venerdì 21 gennaio 2011

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    L'Ue si ricorda dei cristiani di Mario Mauro - venerdì 21 gennaio 2011 – il sussidiario.net
2)    La prima università dell'Asia. Ovvio, cattolica di Massimo Introvigne 20-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
3)    L'università islamica di Al Azhar contro il Papa - 20-01-2011 - L’università islamica di Al-Azhar ha deciso di sospendere il dialogo con il Vaticano. La decisione, riferisce l’agenzia AsiaNews, è stata presa stamani al Cairo nel corso di una riunione straordinaria del Consiglio dei ricercatori di Al-Azhar. - Come ha spiegato il membro del Consiglio dei ricercatori dell'università islamica Abdel Muti al-Bayoumi all’agenzia Aki ,questa rottura è una «risposta alla posizione assunta da Papa Benedetto XVI nei confronti dell'Islam», da http://www.labussolaquotidiana.it
4)    IL PARLAMENTO EUROPEO PROMUOVE UNA RISOLUZIONE CONTRO LA VIOLENZA RELIGIOSA - Si chiede all'UE “una strategia per la libertà religiosa nel mondo”
5)    IL POLITICO CATTOLICO, LA LAICITÀ E IL CRISTIANESIMO - di mons. Giampaolo Crepaldi (Arcivescovo di Trieste, Presidente della Commissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) e Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale della Chiesa)
6)    20/01/2011 - INDIA - Orissa, la polizia arresta due giovani cristiani per difendere un ladro indù di Santosh Digal - Il giovane indù aveva rubato la catenina d’oro di uno dei ragazzi. Per difendersi ha accusato i due giovani di volerlo convertire. La polizia gli ha arrestati senza alcuna prova. Arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar: “l’episodio è un chiaro segno della persecuzione compiuta da polizia e indù contro i cristiani”.
7)    Io esorcista e il demonio nella Chiesa - Padre Gabriele Amorth insiste sul diavolo che alberga in Vaticano di MARCO ANSALDO da http://www.pontifex.roma.it/
8)    21 Gennaio Sant’Agnese di Emanuele da http://www.pontifex.roma.it
9)    E’ stato stampato il trattato di demonologia a cura di Don Stanzione e di Carlo Di Pietro di Alfonso Maraffa da http://www.pontifex.roma.it
10)                      Radio Vaticana, notizia del 20/01/2011 - Suora agostiniana uccisa in Congo: il ricordo del direttore di Cbm Italia
11)                      CULTURA - LETTURE/ Per John Henry Newman la ragione non è roba da "gentleman"... di Giuseppe Bonvegna - venerdì 21 gennaio 2011 – il sussidiario.net

L'Ue si ricorda dei cristiani di Mario Mauro - venerdì 21 gennaio 2011 – il sussidiario.net

Mercoledì scorso, per la prima volta dalla sua nomina, e dopo molteplici sollecitazioni da parte mia e del mio Gruppo politico, la Baronessa Ashton, Alto Rappresentante per la politica estera dell'UE, ha ammesso in aula che l'UE deve intervenire per proteggere i cristiani ed il cristianesimo nel mondo. "L'Unione europea non distoglierà lo sguardo". "Non dobbiamo cadere nella trappola che ci stanno tendendo estremisti e terroristi", ha aggiunto. "Dobbiamo resistere a coloro che vorrebbero fare della religione un motivo di divisione. La migliore risposta all'estremismo è creare un fronte internazionale unito che si appoggi su standard universali di libertà di credo e religione". Questo è un risultato che non deve passare inosservato perché indica che all'interno delle istituzioni europee le cose si stanno muovendo e che la nostra insistenza comincia a dare dei frutti.

Inoltre Il Parlamento europeo, approvando una risoluzione comune votata dalla vastissima maggioranza dell'Aula, rafforza la posizione dell’Alto Rappresentante riaffermando con forza che le minoranze cristiane nel mondo sono perseguitate e chiede soprattutto che l'UE si muova concretamente per proteggerle. L’aria è davvero cambiata. Con le iniziative degli ultimi mesi l’Unione europea e soprattutto il parlamento, sembra aver finalmente accantonato quell'imbarazzo che ha avuto fino ad oggi nel parlare esplicitamente dei cristiani e delle persecuzioni che subiscono in ogni parte del mondo.

Il Parlamento europeo non solo condanna esplicitamente gli attacchi ai cristiani avvenuti negli ultimi mesi in Egitto, Nigeria, Iraq ma condanna anche in modo chiaro il moltiplicarsi di episodi di intolleranza e repressione ai danni delle comunità cristiane in Africa, Asia e Medio Oriente come esprime preoccupazione per l'esodo che si sta verificando in diverse aree del mondo dove i cristiani sono forzati a lasciare il proprio paese perché oggetto di violenza.
Il testo di questa risoluzione rappresenta una novità per l'Unione europea non solo perchè riprende in modo chiaro tutte le problematiche legate alle sofferenze che i cristiani subiscono oggi nel mondo ma anche perché questo stesso testo è stato votato da una vasta maggioranza del Parlamento il giorno dopo le dichiarazioni nello stesso senso della Ashton. Per la prima volta viene chiesto che l'UE vincoli i propri accordi di cooperazione con i paesi terzi al rispetto da parte di questi paesi della libertà di religione garantendo le comunità religiose - come i cristiani - che sono menzionati in modo esplicito.

L'Alto Rappresentante per la politica estera viene incaricato con urgenza di elaborare una Strategia Europea sull'esercizio del diritto umano della libertà di religione. Il concetto è quello che sosteniamo da diverso tempo ossia quello di vincolare gli aiuti economici europei al rispetto di quei diritti umani di cui fa chiaramente parte la libertà di religione e che, se applicati concretamente, vedrebbero un salto di qualità nella condizione delle comunità cristiane nelle diverse aree calde del mondo. Il Servizio Europeo di Azione esterna deve, secondo il Parlamento europeo, essere investito di un monitoraggio permanente per quanto riguarda la situazione delle restrizioni governative e sociali alla libertà di religione e ai diritti ad essa correlati per poi riferire annualmente al Parlamento europeo stesso.
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La prima università dell'Asia. Ovvio, cattolica di Massimo Introvigne 20-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it

Il 20 gennaio 2011 la Santa Sede ha reso pubblica la lettera di Papa Benedetto XVI Quartum expletum saeculum, formalmente datata 28 dicembre 2010, indirizzata al cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, che è stato nominato Inviato Speciale del Papa alla celebrazione del IV centenario della fondazione della Pontificia Università Santo Tomas di Manila (Filippine), che avrà luogo il 28 gennaio 2011.

La lettera merita attenzione da due punti di vista. Anzitutto, invita a meditare sul ruolo dell’università cattolica come spazio dell’incontro fra fede e ragione. In un’università cattolica, spiega il Papa, s’insegnano molte materie ma tutte devono essere illuminate dalla Parola di Dio. Benedetto XVI invita qui alla lettura della sua esortazione apostolica postsinodale del 2010 Verbum Domini, che offre indicazioni molto precise sul punto.

L’università cattolica non è solo una versione più efficiente delle università statali. Il suo scopo ultimo, scrive il Papa, è preparare cristiani che lavorino «all’edificazione del Regno di Dio». Per questo è necessario che in questo tipo di università «la fede in Cristo occupi il primo posto». Benché si tratti di una verità che il mondo non vuole vedere, l’alunno dell’università cattolica deve uscirne convinto del primato anche epistemologico della fede. Benedetto XVI riporta nella lettera le parole molto forti del n. 157 del Catechismo della Chiesa Cattolica, di cui sottolinea l’importanza: «La fede è certa, più certa di ogni conoscenza umana, perché si fonda sulla Parola stessa di Dio, il quale non può mentire. Indubbiamente, le verità rivelate possono sembrare oscure alla ragione e all'esperienza umana, ma “la certezza data dalla luce divina è più grande di quella offerta dalla luce della ragione naturale” (San Tommaso d'Aquino [1225-1274], Summa teologiae, II-II, 171, 5, ad 3)». Ed è interessante notare che il passaggio del "Catechismo" continua con una citazione del cardinale John Henry Newman (1801-1890), proclamato beato nel 2010: «Diecimila difficoltà non fanno un solo dubbio».

In secondo luogo, la lettera Quartum expletum saeculum è interessante perché attira l’attenzione di tutta la Chiesa su un’istituzione forse non molto conosciuta in Europa ma che ha una grande importanza storica. L’Università Santo Tomas è stata la prima università a essere fondata sul continente asiatico. Le sue origini risalgono infatti al prelato domenicano spagnolo Miguel de Benavides (ca. 1552-1605), terzo arcivescovo di Manila e grande studioso della lingua e della cultura cinesi. Benavides morì senza vedere coronato il suo sogno di aprire un’università nelle Filippine, ma lasciò in eredità il suo notevole patrimonio personale perché il progetto continuasse. Sei anni dopo la morte dell’arcivescovo l’ateneo fu finalmente fondato il 28 aprile 1611, quattro secoli fa.

L’Università Santo Tomas vanta anche altri primati. Il suo campus centrale ne fa una delle maggiori, se non la maggiore università cattolica del mondo per numero di studenti (oltre quarantamila) concentrati in un unico sistema di edifici attigui. È l’unica università fuori dall’Italia a essere stata visitata tre volte da Pontefici: dal servo di Dio Paolo VI (1897-1978) nel 1970 e dal venerabile Giovanni Paolo II (1920-2005) prima nel 1981 e poi nel 1995. È stata frequentata da nove santi e sei beati, tutti morti martiri: cinque in Giappone, quattro in Vietnam e sei in Spagna durante la Guerra civile.

Questi primati sono importanti e mostrano come dovunque sia arrivata la Chiesa ci si sia subito preoccupati di fondare e fare fiorire grandi istituzioni culturali, a vantaggio delle popolazioni locali. L’Università Santo Tomas conserva anche l’impronta spagnola della fondazione, e basterebbe da sola a testimoniare la fecondità di quella «Magna Spagna» cattolica, dal Cile alle Filippine, di cui La Bussola Quotidiana si è occupata a proposito di una mostra di pittura in corso al Museo del Prado e al Palazzo Reale di Madrid.

Non è però un mistero per nessuno come anche nelle Filippine si siano manifestati recentemente venti di contestazione teologica al Magistero del Papa. Per questo Benedetto XVI nella sua lettera ripete più volte che l’Università Santo Tomas «deve continuare» a essere quello che è sempre stata: parte di un magnifico patrimonio di cultura e di civiltà, che davvero non va disperso.


L'università islamica di Al Azhar contro il Papa - 20-01-2011 - L’università islamica di Al-Azhar ha deciso di sospendere il dialogo con il Vaticano. La decisione, riferisce l’agenzia AsiaNews, è stata presa stamani al Cairo nel corso di una riunione straordinaria del Consiglio dei ricercatori di Al-Azhar. - Come ha spiegato il membro del Consiglio dei ricercatori dell'università islamica Abdel Muti al-Bayoumi all’agenzia Aki ,questa rottura è una «risposta alla posizione assunta da Papa Benedetto XVI nei confronti dell'Islam», da http://www.labussolaquotidiana.it

A questo proposito, al-Bayoumi ha ricordato la controversa lezione che il papa ha tenuto a Regensburg nel 2006. L’esponente di Al-Azhar ha poi aggiunto che ad influire su questa decisione «È stata anche la recente inaccettabile intromissione (del Pontefice, ndr), che ha chiesto la protezione dei cristiani copti», dopo la strage di Alessandria. Il teologo islamico ha quindi chiesto a papa Benedetto XVI di «riprendere i rapporti con l’Islam seguendo la linea del suo predecessore, papa Giovanni Paolo II». «Spero che assuma la sua stessa posizione - ha detto - perché lui era molto interessato alle nostre attività e la commissione tra al-Azhar e il Vaticano all’epoca era molto attiva». Ai religiosi egiziani non è piaciuta in modo particolare «l’intromissione negli affari dell’Egitto e il fatto di aver descritto l’Islam in modo sbagliato. Per queste due questioni attendiamo ancora le scuse».

Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha risposto ad AsiaNews: «Il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso sta raccogliendo gli elementi necessari a valutare la situazione, dal momento che non aveva ricevuto nessuna comunicazione previa da parte dell’università di Al Azhar in riferimento al problema». Padre Lombardi ha precisato inoltre che «La posizione del Pontificio Consiglio del dialogo interreligioso, e della Santa Sede, rimane anche adesso quella di sempre; e cioè di un atteggiamento di apertura e di disponibilità al dialogo». 

La posizione di Al Azhar segue di pochi giorni la critica del governo egiziano al Vaticano. Solo perché al corpo diplomatico Benedetto XVI ha ricordato la tragedia dell’attentato alla chiesa di Alessandria, l’Egitto ha richiamato il suo ambasciatore, esigendo che il Vaticano non si intrometta negli affari interni del Paese.

Critiche a Benedetto XVI sono venute dall’imam di Al Azhar lo scorso 1° gennaio. Secondo Ahmed al-Tayyeb, il pontefice nella sua omelia di Capodanno, avrebbe chiesto solo la difesa dei cristiani, senza mai preoccuparsi dei musulmani in Iraq. 

Anche i leader arabi, radunati ieri a Sharm el-Sheikh, condannando come «terroristici» gli attacchi ai cristiani in Egitto e Iraq, si sono premuniti a respingere «le interferenze straniere sulla questione dei diritti delle minoranze».


IL PARLAMENTO EUROPEO PROMUOVE UNA RISOLUZIONE CONTRO LA VIOLENZA RELIGIOSA - Si chiede all'UE “una strategia per la libertà religiosa nel mondo”

ROMA, giovedì, 20 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Dopo i recenti attacchi contro i cristiani in Medio Oriente, soprattutto in Iraq e in Egitto, i deputati europei hanno dato il via libera, questo giovedì, a una risoluzione che condanna le violenze di matrice religiosa, chiedendo all'Alto Rappresentante dell'Unione Europea (UE) per gli Affari Esteri, Catherine Asthon, di agire urgentemente.

La risoluzione, rende noto la stessa UE, condanna gli attacchi in Egitto, Nigeria, Filippine, Cipro, Iran e Iraq, e chiede al Consiglio degli Affari Esteri, che si riunirà il 31 gennaio, di mettere il tema all'ordine del giorno.

Fra gli episodi menzionati nel testo, approvato dal Parlamento a larga maggioranza, figura anche l'interruzione con la forza, da parte delle autorità turche, di una Messa di rito cristiano celebrata il giorno di Natale da 300 fedeli che vivono nella zona nord dell'isola di Cipro.

Nella risoluzione, i deputati europei denunciano “la strumentalizzazione della religione in conflitti di natura politica” e chiedono una strategia dell'Unione Europea per rafforzare il diritto umano alla libertà religiosa.

Tale strategia, affermano, dovrebbe prevedere “una lista di misure che possono essere prese contro quei Paesi che non garantiscono protezione alle comunità religiose”.

Fronte comune

Questo mercoledì, Catherine Ashton ha promesso che “l'Unione Europea non distoglierà lo sguardo” dal problema, condannando i recenti attacchi contro i cristiani e l'assassinio, in Pakistan, del Governatore del Punjab.

“Non dobbiamo cadere nella trappola che ci stanno tendendo estremisti e terroristi”, ha dichiarato, sottolineando la necessità di “resistere a coloro che vorrebbero fare della religione un motivo di divisione”.

“La migliore risposta all'estremismo è creare un fronte internazionale unito che si appoggi su standard universali di libertà di credo e religione”, ha aggiunto.

Per il Partito Popolare Europeo, è intervenuto nel dibattito Mario Mauro, capogruppo del PdL e promotore della risoluzione.

“Cristianesimo e occidente, per i gruppi fondamentalisti che stanno dilaniando le comunità cristiane di mezzo mondo, rappresentano il nemico da distruggere”, ha dichiarato.

Per questo motivo, Mauro ha chiesto alla Ashton che l'UE si doti di “una strategia per la libertà religiosa nel mondo”.

Evocando Betlemme, culla del cristianesimo, il popolare Elmar Brok ha avvertito dal canto suo che “una tradizione che dura da 2.000 anni potrebbe finire”, e ha esortato l'UE a pronunciarsi con durezza contro gli attacchi, non trascurando un pensiero per i cristiani della Cina, spesso perseguitati a causa della propria fede.

Secondo il deputato tedesco, “il 75% delle violenze religiose nel mondo avviene a danno dei cristiani”.

Tra gli altri deputati intervenuti al dibattito, il socialdemocratico Johannes Swoboda ha condannato gli attacchi, ma ha anche messo in guardia contro una certa “islamofobia” che può diffondersi in Europa, mentre la verde Nicole Kiil-Nielsen ha commentato che “l'Europa non deve permettere agli estremisti di dettare l'agenda e non deve dare una falsa impressione dei musulmani in generale”.

Dopo il dibattito in aula, i deputati italiani hanno organizzato una fiaccolata di solidarietà con i cristiani vittime di violenze, iniziativa bipartisan a cui ha preso parte anche il presidente del Parlamento, Jerzy Buzek.

Audizione al Consiglio d'Europa

Il Centro Europeo per il Diritto e la Giustizia (European Centre for Law and Justice, ECLJ) ha lodato la risoluzione, annunciando un'audizione durante la prossima sessione dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, il 25 gennaio, sul tema “Persecuzione dei cristiani orientali, quale risposta dall'Europa?”.

Parteciperanno all'audizione, tra gli altri, Antoine Audo, Vescovo caldeo di Aleppo (Siria), padre Emanuel Youkhanna, amministratore apostolico della Chiesa Assira d'Oriente, e Grégor Puppinck, direttore dell'ECLJ.

Massimo Introvigne, rappresentante OSCE per combattere l'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani, presenterà il crescente fenomeno anticristiano e modi concreti di azione per promuovere la tolleranza e i diritti delle comunità cristiane.

“Oggi più che mai è necessario che gli Stati Europei si impegnino ad assistere i cristiani”, sottolinea un comunicato dell'ECLJ. “Gli Stati europei dovrebbero condannare con forza questa terribile violenza e intraprendere azioni necessarie per esercitare pressioni sui Paesi affinché difendano le loro minoranze religiose”.

“Le minoranze cristiane subiscono la maggior parte dei brutali attacchi e delle altre forme di discriminazione sociale”, ha dichiarato Grégor Puppinck.

“Se il cristianesimo verrà cancellato dalla regione mediorientale, non solo quelle società soffriranno per la mancanza di diversità e carità, ma l'intolleranza nei confronti di ogni religione minoriaria diventerà inoppugnabile”, ha aggiunto il direttore dell'ECLJ.


IL POLITICO CATTOLICO, LA LAICITÀ E IL CRISTIANESIMO - di mons. Giampaolo Crepaldi (Arcivescovo di Trieste, Presidente della Commissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) e Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale della Chiesa)

ROMA, giovedì, 20 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Per il politico cattolico la laicità è un valore acquisito e da difendere. Essa significa che la sfera politica è indipendente da quella ecclesiastica e che politica e religione sono ambiti distinti. Il cristianesimo ha contribuito molto a fondare l’autentica laicità. Infatti il cristianesimo non è una religione fondamentalista. Il testo sacro cui esso si ispira non va letto alla lettera, ma interpretato; l’autorità universale del papa libera i cristiani dalle eccessive sudditanze politiche nazionali; la costruzione del mondo è stata affidata da Dio alla libera e responsabile partecipazione dell’uomo. Ciò però non significa che la società e la politica siano totalmente altro dalla religione cristiana, che non abbiano con essa niente a che fare. La società ha bisogno della religione in quanto tale e possiamo anche dire che la società ha bisogno in modo particolare della religione cristiana se vuole mantenersi su livelli di sana laicità. Il cristianesimo l’aiuta a questo, dato che non le impedisce di essere legittimamente autonoma e nello stesso tempo la sostiene e la illumina con il proprio messaggio religioso. Potremmo anzi dire che il cristianesimo la spinge maggiormente ad essere se stessa in quanto mette in luce la sua piena vocazione e le chiede di esprimere al massimo le sue capacità, senza chiudersi in se stessa. La società che si chiude alla religione e al cristianesimo di fatto si chiude in se stessa e non permette alle persone e alle relazioni sociali di respirare adeguatamente, soffocando le loro possibilità dentro una presunta autosufficienza. Il cristianesimo non teme confronti con altre religioni su questo punto: in Dio che si è fatto uomo c’è la massima valorizzazione della dimensione umana, familiare, sociale e nello stesso tempo la sua più alta illuminazione da parte di Dio. Quando la ragione politica teme il cristianesimo lo fa perché ha già deciso di scegliere per la propria autosufficienza e così facendo si chiude ad un messaggio che invece la valorizzerebbe.
Oggi si tende a considerare la laicità come neutralità dello spazio pubblico dagli assoluti religiosi. Uno spazio in cui gli assoluti religiosi non dovrebbero intervenire per due motivi: prima di tutto perché in democrazia non ci sarebbe posto per niente di assoluto; secondariamente perché gli assoluti religiosi sarebbero irrazionali, mentre la pubblica piazza dovrebbe alimentarsi dalla discussione razionale. Succede così che la pubblica piazza rimanga nuda e che nella sua nudità si crei lo spazio per nuovi assoluti nemici dell’uomo, per nuovi dèi. Ma esaminiamo prima di tutto i due principi ora visti: la democrazia è incompatibile con principi assoluti? La religione è irrazionale? Non è vero che la democrazia presupponga il relativismo morale e religioso come non è vero che dei principi assoluti sarebbero per forza violenti e oppressivi. Si potrebbe invece dire proprio il contrario. La mancanza di riferimenti assoluti genera una lotta di tutti contro tutti ove ha ragione chi ha più forza. Anche la democrazia rischia di ridursi alla forza della maggioranza. Per questo essa ha bisogno che i cittadini credano in principi assoluti, come per esempio la dignità di ogni persona umana, la libertà, la giustizia e così via. Viceversa la democrazia diventa solo procedura, ma le procedure si possono facilmente cambiare se non sono riempite dalla sostanza.
La sostanza della democrazia non è la procedura, ma la dignità della persona che è da considerarsi un valore assoluto. E come considerarlo un valore assoluto se non fondandolo su Dio? Come aveva ben visto Tocqueville a proposito della giovane democrazia americana, la religione è strettamente connessa con la libertà, e la libertà può venire meno anche nei regimi democratici. Passiamo al secondo punto: la religione è irrazionale? Non c’è dubbio che possano esserci forme di religione irrazionali, totalmente o parzialmente. Il cristianesimo però non lo è. Ci sono le religioni del mito, che intendono il divino come un insieme di forze oscure e indecifrabili, arbitrarie e bizzarre e che la religione cerca di farsi amiche. C’è però anche la religione del Logos, come quella ebraico-cristiana, che crede in un Dio che è Verità e Amore.
Questa religione è ragionevole, non contraddice nessuna verità razionale ma piuttosto ad essa si collega in modo complementare e non chiede all’uomo di rinunciare a nulla di quanto lo fa veramente uomo per diventare cristiano. Non è quindi accettabile l’idea che la religione, ogni religione sia, in quanto tale, irrazionale. di certo ciò non vale per il cristianesimo. Nonostante ciò, molti intendono la laicità come neutralità, come espulsione dallo spazio pubblico della religione. L’idea di togliere la festività del Natale, di impedire di esporre simboli religiosi negli spazi pubblici, di fare i missionari ossia di presentare ad altri la propria fede perché sarebbe un attentato alla libertà di religione e così via sono alcune espressioni di questa idea della laicità come spazio neutro, cara soprattutto al modello francese. In questi casi, però, non si dimostra per nulla di essere neutri.
Un muro senza il crocefisso non è neutro, è un muro senza il crocefisso. Una pubblica piazza senza Dio non è neutra, è senza Dio. Lo Stato che impedisce ad ogni religione di manifestarsi in pubblico, magari con la scusa di difendere la libertà di religione, non è neutro in quanto esprime una posizione di parte, quella del laicismo o dell’ateismo e si prende la responsabilità di relegare la religione nell’ambito privato. In molti casi nasce oggi una nuova religione di Stato, la religione dell’antireligione. Tra presenza e assenza di Dio nello spazio pubblico non ci sono vie di mezzo, non si dà una posizione neutra. Eliminare Dio dallo spazio pubblico vuol dire costruire un mondo senza Dio. Qualcuno distingue tra laicità debole e laicità forte. La prima si limiterebbe ad ammettere nello spazio pubblico tutte le posizioni, compresa quella non religiosa; la seconda ammetterebbe anche forme di opposizione alla religione. Ma questa distinzione non convince, in quanto un mondo senza Dio è già un mondo contro Dio. Escludere Dio, anche senza combatterlo, significa già costruire un mondo senza alcun riferimento a Lui. Per questi motivi il politico cattolico non accetterà di collaborare ad una laicità intesa come neutralità, perché vi vedrà all’opera una nuova ragion di Stato che, danneggiando la religione, danneggia anche se stessa. Il politico cattolico vi si opporrà, quindi, sia per ragioni religiose, dalle quali non può mai separarsi, sia per ragioni politiche, ossia per impedire che nasca una nuova religione di Stato lesiva della libertà delle persone.


20/01/2011 - INDIA - Orissa, la polizia arresta due giovani cristiani per difendere un ladro indù di Santosh Digal - Il giovane indù aveva rubato la catenina d’oro di uno dei ragazzi. Per difendersi ha accusato i due giovani di volerlo convertire. La polizia gli ha arrestati senza alcuna prova. Arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar: “l’episodio è un chiaro segno della persecuzione compiuta da polizia e indù contro i cristiani”.


G.Udayagiri (AsiaNews) – La polizia dell’Orissa ha arrestato due giovani cristiani, Bijres Digal e Joseph Digal. Essi stavano discutendo con coetaneo indù, Phiroj Behera,  che aveva rubato loro una medaglietta d’oro con inciso un crocifisso. I due ragazzi, uno cattolico e l’altro protestante, sono al momento liberi su cauzione.

Il fatto è avvenuto lo scorso 10 gennaio nel villaggio di Bodimunda (Kandhamal) epicentro dei pogrom anticristiani del 2008, e ha suscitato le proteste di cattolici e protestanti, che denunciano continue discriminazioni da parte delle forze dell’ordine. Mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, critica l’arresto dei due giovani e  sottolinea ad AsiaNews, che l’episodio è un chiaro segno della persecuzione compiuta da polizia e indù contro i cristiani.

Per difendersi dall’accusa di furto e aggressione, il giovane indù ha infatti attirato l’attenzione di alcuni estremisti del villaggio e della polizia, gridando che i due ragazzi volevano convertirlo al cristianesimo. Le autorità hanno arrestato Bijres e Joseph,  senza alcuna prova e denuncia formale, fidandosi solo della parole del giovane Phiroj. Solo il giorno dopo gli indù del villaggio hanno depositato le accuse alla polizia.

Alcuni estremisti pretendono dai due giovani il pagamento di una multa di 90 euro, per aver tentato di convertire il ragazzo. Secondo un’usanza locale, ai cristiani non è permesso parlare o avere relazioni con gli indù.  

Pradiman Digal, leader cattolico del villaggio di Bodimunda, afferma: "Siamo consapevoli che la polizia è prevenuta nei confronti dei cristiani e compie continue e inutili discriminazioni”.

Secondo fratel Marcus,  missionario monfortano, la polizia non difende mai i cristiani e l’amministrazione del distretto di Kandhamal è insensibile alle problematiche delle minoranze. “Le forze dell’ordine – afferma- si sono ormai schierate dalla parte degli indù e sono contro di noi”. Il religioso aggiunge che una delegazione di cristiani incontrerà nei prossimi giorni le autorità località per discutere il caso di Bikres e Joseph.


Io esorcista e il demonio nella Chiesa - Padre Gabriele Amorth insiste sul diavolo che alberga in Vaticano di MARCO ANSALDO da http://www.pontifex.roma.it/

Beelzebul, Zago, Astarot, Asmodeo, Jordan. Quanti sono i nomi e le trasformazioni del Maligno? La stanza del mistero è spoglia. L’atmosfera fredda. Però padre Gabriele Amorth, l’Esorcista con la “e” maiuscola, settantamila casi affrontati in nemmeno 25 anni, sorride serafico. Lui è abituato a porte che sbattono, sedie che si rovesciano, occhi che roteano, bestemmie che volano. Ma parlare di demonio nella casa del Papa mette i brividi lo stesso. Anche se l’Esorcista non si tira indietro di fronte all’Avversario. E il Santo Padre? «Oh, Sua Santità crede in pieno nella pratica della liberazione dal Male. Perché il diavolo alberga in Vaticano. Ho confidenze di persone che lo confermano. Naturalmente è difficile trovare le prove. E, comunque, se ne vedono le conseguenze. Cardinali che non credono in Gesù, Vescovi collegati con il demonio. Quando si parla di “fumo di Satana” nelle Sacre stanze è tutto vero. Anche queste ultime storie di violenze e di pedofilia. Anche la vicenda di quella povera guardia svizzera, Cedric Tornay, trovata morta con il suo comandante, Alois Estermann, e la moglie. Hanno coperto tutto. Subito. Lì si vede il marcio». Tutti lo conoscono come l’Esorcista. Molti ne chiedono l’assistenza. Perché Gabriele Amorth, sacerdote paolino nato a Modena, laureato in Giurisprudenza, ex partigiano, medaglia al valor militare, democristiano di scuola dossettiana ed ex direttore del giornale mariano Madre di Dio, è il più famoso liberatore del demonio al mondo. Ma a 85 anni settantamila casi si fanno sentire.

E don Amorth è appena convalescente. «Da un improvviso crollo», dice lui. «Un qualcosa di inspiegabile», rivela confidenzialmente l’amico don Francesco che a 90 anni, don Gabriele considera come «il bastone della mia vecchiaia». Sebbene sia in pigiama, attorniato dalle medicine sul tavolo, da immagini della Madonna, da una copia di Avvenire che accenna al suo nuovo libro da poco in libreria (“Memorie di un esorcista”, intervista di Marco Tosatti, edito da Piemme), lo sfidante di Satana mostra un piglio energico. Osserva la propria foto in copertina ed esclama: «Che faccia da bulldozer. Invece, quando sono tranquillo, i tratti del mio volto si distendono e divento un altro. Forza, parliamo, che di là ho dei casi che mi aspettano».

Padre Amorth, com’è il diavolo?

«È puro spirito, invisibile. Ma si manifesta con bestemmie e dolori nelle persone di cui si impossessa. Può restare nascosto. O parlare lingue diverse. Trasformarsi. Oppure fare il simpatico. A volte mi prende in giro. Io però sono un uomo felice del mio lavoro, una nomina inaspettata giunta 25 anni fa dal cardinale Poletti. E né gli indemoniati, che a volte sei o sette dei miei assistenti devono tener fermi, né i chiodi o i vetri che escono dalla bocca dei posseduti, e conservo in questo sacchetto, mi spaventano. So che è il Signore a servirsi di me». Il Maligno può manifestarsi con violenza.

Nella stanza prescelta –padre Amorth ha girato 23 sedi diverse, cacciato ovunque perché i confratelli erano stufi di sentire urla fino a tarda sera, finché non ha trovato stabile dimora nel quartier generale delle edizioni San Paolo– c’è un lettino con le corde per legare l’indemoniato. E una poltrona per le persone che non urlano, e stanno tranquillamente sedute durante le preghiere di esorcismo.

«Dalla bocca può uscire di tutto –racconta– pezzi di ferro lunghi come un dito, ma anche petali di rosa. Certi posseduti hanno una forza tale che nemmeno sei uomini riescono a trattenerli. Così vengono legati. Mi aiutano i miei assistenti laici, che pregano con me. Quando gli ossessi sbavano, e allora bisogna pulire, lo faccio anch’io. Vedere la gente vomitare non mi dà nessun fastidio».

Sulla pratica dell’esorcismo, dentro la Chiesa, esistono opinioni diverse. Diffidenze. Resistenze. Dubbi.

«Ma il Papa ci crede –ribadisce padre Amorth– tanto è vero che in un discorso pubblico ha incoraggiato e lodato il nostro lavoro. Gli ho scritto, e mi ha promesso che chiederà alla Congregazione per il Culto divino un documento per raccomandare che i Vescovi abbiano almeno un esorcista in ogni diocesi, come minimo. [per il momento il documento è rimasto una promessa e le diocesi non hanno tutte almeno un esorcista. In compenso, si dà priorità all'ecologismo e si affidano le anime all'ONU... n.d.r.] Ho avuto modo di parlargli più volte anche quando era prefetto alla Congregazione per la Dottrina della fede, ci ricevette proprio come Associazione degli esorcisti. E non scordiamo che, sia del diavolo sia delle pratiche per allontanarlo, parlò moltissimo lo stesso Wojtyla». [sebbene gli esiti non furono e non sono così incoraggianti...n.d.r.]

Alcuni, addirittura, ricordano ancora la dichiarazione fatta nel 1972 da Papa Montini, quando Paolo VI parlò del “fumo di Satana”, cioè delle sètte sataniche, entrato nelle Sacre stanze. Una frase che creò un caso, seguito da un nuovo discorso papale tutto incentrato sul demonio. [che, come padre Amorth ammise nella scorsa intervista, non portò comunque effetti...n.d.r.]

Ma il Maligno può colpire anche il Pontefice?

«Ci ha già provato. Lo fece nel 1981, con l’attentato a Giovanni Paolo II, lavorando su coloro che armarono la mano di Ali Agca.

E anche adesso, la notte di Natale, con quell’ultima matta che ha buttato per terra Benedetto XVI. In fondo, è quel che accadde a Gesù attraverso Giuda, Ponzio Pilato, il Sinedrio». Don Amorth si fa serio. [a nostro giudizio, pare evadere la domanda sul Maligno che può colpire anche il Pontefice, n.d.r.] Riflette in silenzio per qualche secondo, alza la testa e dice gravemente: «Altroché. Altroché se il demonio alberga nella Santa Sede. C’è un volume, “Via col vento in Vaticano” (Kaos edizioni, ndr), che parla appunto delle lotte di potere in Curia e del “fumo di Satana”. Bene, il 99 per cento di quel che è scritto lì è vero.

I Vescovi non parlano per timore di critiche di altri Vescovi.

E sì che su questo tema le Sacre scritture sono le più salate, perché i comandi di Gesù appaiono molto chiari: “Andate, predicate il Vangelo, cacciate i demoni”. Secondo me, quando un Vescovo non nomina l’esorcista commette un peccato mortale».

Tante le figure di santi che, senza esserne investiti, erano noti come liberatori dal demonio. San Benedetto, che era un monaco. Santa Caterina da Siena, di cui si narrano effetti portentosi. Padre Pio, che secondo i fedeli liberava dall’influenza del maligno. Pure Don Bosco occasionalmente si prestava. «Io lavoro sette giorni su sette, Natale e Pasqua compresi – dice don Gabriele – e non posso materialmente correre ovunque mi chiamano.

Perciò spiego a tutti che anche i laici possono operare esorcismi con successo. È scritto in Marco, XVI, 17: “Coloro che credono in me cacceranno i demoni”. Ci sono formule ufficiali. Si può dire: “Satana, vattene”. Ma c’è anche molta libertà, con preghiere semplici: il Padre Nostro –che contiene già in sé un esorcismo: “e liberaci dal Male”– con l’Ave Maria, il Salve Regina, il Credo. Poi raccomando le orazioni quotidiane, la messa, il rosario, la confessione, la comunione, il digiuno».

Un tema, quello della figura antitetica al Messia, che per altri aspetti muove fior di scienziati. L’altro ieri a Roma, nei locali della Sapienza prima e in quelli dell’Università Roma Tre più tardi, si è svolto un convegno dal titolo “L’ultimo nemico di Dio”. Cioè l’Anticristo, il personaggio che incarna l’avversario della divinità, presente nell’immaginario giudaico e cristiano relativo agli ultimi tempi del mondo. Approccio scientifico, impronta storica, studiosi di calibro internazionale: Enrico Norelli, Jean-Daniel Kaestli, Marco Rizzi, Gian Luca Potestà, Alberto D’Anna. «Il ruolo della figura dell’Anticristo –spiegava al pubblico la docente Emanuela Valeriani, una dei coordinatori dell’evento– a prescindere dalle diverse posizioni assunte dagli studiosi, è senza dubbio un tassello tematico fondamentale all’interno del grande mosaico degli studi relativi all’identità cristiana.

L’attenzione alla strana e, diciamo pure, spettacolare fisionomia dell’Anticristo è un tema ben rappresentato nelle apocalissi cristiane di epoca più tarda, contribuendo all’elaborazione anche leggendaria di questa figura escatologica. La prima testimonianza si trova in un’opera del III secolo, “Il Testamento siriaco del nostro Signore Gesù Cristo”.

Ma se, in linea generale, il terribile aspetto dell’Anticristo si può ricondurre alla tradizione precedente al cristianesimo, che identifica l’avversario escatologico con esseri mostruosi, nel caso specifico del nostro testo, esso assume una rilevanza teologica derivante dal confronto con la visione di Dio.

Se prendiamo la sezione degli “Acta Iohannis”, un testo scritto probabilmente nel secondo secolo, vediamo che lì si afferma che Gesù può essere visto sotto diverse forme (bambino, giovane adulto, vecchio) e apparire contemporaneamente anche a più testimoni». Nella sua stanza al terzo piano della sede paolina, padre Amorth si prepara ad affrontare il Nemico nell’ennesimo caso difficile.

Ma il diavolo chi sceglie di colpire? «Non lo sappiamo –risponde– eppure al 90 per cento le vessazioni diaboliche sono conseguenze di malefici, cioè sono causate da persone che per vendetta o per rabbia si rivolgono a maghi e occultisti legati a Satana i quali, pagati profumatamente, si attivano per far intervenire il maligno.

È dunque la cattiveria degli uomini a chiamare il Male. [Fonte email Arrigo Muscio]


21 Gennaio Sant’Agnese di Emanuele da http://www.pontifex.roma.it

Oggi il calendario liturgico fa memoria della Santa vergine e martire Agnese, la sua presenza è attestata nel Canone romano. Non si sa praticamente nulla della famiglia di appartenenza della popolare Santa romana, si presuppone, però che il nome Agnese, dal greco “pura” o “casta”, sia stato usato come soprannome per spiegare le sue qualità. Visse in un periodo in cui era lecito professare la fede cristiana, fino all’inizio della persecuzione dioclezianea, nel 304. Morì il 21 Gennaio di quell’anno, probabilmente o in uno di quegli anni immediatamente successivi; i cristiani uccisi sotto gli editti di Diocleziano furono così tanti da essere soprannominata, quella, l’era dei martiri. Notizie di Sant’Agnese si trovano sul “depositio martyrum” nel 336, nel martirologio cartaginese del VI secolo e nel “verginibus” del 377 oltre che nell’ode 14 del “peristefhanon” del poeta spagnolo Prudenzio e in un carme del Papa San Damaso. Dall’insieme di questi dati si evince che Agnese, fu messa a morte a causa della sua fede e il suo innato pudore all’età di 13 anni. Per decapitazione secondo Ambrogio e a causa del fuoco secondo Papa Damaso. Il martirio di Sant’Agnese è correlato al suo proposito di verginità, il giudice romano obbligò l’esposizione della ragazza nel pubblico postribolo, da cui uscì incontaminata. Il suo corpo venne inumato in un cimitero cristiano sulla via Nomentana.

Costantina, figlia dell’imperatore Costantino, fece edificare una basilica in onore della Santa per ringraziarla di una sua guarigione e una volta morta volle essere sepolta vicino alla Santa. Accanto alla Basilica sorse uno dei primi monasteri femminili romani. Il cranio della Santa fu posto dal IX secolo nella cappella papale del Laterano, per essere poi traslato da Leone XIII nella Chiesa di Sant’Agnese in Agone, che sorge sul postribolo in cui fu segregata la Santa. Il resto del corpo, invece è conservato in un’urna d’argento commissionata da Paolo V ed è posto nella Chiesa di Sant’Agnese fuori le mura. Nel “de virginibus” S. Ambrogio parla così di Agnese: “Quest'oggi è il natale di una vergine, imitiamone la purezza.

E’ il natale di una martire, immoliamo delle vittime. E’ il natale di Sant’Agnese, ammirino gli uomini, non disperino i piccoli, stupiscano le maritate, l'imitino le nubili... La sua consacrazione è superiore all’età, la sua virtù superiore alla natura: così che il suo nome mi sembra non esserle venuto da scelta umana, ma essere predizione del martirio, un annunzio di ciò ch'ella doveva essere. Il nome stesso di questa vergine indica purezza. La chiamerò martire: ho detto abbastanza... Si narra che avesse tredici anni allorché soffrì il martirio.

La crudeltà fu tanto più detestabile in quanto che non si risparmiò neppure sì tenera età; o piuttosto fu grande la potenza della fede, che trova testimonianza anche in siffatta età. C’era forse posto a ferita in quel corpicciolo? Ma ella che non aveva dove ricevere il ferro, ebbe di che vincere il ferro. […] Eccola intrepida fra le mani sanguinarie dei carnefici, eccola immobile fra gli strappi violenti di catene stridenti, eccola offrire tutto il suo corpo alla spada del furibondo soldato, ancora ignara di ciò che sia morire, ma pronta, s’è trascinata contro voglia agli altari idolatri, a tendere, tra le fiamme, le mani a Cristo, e a formare sullo stesso rogo sacrilego il segno che è il trofeo del vittorioso Signore... Non così sollecita va a nozze una sposa, come questa vergine lieta della sua sorte, affrettò il passo al luogo del supplizio. Mentre tutti piangevano, lei sola non piangeva. Molti si meravigliavano che con tanta facilità donasse prodiga, come se già fosse morta, una vita che non aveva ancora gustata.

Erano tutti stupiti che già rendesse testimonianza alla divinità lei che per l'età non poteva ancora disporre di sé... Quante domande la sollecitarono per sposa! Ma ella diceva: "È fare ingiuria allo sposo desiderare di piacere ad altri. Mi avrà chi per primo mi ha scelta: perché tardi, o carnefice? Perisca questo corpo che può essere bramato da occhi che non voglio". Si presentò, pregò, piegò la testa... Ecco pertanto in una sola vittima un doppio martirio, di purezza e di religione.

Ed ella rimase vergine e ottenne il martirio”. (tratto da De Virginibus, 1. 1) Il culto alla Santa ci ha portato anche ad una bellissima orazione: O ammirabile Sant'Agnese, quale grande esultanza provasti quando alla tenerissima età di tredici anni, condannata da Aspasio ad essere bruciata viva, vedesti le fiamme dividersi intorno a te, lasciarti illesa ed avventarsi invece contro quelli che desideravano la tua morte! Per la grande gioia spirituale con cui ricevesti il colpo estremo, esortando tu stessa il carnefice a conficcarti nel petto la spada che doveva compiere il tuo sacrificio, ottieni a tutti noi la grazia di sostenere con edificante serenità tutte le persecuzioni e le croci con cui il Signore volesse provarci e di crescere sempre più nell'amore a Dio per suggellare con la morte dei giusti una vita di mortificazione e sacrificio. Amen. [Fonte Santiebeati.it]


E’ stato stampato il trattato di demonologia a cura di Don Stanzione e di Carlo Di Pietro di Alfonso Maraffa da http://www.pontifex.roma.it

“Tutto sui diavoli” di don Stanzione e di  Carlo Di Pietro è l’ultimo libro cattolico recentemente stampato dall’Editrice Segno di Udine,di pagine 690, al prezzo di euro 29, che tratta in maniera esauriente l’argomento demonologico.Il demonio ci tenta a fare del male, servendosi di pensieri, di attrattive e di stimoli che fanno piacere alla nostra natura, minata dal peccato originale. Oltre alle tentazioni ordinarie, l’azione del diavolo può manifestarsi attraverso tre forme: oppressione, ossessione e possessione. Con l’oppressione il diavolo agisce esternamente sul corpo dell’uomo e sulle cose che lo circondano. Così può manifestarsi con violenti percosse, inflitte a colui che si oppone alle sue tentazioni o col far sorgere malattie strane, che, normalmente, non sono diagnosticabili oppure fa sentire rumori spaventosi durante la notte, con oggetti che si muovono, con luci che si spengono, con voci e sibili orribili… Ossessione è l’influsso o l’azione martellante di Satana sulla mente delle persone. E’ come una specie di follia, che ci fa concentrare su un’idea fissa. E’ come se inseguissimo un fantasma. Si potrebbe dire che l’ossessione è come una tentazione prolungata che ha una forza e un’intensità tale che supera le nostre capacità umane per poterla vincere. Si avvertono assurdi desideri sessuali, oppure idee di suicidio, oppure una furente smania di autodistruzione o un esagerato disprezzo di sé e degli altri, che ci porta alla disperazione, facendoci sentire indegni del perdono di Dio. Se non preghiamo, pratichiamo il digiuno o altre forme di penitenza e non frequentiamo i Sacramenti, queste tentazioni, a poco a poco, ci rendono schiavi e ci tolgono le forze necessarie per la vittoria.

Così per le tentazioni impure, gli occhi mal custoditi o una curiosità indiscreta o un’immagine oscena o uno spettacolo immorale suscitano in noi un desiderio sessuale irrefrenabile, che, vagheggiato e ingrandito a dismisura dall’immaginazione, pian piano diventa passione se non addirittura ossessione. La donna diventa un’esca che seduce. Il suo corpo, invece di essere ammirato come un tempio di Dio, è visto solo sotto l’aspetto allettante e piacevole, in grado di soddisfare la nostra insana e turpe passione.

La sua pericolosità aumenta se non è decentemente vestita, diventa ancora più insidiosa se il suo abbigliamento è eccentrico e provocante. Nella donna che bada solo all’aspetto estetico, usando in modo eccessivo cosmetici ed altri ritrovati, non vi è più pudore. Ella considera l’appagamento sessuale come una dimostrazione di affetto, come un sentimento a cui bisogna corrispondere, come un segno di delicatezza verso l’altro. Si giustifica allora con se stessa e con gli altri come una vittima che si immola all’amore o come una persona costretta a farlo da una legge ineluttabile. Vi è una progressione spaventosa verso il baratro: attrazione, desiderio, curiosità, sensazione piacevole, passione, vita peccaminosa.

La possessione si ha quando una persona consapevolmente e volontariamente scende a patti col diavolo. I peccati vengono commessi non tanto per fragilità, ma con una malizia raffinata, con calcolo meticoloso e perversità inaudita. Satana domina queste anime che si danno ad atti impuri ed osceni, infedeltà ed insane passioni, spingendole a poco a poco verso ogni sorta di empietà e di degradazione morale. Inoltre vi sono persone che vendono al diavolo la propria anima o quella dei propri figli, firmando con lui patti col sangue o iscrivendosi a sette sataniche. Per liberarsi da questi lacci diabolici occorre praticare l’esorcismo liturgico, fatto dal vescovo o da un sacerdote da lui delegato. L’esorcismo mira a scacciare i demoni o a liberare l’anima dall’influenza demoniaca, e ciò mediante l’autorità spirituale che Gesù ha affidato alla sua Chiesa. In forma semplice l’esorcismo è praticato durante la celebrazione del Battesimo.

Il papa Paolo VI, in un discorso del 15 novembre del 1972, ribadisce la verità di fede sull’esistenza di Satana, tra le altre cose diceva: “…uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male che chiamiamo il demonio…il male non è più soltanto una deficienza, ma un’efficacia, un essere vivo, spirituale, pervertito, perverso e pervertitore…”. Egli ci vuole tutti con sé nell’Inferno. Quando, nel Padre Nostro diciamo: “Non ci indurre in tentazione”, chiediamo al Signore di non acconsentire alla tentazione e di non cedere per viltà.

Con le parole, poi, “Liberaci dal male” che andrebbero tradotte con più esattezza “dal maligno” noi preghiamo di essere liberati da tutti i mali presenti, passati e futuri, di cui il demonio è l’artefice e l’istigatore. La Chiesa, facendo sue le parole di S. Pietro, ogni giorno, ci raccomanda la vigilanza contro questo nemico: “Fratelli siate sobri e vigilate! Il diavolo, vostro avversario, si aggira, come un leone ruggente, in cerca di chi divorare. Resistetegli, fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono patite anche da tutti i vostri fratelli sparsi per il mondo”.

Se la Chiesa vive tremebonda per noi, dobbiamo stare attenti, essere sempre in grazia di Dio, evitando il peccato  mortale e tutti i peccati veniali volontari. Negli scritti di S. Lorenzo da Brindisi si legge: l’uomo non è mai in ozio, perché o lavora per la città di Dio e per la sua anima o è un gregario di Satana. Perciò usiamo tutti i mezzi che la misericordia di Dio ci mette a disposizione per superare le tentazioni e soprattutto nutriamo una filiale devozione verso la Madonna. Quando S. Veronica Giuliani veniva assalita dal demonio, appena invocava la Madonna quello fuggiva precipitosamente, urlando: “Non invocare la mia nemica”. Il demonio e Maria sono sempre l’uno contro l’Altra.

Dove c’è il demonio c’è il peccato, l’odio, la corruzione, l’infelicità; dove regna Maria, c’è grazia, pace, serenità, gioia di vivere…Maria è al di sopra degli angeli per dignità. E’ l’arca dell’alleanza. E’ colei che porta e dona a Gesù a tutti quelli che si rivolgono a Lei. La preghiera mariana più efficace contro il demonio è il S. Rosario. Finché viviamo, il demonio non si stanca di tentarci per farci dannare, ma al momento della morte i suoi assalti sono più insistenti, egli adopera ogni mezzo per rovinarci, soprattutto cerca di farci perdere la fiducia nella misericordia di Dio. In quell’ora vi sono tentazioni riguardanti la fede, la purezza o che favoriscono la superbia e la disperazione. Il diavolo mostra all’anima la quantità e la gravità dei peccati commessi, il tempo perduto nell’ozio e nei divertimenti, la rigorosa giustizia di Dio.

La Madonna, se invocata, si prende cura di quell’anima come una tenere madre e le tentazioni vengono vinte. Tutte le anime che si salvano, godono la visione beatificata di Dio soprattutto per la potente intercessione di Maria. La Vergine Santa ha avuto sempre un amore sconfinato per il prossimo, ma la sua missione salvifica a favore delle anime ebbe inizio ufficialmente ai piedi della Croce.

Il buon ladrone certamente si salvò per la misericordia di Gesù, ma anche per la silenziosa intercessione di Maria. Fu la prima anima peccatrice a sentire i benefici effetti redentivi della Passione di Gesù e il materno aiuto di Maria, considerata giustamente corredentrice del genere umano, porto sicuro nel mare tempestoso della vita, ancora di salvezza, ponte tra terra e cielo.


Radio Vaticana, notizia del 20/01/2011 - Suora agostiniana uccisa in Congo: il ricordo del direttore di Cbm Italia

Jeanne Yegmane era una suora agostiniana della Repubblica Democratica del Congo: è rimasta vittima di un agguato lo scorso 15 gennaio. Infermiera oftalmica specializzata, collaborava con Cbm Italia Onlus, che opera nel campo sanitario contro le malattie oculari e altre forme di disabilità. Era in viaggio con altri operatori, quando alcuni ribelli hanno sparato contro i loro veicoli, uccidendola. Luciano Miotto, direttore nazionale di Cbm Italia, al microfono di Anna Rita Cristaino, racconta chi era suor Jeanne:

R. - Ho incontrato suor Jeanne nell’aprile del 2010, quando sono andato a Isiro per concordare tutti i passi da compiere per arrivare all’inaugurazione della clinica. Alla clinica fanno capo tre diocesi - Isiro, Wamba e Dungo - che si trovano nell’Alto Wele, nel Congo nord-orientale. La suora rappresentava la diocesi di Dungo. Suor Jeanne era una suora tranquilla, rispettosa, calma, ma anche risoluta e fiera e soprattutto molto legata alla sua gente. Era diventata un’infermiera oftalmica specializzata e faceva questo lavoro con una passione infinita. La cosa che più le piaceva era quando poteva muoversi con le cliniche mobili: girava per tutti i villaggi, individuava le persone che stavano male e le inseriva in una nota per farle operare successivamente. L’anno scorso, nonostante la clinica di Isiro non fosse ancora finita, sono stati effettuati 460 interventi di cataratta, con interventi da campo e con attrezzature mobili.

D. - Avevate ricevuto minacce o qualcuno voleva ostacolare il vostro operato, o è stato soltanto causale il fatto che sia stata colpita la suora ed altri appartenenti alla vostra associazione?

R. - Nell’Alto Wele viviamo, purtroppo, in una situazione non piacevole: i ribelli rappresentano una “situazione endemica”: anni fa, vicino ad Isiro sono state uccise moltissime persone - e, a breve, avremo anche la proclamazione di una martire cristiana - ma da allora ad Isiro non avevamo più avuto fenomeni così rilevanti. La zona di di Dungo è invece una zona molto più calda e in cui sporadicamente questi gruppi ribelli arrivano, colpiscono e spariscono. La suora - questo è quello che crediamo - è stata colpita casualmente e gli altri membri del gruppo, che si trovavano sui mezzi, sono stati feriti e le ferite sono di macete. Pensiamo che la cosa sia endemica, dovuta alla guerra per lo sfruttamento delle risorse di quell’area del Congo.

D. - Quale progetto state portando avanti nella Repubblica del Congo?

R. - Siamo già presenti a Kinshasa, a Butembo e a Kisangani e adesso siamo presenti anche ad Isiro. Isiro avrà una clinica che servirà quattro milioni di persone. A Isiro non ci sono strade: ci arriva attraverso piste praticabili soltanto qualche mese l’anno; è difficilissimo trovare tutto e non c’è elettricità. Il bello è che qui ad Isiro si incontrano persone aperte, persone disponibili e che amano la vita.

D. - Suor Jeanne era una suora congolese agostiniana: qual è la realtà della Chiesa del Congo?

R. - La Chiesa congolese è una Chiesa giovane; una Chiesa che ha subito notevoli falcidie negli ultimi anni, ma è sempre risorta e rinata; una Chiesa caratterizzata da sacerdoti, religiosi e fedeli molto giovani, ma molto preparati. Penso che questa Chiesa riuscirà a fare grandi cose buone per il popolo di Dio. (mg)


CULTURA
LETTURE/ Per John Henry Newman la ragione non è roba da "gentleman"...
Giuseppe Bonvegna


venerdì 21 gennaio 2011

Forse fu del tutto casuale il fatto che John Keats (1795-1821), uno dei poeti più importanti del romanticismo inglese, morì a Roma nel 1821 in un palazzo di Piazza di Spagna, a pochi passi dal Collegio di Propaganda Fide, nella cui cappella John Henry Newman, sette mesi dopo la sua conversione dall’anglicanesimo alla Chiesa cattolica, il 30 maggio 1846 fu ordinato sacerdote cattolico. Durante quell’importante soggiorno romano, inoltre, papa Pio IX approvò il suo progetto di introdurre in Inghilterra la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri e lo nominò primo superiore dell’Oratorio inglese.

C’è però un elemento non casuale, all’interno di una coincidenza come questa, e viene portato alla luce per gli studiosi, gli appassionati e i devoti italiani grazie alla recente pubblicazione di una raccolta di testi poetici e di critica poetica del Newman anglicano e cattolico: il nuovo Beato, attraverso i suoi non pochi lavori nel campo della poesia, può infatti essere considerato a pieno titolo uno dei principali esponenti del romanticismo inglese dell’Ottocento (John Henry Newman, Poeta. Saggio sulla poesia, Antologia poetica, Il sogno di Geronzio, a cura di Luca Obertello, Jaca Book, Milano 2010).

Dunque Newman condivise con la stagione romantica interessi e tensioni ideali, compresa quella che portò i principali cantori del romanticismo all’esaltazione della cultura italiana. Se allora Keats (come Byron, Shelley, Wordsworth) non sarebbero potuti essere romantici (o comunque non lo sarebbero stati nel modo in cui lo furono) senza aver valicato le Alpi verso sud, nemmeno Newman sarebbe diventato cattolico nel modo in cui lo diventò senza la conoscenza della cultura e della spiritualità del cattolicesimo italiano.

Ciò è dimostrato innanzitutto dal fatto che egli si decise definitivamente a entrare nella Chiesa di Roma anche perché uno dei suoi primi seguaci, il giovane scozzese William Lockhart (1820-1892), un paio di anni prima, aveva effettuato la sua professione cattolica nelle mani del rosminiano Luigi Gentili (1801-1848). Newman, del resto, prima della conversione aveva conosciuto personalmente Gentili, leggeva sant’Alfonso de’ Liguori e utilizzava il Manuale dell’Esercitante di Rosmini. Oltre alla scelta di entrare nella Congregazione fondata a Roma da san Filippo Neri alla metà del Cinquecento (la prima sede dell’Oratorio a Birmingham venne da Newman ribattezzata Maryvale in onore della Chiesa romana di Santa Maria in Vallicella dove il Neri aveva dato inizio all’Oratorio), merita anche di essere ricordato il soggiorno milanese che il neoconvertito di Oxford compì nell’autunno del 1846: in quell’occasione, egli (che già conosceva i Promessi Sposi) si disse ammirato dalla «semplicità, bellezza e chiarità» che distinguevano lo stile italiano delle chiese milanesi da quello gotico delle chiese inglesi e restò rammaricato di non aver potuto incontrare Manzoni e Rosmini.
Sicuramente è anche in quanto il suo legame con l’Italia fu di natura eminentemente religiosa che Newman può essere considerato romantico soltanto in un senso particolare. Luca Obertello, nell’introduzione al volume, sostiene infatti che egli, nel saggio giovanile sulla Poetica di Aristotele, pur ponendosi sulla scia del romanticismo nel sottolineare il valore essenziale del sentimento interiore nell’espressione artistica, si distanziava però dal romanticismo perché la parte che riservava al sentimento era «pur sempre “obiettiva”», riguardante cioè «i sentimenti dei personaggi, non dell’autore o del poeta» (p. 18).

Ciò che davvero, nell’espressione poetica, gli interessava era infatti il momento ideale, quella dinamica attraverso la quale la poesia fosse in grado di trasmettere una verità universale: Newman, in altre parole, voleva che i lettori non si immedesimassero nelle storie da lui proposte, ma, attraverso di esse, si aprissero a una nuova visione del mondo. Non solo dal saggio teorico su Aristotele, ma anche dalla raccolta antologica di poesie composte tra il 1826 e il 1862 e dal Sogno di Geronzio (dramma teatrale sul tema della morte composto di getto nel 1865) emerge allora, in forma immaginativa, quella verità magistralmente dipinta nella celebre invocazione alla luce gentile (Lead kindly light), scritta da Newman nell’estate del 1833 sul mare tra Palermo e Marsiglia sulla via del ritorno in Inghilterra dal viaggio nel Mediterraneo: qui, il non ricordare gli anni passati (remember not past years) suona come premonizione del grande cambiamento a cui, di lì a pochi giorni, egli sarebbe andato incontro aderendo al Movimento di Oxford e intraprendendo il cammino intellettuale che lo avrebbe portato prima a concepire una riforma della Chiesa anglicana e poi a diventare cattolico.

L’accettazione della critica romantica alle regole poetiche non portò quindi Newman ad abbracciare quello psicologismo (riduzione della poesia a espressione dello stato d’animo del poeta) che, secondo Obertello, era la conseguenza delle «analisi psicologiche sulla conoscenza e sull’affettività umana iniziate ad esempio da Locke» (p. 14): in quanto riduzione della ragione, lo psicologismo era l’altra faccia di quel razionalismo contro cui Newman concepì la sua missione filosofica e teologica, proponendo in alternativa una nozione di razionalità intesa come manifestazione dell’essere umano concreto.
In Newman poesia e filosofia (nel caso specifico dottrina della conoscenza) sono quindi strettamente collegate ed è utile, a questo punto, richiamare l’attenzione su un altro volume (uscito anch’esso nel 2010) dedicato alla proposta filosofica newmaniana così come emerge dagli scritti universitari (Angelo Bottone, John Henry Newman e l’abito mentale filosofico. Retorica e persona negli scritti dublinesi, Studium, Roma 2010): l’Autore (docente di Filosofia presso lo University College di Dublino), dopo aver messo in luce il debito che Newman contrasse con Aristotele e con Cicerone nell’elaborare la sua concezione del sapere universitario (pp. 49-83), dedica infatti non poche pagine a far vedere come la newmaniana Idea of a University debba essere letta anche alla luce della serrata critica, in essa presente, alla filosofia di John Locke, significativamente associata da Newman all’utilitarismo grandemente in voga alla metà dell’Ottocento.

Con le sue poesie, il nuovo Beato, in fondo, volle anche reagire a quello stesso riduzionismo della ragione a misura umana contro cui, attraverso la critica a Locke, continuava a combattere dal versante universitario mentre non cessava di dedicarsi ai versi. La concezione razionalistico-empiristica della ragione come limitata al mondo dei fenomeni (e dunque incapace di aprirsi intellettualmente al Mistero) era infatti, secondo Newman, una delle componenti del movimento romantico che, da un punto di vista cristiano, potevano rendere problematico un romanticismo attestato esclusivamente sul sentimento; ma l’effetto più pericoloso di quella concezione consisteva, a suo giudizio, nel rendere impossibile giustificare, sulla base di essa, un sapere e una virtù orientati alla conoscenza del bene, lasciando aperta la strada solo all’educazione del gentleman, ruotante sull’eccellenza nella vita sociale.
Newman invece era convinto del fatto che, per quanto fosse bello essere un gentleman (it is well to be a gentleman), solo la Chiesa poteva mirare alla rigenerazione del cuore dell’uomo (the Church aims at regenerating the very depths of the heart).
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CULTURA - LETTURE/ Per John Henry Newman la ragione non è roba da "gentleman"... di Giuseppe Bonvegna - venerdì 21 gennaio 2011 – il sussidiario.net

Forse fu del tutto casuale il fatto che John Keats (1795-1821), uno dei poeti più importanti del romanticismo inglese, morì a Roma nel 1821 in un palazzo di Piazza di Spagna, a pochi passi dal Collegio di Propaganda Fide, nella cui cappella John Henry Newman, sette mesi dopo la sua conversione dall’anglicanesimo alla Chiesa cattolica, il 30 maggio 1846 fu ordinato sacerdote cattolico. Durante quell’importante soggiorno romano, inoltre, papa Pio IX approvò il suo progetto di introdurre in Inghilterra la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri e lo nominò primo superiore dell’Oratorio inglese.

C’è però un elemento non casuale, all’interno di una coincidenza come questa, e viene portato alla luce per gli studiosi, gli appassionati e i devoti italiani grazie alla recente pubblicazione di una raccolta di testi poetici e di critica poetica del Newman anglicano e cattolico: il nuovo Beato, attraverso i suoi non pochi lavori nel campo della poesia, può infatti essere considerato a pieno titolo uno dei principali esponenti del romanticismo inglese dell’Ottocento (John Henry Newman, Poeta. Saggio sulla poesia, Antologia poetica, Il sogno di Geronzio, a cura di Luca Obertello, Jaca Book, Milano 2010).

Dunque Newman condivise con la stagione romantica interessi e tensioni ideali, compresa quella che portò i principali cantori del romanticismo all’esaltazione della cultura italiana. Se allora Keats (come Byron, Shelley, Wordsworth) non sarebbero potuti essere romantici (o comunque non lo sarebbero stati nel modo in cui lo furono) senza aver valicato le Alpi verso sud, nemmeno Newman sarebbe diventato cattolico nel modo in cui lo diventò senza la conoscenza della cultura e della spiritualità del cattolicesimo italiano.

Ciò è dimostrato innanzitutto dal fatto che egli si decise definitivamente a entrare nella Chiesa di Roma anche perché uno dei suoi primi seguaci, il giovane scozzese William Lockhart (1820-1892), un paio di anni prima, aveva effettuato la sua professione cattolica nelle mani del rosminiano Luigi Gentili (1801-1848). Newman, del resto, prima della conversione aveva conosciuto personalmente Gentili, leggeva sant’Alfonso de’ Liguori e utilizzava il Manuale dell’Esercitante di Rosmini. Oltre alla scelta di entrare nella Congregazione fondata a Roma da san Filippo Neri alla metà del Cinquecento (la prima sede dell’Oratorio a Birmingham venne da Newman ribattezzata Maryvale in onore della Chiesa romana di Santa Maria in Vallicella dove il Neri aveva dato inizio all’Oratorio), merita anche di essere ricordato il soggiorno milanese che il neoconvertito di Oxford compì nell’autunno del 1846: in quell’occasione, egli (che già conosceva i Promessi Sposi) si disse ammirato dalla «semplicità, bellezza e chiarità» che distinguevano lo stile italiano delle chiese milanesi da quello gotico delle chiese inglesi e restò rammaricato di non aver potuto incontrare Manzoni e Rosmini.
Sicuramente è anche in quanto il suo legame con l’Italia fu di natura eminentemente religiosa che Newman può essere considerato romantico soltanto in un senso particolare. Luca Obertello, nell’introduzione al volume, sostiene infatti che egli, nel saggio giovanile sulla Poetica di Aristotele, pur ponendosi sulla scia del romanticismo nel sottolineare il valore essenziale del sentimento interiore nell’espressione artistica, si distanziava però dal romanticismo perché la parte che riservava al sentimento era «pur sempre “obiettiva”», riguardante cioè «i sentimenti dei personaggi, non dell’autore o del poeta» (p. 18).

Ciò che davvero, nell’espressione poetica, gli interessava era infatti il momento ideale, quella dinamica attraverso la quale la poesia fosse in grado di trasmettere una verità universale: Newman, in altre parole, voleva che i lettori non si immedesimassero nelle storie da lui proposte, ma, attraverso di esse, si aprissero a una nuova visione del mondo. Non solo dal saggio teorico su Aristotele, ma anche dalla raccolta antologica di poesie composte tra il 1826 e il 1862 e dal Sogno di Geronzio (dramma teatrale sul tema della morte composto di getto nel 1865) emerge allora, in forma immaginativa, quella verità magistralmente dipinta nella celebre invocazione alla luce gentile (Lead kindly light), scritta da Newman nell’estate del 1833 sul mare tra Palermo e Marsiglia sulla via del ritorno in Inghilterra dal viaggio nel Mediterraneo: qui, il non ricordare gli anni passati (remember not past years) suona come premonizione del grande cambiamento a cui, di lì a pochi giorni, egli sarebbe andato incontro aderendo al Movimento di Oxford e intraprendendo il cammino intellettuale che lo avrebbe portato prima a concepire una riforma della Chiesa anglicana e poi a diventare cattolico.

L’accettazione della critica romantica alle regole poetiche non portò quindi Newman ad abbracciare quello psicologismo (riduzione della poesia a espressione dello stato d’animo del poeta) che, secondo Obertello, era la conseguenza delle «analisi psicologiche sulla conoscenza e sull’affettività umana iniziate ad esempio da Locke» (p. 14): in quanto riduzione della ragione, lo psicologismo era l’altra faccia di quel razionalismo contro cui Newman concepì la sua missione filosofica e teologica, proponendo in alternativa una nozione di razionalità intesa come manifestazione dell’essere umano concreto.
In Newman poesia e filosofia (nel caso specifico dottrina della conoscenza) sono quindi strettamente collegate ed è utile, a questo punto, richiamare l’attenzione su un altro volume (uscito anch’esso nel 2010) dedicato alla proposta filosofica newmaniana così come emerge dagli scritti universitari (Angelo Bottone, John Henry Newman e l’abito mentale filosofico. Retorica e persona negli scritti dublinesi, Studium, Roma 2010): l’Autore (docente di Filosofia presso lo University College di Dublino), dopo aver messo in luce il debito che Newman contrasse con Aristotele e con Cicerone nell’elaborare la sua concezione del sapere universitario (pp. 49-83), dedica infatti non poche pagine a far vedere come la newmaniana Idea of a University debba essere letta anche alla luce della serrata critica, in essa presente, alla filosofia di John Locke, significativamente associata da Newman all’utilitarismo grandemente in voga alla metà dell’Ottocento.

Con le sue poesie, il nuovo Beato, in fondo, volle anche reagire a quello stesso riduzionismo della ragione a misura umana contro cui, attraverso la critica a Locke, continuava a combattere dal versante universitario mentre non cessava di dedicarsi ai versi. La concezione razionalistico-empiristica della ragione come limitata al mondo dei fenomeni (e dunque incapace di aprirsi intellettualmente al Mistero) era infatti, secondo Newman, una delle componenti del movimento romantico che, da un punto di vista cristiano, potevano rendere problematico un romanticismo attestato esclusivamente sul sentimento; ma l’effetto più pericoloso di quella concezione consisteva, a suo giudizio, nel rendere impossibile giustificare, sulla base di essa, un sapere e una virtù orientati alla conoscenza del bene, lasciando aperta la strada solo all’educazione del gentleman, ruotante sull’eccellenza nella vita sociale.
Newman invece era convinto del fatto che, per quanto fosse bello essere un gentleman (it is well to be a gentleman), solo la Chiesa poteva mirare alla rigenerazione del cuore dell’uomo (the Church aims at regenerating the very depths of the heart).
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