domenica 30 gennaio 2011

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    Radio Vaticana, notizia del 30/01/2011 - Benedetto XVI all'Angelus: la Chiesa non teme le persecuzioni, il mondo si apra ai valori delle Beatitudini. Liberate le colombe della pace con i giovani dell'Acr
2)    MARITAIN E IL CARDINALE SIRI di P.Giovanni Cavalcoli,OP, da http://www.riscossacristiana.it
3)    La legge sul Testamento biologico rischia di introdurre l'eutanasia - La legge è in calendario alla Camera a inizio febbraio. E' già stata approvata dal Senato. La legge si allarga fino a comprendere non solo i malati in stato di coma ma anche quelli terminali (ricordiamo che Eluana Englaro non era una malata terminale). Il fiduciario, poi, ha un ruolo sproporzionato che può portare se non all'eutanasia attiva, sicuramente a quella per omissione di cure di Benedetta Frigerio, 29 Gen 2011, da http://www.tempi.it

Radio Vaticana, notizia del 30/01/2011 - Benedetto XVI all'Angelus: la Chiesa non teme le persecuzioni, il mondo si apra ai valori delle Beatitudini. Liberate le colombe della pace con i giovani dell'Acr

La Chiesa non teme la persecuzione che contro di lei esercita una società troppo incline al benessere e poco ai valori dello spirito. Lo ha affermato questa mattina Benedetto XVI, commentando all’Angelus il Vangelo delle Beatitudini proposto oggi dalla liturgia. Al termine della preghiera mariana, il Papa ha ricordato la Giornata mondiale di lotta alla lebbra e quella di intercessione per la pace in Terra Santa, per poi concludere con il lancio delle colombe dalla finestra del suo studio, attorniato da due giovani dell’Azione Cattolica. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Il giorno in cui Gesù trasformò la montagna in una “cattedra” non lo fece per lanciare una nuova ideologia, ma per insegnare all’umanità che i beni del cielo saziano davvero la fame e asciugano per intero le lacrime di chi soffre, molto più delle ricchezze e le consolazioni terrene. E’ l’insegnamento desunto da Benedetto XVI, che si è soffermato con una breve riflessione sul “grande discorso” – come lo ha definito – delle Beatitudini, quasi un Vangelo nel Vangelo. Il messaggio che Cristo lancia dalla montagna, proclamando “Beati” i reietti, “è diretto a tutto il mondo nel presente e nel futuro – ha affermato il Papa – e può essere compreso e vissuto solo nella sequela di Gesù”:

“Non si tratta di una nuova ideologia, ma di un insegnamento che viene dall’alto e tocca la condizione umana, proprio quella che il Signore, incarnandosi, ha voluto assumere, per salvarla (...) Le Beatitudini sono un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri. Quando, infatti, Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, significa che, oltre a ricompensare ciascuno in modo sensibile, apre il Regno dei Cieli”.

Prendendo spunto dal suo libro ‘Gesù di Nazareth, Benedetto XVI ha osservato che “le Beatitudini sono la trasposizione della croce e della risurrezione nell’esistenza dei discepoli”. Esse, ha soggiunto, “rispecchiano la vita del Figlio di Dio che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli uomini sia donata la salvezza”. Un atteggiamento che ha profondamente inciso sui duemila ani di storia della Chiesa:

“Il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana, perché – come scrive San Paolo – ‘quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono’. Per questo la Chiesa non teme la povertà, il disprezzo, la persecuzione in una società spesso attratta dal benessere materiale e dal potere mondano”.

Denso il post-Angelus, che ha visto il Papa entrare in dialogo diretto con le migliaia di giovanissimi dell’Azione Cattolica Ragazzi, circa cinquemila quelli in Piazza San Pietro, che hanno percorso le vie di Roma nella tradizionale “Carovana della pace”, per poi convergere nel colonnato del Bernini, guidati dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Benedetto XVI li ha ascoltati con calore e poi ha ceduto il microfono a uno di loro, che ha citato alcuni progetti di solidarietà promossi dall’Azione Cattolica Ragazzi per poi lanciare un appello alla pace:

“Ultimamente abbiamo ascoltato tante brutte notizie. Troppe persone decidono di usare la violenza per imporre le proprie idee politiche e religiose. Tutte le volte che litighiamo con i compagni, i grandi ci dicono sempre che dobbiamo fare la pace, che dobbiamo parlare tra di noi e andare d’accordo. E noi oggi vorremmo dire la stessa cosa a tutti: dobbiamo volerci bene come fratelli, a qualsiasi religione o cultura apparteniamo!”.

Poco prima, il Papa si era soffermato sulla “Giornata mondiale dei malati di lebbra”, salutando l’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, che proprio nel 2011 compie 50 anni di attività, e aggiungendo una preghiera per chi ancora oggi è vittima della malattia:

“La lebbra, pur essendo in regresso, purtroppo colpisce ancora molte persone in condizione di grave miseria. A tutti i malati assicuro una speciale preghiera, che estendo a quanti li assistono e, in diversi modi, si impegnano a sconfiggere il morbo di Hansen”.

Benedetto XVI ha augurato “serenità e prosperità” ai Paesi dell’Estremo Oriente che nei prossimi giorni celebreranno il capodanno lunare, quindi, in lingua francese, ha invitato i giovani a partecipare numerosi alla prossima Gmg di Madrid.


MARITAIN E IL CARDINALE SIRI di P.Giovanni Cavalcoli,OP, da http://www.riscossacristiana.it

Nel momento attuale della cultura cattolica, nel quale occorre da una parte più che mai l’unione delle forze e far chiarezza su cosa vuol dire essere cattolico, credo possa essere utile ed interessante un brevissimo confronto tra le due grandi e note figure di Jacques Maritain e del Card.Giuseppe Siri, anche se il discorso richiederebbe una trattazione ben più ampia di quella che può essere questo breve articolo.                      

L’interesse di ricordare questi due eminenti rappresentanti del mondo cattolico è dato non solo dall’importanza dei personaggi in sè stessi e dal vasto influsso che essi hanno avuto soprattutto nella seconda metà del secolo scorso sulla teologia, la filosofia, il costume, la vita ecclesiale e in particolare sull’impegno dei cattolici nella vita sociale e politica, ma è dato anche in relazione al loro atteggiamento nei confronti del Concilio Vaticano II e della sua interpretazione, questione oggi ancora assai viva, nonostante siano passati quarantacinque anni dalla chiusura della grande assemblea ecclesiale.

Le due illustri figure di cui parliamo sono congiunte da un comune, profondo amore per la Chiesa e fedeltà al Sommo Pontefice, da un grande attaccamento alla verità cattolica sostanziato da una vasta cultura filosofico-teologica ancorata alla scuola di S.Tommaso d’Aquino e alla grande Tradizione ecclesiale, in un costante impegno per la diffusione e la difesa della verità, ed in una condotta di vita esemplare, animata da una fede profonda, nella messa in pratica generosa dei doni ricevuti da Dio, l’apostolato intellettuale a servizio della Chiesa e dell’umanità nel laico Jacques Maritain, la guida illuminata ed illuminante di una grande diocesi italiana nel Principe di Santa Romana Chiesa, ardimentoso sostenitore e difensore della Sposa di Cristo, nel confronto rischioso ed a volta aspro con le potenti forze della modernità.

Collocando a parte questi due fattori di unità, dal resto fondamentali, tra queste due personalità, evidenti sono anche le differenze e, diciamo pure, anche un certo contrasto, di non sempre facile valutazione e discernimento, contrasto che ha suscitato moltissime discussioni e credo anche eccessive polemiche. L’uno e l’altro personaggio del resto non solo non sono mai stati oggetto di censure da parte della Chiesa, ma anzi hanno sempre goduto della stima e dell’approvazione dei Sommi Pontefici: il Maritain, notoriamente ammirato da Paolo VI, che gli consegnò, al termine del Concilio, il messaggio conciliare agli intellettuali; quanto a Giovanni Paolo II, il santo Pontefice nel 1982 scrisse una lettera di lode al filosofo francese indirizzata al prof.Lazzati in occasione di un congresso su Maritain organizzato dall’Università cattolica di Milano e nell’enciclica Fides et Ratio presenta il Maritain come maestro tra altri eminenti rappresentanti della cultura cristiana.

Quanto al card.Siri, sappiamo quanto seguito egli abbia avuto all’interno della Chiesa, tanto che, dopo la morte di Paolo VI, poco mancò che egli fosse eletto Papa, se egli, per la sua modestia, non avesse rinunciato alla proposta dei Cardinali.

Le differenze tra i due sono presto dette: si inquadrano in quella opposizione che, maturata nel cattolicesimo sin dall’epoca di S.Pio X tra conservatori e progressisti, venne in piena luce durante i lavori del Concilio Vaticano II, per continuare sino ad oggi in alterne vicende, che, se da una parte registrano un confronto reciprocamente rispettoso come è avvenuto tra Maritain e Siri, dall’altra purtroppo il confronto è degenerato nello scontro, che ha portato l’una e l’altra parte ad assumere atteggiamenti faziosi e scismatici per non dire eretici, uscendo dai legittimi confini di una sana dialettica tra posizioni reciprocamente complementari.

Mi riferisco ai partiti opposti dei lefevriani e dei modernisti, che ancor oggi creano serie difficoltà alla serena e costruttiva vita ecclesiale, un gravissimo problema che tutti i veri cattolici sperano che venga quanto prima risolto, perché si sta trascinando tra troppo tempo con serio danno per le anime e gravi intralci per la vera attuazione del Concilio.

Anche tra le due tendenze alle quali appartennero Maritain e Siri vi sono state reciproche incomprensioni, ma non certo come è avvenuto e sta avvenendo tra modernisti e lefevriani. Maritain vedeva nei tradizionalisti un’opposizione esagerata alla modernità, opposizione che aveva come conseguenza nella vita ecclesiale e nell’impegno temporale del cattolico un’eccessiva ritrosia riguardo alla collaborazione con forze politiche non-cattoliche.

Siri, dal canto suo, più attento del Maritain al valore della tradizione, vedeva non senza qualche ragione nel progressimo cattolico, e in particolare nel Maritain, un coinvolgimento eccessivo nel dialogo con la modernità, col rischio di sottolineare talmente l’autonomia del temporale, da farne quasi un polo per conto proprio separato dalla sfera superiore dei valori soprannaturali ed ultimi della vita del cristiano.

Il Cardinale esprime questa sua preoccupazione nel suo famoso libro Gethsemani del 1980, dedicato alla denuncia della tendenza modernista verificatasi dopo il Concilio, libro nel quale egli accompagna ad una giusta critica a Rahner e de Lubac, anche una critica al Maritain, dove viceversa a mio giudizio Siri non mostra di aver veramente compreso il filosofo francese accusandolo del suddetto dualismo, quando invece, per la mia lunga conoscenza del pensiero maritainiano, non avrei alcuna difficoltà a dimostrare (cosa impossibile nella brevità di questo articolo) che il Maritain, alla luce del pensiero tomista e degli insegnamenti sociali della Chiesa, sui quali si fondava, ci insegna proprio il modo per evitare quel nefasto dualismo e realizzare un “umanismo integrale”, nel quale l’impegno cattolico per il bene comune temporale è perfettamente ordinato al conseguimento delle finalità soprannaturali della vita cristiana.

Elemento che accomuna Maritain e Siri è l’aver capito ed apprezzato il vero senso del messaggio conciliare, il Maritain nella chiave di un sano progressimo rispettoso della tradizione, Siri dal punto di vista di un sano tradizionalismo aperto al progresso, ma affratellati entrambi nella comune cristallina fede cattolica e piena comunione con la Chiesa.

Il card.Siri, che passava presso alcuni per essere una reazionario contrario allo “spirito del Concilio”, diceva che “I documenti del Concilio dovrebbero esser letti in ginocchio”, mentre per il Maritain il messaggio conciliare era “il vero fuoco nuovo”. Mentre il Maritain che appariva ad alcuni come “modernista”, quegli stessi che accusavano ed accusano il Concilio di “modernismo”, era invece colui che ne Le Paysan de la Garonne fin dal 1966 ha previsto il risorgere del modernismo, falso interprete del concilio, e che ha sferrato un lucido attacco contro l’odierno modernismo, quale non si trova neanche tra i più agguerriti tradizionalisti.

Naturalmente è possibile riscontrare difetti nell’uno come nell’altro personaggio, ma che non intaccano la genuinità della loro fede cattolica e la generosità coraggiosa del loro servizio alla Chiesa, alla cultura ed alla società nel campo della giustizia e della pace.

Il dialogante Maritain ha scritto una critica rigorosa del comunismo. L’anticomunista Siri al termine della sua vita mostrò una sensibilità straordinaria per i problemi della classe operaia, sì da attirarsi la sua stima e riconoscenza. Vogliamo vedere entrambi questi campioni della fede ed esempi di virtù cristiana dal cielo intercedere per la pace della Chiesa oggi travagliata dalle divisioni ed alla ricerca della vera interpretazione ed attuazione del grande Concilio Vaticano II.


La legge sul Testamento biologico rischia di introdurre l'eutanasia - La legge è in calendario alla Camera a inizio febbraio. E' già stata approvata dal Senato. La legge si allarga fino a comprendere non solo i malati in stato di coma ma anche quelli terminali (ricordiamo che Eluana Englaro non era una malata terminale). Il fiduciario, poi, ha un ruolo sproporzionato che può portare se non all'eutanasia attiva, sicuramente a quella per omissione di cure di Benedetta Frigerio, 29 Gen 2011, da http://www.tempi.it

In un film del 1965, La decima vittima, il protagonista, un giovanissimo Marcello Mastroianni, è costretto a tenere nascosti i suoi genitori. Questo perché nella pellicola fantascientifica gli anziani vanno consegnati ai “centri raccolta per vecchi” gestiti dallo Stato. La storia, tra l'ironico e il grottesco, prospettava un futuro così. La donna che cerca di rapire i genitori davanti all'opposizione del protagonista gli chiede: «Ma che se ne fa dei suoi genitori? Perché non li consegna allo Stato?». Lui risponde che «in Italia li teniamo ancora nascosti». Lei si stupisce, trovando «incredibile un senso filiale tanto vivo». E chiede stranita all'attore se «ama davvero tanto i suoi genitori?».

Il film non sarà così lontano dalla realtà, se la legge in calendario alla Camera a inizio febbraio, e già approvata dal Senato sul Testamento biologico, dovesse passare. Inoltre, se già il vecchio ddl passato al Senato era poco realistico, nonostante la buona fede, ora con i nuovi emendamenti approvati la norma si fa grave. Innanzitutto, si è allargata la legge dai malati in stato di coma a tutti quelli terminali. Il fiduciario, poi, ha un ruolo sproporzionato che può portare se non all'eutanasia attiva, sicuramente a quella per omissione di cure.

Vediamo gli articoli più controversi. Innanzittutto, l'articolo 5 ai commi 6 e 7 prevede che «il tutore possa decidere per l'interdetto, il curatore per l'inabilitato, l'amministratore di sostegno per l'assistito, i genitori per i figli minori». Ciò significa che quello che è capitato ad Eluana potrà capitare a molti altri. Per i medici infatti è «vietato somministrare terapie» in mancanza di consenso, tanto che se manca si dovranno riferire ai giudici. I rappresentanti possono rifiutare anche terapie salvavita: l'articolo 2,3 dice che questi soggetti possono «rinunciare ad ogni o alcune forme di trattamento sanitario in quanto da essi (i tutori, ndr) ritenute di carattere straordinario».

Con i due articoli si potranno includere nella legge anche neonati, prematuri e persone incapaci di esprimersi, affidate a tutori che potranno disporre di loro a proprio piacimento. L'articolo 1,1 vieta invece al medico «trattamenti sanitari non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati». Sarebbe un giusto divieto d'accanimento se la legge riguardasse solo casi di morte imminente.

Ma il ddl si rivolge anche ai malati di tumore o a tutti i pazienti la cui vita probabilmente si spegnerà nel giro di qualche mese, giorno o anno. Più avanti, poi, si parla genericamente del divieto a «trattamenti sproporzionati rispetto agli obbiettivi». Che significa? Questa norma potrebbe aprire parecchi contenziosi. Ad esempio, un genitore come Beppino Englaro, che giudicasse sproporzionate certe cure, potrebbe denunciare i medici e anche gli ospedali, per «obiettivi» di spesa.

Il testo parla poi di una «compiuta e puntuale informazione medico-clinica». Ma come è possibile stabilirla prima di ammalarsi? E chi garantirà che chi firma abbia il senno sufficiente per farlo? Chi tutelerà, poi, i soggetti soli? Inoltre l'articolo 7,2 dice che «in caso di controversia tra il fiduciario ed il medico curante, la questione viene sottoposta alla valutazione di un collegio di medici... Tale collegio dovrà sentire il medico curante. Il parere espresso dal collegio medico è vincolante per il medico curante il quale non è comunque tenuto a porre in essere prestazioni contrarie alle sue convinzioni di carattere scientifico e deontologico». Questo nuovo comma fa sì che se anche la proposta di legge vieta di cagionare la morte al paziente, il medico potrà arrecarla attraverso l'omissione.

Allargando inoltre la normativa ai malati di cancro o a chi è incosciente si è dovuto aggiungere che alimentazione e idratazione sono obbligatorie, ma «a eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo». Si capisce quanto il giudizio in merito sia opinabile e come possa far comodo agli sponsor dell'eutanasia, e ai loro tribunali, che potrebbero interpretare la norma a proprio piacimento.

Perciò, facciamo nostre le parole di Medicina & Persona e di moltissime altre associazioni di medici che si stanno scagliando contro la norma: «Regolamentare la vita e la morte “patteggiandole” significa averne già accettata la relativizzazione... Certo fa specie che sia un Parlamento a dover dissertare di temi che esulano totalmente dalla sua competenza, come quando si discute di quale assistenza sia dovuta a un uomo malato, alla fine della sua vita. Chi cura e assiste i malati sa bene che solo la condizione clinica di ciascun paziente può determinare la scelta del medico che lo assiste. Dopo l’approvazione della norma di legge l’agire del medico sarà inevitabilmente condizionato da essa, da un foglio di carta o dal parere di “fiduciari”, presi a sicuri interpreti della volontà del malato. Il testo di legge attuale è inevitabilmente a rischio di legittimazione dell’abbandono terapeutico (cioè di eutanasia passiva) nei punti in cui prevede la loro sospensione in caso di assistenza a un “malato terminale”(oggi non c’è in letteratura una definizione univoca su chi è malato terminale, Eluana non lo era eppure è stata diagnosticata tale) e nei casi in cui il medico dissente dalle volontà anticipate del paziente, venendo così sostituito da una commissione di “esperti”. Accadrebbe per legge quello che si è verificato nei giorni scorsi a Firenze (Biotestamento, sì del Tribunale - Il Corriere della Sera 13/01/2011)...».