentenza è contro il popolo». «L’ennesimo aggiramento, per via giudiziaria, della legge 40 – ha commentato Isabella Bertolini di Fi –. Ancora una volta nel nostro Paese la magistratura si sovrappone al Parlamento». «La legge 40 – ha puntualizzato poi Scienza&Vita – anche attraverso le linee guida dà attuazione a tutta la legge, ed in particolare all’articolo 1, laddove si consente il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, 'alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito'».
«Nel dibattito sul caso di Firenze – ha osservato Scienza&Vita – già va emergendo la caratura ideologica di una sentenza che vorrebbe riportare la lancetta all’indietro e negare i diritti del concepito. Speriamo che in Italia ci sia ancora un giudice che voglia garantire 'i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito'. E soprattutto che i legislatori sappiano difendere adeguatamente la loro legge 40». «In Italia, sulle materie eticamente sensibili – ha notato l’associazione –, c’è sempre un giudice ordinario pronto a sentenziare. E con il suo giudizio - per usare un argomento caro alla politica - riesce a pesare più del legislatore o di milioni di italiani che si sono espressi attraverso un referendum».
E il presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini, ha ricordato che «la diagnosi genetica preimpianto implica la soppressione deliberata di un rilevante numero di embrioni presunti malati ma anche sani pur di avere la incerta garanzia che l’embrione o gli embrioni trasferiti in utero non siano affetti dall’anomalia temuta ». Per Casini «dietro le continue aggressioni alla legge 40 vi sono rilevanti interessi economici», ma per «regola costituzionale il giudice è soggetto soltanto alla legge alla quale non può sovrapporre i suoi desideri e le sue opinioni».
Tentativo di scardinare la legge
Avvenire, 24.12.2007
Infondato giuridicamente il tentativo di sostenere che il divieto della diagnosi preimpianto contenuto nelle linee guida sia contrario alla stessa legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (Pma). Infatti è inequivocabile il significato dell’articolo 13 della legge che alla lettera b, del terzo comma appunto vieta «ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni». Il regolamento applicativo varato nel luglio del 2004, nella parte relativa all’articolo 13, recita conseguentemente che «è proibita ogni diagnosi preimpianto a finalità eugenetica ». Ed aggiunge: «Ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell’articolo 14, comma 5, dovrà essere di tipo osservazionale. Qualora dall’indagine vengano evidenziate gravi anomalie irreversibili dello sviluppo di un embrione, il medico responsabile della struttura ne informa la coppia ai sensi dell’art. 14, comma 5. Ove in tal caso il trasferimento dell’embrione, non coercibile, non risulti attuato, la coltura in vitro del medesimo deve essere mantenuta fino al suo estinguersi ». Che la traduzione della norma fatta dalle linee guida non sia illegittima lo prova una sentenza del Tar del Lazio del 2005 che evidenziò che la diagnosi preimpianto è preclusa dalla legge 40 «in quanto ricade nel divieto di selezione a scopo eugenetico ». Da ricordare inoltre il fatto che la Corte costituzionale nell’ottobre del 2006 dichiarò inammissibile la questione di legittimità costituzionale posta dal Tribunale di Cagliari relativa alla norma della legge che vieta la diagnosi preimpianto, riportando le stesse parole del ricorrente e cioè che il divieto della diagnosi preimpianto è «desumibile anche da altri articoli della stessa legge, non impugnati, nonché dall’interpretazione dell’intero testo legislativo 'alla luce dei suoi criteri ispiratori' ». Del resto uno degli argomenti sostenuti dai referendari a favore dei quesiti era che la legge vietava la diagnosi preimpianto.
Il divieto ignorato è presente nel testo della legge. Ed è stato confermato da verdetti del Tar e della Consulta
NUMERO 5
chiuso in redazione alle ore 9 del 21 dicembre 2007
SCAMBIAMOCI AUGURI DI SPERANZA PER UN 2008 VERAMENTE INDIMENTICABILE
Nell’anno degli anniversari, molti gli appuntamenti e i nodi che andranno sciolti
(070512) Questo 2007 che sta per concludersi è stato un anno dai grandi spunti positivi (basti citare il Family per tutti) ma anche dai gravi avvitamenti di temi vecchi e nuovi (cellule staminali, Ru486, eutanasia…). Nel 2008 ritroveremo puntualmente tutte le grandi questioni bioetiche ma torneremo a sperimentare il clima della mobilitazione: petizione del Forum e mobilitazione europea sono realtà già avviate, ma altre se ne aggiungeranno nell’anno dei grandi anniversari in cui ricorderemo i trent’anni della legge 194, i sessanta della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e poi ancora, la convenzione sui diritti del fanciullo e Costituzione italiana.
Insomma appuntamenti che terranno desto ed impegnato il popolo della vita. Avremo uno strumento in più per affrontarli: la neo costituita Area comunicazione del Movimento per la vita dopo aver rilanciato Trentadue si sta apprestando a varare la nuova edizione di Siallavita con tanto di restyling grafico e contenutistico. Il numero di gennaio, interamente dedicato alla Giornata per la vita sarà anche il primo numero del nuovo corso, purtroppo anche con un piccolo ritocco nel costo degli abbonamenti (fermo del resto da almeno dieci anni).
Per tutte queste ragioni gli auguri che ci scambiamo in vista delle prossime festività sono auguri di grande speranza e di reciproco impegno per una stagione esaltante da un lato, ma anche critica e determinante per gli sviluppi successivi. (Daniele Nardi)
40 MOVIMENTI PRO LIFE D’EUROPA LANCIANO UNA CAMPAGNA CONTINENTALE
Dieci milioni di firme per il diritto alla vita e la famiglia
(070501) I rappresentanti di 40 organizzazioni per la vita e la famiglia di 14 diversi Paesi europei si sono incontrati nei giorni scorsi a Strasburgo per iniziativa del Forum europeo per i diritti umani e le famiglie (Fefa), in occasione della proclamazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (12 dicembre).
I pro life europei hanno deciso di lanciare una petizione che dovrà protrarsi fino al 10 dicembre 2008 (60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo), e che ha come obbiettivo la raccolta di 10 milioni di firme per la vita e la dignità dell’uomo in tutti i Paesi dell’Unione.
Nella petizione è scritto: “Consapevoli che la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà e la giustizia costituiscono il patrimonio spirituale e morale su cui si fonda l’unione dei popoli europei” constatiamo che “i diritti dell’uomo sono traditi anche perché non sono riconosciuti come titolari di tali diritti tutti gli esseri umani”.
Nel testo si sottolinea anche che “non è sempre chiara la definizione della famiglia, in un contesto generale in cui il crollo demografico in Europa è ragione di grave preoccupazione e diviene sempre più importante il compito educativo dei genitori verso i figli”.
I sottoscrittori della petizione chiedono infine che “alla base della interpretazione, della promozione e dell’attuazione dei diritti umani sia posto sempre il riconoscimento del diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale e dalla famiglia come nucleo fondamentale dello Stato, costituita mediante il matrimonio di una donna e di un uomo”.
In Italia ad organizzare la raccolta sarà il Movimento per la vita che ha attivato un indirizzo mail con cui aderire on line: dirittiumani@mpv.org
L’EUROPA RIPARTA DAI DIRITTI DELL’UOMO
Appello alle istituzioni ed ai popoli dei 350 giovani vincitori del Concorso scolastico
(070502) Giovedì 13 dicembre, nella sala Robert Schumann del Parlamento Europeo, si è conclusa la visita a Strasburgo dei 350 giovani vincitori del concorso indetto nel trascorso anno scolastico dal Movimento per la vita e dal Forum delle associazioni familiari sul tema "Io giovane e la famiglia".
Il concorso è giunto alla sua ventesima edizione conta su oltre ventimila giovani partecipanti ogni anno mentre i vincitori sono stati finora 8000.
I giovani, nella tradizionale seduta simulata nell’emiciclo del Consiglio d’Europa, hanno discusso animatamente, soprattutto sulle virtù che dovrebbero dare forza ai valori europei e sul ruolo e concezione della vita e della famiglia.
Facendo riferimento alla tradizione umanistica e civile del Vecchio Continente, i giovani hanno scritto e votato a maggioranza che "la convivenza civile dell'Europa si può realizzare solo quando vengono rispettati i diritti fondamentali dell’uomo".
Tra questi, hanno menzionato come “primo” e “imprescindibile”, “il diritto alla vita e la valorizzazione della famiglia primo luogo di accoglienza per l’essere umano”. “Il documento conclude: “Noi giovani d’Europa esortiamo i nostri parlamentari, rappresentanti della volontà e dei bisogni dei popoli, a prestare servizio a favore della famiglia e del bene comune, in modo da assicurare, senza distinzione di etnia e di cultura, l’armonia, l’uguaglianza sociale, la convivenza pacifica e la solidarietà tra le popolazioni europee”.
UN FISCO A MISURA DI FAMIGLIA
Il Movimento per la vita rinnova l’impegno nella petizione lanciata dal Forum
(070511) Il Movimento per la vita ha confermato la propria convinta e ferma adesione alla petizione su “un fisco a misura di famiglia” lanciata dal Forum delle associazioni familiari. Nella considerazione che vita e famiglia costituiscono un patrimonio antropologico comune ed inscindibile, il Movimento si augura di poter condividere con le altre associazioni familiari l’impegno per le molte iniziative che caratterizzeranno il prossimo anno, trentesimo della legge 194 e sessantesimo della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Per dare corpo all’adesione alla petizione popolare le Federazioni regionali del Movimento prenderanno contatto con i corrispondenti livelli del Forum per coordinare e rendere operativa la raccolta di firme.
LEGGE 194. TRENT’ANNI E LI DIMOSTRA TUTTI
Il dialogo è possibile ma alcune modifiche sono irrinunciabili
(070513) A conclusione del XXVII convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita (Roma 23-25 novembre 2007), gli oltre seicento partecipanti hanno fissato i punti che potrebbero costituire la base per aprire un dialogo sulla legge. Senza cambiare il giudizio integralmente negativo sulla 194, ma nonostante questo e nel prioritario interesse di offrire una maggior tutela del diritto alla vita a tutti gli italiani, nati o non nati, siamo disposti a lavorare insieme alle forze politiche ed alle istituzioni per individuare alcuni aspetti che rendano questa legge meno ingiusta».
Perché il dibattito sulla legge sia sincero e proficuo, vengono indicate alcune modifche alla normativa:
- Art. 1: La Repubblica non si limita a “tutelare la vita umana fin dal suo inizio”, ma “tutela il diritto alla vita fin dal concepimento”.
- Art. 4: Sono escluse le cause economico-sociali.
- Art. 5: La causa per cui l’aborto viene richiesto viene verbalizzata. Si dà atto a verbale anche delle offerte di alternative e del loro risultato. La funzione consultoriale è svolta esclusivamente in funzione dell’aiuto alla nascita. I consultori non hanno mai il compito di autorizzare l’aborto.
- Art. 6 e 7: Nell’aborto terapeutico la malattia della madre e l’anomalia del figlio è certificata sempre da un collegio di specialisti. Se l’aborto avviene per anomalia del figlio, è sempre effettuato il riscontro diagnostico sul feto. I dati sono riferiti alle Regioni e da queste al Ministro della Salute, che ne fa oggetto di valutazione e ne riferisce al Parlamento.
- Art. 9: L’obiezione di coscienza ha effetto immediato e riguarda anche gli addetti alle farmacie.
- Art. 16: La relazione ministeriale indica anche i dati relativi agli aborti evitati mediante l’intervento pubblico e riferisce anche sui risultati ottenuti dal volontariato.
SINDROME POST ABORTO. PRESENTATO UN NUOVO SERVIZIO ALLA DONNA
Lavorerà a stretto contatto con i Centri di aiuto alla vita e con SosVita
(070514) Nel corso del XXVII convegno dei Centri di aiuto alla vita, è stato dato l’annuncio della creazione di un nuovo servizio del Movimento per la vita rivolto alle moltissime donne colpite dalla sindrome post aborto.
«Il servizio» spiega Lucio Romano, vicepresidente del Movimento per la vita «si prefigge, almeno nella prima fase un duplice obbiettivo: da un lato incentivare la ricerca su questa sindrome finora quasi sconosciuta agli ambienti medici italiani ma all’estero da tempo approfonditamente studiata, dall’altro formare e sostenere gli operatori dei Centri di aiuto alla vita che quotidianamente incontrano donne cadute in depressione a seguito di un aborto anche remoto».
«Il nuovo servizio lavorerà a supporto ed in stretta collaborazione con i trecento Cav sparsi in tutta Italia e con SosVita, la linea verde (800-813000) che da dieci anni raccoglie i problemi e le sofferenze di migliaia di donne alle prese con una gravidanza indesiderata o con un aborto pregresso. Ma non è escluso che in una seconda fase si possa aprire un centro di risposta diretta alle donne»
MORATORIA SUGLI EMBRIONI. ADESIONI A QUOTA DIECIMILA
C’è tempo fino al 31 dicembre per sottoscrivere
(070503) Sono già oltre diecimila le adesioni alla proposta di moratoria europea sulla distruzione di embrioni umani lanciata da Avvenire in cui sostanzialmente si chiede di tener conto delle più recenti scoperte sulle staminali, registrate in Giappone e negli Stati Uniti. E, in particolare, quelle relative alla possibilità di ringiovanire le cellule adulte allo stato di pluripotenza, consentendo così alla ricerca di evitare la distruzione di embrioni umani.
La raccolta, a cui ha dato la propria adesione anche il Movimento per la vita, proseguirà fino al 31 dicembre.
RU486. SONO DIVENTATE 16 LE VITTIME ACCERTATE
Si moltiplicano gli appelli all’Aifa per non registrare in Italia la pillola abortiva
(070504) Ancora una vittima accertata della Ru486. Una diciottenne americana è infatti la sedicesima donna ad aver perso la vita a seguito dell’uso della contestata pillola. Eppure l’iter per l’ingresso sul mercato italiano della pillola prosegue senza alcuna interruzione. Nel silenzio mediatico quasi totale la Ru486 ha dimostrato di mettere a rischio la vita delle donne dieci volte in più delle altre tecniche, oltre a promuovere l’aborto casalingo fai-da-te e demolire la legge 194, come già accaduto in Francia.
Si moltiplicano di conseguenza gli appelli all’Agenzia per il Farmaco, cui spetta l’ultima parola sulla registrazione della pillola nel nostro Paese, perchè tenga conto di quanto accaduto e non si faccia travolgere da chi vuole speculare sulla salute della donna.
RU486. LA PILLOLA E’ DIECI VOLTE PIU’ RISCHIOSA DELL’ABORTO CHIRURGICO
Presentato uno studio della Società medico-scientifica “Promed Galileo”
(0705154) Il 6 Dicembre a Roma, presso la Camera dei Deputati, è stato presentato uno studio scientifico in cui si denunciano tutti i limiti sull’efficacia, la tollerabilità ed i rischi della pillola abortiva Ru486.
La Società medico-scientifica Promed Galileo ha elaborato il documento, utilizzando strategie di ricerca orientate alla sensibilità è stata effettuata la ricerca delle fonti sulle banche dati, oltre alla letteratura "grigia" ed il web.
I ricercatori hanno condotto lo studio affermando che “Il documento intende rappresentare una fonte indipendente di informazioni per le Autorità regolatorie e le istituzioni oltre che per i cittadini poiché la percezione generale della problematica non è stata sufficientemente basata su una corretta valutazione delle evidenze”.
Le conclusioni dell’indagine non lasciano spazio a dubbi: il profilo di sicurezza dell’interruzione di gravidanza con mifepristone/misoprostol è inferiore rispetto a quella con aborto chirurgico, a parità di età gestazionale. Il rischio assoluto è basso per entrambe le metodiche, ma il rischio relativo dell’aborto farmacologico è di almeno 10 a 1.
SPAGNA 1. IMPERVERSA L’ABORTO CLANDESTINO
Decine di medici arrestati, cliniche chiuse per aborti oltre le 30 settimane
(070505) A seguito di perquisizioni e fermi svolte nei giorni scorsi da parte della polizia, emerge lo sconcertante quadro che vede coinvolti alcuni medici delle cliniche di Barcellona, accusati di aver compiuto aborti a feti di sette ed otto mesi.
Il dott Carlos Morin, responsabile delle cliniche fermato insieme ad altre cinque persone, avrebbe accettato di compiere aborti di 30 settimane con un’iniezione di una sostanza tossica al feto, al costo di 4.000 euro.
I sei fermi hanno portato a tre arresti nelle scorse settimane. Ma le indagini si sono allargate e sono finiti nella rete anche psichiatri e psicologi che avrebbero firmato certificati per consentire l’interruzione della gravidanza senza aver visitato le pazienti. Due cliniche a Madrid coinvolte nello stesso scandalo e collegate all’organizzazione del dottor Morin, sono state chiuse.
SPAGNA 2. ZAPATERO METTE IL FRENO AD ABORTO ED EUTANASIA
I due temi sono “troppo delicati” per entrare nei programmi elettorali dei socialisti
(070506) Tanto la riforma della legislazione sull’aborto quanto i dibattiti sull’eutanasia restano fuori dal nuovo programma elettorale del Partito socialista di Zapatero.
Le questioni di bioetica sono considerate terreno troppo delicato da affrontare, e, nonostante fossero stati inseriti nel programma elettorale del 2004, sarebbero esclusi dal programma per le elezioni del 9 marzo 2008 in cui il governo socialista di Zapatero cercherà la conferma per un secondo mandato.
Il governo spagnolo non ha intenzione di modificare l’attuale legge sull’aborto liberalizzandolo completamente nei primi mesi di gravidanza. Lo ha detto il ministro della sanità Bernat Soria spiegando che la questione ’non è nell’agenda politica’.
Le parole di Soria fanno seguito al ’no’ dei socialisti ad una mozione presentata in parlamento dall’estrema sinistra per liberalizzare l’aborto nei primi tre mesi. In precedenza il premier aveva riaperto il dibattito sull’aborto promuovendo ’una riflessione’ nel partito socialista su tale tema.
PORTOGALLO. MEDICI IN RIVOLTA PER DIFENDERE I PRINCIPI ETICI
L’associazione di categoria risponde picche all’ultimatum del ministro
(070507) L’Associazione nazionale dei medici in Portogallo con il suo leader Pedro Nunes, ha bocciato l’ultimatum impostogli dal governo di Lisbona in merito al cambiamento dello statuto dell’associazione che prevede “il rispetto della vita fin dal suo inizio”.
Il socialista Antonio Correia de Campos, ministro della Salute, aveva imposto all’associazione di rivedere lo statuto in seguito alla legalizzazione dell’aborto.
Nunes, che è portavoce di 35mila medici, ha risposto che “avere principi etici è ciò che differenzia gli esseri razionali da un gregge di pecore, il codice può essere cambiato solo dai medici e non dal ministro”.
CROAZIA. CROLLANO IN QUINDICI ANNI, ABORTI, DIVORZI E SUICIDI
Con la fine del regime comunista le Ivg si sono ridotte dell’88,5%
(070508) Seppure la legge sulle interruzioni volontarie di gravidanza sia la stessa, dal crollo del comunismo al 2005 gli aborti in Croazia sono diminuiti dell’88,5%.
Marijo Zivkovicc, del Centro per la famiglia di Zagabria ha spiegato che questo risultato “è tutto frutto del lavoro di educazione e formazione al Vangelo della vita promosso dalla Chiesa e dalle associazioni cattoliche”.
Nel 1989, ultimo anno del regime comunista in Croazia, si sono avuti 40mila aborti, mentre nel 2005 gli aborti sono stati 4600. Zivkovic ha comparato i dati di due città industriali con popolazioni simili, come Rijeka (330.000 abitanti) e Split (470.000 abitanti), ed ha fatto notare che in quest’ultima si sono registrati un calo nel numero degli aborti, dei divorzi e dei suicidi, una riduzione dell’uso di contraccettivi e una percentuale quasi doppia di famiglie con almeno tre bambini.
In totale controtendenza rispetto ai dati demografici europei, la Croazia dal 1995 ha visto un incremento dell’11% nel numero di giovani sotto i 14 anni; ha sempre più famiglie che mettono al mondo almeno tre figli; ha un basso tasso di divorzi; un bassissimo livello di persone infette dall’Aids; e un numero ancor più basso di persone che usano il condom.
Secondo il Presidente del Centro per la famiglia croato, gran parte di questo cambiamento culturale è dovuto al lavoro fatto dai cattolici negli anni Settanta e Ottanta, ma soprattutto dopo la caduta del comunismo.
Per dare una idea di come la cultura della vita stia prevalendo in Croazia basta guardare la moneta di 25 Kuna (l'equivalente di tre euro) che nel conio del 2000 ha una parte con l’immagine di un bambino in gestazione con tanto di cordone ombelicale.
URUGUAY. IL PRESIDENTE VASQUEZ PROMETTE IL VETO ALLA LEGGE SULL’ABORTO
La nuova normativa è stata già approvata dal Senato
(070509) Il presidente uruguayano ha ribadito la sua contrarietà al progetto di legalizzazione dell’aborto passato dal Senato con 18 voti a favore e 13 contrari. Il presidente ha affermato “La legge sulla Salute sessuale e riproduttiva ha elementi molto positivi che vanno salvaguardati. Tuttavia ce ne sono altri che non condivido dal punto di vista filosofico e biologico e sui quali sarà quindi posto il veto.”
REPUBBLICA DOMENICANA. GRANDE MOBILITAZIONE PER LA VITA
Vescovi, associazioni e semplici fedeli hanno invaso le vie di San Pedro
(070510) A San Pedro de Macorís, una delle principali città dell’isola, venerdì 30 novembre migliaia di persone hanno partecipato alla marcia a favore della vita e contro la cultura della morte, organizzata dalla Chiesa Cattolica e sostenuta da diverse organizzazioni cristiane. Il corteo ha preso avvio dalla Cattedrale di San Pietro Apostolo per giungere fino al cimitero municipale di Santa Fe, dove è stata inaugurata una nicchia in memoria dei non nati. Mons. Franciso Ozoria, vescovo della diocesi, ha presieduto la manifestazione, alla quale hanno partecipato rappresentanti ecclesiastici e delle diverse istituzioni locali.
In occasione della marcia è stato presentato il documento elaborato dalla Pastorale familiare della diocesi intitolato "Rispetta, difendi, servi ed ama la vita". Il documento esprime il convincimento che la soluzione ai problemi fondamentali della nazione non sia promuovere la cultura della morte, riflettendo sul carattere criminale ed immorale dell'aborto, e sui seri turbamenti psicologici personali, familiari e sociali che genera. "I buoni e retti legislatori - si legge nel documento - sono quelli che riconoscono che non hanno un potere assoluto in questa materia e che devono procurare solo, sempre ed in tutto, la difesa responsabile dei valori permanenti che derivano dalla legge naturale, rispecchiata nella coscienza e nel cuore degli uomini, dalla Legge di Dio. Anzi, sono quelli disposti a resistere con fermezza, onore e lealtà alle grandi pressioni che provengono da correnti esterne disumanizzanti, da istituzioni internazionali che premono e pretendono di giustificare la cultura della morte".
SOMMARIO SIALLAVITA
In distribuzione il numero di dicembre del mensile del Movimento per la vita
Convegno Cav Trentanni di 194? E’ ora di cambiare
Convegno Cav Sulla riforma della legge il dialogo possibile
Convegno Cav La legge ha fatto tante vittime più una: la cultura
Giornata per la vita La speranza è nell’uomo
Diritti dell’uomo Amnesty continua a perdere i pezzi
Presidenziali Usa Decideranno vita e famiglia
Family day Il ritorno del popolo della famiglia
Cellule staminali Ricerca ed etica ora vanno a braccetto
Vita in Movimento Samuele, la speranza
Anoressia e bulemia Me la prendo col mio corpo
Cantiamo la vita La vita vola sulle sette note
Cantiamo la vita Alexia: mia figlia mi ha cambiato
Cantiamo la vita Magris, amico dei viventi
Il numero successivo sarà interamente dedicato alla Giornata per la vita. Per ordinarne le copie è necessario inviare un fax o una mail entro il 7 gennaio 2008
Per informazioni tel. 06.689.2732, fax 06.686.5725, siallavita@mpv.org
© i testi sono liberamente riproducibili citando la fonte
PRIVACY. Inviamo questa newsletter a persone che abbiamo motivo di ritenere interessate ai temi che tratta, ma nel rispetto della normativa sulla privacy è in ogni momento possibile modificare o cancellare il proprio nominativo dalla mailing list accedendo all’apposita area del sito www.mpv.org appena sarà completato il restyling a cui è attualmente sottoposto. Nel frattempo è sufficiente inviare una mail a trentadue@mpv.org con oggetto “cancellami”
Redazione:
L.Tevere dei Vallati 10, 00186 Roma – tel. 06.6892732, fax 06.6865725, trentadue@mpv.org
Direttore responsabile: Daniele Nardi
Editore: G.La Pira soc. coop, v. Cattaro 28, 00198 Roma – tel 06.8632.1901, fax 06.8632.2953