martedì 11 gennaio 2011

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    I cinque rischi per la libertà religiosa di Massimo Introvigne 10-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
2)    Il Papa "Abrogate la legge anti-blasfemia in Pakistan" di Andrea Tornielli 10-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
3)    Orgoglio e solitudine del vecchio Clint di Luca Finatti 10-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it/
4)    DISCORSO DEL PAPA AL CORPO DIPLOMATICO PRESSO LA SANTA SEDE - CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 10 gennaio 2011 (ZENIT.org)
5)    10/01/2011 – VATICANO - Papa: la libertà religiosa aggredita da terrorismo ed emarginazione - Nel discorso al corpo diplomatico, Benedetto XVI denuncia violenze e ingiustizie contro i cristiani in Iraq, Egitto, Cina, Pakistan, Nigeria, India e Medio Oriente. In Occidente c’è un processo che tende a trattare la fede come un fatto personale e irrilevante. “Non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni” e “libertà religiosa non è solo libertà di culto” (AsiaNews).
6)    10/01/2011 – VATICANO - Libertà religiosa: il martello del Papa per la pace del mondo di Bernardo Cervellera
7)    PAPA: LAICISMO, STATALISMO E INTOLLERANZA MINACCIANO LIBERTA' RELIGIOSA E DIGNITA' UMANA - (AGI) - CdV, 10 gen. (di Salvatore Izzo) - © Copyright (AGI)
8)    Significato dell'adorazione eucaristica - Una Presenza che continua di Inos Biffi (©L'Osservatore Romano - 10-11 gennaio 2011)
9)    Papa: imporre corsi di educazione sessuale lede libertà religiosa di Bruno Volpe dal sito http://www.pontifex.roma.it
10)                      Radio Vaticana, notizia del 10/01/2011 - Pakistan: i cristiani pregano per il governatore Taseer, ucciso perché contro la legge sulla blasfemia
11)                      Il papa insegna ai diplomatici l'abc della libertà religiosa - E punta l'indice su Iraq, Egitto, Arabia Saudita, Pakistan, India, Cina... Ma anche l'Occidente soffoca a modo suo il diritto di professare la fede. I passaggi salienti del discorso d'inizio d'anno ai rappresentanti degli stati di Benedetto XVI dal sito http://chiesa.espresso.repubblica.it
12)                      Basta entrare in una casa G23 - January 9th, 2011 di Carlo Bellieni da http://carlobellieni.com/
13)                      IL NUOVO UMANESIMO DEL LAVORO SULLE RADICI CRISTIANE - di Andrea Bottone da http://www.riscossacristiana.it
14)                      CRONACA - PAPA/ Magister: educazione e libertà religiosa, ecco la "scommessa" di Benedetto - INT. Sandro Magister- martedì 11 gennaio 2011 - ilsussidiario.net
15)                      Avvenire.it, 11 gennaio 2011 - Regresso da fermare - Ciò che a tutti è dovuto di Carlo Cardia
16)                      Avvenire.it, 11 gennaio 2011 - INTERVISTA/2 - Pera: «L'Europa sta perdendo le radici e la sua identità» di Lucia Bellaspiga
17)                      Avvenire.it, 11 gennaio 2011 - INTERVISTA /1 - Jeff King: «Persecuzioni "nascoste": media spesso responsabili» di Lorenzo Fazzini

I cinque rischi per la libertà religiosa di Massimo Introvigne 10-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it

Dal Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2011, già ampiamente commentato su La Bussola Quotidiana, all’annuncio di un nuovo incontro interreligioso ad Assisi, il Papa ha già indicato la sua intenzione di fare del 2011 un anno internazionale della libertà religiosa. Una nuova importante tappa di questo annuncio – con cui si entra nel vivo dei problemi – è costituita dall’annuale discorso al Corpo Diplomatico del 10 gennaio, ci cui Andrea Tornielli offre oggi su La Bussola Quotidiana una presentazione e di cui vorrei proporre un commento.

Mentre mi accingo ad assumere questa settimana le funzioni di rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta contro la discriminazione e l’intolleranza contro i cristiani, sono molto grato al Papa per avere indicato anche alle organizzazioni internazionali – tra cui dunque l’OSCE, definita nel recente rapporto annuale dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre sulla libertà religiosa come l’organizzazione più importante al mondo dopo le Nazioni Unite nel campo dei diritti umani – un’agenda precisa. Nei limiti delle mie possibilità e capacità, cercherò di fare mia questa agenda. 

Il Papa ha indicato cinque rischi per la libertà religiosa. Il primo riguarda un possibile equivoco su che cosa la libertà religiosa esattamente sia. Richiamando il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, il Papa allude a discussioni che esistono anche all’interno della Chiesa Cattolica sulla corretta interpretazione della dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae del Concilio Ecumenico Vaticano II, ripetutamente richiamata anche nel discorso del 10 gennaio. Se n’è avuto un esempio nelle reazioni all’annuncio del nuovo incontro di Assisi. La libertà religiosa è stata spesso confusa con il relativismo, cioè con la tesi che non esista una verità religiosa e che la scelta di una religione o di un’altra sia più o meno indifferente. Mentre, come Benedetto XVI ha richiamato nell’enciclica Caritas in veritate al n. 55, «la libertà religiosa non significa indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali».

Si tratta di una questione soltanto teorica? No di certo. In effetti, il timore che la libertà di religione porti con sé un relativismo e una sottovalutazione del ruolo delle religioni tipici dell’Occidente moderno è la prima ragione per cui Paesi con una forte identità religiosa islamica, indù o buddhista resistono all’applicazione delle convenzioni internazionali in materia di libertà religiosa. Essi temono che accettare la libertà religiosa significhi necessariamente cedere al relativismo e all’indifferentismo tipici di una certa cultura occidentale moderna. Vanno convinti che non è così, e che libertà religiosa e denuncia di quella che il Papa chiama dittatura del relativismo possono e devono coesistere, come illustra appunto il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011.

Il secondo rischio è quello del tentativo dell’islam ultra-fondamentalista di porre fine all’esistenza bimillenaria di comunità cristiane nel Vicino Oriente, ricorrendo anche al terrorismo. In alcuni Paesi il tentativo di una pulizia etnica che elimini definitivamente i cristiani è ormai del tutto evidente. I governi, è vero, prendono le distanze dagli ultra-fondamentalisti. Ma il tempo delle parole non seguite dai fatti è scaduto. Occorrono, afferma, il Papa, «misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose».

Né si tratta solo di un problema di polizia, la cui azione in Paesi come l’Egitto è peraltro molto importante e deve compiere un salto di qualità se vuole raggiungere risultati non fittizi. Si tratta anche delle leggi, che in molti Paesi a maggioranza islamica riducono la libertà religiosa alla sola libertà di culto. I cristiani – non ovunque – possono liberamente celebrare i loro riti chiusi in chiesa, ma dalle chiese e dalle sacrestie non possono uscire per annunciare il Vangelo. Se poi qualcuno si converte dall’islam al cristianesimo, è punito dalle leggi contro l’apostasia e – dove queste leggi sono state abrogate su pressione occidentale – da norme contro la blasfemia, che spesso sono solo leggi contro le conversioni mascherate. Il Papa ricorda «che la libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni». In modo molto esplicito, afferma pure che «tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa, una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le Autorità di quel Paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose».

Il terzo rischio – spesso poco conosciuto o sottovalutato – è costituito dalle aggressioni nei confronti dei cristiani da parte di «fondamentalisti» indù o buddhisti, che identificano l’identità nazionale dei loro Paesi con un’identità religiosa, difesa in modi talora violenti contro il cristianesimo. Sono quelle che il Papa chiama «situazioni preoccupanti, talvolta con atti di violenza, [che] possono essere menzionate nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici. Il peso particolare di una determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi».

Il quarto rischio è costituito dal fatto che, anche se molti vorrebbero dimenticarlo, ci sono ancora regimi comunisti. «In diversi Paesi – afferma il Papa con evidenti allusioni a questi regimi – la Costituzione riconosce una certa libertà religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria (cfr Conc. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae, 15), perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società». Il pensiero del Papa, così, «si volge di nuovo verso la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi Pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova». Né si tratta dell’unico caso, se solo pensiamo per esempio al dramma ampiamente dimenticato dei cristiani nella Corea del Nord.

Il quinto rischio è rappresentato da quella che il Papa nel discorso alla Curia Romana del 20 dicembre 2010, facendo sua un’espressione coniata dall’illustre giurista ebreo statunitense di origine sudafricana Joseph Weiler, ha chiamato la «cristianofobia» dell’Occidente. «Spostando il nostro sguardo dall’Oriente all’Occidente», ha detto il Papa, «ci troviamo di fronte ad altri tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa. Penso, in primo luogo, a Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale. Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto», particolarmente in tema di «aborto».

«Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo – ha aggiunto il Papa – consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni». Anche qui il Papa non si è limitato ai principi generali, ma ha fatto un  preciso riferimento alla sentenza Lautsi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che vorrebbe vietare l’esposizione del crocefisso nelle scuole italiane, lodando chi si batte perché siano rimossi gli infausti e ingiusti effetti di quella sentenza. «L’anno scorso – ha detto Benedetto XVI – alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle Autorità di queste nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso».

La «cristianofobia» si manifesta anche nelle minacce alla libertà di educazione e nell’avversione amministrativa alle scuole cattoliche. Né si può, ha detto il Papa, «passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione».

Per le ragioni personali che ho citato, presto ascolto particolarmente al richiamo all’attività delle «Organizzazioni Internazionali intergovernative», presso le quali il Papa chiede di riaffermare «in primo luogo, la convinzione che non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni. Purtroppo, un tale atteggiamento è frequente, e sono precisamente gli atti discriminatori contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione da parte dei governi e dell’opinione pubblica. Al tempo stesso, si deve pure rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo. Meno giustificabili ancora sono i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa, dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana. Infine, occorre affermare che una proclamazione astratta della libertà religiosa non è sufficiente: questa norma fondamentale della vita sociale deve trovare applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi; altrimenti, malgrado giuste affermazioni di principio, si rischia di commettere profonde ingiustizie verso i cittadini che desiderano professare e praticare liberamente la loro fede».

Il fatto che l’OSCE abbia istituito l’ufficio di un Rappresentante per la lotta alla discriminazione contro i cristiani, che si affianca a quelli dei due Rappresentanti per la lotta contro l’antisemitismo e contro l’islamofobia – quest’ultimo fortemente voluto dai Paesi a maggioranza islamica – rappresenta un successo della diplomazia della Santa Sede e di quei governi, come l’attuale governo italiano, che l’hanno intelligentemente affiancata. Le difficoltà e le opposizioni, naturalmente, non mancano, e in tempi di crisi economica le risorse delle organizzazioni internazionali sono severamente limitate. L’agenda indicata dal Papa è però realistica e precisa. Si tratta ora di realizzarla.


Il Papa "Abrogate la legge anti-blasfemia in Pakistan" di Andrea Tornielli 10-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it

«La dimensione religiosa è una caratteristica innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo», per questo quando si trascura o si «questo aspetto fondamentale, si creano squilibri e conflitti a tutti i livelli».

Lo ha detto il Papa nel tradizionale discorso per gli auguri di buon anno al Corpo diplomatico, chiedendo rispetto per la libertà religiosa e ricordando le persecuzioni e le discriminazioni di cui sono vittime i cristiani nel mondo. Filo conduttore dell’intervento papale è il Messaggio per la Giornata mondiale della pace celebrata lo scorso 1° gennaio, nel quale la libertà religiosa viene indicata come «via fondamentale per la costruzione della pace».

Benedetto XVI, dopo aver definito il diritto alla libertà religiosa «il primo dei diritti», nota come oggi governanti e opinione pubblica «si rendano oggi maggiormente conto, anche se non sempre in modo esatto, di tale grave ferita inferta contro la dignità e la libertà» dell’uomo.

In Oriente, il Papa ricorda «gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno profondamente addolorato». Ratzinger rinnova «alle autorità di quel Paese e ai capi religiosi musulmani il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo».

Cita poi l’Egitto, e il recente attentato di Alessandria, definendo «urgente» la necessità per i governi della regione «di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose». «Bisogna dirlo ancora una volta? – aggiunge il Pontefice – In Medio Oriente, i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali».
Benedetto XVI ha quindi apprezzato «l’attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d’Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell’Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente». E ha ribadito che la libertà religiosa non si riduce alla libertà di culto citando «gli Stati della Penisola Arabica, dove vivono numerosi lavoratori immigrati cristiani» e auspicando «la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali».

Il papa menziona poi la legge contro la blasfemia in Pakistan, incoraggiando le autorità del Paese «a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose», anche dopo «il tragico assassinio del Governatore del Punjab» (nella foto) che si era battuto in favore di Asia Bibi.

Benedetto XVI ha quindi ricordato le «situazioni preoccupanti» nel Sud e nel Sud-Est asiatico, chiedendo che i cittadini appartenenti alle fedi minoritarie non «siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi». E ha citato l’Africa, con «gli attacchi contro luoghi di culto in Nigeria».

In diversi Paesi, ha continuato il Pontefice, la Costituzione riconosce «una certa libertà religiosa», ma, «di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria» perché «l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società. Bisogna che cessino tali ambiguità, in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro patria».

Un riferimento alla situazione cinese, anche se non solo a quella. Il Papa ha citato subito dopo «la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova». E ha rivolto indirizzare una parola di incoraggiamento «alle autorità di Cuba, Paese che ha celebrato nel 2010 settantacinque anni di relazioni diplomatiche ininterrotte con la Santa Sede, affinché il dialogo che si è felicemente instaurato con la Chiesa si rafforzi ulteriormente e si allarghi».

Ma Benedetto XVI guarda con preoccupazione anche all’Occidente, e a un diverso tipo di «minacce» contro «il pieno esercizio della libertà religiosa», in quei Paesi dove si dà «una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione». E dove si tende a considerare «la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale». Pretendendo che «i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto».

In tale contesto, «non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto».

Il Papa denuncia anche un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione quella che «vuole bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono». Agendo così, spiega il Pontefice si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede e «si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni».

Benedetto XVI ringrazia il governo italiano per il ricorso alla sentenza con l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici e i Paesi europei che hanno sostenuto l'iniziativa italiana. E cita in particolare il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa.

Un accenno nel discorso è dedicato ai progetti di legge che «rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell’America Latina». Minacce alla libertà religiosa delle famiglie sono presenti anche in alcuni Paesi europei, continua il Papa, «là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione».

Benedetto XVI ribadisce che «non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni. Purtroppo, un tale atteggiamento è frequente, e sono precisamente gli atti discriminatori contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione da parte dei governi e dell’opinione pubblica». Al tempo stesso, spiega Ratzinger «si deve pure rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo», come pure «meno giustificabili ancora sono i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa, dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana». Riferimento evidente al riconoscimento delle unioni omosessuali e all’adozione dei figli da parte delle coppie gay.

Infine, Benedetto XVI afferma «che una proclamazione astratta della libertà religiosa non è sufficiente: questa norma fondamentale della vita sociale deve trovare applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi». E invita a riconoscere «il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà», come pure il contributo delle comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri».

«Emblematica, a questo proposito, - conclude il Papa – è la figura della beata Madre Teresa di Calcutta: il centenario della sua nascita è stato celebrato a Tirana, a Skopje e a Pristina come in India; un vibrante omaggio le è stato reso non soltanto dalla Chiesa, ma anche da autorità civili e capi religiosi, senza contare le persone di tutte le confessioni. Esempi come il suo mostrano al mondo quanto l’impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la società».


Orgoglio e solitudine del vecchio Clint di Luca Finatti 10-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it/

Clint Eastwood a ottant'anni riesce ancora a spiazzare il pubblico con opere di volta in volta affascinanti e impeccabili dal punto di vista stilistico e provocatorie per quanto riguarda le scelte morali dei personaggi. Il titolo del suo ultimo film (Hereafter, l'aldilà) però è fuorviante, sbagliato, ammicca a un certo spiritualismo oggi in voga, ma in realtà non è il centro della storia raccontata.

Si potrebbe intitolare invece “Orgoglio e solitudine”. Sono questi i temi fondamentali delle tre recenti pellicole nelle quali il regista californiano ha affrontato questioni religiose. In Million dollar baby (2004) Frankie, allenatore di boxe interpretato dallo stesso Eastwood, partecipa alla messa quotidiana per 23 anni, tenta di parlare con il prete dei suoi dubbi teologici ma non trova ascolto. Alla fine, consapevole di compiere peccato mortale, stacca il respiratore all'atleta seguita e amata come una figlia per anni, ormai paralizzata e senza una gamba in seguito a un incidente sul ring. Divorato dal senso di colpa, fuggirà da tutti ritirandosi in un luogo nascosto e solitario. In Gran Torino (2008) Walt (sempre Eastwood), burbero vedovo isolato dalla famiglia in un quartiere popolato d'immigrati, si trova a difendere i vicini coreani impegnati in lotte fratricide tra gang. Un prete giovane, per esaudire il desiderio della moglie, lo tallona con la speranza di convincerlo a confessarsi. Walt non ne vuole sapere, ritiene il prete inesperto e saccente. Si confesserà solo dopo aver deciso di sacrificare la sua vita (è comunque malato e gli resta poco tempo) per far arrestare i membri della banda colpevole di stupro. Va nella loro tana, li aizza e li provoca fino a quando gli sparano, assassinandolo mentre recita un'Avemaria. Cade a terra allargando le braccia, con la cinecamera che indugia su quel corpo quasi crocifisso.

Anche in Hereafter compare un prete, al momento della cremazione del fratello del piccolo Marcus, e viene descritto come il burocrate di un rito insignificante. Poi il bambino, cercando in internet, ascolta prima la predica di un imam, poi quella di un rabbino ed infine quella di un pastore, per decidere, in pochi secondi, che quei discorsi non fanno per lui. Spegne il computer e va alla ricerca di risposte a modo suo. Frankie, Walt e Marcus sono dominati da un'unica passione: l'orgoglio. Nel momento decisivo, dinanzi alla morte, ha ragione Doninelli (Luca Doninelli, Peccato, anche il duro Clint cade nella melassa new age, Il Giornale, 7-1-2011), i protagonisti di Eastwood sono tutti 'giustizieri solitari' che sentono la legge umana, e anche quella divina, insufficiente o muta, e quindi scelgono autonomamente.

Anche Marcus, che certo ha molte attenuanti, si muove senza chiedere nulla a nessuno, sperimentando diversi cialtroni del paranormale, fino a quando, sempre grazie a internet, ne trova uno che gli sembra un sensitivo sincero, ma non si capisce il motivo. In una recente intervista Eastwood ha dichiarato: «Penso che basare la storia su una delle religioni istituzionali avrebbe distratto dal tema vero che è poi l'impatto della morte sulla quotidianità di queste persone. Inoltre schierarsi con una religione avrebbe reso il film troppo categorico. Se uno crede in un dio particolare, sa già quel che è giusto e quel che è sbagliato» (Alberto Crespi, No, non c'è religione quando incontriamo la morte, L'Unità, 8-1-2011).

Dunque in questa storia la fede viene scartata in partenza, perché si ritiene il dubbio più attraente della certezza. In fondo anche i preti dei suoi film sono così, troppo indaffarati per ascoltare oppure capaci solo di risposte preconfezionate, senza partecipazione al dolore altrui. Anche l'altro personaggio, la giornalista Maria, sempre vissuta in un ambiente ateo senza mai porsi domande sulla vita dopo la morte, quando inizia a farsele in seguito a un'esperienza di “pre-morte”, conduce caparbiamente la sua battaglia per poter scrivere un libro-testimonianza. La possibilità della fede  non viene minimamente vagliata, in fondo lei ha visto con i suoi occhi...

Ma l'orgoglio smisurato di chi cerca e prende decisioni senza chiedere aiuto non può che portare alla solitudine. Frankie si condannerà all'anonimato, forse per espiare il male compiuto; Walt va incontro alla morte come un cowboy disperato in un duello all'ultimo sangue, nel quale ancora una volta avrà la meglio l'orgoglio di aver scelto come morire, attraverso un bel gesto e senza aspettare i tempi della malattia. Infine il sensitivo è malinconicamente solo perché conosce i danni che può provocare un cattivo uso del suo 'dono', anche per esperienza, e cerca di non ripetere gli errori del passato. In questi ritratti di solitudini l'arte del regista Clint Eastwood eccelle, qui va cercata la bellezza e la verità del film, qui s'incunea il desiderio buono di un aldilà che dia significato a un'esistenza vuota o inautentica.

Si può dire che la risposta del film sia contigua al pensiero di qualche Nuovo Movimento Religioso (Massimo Introvigne, Il cortile dei gentili. La Chiesa e la sfida della nuova religiosità: «Sette», nuove credenze, magia, 2010) ? Le sequenze finali in realtà sembrano andare in un'altra direzione: ottenuto il contatto con il sensitivo, il bambino comprende che non deve vivere schiacciato dal ricordo del fratello e gli viene detto di non cercare più esperienze del genere. La giornalista, grazie al suo libro sull'aldilà, conosce il sensitivo e quando si danno appuntamento al bar, si vede lui che ha una premonizione molto umana: immagina di baciarla, ma non è una delle sue solite visioni, è quanto probabilmente avverrà presto, senza bisogno di sfoderare poteri soprannaturali anche perché Maria si sentirà finalmente compresa. Insomma tutta la storia converge e si conclude su solitudini che, attraverso un'esperienza religiosa, superano l'angoscia, riallacciano legami.

A Eastwood non interessa l'esperienza religiosa come fine dell'esistenza umana e nemmeno la qualità della stessa (poco si vede e si dice su queste visioni), conta per lui che il dramma arrivi a una soluzione capace di riaffermare l'eroismo di chi decide autonomamente, accettando comunque le conseguenze delle proprie scelte. In fondo una visione libertaria e agnostica, tipica di quasi tutti i suoi ruoli da attore. Difficilmente questo film, che rimane significativo anche per la realtà sociale che si staglia sullo sfondo, spingerà verso la ricerca di esperienze paranormali, però certo rinvigorirà l'orgoglio di chi non vuole nemmeno prendere in considerazione la serietà della risposta della fede cristiana al mistero della morte e della vita. 


DISCORSO DEL PAPA AL CORPO DIPLOMATICO PRESSO LA SANTA SEDE - CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 10 gennaio 2011 (ZENIT.org)

CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 10 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo lunedì da Benedetto XVI nel riceve in udienza i membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.

* * *
Eccellenze,
Signore e Signori,
Sono lieto di accogliervi per questo incontro che, ogni anno, vi riunisce intorno al Successore di Pietro, illustri Rappresentanti di così numerosi Paesi. Esso riveste un alto significato, poiché offre un’immagine e al tempo stesso un esempio del ruolo della Chiesa e della Santa Sede nella comunità internazionale. Rivolgo a ciascuno di voi saluti e voti cordiali, in particolare a quanti sono qui per la prima volta. Vi sono riconoscente per l’impegno e l’attenzione con i quali, nell’esercizio delle vostre delicate funzioni, seguite le mie attività, quelle della Curia Romana e, così, in un certo modo, la vita della Chiesa cattolica in ogni parte del mondo. Il vostro Decano, l’Ambasciatore Alejandro Valladares Lanza, si è fatto interprete dei vostri sentimenti, e lo ringrazio per gli auguri che mi ha espresso a nome di tutti. Sapendo quanto la vostra comunità è unita, sono certo che è presente oggi nel vostro pensiero l’Ambasciatrice del Regno dei Paesi Bassi, la Baronessa van Lynden-Leijten, ritornata qualche settimana fa alla casa del Padre. Mi associo nella preghiera ai vostri sentimenti di commozione.
Quando inizia un nuovo anno, nei nostri cuori e nel mondo intero risuona ancora l’eco del gioioso annuncio che è brillato venti secoli or sono nella notte di Betlemme, notte che simboleggia la condizione dell’umanità, nel suo bisogno di luce, d’amore e di pace. Agli uomini di allora come a quelli di oggi, le schiere celesti hanno recato la buona notizia dell’avvento del Salvatore: "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse" (Is 9,1). Il Mistero del Figlio di Dio che diventa figlio d’uomo supera sicuramente ogni attesa umana. Nella sua gratuità assoluta, questo avvenimento di salvezza è la risposta autentica e completa al desiderio profondo del cuore. La verità, il bene, la felicità, la vita in pienezza, che ogni uomo ricerca consapevolmente o inconsapevolmente, gli sono donati da Dio. Aspirando a questi benefici, ogni persona è alla ricerca del suo Creatore, perché "solo Dio risponde alla sete che sta nel cuore di ogni uomo" (Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 23). L’umanità, in tutta la sua storia, attraverso le sue credenze e i suoi riti, manifesta un’incessante ricerca di Dio e "tali forme d’espressione sono così universali che l’uomo può essere definito un essere religioso" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 28). La dimensione religiosa è una caratteristica innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo, la misura della realizzazione del suo destino e della costruzione della comunità a cui appartiene. Pertanto, quando l’individuo stesso o coloro che lo circondano trascurano o negano questo aspetto fondamentale, si creano squilibri e conflitti a tutti i livelli, tanto sul piano personale che su quello interpersonale.
E’ in questa verità primaria e fondamentale che si trova la ragione per cui ho indicato la libertà religiosa come la via fondamentale per la costruzione della pace, nel Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace di quest’anno. La pace, infatti, si costruisce e si conserva solamente quando l’uomo può liberamente cercare e servire Dio nel suo cuore, nella sua vita e nelle sue relazioni con gli altri.
Signore e Signori Ambasciatori, la vostra presenza in questa circostanza solenne è un invito a compiere un giro di orizzonte su tutti i Paesi che voi rappresentate e sul mondo intero. In questo panorama, non vi sono forse numerose situazioni nelle quali, purtroppo, il diritto alla libertà religiosa è leso o negato? Questo diritto dell’uomo, che in realtà è il primo dei diritti, perché, storicamente, è stato affermato per primo, e, d’altra parte, ha come oggetto la dimensione costitutiva dell’uomo, cioè la sua relazione con il Creatore, non è forse troppo spesso messo in discussione o violato? Mi sembra che la società, i suoi responsabili e l’opinione pubblica si rendano oggi maggiormente conto, anche se non sempre in modo esatto, di tale grave ferita inferta contro la dignità e la libertà dell’homo religiosus, sulla quale ho tenuto, a più riprese, ad attirare l’attenzione di tutti.
L’ho fatto durante i miei viaggi apostolici dell’anno scorso, a Malta e in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito e in Spagna. Al di là delle caratteristiche di questi Paesi, conservo di tutti un ricordo pieno di gratitudine per l’accoglienza che mi hanno riservato. L’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si è svolta in Vaticano nel corso del mese di ottobre, è stata un momento di preghiera e di riflessione, durante il quale il pensiero si è rivolto con insistenza verso le comunità cristiane di quelle regioni del mondo, così provate a causa della loro adesione a Cristo e alla Chiesa.
Sì, guardando verso l’Oriente, gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno profondamente addolorato. Rinnovo alle Autorità di quel Paese e ai capi religiosi musulmani il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo. Anche in Egitto, ad Alessandria, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in preghiera in una chiesa. Questa successione di attacchi è un segno ulteriore dell’urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose. Bisogna dirlo ancora una volta? In Medio Oriente, "i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. E’ naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione" (Messaggio al Popolo di Dio dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, 10). A tale riguardo, apprezzo l’attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d’Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell’Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente. Vorrei ricordare infine che la libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni. Incoraggio, inoltre, ad accompagnare la piena tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso, educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità. Per quanto riguarda poi gli Stati della Penisola Arabica, dove vivono numerosi lavoratori immigrati cristiani, auspico che la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali.
Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa, una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le Autorità di quel Paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose. Il tragico assassinio del Governatore del Punjab mostra quanto sia urgente procedere in tal senso: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione. Altre situazioni preoccupanti, talvolta con atti di violenza, possono essere menzionate nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici. Il peso particolare di una determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi. A questo proposito, è importante che il dialogo inter-religioso favorisca un impegno comune a riconoscere e promuovere la libertà religiosa di ogni persona e di ogni comunità. Infine, come ho già ricordato, la violenza contro i cristiani non risparmia l’Africa. Gli attacchi contro luoghi di culto in Nigeria, proprio mentre si celebrava la Nascita di Cristo, ne sono un’altra triste testimonianza.
In diversi Paesi, d’altronde, la Costituzione riconosce una certa libertà religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria (cfr Conc. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae, 15), perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società. Bisogna che cessino tali ambiguità, in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro patria. Domando in particolare che sia garantita dovunque alle comunità cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in questo campo.
In questo momento, il mio pensiero si volge di nuovo verso la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi Pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova. D’altro canto, vorrei indirizzare una parola di incoraggiamento alle Autorità di Cuba, Paese che ha celebrato nel 2010 settantacinque anni di relazioni diplomatiche ininterrotte con la Santa Sede, affinché il dialogo che si è felicemente instaurato con la Chiesa si rafforzi ulteriormente e si allarghi.
Spostando il nostro sguardo dall’Oriente all’Occidente, ci troviamo di fronte ad altri tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa. Penso, in primo luogo, a Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale. Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto.
In tale contesto, non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto.
Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni. L’anno scorso, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle Autorità di queste nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso, Episcopati, Organizzazioni e Associazioni civili o religiose, in particolare il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa, come tutte le persone - credenti ma anche non credenti - che hanno tenuto a manifestare il loro attaccamento a questo simbolo portatore di valori universali.
Riconoscere la libertà religiosa significa, inoltre, garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo, d’altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi. E’ preoccupante che questo servizio che le comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per l’educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell’America Latina. Mentre parecchi di essi celebrano il secondo centenario della loro indipendenza, occasione propizia per ricordarsi del contributo della Chiesa cattolica alla formazione dell’identità nazionale, esorto tutti i governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta.
Proseguendo la mia riflessione, non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione.
Signore e Signori Ambasciatori,
in questa circostanza solenne, permettetemi di esplicitare alcuni principi a cui la Santa Sede, con tutta la Chiesa cattolica, si ispira nella sua attività presso le Organizzazioni Internazionali intergovernative, al fine di promuovere il pieno rispetto della libertà religiosa per tutti. In primo luogo, la convinzione che non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni. Purtroppo, un tale atteggiamento è frequente, e sono precisamente gli atti discriminatori contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione da parte dei governi e dell’opinione pubblica. Al tempo stesso, si deve pure rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo. Meno giustificabili ancora sono i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa, dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana. Infine, occorre affermare che una proclamazione astratta della libertà religiosa non è sufficiente: questa norma fondamentale della vita sociale deve trovare applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi; altrimenti, malgrado giuste affermazioni di principio, si rischia di commettere profonde ingiustizie verso i cittadini che desiderano professare e praticare liberamente la loro fede.
La promozione di una piena libertà religiosa delle comunità cattoliche è anche lo scopo che persegue la Santa Sede quando conclude Concordati o altri Accordi. Mi rallegro che Stati di diverse regioni del mondo e di diverse tradizioni religiose, culturali e giuridiche scelgano il mezzo delle convenzioni internazionali per organizzare i rapporti tra la comunità politica e la Chiesa cattolica, stabilendo attraverso il dialogo il quadro di una collaborazione nel rispetto delle reciproche competenze. L’anno scorso è stato concluso ed è entrato in vigore un Accordo per l’assistenza religiosa dei fedeli cattolici delle forze armate in Bosnia-Erzegovina, e negoziati sono attualmente in corso in diversi Paesi. Speriamo in un esito positivo, capace di assicurare soluzioni rispettose della natura e della libertà della Chiesa per il bene di tutta la società.
L’attività dei Rappresentanti Pontifici presso Stati ed Organizzazioni internazionali è ugualmente al servizio della libertà religiosa. Vorrei rilevare con soddisfazione che le Autorità vietnamite hanno accettato che io designi un Rappresentante, che esprimerà con le sue visite alla cara comunità cattolica di quel Paese la sollecitudine del Successore di Pietro. Vorrei ugualmente ricordare che, durante l’anno passato, la rete diplomatica della Santa Sede si è ulteriormente consolidata in Africa, una presenza stabile è ormai assicurata in tre Paesi dove il Nunzio non è residente. A Dio piacendo, mi recherò ancora in quel continente, in Benin, nel novembre prossimo, per consegnare l’Esortazione Apostolica che raccoglierà i frutti dei lavori della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.
Dinanzi a questo illustre uditorio, vorrei infine ribadire con forza che la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto. Vorrei ripetere che la Chiesa non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con libertà. Invito ciascuno a riconoscere la grande lezione della storia: "Come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà? La sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo. Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri. Anche oggi i cristiani, in una società sempre più globalizzata, sono chiamati, non solo con un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e fede, ad offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane" (Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2011, 7).
Emblematica, a questo proposito, è la figura della Beata Madre Teresa di Calcutta: il centenario della sua nascita è stato celebrato a Tirana, a Skopje e a Pristina come in India; un vibrante omaggio le è stato reso non soltanto dalla Chiesa, ma anche da Autorità civili e capi religiosi, senza contare le persone di tutte le confessioni. Esempi come il suo mostrano al mondo quanto l’impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la società.
Che nessuna società umana si privi volontariamente dell’apporto fondamentale che costituiscono le persone e le comunità religiose! Come ricordava il Concilio Vaticano II, assicurando pienamente e a tutti la giusta libertà religiosa, la società potrà "godere dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e la sua santa volontà" (Dich. Dignitatis humanae, 6).
Ecco perché, mentre formulo voti affinché questo nuovo anno sia ricco di concordia e di reale progresso, esorto tutti, responsabili politici, capi religiosi e persone di ogni categoria, ad intraprendere con determinazione la via verso una pace autentica e duratura, che passa attraverso il rispetto del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione.
Su questo impegno, per la cui attuazione è necessario lo sforzo dell’intera famiglia umana, invoco la Benedizione di Dio Onnipotente, che ha operato la nostra riconciliazione con Lui e tra di noi, per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo, nostra pace (cfr Ef 2,14).
Buon anno a tutti!
[© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana]


10/01/2011 – VATICANO - Papa: la libertà religiosa aggredita da terrorismo ed emarginazione - Nel discorso al corpo diplomatico, Benedetto XVI denuncia violenze e ingiustizie contro i cristiani in Iraq, Egitto, Cina, Pakistan, Nigeria, India e Medio Oriente. In Occidente c’è un processo che tende a trattare la fede come un fatto personale e irrilevante. “Non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni” e “libertà religiosa non è solo libertà di culto” (AsiaNews).


Città del Vaticano (AsiaNews) – In Iraq, Egitto e Nigeria cristiani uccisi nelle chiese, in Pakistan di fronte a una legge sulla blasfemia “pretesto per provocare ingiustizie e violenze”, in Cina in “un momento di difficoltà e di prova”, in Occidente fatti oggetto di una “crescente emarginazione” che arriva a pretendere il rifiuto di un “riferimento alle convinzioni religiose e morali”. Tocca centinaia di milioni di persone e spazia in tutto il mondo l’elenco delle violazioni e degli attacchi alla libertà religiosa fatto oggi da Benedetto XVI ai rappresentanti dei 180 Paesi e organizzazioni internazionali che hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede.

L’incontro con i diplomatici è occasione ormai tradizionale nella quale i papi gettano il loro sguardo sulla situazione mondiale e quest’anno Benedetto XVI l’ha incentrato sullo stato della librtà religiosa, in esplicito legame con il suo messaggio per la Giornata mondiale della pace nel quale essa viene definita “la via fondamentale per la costruzione della pace”.

Un quadro, quello fatto oggi dal Papa, di tante ombre, ma anche di qualche luce, come la notizia che il Vietnam ha accettato a nomina di un rappresentante papale, non fisso, a quanto pare, ma che comunque mette fine a quasi 60 anni di mancanza di rapporti diplomatici. O lo schieramento di alcuni Paesi europei a favore della esposizione del crocefisso nei luogi pubblici, che ha visto anche il citato intervento del Patriarcato di Mosca e, in genere, del mondo ortodosso, o, infine, dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto.

Il punto di partenza, nelle affermazioni di Benedetto XVI, è che “la dimensione religiosa è una caratteristica innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo, la misura della realizzazione del suo destino e della costruzione della comunità a cui appartiene. Pertanto, quando l’individuo stesso o coloro che lo circondano trascurano o negano questo aspetto fondamentale, si creano squilibri e conflitti a tutti i livelli, tanto sul piano personale che su quello interpersonale.
E’ in questa verità primaria e fondamentale che si trova la ragione per cui ho indicato la libertà religiosa come la via fondamentale per la costruzione della pace, nel Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace di quest’anno. La pace, infatti, si costruisce e si conserva solamente quando l’uomo può liberamente cercare e servire Dio nel suo cuore, nella sua vita e nelle sue relazioni con gli altri”.

In questo quadro, “non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni. Purtroppo, un tale atteggiamento è frequente, e sono precisamente gli atti discriminatori contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione da parte dei governi e dell’opinione pubblica. Al tempo stesso, si deve pure rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo. Meno giustificabili ancora sono i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa, dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana. Infine, occorre affermare che una proclamazione astratta della libertà religiosa non è sufficiente: questa norma fondamentale della vita sociale deve trovare applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi; altrimenti, malgrado giuste affermazioni di principio, si rischia di commettere profonde ingiustizie verso i cittadini che desiderano professare e praticare liberamente la loro fede”.

Le violazioni, le tante violazioni, cruente o no, nascono da qui. Il loro elenco comincia da Oriente e conferma che è l’Asia il continente ove la libertà religiosa è più violata.

E’ un quadro che comincia con l’Iraq, dove “gli attentati hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani”, “al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli” e con l’Egitto con la strage di Alessandria. “Questa successione di attacchi è un segno ulteriore dell’urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose. Bisogna dirlo ancora una volta? In Medio Oriente, ‘i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. E’ naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione’ (Messaggio al Popolo di Dio dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, 10). A tale riguardo, apprezzo l’attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d’Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell’Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente. Vorrei ricordare infine che la libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni. Incoraggio, inoltre, ad accompagnare la piena tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso, educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità. Per quanto riguarda poi gli Stati della Penisola Arabica, dove vivono numerosi lavoratori immigrati cristiani, auspico che la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali”.

“Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa, una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le Autorità di quel Paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose. Il tragico assassinio del Governatore del Punjab mostra quanto sia urgente procedere in tal senso: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione. Altre situazioni preoccupanti, talvolta con atti di violenza, possono essere menzionate nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici”. In un riferimento che appare legato alle violenze anticristiane in India, Benedetto XVI ha aggiunto che “il peso particolare di una determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi”.

In diversi Paesi, d’altronde, “la Costituzione riconosce una certa libertà religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria (cfr Conc. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae, 15), perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società. Bisogna che cessino tali ambiguità, in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro patria. Domando in particolare che sia garantita dovunque alle comunità cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in questo campo. In questo momento, il mio pensiero si volge di nuovo verso la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi Pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova”.
 
“Spostando il nostro sguardo dall’Oriente all’Occidente, ci troviamo di fronte ad altri tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa. Penso, in primo luogo, a Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale. Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto. In tale contesto, non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto”.
 
“Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni”. In proposito, Benedetto XVI ha espresso “gratitudine” verso quei Paesi europei che “si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici” e a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso, “in particolare il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa”.

“Riconoscere la libertà religiosa significa, inoltre, garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo, d’altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi. E’ preoccupante che questo servizio che le comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per l’educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell’America Latina”.

“Proseguendo la mia riflessione, non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”.

La religione, conclude “con forza” il Papa “non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto” e “la Chiesa non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con libertà”.


10/01/2011 – VATICANO - Libertà religiosa: il martello del Papa per la pace del mondo di Bernardo Cervellera

Benedetto XVI offre una specie di Abc di come attuare la libertà religiosa in Oriente ed occidente. Precise richieste ai governi del Medio oriente, della Cina, dell’Europa e dell’America latina. Nessuna società dovrebbe privarsi del contributo di persone e comunità religiose. L’esempio di Madre Teresa.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Convincere il mondo che “una pace autentica e duratura… passa attraverso il rispetto del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione”: è questa l’intenzione per nulla implicita che domina il discorso che Benedetto XVI ha rivolto oggi al corpo diplomatico presso la Santa Sede.

Con una sequela martellante, l’espressione “libertà religiosa” è citata ben 19 volte, quasi cinque volte per pagina, per richiamare “responsabili politici, capi religiosi e persone di ogni categoria” ad per attuarla con impegno. E per questo egli elenca una serie di passi, una specie di abbecedario, che i governi (anzitutto) devono mettere in pratica.

Quasi a rispondere a ogni obiezione e stanare l’indifferenza e la sordità del mondo, il papa cita la filosofia e la storia, per ricordare che “la libertà religiosa è il primo dei diritti, perché, storicamente, è stato affermato per primo, e, d’altra parte, ha come oggetto la dimensione costitutiva dell’uomo”, tanto che “l’uomo può essere definito un essere religioso”.

Il pontefice chiede di “rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo”. In questi anni Cina, Myanmar e Paesi occidentali continuano a difendersi contro l’importanza della libertà religiosa, rivendicando specificità culturali o pragmatiche (“viene prima il diritto a mangiare e a vestire”) per lasciarla all’ultimo posto. Nello stesso tempo, il papa condanna il tentativo di contrapporre la libertà religiosa ai “pretesi nuovi diritti” (il prete gay, la donna-sacerdote,…) “che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana”.

Benedetto XVI passa in rassegna i luoghi dove si umilia la libertà religiosa, primi fra tutti l’Iraq e l’Egitto, dove sono avvenuti gli attentati di Baghdad e di Alessandria, che hanno suscitato molte espressioni di solidarietà nel mondo. Ma – a differenza di quanto fanno le diplomazie internazionali – il papa non si lamenta del terrorismo e non si ferma solo a piangere. Egli domanda che, “malgrado le difficoltà e le minacce”,  i governi medio-orientali garantiscano la sicurezza alle minoranze e piena cittadinanza ai cristiani; chiede che i libri di testo delle scuole – soprattutto in Arabia saudita - siano purificati da espressioni di odio; esige che lì dove esistono lavoratori cristiani (negli Emirati o nella stessa Arabia saudita), “la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali” per la loro cura. Con la stessa nettezza, chiede al governo pakistano non di emendare, ma di “abrogare” la famigerata legge sulla blasfemia.

Richieste precise anche alla Cina: il papa rifiuta il “monopolio dello Stato sulla società” ed esige per “le comunità cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in questo campo”. E quasi a suggerire a Pechino un modello, Benedetto XVI cita l’esempio di Cuba, dove da oltre 75 anni vi sono relazioni diplomatiche con il Vaticano. (Più oltre cita anche la positiva esperienza con il Vietnam, le cui autorità hanno  “accettato che io designi un Rappresentante, che esprimerà con le sue visite alla cara comunità cattolica di quel Paese la sollecitudine del Successore di Pietro”).

Il papa punta il dito anche sull’occidente dove in nome di una falsa tolleranza e pluralismo “la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale”.

Il pontefice richiama ancora una volta la polemica sui segni religiosi vietati in pubblico e sull’ostensione del crocifisso nei luoghi pubblici. Egli rivendica – soprattutto per l’America latina - lo spazio sociale per l’impegno dei cristiani nel campo della sanità e dell’educazione, contro leggi “che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica”.

Questo Abc dell’attuazione della libertà religiosa ha uno scopo preciso: “ribadire con forza che la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto”. Al contrario, “come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà? La sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo”.

Il pontefice scongiura che “nessuna società umana si privi volontariamente dell’apporto fondamentale che costituiscono le persone e le comunità religiose” e cita l’esempio di Madre Teresa che mostra “al mondo quanto l’impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la società”.

Infine, vale la pena ricordare il richiamo che il papa fa alla stessa diplomazia vaticana: “L’attività dei Rappresentanti Pontifici presso Stati ed Organizzazioni internazionali – egli dice - è ugualmente al servizio della libertà religiosa”. Nunzi e rappresentanti vaticani non sono dunque chiamati solo a mediare o attutire tensioni, ma ad impegnarsi a garantire la libertà religiosa per i cristiani e per tutti.


lunedì 10 gennaio 2011
Lo straordinario e coraggioso discorso del Papa al Corpo Diplomatico nell'esaustivo commento di Salvatore Izzo

PAPA: LAICISMO, STATALISMO E INTOLLERANZA MINACCIANO LIBERTA' RELIGIOSA E DIGNITA' UMANA - (AGI) - CdV, 10 gen. (di Salvatore Izzo) - © Copyright (AGI)

"La religione non costituisce per la societa' un problema, non e' un fattore di turbamento o di conflitto. E la Chiesa non cerca privilegi, ne' vuole intervenire in ambiti estranei, ma semplicemente esercitare la sua missione con liberta'".
E' un invito "a riconoscere la grande lezione della storia" non negando "il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civilta'" a caratterizzare il coraggioso discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico, nel quale, come e' tradizione, Benedetto XVI ha passato oggi in rassegna le diverse regioni del mondo denunciando aggressioni e minacce, in particolare in tema di liberta' religiosa, vera e propria cartina di tornasole che consente di monitorare il
rispetto della liberta' nel suo complesso. E il quadro emerso non e' affatto rassicurante. Semplificando si possono identificare tre diversi fattori anticristiani in azione all'inizio del secondo decennio di questo millennio: l'intolleranza verso i cristiani in Medio Oriente e in altri Paesi dove l'Islam mostra il suo volto fondamentalista; lo statalismo di stampo marxista che continua a conculcare la liberta' della Chiesa in Cina ma si affaccia anche in Paesi dell'America Latina nei quali si impedice ad esempio l'attivita' delle scuole cattoliche; il laicismo che avanza in Occidente, dove la tolleranza cela in realta' una rimozione delle radici cristiane che apre la strada a quelli che Benedetto XVI qualifica come abusi della dignita' umana, per la cui difesa si impegnano, ha detto, "le comunita' cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi", dopo aver contribuito "alla conquista di istituzioni democratiche e all'affermazione dei diritti dell'uomo e dei suoi corrispettivi doveri".
Per il Papa, anche oggi "in una societa' sempre piu' globalizzata, i cristiani sono chiamati, non solo ad un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche alla testimonianza della propria carita' e fede, per offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realta' umane".
Joseph Ratzinger e' partito dagli "attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell'Iraq", ricordando poi "con grande dolore" anche la strage di Capodanno in Egitto, dove "ad Alessandria, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in preghiera in una chiesa".
Una "successione di attacchi" che rappresenta "un segno ulteriore dell'urgente necessita' per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficolta' e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose". In Medio Oriente, ha detto, "i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i doveri nazionali: debbono poter godere di tutti i diritti di cittadinanza, di liberta' di coscienza e di culto, di liberta' nel campo dell'insegnamento e dell'educazione e nell'uso dei media".
Tra i fatti che "ledono il diritto delle persone alla liberta' religiosa", il Pontefice ha poi incluso anche "la legge contro la blasfemia in Pakistan". E in Asia si e' soffermato con parole chiare sulla situazione in Cina dove, ha denunciato, "la Chiesa e' sottoposta a prove e sofferenze". Com ein altri Paesi, ha spiegato, "si riconosce una certa liberta' religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunita' religiose e' resa difficile e talvolta anche precaria, perche' l'ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla societa'".
"Bisogna - secondo il Papa - che cessino tali ambiguita', in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedelta' a Dio e la lealta' alla loro patria".
"Domando in particolare - ha scandito Joseph Ratzinger - che sia garantita dovunque alle comunita' cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la liberta' di compiere la loro missione, in conformita' alle norme e agli standards internazionali in questo campo".
E mentre in Vietnam, ci si accinge a una normalizzazione dei rapporti con la Chiesa locale e la Santa Sede anche un altro Paese comunista, Cuba, fa registrare progressi tanto che il Pontefice indirizza "una parola di incoraggiamento affinche' il dialogo che si e' felicemente instaurato con la Chiesa si rafforzi ulteriormente e si allarghi". Ma proprio in America Latina riprende consistenza lo spettro di una visione statalista in campo educativo con limitazioni alle scuole cattoliche. Per il Papa, "e' preoccupante che tale servizio che le comunita' religiose offrono a tutta la societa', in particolare per l'educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell'America Latina", e cioo' proprio "mentre parecchi di essi celebrano il secondo centenario della loro indipendenza, occasione propizia per ricordarsi del contributo della Chiesa Cattolica alla formazione dell'identita' nazionale".
"Esorto tutti i governi - ha scandito Benedetto XVI allargando cosi' il suo ragionamento anche al nostro Paese - a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l'educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarieta', fondamentale per organizzare una societa' giusta". In tema di educazione, il Papa ha difeso oggi anche il diritto delle famiglie a decidere quale educazione sessuale dare ai propri figli, cosi' come quello dei medici all'obiezione di coscienza per sottrarsi alla pratica dell'aborto se lo si ritiene un omicidio e quello dei giudici inglesi che per ragioni etiche non vogliono affidare i bambini alle coppie gay.
Anche in Occidente, del resto, "ci troviamo di fronte a minacce contro il pieno esercizio della liberta' religiosa", ha detto senza mezzi termini il Papa nel discorso al Corpo Diplomatico, riferendosi "a quei Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione". Per Benedetto XVI, in particolare sono condannabili le legislazioni permissive in tema di famiglia, aborto e fine vita che ha definito oggi "tentativi di opporre al diritto alla liberta' religiosa, dei pretesi nuovi diritti che non sono, in realta', che l'espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell'autentica natura umana".
Il Pontefice ha riconosciuto l'impegno con il quale in Europa sono state prese le difese dei ciristiani del Medio Oriente, rilevando che pero' "la societa', i suoi responsabili e l'opinione pubblica si rendono conto non sempre in modo esatto" delle ferite inferte alla liberta' religiosa. Cosi' come ha ringraziato i Paesi europei che "si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici". Secondo il Papa, purtroppo "un'altra manifestazione dell'emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono". "Agendo cosi' - ha osservato - non soltanto si limita il diritto dei credenti all'espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l'identita' profonda e la coesione sociale di numerose nazioni".
"La religione - ha ripetuto in proposito - non costituisce per la societa' un problema, non e' un fattore di turbamento o di conflitto.
E la Chiesa non cerca privilegi, ne' vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con liberta'". "Emblematica a questo proposito - ha osservato - e' la figura della Beata Madre Teresa di Calcutta: il centenario della sua nascita e' stato celebrato a Tirana, a Skopje e a Pristina come in India; un vibrante omaggio le e' stato reso non soltanto dalla Chiesa, ma anche da Autorita' civili e capi religiosi, senza contare le persone di tutte le confessioni.
Esempi come il suo mostrano al mondo quanto l'impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la societa'".
"Che nessuna societa' umana si privi volontariamente dell'apporto fondamentale che costituiscono le persone e le comunita' religiose", ha quindi auspicato il Pontefice, esortando "tutti, responsabili politici, capi religiosi e persone di ogni categoria, ad intraprendere con determinazione la via verso una pace autentica e duratura, che passa attraverso il rispetto del diritto alla liberta' religiosa in tutta la sua estensione. Su questo impegno, per la cui attuazione e' necessario lo sforzo dell'intera famiglia umana".
© Copyright (AGI)


Significato dell'adorazione eucaristica - Una Presenza che continua di Inos Biffi (©L'Osservatore Romano - 10-11 gennaio 2011)

"Subito dopo la consacrazione (statim post consecrationem)", "in forza delle parole (vi verborum)" - dichiara il concilio di Trento - avviene una "conversione mirabile e singolare" del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo:  "conversione - prosegue lo stesso Tridentino - che la Chiesa cattolica con termine appropriatissimo chiama transustanziazione" (Decretum de sanctissima Eucharistia, capitolo 4, e canone 2).
Senza dubbio, l'esperienza sensibile non avverte alcun mutamento. La certezza che nel "santissimo sacramento dell'Eucaristia" - sempre secondo il Tridentino - "è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità, e quindi Cristo tutto intero", non è attestata né dalla vista né dal tatto né dal gusto, come canta Tommaso d'Aquino nell'Adoro te devote, ma è tutta e interamente fondata sull'ascolto della parola del Signore, della quale nulla è più vero:  Visus, tactus, gustus, in te fallitur, / sed auditu solo tute creditur. / Credo quicquid dixit Dei Filius, / nichil ueritatis verbo uerius.
Sono note la diffidenza e le reazioni al termine "transustanziazione", perché attinto al linguaggio di una filosofia superata e quindi da ritenersi inattuale. Trento, da parte sua, lo ritiene invece "appropriatissimo"; e lo è, infatti, per dire che, in virtù della potenza di Cristo e dell'opera dello Spirito Santo, l'identità del pane e del vino viene realmente mutata nell'identità del Corpo e del Sangue del Signore.
Del resto, ricorre nel linguaggio comune un significato di "sostanziale", che è di comprensione immediata, come quando ci si voglia riferire al livello profondo e sintetico di una realtà; senza dire che, per dilucidare e illustrare il significato di "transustanziazione" eucaristica, vi è apposta la catechesi, come per altri contenuti del dogma cristiano.
In ogni caso, termini come "transignificazione" e "transfinalizzazione", proposti da alcuni teologi come sostituivi, non solo non rendono, ma addirittura alterano il senso che la fede della Chiesa allega al concetto di "transustanziazione". Non basta ammettere che il pane e il vino con la consacrazione assumano un significato e una finalità nuovi; che si ritrovano, cioè, transignificati e trasfinalizzati; occorre invece affermare che sono a tal punto trasmutati, da essere diventati irreversibilmente "Corpo e Sangue del Signore", come li chiama Paolo (1 Corinzi, 11, 27).
Abbiamo accennato ad alcuni teologi. Non mancano poi liturgisti che non accettano le definizioni tridentine sulla transustanziazione dopo le parole della consacrazione, perché allora - dicono - si aveva una conoscenza storica ridotta, si ignoravano in particolare le antiche anafore col risalto dell'invocazione allo Spirito Santo, non si aveva la percezione della struttura unitaria della preghiera eucaristica, e si era inoltre legati allo schema superato materia-forma. Come a dire:  tutta la tradizione occidentale patristico-liturgica espressa a Trento si è ingannata sul significato, o sulla vis, delle parole della consacrazione e quindi sulla fede nella presenza reale "peracta consecratione", prima che l'anafora fosse tutta conclusa. Ma qui a far difetto, prima che un'eventuale mancanza di fede e di senso teologico, mi pare sia il senso del ridicolo. Solo che il pensiero va alle tristi conseguenze per quanti fossero alla scuola di tali maestri.
Per continuare la riflessione:  nell'istituzione dell'Eucaristia il pane è il Corpo di Cristo e il vino il suo Sangue unicamente a motivo dell'affermazione creatrice o del sermo operatorius (sant'Ambrogio) di Gesù che, pronunziato il rendimento di grazie e nel suo contesto, dichiara e quindi porge come suo Corpo il pane e come suo Sangue il vino. Ed è questa propriamente la novità della "Cena del Signore".
Il rendimento di grazie avveniva a ogni pasto; gli apostoli avvertono che in quello dell'ultima Pasqua di Gesù con loro si tratta del Corpo e del Sangue del Signore dalla sua esplicita ed efficace dichiarazione. Per altro, la stessa struttura liturgica conferita nei sinottici al racconto dell'istituzione dell'Eucaristia manifesta l'intenzione di porre in risalto come determinanti le parole di Cristo, a meno di ritenere che, in assenza dell'invocazione dello Spirito Santo, tali sue parole non abbiano avuto effetto.
Ora, in ogni messa è sempre Cristo il celebrante originario. A consacrare non sono le parole in sé, distinte da lui, quasi magicamente concepite, ma è sempre lui personalmente, o la sua signoria, operante in comunione con lo Spirito Santo:  il ministro agisce in persona Christi, "ripresentando" l'intenzione e l'azione stessa del Signore.
La tanto deprecata forma di cui si parla, in coppia con la materia, non intende indicare altro che la parola, ossia l'intenzione di Cristo, che imprime creativamente alla generica realtà del pane (materia) la condizione nuova e mirabile di essere il suo Corpo.
Ma torniamo alla fede nella presenza reale in virtù della transustanziazione, per osservare che è esattamente questa fede a non risaltare sempre con limpida e persuasa chiarezza. Un indice è il modo sbrigativo con cui le sacre specie talora vengono trattate durante la comunione o al termine della celebrazione eucaristica, anche se non è il caso di inseguire ossessivamente frammenti quasi invisibili, che hanno perduto il carattere di segni.
Viene in mente l'esortazione di Origene:  "Voi che assistete abitualmente ai santi misteri sapete con quale rispettosa precauzione conservate il Corpo del Signore quando vi è consegnato con il timore che ne cada qualche briciola e che una parte del tesoro consacrato si perda. Vi sentireste colpevoli e avete ragione, se per vostra negligenza qualche cosa se ne perdesse" (In Exodum homiliae, 13, 3).
Di fronte alla disinvoltura appena ricordata è difficile sottrarsi all'impressione che a essersi annebbiata sia proprio la certezza che sotto i segni sacramentali, dopo la celebrazione, continui a essere personalmente presente Gesù Cristo, vero uomo e vero Figlio di Dio, adorabile come il Padre e come lo Spirito Santo.
D'altronde, anche il ridursi, fino quasi alla scomparsa, dei segni del culto e dell'adorazione, che sono una professione silenziosa ma non meno efficace di quella affidata alle parole - come la genuflessione, l'inchino, lo stare in ginocchio, il silenzio dopo il ringraziamento, come veniva chiamato - hanno contribuito e contribuiscono ad affievolire la convinzione nel prosieguo della presenza di Gesù, che si prolunga oltre la celebrazione.
Quando addirittura non venga da chiedersi se, a vacillare non siano, a monte, la fede in Gesù Figlio di Dio, unico e universale Salvatore di tutti, e la certezza che senza la conversione a lui e senza la grazia della croce non c'è salvezza per nessuno.
La pratica dell'adorazione eucaristica non fu un'alterazione ma un arricchimento della "devozione" cristiana. Ora sono definitivamente e giustamente superati i limiti di una sovrapposizione dell'adorazione alla celebrazione, che è la fonte della presenza di Gesù nei segni:  l'adorazione accende la relazione personale con lui, stimola e approfondisce la meditazione sul sacrificio della Croce, fomenta la gioiosa sorpresa per la presenza sacramentale.
Adorare il Signore nell'Eucaristia, infatti, non equivale a un prosternarsi tremante e smarrito, o a una volontà di "annientamento" di fronte all'incombente divinità; significa invece un essere colmi dell'ineffabile e amoroso stupore di fronte alla tradizione del Figlio di Dio, al donarsi illimitato del Verbo divenuto "il Dio con noi", quasi "racchiuso" con la sua gloria nel sacramento. Per questo è incomparabilmente prezioso il tempo passato in adorazione, quella solenne e pubblica e quella privata e silenziosa, così come sono preziose per tutta la Chiesa le comunità di fratelli e di sorelle dediti all'adorazione "perpetua".


Papa: imporre corsi di educazione sessuale lede libertà religiosa di Bruno Volpe dal sito http://www.pontifex.roma.it

Nel tradizionale messaggio di saluto ai diplomatici accreditati presso la Santa Sede, Papa Benedetto XVI ha rivolto un chiaro indirizzo alla tutela della libertà religiosa nel mondo come strumento di pace. Il Papa ha censurato che in alcune terre come il Pakistan esista il reato di blasfemia. Poi il Santo Padre, riferendosi all'ambito della obiezione di coscienza in temi come sanità e scienza ha detto che queste ledono il principio di libertà religiosa nel momento in cui la obiezione di coscienza non viene favorita(  sembra il caso della Puglia in Italia). Il Pontefice ha invitato a incoraggiare in questa ottica l'uso di simboli e feste religiose e poi la stoccata finale in tema di corsi di educazione sessuale se obbligatori: "imporre la partecipazione a corsi di educazione sessuale "é contro la libertà religiosa "specie se sono contro la fede e la retta ragione". ...


Radio Vaticana, notizia del 10/01/2011 - Pakistan: i cristiani pregano per il governatore Taseer, ucciso perché contro la legge sulla blasfemia

Cristiani di tutto il Pakistan hanno ricordato ieri nelle Messe domenicali il sacrificio di Salman Taseer, governatore del Punjab, assassinato martedì scorso, 4 gennaio, per aver contrastato la legge sulla blasfemia, quale pretesto per violenze e ingiustizie. Ad Islamabad – riferisce l’agenzia AsiaNews - i fedeli si sono riuniti nella chiesa di Nostra Signora di Fatima, dove p. Anwar Patras Gill, durante l’omelia, ha chiesto di pregare per questo leader politico morto mentre “si stava battendo per la giustizia dei cristiani in Pakistan e la pace per tutto il mondo”. La Conferenza episcopale del Pakistan – riferisce l’agenzia Ucanews - ha descritto l’omicidio come “un segno del crescente fanatismo religioso nel Paese, che dimostra l’intolleranza verso altre fedi ed opinioni”. “La nostra nazione è divisa in due fazioni, i moderati e gli estremisti – ha osservato ieri padre Andrew Nisari, vicario generale della diocesi di Lahore, durante la messa nella cattedrale del Sacro Cuore –. E’ difficile credere nella giustizia se persone istruite come i giuristi lodano l’assassinio del governatore. Ciò indica un cronico deterioramento della società”. L’omicidio del governatore del Punjab ha avuto una vasta eco sui giornali di tutto il mondo, fra cui il saudita "Arab News" che lo ricorda in un lungo editoriale. Il quotidiano celebra il coraggio di Taseer, la cui strenua opposizione “all’estremismo e alla violenza gli sono costati la vita” e lo hanno “trasformato in un martire”. L’assassino di Taseer, Mumtaz Hussain Qadri, è definito “un omicida sorridente e privo di scrupoli e un ignaro strumento del male”. L’articolo si conclude invitando i leader della nazione ad opporsi a forze deviate che “minacciano di far piombare nell’oscurità il Pakistan e l’islam”. (R.G.)


Il papa insegna ai diplomatici l'abc della libertà religiosa - E punta l'indice su Iraq, Egitto, Arabia Saudita, Pakistan, India, Cina... Ma anche l'Occidente soffoca a modo suo il diritto di professare la fede. I passaggi salienti del discorso d'inizio d'anno ai rappresentanti degli stati di Benedetto XVI dal sito http://chiesa.espresso.repubblica.it


Eccellenze, Signore e Signori,

Sono lieto di accogliervi per questo incontro che, ogni anno, vi riunisce intorno al successore di Pietro, illustri rappresentanti di così numerosi paesi. Esso riveste un alto significato, poiché offre un’immagine e al tempo stesso un esempio del ruolo della Chiesa e della Santa Sede nella comunità internazionale. [...]

Quando inizia un nuovo anno, nei nostri cuori e nel mondo intero risuona ancora l’eco del gioioso annuncio che è brillato venti secoli or sono nella notte di Betlemme, notte che simboleggia la condizione dell’umanità, nel suo bisogno di luce, d’amore e di pace. [...] L’umanità, in tutta la sua storia, attraverso le sue credenze e i suoi riti, manifesta un’incessante ricerca di Dio e "tali forme d’espressione sono così universali che l’uomo può essere definito un essere religioso" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 28). La dimensione religiosa è una caratteristica innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo, la misura della realizzazione del suo destino e della costruzione della comunità a cui appartiene.

Pertanto, quando l’individuo stesso o coloro che lo circondano trascurano o negano questo aspetto fondamentale, si creano squilibri e conflitti a tutti i livelli, tanto sul piano personale che su quello interpersonale. [...]

IRAQ, EGITTO

Guardando verso l’Oriente, gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno profondamente addolorato. Rinnovo alle autorità di quel paese e ai capi religiosi musulmani il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo.

Anche in Egitto, ad Alessandria, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in preghiera in una chiesa. Questa successione di attacchi è un segno ulteriore dell’urgente necessità per i governi della regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose. [...]

MEDIO ORIENTE, PENISOLA ARABICA

Vorrei ricordare infine che la libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni. Incoraggio, inoltre, ad accompagnare la piena tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso, educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità.

Per quanto riguarda poi gli stati della Penisola Arabica, dove vivono numerosi lavoratori immigrati cristiani, auspico che la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali.

PAKISTAN

Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa, una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le autorità di quel paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose. Il tragico assassinio del governatore del Punjab mostra quanto sia urgente procedere in tal senso: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione.

INDIA E SUDEST ASIATICO

Altre situazioni preoccupanti, talvolta con atti di violenza, possono essere menzionate nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in paesi che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici. Il peso particolare di una determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi. A questo proposito, è importante che il dialogo inter-religioso favorisca un impegno comune a riconoscere e promuovere la libertà religiosa di ogni persona e di ogni comunità.

NIGERIA

Infine, come ho già ricordato, la violenza contro i cristiani non risparmia l’Africa. Gli attacchi contro luoghi di culto in Nigeria, proprio mentre si celebrava la Nascita di Cristo, ne sono un’altra triste testimonianza.

CINA, CUBA

In diversi paesi, d’altronde, la costituzione riconosce una certa libertà religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria (cfr. "Dignitatis humanae", 15), perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello stato sulla società. Bisogna che cessino tali ambiguità, in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro patria. Domando in particolare che sia garantita dovunque alle comunità cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in questo campo.

In questo momento, il mio pensiero si volge di nuovo verso la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova.

D’altro canto, vorrei indirizzare una parola di incoraggiamento alle Autorità di Cuba, paese che ha celebrato nel 2010 settantacinque anni di relazioni diplomatiche ininterrotte con la Santa Sede, affinché il dialogo che si è felicemente instaurato con la Chiesa si rafforzi ulteriormente e si allarghi.

OCCIDENTE

Spostando il nostro sguardo dall’Oriente all’Occidente, ci troviamo di fronte ad altri tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa.

Penso, in primo luogo, a paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale.

OBIEZIONE DI COSCIENZA

Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto.

In tale contesto, non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto.

FESTE E SIMBOLI RELIGIOSI

Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni.

CROCIFISSO

L’anno scorso, alcuni paesi europei si sono associati al ricorso del governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle autorità di queste nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso, episcopati, organizzazioni e associazioni civili o religiose, in particolare il patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa, come tutte le persone - credenti ma anche non credenti - che hanno tenuto a manifestare il loro attaccamento a questo simbolo portatore di valori universali.

SCUOLA

Riconoscere la libertà religiosa significa, inoltre, garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo, d’altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi. È preoccupante che questo servizio che le comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per l’educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi paesi dell’America Latina. Mentre parecchi di essi celebrano il secondo centenario della loro indipendenza, occasione propizia per ricordarsi del contributo della Chiesa cattolica alla formazione dell’identità nazionale, esorto tutti i governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta.

EDUCAZIONE SESSUALE E NUOVI "DIRITTI"

Proseguendo la mia riflessione, non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione. [...]

Meno giustificabili ancora sono i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa, dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana. [...]

L'ESEMPIO DI MADRE TERESA DI CALCUTTA

Dinanzi a questo illustre uditorio, vorrei infine ribadire con forza che la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto. Vorrei ripetere che la Chiesa non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con libertà. [...]

Emblematica, a questo proposito, è la figura della beata Madre Teresa di Calcutta: il centenario della sua nascita è stato celebrato a Tirana, a Skopje e a Pristina come in India; un vibrante omaggio le è stato reso non soltanto dalla Chiesa, ma anche da autorità civili e capi religiosi, senza contare le persone di tutte le confessioni. Esempi come il suo mostrano al mondo quanto l’impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la società. [...]


Basta entrare in una casa G23 - January 9th, 2011 di Carlo Bellieni da http://carlobellieni.com/

Non so se avete di frequente dei tuffi al cuore: provate ad entrare in una casa G23. Provate ad entrare dieci minuti e capirete come il mondo che conosciamo non esiste più, che dove pensavamo fosse il polo nord c’è il solleone e viceversa, perché improvvisamente capiamo che quello che ci sembrava importante è una cretinata e quello che sembrava “scarto” è il centro del mondo.
La casa G23 è una cosiddetta “casa-famiglia”, ma non è la solita dimora fatta dal comune per persone in attesa di sistemazione. E’ una famiglia. Stop. Ci sono due coniugi e i figli che sono usciti dalle loro viscere. I loro figli naturali. Solo che insieme a loro, confusi con loro, ci sono 3-4-5 altre persone che loro chiamano con disarmante candore loro figli. E sono davvero convinti che lo sono. Sono 3-4-5 persone con malattie gravissime, con ritardo mentale e perdita di autonomia, con psicosi, con handicap perenni e devastanti talora. Gente che sbava, che si urina addosso. E sono loro figli. Sono una famiglia allargata, e loro non sono degli “assistenti sociali”. Ripeto: sono una famiglia; e ci obbligano a ripensare a cosa è la nostra idea di famiglia, e di vita, ristretta su una folle idea di perfezione, che entra in crisi per un mal di testa, per una bocciatura.

E ce ne sono tante di case-famiglia G23, che vivono anche di aiuti pubblici, che usufruiscono della raccolta della Colletta Alimentare. E che sono, come altre realtà, il vero sale del mondo. Solo che non le conosce nessuno. Perché in TV non fa “chic” mostrare come normali delle persone malandate, e genera “troppi sensi di colpa” mostrare l’eroismo quotidiano non del calciatore che dà quattro soldi per fare carità con tanto di foto sui giornali, ma quello della gente comune. Come Franca e la sua famiglia. Venni ospitato da loro una sera dopo una conferenza a Rimini, e la prima cosa che mi domandavo era se fossero normali, come potessero vivere con tanta disabilità e differenza in casa, soprattutto senza “violentare moralmente” i loro “figli naturali”.

Già, perché magari questa dei membri della G23 può essere una scelta di quattro esaltati, ma i loro figli “normali”… perché ne devono pagare le conseguenze? Cenammo insieme e questa domanda mi rigirava per la testa. Adulti, figli naturali e figli extra. “Condannare dei ragazzi a vivere con tanto dolore, pensavo, significa condannarli all’ emarginazione”. Ma suonarono alla porta di questa grossa casa rurale, semplice, poco adornata, ma calda e pulita. Entrò un ragazzo con un pacchetto infiocchettato. Era un estraneo, uno non della “famiglia”. “Che faccia farà?” mi domandavo… e lui entrò, i genitori della casa lo salutarono, lui si mise a tavola, fece quattro chiacchiere, bevve, diede il pacchetto alla ragazzina figlia naturale dei due: era la sera di S. Valentino e lui, come se niente fosse era venuto a prendere la sua “morosa”. E uscirono, salutati da tutti (quelli che potevano salutare), come se niente fosse. Tutto si era svolto come se niente fosse… proprio perché era “normale”!

Proprio perché non c’è niente di “strano” a stare con gli “strani”, con i malati, i dropped-out, cioè con quelli che per tutto il mondo occidentale sono invisibili, e anzi devono non nascere o scomparire in ghetti. E tutto il mondo si capovolse: l’Argentina passò al posto della Russia, la Cina al posto della Nigeria. Perché è così: è l’egoismo ad essere strano, la paura di cui siamo invasati, tanto che il semplice vedere un disabile ci spaventa. E in TV l’egoismo sembra normale, mentre non lo è perché è il peggio dell’uomo anche se passa in prima pagina; e anche se all’eroismo si riserva uno spazietto nei programmi dell’accesso, perché sembrano “troppo anormali”: ma sono loro ad essere fuori-norma o chi passa la vita a riempirsi labbra e mammelle di silicone, e riempie il 90% dei palinsesti?

A proposito, G23 è l’abbreviazione di Giovanni XXIII, un papa cui don Oreste Benzi, un prete santo, dedicò l’associazione che si occupa dei fantasmi di questo mondo: disabili, prostitute schiave, poveri, bambini non nati. Sono geniali e grandi. Come altre associazioni, come altri gruppi (Famiglie per l’accoglienza, Centri di Aiuto alla Vita, Associazione Cilla e tanti altri). Da queste presenze rinascerà l’Europa, ne siamo sicuri; non dai trattati che impongono l’aborto o dalle conferenze dei banchieri. Sono tanti, sono diffusi, salvano milioni di vite e sono schiaffeggiati, censurati, derisi, svillaneggiati. Ma sono la risposta reale alle sfide della bioetica, altro che chiacchiere.


IL NUOVO UMANESIMO DEL LAVORO SULLE RADICI CRISTIANE - di Andrea Bottone da http://www.riscossacristiana.it

Il cambiamento è in atto, il fattore scatenante è la presa di coscienza dello spirito umano che affonda le radici nei valori  cristiani che nascono dal sudore della fronte . La tragedia  dei minatori cileni ha fatto il giro del mondo, finalmente i mezzi di comunicazione hanno evidenziato una realtà quotidiana fatta di lavoro, fede, famiglia, solidarietà, politica; una serie di capisaldi della nostra cultura che sono stati riscoperti e schiacciano quella cultura del putrefatto materialismo e moribondo relativismo tenuto in vita dai mass media dei reality  che rappresentano false condizioni di vita, dove si esaltano il sesso, la parolaccia, lo scontro, l’invidia ecc.  Di questo inizio del mutamento non ne siamo coscienti perché siamo immersi in una palude di messaggi distorti che affollano i mezzi di comunicazione e inondano la nostra società dando la stura ad una serie di comportamenti innaturali dell’essere umano. I giovani sono disorientati, guidati da una bussola senza l’ago, i meno giovani inseguono un benessere fatto di esteriorità e ignoranza, accompagnate da una povertà di spirito e un vuoto di coscienza, ma proprio queste condizioni che man mano arrivano alla frontiera del nulla sono il presupposto del cambiamento che ha accolto la sfida della nuova evangelizzazione che parte dai confini della cristianità e giunge al suo centro. Non a caso le persecuzioni delle comunità cristiane, da parte degli integralismi, immerse nel mondo delle altre realtà religiose pone con forza la centralità del messaggio cristiano e della sua forza. L’evangelizzazione più complessa  e più dura, si scopre  che è nel cuore della cristianità; oggi il vero missionario è il sacerdote che opera nelle grandi città del mondo occidentale, non quello che opera nelle missioni della foresta amazzonica. Sembra paradossale ma è reale. Il Santo Padre, Benedetto XVI, da attento teologo, lo ha evidenziato più volte attaccando il relativismo imperante nella nostra società, una società costruita sulla esteriorità ma vuota di contenuti. La presa di coscienza di questa condizione ha fatto si che la tragedia cilena, attraverso i mezzi di comunicazione, ponesse all’attenzione dell’opinione pubblica con estrema semplicità, senza fronzoli pseudoculturali di parte, la forza della fede attraverso il lavoro e le sue tragedie, la solidarietà della famiglia, di un paese di un popolo, la presenza importante dei rappresentanti della politica al fianco dei lavoratori ha espresso un messaggio forte di un intero paese. L’attenzione del mondo intero ha avvolto quel piccolo gruppo di minatori intrappolati nelle viscere della terra, sorretti da una grande fede in Dio. Non era il dovere, non erano le leggi,  ma la politica dal volto umano che ritrova la via del bene comune attraverso la solidarietà che ha aperto un varco nel  muro del relativismo. E’ il frutto del nuovo umanesimo del lavoro che affonda le radici nello spirito e nei valori cristiani. L’essenza dell’essere umano che ritrova se stesso nel messaggio di Cristo. L’inizio di un nuovo cammino della speranza, di  fede di una nuova società che si rinnova attraverso la tradizione delle radici dello spirito.


CRONACA - PAPA/ Magister: educazione e libertà religiosa, ecco la "scommessa" di Benedetto - INT. Sandro Magister- martedì 11 gennaio 2011 - ilsussidiario.net

A leggere i titoli di Repubblica.it e Corriere.it, ieri, pareva che l’intero discorso di Benedetto XVI al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede riguardasse i timori della Chiesa per un’educazione sessuale fuorviante rispetto alla dottrina cattolica. In realtà in quel discorso - fa notare Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso - c’è anche altro.

Benedetto XVI nel tradizionale discorso al corpo diplomatico è tornato a parlare di libertà religiosa.

«Scorrendo i discorsi che il Papa ha tenuto anno dopo anno ai diplomatici, in genere nei lunedì successivi all’Epifania, si può notare che questo è il primo discorso interamente centrato sul tema della libertà religiosa. Credo che questo dipenda da due fattori. Innanzitutto il fatto che la Giornata mondiale della pace, che si è celebrata lo scorso capodanno, aveva per tema esattamente la libertà religiosa. Che non può non avere una dimensione politica: essa è “misura della realizzazione del suo destino (dell’uomo, ndr) e della costruzione della comunità a cui appartiene”. E in secondo luogo, i recenti avvenimenti che hanno interessato i cristiani e che hanno portato prepotentemente in primo piano il problema nella sua drammaticità».

Essa dunque si conferma in cima alle sue preoccupazioni. Siamo di fronte ad un nuovo «concetto-guida» del pensiero di Benedetto XVI?

«La mia convinzione è che i discorsi di Benedetto XVI a carattere geopolitico, come quello di ieri, abbiano nelle pieghe una grande visione teologica, una vera e propria teologia della storia, sempre presente anche se non sempre “visibile”. Nel suo discorso il Papa l’ha esplicitata in modo fuggevole nel secondo capoverso: “nei nostri cuori e nel mondo intero risuona ancora l’eco del gioioso annuncio che è brillato venti secoli or sono nella notte di Betlemme, notte che simboleggia la condizione dell’umanità, nel suo bisogno di luce, d’amore e di pace”».

Perché dà rilievo a questo passaggio?

«La luce che si accende nelle tenebre è la luce del Dio che si fa Uomo. È questa la chiave del discorso e da essa dipende il resto. È un breve accenno, come un lampo. Lo si capisce  se si torna indietro di tre anni, al discorso che Benedetto XVI tenne al corpo diplomatico nel gennaio del 2008. I contenuti di quel discorso, a sua volta, rimandano all’omelia dell’Epifania di pochi giorni prima: una sintesi, a mio avviso rimasta finora ineguagliata nel pontificato, della visione teologica che Benedetto XVI ha della storia. In questa visione la Chiesa è il “già e non ancora” del nuovo mondo: essa è chiamata a mostrare al mondo qual è la vera via della pace».

E la teologia di Ratzinger fonda allo stesso modo il discorso di ieri al corpo diplomatico...

«Sì. Anzi, a mio modo di vedere l’accenno alla notte di Betlemme è il vero tocco di Ratzinger in un discorso sostanzialmente tecnico, preparato diligentemente dagli uffici della Segreteria di Stato».

Il Papa ha rinnovato ai governi musulmani l’appello al rispetto dei cristiani e a garantire libertà di fede e di espressione. Non hanno pesato le polemiche venute dall’Egitto qualche giorno fa?

«Benedetto XVI non ha risposto direttamente alle parole, devo dire maldestre, del grande imam di Al Azhar. Non solo non lo ha fatto lui, ma nemmeno il portavoce Federico Lombardi. Fermo restando il rifiuto di entrare nella polemica in forma diretta, il Papa non ha fatto altro che ribadire la sua convinzione, e cioè che parlare e intervenire su questi temi è non solo possibile e legittimo ma doveroso, e va fatto. E il richiamo all’Iraq fa senz’altro venire in mente l’attacco alla chiesa siro-cattolica di Baghdad del 30 ottobre».

In un passaggio si dice che in diversi paesi «l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società».

«Non è un caso che poco dopo si menzionino la Cina e Cuba. È il richiamo inevitabile alle ideologie di matrice marxista, che sopravvivono oggi in particolare in quei due paesi, ma anche in altri stati del sudest asiatico, come il Vietnam».

Il Papa esorta a tutelare la libertà di educazione da «progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica», come avviene in America latina. È soltanto una sfida del Sudamerica?

«No, e infatti l'esortazione di Benedetto va poi a “tutti i governi”. Ma il richiamo all’America latina, che giunge inatteso, si spiega col fatto che in quei paesi si sta verificando, con qualche anno di ritardo, un fenomeno tendenziale già visto in Europa e nel Nordamerica: l’ingresso prepotente, negli istituti politici e nelle regole, di una cultura che in campo bioetico sostiene l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione artificiale in tutte le sue forme più estreme ed artefatte. Insieme a questo c’è il fenomeno di una rivalsa dello Stato in nome dell’educazione pubblica, specialmente in alcuni paesi dell’America latina, di cui la Chiesa è molto preoccupata. Ma c’è un altro punto in cui il Papa fa riferimento alla scuola».

Ritorniamo dunque in Medio oriente...

«Il Papa incoraggia “ad accompagnare la piena tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso, educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità”. È un richiamo a purificare l’educazione scolare, specie negli anni iniziali dell’insegnamento, da forme di ostilità nei confronti di persone appartenenti ad altre fedi. Non è un mistero che ad esempio i libri di testo in uso nelle scuole dei territori occupati siano di una violenza inaudita contro gli ebrei».

Dobbiamo attenderci di trovare sui giornali  dei servizi centrati sul problema dell’educazione sessuale?

«Temo di sì, perché qualcosa del genere è appena avvenuto con i lanci e i primi servizi sui quotidiani online, come hanno fatto Corriere e Repubblica. Che hanno preso un tema sì presente nel discorso papale, ma facendone quasi l’emblema dell’intero discorso».


Avvenire.it, 11 gennaio 2011 - Regresso da fermare - Ciò che a tutti è dovuto di Carlo Cardia

Il fondamento della pace è il diritto di libertà religiosa per tutti gli uomini, e questo diritto è il primo dei diritti universali perché riguarda «la dimensione costitutiva dell’uomo, cioè la sua relazione con il Creatore». Benedetto XVI ha inviato al mondo questo messaggio parlando ieri al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Siamo di fronte a un momento importante del magistero del Papa, che assume il carattere universale proprio della funzione petrina in virtù della quale si rivolge a tutti gli uomini, senza confini di geografia, cultura, religione. Il Papa parla con partecipazione delle sofferenze che i cristiani hanno subito lo scorso anno in diversi Paesi, in Iraq e in Egitto dove la violenza ha seminato morte, dolore, smarrimento, senza neanche fermarsi di fronte ai fedeli raccolti in preghiera nel tempio. Il martirio torna a coronare la fedeltà dei credenti alla parola di Dio, ma, ricorda il Papa, il mondo regredisce, colpisce coloro che «sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali».

La libertà religiosa subisce tante altre limitazioni. In Cina il regime impone associazioni patriottiche separate da Roma; in Medio Oriente la violenza affiora di continuo, spesso è garantita solo la libertà di culto, a volte neanche questa, perché la diffusione del messaggio evangelico è ostacolata, frenata, messa a rischio; nel Sud-Est asiatico riemergono violenza e discriminazioni per coloro che non sono della religione di maggioranza. Nella seconda parte del discorso, Benedetto XVI guarda all’Occidente e disvela altri limiti, più sottili e sofisticati, frapposti alla libertà della fede. Registriamo una strisciante emarginazione della religione, atti precisi che violano la coscienza dei fedeli, e provocano un risultato pesante realizzando «una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni».
Noi europei conosciamo bene quest’ultimo fenomeno, perché da tempo si tollerano offese, ingiurie, perfino oscenità, verso la religione cristiana e le sue figure più sacre, come non avviene per altre religioni, mentre le persecuzioni e il martirio di tanti cristiani crea assuefazione, abitudine, quasi indifferenza. Ma in Europa si vogliono eliminare anche i simboli religiosi dagli spazi pubblici, si nascondono festività e ricorrenze che fanno parte della nostra secolare tradizione, si introducono corsi di educazione sessuale o civile che contrastano con gli orientamenti formativi della famiglia, senza riconoscere ai ragazzi neanche il diritto di esserne esentati. In alcuni Paesi è limitato il diritto di obiezione di coscienza in materia di aborto, famiglia, affidamento dei minori.

Benedetto XVI non nasconde nessuna situazione di sofferenza, e lo fa mandando un messaggio di speranza e di incoraggiamento a coloro che lavorano per superare le persecuzioni, la discriminazione, l’emarginazione. La religione non è nemica all’uomo, non costituisce un problema sociale, non porta turbamento o conflitto. La religione lavora per il bene dell’uomo, educa le nuove generazioni a una moralità positiva per i giovani e per la società che dovranno costruire, e per questo motivo una società che difende la libertà religiosa tutela sé stessa e il proprio futuro. L’intervento del Papa induce, poi, a una riflessione più ampia.

Con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 si riteneva che la libertà religiosa, insieme ad altri diritti umani, potesse considerarsi acquisita a un patrimonio normativo e culturale dell’umanità, mentre oggi si deve registrare un regresso perché essa è negata in molte parti del mondo, in altre subisce limitazioni, in Europa addirittura la religione è vista con diffidenza, è emarginata, si offuscano le radici storiche e culturali che sono alla base della formazione dell’Occidente. Benedetto XVI sente che l’Occidente è debole e incerto sui propri valori ideali, pone la libertà religiosa al centro dell’azione internazionale della Santa Sede, richiama le autorità nazionali e internazionali a considerare la libertà della fede al vertice dei diritti universali, da tutelarsi in ogni parte della terra. Anche perciò, il papato di Joseph Ratzinger può considerarsi il papato dei diritti umani, della tutela dei credenti di ogni religione contro la violenza e la sopraffazione.


Avvenire.it, 11 gennaio 2011 - INTERVISTA/2 - Pera: «L'Europa sta perdendo le radici e la sua identità» di Lucia Bellaspiga

«Un discorso non diplomatico ai diplomatici». Usa un gioco di parole, il filosofo ed ex presidente del Senato Marcello Pera, per riassumere il tono delle dichiarazioni di Benedetto XVI. «Non contiene né consente ambiguità – spiega – e pone un aut aut: o l’Occidente si rende conto che sono in corso due guerre di religione contro il cristianesimo e provvede, o il mondo occidentale è perduto».

Una guerra che sparge sangue in Paesi lontani, e un’altra più strisciante in casa nostra...
Strisciante ma non meno tragica: a due secoli di distanza, l’Europa riprende ad adorare la dea ragione e a riformare i calendari, come ai tempi della Rivoluzione francese. Col miraggio della stessa "liberté" di allora, con lo stesso scopo di sostituire il cristianesimo, e purtroppo con gli stessi mezzi. La guerra interna è più pericolosa, perché questa alimenta l’altra.

Il Papa infatti denuncia come proprio «gli atti discriminatori contro i cristiani siano considerati meno gravi» da parte dei governi.
L’Europa indebolisce se stessa e così dà fiato ai suoi nemici. Il rischio allora non è solo di perdere le radici (cosa che già sta accadendo), ma anche l’identità e la ragion d’essere: combattendo essa stessa una battaglia contro il cristianesimo, non riconosce il pericolo che viene da fuori.

In un’Europa che si dice pluralista, molte legislazioni tentano di imporre «pretesi nuovi diritti» laicisti, contestando ai cristiani anche la possibilità di non adeguarsi.
Benedetto XVI segnala una terribile contraddizione: l’Europa proclama l’universalità dei diritti umani e a parole li difende, ma poi vìola il primo dei diritti inalienabili, che è proprio quello di libertà di coscienza e religiosa.

L’Europa ma anche l’America...
Certamente, anzi, l’America sta diventando una grande Europa, e l’Europa sta diventando un grande Belgio, o un grande Canada, cioè una terra spiritualmente desolata. Gli Stati Uniti oggi corrono lo stesso nostro rischio, anche se lì la società civile resiste meglio, sente ancora il richiamo delle origini. Ma la rapida europeizzazione è preoccupante e l’intero Occidente non è soltanto di fronte a una crisi, la crisi economica che tutti vediamo, ma all’inizio di un declino.

Sempre in nome della tolleranza, molti Paesi bandiscono feste e simboli cristiani, dal Crocifisso al Natale. Per rispetto delle religioni, sopprimiamo la nostra... Gli stessi Tg che mesi fa dissero «oggi per chi crede è Pasqua», diedero ampiamente conto del Ramadan.
Lo vede? La dea ragione e la riforma dei calendari. Ma menzionare gli altri e cancellare se stessi è il modo più suicida di essere tolleranti: non ci si rende conto che la tolleranza presuppone almeno due interlocutori, un noi e un loro, e se cancelli noi restano solo gli altri. L’anno scorso al Cairo Obama parlò di «contributo dell’islam alla nascita degli Stati Uniti»: una bestialità storica priva di ogni fondamento.

L’attacco ai nostri valori fondanti e alle radici cristiane sembra provenire da più fronti.
Viene da sinistra come da destra. Ricordo solo che un anno fa Fini e Granata firmarono un manifesto in cui sostenevano le "origini pagane dell’Europa".

C’è un’intolleranza che nega persino l’obiezione di coscienza e la libertà di educazione.
Se il laicismo è vissuto come una vera religione, se la ragione degli uomini è una dea che tutto regola, il medico o il docente che resiste si oppone a un dogma, e per questo va annientato. Il Papa sta dando voce alle minoranze e coraggio a tutti noi, ci dice che la battaglia si può benissimo vincere, a patto di riconoscere con chiarezza che cosa sta accadendo, ma sono desolato: questa chiarezza la trovo in Benedetto XVI e in pochi altri personaggi della cultura, ma molto poco nella classe politica e dell’informazione.


Avvenire.it, 11 gennaio 2011 - INTERVISTA /1 - Jeff King: «Persecuzioni "nascoste": media spesso responsabili» di Lorenzo Fazzini

Dal 2002 presiede una delle più importanti organizzazioni non governative interessate alla questione della libertà religiosa nel mondo. International Christian Concern è un’associazione americana con sede a Washington, in prima linea nella difesa, denuncia e solidarietà per i cristiani perseguitati nel mondo. Dal suo osservatorio Jeff King, che guida questa ong sorta nel 1995, già dipendente di una banca e ora dedito a tutelare «tutti i cristiani, al di là delle diverse appartenenze», sottolinea con forza la sua adesione al discorso pronunciato ieri da Benedetto XVI al corpo diplomatico: «Il Papa ha ragione nel dire che la libertà religiosa fa progredire la pace. Dove il diritto di credere viene garantito, anche i diritti umani trovano un miglioramento concreto».

Dottor King, come accoglie il discorso del Pontefice in cui centrale risulta il tema della piena libertà di credere?
È una cosa meravigliosa che il Papa continui a sottolineare l’importanza della libertà religiosa. Negli ultimi anni, ha fatto molte dichiarazioni sulla persecuzione anti-cristiana e ha anche chiamato in causa un certo tipo di islam come origine di questa situazione. La sua voce e il suo giudizio sono di un’importanza senza paragoni a livello mondiale per sollevare la questione.

Il Papa denuncia che le discriminazioni contro i cristiani, registrate in varie parti del mondo, rimangono spesso sottaciute o considerate «meno gravi» di altre. Dal suo punto di osservazione concorda con questa affermazione?
Assolutamente sì. I media occidentali, per qualsivoglia ragione, tendono a ignorare anche i più gravi fatti di persecuzione. E se capita che gli stessi mass media raccontino questi fatti, lo fanno utilizzando quel tipico modello che interpreta tali vicende anti-cristiane come "violenze settarie", cioè inter-religiose, e non come rivolte contro i cristiani. Due gli esempi più lampanti: gli assalti nello Stato delll’Orissa, in India, nell’autunno del 2009, e quanto successo tra il 1998 e il 2003 in Indonesia.

Nel suo discorso Benedetto XVI segnala alcune situazioni particolari dove – nel corso dell’ultimo anno – la libertà religiosa ha avuto alcuni miglioramenti, ad esempio Vietnam e Cuba. Nel vostro recente rapporto sulle persecuzioni anti-cristiane del 2010, segnalate che sono i Paesi islamici a destare le maggiori preoccupazioni.
Se guardiamo ai Paesi a guida politica comunista, eccetto la Corea del Nord, vediamo che Cuba, Vietnam e Cina (in senso largo) stanno migliorando il loro atteggiamento sul fronte della libertà religiosa. Dall’altro lato, purtroppo, assistiamo a un continuo peggioramento della persecuzione verso i cristiani nei Paesi a maggioranza islamica: lo riscontriamo in Pakistan, in Iraq e in Egitto. Da al-Qaeda, poi, è arrivato a tutti i fondamentalisti l’ordine di colpire i cristiani nell’intero Medio Oriente.

Il Papa afferma inoltre, rovesciando un luogo comune, che la religione è motivo di progresso per un popolo, e non di arretramento. Perché dunque la libertà religiosa non viene promossa e "spiegata" come un diritto umano?
La libertà religiosa è il diritto umano fondamentale. Rappresenta quel diritto che sta alla base degli altri e che comprende i diritti di coscienza, di credo, di parola... Quando si contribuisce e si sostiene la libertà religiosa, si fa qualcosa che permette alla causa dei diritti umani di avanzare su un piano più generale. Spesso gli esseri umani tendono ad essere timorosi verso gli stranieri, diffidenti e pronti a condannare chiunque sia diverso. I governi devono dunque assumersi la responsabilità di appoggiare e proteggere le minoranze religiose che si trovano all’interno dei propri territori e garantire la loro effettiva libertà di credo. Se questo viene assicurato, allora migliorerà pure la situazione dei diritti umani in quei Paesi.