Nella rassegna stampa di oggi:
1) Messaggio del Papa al popolo australiano e ai giovani della GMG
2) FEDERICA, CHE VIENE UCCISA NEL “PARADISO” SENZA CROCIFISSI…, di Antonio Socci
3) Nessuno muoia di sete per necrofila secolarista - Acqua per Eluana Englaro, di Giuliano Ferrara
4) A proposito di «islamicamente corretto»,di Magdi Cristiano Allam
5) La vittoria sul demonio
6) La bioetica e i limiti di un pluralismo di facciata
7) I cattolici e la teoria dell'evoluzione - Il darwinismo da diversi punti di vista
Messaggio del Papa al popolo australiano e ai giovani della GMG
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 13 luglio 2008 (ZENIT.org).- Nell’imminenza del viaggio apostolico a Sydney in occasione della 23ª Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), Benedetto XVI ha inviato al popolo australiano ed ai giovani che parteciperanno alla GMG il seguente messaggio.
* * *
Per l’amato popolo dell’Australia
e per i giovani pellegrini che prendono parte
alla Giornata Mondiale della Gioventù 2008
"Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (At 1,8)
La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore Gesù Cristo sia con tutti voi! Fra pochi giorni inizierò la mia visita apostolica al vostro Paese, per celebrare la 23a Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney. Guardo con grande attesa ai giorni che passerò con voi, specialmente alle occasioni di pregare e riflettere con giovani di tutte le parti del mondo.
Anzitutto, desidero esprimere il mio apprezzamento per tutti coloro che hanno offerto tanto del loro tempo, delle loro risorse e delle loro preghiere per rendere possibile questa celebrazione. Il Governo australiano e il Governo provinciale del New South Wales, gli organizzatori di tutti gli eventi, i membri della comunità degli operatori economici che si sono offerti come sponsor – tutti voi avete sostenuto generosamente questo evento, e a nome di tutti i giovani che prenderanno parte alla Giornata Mondiale della Gioventù io ve ne ringrazio sinceramente. Molti dei giovani hanno fatto grandi sacrifici per poter intraprendere il viaggio verso l’Australia, ed io prego che vengano largamente ricompensati. Le parrocchie, le scuole e le famiglie ospitanti sono state molto generose nell’accogliere questi giovani visitatori, anch’esse meritano la nostra gratitudine e il nostro apprezzamento.
"Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (At 1,8). Questo è il tema della 23a Giornata Mondiale della Gioventù. Quanto ha bisogno il nostro mondo di una nuova effusione dello Spirito Santo! Molti non hanno ancora ascoltato la Buona Novella di Gesù Cristo; molti altri, per diverse ragioni, non hanno riconosciuto in questa Buona Novella la verità salvatrice che sola può soddisfare le attese più profonde dei loro cuori. Il Salmista prega: "Quando mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra" (Sal 104, 30). E’ mia ferma convinzione che i giovani sono chiamati ad essere strumenti di questo rinnovamento, comunicando ai loro coetanei la gioia che hanno sperimentato nel conoscere e nel seguire Cristo, e condividendo con gli altri l’amore che lo Spirito riversa nei loro cuori, in modo che anch’essi siano colmi di speranza e di gratitudine per tutto il bene che hanno ricevuto da Dio, nostro Padre celeste.
Molti giovani oggi mancano di speranza. Rimangono perplessi di fronte alle domande che si presentano loro in modo sempre più incalzante in un mondo che li confonde, e sono spesso incerti verso dove rivolgersi per trovare risposte. Vedono la povertà e l’ingiustizia e desiderano trovare soluzioni. Sono sfidati dagli argomenti di coloro che negano l’esistenza di Dio e si domandano come rispondervi. Vedono i grandi danni recati all’ambiente naturale dall’avidità umana e lottano per trovare modi per vivere in maggiore armonia con la natura e con gli altri.
Dove possiamo cercare risposte? Lo Spirito ci orienta verso la via che conduce alla vita, all’amore e alla verità. Lo Spirito ci orienta verso Gesù Cristo. Vi è un detto attribuito a Sant’Agostino: "Se vuoi rimanere giovane, cerca Cristo". In lui troviamo le risposte che cerchiamo, troviamo le mete per le quali vale veramente la pena di vivere, troviamo la forza per continuare il cammino con cui far nascere un mondo migliore. I nostri cuori non trovano riposo finché non riposino nel Signore, come dice Sant’Agostino all’inizio delle "Confessioni", il famoso racconto della sua gioventù. La mia preghiera è che i cuori dei giovani che si riuniscono a Sydney per la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù trovino veramente riposo nel Signore e possano essere colmati di gioia e di fervore per diffondere la Buona Novella fra i loro amici, le loro famiglie e tutti coloro che incontrano.
Cari amici australiani, benché io potrò passare solo pochi giorni nel vostro Paese, e non potrò viaggiare al di fuori di Sydney, il mio cuore vi raggiunge tutti, compresi coloro che sono malati o in difficoltà di qualsiasi genere. A nome di tutti i giovani, vi ringrazio di nuovo per il vostro sostegno alla mia missione e vi chiedo di continuare a pregare soprattutto per loro. Concludo rinnovando il mio invito ai giovani di tutto il mondo di raggiungermi in Australia, la grande "terra meridionale dello Spirito Santo". Mi auguro di vedervi là! Dio vi benedica tutti.
Dal Vaticano, 4 luglio 2008
BENEDICTUS PP. XVI
FEDERICA, CHE VIENE UCCISA NEL “PARADISO” SENZA CROCIFISSI… 11.07.2008 Lloret de Mar come metafora del nostro tempo... I socialisti di Zapatero hanno annunciato di voler togliere i crocifissi dagli spazi pubblici. Il caso ha voluto che la notizia uscisse in contemporanea con l’assassinio di Federica, proprio in Spagna, a Llorett de Mar, in un divertimentificio che è il nuovo santuario dello sballo giovanile. Dove la discoteca è – come ha spiegato Vittorino Andreoli – la cattedrale pagana di “un grande rito di trasformazione collettiva” che fa dimenticare la vita e la realtà. Gli ingredienti (anche chimici) di questa “nuova religione” sono noti, con il solito comandamento: “vietato vietare”. La felicità si trova davvero lì? E perché Federica ci ha trovato la morte, macellata come un agnello?
Nessuno ci riflette. Nell’euforica Spagna le autorità sembrano preoccupate soprattutto che il delitto non porti pubblicità negativa alla località turistica. E vai con la tequila bum bum, dimentichiamo la povera Federica e via i crocifissi. Anche noi da tempo li abbiamo tolti dai cuori, oltreché dalla vita pubblica. Anzi, l’immagine del crocifisso o quella della Madonna vengono periodicamente dileggiati da sedicenti artisti in nome della libertà d’espressione. Del resto il Papa stesso subisce questa sorte nelle manifestazioni di piazza della sedicente “Italia dei migliori”. E la fede cattolica viene azzannata, senza alcuna obiettività, in programmi televisivi che, se fossero realizzati contro qualsiasi altra religione, scatenerebbero subito l’accusa di intolleranza o razzismo. Contro Gesù Cristo invece sembra che tutto sia permesso.
Poi, quando ci visita il dolore o si consuma la tragedia o assistiamo all’orrore, gridiamo furenti – col dito accusatore – “dov’è Dio?”, “Perché non ha impedito tutto questo?”. Dopo l’ecatombe dell’ 11 settembre a New York si alzò questo stesso grido e una donna, in tutta semplicità, parlando in televisione rispose così: “per anni abbiamo detto a Dio di uscire dalle nostre scuole, di uscire dal nostro Governo, e di uscire dalle nostre vite. E da gentiluomo che è, credo che Lui sia quietamente uscito. Come possiamo aspettarci che Dio ci dia le Sue benedizioni, e la Sua protezione, se prima esigiamo che ci lasci soli?”.
Continuava ricordando quando si lanciò la crociata perché non si voleva “che si pregasse nelle scuole americane, e gli americani hanno detto OK. Poi qualcun altro ha detto che sarebbe meglio non leggere la Bibbia nelle scuole americane. Quella stessa Bibbia che dice: ‘Non uccidere, non rubare, ama il tuo prossimo come te stesso...’, e gli americani hanno detto OK. Poi, in molti paesi del mondo, qualcuno ha detto: ‘Lasciamo che le nostre figlie abortiscano, se lo vogliono, senza neanche avvisare i propri genitori’. Ed il mondo ha detto OK”.
Si girano film e show televisivi che sommergono le anime di fango. E si fa musica che celebra violenza, suicidio, droga o ammicca al satanismo. E tutti trovano questo normale e dicono che è solo un gioco, com’è normale che, secondo le statistiche, un bimbo italiano, prima di aver terminato le elementari, veda in media in tv 8 mila omicidi e 100 mila atti di violenza, ma per carità togliamo la preghiera dalla scuola ché sarebbe un atto di “violenza psicologica”.
”Ora” proseguiva quella donna americana “ci chiediamo perché i nostri figli non hanno coscienza, perché non sanno distinguere il bene dal male, e perché uccidono così facilmente estranei, compagni di scuola, e loro stessi. Probabilmente perché, com’è stato scritto, ‘l'uomo miete ciò che ha seminato’ (Galati 6:7). Uno studente ha ‘sinceramente’ chiesto: ‘Caro Dio, perché non hai salvato quella bambina che è stata uccisa in una scuola americana?’. Risposta: ‘Caro Studente, a Me non è permesso entrare nelle scuole americane. Sinceramente, Dio’ ”. Tutto questo non è solo americano. Dopo Auschwitz una folla di intellettuali accusò Dio: “Dov’eri? Come hai potuto permettere tutto questo?”. Nessuno ricordava quale fu la prima battaglia fatta dal nazismo appena arrivato al potere: la guerra dei crocifissi. Il nuovo regime pretese di spazzar via da tutte le scuole l’immagine di Gesù crocifisso. Fu uno scontro durissimo e la Chiesa fu praticamente lasciata sola a sostenerlo. Dov’erano gli intellettuali? Poi il nazismo, fra il 1939 e il 1940, spazzò via migliaia di “crocifissi viventi”, una eutanasia di massa per 70 mila disabili e malati mentali: ritennero le loro delle vite indegne di essere vissute e dettero loro “la morte pietosa”, ma anche in quel caso la Chiesa fu lasciata quasi sola perché nei cuori il crocifisso era stato spazzato via dalla pagana e feroce croce uncinata. E così alla fine Hitler scatenò la guerra e la Shoah. Dov’era Dio? Era stato cacciato da tempo. E stava agonizzando nei lager con Massimiliano Kolbe, Edith Stein o Dietrich Bonhoeffer, accanto a una moltitudine di croficissi.
Siamo la generazione che ha visto poi consolidarsi nel mondo il più immane tentativo di strappare Dio dai cuori, imponendo l’ateismo di Stato: l’impero comunista che si è risolto nel più colossale genocidio planetario di uomini e popoli. Tutto questo c’insegna qualcosa? No. Noi siamo la generazione che non impara dalle tragedie del suo tempo. E per questo forse sarà destinata a ripeterle. Non abbiamo forse consegnato la costruzione europea a una tecnocrazia laicista e dispotica che ha voluto strappare le radici cristiane dell’albero europeo? Ed eccoci all’inverno demografico, al declino e all’invasione islamica.
Un grande economista come Giulio Tremonti, nel suo celebre libro, ha affermato che il riscatto è possibile solo con una rinascita spirituale. Ma noi siamo “gli uomini impagliati” di Eliot, con la testa piena di vento e il cuore pieno di solitudine. Abbiamo sputato su Gesù Cristo e sulla Chiesa credendo che questo fosse “libertà”, poi ci troviamo soli o disperati e allora puntiamo il dito accusatore sulla presunta “indifferenza” di Dio. Di quel Dio che non cessa un solo giorno di darci il respiro e di farsi incontro a noi.
Siamo la generazione che non sa più dare senso alla vita, né speranza ai propri figli, che vede addensarsi all’orizzonte nubi cupe di crisi planetarie, di guerre, di carestie, ma non afferra la mano della “Regina della Pace”, presente fra noi per salvarci. Perché si ride del Mistero e del soprannaturale, mentre si va da maghi e astrologi, perché si crede ai giornali e a internet e non al Vangelo, perché si irride chi parla di Satana e dell’Inferno, ma si affollano come non mai sette sataniche o esoteriche, perché si venerano le maschere vuote dei palcoscenici e della tv e si disprezzano i santi, perché si crede che libertà sia poter fare qualunque cosa, anziché essere veramente amati.
Questa stagione iniziò nel ’68, quando si cominciò a sparare sulla religione come “oppio dei popoli”, così oggi l’oppio (o la cocaina) è diventata la religione dei popoli, anche di notai, industriali e deputati. Nietsche tuonò contro il crocifisso perché – scrisse – abolì i sacrifici umani che erano il motore della storia pagana. E infatti oggi, cancellato il crocifisso dai cuori, sono tornati i sacrifici umani. Siamo la generazione che ha assistito tranquillamente in 30 anni allo sterminio – con leggi degli Stati – di un miliardo di piccole vite umane nascenti, il più immane sacrificio umano della storia. La generazione che torna a discettare di vite “indegne di essere vissute”, che pretende di trasformare i più piccoli esseri umani in cavie da laboratorio, che esige – specialmente “in nome della scienza” - che tutto sia permesso. In effetti “se Dio non c’è, tutto è permesso”. Ma con quali conseguenze?
L’abbiamo visto nel recente passato. E siccome non ne traiamo le conseguenze lo vediamo nel presente e ancor più lo vedremo nel futuro. Qualcuno ha osservato: “Strano come sia semplice per le persone cacciare Dio per poi meravigliarsi perché il mondo sta andando all'inferno”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 11 luglio 2008
14 luglio 2008
Nessuno muoia di sete per necrofila secolarista - Acqua per Eluana Englaro
Da domani sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua. Non c’è da discutere, c’è solo da protestare la compassione
Di Giuliano Ferrara, dal Foglio.it
Acqua per Eluana Englaro. Da domani, dai prossimi giorni sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua. Non c’è da discutere, c’è solo da protestare la compassione. C’è solo da protestare. C’è solo da esercitare la libertà di contraddire calpestando quel simbolo di ragione che è la piazza sotto l’ombra di quel simbolo di fede che è la Cattedrale.
Piazza Duomo è un luogo elettivo della religione e del civismo. E’ il posto giusto. E’ il posto giusto per riunirsi intorno al pozzo della Samaritana, e alla sua acqua. A qualche chilometro da lì, a Lecco sul bordo del lago manzoniano, una donna viva sta per essere assetata e affamata dal nostro io collettivo, timoroso della morte e spregiatore della vita umana, dalla scienza impudente e dalla famiglia senza speranza. Non c’è da capire se la fede cristiana sia in grado di salvare senza o perfino contro gli imperativi dell’etica classica e borghese: c’è da agire. C’è da agire su di una piazza, su un sagrato, silenziosamente e solidalmente, secondo la vocazione laica dei cattolici e la cultura cristiana dei laici. Questo è l’etica: discernere il bene dal male (aguzzando la vista) e sforzarsi di fare il bene (attraverso l’ineluttabilità del peccato). Non con la curiosità di Eva e l’autorizzazione biblica di Adamo, beninteso, ma secondo la ragione e la parola, secondo il Logos che per i cristiani è una incarnazione personale, un fatto. Non fare agli altri quanto non vuoi sia fatto a te: dunque, non assetare. Fa’ agli altri quanto vorresti fosse fatto a te: dunque, da’ da bere agli assetati.
Molti nel mondo hanno sete e rischiano di morire. Ma nessuno come Eluana Englaro. Nessuno per sentenza di un giudice. Nessuno per evoluzione della cultura. Nessuno per disperata decisione paterna. Nessuno nel muto nome di una sua volontà precedente. Nessuno come campione umano per la statuizione di una legge di testamento cosiddetto biologico o di eutanasia. Nessuno come cavia ideologica di un passo ulteriore nella via della scristianizzazione radicale del mondo. Nessuno ha sete per un banale incidente filosofico divenuto religione civile universale, la religione della buona morte, la morte buona, capace secondo i modernisti di conferire dignità alla persona che la riceve nel suo letto o autonomia e libertà a chi la dà nel suo grembo. Nessuno nel mondo muore di sete per vanità e necrofilia secolarista. A Eluana Englaro, come avvenne per Terry Schiavo, potrebbe succedere.
Beniamino Andreatta è vissuto nove anni in un letto d’ospedale, a Bologna, chiuso ai contatti diretti e comprensibili con il resto del mondo ma non all’amore della sua famiglia e dei suoi amici. Quando si recò in città, il Capo dello Stato lo andò a trovare. Andò a trovare qualcuno. Non una tomba o una cosa, di cui si possa disporre. C’era un corpo caldo, che di lì a qualche giorno diventò freddo, poiché Andreatta poi morì. Giorgio Napolitano, che si fece venire dubbi clamorosi all’epoca dell’appello di Piergiorgio Welby in nome del diritto di morire, potrebbe farsi venire un dubbio anche questa volta. Di segno contrario. In nome del diritto di vivere. Potrebbe recarsi sul sagrato del Duomo e deporre anche lui una bottiglia d’acqua. Potrebbe invocare una moratoria contro una pena di morte legale, comminata a una sorella delle suore Misericordine con le cautele della tortura umanitaria, affinché le mucose non si secchino e il disagio della disidratazione sia limitato.
A proposito di «islamicamente corretto»
Autore: Allam, Magdi Cristiano Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
domenica 13 luglio 2008
Magdi Cristiano Allam ci scrive riguardo ad un articolo dell’Osservatore Romano: «Incontri internazionali in Belgio e in Italia - Cristianesimo e islam in Europa»
Carissimo don Gabriele,
dopo aver letto il resoconto dell’Osservatore Romano sui due convegni in cui è stato affrontato il tema del rapporto tra l’islam e il cristianesimo in Europa, non posso che restare attonito per questo ennesimo attestato di relativismo religioso e di islamicamente corretto. Vi è un pericoloso e annoso vizio logico e procedurale in base al quale si immagina a torto che per poter dialogare con i musulmani bisogna aprioristicamente attribuire all’islam pari dignità rispetto al cristianesimo, elevandolo così a religione della verità, della vita, dell’amore e della libertà. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’Europa si sta trasformando sempre più in un colosso materiale senz’anima, in profonda crisi di valori e di identità che rinnega il radicamento e il primato della fede in Cristo quale base della propria civiltà e umanità, e che finisce per soccombere sempre più al radicalismo e all’integralismo islamico tramite la proliferazione delle moschee, scuole islamiche, enti finanziari islamici, tribunali islamici e talvolta - come è stato il caso della Gran Bretagna - campi di addestramento alla Jihad. Ignorare tutto ciò significa semplicemente ignorare la corretta rappresentazione della realtà per quella che è, senza infingimenti e mistificazione, e non voler guardare in faccia la verità. Questi dialoghi interreligiosi sono del tutto decontestualizzati dalla realtà attuale, facendo finta che saremmo all’anno zero della storia, e sono del tutto svuotati di contenuto, facendo finta che vivremmo in un mondo immacolato. Magari! Tutti noi ce lo auguriamo di cuore, ma oggi siamo chiamati ad assumerci la responsabilità storica di riscattare l’Europa dal baratro del relativismo etico e dell’islamicamente corretto, per poter reimpostare il dialogo necessario con i musulmani su delle basi veritiere e oggettive, incentrate sul rispetto dei valori non negoziabili in quanto sostanziano l’essenza della nostra umanità, al fine di perseguire concretamente il bene comune e l’interesse collettivo dell’umanità. Ti abbraccio fraternamente nella fede in Gesù e ti auguro ogni bene.
Magdi Cristiano Allam
Incontri internazionali in Belgio e in Italia
Cristianesimo e islam in Europa
Come viene accolto l’islam dalla cosiddetta Europa cristiana? Come affrontare la paura dell’islamizzazione del vecchio continente e quali sono le possibilità di una “europeizzazione” dell’islam? I rapporti tra islam e Europa, spesso segnati - soprattutto dopo l’11 settembre 2001 - da inquietudini e incomprensioni, sono sempre sotto i riflettori, al centro del dibattito e della riflessione, suscitando interrogativi dalla non facile risposta. Negli ultimi giorni due importanti incontri internazionali sul tema si sono proposti all’attenzione dell’opinione pubblica. Il primo in Belgio, a Bruxelles, presso la sede del Parlamento europeo. Il secondo in Italia, presso Villa Cagnola di Gazzada, in provincia di Varese. Nel primo caso si è trattato di un seminario - il terzo di una serie di quattro - organizzato in occasione dell’anno europeo del dialogo interculturale dalla Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea (Comece), dalla Commissione Chiesa e Società (Csc) della Conferenza delle Chiese europee e dalla Konrad Adenauer Stiftung (Kas), in associazione con partner musulmani. Tra i principali relatori dell’incontro Sara Silvestri, dell’università di Cambridge e della City university di Londra, la quale ha sottolineato come l’islam abbia indubbiamente contribuito alla crescita e all’evoluzione della cultura e del sapere scientifico in Europa, avendo invece, contrariamente al cristianesimo, meno influenza sull’organizzazione politica e legale della società. Tuttavia, secondo la studiosa, è ormai ora di abbandonare l’idea per la quale le identità culturali siano stabilite una volta per tutte e, soprattutto, che i musulmani appartengano a una categoria monolitica. E - ha anche osservato - alcuni concetti come la preoccupazione per il benessere di ogni persona, la santità della vita e l’impegno da parte dei credenti nella sfera pubblica sono condivisi sia dall’islam che dal cristianesimo. Dai rischi di fraintendimenti e delle false interpretazioni dell’islam ha messo in guardia - secondo quanto si legge in un comunico della Comece - il rappresentante della comunità islamica della Serbia, lo sceicco Abdullah Nu’man. Interpretazioni ha detto “derivanti dal Corano”, ma “ricoperte da una serie di tradizioni culturali che provocano fraintendimenti”. Da un punto di vista teologico, ma anche demografico - ha constatato - la paura di un’invasione islamica e dell’imposizione della legge islamica, cioè della sharia, è senza fondamento. Allo stesso modo, ha denunciato una certa “islamofobia” come pretesto razzista usato per spargere odio o discriminare i cittadini musulmani. Questi ultimi - afferma - “amano l’umanità perché proviene da Dio e amano Dio perché ci ha creati”, e la loro religione riguarda “il parlare e l’amarsi reciprocamente”. Il metropolita Emmanuel di Francia, rappresentante del patriarcato ecumenico presso l’Unione europea, ha registrato come ormai le sfide che nascono dai rapporti tra le religioni sono parte della società europea e riguardano ogni ambito della società. Secondo il metropolita, in Europa “molte persone hanno una paura irrazionale ma storicamente modellata dell’islam, promossa dalla rappresentazione parziale e stereotipata di questa religione nei media e dalla generale mancanza di conoscenza dell’islam”. In questo contesto, il metropolita ha esortato le istituzioni europee, le Chiese e i vari media ad affrontare con decisione i sentimenti di paura generati dal diffondersi dell’islam. Un passo in questa direzione - ha detto - potrebbe essere il trattamento egualitario nei mezzi di comunicazione e l’insegnamento di tutte le religioni nelle scuole. In particolare “sottolineando le figure comuni tra le religioni più che le differenze” si dovrebbe “poter identificare priorità comuni e offrire una visione per l’Europa”. Di fronte a queste considerazioni, il deputato danese Margrete Auken ha sottolineato la necessità di “andare avanti, ascoltare e imparare gli uni dagli altri per superare le incomprensioni”, affermando che il dialogo con le religioni previsto nel Trattato di Lisbona è “sia un dovere che un privilegio”. Quello del dialogo è del resto un cammino ormai intrapreso con decisione. Il quarto e ultimo seminario in programma presso la sede dell’Ue si svolgerà in una data significativa - l’11 settembre prossimo - e affronterà la questione delle relazioni esterne dell’Unione europea con i Paesi musulmani, concentrandosi in particolare sulla reciprocità in termini di libertà religiosa per i musulmani nei Paesi europei e per i cristiani in quelli islamici. Temi decisivi, questi ultimi, al centro anche del seminario tenutosi in provincia di Varese e che ha visto la partecipazione di monsignor Luigi Stucchi, vescovo ausiliare di Milano, del gesuita Samir Khalil Samir dell’università di Beirut, di Khaled Fouad Allam docente alle università di Trieste e Urbino e di Sumaya Abdel Qader, presidente dell’Associazione donne musulmane in Italia (Admi). “Il cammino del dialogo interreligioso - ha dichiarato in apertura dell’incontro monsignor Luigi Mistò, direttore di Villa Cagnola - deve partire da un punto preciso che accomuna i fedeli delle diverse confessioni: l’esperienza di fede autentica”. Il tema religioso - ha proseguito monsignor Mistò - “è decisivo nella creazione della nuova Europa, della civiltà dell’amore che può nascere soltanto attraverso il dialogo”. Ma a tre condizioni: “Innanzitutto che la conoscenza reciproca sia oggettiva, quasi scientifica, per evitare quello che si può definire il conflitto delle ignoranze”. In secondo luogo, non può mancare “una valutazione positiva dell’esperienza dell’altro, che sottolinei gli aspetti che uniscono, più di quelli che dividono”. Infine, è sempre più urgente una vera opera di educazione all’accettazione, alla stima e al rispetto. Evitando in ogni modo, però, “il pericolo di appiattire per questo la propria identità”. Per Khaled Fouad Allam, “il cambiamento di paradigma avvenuto dopo l’11 settembre 2001 ha spostato il pensare dalla categoria dell’universalismo, tipico europeo, a quella dell’etnia”. E questa etnicizzazione dei processi sociali “ha reso difficile creare una società dominata dall’universalismo”. L’islam - ha aggiunto - “non deve essere solo un corpo di testi, seppur fondamentali, ma è necessario sia anche esperienza di vita e di tradizione”. Solo in questo modo “l’islam può evitare l’assolutizzazione del diritto in favore di una maggiore capacità culturale”. L’auspicio di Allam è dunque che si possa “giungere a un islam dei lumi. Ma ciò è possibile solo con il dialogo interreligioso”.
(©L’Osservatore Romano - 7 - 8 luglio 2008)
La vittoria sul demonio
Autore: Oliosi, Don Gino Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
venerdì 11 luglio 2008
La libertà dalla paura dei demoni portata dal cristianesimo
In occasione del IX Convegno Internazionale degli esorcisti a Collevalenza dal 14 al 18 luglio 2008 risuonano profetiche e ammonitrici le parole dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, oggi papa Benedetto XVI: “La cultura atea dell’Occidente moderno vive ancora grazie alla libertà dalla paura dei demoni portata dal cristianesimo. Ma, se questa luce redentrice del Cristo dovesse spegnersi, pur con tutta la sua sapienza e con tutta la sua tecnologia, il mondo ricadrebbe nel terrore e nella disperazione: ci sono segni di questo ritorno di forze oscure, mentre crescono nel mondo secolarizzato i culti satanici”.
Perché oggi si irride chi parla di Satana e dell’Inferno, di esorcismi e di preghiere di liberazione ma si affollano come non mai maghi e astrologhi, sette sataniche ed esoteriche?
Possiamo affermare che, grazie alla presenza ecclesiale, sacramentale della Persona di Gesù Cristo risorto e alla sua potenza operante nella preghiera di liberazione e negli esorcismi, la cultura dell’Occidente è stata liberata sia dalla paura, sia dal dominio dei demoni che Egli è venuto a debellare e a sconfiggere. Chi vuole che non si parli più di Satana e di diavoli, di preghiere di liberazione e di esorcismi, anzi che non vengano più praticati, data la cultura secolarizzata, in realtà favorisce nuovamente il diffondersi di una cultura di paura e di dominio di Satana, dal quale Cristo è venuto a liberarci insegnandoci a pregare ogni giorno, soprattutto nella celebrazione eucaristica: non indurci, non abbandonarci nella tentazione, liberaci dal Male-Maligno. Nella preghiera di liberazione di tutti i sacramenti, della confessione in particolare, negli esorcismi sacramentali, il potere delle tenebre è annientato da Colui che è la vera luce e la vera pace del mondo. Ecco perché la preghiera di liberazione, l’attività esorcistica è per Gesù un’attività di estrema importanza: sciogliendo l’umanità dalla schiavitù di Satana, Cristo che era esorcista e il Vangelo documenta numerose liberazioni che egli ha operato a beneficio degli indemoniati dando agli apostoli il potere di cacciare i demoni, dimostra, infatti, di essere il Signore della vita attraverso il dono di Lui risorto cioè lo Spirito santo, immagine dello splendore del Padre, il Liberatore e il Redentore degli uomini. Questa è la visione obiettivamente cristiana della vita di ogni uomo e della storia; “ora - scrive mons. Luigi Negri nella Prefazione al libro di Francesco Bamonte Gli Angeli Ribelli che consiglia a tutti, ai sacerdoti in particolare -, non c’è concezione cristiana esatta della vita dell’uomo e della storia cristiana se si oblitera un particolare fondamentale come quello del centro dell’opposizione all’avvenimento di Cristo che permane nella storia, non più certo, con la possibilità di vincere che ha avuto prima dell’incarnazione del Signore, ma per la possibilità che egli largamente esercita di contestare e rendere difficoltosa l’affermazione della gloria di Cristo risorto nella storia… Con la paura del devozionismo, dello psicologismo, del riduzionismo spirituale … noi corriamo il rischio di perdere la natura profonda e cattolica della fede e di non averne una visione adeguata; proprio l’assenza di questa visione adeguata ci rende poi particolarmente vulnerabili nei confronti della storia. Non è un caso che sia questa difficoltà di tipo culturale ad avere chiaro il valore di Satana e della sua azione contro Cristo e contro il mondo, che rende poi il popolo cristiano così subalterno a questo tremendo proliferare di sette deviate, di forme deviate di cristianesimo fino a un satanismo a buon mercato che comunque è un satanismo che si sta diffondendo a larghissime ondate e che condiziona certamente la vita dei giovani italiani, almeno tanto quanto la tradizione cristiana”. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che l’esistenza degli angeli e dei demoni “è una verità di fede”. La testimonianza della Sacra Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione (CCC 328). Il Magistero ecclesiastico su questi problemi è stato capace di conservare una continuità dinamica o Tradizione, valorizzando argomentazioni diverse e una straordinaria unità intellettuale e morale come ha saputo sintetizzare C. Vagaggini ne Il senso teologico della liturgia, pp. 303-304: “Concretamente e storicamente parlando, il male morale e fisico si è abbattuto sull’uomo non già per semplice effetto della sua disobbedienza, ma per effetto della volontà dell’uomo stesso dietro l’istigazione e l’influsso di Satana. Il peccato si colloca non nella cornice di una generica lotta tra il bene e il male, ma nello scontro tra Dio e Satana, tra il regno di Dio e il regno di Satana. Lo stato di spoliazione dei beni della grazia e dei doni preternaturali, in cui l’uomo è caduto per influsso di Satana, è uno stato di vero peccato, di vera avversione a Dio e di schiavitù sotto la potestà di Satana. Ogni conseguenza del peccato, alla quale tuttora noi sottostiamo, è sempre esercizio del potere di Satana sopra il mondo e sopra di noi. Tale signoria si evidenzia non solo nei nostri peccati personali, ma anche in tentazioni di ogni sorta, in persecuzioni, tribolazioni, influssi nocivi degli elementi infraumani, infortuni, malattie di ogni genere, morte. Nell’infinita scala dei mali fisici, psichici, morali, che noi subiamo, e a cui è sottoposto il mondo, si manifesta effettivamente l’influsso di Satana, il suo potere, la sua lotta incessante contro il regno di Dio. L’uomo, in virtù della grazia e dei doni preternaturali, nel paradiso terrestre godeva dell’immunità da tutti questi mali. La stessa redenzione di Cristo ci ridona la grazia, ma non ancora i doni preternaturali; ci reintegra nuovamente sin d’ora nelle file del regno di Dio, ma non ci sottrae ancora alla lotta e al possibile influsso di Satana e dei suoi “satelliti”. Tale influsso si esercita ogni volta che ci colpisce un qualsiasi male, fisico o morale. La nostra lotta non è solo contro la carne e il sangue, ma - ci ricorda san Paolo - anzitutto contro Satana e contro gli spiriti ribelli, che operano anche attraverso le molestie che la carne e il sangue ci infliggono. Dietro ogni male fisico e morale che ci colpisce si cela effettivamente l’influsso personale di Satana”.
Da parte di chi esercita il ministero dell’esorcismo come di chi parla e scrive sull’esorcismo c’è il rischio, analogo alla riduzione individualistica moderna della speranza cristiana, di restringere l’azione di Satana e dei suoi diavoli sugli effetti personali senza l’attenzione sulla storia, soprattutto oggi. Nel momento in cui san Giovanni scrisse l’Apocalisse il potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza di Satana, del Dragone, come egli lo chiama, si inseriva nel potere degli imperatori romani anticristiani, da Nerone a Domiziano. “Vediamo - ha osservato Benedetto XVI nell’omelia dell’Assunta del 2007 - di nuovo realizzato questo potere, questa forza del dragone rosso nelle grandi dittature del secolo scorso: la dittatura del nazismo e la dittatura di Stalin avevano tutto il potere, penetravano ogni angolo, l’ultimo angolo. Appariva impossibile che, a lunga scadenza, la fede potesse sopravvivere davanti a questo dragone così forte, che voleva divorare Dio fattosi bambino e la donna, la Chiesa. Ma in realtà, anche in questo caso alla fine l’amore fu più forte di lui. Anche oggi esiste il dragone in modi nuovi. Esiste nella forma di ideologie materialiste che dicono: è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa del tempo passato. Vale soltanto vivere la vita per sé. Prendere in questo breve momento della vita tutto quanto ci è possibile prendere. Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento. Questa è la vita. Così dobbiamo vivere. E di nuovo, sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la forza mediatica propagandistica. Sembra impossibile oggi ancora pensare a un Dio che ha creato l’uomo e che si è fatto bambino e che sarebbe il vero dominatore del mondo. Anche adesso questo dragone appare invincibile, ma anche adesso resta vero che Dio è più forte del dragone, che l’amore vince e non l’egoismo”. Solo questa fede libera, salva.
Avere chiaro culturalmente il ruolo di Satana e della sua azione contro Cristo su ogni persona e sulla storia, pregare sapendo e pensando cosa significa non abbandonarci alla tentazione, liberaci dal Male-Maligno a livello personale e storico, vuol dire evitare di cadere nel terrore e nella disperazione e liberare il mondo secolarizzato da un satanismo a buon mercato e i giovani da un condizionamento pericoloso nell’ambito educativo.
1) Messaggio del Papa al popolo australiano e ai giovani della GMG
2) FEDERICA, CHE VIENE UCCISA NEL “PARADISO” SENZA CROCIFISSI…, di Antonio Socci
3) Nessuno muoia di sete per necrofila secolarista - Acqua per Eluana Englaro, di Giuliano Ferrara
4) A proposito di «islamicamente corretto»,di Magdi Cristiano Allam
5) La vittoria sul demonio
6) La bioetica e i limiti di un pluralismo di facciata
7) I cattolici e la teoria dell'evoluzione - Il darwinismo da diversi punti di vista
Messaggio del Papa al popolo australiano e ai giovani della GMG
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 13 luglio 2008 (ZENIT.org).- Nell’imminenza del viaggio apostolico a Sydney in occasione della 23ª Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), Benedetto XVI ha inviato al popolo australiano ed ai giovani che parteciperanno alla GMG il seguente messaggio.
* * *
Per l’amato popolo dell’Australia
e per i giovani pellegrini che prendono parte
alla Giornata Mondiale della Gioventù 2008
"Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (At 1,8)
La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore Gesù Cristo sia con tutti voi! Fra pochi giorni inizierò la mia visita apostolica al vostro Paese, per celebrare la 23a Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney. Guardo con grande attesa ai giorni che passerò con voi, specialmente alle occasioni di pregare e riflettere con giovani di tutte le parti del mondo.
Anzitutto, desidero esprimere il mio apprezzamento per tutti coloro che hanno offerto tanto del loro tempo, delle loro risorse e delle loro preghiere per rendere possibile questa celebrazione. Il Governo australiano e il Governo provinciale del New South Wales, gli organizzatori di tutti gli eventi, i membri della comunità degli operatori economici che si sono offerti come sponsor – tutti voi avete sostenuto generosamente questo evento, e a nome di tutti i giovani che prenderanno parte alla Giornata Mondiale della Gioventù io ve ne ringrazio sinceramente. Molti dei giovani hanno fatto grandi sacrifici per poter intraprendere il viaggio verso l’Australia, ed io prego che vengano largamente ricompensati. Le parrocchie, le scuole e le famiglie ospitanti sono state molto generose nell’accogliere questi giovani visitatori, anch’esse meritano la nostra gratitudine e il nostro apprezzamento.
"Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (At 1,8). Questo è il tema della 23a Giornata Mondiale della Gioventù. Quanto ha bisogno il nostro mondo di una nuova effusione dello Spirito Santo! Molti non hanno ancora ascoltato la Buona Novella di Gesù Cristo; molti altri, per diverse ragioni, non hanno riconosciuto in questa Buona Novella la verità salvatrice che sola può soddisfare le attese più profonde dei loro cuori. Il Salmista prega: "Quando mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra" (Sal 104, 30). E’ mia ferma convinzione che i giovani sono chiamati ad essere strumenti di questo rinnovamento, comunicando ai loro coetanei la gioia che hanno sperimentato nel conoscere e nel seguire Cristo, e condividendo con gli altri l’amore che lo Spirito riversa nei loro cuori, in modo che anch’essi siano colmi di speranza e di gratitudine per tutto il bene che hanno ricevuto da Dio, nostro Padre celeste.
Molti giovani oggi mancano di speranza. Rimangono perplessi di fronte alle domande che si presentano loro in modo sempre più incalzante in un mondo che li confonde, e sono spesso incerti verso dove rivolgersi per trovare risposte. Vedono la povertà e l’ingiustizia e desiderano trovare soluzioni. Sono sfidati dagli argomenti di coloro che negano l’esistenza di Dio e si domandano come rispondervi. Vedono i grandi danni recati all’ambiente naturale dall’avidità umana e lottano per trovare modi per vivere in maggiore armonia con la natura e con gli altri.
Dove possiamo cercare risposte? Lo Spirito ci orienta verso la via che conduce alla vita, all’amore e alla verità. Lo Spirito ci orienta verso Gesù Cristo. Vi è un detto attribuito a Sant’Agostino: "Se vuoi rimanere giovane, cerca Cristo". In lui troviamo le risposte che cerchiamo, troviamo le mete per le quali vale veramente la pena di vivere, troviamo la forza per continuare il cammino con cui far nascere un mondo migliore. I nostri cuori non trovano riposo finché non riposino nel Signore, come dice Sant’Agostino all’inizio delle "Confessioni", il famoso racconto della sua gioventù. La mia preghiera è che i cuori dei giovani che si riuniscono a Sydney per la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù trovino veramente riposo nel Signore e possano essere colmati di gioia e di fervore per diffondere la Buona Novella fra i loro amici, le loro famiglie e tutti coloro che incontrano.
Cari amici australiani, benché io potrò passare solo pochi giorni nel vostro Paese, e non potrò viaggiare al di fuori di Sydney, il mio cuore vi raggiunge tutti, compresi coloro che sono malati o in difficoltà di qualsiasi genere. A nome di tutti i giovani, vi ringrazio di nuovo per il vostro sostegno alla mia missione e vi chiedo di continuare a pregare soprattutto per loro. Concludo rinnovando il mio invito ai giovani di tutto il mondo di raggiungermi in Australia, la grande "terra meridionale dello Spirito Santo". Mi auguro di vedervi là! Dio vi benedica tutti.
Dal Vaticano, 4 luglio 2008
BENEDICTUS PP. XVI
FEDERICA, CHE VIENE UCCISA NEL “PARADISO” SENZA CROCIFISSI… 11.07.2008 Lloret de Mar come metafora del nostro tempo... I socialisti di Zapatero hanno annunciato di voler togliere i crocifissi dagli spazi pubblici. Il caso ha voluto che la notizia uscisse in contemporanea con l’assassinio di Federica, proprio in Spagna, a Llorett de Mar, in un divertimentificio che è il nuovo santuario dello sballo giovanile. Dove la discoteca è – come ha spiegato Vittorino Andreoli – la cattedrale pagana di “un grande rito di trasformazione collettiva” che fa dimenticare la vita e la realtà. Gli ingredienti (anche chimici) di questa “nuova religione” sono noti, con il solito comandamento: “vietato vietare”. La felicità si trova davvero lì? E perché Federica ci ha trovato la morte, macellata come un agnello?
Nessuno ci riflette. Nell’euforica Spagna le autorità sembrano preoccupate soprattutto che il delitto non porti pubblicità negativa alla località turistica. E vai con la tequila bum bum, dimentichiamo la povera Federica e via i crocifissi. Anche noi da tempo li abbiamo tolti dai cuori, oltreché dalla vita pubblica. Anzi, l’immagine del crocifisso o quella della Madonna vengono periodicamente dileggiati da sedicenti artisti in nome della libertà d’espressione. Del resto il Papa stesso subisce questa sorte nelle manifestazioni di piazza della sedicente “Italia dei migliori”. E la fede cattolica viene azzannata, senza alcuna obiettività, in programmi televisivi che, se fossero realizzati contro qualsiasi altra religione, scatenerebbero subito l’accusa di intolleranza o razzismo. Contro Gesù Cristo invece sembra che tutto sia permesso.
Poi, quando ci visita il dolore o si consuma la tragedia o assistiamo all’orrore, gridiamo furenti – col dito accusatore – “dov’è Dio?”, “Perché non ha impedito tutto questo?”. Dopo l’ecatombe dell’ 11 settembre a New York si alzò questo stesso grido e una donna, in tutta semplicità, parlando in televisione rispose così: “per anni abbiamo detto a Dio di uscire dalle nostre scuole, di uscire dal nostro Governo, e di uscire dalle nostre vite. E da gentiluomo che è, credo che Lui sia quietamente uscito. Come possiamo aspettarci che Dio ci dia le Sue benedizioni, e la Sua protezione, se prima esigiamo che ci lasci soli?”.
Continuava ricordando quando si lanciò la crociata perché non si voleva “che si pregasse nelle scuole americane, e gli americani hanno detto OK. Poi qualcun altro ha detto che sarebbe meglio non leggere la Bibbia nelle scuole americane. Quella stessa Bibbia che dice: ‘Non uccidere, non rubare, ama il tuo prossimo come te stesso...’, e gli americani hanno detto OK. Poi, in molti paesi del mondo, qualcuno ha detto: ‘Lasciamo che le nostre figlie abortiscano, se lo vogliono, senza neanche avvisare i propri genitori’. Ed il mondo ha detto OK”.
Si girano film e show televisivi che sommergono le anime di fango. E si fa musica che celebra violenza, suicidio, droga o ammicca al satanismo. E tutti trovano questo normale e dicono che è solo un gioco, com’è normale che, secondo le statistiche, un bimbo italiano, prima di aver terminato le elementari, veda in media in tv 8 mila omicidi e 100 mila atti di violenza, ma per carità togliamo la preghiera dalla scuola ché sarebbe un atto di “violenza psicologica”.
”Ora” proseguiva quella donna americana “ci chiediamo perché i nostri figli non hanno coscienza, perché non sanno distinguere il bene dal male, e perché uccidono così facilmente estranei, compagni di scuola, e loro stessi. Probabilmente perché, com’è stato scritto, ‘l'uomo miete ciò che ha seminato’ (Galati 6:7). Uno studente ha ‘sinceramente’ chiesto: ‘Caro Dio, perché non hai salvato quella bambina che è stata uccisa in una scuola americana?’. Risposta: ‘Caro Studente, a Me non è permesso entrare nelle scuole americane. Sinceramente, Dio’ ”. Tutto questo non è solo americano. Dopo Auschwitz una folla di intellettuali accusò Dio: “Dov’eri? Come hai potuto permettere tutto questo?”. Nessuno ricordava quale fu la prima battaglia fatta dal nazismo appena arrivato al potere: la guerra dei crocifissi. Il nuovo regime pretese di spazzar via da tutte le scuole l’immagine di Gesù crocifisso. Fu uno scontro durissimo e la Chiesa fu praticamente lasciata sola a sostenerlo. Dov’erano gli intellettuali? Poi il nazismo, fra il 1939 e il 1940, spazzò via migliaia di “crocifissi viventi”, una eutanasia di massa per 70 mila disabili e malati mentali: ritennero le loro delle vite indegne di essere vissute e dettero loro “la morte pietosa”, ma anche in quel caso la Chiesa fu lasciata quasi sola perché nei cuori il crocifisso era stato spazzato via dalla pagana e feroce croce uncinata. E così alla fine Hitler scatenò la guerra e la Shoah. Dov’era Dio? Era stato cacciato da tempo. E stava agonizzando nei lager con Massimiliano Kolbe, Edith Stein o Dietrich Bonhoeffer, accanto a una moltitudine di croficissi.
Siamo la generazione che ha visto poi consolidarsi nel mondo il più immane tentativo di strappare Dio dai cuori, imponendo l’ateismo di Stato: l’impero comunista che si è risolto nel più colossale genocidio planetario di uomini e popoli. Tutto questo c’insegna qualcosa? No. Noi siamo la generazione che non impara dalle tragedie del suo tempo. E per questo forse sarà destinata a ripeterle. Non abbiamo forse consegnato la costruzione europea a una tecnocrazia laicista e dispotica che ha voluto strappare le radici cristiane dell’albero europeo? Ed eccoci all’inverno demografico, al declino e all’invasione islamica.
Un grande economista come Giulio Tremonti, nel suo celebre libro, ha affermato che il riscatto è possibile solo con una rinascita spirituale. Ma noi siamo “gli uomini impagliati” di Eliot, con la testa piena di vento e il cuore pieno di solitudine. Abbiamo sputato su Gesù Cristo e sulla Chiesa credendo che questo fosse “libertà”, poi ci troviamo soli o disperati e allora puntiamo il dito accusatore sulla presunta “indifferenza” di Dio. Di quel Dio che non cessa un solo giorno di darci il respiro e di farsi incontro a noi.
Siamo la generazione che non sa più dare senso alla vita, né speranza ai propri figli, che vede addensarsi all’orizzonte nubi cupe di crisi planetarie, di guerre, di carestie, ma non afferra la mano della “Regina della Pace”, presente fra noi per salvarci. Perché si ride del Mistero e del soprannaturale, mentre si va da maghi e astrologi, perché si crede ai giornali e a internet e non al Vangelo, perché si irride chi parla di Satana e dell’Inferno, ma si affollano come non mai sette sataniche o esoteriche, perché si venerano le maschere vuote dei palcoscenici e della tv e si disprezzano i santi, perché si crede che libertà sia poter fare qualunque cosa, anziché essere veramente amati.
Questa stagione iniziò nel ’68, quando si cominciò a sparare sulla religione come “oppio dei popoli”, così oggi l’oppio (o la cocaina) è diventata la religione dei popoli, anche di notai, industriali e deputati. Nietsche tuonò contro il crocifisso perché – scrisse – abolì i sacrifici umani che erano il motore della storia pagana. E infatti oggi, cancellato il crocifisso dai cuori, sono tornati i sacrifici umani. Siamo la generazione che ha assistito tranquillamente in 30 anni allo sterminio – con leggi degli Stati – di un miliardo di piccole vite umane nascenti, il più immane sacrificio umano della storia. La generazione che torna a discettare di vite “indegne di essere vissute”, che pretende di trasformare i più piccoli esseri umani in cavie da laboratorio, che esige – specialmente “in nome della scienza” - che tutto sia permesso. In effetti “se Dio non c’è, tutto è permesso”. Ma con quali conseguenze?
L’abbiamo visto nel recente passato. E siccome non ne traiamo le conseguenze lo vediamo nel presente e ancor più lo vedremo nel futuro. Qualcuno ha osservato: “Strano come sia semplice per le persone cacciare Dio per poi meravigliarsi perché il mondo sta andando all'inferno”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 11 luglio 2008
14 luglio 2008
Nessuno muoia di sete per necrofila secolarista - Acqua per Eluana Englaro
Da domani sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua. Non c’è da discutere, c’è solo da protestare la compassione
Di Giuliano Ferrara, dal Foglio.it
Acqua per Eluana Englaro. Da domani, dai prossimi giorni sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua. Non c’è da discutere, c’è solo da protestare la compassione. C’è solo da protestare. C’è solo da esercitare la libertà di contraddire calpestando quel simbolo di ragione che è la piazza sotto l’ombra di quel simbolo di fede che è la Cattedrale.
Piazza Duomo è un luogo elettivo della religione e del civismo. E’ il posto giusto. E’ il posto giusto per riunirsi intorno al pozzo della Samaritana, e alla sua acqua. A qualche chilometro da lì, a Lecco sul bordo del lago manzoniano, una donna viva sta per essere assetata e affamata dal nostro io collettivo, timoroso della morte e spregiatore della vita umana, dalla scienza impudente e dalla famiglia senza speranza. Non c’è da capire se la fede cristiana sia in grado di salvare senza o perfino contro gli imperativi dell’etica classica e borghese: c’è da agire. C’è da agire su di una piazza, su un sagrato, silenziosamente e solidalmente, secondo la vocazione laica dei cattolici e la cultura cristiana dei laici. Questo è l’etica: discernere il bene dal male (aguzzando la vista) e sforzarsi di fare il bene (attraverso l’ineluttabilità del peccato). Non con la curiosità di Eva e l’autorizzazione biblica di Adamo, beninteso, ma secondo la ragione e la parola, secondo il Logos che per i cristiani è una incarnazione personale, un fatto. Non fare agli altri quanto non vuoi sia fatto a te: dunque, non assetare. Fa’ agli altri quanto vorresti fosse fatto a te: dunque, da’ da bere agli assetati.
Molti nel mondo hanno sete e rischiano di morire. Ma nessuno come Eluana Englaro. Nessuno per sentenza di un giudice. Nessuno per evoluzione della cultura. Nessuno per disperata decisione paterna. Nessuno nel muto nome di una sua volontà precedente. Nessuno come campione umano per la statuizione di una legge di testamento cosiddetto biologico o di eutanasia. Nessuno come cavia ideologica di un passo ulteriore nella via della scristianizzazione radicale del mondo. Nessuno ha sete per un banale incidente filosofico divenuto religione civile universale, la religione della buona morte, la morte buona, capace secondo i modernisti di conferire dignità alla persona che la riceve nel suo letto o autonomia e libertà a chi la dà nel suo grembo. Nessuno nel mondo muore di sete per vanità e necrofilia secolarista. A Eluana Englaro, come avvenne per Terry Schiavo, potrebbe succedere.
Beniamino Andreatta è vissuto nove anni in un letto d’ospedale, a Bologna, chiuso ai contatti diretti e comprensibili con il resto del mondo ma non all’amore della sua famiglia e dei suoi amici. Quando si recò in città, il Capo dello Stato lo andò a trovare. Andò a trovare qualcuno. Non una tomba o una cosa, di cui si possa disporre. C’era un corpo caldo, che di lì a qualche giorno diventò freddo, poiché Andreatta poi morì. Giorgio Napolitano, che si fece venire dubbi clamorosi all’epoca dell’appello di Piergiorgio Welby in nome del diritto di morire, potrebbe farsi venire un dubbio anche questa volta. Di segno contrario. In nome del diritto di vivere. Potrebbe recarsi sul sagrato del Duomo e deporre anche lui una bottiglia d’acqua. Potrebbe invocare una moratoria contro una pena di morte legale, comminata a una sorella delle suore Misericordine con le cautele della tortura umanitaria, affinché le mucose non si secchino e il disagio della disidratazione sia limitato.
A proposito di «islamicamente corretto»
Autore: Allam, Magdi Cristiano Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
domenica 13 luglio 2008
Magdi Cristiano Allam ci scrive riguardo ad un articolo dell’Osservatore Romano: «Incontri internazionali in Belgio e in Italia - Cristianesimo e islam in Europa»
Carissimo don Gabriele,
dopo aver letto il resoconto dell’Osservatore Romano sui due convegni in cui è stato affrontato il tema del rapporto tra l’islam e il cristianesimo in Europa, non posso che restare attonito per questo ennesimo attestato di relativismo religioso e di islamicamente corretto. Vi è un pericoloso e annoso vizio logico e procedurale in base al quale si immagina a torto che per poter dialogare con i musulmani bisogna aprioristicamente attribuire all’islam pari dignità rispetto al cristianesimo, elevandolo così a religione della verità, della vita, dell’amore e della libertà. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’Europa si sta trasformando sempre più in un colosso materiale senz’anima, in profonda crisi di valori e di identità che rinnega il radicamento e il primato della fede in Cristo quale base della propria civiltà e umanità, e che finisce per soccombere sempre più al radicalismo e all’integralismo islamico tramite la proliferazione delle moschee, scuole islamiche, enti finanziari islamici, tribunali islamici e talvolta - come è stato il caso della Gran Bretagna - campi di addestramento alla Jihad. Ignorare tutto ciò significa semplicemente ignorare la corretta rappresentazione della realtà per quella che è, senza infingimenti e mistificazione, e non voler guardare in faccia la verità. Questi dialoghi interreligiosi sono del tutto decontestualizzati dalla realtà attuale, facendo finta che saremmo all’anno zero della storia, e sono del tutto svuotati di contenuto, facendo finta che vivremmo in un mondo immacolato. Magari! Tutti noi ce lo auguriamo di cuore, ma oggi siamo chiamati ad assumerci la responsabilità storica di riscattare l’Europa dal baratro del relativismo etico e dell’islamicamente corretto, per poter reimpostare il dialogo necessario con i musulmani su delle basi veritiere e oggettive, incentrate sul rispetto dei valori non negoziabili in quanto sostanziano l’essenza della nostra umanità, al fine di perseguire concretamente il bene comune e l’interesse collettivo dell’umanità. Ti abbraccio fraternamente nella fede in Gesù e ti auguro ogni bene.
Magdi Cristiano Allam
Incontri internazionali in Belgio e in Italia
Cristianesimo e islam in Europa
Come viene accolto l’islam dalla cosiddetta Europa cristiana? Come affrontare la paura dell’islamizzazione del vecchio continente e quali sono le possibilità di una “europeizzazione” dell’islam? I rapporti tra islam e Europa, spesso segnati - soprattutto dopo l’11 settembre 2001 - da inquietudini e incomprensioni, sono sempre sotto i riflettori, al centro del dibattito e della riflessione, suscitando interrogativi dalla non facile risposta. Negli ultimi giorni due importanti incontri internazionali sul tema si sono proposti all’attenzione dell’opinione pubblica. Il primo in Belgio, a Bruxelles, presso la sede del Parlamento europeo. Il secondo in Italia, presso Villa Cagnola di Gazzada, in provincia di Varese. Nel primo caso si è trattato di un seminario - il terzo di una serie di quattro - organizzato in occasione dell’anno europeo del dialogo interculturale dalla Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea (Comece), dalla Commissione Chiesa e Società (Csc) della Conferenza delle Chiese europee e dalla Konrad Adenauer Stiftung (Kas), in associazione con partner musulmani. Tra i principali relatori dell’incontro Sara Silvestri, dell’università di Cambridge e della City university di Londra, la quale ha sottolineato come l’islam abbia indubbiamente contribuito alla crescita e all’evoluzione della cultura e del sapere scientifico in Europa, avendo invece, contrariamente al cristianesimo, meno influenza sull’organizzazione politica e legale della società. Tuttavia, secondo la studiosa, è ormai ora di abbandonare l’idea per la quale le identità culturali siano stabilite una volta per tutte e, soprattutto, che i musulmani appartengano a una categoria monolitica. E - ha anche osservato - alcuni concetti come la preoccupazione per il benessere di ogni persona, la santità della vita e l’impegno da parte dei credenti nella sfera pubblica sono condivisi sia dall’islam che dal cristianesimo. Dai rischi di fraintendimenti e delle false interpretazioni dell’islam ha messo in guardia - secondo quanto si legge in un comunico della Comece - il rappresentante della comunità islamica della Serbia, lo sceicco Abdullah Nu’man. Interpretazioni ha detto “derivanti dal Corano”, ma “ricoperte da una serie di tradizioni culturali che provocano fraintendimenti”. Da un punto di vista teologico, ma anche demografico - ha constatato - la paura di un’invasione islamica e dell’imposizione della legge islamica, cioè della sharia, è senza fondamento. Allo stesso modo, ha denunciato una certa “islamofobia” come pretesto razzista usato per spargere odio o discriminare i cittadini musulmani. Questi ultimi - afferma - “amano l’umanità perché proviene da Dio e amano Dio perché ci ha creati”, e la loro religione riguarda “il parlare e l’amarsi reciprocamente”. Il metropolita Emmanuel di Francia, rappresentante del patriarcato ecumenico presso l’Unione europea, ha registrato come ormai le sfide che nascono dai rapporti tra le religioni sono parte della società europea e riguardano ogni ambito della società. Secondo il metropolita, in Europa “molte persone hanno una paura irrazionale ma storicamente modellata dell’islam, promossa dalla rappresentazione parziale e stereotipata di questa religione nei media e dalla generale mancanza di conoscenza dell’islam”. In questo contesto, il metropolita ha esortato le istituzioni europee, le Chiese e i vari media ad affrontare con decisione i sentimenti di paura generati dal diffondersi dell’islam. Un passo in questa direzione - ha detto - potrebbe essere il trattamento egualitario nei mezzi di comunicazione e l’insegnamento di tutte le religioni nelle scuole. In particolare “sottolineando le figure comuni tra le religioni più che le differenze” si dovrebbe “poter identificare priorità comuni e offrire una visione per l’Europa”. Di fronte a queste considerazioni, il deputato danese Margrete Auken ha sottolineato la necessità di “andare avanti, ascoltare e imparare gli uni dagli altri per superare le incomprensioni”, affermando che il dialogo con le religioni previsto nel Trattato di Lisbona è “sia un dovere che un privilegio”. Quello del dialogo è del resto un cammino ormai intrapreso con decisione. Il quarto e ultimo seminario in programma presso la sede dell’Ue si svolgerà in una data significativa - l’11 settembre prossimo - e affronterà la questione delle relazioni esterne dell’Unione europea con i Paesi musulmani, concentrandosi in particolare sulla reciprocità in termini di libertà religiosa per i musulmani nei Paesi europei e per i cristiani in quelli islamici. Temi decisivi, questi ultimi, al centro anche del seminario tenutosi in provincia di Varese e che ha visto la partecipazione di monsignor Luigi Stucchi, vescovo ausiliare di Milano, del gesuita Samir Khalil Samir dell’università di Beirut, di Khaled Fouad Allam docente alle università di Trieste e Urbino e di Sumaya Abdel Qader, presidente dell’Associazione donne musulmane in Italia (Admi). “Il cammino del dialogo interreligioso - ha dichiarato in apertura dell’incontro monsignor Luigi Mistò, direttore di Villa Cagnola - deve partire da un punto preciso che accomuna i fedeli delle diverse confessioni: l’esperienza di fede autentica”. Il tema religioso - ha proseguito monsignor Mistò - “è decisivo nella creazione della nuova Europa, della civiltà dell’amore che può nascere soltanto attraverso il dialogo”. Ma a tre condizioni: “Innanzitutto che la conoscenza reciproca sia oggettiva, quasi scientifica, per evitare quello che si può definire il conflitto delle ignoranze”. In secondo luogo, non può mancare “una valutazione positiva dell’esperienza dell’altro, che sottolinei gli aspetti che uniscono, più di quelli che dividono”. Infine, è sempre più urgente una vera opera di educazione all’accettazione, alla stima e al rispetto. Evitando in ogni modo, però, “il pericolo di appiattire per questo la propria identità”. Per Khaled Fouad Allam, “il cambiamento di paradigma avvenuto dopo l’11 settembre 2001 ha spostato il pensare dalla categoria dell’universalismo, tipico europeo, a quella dell’etnia”. E questa etnicizzazione dei processi sociali “ha reso difficile creare una società dominata dall’universalismo”. L’islam - ha aggiunto - “non deve essere solo un corpo di testi, seppur fondamentali, ma è necessario sia anche esperienza di vita e di tradizione”. Solo in questo modo “l’islam può evitare l’assolutizzazione del diritto in favore di una maggiore capacità culturale”. L’auspicio di Allam è dunque che si possa “giungere a un islam dei lumi. Ma ciò è possibile solo con il dialogo interreligioso”.
(©L’Osservatore Romano - 7 - 8 luglio 2008)
La vittoria sul demonio
Autore: Oliosi, Don Gino Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
venerdì 11 luglio 2008
La libertà dalla paura dei demoni portata dal cristianesimo
In occasione del IX Convegno Internazionale degli esorcisti a Collevalenza dal 14 al 18 luglio 2008 risuonano profetiche e ammonitrici le parole dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, oggi papa Benedetto XVI: “La cultura atea dell’Occidente moderno vive ancora grazie alla libertà dalla paura dei demoni portata dal cristianesimo. Ma, se questa luce redentrice del Cristo dovesse spegnersi, pur con tutta la sua sapienza e con tutta la sua tecnologia, il mondo ricadrebbe nel terrore e nella disperazione: ci sono segni di questo ritorno di forze oscure, mentre crescono nel mondo secolarizzato i culti satanici”.
Perché oggi si irride chi parla di Satana e dell’Inferno, di esorcismi e di preghiere di liberazione ma si affollano come non mai maghi e astrologhi, sette sataniche ed esoteriche?
Possiamo affermare che, grazie alla presenza ecclesiale, sacramentale della Persona di Gesù Cristo risorto e alla sua potenza operante nella preghiera di liberazione e negli esorcismi, la cultura dell’Occidente è stata liberata sia dalla paura, sia dal dominio dei demoni che Egli è venuto a debellare e a sconfiggere. Chi vuole che non si parli più di Satana e di diavoli, di preghiere di liberazione e di esorcismi, anzi che non vengano più praticati, data la cultura secolarizzata, in realtà favorisce nuovamente il diffondersi di una cultura di paura e di dominio di Satana, dal quale Cristo è venuto a liberarci insegnandoci a pregare ogni giorno, soprattutto nella celebrazione eucaristica: non indurci, non abbandonarci nella tentazione, liberaci dal Male-Maligno. Nella preghiera di liberazione di tutti i sacramenti, della confessione in particolare, negli esorcismi sacramentali, il potere delle tenebre è annientato da Colui che è la vera luce e la vera pace del mondo. Ecco perché la preghiera di liberazione, l’attività esorcistica è per Gesù un’attività di estrema importanza: sciogliendo l’umanità dalla schiavitù di Satana, Cristo che era esorcista e il Vangelo documenta numerose liberazioni che egli ha operato a beneficio degli indemoniati dando agli apostoli il potere di cacciare i demoni, dimostra, infatti, di essere il Signore della vita attraverso il dono di Lui risorto cioè lo Spirito santo, immagine dello splendore del Padre, il Liberatore e il Redentore degli uomini. Questa è la visione obiettivamente cristiana della vita di ogni uomo e della storia; “ora - scrive mons. Luigi Negri nella Prefazione al libro di Francesco Bamonte Gli Angeli Ribelli che consiglia a tutti, ai sacerdoti in particolare -, non c’è concezione cristiana esatta della vita dell’uomo e della storia cristiana se si oblitera un particolare fondamentale come quello del centro dell’opposizione all’avvenimento di Cristo che permane nella storia, non più certo, con la possibilità di vincere che ha avuto prima dell’incarnazione del Signore, ma per la possibilità che egli largamente esercita di contestare e rendere difficoltosa l’affermazione della gloria di Cristo risorto nella storia… Con la paura del devozionismo, dello psicologismo, del riduzionismo spirituale … noi corriamo il rischio di perdere la natura profonda e cattolica della fede e di non averne una visione adeguata; proprio l’assenza di questa visione adeguata ci rende poi particolarmente vulnerabili nei confronti della storia. Non è un caso che sia questa difficoltà di tipo culturale ad avere chiaro il valore di Satana e della sua azione contro Cristo e contro il mondo, che rende poi il popolo cristiano così subalterno a questo tremendo proliferare di sette deviate, di forme deviate di cristianesimo fino a un satanismo a buon mercato che comunque è un satanismo che si sta diffondendo a larghissime ondate e che condiziona certamente la vita dei giovani italiani, almeno tanto quanto la tradizione cristiana”. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che l’esistenza degli angeli e dei demoni “è una verità di fede”. La testimonianza della Sacra Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione (CCC 328). Il Magistero ecclesiastico su questi problemi è stato capace di conservare una continuità dinamica o Tradizione, valorizzando argomentazioni diverse e una straordinaria unità intellettuale e morale come ha saputo sintetizzare C. Vagaggini ne Il senso teologico della liturgia, pp. 303-304: “Concretamente e storicamente parlando, il male morale e fisico si è abbattuto sull’uomo non già per semplice effetto della sua disobbedienza, ma per effetto della volontà dell’uomo stesso dietro l’istigazione e l’influsso di Satana. Il peccato si colloca non nella cornice di una generica lotta tra il bene e il male, ma nello scontro tra Dio e Satana, tra il regno di Dio e il regno di Satana. Lo stato di spoliazione dei beni della grazia e dei doni preternaturali, in cui l’uomo è caduto per influsso di Satana, è uno stato di vero peccato, di vera avversione a Dio e di schiavitù sotto la potestà di Satana. Ogni conseguenza del peccato, alla quale tuttora noi sottostiamo, è sempre esercizio del potere di Satana sopra il mondo e sopra di noi. Tale signoria si evidenzia non solo nei nostri peccati personali, ma anche in tentazioni di ogni sorta, in persecuzioni, tribolazioni, influssi nocivi degli elementi infraumani, infortuni, malattie di ogni genere, morte. Nell’infinita scala dei mali fisici, psichici, morali, che noi subiamo, e a cui è sottoposto il mondo, si manifesta effettivamente l’influsso di Satana, il suo potere, la sua lotta incessante contro il regno di Dio. L’uomo, in virtù della grazia e dei doni preternaturali, nel paradiso terrestre godeva dell’immunità da tutti questi mali. La stessa redenzione di Cristo ci ridona la grazia, ma non ancora i doni preternaturali; ci reintegra nuovamente sin d’ora nelle file del regno di Dio, ma non ci sottrae ancora alla lotta e al possibile influsso di Satana e dei suoi “satelliti”. Tale influsso si esercita ogni volta che ci colpisce un qualsiasi male, fisico o morale. La nostra lotta non è solo contro la carne e il sangue, ma - ci ricorda san Paolo - anzitutto contro Satana e contro gli spiriti ribelli, che operano anche attraverso le molestie che la carne e il sangue ci infliggono. Dietro ogni male fisico e morale che ci colpisce si cela effettivamente l’influsso personale di Satana”.
Da parte di chi esercita il ministero dell’esorcismo come di chi parla e scrive sull’esorcismo c’è il rischio, analogo alla riduzione individualistica moderna della speranza cristiana, di restringere l’azione di Satana e dei suoi diavoli sugli effetti personali senza l’attenzione sulla storia, soprattutto oggi. Nel momento in cui san Giovanni scrisse l’Apocalisse il potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza di Satana, del Dragone, come egli lo chiama, si inseriva nel potere degli imperatori romani anticristiani, da Nerone a Domiziano. “Vediamo - ha osservato Benedetto XVI nell’omelia dell’Assunta del 2007 - di nuovo realizzato questo potere, questa forza del dragone rosso nelle grandi dittature del secolo scorso: la dittatura del nazismo e la dittatura di Stalin avevano tutto il potere, penetravano ogni angolo, l’ultimo angolo. Appariva impossibile che, a lunga scadenza, la fede potesse sopravvivere davanti a questo dragone così forte, che voleva divorare Dio fattosi bambino e la donna, la Chiesa. Ma in realtà, anche in questo caso alla fine l’amore fu più forte di lui. Anche oggi esiste il dragone in modi nuovi. Esiste nella forma di ideologie materialiste che dicono: è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa del tempo passato. Vale soltanto vivere la vita per sé. Prendere in questo breve momento della vita tutto quanto ci è possibile prendere. Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento. Questa è la vita. Così dobbiamo vivere. E di nuovo, sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la forza mediatica propagandistica. Sembra impossibile oggi ancora pensare a un Dio che ha creato l’uomo e che si è fatto bambino e che sarebbe il vero dominatore del mondo. Anche adesso questo dragone appare invincibile, ma anche adesso resta vero che Dio è più forte del dragone, che l’amore vince e non l’egoismo”. Solo questa fede libera, salva.
Avere chiaro culturalmente il ruolo di Satana e della sua azione contro Cristo su ogni persona e sulla storia, pregare sapendo e pensando cosa significa non abbandonarci alla tentazione, liberaci dal Male-Maligno a livello personale e storico, vuol dire evitare di cadere nel terrore e nella disperazione e liberare il mondo secolarizzato da un satanismo a buon mercato e i giovani da un condizionamento pericoloso nell’ambito educativo.
Un convegno alla Georgetown University di Washington
La bioetica e i limiti di un pluralismo di facciata
di Giulia Galeotti
A giugno, presso la Georgetown University di Washington, si è tenuto il tradizionale e prestigioso corso intensivo organizzato dal Joseph & Rose Kennedy Institute of Ethics, appuntamento annuale che chiama a raccolta quanti, nel mondo, si occupano di bioetica. Giunto quest'anno alla trentaquattresima edizione, il titolo specifico della settimana è stato "The Future of Bioethics... How It Began, Where it's Going".
L'edizione 2008 è stata quella di maggior successo in termini di partecipanti: 149 persone, equamente - e sorprendentemente - divise tra uomini e donne, provenienti da quasi ogni angolo del mondo (Portogallo, Canada, Messico, Kenya, Italia, Sud Africa, Argentina, Australia, Irlanda, Danimarca, Giappone, Porto Rico, Norvegia, Spagna, Etiopia, Belgio, Zambia, Singapore, Turchia e Cile, molti sono rimasti colpiti dall'assenza di delegati dall'India) nonché, chiaramente, da tutti gli Stati Uniti. Notevole anche la varietà anagrafica dei partecipanti - dallo studente al pensionato - e delle loro occupazioni. Accanto a neurologi, chirurghi, pediatri, oncologi, neonatologi e medici di tutti i tipi, c'erano studenti e dottorandi in bioetica, filosofia, diritto e scienze politiche, infermieri, levatrici, membri di comitati etici, dentisti, insegnanti, avvocati, giuristi, direttori di ospedali, statistici, assistenti sociali e altro ancora.
La direzione scientifica del corso quest'anno è stata affidata a Maggie Little, docente di filosofia alla Georgetown University con un forte interesse per la bioetica femminista. E la settimana è stata organizzata in modo effettivamente impeccabile. Curati i dettagli, equilibrata la scansione tra le lezioni, i dibattiti comuni e i ristretti gruppi di discussione, continue le occasioni per facilitare scambi e rapporti tra i partecipanti, molto disponibili i docenti e il personale tutto. Sono state anche organizzate delle visite nella celebre biblioteca di bioetica dell'istituto, una delle più fornite al mondo, animata da un personale preparato ed estremamente competente nelle specifiche discipline.
I lavori sono stati suddivisi in due momenti: incontri comuni (obbligatori e facoltativi, questi ultimi molto più informali) e dibattiti nei piccoli gruppi di discussione. I 149 partecipanti sono stati infatti divisi in undici piccoli gruppi con grande maestria, mischiando età, Paesi e competenze. Un docente del corso o della Georgetown University conduceva la discussione, che prendeva spunto dalle main lessons per dipanarsi poi in libertà. Le lezioni principali sono state tenute da autentiche personalità nel campo della bioetica, molto note a livello internazionale. Così, tra gli altri, Robert M. Veatch - professore di etica medica che, oltre a occuparsi a livello teorico di morte, sperimentazioni e trapianti, è noto per la sua attività di consulente nel campo, come nel celeberrimo caso di Baby K, la bimba nata anancefalica in Virginia nel 1992 - ha parlato di "Death & Dying After Terri Schiavo", mentre Walters LeRoy (docente di filosofia ed etica cristiana, esperto di genetica, cellule staminali ed Olocausto) ha tenuto una relazione su "Embryonic Stell Cell Research: An Intercultural Perspective", tema per il quale è stato più volte ascoltato dal presidente George W. Bush. Il più celebre degli oratori, colui che ha chiuso la settimana di lavori, è stato Edmund Pellegrino, che ha affrontato (con la competenza e l'ironia che lo contraddistinguono) il complesso tema "Virtue Ethics". Autore di oltre 584 pubblicazioni e di 23 libri in materia di scienza medica, filosofia ed etica, fondatore del Journal of Medicine and Philosophy, vincitore (tra gli altri premi e titoli) del Lifetime Achievement Award dell'American Society for Bioethics and Humanities, Pellegrino è dall'autunno del 2005 presidente del President's Council of Bioethics.
Interessanti e stimolanti nella maggior parte dei casi, queste lezioni hanno però riservato una grande sorpresa. L'approccio, infatti, è stato decisamente teorico, sconfessando completamente l'idea, pressoché universalmente diffusa, secondo cui vi sarebbe una netta differenza nel modo di affrontare la bioetica tra il mondo anglosassone e quello continentale, con il primo estremamente pragmatico e incentrato sul caso specifico, a fronte dell'altro astratto, teorico e normativo (si veda, ad esempio, l'intervento di Edoardo Boncinelli del 29 giugno scorso sul Corriere della Sera, a commento del saggio di Baron, Contro la bioetica).
Seguendo la settimana di lavori, un altro aspetto che ci ha fortemente colpiti, suscitando qualche riserva. Come noto, il Kennedy Institute - sicuramente uno dei centri più rinomati e famosi al mondo per la bioetica - ha tra i suoi tratti distintivi anche la pluralità delle posizioni espresse. Si tratta di un importante valore aggiunto, che permette di dare profondità a temi complessi e articolati come sono la stragrande maggioranza di quelli che hanno per oggetto la bioetica. Ebbene, ciò che ha sorpreso è che durante la settimana della pluralità di posizioni non v'è stata traccia. Il punto non è tanto che alcuni relatori abbiano espresso posizioni decisamente incompatibili con quelle della Chiesa cattolica, quanto piuttosto il fatto che a volte non si sia sentito nemmeno il bisogno di indicare e illustrare questa posizione. Giacché, come noto, in materia di bioetica la voce della Chiesa viene molto frequentemente strumentalizzata, male interpretata ed esposta arbitrariamente - credevamo in Italia, ma forse è un mal costume diffuso - riteniamo si sia persa un'occasione preziosa. È la conferma dell'idea, di cui siamo sempre più convinti, che nell'affrontare questi temi è importante illustrare anche la voce di chi la pensa in modo opposto (come per esempio fa il recente volume Bioetica. Nozioni fondamentali di Francesco D'Agostino e Laura Palazzani, Brescia 2007, Editrice La Scuola, pagine 336, euro 25).
La cosa interessante è che l'incontro che - stando al programma - si prospettava come decisamente teorico, si è rivelato invece pratico e concreto, nonché estremamente interessante. La discussione informale su "Religion & Ethics", condotta da Karen Stokr - associata di Filosofia, sempre alla Georgetown University - si è dipanata attorno al tema della reazione dei medici alle richieste dei pazienti di pregare con loro, un tema che finisce per obbligare a riflettere sulla figura stessa del medico. Le testimonianze sono state le più diverse. Qualcuno, pur religioso e praticante, ha confessato di essersi sentito a disagio nel mescolare il suo ruolo istituzionale con una dimensione privata come la preghiera. Altri, invece, hanno raccontato che dinnanzi a un paziente che ha vicino un rappresentante religioso - anche di confessione diversa dalla propria - sono loro stessi, i medici, a sollecitare, prima dell'intervento, un momento di preghiera che arreca beneficio a tutti. Un esempio questo, paradigmatico dell'intera settimana alla Georgetown: una stimolante settimana di confronto e di dialogo con persone che si trovano quotidianamente ad affrontare i grandi nodi della nascita e della morte, della malattia e della speranza, muovendosi in contesti culturali, religiosi e giuridici estremamente diversi.
(©L'Osservatore Romano - 13 luglio 2008)
I cattolici e la teoria dell'evoluzione - Il darwinismo da diversi punti di vista
di Fiorenzo Facchini
Università di Bologna
In tema di evoluzione le espressioni del magistero da una parte riaffermano punti essenziali in una visione cristiana, dall'altra mettono in guardia da interpretazioni di tipo materialistico e riduzionistico. Nell'insieme si può riconoscere una conciliabilità, a determinate condizioni che sono quelle che ho cercato di riassumere in altri interventi in queste pagine: riconoscere la creazione come dipendenza radicale delle cose da Dio, secondo un suo progetto, e riconoscere la dimensione spirituale dell'uomo.
Più variegato si presenta il pensiero dei cattolici, laici e teologi, che può riguardare anche le modalità e il significato della evoluzione della vita. Nelle loro posizioni, più ancora che in quelle del magistero, si manifestano delle diversità che riguardano soprattutto il diverso modo di porsi di fronte al darwinismo che, come sappiamo, offre una particolare spiegazione dei meccanismi evolutivi e da taluni studiosi viene esteso arbitrariamente a una concezione della vita e della società.
Non ci sarebbe bisogno, anzi viene escluso ogni riferimento alla realtà trascendente. Da una teoria scientifica si passa a una ideologia materialista, inconciliabile con la visione cristiana, di cui vengono denunciate possibili conseguenze sul piano sociale ed etico. Di queste preoccupazioni si è fatto interprete più volte il cardinale Christoph Schönborn.
Ma l'approfondimento dei teologi cerca anche di mettere in evidenza la verità e le conseguenze della creazione in relazione all'evoluzione della vita e alle diverse visioni evolutive.
Premesso che nessun cattolico potrebbe accettare una visione totalizzante di tipo riduzionistico dell'evoluzione, quale che sia il modello che la ispira, si registrano fra i cattolici posizioni diverse circa la teoria evolutiva, nella comune ammissione della dipendenza da Dio creatore e della spiritualità dell'essere umano.
Va rilevata prima di tutto una posizione di negazione o critica di fondo nei confronti della teoria evolutiva e non solo del darwinismo come ideologia. Essa è ispirata al timore che ammettendo l'evoluzione possa venire intaccata la dottrina sulla creazione e si tolga spazio all'azione di Dio. La conseguenza è quella di affermare la creazione - generalmente non secondo il senso letterale della Genesi, come invece alcuni continuano a sostenere in ambiente americano - ma si lascia da parte o si mette in dubbio l'evoluzione della vita sulla terra.
Non si tiene conto di tante osservazioni del mondo della scienza, non si accetta che la vita possa essersi evoluta attraverso tappe e processi biologici, come si ammette nella teoria evolutiva. Ci si aggrappa a tutto pur di contestare il fatto evolutivo, per esempio le lacune nelle serie evolutive. Le aperture del magistero vengono viste come concessioni non motivate e superabili. Posizioni di questo tipo ignorano non solo il progresso della ricerca scientifica, ma anche gli approfondimenti della teologia. Si distaccano sensibilmente dal magistero, non aiutano il necessario dialogo tra scienza e fede, tra scienza e teologia, e piuttosto favoriscono lo scontro.
Vi sono poi posizioni concilianti, ma assai diverse. Esse vanno dalla possibilità di ammettere la visione darwiniana nella evoluzione dei viventi, evitando di assumerla come ideologia totalizzante, ad altre più articolate.
Nel primo caso si ammette che la vita sulla terra si sia sviluppata per eventi casuali, anche se resi possibili da leggi e proprietà della natura, ma senza direzioni preordinate. Le direzioni evolutive, come sostengono i neodarwinisti, si sono formate nel tempo, ma senza alcun piano o intenzione esterna. Dai processi evolutivi così intesi è però scaturita una realtà, che nell'insieme appare ordinata, e può essersi realizzato un disegno.
Al concetto di una complessità crescente si associa quello dell'emergenza di nuove strutture e funzioni. È la posizione di vari scienziati credenti, fra cui il genetista Francisco Ayala, il quale parla di "disegno senza disegnatore". In questa linea si è espresso recentemente il genetista Francis Collins (2007), il quale ritiene che Dio non abbia bisogno di intervenire nell'evoluzione e sostiene un evoluzionismo teista che definisce "posizione BioLogos".
"L'evoluzionismo teistico, come il darwinismo classico - ha notato recentemente il cardinale Avery Dulles su "Vita e Pensiero" - si astiene dal propugnare un qualsiasi intervento divino nel processo evolutivo. Ammette che la comparsa degli esseri viventi, tra i quali l'uomo, possa a livello empirico essere spiegata con mutazioni casuali e la sopravvivenza del più adatto", ma rifiuta le conclusioni atee di Dawkins e dei suoi seguaci. È una posizione che il cardinale ritiene sostenibile da un cattolico e può rientrare in una filosofia cristiana della natura.
Posizioni parzialmente concilianti con la teoria darwiniana, ma critiche, sono espresse da coloro che ammettono la teoria di Darwin, ma non la ritengono sufficiente. A livello microevolutivo nessun problema, ma per la formazione di raggruppamenti superiori e delle grandi direzioni dei viventi occorre pensare ad altro.
In questo ambito rientrano modi di vedere molto diversi. Uno è la visione teilhardiana. Teilhard de Chardin, convinto assertore della dipendenza del mondo da Dio creatore e dell'evoluzione dei viventi, riteneva che i fattori sostenuti dalla teoria darwiniana non sono stati sufficienti per realizzare i processi evolutivi, caratterizzati da una crescita di complessità in determinate direzioni.
La complessità viene interpretata come crescita di coscienza, espressione di energia radiale - o energia psichica - che differisce dall'energia tangenziale propria dei processi biologici. Non si invocano fattori esterni, ma interni alla materia vivente. Tutta l'evoluzione è un muoversi "verso", una tensione che culmina nella coscienza riflessa dell'uomo e attraverso l'umanità tende a un superorganismo identificabile nel punto omega, che a sua volta coincide con il Cristo, ricapitolatore di tutta la realtà secondo san Paolo.
La visione da scientifica diventa mistica. Essa ha i caratteri di una grande sintesi in cui la storia della vita culmina nell'uomo, ma non si esaurisce neppure nella ominizzazione, e dà un senso nuovo alla storia. È possibile che vi siano forze interne che orientano l'evoluzione, ma non se ne conosce al momento la natura.
Un altro modo di affrontare la questione è quello relativo alla teoria dell'Intelligent design (Id). Maturata nell'ambiente dei creazionisti americani, la teoria rappresenta una versione moderna del cosiddetto creazionismo scientifico. L'evoluzione non viene negata a livello microevolutivo, ma si contesta che attraverso mutazioni casuali possano formarsi strutture irriducibilmente complesse - come per esempio il flagello batterico, l'occhio, la molecola dell'emoglobina - e viene invocata una causa superiore esterna, introducendo così nei processi evolutivi un agente di ordine non naturale. In questo modo può realizzarsi una evoluzione dei viventi rispondente a un disegno intelligente.
Questa posizione viene contestata dal punto di vista scientifico, perché non rappresenta una spiegazione scientifica dei processi evolutivi, e dal punto di vista teologico perché l'intervento di una causa esterna - facilmente identificabile con Dio - configura la sua azione come supplenza di fattori naturali che ancora non conosciamo e quindi, qualora venissimo a conoscerli, Dio apparirebbe come un tappabuchi della nostra ignoranza.
Se non si è soddisfatti delle attuali spiegazioni è meglio riconoscerlo e adoperarsi per trovarne altre, rimanendo nel campo delle scienze naturali. La posizione dell'Id ha il grave rischio di coinvolgere in un giudizio negativo l'idea di un disegno di Dio creatore, che fa parte della dottrina della Chiesa, ma non può essere mescolata con quella di un Dio che interviene a correggere la natura e a orientarne il corso. Senza dire che l'espressione "disegno intelligente" fa pensare alla natura come a un ingranaggio perfetto, un'idea che mal si accorda con incongruenze e anomalie nel mondo dei viventi e lascia comunque insoluti i drammatici interrogativi sulla sofferenza e sulla morte. Quale somiglianza - si chiede padre Martelet (2007) - fra il Dio della creazione e un "Designer cosmico" estraneo agli interrogativi ultimi dell'uomo? Ciò non esclude che si possa e si debba riconoscere un progetto superiore sulla natura e sull'uomo, conciliabile con un universo, che appare limitato e provvisorio, pur essendo nel suo insieme ordinato, e rimanda ad altro.
Ci sono poi tentativi di andare verso una sintesi. Il modello darwiniano dell'evoluzione è accettato come punto di partenza o come uno dei meccanismi evolutivi. Occorre però aprirsi a integrazioni e ampliamenti.
La casualità delle mutazioni non appare assoluta e si manifesta con dei vincoli che le incanalano; non si ritrova allo stesso modo nei vari livelli e strutture, non sembra spiegare le convergenze evolutive, in serie distanti nello spazio e nel tempo, e l'entrata in azione dei geni regolatori di strutture e funzioni complesse in linee evolutive diverse. Viene segnalata una eredità epigenetica per variazioni acquisite durante lo sviluppo, che si aggiunge a quella del dna. Si ammette che nella evoluzione concorrano fattori di tipo deterministico e fattori casuali.
È una posizione critica che guarda oltre il darwinismo, come unica spiegazione dell'evoluzione. Si potrebbe parlare di un evoluzionismo aperto a una nuova sintesi, in cui potrebbe essere meglio compreso come si realizzi il progetto di Dio creatore, in forza di potenzialità della materia vivente. Per quanto riguarda l'origine della vita sulla terra c'è chi ammette che sia avvenuta per cause naturali, altri non ne sono convinti. In ogni caso gli eventi che si svolgono rivelano potenzialità della materia creata da Dio.
Nella visione teilhardiana e in quella più sopra esposta l'evoluzione viene affermata, ma rimane aperto il campo sia per le scoperte della scienza che per approfondimenti della filosofia della natura per spiegare in modo soddisfacente le modalità con cui si è svolta l'evoluzione. In modo particolare è da approfondire il nesso tra causa efficiente e causa finale, rivelatore di finalismo, sia a livello di strutture (teleonomia o teleologia) che a livello più generale nel mondo vivente. Ciò assume rilevanza in ordine al senso dell'evoluzione. Come ha osservato il cardinale Schönborn (2007), nel dibattito sulla evoluzione "la questione decisiva non si pone sul piano delle scienze naturali e neppure della teologia, bensì si colloca fra l'una e l'altra: sul piano della filosofia della natura".
Si deve quindi continuare a esplorare la natura nelle sue diverse espressioni per coglierne il linguaggio e il messaggio che contiene, specialmente per quello che riguarda l'uomo. Forse in questo campo non vi sarà mai una parola ultima che disveli pienamente i segreti della natura e le intenzioni di Dio espresse nella creazione, ma rimane fondamentale rimanere aperti alle conquiste della mente umana.
(©L'Osservatore Romano - 13 luglio 2008)
La bioetica e i limiti di un pluralismo di facciata
di Giulia Galeotti
A giugno, presso la Georgetown University di Washington, si è tenuto il tradizionale e prestigioso corso intensivo organizzato dal Joseph & Rose Kennedy Institute of Ethics, appuntamento annuale che chiama a raccolta quanti, nel mondo, si occupano di bioetica. Giunto quest'anno alla trentaquattresima edizione, il titolo specifico della settimana è stato "The Future of Bioethics... How It Began, Where it's Going".
L'edizione 2008 è stata quella di maggior successo in termini di partecipanti: 149 persone, equamente - e sorprendentemente - divise tra uomini e donne, provenienti da quasi ogni angolo del mondo (Portogallo, Canada, Messico, Kenya, Italia, Sud Africa, Argentina, Australia, Irlanda, Danimarca, Giappone, Porto Rico, Norvegia, Spagna, Etiopia, Belgio, Zambia, Singapore, Turchia e Cile, molti sono rimasti colpiti dall'assenza di delegati dall'India) nonché, chiaramente, da tutti gli Stati Uniti. Notevole anche la varietà anagrafica dei partecipanti - dallo studente al pensionato - e delle loro occupazioni. Accanto a neurologi, chirurghi, pediatri, oncologi, neonatologi e medici di tutti i tipi, c'erano studenti e dottorandi in bioetica, filosofia, diritto e scienze politiche, infermieri, levatrici, membri di comitati etici, dentisti, insegnanti, avvocati, giuristi, direttori di ospedali, statistici, assistenti sociali e altro ancora.
La direzione scientifica del corso quest'anno è stata affidata a Maggie Little, docente di filosofia alla Georgetown University con un forte interesse per la bioetica femminista. E la settimana è stata organizzata in modo effettivamente impeccabile. Curati i dettagli, equilibrata la scansione tra le lezioni, i dibattiti comuni e i ristretti gruppi di discussione, continue le occasioni per facilitare scambi e rapporti tra i partecipanti, molto disponibili i docenti e il personale tutto. Sono state anche organizzate delle visite nella celebre biblioteca di bioetica dell'istituto, una delle più fornite al mondo, animata da un personale preparato ed estremamente competente nelle specifiche discipline.
I lavori sono stati suddivisi in due momenti: incontri comuni (obbligatori e facoltativi, questi ultimi molto più informali) e dibattiti nei piccoli gruppi di discussione. I 149 partecipanti sono stati infatti divisi in undici piccoli gruppi con grande maestria, mischiando età, Paesi e competenze. Un docente del corso o della Georgetown University conduceva la discussione, che prendeva spunto dalle main lessons per dipanarsi poi in libertà. Le lezioni principali sono state tenute da autentiche personalità nel campo della bioetica, molto note a livello internazionale. Così, tra gli altri, Robert M. Veatch - professore di etica medica che, oltre a occuparsi a livello teorico di morte, sperimentazioni e trapianti, è noto per la sua attività di consulente nel campo, come nel celeberrimo caso di Baby K, la bimba nata anancefalica in Virginia nel 1992 - ha parlato di "Death & Dying After Terri Schiavo", mentre Walters LeRoy (docente di filosofia ed etica cristiana, esperto di genetica, cellule staminali ed Olocausto) ha tenuto una relazione su "Embryonic Stell Cell Research: An Intercultural Perspective", tema per il quale è stato più volte ascoltato dal presidente George W. Bush. Il più celebre degli oratori, colui che ha chiuso la settimana di lavori, è stato Edmund Pellegrino, che ha affrontato (con la competenza e l'ironia che lo contraddistinguono) il complesso tema "Virtue Ethics". Autore di oltre 584 pubblicazioni e di 23 libri in materia di scienza medica, filosofia ed etica, fondatore del Journal of Medicine and Philosophy, vincitore (tra gli altri premi e titoli) del Lifetime Achievement Award dell'American Society for Bioethics and Humanities, Pellegrino è dall'autunno del 2005 presidente del President's Council of Bioethics.
Interessanti e stimolanti nella maggior parte dei casi, queste lezioni hanno però riservato una grande sorpresa. L'approccio, infatti, è stato decisamente teorico, sconfessando completamente l'idea, pressoché universalmente diffusa, secondo cui vi sarebbe una netta differenza nel modo di affrontare la bioetica tra il mondo anglosassone e quello continentale, con il primo estremamente pragmatico e incentrato sul caso specifico, a fronte dell'altro astratto, teorico e normativo (si veda, ad esempio, l'intervento di Edoardo Boncinelli del 29 giugno scorso sul Corriere della Sera, a commento del saggio di Baron, Contro la bioetica).
Seguendo la settimana di lavori, un altro aspetto che ci ha fortemente colpiti, suscitando qualche riserva. Come noto, il Kennedy Institute - sicuramente uno dei centri più rinomati e famosi al mondo per la bioetica - ha tra i suoi tratti distintivi anche la pluralità delle posizioni espresse. Si tratta di un importante valore aggiunto, che permette di dare profondità a temi complessi e articolati come sono la stragrande maggioranza di quelli che hanno per oggetto la bioetica. Ebbene, ciò che ha sorpreso è che durante la settimana della pluralità di posizioni non v'è stata traccia. Il punto non è tanto che alcuni relatori abbiano espresso posizioni decisamente incompatibili con quelle della Chiesa cattolica, quanto piuttosto il fatto che a volte non si sia sentito nemmeno il bisogno di indicare e illustrare questa posizione. Giacché, come noto, in materia di bioetica la voce della Chiesa viene molto frequentemente strumentalizzata, male interpretata ed esposta arbitrariamente - credevamo in Italia, ma forse è un mal costume diffuso - riteniamo si sia persa un'occasione preziosa. È la conferma dell'idea, di cui siamo sempre più convinti, che nell'affrontare questi temi è importante illustrare anche la voce di chi la pensa in modo opposto (come per esempio fa il recente volume Bioetica. Nozioni fondamentali di Francesco D'Agostino e Laura Palazzani, Brescia 2007, Editrice La Scuola, pagine 336, euro 25).
La cosa interessante è che l'incontro che - stando al programma - si prospettava come decisamente teorico, si è rivelato invece pratico e concreto, nonché estremamente interessante. La discussione informale su "Religion & Ethics", condotta da Karen Stokr - associata di Filosofia, sempre alla Georgetown University - si è dipanata attorno al tema della reazione dei medici alle richieste dei pazienti di pregare con loro, un tema che finisce per obbligare a riflettere sulla figura stessa del medico. Le testimonianze sono state le più diverse. Qualcuno, pur religioso e praticante, ha confessato di essersi sentito a disagio nel mescolare il suo ruolo istituzionale con una dimensione privata come la preghiera. Altri, invece, hanno raccontato che dinnanzi a un paziente che ha vicino un rappresentante religioso - anche di confessione diversa dalla propria - sono loro stessi, i medici, a sollecitare, prima dell'intervento, un momento di preghiera che arreca beneficio a tutti. Un esempio questo, paradigmatico dell'intera settimana alla Georgetown: una stimolante settimana di confronto e di dialogo con persone che si trovano quotidianamente ad affrontare i grandi nodi della nascita e della morte, della malattia e della speranza, muovendosi in contesti culturali, religiosi e giuridici estremamente diversi.
(©L'Osservatore Romano - 13 luglio 2008)
I cattolici e la teoria dell'evoluzione - Il darwinismo da diversi punti di vista
di Fiorenzo Facchini
Università di Bologna
In tema di evoluzione le espressioni del magistero da una parte riaffermano punti essenziali in una visione cristiana, dall'altra mettono in guardia da interpretazioni di tipo materialistico e riduzionistico. Nell'insieme si può riconoscere una conciliabilità, a determinate condizioni che sono quelle che ho cercato di riassumere in altri interventi in queste pagine: riconoscere la creazione come dipendenza radicale delle cose da Dio, secondo un suo progetto, e riconoscere la dimensione spirituale dell'uomo.
Più variegato si presenta il pensiero dei cattolici, laici e teologi, che può riguardare anche le modalità e il significato della evoluzione della vita. Nelle loro posizioni, più ancora che in quelle del magistero, si manifestano delle diversità che riguardano soprattutto il diverso modo di porsi di fronte al darwinismo che, come sappiamo, offre una particolare spiegazione dei meccanismi evolutivi e da taluni studiosi viene esteso arbitrariamente a una concezione della vita e della società.
Non ci sarebbe bisogno, anzi viene escluso ogni riferimento alla realtà trascendente. Da una teoria scientifica si passa a una ideologia materialista, inconciliabile con la visione cristiana, di cui vengono denunciate possibili conseguenze sul piano sociale ed etico. Di queste preoccupazioni si è fatto interprete più volte il cardinale Christoph Schönborn.
Ma l'approfondimento dei teologi cerca anche di mettere in evidenza la verità e le conseguenze della creazione in relazione all'evoluzione della vita e alle diverse visioni evolutive.
Premesso che nessun cattolico potrebbe accettare una visione totalizzante di tipo riduzionistico dell'evoluzione, quale che sia il modello che la ispira, si registrano fra i cattolici posizioni diverse circa la teoria evolutiva, nella comune ammissione della dipendenza da Dio creatore e della spiritualità dell'essere umano.
Va rilevata prima di tutto una posizione di negazione o critica di fondo nei confronti della teoria evolutiva e non solo del darwinismo come ideologia. Essa è ispirata al timore che ammettendo l'evoluzione possa venire intaccata la dottrina sulla creazione e si tolga spazio all'azione di Dio. La conseguenza è quella di affermare la creazione - generalmente non secondo il senso letterale della Genesi, come invece alcuni continuano a sostenere in ambiente americano - ma si lascia da parte o si mette in dubbio l'evoluzione della vita sulla terra.
Non si tiene conto di tante osservazioni del mondo della scienza, non si accetta che la vita possa essersi evoluta attraverso tappe e processi biologici, come si ammette nella teoria evolutiva. Ci si aggrappa a tutto pur di contestare il fatto evolutivo, per esempio le lacune nelle serie evolutive. Le aperture del magistero vengono viste come concessioni non motivate e superabili. Posizioni di questo tipo ignorano non solo il progresso della ricerca scientifica, ma anche gli approfondimenti della teologia. Si distaccano sensibilmente dal magistero, non aiutano il necessario dialogo tra scienza e fede, tra scienza e teologia, e piuttosto favoriscono lo scontro.
Vi sono poi posizioni concilianti, ma assai diverse. Esse vanno dalla possibilità di ammettere la visione darwiniana nella evoluzione dei viventi, evitando di assumerla come ideologia totalizzante, ad altre più articolate.
Nel primo caso si ammette che la vita sulla terra si sia sviluppata per eventi casuali, anche se resi possibili da leggi e proprietà della natura, ma senza direzioni preordinate. Le direzioni evolutive, come sostengono i neodarwinisti, si sono formate nel tempo, ma senza alcun piano o intenzione esterna. Dai processi evolutivi così intesi è però scaturita una realtà, che nell'insieme appare ordinata, e può essersi realizzato un disegno.
Al concetto di una complessità crescente si associa quello dell'emergenza di nuove strutture e funzioni. È la posizione di vari scienziati credenti, fra cui il genetista Francisco Ayala, il quale parla di "disegno senza disegnatore". In questa linea si è espresso recentemente il genetista Francis Collins (2007), il quale ritiene che Dio non abbia bisogno di intervenire nell'evoluzione e sostiene un evoluzionismo teista che definisce "posizione BioLogos".
"L'evoluzionismo teistico, come il darwinismo classico - ha notato recentemente il cardinale Avery Dulles su "Vita e Pensiero" - si astiene dal propugnare un qualsiasi intervento divino nel processo evolutivo. Ammette che la comparsa degli esseri viventi, tra i quali l'uomo, possa a livello empirico essere spiegata con mutazioni casuali e la sopravvivenza del più adatto", ma rifiuta le conclusioni atee di Dawkins e dei suoi seguaci. È una posizione che il cardinale ritiene sostenibile da un cattolico e può rientrare in una filosofia cristiana della natura.
Posizioni parzialmente concilianti con la teoria darwiniana, ma critiche, sono espresse da coloro che ammettono la teoria di Darwin, ma non la ritengono sufficiente. A livello microevolutivo nessun problema, ma per la formazione di raggruppamenti superiori e delle grandi direzioni dei viventi occorre pensare ad altro.
In questo ambito rientrano modi di vedere molto diversi. Uno è la visione teilhardiana. Teilhard de Chardin, convinto assertore della dipendenza del mondo da Dio creatore e dell'evoluzione dei viventi, riteneva che i fattori sostenuti dalla teoria darwiniana non sono stati sufficienti per realizzare i processi evolutivi, caratterizzati da una crescita di complessità in determinate direzioni.
La complessità viene interpretata come crescita di coscienza, espressione di energia radiale - o energia psichica - che differisce dall'energia tangenziale propria dei processi biologici. Non si invocano fattori esterni, ma interni alla materia vivente. Tutta l'evoluzione è un muoversi "verso", una tensione che culmina nella coscienza riflessa dell'uomo e attraverso l'umanità tende a un superorganismo identificabile nel punto omega, che a sua volta coincide con il Cristo, ricapitolatore di tutta la realtà secondo san Paolo.
La visione da scientifica diventa mistica. Essa ha i caratteri di una grande sintesi in cui la storia della vita culmina nell'uomo, ma non si esaurisce neppure nella ominizzazione, e dà un senso nuovo alla storia. È possibile che vi siano forze interne che orientano l'evoluzione, ma non se ne conosce al momento la natura.
Un altro modo di affrontare la questione è quello relativo alla teoria dell'Intelligent design (Id). Maturata nell'ambiente dei creazionisti americani, la teoria rappresenta una versione moderna del cosiddetto creazionismo scientifico. L'evoluzione non viene negata a livello microevolutivo, ma si contesta che attraverso mutazioni casuali possano formarsi strutture irriducibilmente complesse - come per esempio il flagello batterico, l'occhio, la molecola dell'emoglobina - e viene invocata una causa superiore esterna, introducendo così nei processi evolutivi un agente di ordine non naturale. In questo modo può realizzarsi una evoluzione dei viventi rispondente a un disegno intelligente.
Questa posizione viene contestata dal punto di vista scientifico, perché non rappresenta una spiegazione scientifica dei processi evolutivi, e dal punto di vista teologico perché l'intervento di una causa esterna - facilmente identificabile con Dio - configura la sua azione come supplenza di fattori naturali che ancora non conosciamo e quindi, qualora venissimo a conoscerli, Dio apparirebbe come un tappabuchi della nostra ignoranza.
Se non si è soddisfatti delle attuali spiegazioni è meglio riconoscerlo e adoperarsi per trovarne altre, rimanendo nel campo delle scienze naturali. La posizione dell'Id ha il grave rischio di coinvolgere in un giudizio negativo l'idea di un disegno di Dio creatore, che fa parte della dottrina della Chiesa, ma non può essere mescolata con quella di un Dio che interviene a correggere la natura e a orientarne il corso. Senza dire che l'espressione "disegno intelligente" fa pensare alla natura come a un ingranaggio perfetto, un'idea che mal si accorda con incongruenze e anomalie nel mondo dei viventi e lascia comunque insoluti i drammatici interrogativi sulla sofferenza e sulla morte. Quale somiglianza - si chiede padre Martelet (2007) - fra il Dio della creazione e un "Designer cosmico" estraneo agli interrogativi ultimi dell'uomo? Ciò non esclude che si possa e si debba riconoscere un progetto superiore sulla natura e sull'uomo, conciliabile con un universo, che appare limitato e provvisorio, pur essendo nel suo insieme ordinato, e rimanda ad altro.
Ci sono poi tentativi di andare verso una sintesi. Il modello darwiniano dell'evoluzione è accettato come punto di partenza o come uno dei meccanismi evolutivi. Occorre però aprirsi a integrazioni e ampliamenti.
La casualità delle mutazioni non appare assoluta e si manifesta con dei vincoli che le incanalano; non si ritrova allo stesso modo nei vari livelli e strutture, non sembra spiegare le convergenze evolutive, in serie distanti nello spazio e nel tempo, e l'entrata in azione dei geni regolatori di strutture e funzioni complesse in linee evolutive diverse. Viene segnalata una eredità epigenetica per variazioni acquisite durante lo sviluppo, che si aggiunge a quella del dna. Si ammette che nella evoluzione concorrano fattori di tipo deterministico e fattori casuali.
È una posizione critica che guarda oltre il darwinismo, come unica spiegazione dell'evoluzione. Si potrebbe parlare di un evoluzionismo aperto a una nuova sintesi, in cui potrebbe essere meglio compreso come si realizzi il progetto di Dio creatore, in forza di potenzialità della materia vivente. Per quanto riguarda l'origine della vita sulla terra c'è chi ammette che sia avvenuta per cause naturali, altri non ne sono convinti. In ogni caso gli eventi che si svolgono rivelano potenzialità della materia creata da Dio.
Nella visione teilhardiana e in quella più sopra esposta l'evoluzione viene affermata, ma rimane aperto il campo sia per le scoperte della scienza che per approfondimenti della filosofia della natura per spiegare in modo soddisfacente le modalità con cui si è svolta l'evoluzione. In modo particolare è da approfondire il nesso tra causa efficiente e causa finale, rivelatore di finalismo, sia a livello di strutture (teleonomia o teleologia) che a livello più generale nel mondo vivente. Ciò assume rilevanza in ordine al senso dell'evoluzione. Come ha osservato il cardinale Schönborn (2007), nel dibattito sulla evoluzione "la questione decisiva non si pone sul piano delle scienze naturali e neppure della teologia, bensì si colloca fra l'una e l'altra: sul piano della filosofia della natura".
Si deve quindi continuare a esplorare la natura nelle sue diverse espressioni per coglierne il linguaggio e il messaggio che contiene, specialmente per quello che riguarda l'uomo. Forse in questo campo non vi sarà mai una parola ultima che disveli pienamente i segreti della natura e le intenzioni di Dio espresse nella creazione, ma rimane fondamentale rimanere aperti alle conquiste della mente umana.
(©L'Osservatore Romano - 13 luglio 2008)