venerdì 23 gennaio 2009

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Eluana, la Bresso al cardinale Poletto «Non viviamo in un Paese di ayatollah» - Il presidente del Piemonte: «Non siamo in una regione dove il diritto religioso fa premio sul diritto civile»
2) IL FATTO/ Italiani, basta lamentarsi. Ode alla badante moldava - Giorgio Vittadini - venerdì 23 gennaio 2009 – IlSussidiario.net
3) L’AMERICA DI OBAMA E L’ABORTO - IL «PRAGMATISMO» DEL NUOVO LEADER ALLA VERA PROVA - MARINA CORRADI – Avvenire, 23 gennaio 2003


Eluana, la Bresso al cardinale Poletto «Non viviamo in un Paese di ayatollah» - Il presidente del Piemonte: «Non siamo in una regione dove il diritto religioso fa premio sul diritto civile»
TORINO - Resta in primo piano il caso di Eluana Englaro. Dopo la rinuncia della clinica "Città di Udine" a ospitare la donna in stato vegetativo da 17 anni, un'altra struttura friulana si offre di accoglierla ed eventualmente attuare la sentenza che autorizza la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale: si tratta della clinica "Quiete", sempre di Udine. Ma la vicenda continua anche a essere al centro del dibattito politico dopo l'apertura del Piemonte e del suo presidente Mercedes Bresso ad accogliere la ragazza in una struttura pubblica della Regione. Ma il governo ha sottolineato, attraverso il sottosegretario Eugenia Roccella, che per il Piemonte «sarà difficile applicare la sentenza». «La legge di Dio prevale su quella dell'uomo» e per questo motivo «i medici cattolici che si trovassero a lavorare nell'ospedale dove si intende interrompere l'alimentazione di una persona, dovrebbero obiettare e rifiutarsi di farlo» è l'indicazione fornita dal cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, intervistato da Repubblica. Proprio al cardinale risponde Mercedes Bresso. «Non viviamo - ha detto il presidente del Piemonte - in una repubblica di ayatollah, nella quale il diritto religioso fa premio sul diritto civile».
«NESSUN MEDICO SARA' OBBLIGATO» - «Non entro - ha aggiunto la Bresso - nel merito delle dichiarazioni del cardinal Poletto che invita i medici cattolici all'obiezione di coscienza perché sono valutazioni religiose. Ma dico che l'obiezione di coscienza che nel nostro Paese è consentita solo per l'interruzione di gravidanza, evidentemente sarebbe rispettata anche in un caso del genere. Nessuno può essere obbligato a fare qualcosa se ritiene di non poterlo fare. Se fossi un medico e mi fosse chiesto di applicare il decreto - ha detto la Bresso - lo farei, ma con la morte nel cuore». - La libertà dei medici sarà garantita, ha assicurato la Bresso. «Ma penso - ha anche aggiunto - che sia altrettanto disumano pretendere che per un tempo infinito una persona che non è più in stato di vita debba essere tenuta artificialmente in vita con lo strazio e della famiglia. La morale propria comunque non deve essere mai applicata agli altri». Alla domanda se ci fossero stati contatti con la famiglia Englaro la Bresso ha risposto: «C'erano stati in passato. Non posso giurare che non ci siano stati contatti ora. Ma se mai ci fossero non lo dichiareremmo».
SENTENZA TAR - Tra qualche giorno, tre o quattro al massimo, è prevista la sentenza del Tar della Lombardia sulla richiesta di annullamento del provvedimento con cui la Regione Lombardia lo scorso settembre aveva negato al personale delle strutture sanitarie di effettuare l'interruzione dell'alimentazione e idratazione artificiali, come avevano disposto i giudici della Corte d'Appello di Milano.
CorSera 22 gennaio 2009


IL FATTO/ Italiani, basta lamentarsi. Ode alla badante moldava - Giorgio Vittadini - venerdì 23 gennaio 2009 – IlSussidiario.net
La storia che voglio raccontare può sembrare al limite, ma rappresenta uno squarcio sulla nostra società che mette in luce questioni che toccano tutti. In occasione di una grave malattia di mia madre ho conosciuto una signora moldava che le ha fatto da badante fino al suo decesso.
La signora, sulla quarantina, è venuta in Italia con la figlia diciottenne diplomata al liceo, dopo la morte precoce del marito a seguito di un incidente stradale. Mentre faceva in modo egregio la badante e sottraendo tempo al sonno, ha seguito un corso per Osa (Operatore socio assistenziale). La figlia, dato il non riconoscimento del titolo di studio moldavo in Italia, si è iscritta ad un istituto tecnico per periti aeronautici, accettando serenamente di ricominciare a frequentare le lezioni con alunni molto più giovani di lei. Inoltre, per contribuire al mantenimento suo e di sua mamma, ha contemporaneamente lavorato in un McDonald. La mamma, una volta conseguito il titolo di Osa, ha trovato lavoro in una cooperativa che gestisce case per anziani, mentre ha continuato a fare la badante.
La figlia si è diplomata con 80 punti su 100 e, nell’attesa di un lavoro pertinente al titolo di studio, ha continuato a lavorare nel McDonald. Grazie alla garanzia di alcuni amici, le due donne hanno potuto accendere il mutuo per una casa che, in poco tempo, hanno sistemato con una grande cura trasformandola in un luogo accogliente, personale ed estremamente curato nei particolari. Mentre continuano a lavorare, le due donne non smettono di desiderare: la mamma vorrebbe iscriversi a un corso per infermieri, la figlia aspira ad un lavoro nel suo ramo. Ciò che colpisce è la positività del loro atteggiamento.
Pur dovendo affrontare ogni giorno problemi infinitamente più gravi di quelli incontrati da cittadini italiani, ciò che domina è la mancanza di pretese e il senso di profonda gratitudine verso il nostro Paese e coloro che hanno incontrato, il gusto per il lavoro e la mancanza di lamento per la fatica. La giovane colpisce se si paragona a persone della sua età perché questa vita piena di impegno non la intristisce. Anzi, si può dire che, in entrambe, fiorisce il gusto per la bellezza. La mamma, mentre assisteva gli anziani e la figlia, durante studio e lavoro, nel poco tempo libero che avevano, hanno imparato a ricamare e i loro lavori artigianali sono splendidi.
In un clima dove sembra dominare solo il vento plumbeo della crisi, la ricerca di brevi momenti di evasione per chi può, la lamentazione e l’accusa, la denuncia dell’impossibilità ad andare avanti, figure del genere fanno pensare. Sembra di vedere i nostri emigrati di decine d’anni fa, concentrati sul desiderio di migliorare la propria condizione e quella della loro famiglia. Questo esempio è per noi il suggerimento di una posizione umana che potrebbe rendere molto più facile affrontare questa crisi.
In fin dei conti, quello che non è mai mancato al nostro popolo è un desiderio motivato e sostenuto dalla fede cristiana o da ideali mossi da amore per la giustizia e la libertà, di accettare la sfida posta dalla realtà, di lottare per migliorare la condizione personale, della propria famiglia, della gente intorno a sé, di utilizzare la propria intelligenza, creatività, volontà per uscire dalle difficoltà senza farsi scoraggiare.
Anzi, questa è forse la risorsa più grande di un Paese senza materie prime, forza militare, coesione politica, una risorsa che è condizione della possibile riuscita di qualunque manovra economica o di accettazione di precetti morali per la pubblica amministrazione o l’economia privata. Guardando chi da poco arrivato fra noi ce lo testimonia non possiamo non ricordarcene.
(Pubblicato su Il Riformista del 23 gennaio 2009)


L’AMERICA DI OBAMA E L’ABORTO - IL «PRAGMATISMO» DEL NUOVO LEADER ALLA VERA PROVA - MARINA CORRADI – Avvenire, 23 gennaio 2003
C ome ogni anno anche ieri, 22 di gennaio, 200 mila pro- life hanno sfilato a Washington, nell’anniversario di quella sentenza ' Roe vs Wade' che nel 1973 legalizzò l’aborto negli States. Barack Obama è stato invitato a par­tecipare ( « Presidente, l’America vuo­le fermare le stragi nei Paesi lontani, ma anche qui c’è una strage, di un mi­lione e trecentomila figli all’anno » ).
Naturalmente, nessuno si aspettava che l’invitato venisse. Già poche ore dopo il giuramento sul sito della Ca­sa Bianca il presidente ribadiva nella agenda la sua ferma convinzione pro­choiche,
per la libera scelta della don­na, e l’intenzione di rimuovere il veto posto da Bush al finanziamento pub­blico della ricerca con le staminali em­brionali. Obama è stato finora noto­riamente, quanto a bioetica, un libe­ral,
e neanche troppo moderato. Se­condo Robert George, autorevole membro del Consiglio di Bioetica a­mericano, anzi, è « il candidato più pro-aborto che sia mai entrato alla Ca­sa Bianca » . In campagna elettorale si è detto disposto a firmare il 'Freedom Act of Free Choice', una legge che ren­derebbe più ampio il diritto di aborto negli Stati dell’Unione. Sul piatto c’è poi la global gag rule, cioè il veto di fi­nanziamento a organizzazioni che pianifichino l’aborto nel Terzo Mon­do, posto da Bush nel 2006, e che og­gi gli abortisti si attendono di vedere rimosso.
E dunque la marcia dei pro- life, dopo le ovazioni universali e pure nell’en­tusiasmo per lo smantellamento di Guantanamo, riporta Obama a una questione su cui non possono basta­re neppure le parole, belle e tanto ap­plaudite, del suo primo discorso. «Ab­biamo scelto la speranza anziché la paura » , ha detto il primo presidente nero d’America, e ha parlato di co­raggio, responsabilità, generosità, di «figli dei nostri figli» che un giorno rac­conteranno come i loro padri, nel 2009, raccolsero la sfida della grande crisi. Ma quanti, di questi figli, non nascono: tremila ogni giorno, 50 mi­lioni dal 1973. ( E figli neri in misura maggiore che bianchi, giacché anche negli Usa spesso la « libertà di scelta » è la rinuncia di una donna povera a un figlio).
Barack Obama ha detto una volta che «una ragazza che sbaglia non deve es­sere punita con un bambino » . La sua provenienza ideale è esplicita. Ciò che lo è meno, è quanto l’assunzione con­creta del potere, e la responsabilità del governo di un immenso Paese, influi­ranno su un uomo che tutti defini­scono «pragmatico». Al di là di un’élite borghese e radicale gli americani, in grande maggioranza credenti, sono meno radicalmente abortisti che gli europei: venti giorni fa un sondaggio commissionato dalla Conferenza epi­scopale degli Usa indicava che l’ 80% della popolazione è favorevole a « re­strizioni » del diritto d’aborto.
Ci si può domandare dunque se un presidente « pragmatico » rischierà l’aura quasi messianica che lo circon­da, per soddisfare la quota pro- choi­ce
dei suoi elettori. E non è poi solo questione di convenienza politica. L’uomo arrivato alla Casa Bianca an­nunciando speranza, responsabilità, generosità, potrà riaffermare il pri­mato assoluto dell’individualismo che sta sotto la pretesa di un « diritto as­soluto » d’aborto, e allargare questo di­ritto? Forse i suoi vecchi compagni di battaglie resteranno delusi. Forse non si andrà molto oltre lo status quo.
Dopo la favolosa epifania di Barack Obama a Washington, dopo la sua e­levazione a « uomo nuovo » di quella che già viene detta « nuova era » , è possibile che la crisi globale e il Me­dio oriente cambino, che Guantana­mo chiuda. Ma intanto quel milione e trecentomila americani continue­ranno ogni anno, silenziosamente, a non nascere.