sabato 15 gennaio 2011

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    14/01/2011 – VATICANO - Il 1mo maggio Giovanni Paolo II sarà beato - Annunciata oggi la decisione di Benedetto XVI che celebrerà il rito nella domenica della Divina Misericordia, particolarmente legata alla memoria di papa Wojtyla. Riconosciuta miracolosa la guarigione di una suora affetta dal morbo di Parkinson.
2)    14/01/2011 – PAKISTAN - Cristiani pakistani: Sulla blasfemia il governo è ostaggio dei partiti islamici di Jibran Khan
3)    Papa Wojtyla beato il 1° maggio di Andrea Tornielli 14-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
4)    Un nuovo Sillabo per il XXI secolo - Cioè un documento di condanna degli errori di interpretazione del Concilio Vaticano II. L'ha chiesto un vescovo del Kazakhstan, in un convegno a Roma con altri vescovi e cardinali. E suscita reazioni anche l'annuncio di Benedetto XVI di un nuovo incontro interreligioso ad Assisi di Sandro Magister
5)    ATTACCO ALLA CHIESA, PEDOFILIA, SCANDALO PEDOFILIA, STATI UNITI - Stati Uniti: più della metà delle denuncie di pedofilia verso i preti è falsa. – In Scandalo pedofilia nella Chiesa su 14 gennaio 2011 da http://antiuaar.wordpress.com
6)    DISCORSO DI BENEDETTO XVI AGLI AMMINISTRATORI LOCALI DI ROMA E DEL LAZIO
7)    IL MIRACOLO CHE HA SPIANATO LA VIA ALLA BEATIFICAZIONE DI WOITYLA - Una religiosa francese guarita improvvisamente dal Parkinson (ZENIT.org)
8)    IL PAPA: FAMIGLIA, MATERNITÀ E LAVORO SIANO LE PRIORITÀ - Nell'udienza agli amministratori del Lazio e di Roma (ZENIT.org)
9)    Dal testamento scritto dal Pontefice - Una vita affidata alla misericordia di Dio - Pubblichiamo in una traduzione italiana dal polacco ampi passi del testamento scritto da Giovanni Paolo II il 3 marzo 1979 e poi integrato con successive aggiunte (©L'Osservatore Romano - 15 gennaio 2011)
10)                      L'agenda per l'Italia: famiglia, vita, educazione di Massimo Introvigne 14-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
11)                      Il primo, grande dizionario di Benedetto XVI di Massimo Introvigne 15-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
12)                      Avvenire.it, 15 gennaio 2011 - Beato/1. Il rapporto con la cultura, la ragione e il sociale - L’intelligenza della fede di Francesco Botturi

14/01/2011 – VATICANO - Il 1mo maggio Giovanni Paolo II sarà beato - Annunciata oggi la decisione di Benedetto XVI che celebrerà il rito nella domenica della Divina Misericordia, particolarmente legata alla memoria di papa Wojtyla. Riconosciuta miracolosa la guarigione di una suora affetta dal morbo di Parkinson.

Città del Vaticano (AsiaNews) - Giovanni Paolo II sarà proclamato beato il prossimo 1mo maggio, domenica della Divina Misericordia. Benedetto XVI ha infatti approvato oggi la promulgazione di un decreto riguardante un miracolo attribuito all’intercessione di papa Wojtyla.

La scelta della data del rito, che sarà celebrato da Benedetto XVI, è particolarmente legata a Giovanni Paolo II che volle dedicare alla Divina Misericordia la II domenica di Pasqua e morì, il 2 aprile 2005, vigilia di tale festività.

Una nota informativa diffusa oggi dalla Congregazione delle cause dei santi ripercorre le tappe della causa di beatificazione, iniziata per Dispensa pontificia, “prima che fossero trascorsi i cinque anni dalla morte del Servo di Dio, richiesti dalla Normativa vigente. Tale provvedimento fu sollecitato dall’imponente fama di santità, goduta dal Papa Giovanni Paolo II in vita, in morte e dopo morte".   Lo testimoniano, in proposito gli striscioni "Santo subito" (nella foto) che comparvero il giorno dei funerali di Giovanni Paolo II.   "Per il resto - prosegue la nota della Congregazione - furono osservate integralmente le comuni disposizioni canoniche riguardanti le Cause di beatificazione e di canonizzazione”.

“Dal giugno 2005 all’aprile 2007, furono pertanto celebrate l’Inchiesta Diocesana principale romana e quelle Rogatoriali in diverse diocesi, sulla vita, sulle virtù e sulla fama di santità e di miracoli. La validità giuridica dei processi canonici fu riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con il Decreto del 4 maggio 2007. Nel giugno 2009, esaminata la relativa Positio, nove Consultori teologi del Dicastero diedero il loro parere positivo in merito all’eroicità delle virtù del Servo di Dio. Nel novembre successivo, seguendo l’usuale procedura, la medesima Positio fu poi sottoposta al giudizio dei Padri Cardinali e Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, che si espressero con sentenza affermativa.

“Il 19 dicembre 2009 il Sommo Pontefice Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del Decreto sull’eroicità delle virtù. In vista della Beatificazione del Venerabile Servo di Dio, la Postulazione della Causa presentò all’esame della Congregazione delle Cause dei Santi la guarigione dal "morbo di Parkinson" di Sr. Marie Simon Pierre Normand, religiosa dell’Institut des Petites Soeurs des Maternités Catholiques.

“Come di consueto, i copiosi Atti dell’Inchiesta canonica, regolarmente istruita, unitamente alle dettagliate Perizie medico-legali, furono sottoposti all’esame scientifico della Consulta Medica del Dicastero delle Cause dei Santi il 21 ottobre 2010. I suoi Periti, dopo aver studiato con l’abituale scrupolosità le testimonianze processuali e l’intera documentazione, si espressero a favore dell’inspiegabilità scientifica della guarigione. I Consultori teologi, dopo aver preso visione delle conclusioni mediche, il 14 dicembre 2010 procedettero alla valutazione teologica del caso e, all’unanimità, riconobbero l’unicità, l’antecedenza e la coralità dell’invocazione rivolta al Servo di Dio Giovanni Paolo II, la cui intercessione era stata efficace ai fini della prodigiosa guarigione”.

“Infine, l’11 gennaio 2011, si è tenuta la Sessione Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, i quali hanno emesso un’unanime sentenza affermativa, ritenendo miracolosa la guarigione di Sr. Marie Pierre Simon, in quanto compiuta da Dio con modo scientificamente inspiegabile, a seguito dell’intercessione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, fiduciosamente invocato sia dalla stessa sanata sia da molti altri fedeli”.


14/01/2011 – PAKISTAN - Cristiani pakistani: Sulla blasfemia il governo è ostaggio dei partiti islamici di Jibran Khan

Leader protestanti e attivisti per i diritti umani “contrariati” dalle parole del premier, che difende la legge sulla blasfemia. Il Ministero degli interni ordina un giro di vite contro siti con “contenuti anti-islamici”. La deriva fondamentalista dell’esecutivo, che aveva promesso la revisione di norme che creano tensioni interreligiose. A Karachi proteste di piazza contro Benedetto XVI.


Lahore (AsiaNews) – Le Chiese pakistane esprimono “frustrazione” per il rifiuto del governo di emendare la legge sulla blasfemia, come chiesto da papa Benedetto XVI e da attivisti per i diritti umani. Il Ministero degli interni ordina un giro di vite su internet e cellulari, invitando giovani e internauti a denunciare siti web (o messaggi sms) che “promuovono contenuti anti-islamici”. In realtà appare sempre più evidente la debolezza dell’esecutivo, costretto a soddisfare la volontà dell’ala estremista del Paese pur di mantenere il potere. Intanto a Karachi e in altre due città si sono svolte manifestazioni di piazza conto il papa.

Come annunciato nei giorni scorsi, diverse centinaia di persone hanno manifestato a Karachi e in altre due città del Pakistan contro l’appello di Benedetto XVI per l’abrogazione della legge sulla blasfemia. Al termine della preghiera del venerdì i dimostranti hanno lanciato slogan contro il pontefice e a favore della norma.

Rizwan Paul, presidente di Life for All (LFA), associazione che ha difeso dozzine di cristiani e musulmani accusati di blasfemia, si dice “contrariato dalla posizione assunta dal Primo Ministro”. L’11 gennaio scorso, all’indomani dell’appello del papa al corpo diplomatico vaticano, Yousaf Raza Gilani aveva escluso modifiche alla norma. Rizwan si sarebbe aspettato “una presa di posizione forte del governo contro la legge sulla blasfemia”, considerate le “crescenti proteste” che uniscono cristiani e musulmani.

L’organizzazione che riunisce le quattro chiese protestanti principali esprime anche “dispiacere” per le parole del premier. Victor Azariah, segretario generale di National Council of Churches in Pakistan (Nccp), afferma ad AsiaNews che “la risposta negativa del governo non costituisce una sorpresa, considerato l’attuale quadro politico” in Pakistan.

In effetti l’esecutivo pare sempre più ostaggio dell’ala fondamentalista del Paese, in particolare dopo la crisi di governo che ha colpito la maggioranza nei giorni scorsi. Il Pakistan People’s Party (Ppp) ha solo 125 seggi sui 342 dell’Assemblea Nazionale e la coalizione per poter sopravvivere deve contare sui voti di parlamentari indipendenti e partiti islamici. “È una situazione davvero difficile per il governo” ammette Mehboob Ahmed Khan, attivista per i diritti civili e promotore di una fiaccolata per ricordare l’omicidio del governatore del Punjab Salman Taseer, il 4 gennaio scorso. Durante la campagna elettorale del 2008, il Ppp aveva promesso di modificare quelle norme – fra cui la legge sulla blasfemia – che creano tensioni interreligiose.

A conferma della “deriva islamica” assunta dal governo, la direttiva promossa dal Ministro degli interni Rehman Malik che invita le autorità a bloccare siti web e messaggi sms con “contenuti anti-islamici”. Verranno aperti procedimenti penali per quanti risiedono in Pakistan, spiega il ministro, e lancia un appello ai giovani perché diano un contributo nella sorveglianza della rete internet. Egli esclude infine con forza l’ipotesi che l’esecutivo intenda abrogare o emendare la legge sulla blasfemia.


Papa Wojtyla beato il 1° maggio di Andrea Tornielli 14-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it

Papa Wojtyla sarà proclamato beato il 1° maggio a Roma. Benedetto XVI ha promulgato poco fa il decreto che riconosce come miracolosa la guarigione dì una suora francese ammalata del morbo di Parkinson avvenuta per intercessione di Giovanni Paolo II.

Il cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha sottoposto al Pontefice il decreto, dopo che nel giro di poche settimane prima i medici della consulta della Congregazione, poi i teologi e infine la plenaria dei cardinali e vescovi membri del dicastero avevano riconosciuto l’inspiegabilità della guarigione e l’intercessione di Papa Wojtyla. Era l’ultimo, definitivo passo necessario per arrivare alla cerimonia di beatificazione.

E le sue spoglie saranno trasferite nella basilica di San Pietro – come già avvenuto in tempi recenti per il beato Giovanni XXIII – ma, al contrario di quanto avvenuto per Papa Roncalli, il corpo non sarà esposto, ma la bara non sarà aperta e sarà nascosta da una lapide.

Nel giugno 2005, Benedetto XVI, da poco eletto, decise di derogare all’attesa dei cinque anni necessari prima dell’apertura del processo di beatificazione. Da parte dell’entourage dei collaboratori di Wojtyla venne avanzata la richiesta a Ratzinger di procedere subito con un processo di canonizzazione, saltando la tappa della beatificazione.

Il Papa consultò la Congregazione dei santi e poi decise di non creare scorciatoie. Certo, il processo è stato rapidissimo, checché se ne dica. L’unico paragone possibile è quello con la beata Madre Teresa di Calcutta, molto stimata e personalmente conosciuta da Giovanni Paolo II, che decise di derogare all’attesa dei cinque anni. Ma in quel caso non c’erano milioni di documenti e di pagine scritte, non c’erano da vagliare gli atti di un pontificato lunghissimo e per di più avvenuto in momenti cruciali per la storia dell’umanità come quelli del secolo scorso.

Il 1° maggio quest’anno è la domenica della Divina Misericordia, istituita da Papa Wojtyla, che è morto la sera della vigilia della festa, nel 2005. Il 1° maggio è anche la festa laica del lavoro, ma il Pontefice polacco ci rientra a pieno titolo, avendo fatto anche l’operaio. Già il giorno dei funerali, alla fine dei quali alcuni gruppi di fedeli organizzati srotolarono i famosi striscioni con la scritta «santo subito», l’allora cardinale Joseph Ratzinger fece un’omelia commovente, chiedendo a Giovanni Paolo II di benedire tutti dalla finestra del cielo.

E da Papa, il 2 aprile 2008, ricordando il terzo anniversario della morte del predecessore, disse: «Egli nutriva una fede straordinaria» in Cristo risorto, e «con lui intratteneva una conversazione intima, singolare e ininterrotta. Tra le tante qualità umane e soprannaturali, aveva infatti anche quella di un’eccezionale sensibilità spirituale e mistica. Bastava osservarlo quando pregava: si immergeva letteralmente in Dio».


Un nuovo Sillabo per il XXI secolo - Cioè un documento di condanna degli errori di interpretazione del Concilio Vaticano II. L'ha chiesto un vescovo del Kazakhstan, in un convegno a Roma con altri vescovi e cardinali. E suscita reazioni anche l'annuncio di Benedetto XVI di un nuovo incontro interreligioso ad Assisi di Sandro Magister

ROMA, 14 gennaio 2011 – L'annuncio, fatto da Benedetto XVI dopo l'Angelus di Capodanno, di un suo viaggio ad Assisi, il prossimo ottobre, per un nuovo incontro tra le religioni per la pace, ha rinfocolato le controversie non solo sul cosiddetto "spirito di Assisi", ma anche sul Concilio Vaticano II e il postconcilio.

Il professor Roberto de Mattei – fresco autore di una riscrittura della storia del Concilio che culmina nella richiesta a Benedetto XVI di promuovere "un nuovo esame" dei documenti conciliari per dissipare il sospetto che abbiano rotto con la dottrina tradizionale della Chiesa – ha firmato assieme ad altre personalità cattoliche un appello al papa affinchè il nuovo incontro ad Assisi "non riaccenda le confusioni sincretiste" del primo, quello convocato il 27 ottobre 1986 da Giovanni Paolo II nella città di san Francesco.

In effetti, nel 1986, l'allora cardinale Joseph Ratzinger non si recò a quel primo incontro, contro il quale era critico. Partecipò invece a una sua replica tenuta sempre ad Assisi il 24 gennaio 2002, alla quale aderì "in extremis" dopo essersi assicurato che gli equivoci dell'incontro precedente non si ripetessero.

L'equivoco principale alimentato dall'incontro di Assisi del 1986 è stato quello di equiparare le religioni come sorgenti di salvezza per l'umanità. Contro questo equivoco la congregazione per la dottrina della fede emanò nel 2000 la dichiarazione "Dominus Iesus", per riaffermare che ogni uomo non ha altro salvatore che Gesù.

Ma anche da papa, Ratzinger è tornato a mettere in guardia dalle confusioni. In un messaggio al vescovo di Assisi del 2 settembre 2006 ha scritto:

"Per non equivocare sul senso di quanto, nel 1986, Giovanni Paolo II volle realizzare, e che, con una sua stessa espressione, si suole qualificare come ‘spirito di Assisi’, è importante non dimenticare l’attenzione che allora fu posta perché l’incontro interreligioso di preghiera non si prestasse ad interpretazioni sincretistiche, fondate su una concezione relativistica. [...] Perciò, anche quando ci si ritrova insieme a pregare per la pace, occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni. Fu questa la scelta del 1986, e tale scelta non può non restare valida anche oggi. La convergenza dei diversi non deve dare l'impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla".

E in visita ad Assisi il 17 giugno 2007, ha detto nell'omelia:

"La scelta di celebrare quell’incontro ad Assisi era suggerita proprio dalla testimonianza di Francesco come uomo di pace, al quale tanti guardano con simpatia anche da altre posizioni culturali e religiose. Al tempo stesso, la luce del Poverello su quell’iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana, giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l’autentico dialogo interreligioso. [...] Non potrebbe essere atteggiamento evangelico, né francescano, il non riuscire a coniugare l’accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la certezza di fede che ogni cristiano, al pari del santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come via, verità e vita dell’uomo, unico Salvatore del mondo".

Tornando alla controversia sul Concilio Vaticano II, va segnalato un importante convegno tenuto il 16-18 dicembre scorso a Roma, a pochi passi dalla basilica di San Pietro, "per una giusta ermeneutica del Concilio alla luce della Tradizione della Chiesa".

È finita sotto il giudizio critico dei relatori soprattutto la natura "pastorale" del Vaticano II, con gli abusi avvenuti in suo nome.

Tra i relatori c'erano il professor de Mattei e il teologo Brunero Gherardini, 85 anni, canonico della basilica di San Pietro, professore emerito della Pontificia Università Lateranense e direttore della rivista di teologia tomista "Divinitas".

Gherardini è autore di un volume sul Concilio Vaticano II che si conclude con una "Supplica al Santo Padre". Al quale viene chiesto di sottoporre a riesame i documenti del Concilio, per chiarire "se, in che senso e fino a che punto" il Vaticano II sia o no in continuità con il precedente magistero della Chiesa.

Il libro di Gherardini ha la prefazione di Albert Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo ed ex segretario della congregazione vaticana per il culto divino, fatto cardinale nel concistoro dello scorso novembre.

Ranjith è uno dei due vescovi ai quali www.chiesa ha dedicato recentemente un servizio con questo titolo:

> I più bravi allievi di Ratzinger sono in Sri Lanka e Kazakhstan

E anche il secondo di questi vescovi, l'ausiliare di Karaganda, Athanasius Schneider, era presente al convegno romano del 16-18 dicembre, come relatore.

Qui sotto è riportata la parte finale della sua conferenza. Che si conclude con la proposta di due rimedi agli abusi del postconcilio.

Il primo è l'emanazione di un "Syllabus" contro gli errori dottrinali di interpretazione del Vaticano II.

Il secondo è la nomina di vescovi "santi, coraggiosi e profondamente radicati nella tradizione della Chiesa".

Ad ascoltare Schneider c'erano cardinali, dirigenti di curia e teologi di rilievo. Basti dire che tra gli stessi relatori c'erano il cardinale Velasio de Paolis, l'arcivescovo Agostino Marchetto, il vescovo Luigi Negri e monsignor Florian Kolfhaus della segreteria di stato vaticana.

Tra gli ascoltatori c'era una folta schiera di Francescani dell'Immacolata, una giovane congregazione religiosa sorta nel solco di san Francesco, fiorente di vocazioni e di orientamento decisamente ortodosso, agli antipodi del cosiddetto "spirito di Assisi", promotrice dello stesso convegno.

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LA SFIDA DI INTERPRETAZIONI CONTRASTANTI di Athanasius Schneider

[...] Per un’interpretazione corretta del Concilio Vaticano II è necessario tenere conto dell’intenzione manifestata negli stessi documenti conciliari e nelle parole specifiche dei papi che l'hanno indetto e presieduto, Giovanni XXIII e Paolo VI.

Inoltre è necessario scoprire il filo conduttore di tutta l’opera del Concilio, cioè la sua intenzione pastorale, che è la "salus animarum", la salvezza delle anime. Questa, a sua volta, dipende ed è subordinata alla promozione del culto divino e della gloria di Dio, cioè dipende dal primato di Dio.

Questo primato di Dio nella vita ed in tutta l’attività della Chiesa è manifestato inequivocabilmente dal fatto che la costituzione sulla liturgia occupa intenzionalmente e cronologicamente il primo posto nella vasta opera del Concilio. [...]

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La caratteristica della rottura nell’interpretazione dei testi conciliari si manifesta in modo più stereotipato e diffuso nella tesi di una svolta antropocentrica, secolarizzante o naturalistica del Concilio Vaticano II riguardo alla tradizione ecclesiale precedente.

Una delle manifestazioni più note di una tale interpretazione sbagliata è stata, per esempio, la cosiddetta teologia della liberazione e la sua susseguente devastante prassi pastorale. Quale contrasto vi sia tra questa teologia della liberazione e la sua prassi ed il Concilio, appare evidente dal seguente insegnamento conciliare: “La missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d'ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è d'ordine religioso” (cfr. "Gaudium et Spes", 42). [...]

Un’interpretazione di rottura di peso dottrinalmente più leggero si è manifestata nel campo pastorale-liturgico. Si può menzionare a tal proposito il calo del carattere sacro e sublime della liturgia e l’introduzione di elementi gestuali più antropocentrici.

Questo fenomeno si evidenzia in tre pratiche liturgiche assai note e diffuse nella quasi totalità delle parrocchie dell’orbe cattolico: la scomparsa quasi totale dell’uso della lingua latina, la ricezione del corpo eucaristico di Cristo direttamente sulla mano e in piedi e la celebrazione del sacrificio eucaristico nella modalità di un cerchio chiuso in cui sacerdote e popolo continuamente si guardano vicendevolmente in faccia.

Questo modo di pregare – cioè il non essere rivolti tutti nella medesima direzione, che è un’espressione corporale e simbolica più naturale rispetto alla verità di essere tutti spiritualmente rivolti a Dio nel culto pubblico – contraddice la pratica che Gesù stesso e suoi apostoli hanno osservano nella preghiera pubblica sia nel tempio sia nella sinagoga. Contraddice inoltre la testimonianza unanime dei Padri e di tutta la tradizione posteriore della Chiesa orientale ed occidentale.

Queste tre pratiche pastorali e liturgiche di clamorosa rottura con la legge della preghiera mantenuta dalle generazioni dei fedeli cattolici durante almeno un millennio, non trovano nessun appoggio nei testi conciliari, anzi piuttosto contraddicono sia un testo specifico del Concilio (sulla lingua latina: cfr. "Sacrosanctum Concilium", 36 e 54), sia la "mens", la vera intenzione dei Padri conciliari, come si può verificare negli atti del Concilio.

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Nel chiasso ermeneutico delle interpretazioni contrastanti e nella confusione d’applicazioni pastorali e liturgiche, appare come unico interprete autentico dei testi conciliari il Concilio stesso, unitamente al papa.

Si potrebbe porre un’analogia con il clima ermeneutico confuso dei primi secoli della Chiesa, provocato da interpretazioni bibliche e dottrinali arbitrarie da parte di gruppi eteredossi. Nella sua famosa opera "De praescriptione haereticorum" Tertulliano poteva contrapporre agli eretici di diverso orientamento il fatto che solamente la Chiesa possiede la "praescriptio", cioè soltanto la Chiesa è la proprietaria legittima della fede, della parola di Dio e della tradizione. Con questo nelle dispute sulla vera interpretazione la Chiesa può respingere gli eretici. Soltanto la Chiesa può dire, secondo Tertuliano: “Ego sum heres Apostolorum”, io sono l'erede degli apostoli. Parlando analogicamente, soltanto il magistero supremo del papa o di un possibile futuro concilio ecumenico potrà dire: “Ego sum heres Concilii Vaticani II”.

Nei decenni scorsi esistevano, e tuttora esistono, raggruppamenti all’interno della Chiesa che operano un enorme abuso del carattere pastorale del Concilio e dei suoi testi, scritti secondo questa intenzione pastorale, giacché il Concilio non voleva presentare propri insegnamenti definitivi o irreformabili. Dalla stessa natura pastorale dei testi del Concilio s’evidenzia che i suoi testi sono di principio aperti a completamenti e ad ulteriori precisazioni dottrinali. Tenendo conto dell’ormai pluridecennale esperienza delle interpretazioni dottrinalmente e pastoralmente sbagliate e contrarie alla continuità bimillenaria della dottrina e della preghiera della fede, sorge quindi la necessità e l’urgenza di un intervento specifico ed autorevole del magistero pontificio per un’interpretazione autentica dei testi conciliari, con completamenti e precisazioni dottrinali; una specie di "Syllabus" degli errori circa l'interpretazione del Concilio Vaticano II.

C’è bisogno di un nuovo Sillabo, questa volta diretto non tanto contro gli errori provenienti al di fuori dalla Chiesa, ma contro gli errori diffusi dentro della Chiesa da parte dei sostenitori della tesi della discontinuità e della rottura, con sua applicazione dottrinale, liturgica e pastorale.

Un tale Sillabo dovrebbe constare di due parti: la parte che segnala gli errori e la parte positiva con delle proposizioni di chiarimento, completamento e precisazione dottrinale.

*

Si evidenziano due raggruppamenti che sostengono la teoria della rottura. Uno di questi raggruppamento tenta di "protestantizzare" dottrinalmente, liturgicamente e pastoralmente la vita della Chiesa. Dal lato opposto ci sono quei gruppi tradizionalisti che, a nome della tradizione, rigettano il Concilio e si sottraggono alla sottomissione al supremo vivente magistero della Chiesa, al visibile capo della Chiesa, il vicario di Cristo sulla terra, sottomettendosi intanto solo al capo invisibile della Chiesa, aspettando dei tempi migliori. [...]

Ci sono stati in sostanza due impedimenti perché la vera intenzione del Concilio e il suo magistero potessero portare abbondanti e durevoli frutti.

L’uno si trovava fuori della Chiesa, nel violento processo di rivoluzione culturale e sociale degli anni ’60, che come ogni forte fenomeno sociale penetrava dentro la Chiesa contagiando con il suo spirito di rottura vasti ambiti di persone e d’istituzioni.

L’altro impedimento si manifestava nella mancanza di sapienti e allo stesso tempo intrepidi pastori della Chiesa che fossero pronti a difendere la purezza e l’integrità della fede e della vita liturgica e pastorale, non lasciandosi influenzare né dalla lode né dal timore.

Già il Concilio di Trento affermava in uno dei suoi ultimi decreti sulla riforma generale della Chiesa: “Il santo sinodo, scosso dai tanti gravissimi mali che travagliano la Chiesa, non può non ricordare che la cosa più necessaria alla Chiesa di Dio è scegliere pastori ottimi e idonei; a maggior ragione, in quanto il signore nostro Gesù Cristo chiederà conto del sangue di quelle pecore che dovessero perire a causa del cattivo governo di pastori negligenti e immemori del loro dovere” (Sessione XXIV, Decreto "de reformatione", can. 1).

Il Concilio proseguiva: “Quanto a tutti coloro che per qualunque ragione hanno da parte della Santa Sede qualche diritto per intervenire nella promozione dei futuri prelati o a quelli che vi prendono parte in altro modo il santo Concilio li esorta e li ammonisce perché si ricordino anzitutto che essi non possono fare nulla di più utile per la gloria di Dio e la salvezza dei popoli che impegnarsi a scegliere pastori buoni e idonei a governare la Chiesa”.

C’è dunque davvero bisogno di un Sillabo conciliare con valore dottrinale ed inoltre c’è il bisogno dell’aumento del numero di pastori santi, coraggiosi e profondamente radicati nella tradizione della Chiesa, privi di ogni specie di mentalità di rottura sia in campo dottrinale, sia in campo liturgico.

Questi due elementi costituiscono l’indispensabile condizione affinché la confusione dottrinale, liturgica e pastorale diminuisca notevolmente e l’opera pastorale del Concilio Vaticano II possa portare molti e durevoli frutti nello spirito della tradizione, che ci collega con lo spirito che ha regnato in ogni tempo, dappertutto e in tutti veri figli della Chiesa cattolica, che è l’unica e la vera Chiesa di Dio sulla terra.


ATTACCO ALLA CHIESA, PEDOFILIA, SCANDALO PEDOFILIA, STATI UNITI - Stati Uniti: più della metà delle denuncie di pedofilia verso i preti è falsa. – In Scandalo pedofilia nella Chiesa su 14 gennaio 2011 da http://antiuaar.wordpress.com

Più della metà delle denuncie di abusi sessuali commessi da preti negli Stati Uniti sarebbe completamente falsa. Male hanno fatto i media a darne notizia. Male, soprattutto, hanno fatto le diocesi americane a sborsare milioni di dollari a mo’ di risarcimento. E male, infine, ha fatto il Vaticano a non intervenire chiedendo alle stesse diocesi, prima di pagare, indagini approfondite per appurare fino in fondo i fatti. Lo scrive Dave Pierre, autore del volume “Double standard: abuse scandals and the attack on the catholic church”.. Pierre ha pubblicato su Themediareport.com un’inchiesta di dieci pagine firmata da un importante avvocato, Donald H. Steier. Stando all’inchiesta, Steier ha stanato i falsi molestati riportando prove e fatti documentati, la maggior parte riguardanti episodi avvenuti nella diocesi di Los Angeles. La cosa non è a caso: è Los Angeles una delle diocesi statunitensi che più di altre ha pagato lo scandalo dei preti pedofili. Il cardinale Roger Mahony, predecessore dell’attuale arcivescovo José Gómez, ha sborsato più di seicento milioni di dollari per risarcire le vittime. Per farlo, ha svenduto gli immobili di proprietà della diocesi creando non pochi malumori nel clero locale e anche nei fedeli. Tanto che in molti gli hanno contestato una linea troppo soft nella gestione degli scandali stessi: perché, hanno detto, un conto è risarcire le vittime, un altro è dilapidare un patrimonio senza valutare a dovere se le denunce si riferiscono ad abusi effettivamente avvenuti o meno. A queste contestazioni la Santa Sede ha risposto con la nomina di Gómez. La Santa Sede da tempo sospetta che molte accuse, soprattutto negli Stati Uniti, siano state presentate confidando sull’approccio remissivo di molti vescovi al problema. Ha infatti spiegato Steier: «In diversi casi la mia indagine ha fornito elementi oggettivi, che non potevano conciliarsi con le dichiarazioni dei presunti molestati. In altre parole: molti fatti hanno dimostrato che le accuse erano false». Secondo Steier molte delle presunte vittime sono “manovrate” da un gruppo preciso: la Snap, l’associazione americana delle vittime dei preti pedofili. Secondo l’avvocato, alla Snap un falso molestato può trovare pane per i propri denti. Chiunque, in sostanza, seguendo gli esempi di cause andate a buon fine, può chiedere risarcimenti inventandosi delle molestie. La notizia è apparsa su Il Foglio.


DISCORSO DI BENEDETTO XVI AGLI AMMINISTRATORI LOCALI DI ROMA E DEL LAZIO

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì da Benedetto XVI nel ricevere in udienza gli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma, in occasione del tradizionale scambio di auguri per il nuovo anno.

* * *
Illustri Signori e Signore!
Seguendo una felice consuetudine, anche quest’anno ho la gradita occasione di incontrare i rappresentanti delle Istituzioni della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma. Ringrazio l’On. Renata Polverini, Presidente della Giunta Regionale del Lazio, l’On. Giovanni Alemanno, Sindaco di Roma, e l’On. Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di Roma, per le cortesi parole che mi hanno rivolto a nome di tutti. Ricambio i cordiali voti augurali per il nuovo anno a voi, ai cittadini di Roma e della Provincia e agli abitanti del Lazio, ai quali mi sento particolarmente legato come Vescovo di questa Città, Successore di Pietro.
La singolare vocazione di Roma, centro del cattolicesimo e capitale dello Stato italiano, richiede alla nostra città di essere un esempio di feconda e proficua collaborazione fra le Istituzioni pubbliche e la Comunità ecclesiale. Tale collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze, è oggi particolarmente urgente per le nuove sfide che si affacciano all’orizzonte. La Chiesa, in particolare mediante l’opera dei fedeli laici e delle associazioni di ispirazione cattolica, desidera continuare ad offrire il proprio contributo per la promozione del bene comune e di un progresso autenticamente umano.
Cellula originaria della società è la famiglia, fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna. È nella famiglia che i figli apprendono i valori umani e cristiani che consentono una convivenza costruttiva e pacifica. È nella famiglia che si imparano la solidarietà fra le generazioni, il rispetto delle regole, il perdono e l’accoglienza dell’altro. È nella propria casa che i giovani, sperimentando l’affetto dei genitori, scoprono che cosa sia l’amore e imparano ad amare. La famiglia, dunque, deve essere sostenuta da politiche organiche che non si limitino a proporre soluzioni ai problemi contingenti, ma abbiano come scopo il suo consolidamento e sviluppo e siano accompagnate da un’adeguata opera educativa. Talvolta, purtroppo, accadono gravi fatti di violenza, e vengono amplificati alcuni aspetti di crisi della famiglia, causati dai rapidi cambiamenti sociali e culturali. Anche l’approvare forme di unione che snaturano l’essenza e il fine della famiglia, finisce per penalizzare quanti, non senza fatica, si impegnano a vivere legami affettivi stabili, giuridicamente garantiti e pubblicamente riconosciuti. In questa prospettiva, la Chiesa guarda con favore a tutte quelle iniziative che mirano ad educare i giovani a vivere l’amore nella logica del dono di sé, con una visione alta e oblativa della sessualità. Serve a tale scopo una convergenza educativa fra le diverse componenti della società, perché l’amore umano non sia ridotto ad oggetto da consumare, ma possa essere percepito e vissuto come esperienza fondamentale che dà senso e finalità all’esistenza.
Il reciproco donarsi dei coniugi porta con sé l’apertura alla generazione: il desiderio della paternità e della maternità è infatti iscritto nel cuore dell’uomo. Tante coppie desidererebbero accogliere il dono di nuovi figli, ma sono spinte ad attendere. Per questo è necessario sostenere concretamente la maternità, come pure garantire alle donne che svolgono una professione la possibilità di conciliare famiglia e lavoro. Troppe volte, infatti, esse sono poste nella necessità di scegliere tra i due. Lo sviluppo di adeguate politiche di aiuto, come pure di strutture destinate all’infanzia, quali gli asili-nido, anche quelli gestiti da famiglie, può aiutare a far sì che il figlio non sia visto come un problema, ma come un dono e una gioia grande. Inoltre, poiché "l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo" (Caritas in veritate, 28), l’elevato numero di aborti che vengono praticati nella nostra Regione non può lasciare indifferenti. La comunità cristiana, attraverso numerose "Case famiglia", i "Centri di Aiuto alla Vita" e altre analoghe iniziative, è impegnata ad accompagnare e dare sostegno alle donne che si trovano in difficoltà nell’accogliere una nuova vita. Le pubbliche Istituzioni sappiano offrire il loro sostegno affinché i Consultori familiari siano in condizione di aiutare le donne a superare le cause che possono indurre ad interrompere la gravidanza. A questo proposito, esprimo il mio apprezzamento per la legge vigente nella Regione Lazio che prevede il cosiddetto "quoziente familiare" e considera il figlio concepito quale componente della famiglia, ed auspico che tale normativa trovi piena attuazione. Sono lieto che la città di Roma abbia già avviato il suo impegno in tale direzione.
Sull’altro versante della vita, l’invecchiamento della popolazione pone nuovi problemi. Gli anziani sono una grande ricchezza per la società. Le loro conoscenze, la loro esperienza e la loro saggezza sono un patrimonio per i giovani, che hanno bisogno di maestri di vita. Se molti anziani possono contare sul sostegno e la vicinanza della propria famiglia, cresce il numero di quelli che sono soli e che hanno bisogno di assistenza medico-sanitaria. La Chiesa, anche nella nostra Regione, è sempre stata vicina a coloro che si trovano in condizioni fragili a motivo dell’età o della salute precaria. Mentre mi rallegro per la sinergia esistente con le grandi realtà sanitarie cattoliche - come, ad esempio, nel campo dell’infanzia, tra l’Ospedale "Bambin Gesù" e le Istituzioni pubbliche - auspico che tali strutture possano continuare a collaborare con gli Enti locali per assicurare il loro servizio a quanti ad esse si rivolgono, rinnovo l’invito a promuovere una cultura che rispetti la vita fino al suo termine naturale, nella consapevolezza che "la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente" (Enc. Spe salvi, 38).
In questi ultimi tempi, la serenità delle nostre famiglie è minacciata dalla grave e persistente crisi economica, e molte famiglie non riescono più a garantire un sufficiente tenore di vita ai propri figli. Le nostre parrocchie, attraverso la Caritas, si prodigano per venire in aiuto di questi nuclei familiari alleviando, per quanto possibile, i disagi e facendo fronte alle esigenze primarie. Confido che possano essere adottati adeguati provvedimenti, volti a sostenere le famiglie a basso reddito, particolarmente quelle numerose, troppo spesso penalizzate. A ciò si aggiunge un problema ogni giorno più drammatico. Mi riferisco alla grave questione del lavoro. I giovani, in particolare, che dopo anni di preparazione non vedono sbocchi lavorativi e possibilità di inserimento sociale e di progettazione del futuro, si sentono spesso delusi e sono tentati di rifiutare la stessa società. Il prolungarsi di simili situazioni causa tensioni sociali, che vengono sfruttate dalle organizzazioni criminali per proporre attività illecite. È dunque urgente che, pur nel difficile momento, si faccia ogni sforzo per promuovere politiche occupazionali, che possano garantire un lavoro e un sostentamento dignitoso, condizione indispensabile per dare vita a nuove famiglie.
Gentili Autorità, sono molteplici i problemi che richiedono una soluzione. Il vostro impegno di Amministratori, che si sforzano di collaborare insieme per il bene della comunità, sappia sempre considerare l’uomo come un fine, perché egli possa vivere in maniera autenticamente umana. Come Vescovo di questa città vorrei, pertanto, invitarvi a trovare nella Parola di Dio la fonte di ispirazione per la vostra azione politica e sociale, nella "ricerca del vero bene di tutti, nel rispetto e nella promozione della dignità di ogni persona" (Es. ap. postinodale Verbum Domini, 101). Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, soprattutto per color che oggi incominciano il servizio al bene comune, e mentre invoco sul vostro impegno la materna protezione della Vergine Maria, Salus Populi Romani, di cuore vi imparto la mia Benedizione, che volentieri estendo agli abitanti di Roma, della sua Provincia e di tutto il Lazio.
[© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana]


IL MIRACOLO CHE HA SPIANATO LA VIA ALLA BEATIFICAZIONE DI WOITYLA - Una religiosa francese guarita improvvisamente dal Parkinson (ZENIT.org)

ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, ha confermato questo venerdì che il miracolo riconosciuto da Benedetto XVI come attribuito alla intercessione di Giovanni Paolo II è la guarigione dal Parkinson di una religiosa francese.

E' il caso di suor Marie Simon Pierre (il nome di battesimo è Marie-Pierre), dell'Institut des Petites Soeurs des Maternitès Catholiques, nata nel 1961 a Rumilly-en-Cambrésis.

Secondo quanto dichiarato dal Cardinale Amato, “la malattia fu diagnosticata nel 2001 dal medico curante e anche da altri specialisti. La suora ricevette le cure relative, che ovviamente più che guarirla, ne attenuavano in parte i dolori”.

“Alla notizia della scomparsa di Papa Karol Woityla, affetto dallo stesso morbo, suor Marie e le consorelle iniziarono a invocare il defunto Pontefice per la guarigione”, ha aggiunto il porporato.

“Il 2 giugno 2005, stanca e oppressa dai dolori, la religiosa manifesta alla Superiora l’intenzione di voler essere esonerata dal lavoro professionale. Ma la superiora la invita a confidare nella intercessione di Giovanni Paolo II. Ritiratasi, la suora passa una notte tranquilla. Al risveglio si sente guarita. Sono scomparsi i dolori e non sente alcun irrigidimento nelle articolazioni”.

“Era il 3 giugno 2005, festa del Sacro Cuore di Gesù. Interrompe subito la cura e si reca dal medico curante, il quale non può che constatarne la guarigione”, ha ricordato il Cardinale salesiano.
Sebbene Benedetto XVI abbia concesso la dispensa dai cinque anni di attesa necessari prima dell'istruzione della causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II, il suo processo canonico non ha avuto “né sconti, né facilitazioni”, ha precisato questo venerdì durante un briefing padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa vaticana.
Il Cardinale Amato ha spiegato che “per onorare degnamente la memoria di questo grande Pontefice, la causa è stata sottoposta a uno scrutinio particolarmente accurato, per fugare ogni dubbio e superare ogni difficoltà”.

L'inchiesta diocesana sull'inspiegabile guarigione di suor Marie Simon Pierre è stata realizzata nel 2007 dall'arcidiocesi di Aix-en-Provence, dove si trova il reparto maternità in cui lavorava all'epoca la religiosa.

Il Postulatore della causa di beatificazione di Karol Wojtyla, il sacerdote polacco mons. Slawomir Oder, ha spiegato che il caso di suor Marie Simon Pierre è stato scelto tra i molti altri di cui era giunta segnalazione per due ragioni: primo perché è legato alla malattia che aveva colpito lo stesso Papa; secondo perché dopola guarigione la religiosa è tornata a dedicare la sua vita al reparto maternità continuando così la sua “battaglia per la dignità della vita". La stessa battaglia per la quale si era speso senza riserve anche il Pontefice polacco.


IL PAPA: FAMIGLIA, MATERNITÀ E LAVORO SIANO LE PRIORITÀ - Nell'udienza agli amministratori del Lazio e di Roma (ZENIT.org)

ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Politiche concrete di sostegno alla famiglia, alla maternità e al lavoro: sono queste le richieste avanzate dal Papa agli amministratori della regione Lazio e del Comune e della Provincia di Roma, ricevuti in udienza questo venerdì mattina in Vaticano.

Per l'occasione, il Papa ha ricevuto l’on. Renata Polverini, presidente della Giunta regionale del Lazio, l’on. Gianni Alemanno, Sindaco di Roma – alla sua prima uscita pubblica con la nuova Giunta capitolina –, e l’on. Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma.

Durante l'incontro, il Pontefice ha chiesto per la famiglia “politiche organiche che non si limitino a proporre soluzioni ai problemi contingenti, ma abbiano come scopo il suo consolidamento e sviluppo e siano accompagnate da un’adeguata opera educativa”.

Benedetto XVI ha poi sottolineato l'importanza della famiglia come luogo di trasmissione dell'educazione e dei valori, e prima scuola dove “imparare a vivere l’amore nella logica del dono di sé, con una visione alta e oblativa della sessualità”, affinché “l’amore umano non sia ridotto ad oggetto da consumare”, ma “possa essere percepito e vissuto come esperienza fondamentale che dà senso e finalità all’esistenza”.

Dal Papa, poi, anche un richiamo a “sostenere concretamente la maternità” e a “garantire alle donne che svolgono una professione la possibilità di conciliare famiglia e lavoro. Troppe volte, infatti, esse sono poste nella necessità di scegliere tra i due”.

“Lo sviluppo di adeguate politiche di aiuto, come pure di strutture destinate all’infanzia, quali gli asili-nido, anche quelli gestiti da famiglie, può aiutare a far sì che il figlio non sia visto come un problema, ma come un dono e una gioia grande".

Benedetto XVI ha quindi denunciato l'alto numero di aborti praticati nella regione Lazio e ha chiesto che i “consultori siano in condizione di aiutare le donne a superare le cause che possono indurre ad interrompere la gravidanza”.

Ad ogni modo, ha anche espresso apprezzamento per “la legge vigente nella Regione Lazio che prevede il cosiddetto ‘quoziente familiare’ considerando il figlio concepito quale componente della famiglia”.

Un impegno espresso in precedenza dalla stessa Renata Polverini, che nel suo indirizzo di saluto aveva dichiarato che “la famiglia ha costituito l'interlocutore ed il soggetto attivo a cui destinare risorse e programmi di intervento”.

Il presidente della Giunta regionale del Lazio ha quindi citato le “iniziative in materia di prevenzione e di lotta all'usura” e “il grande impegno dedicato al mondo del lavoro e dell'impresa in questa particolare fase di contingenza economica”.

La Polverini ha poi parlato del lavoro svolto a favore dei detenuti, “fatto di interventi normativi e di governo importanti, ma anche di semplici gesti di attenzione e di affetto, che hanno visto durante le recenti festività momenti di sano svago e la presenza di importanti personaggi dello spettacolo in molte delle carceri laziali”.

A questo proposito, ha annunciato per il prossimo anno l'apertura di un istituto di custodia per le madri detenute, che permetta un maggiore rispetto per i bambini che si trovano senza alcuna responsabilità a dover vivere questo disagio.

Nel suo discorso, Benedetto XVI ha fatto accenno alla crisi economica e al problema della disoccupazione, sottolineando che “i giovani, in particolare, che dopo anni di preparazione non vedono sbocchi lavorativi e possibilità di inserimento sociale e di progettazione del futuro, si sentono spesso delusi e sono tentati di rifiutare la stessa società”.

“Il prolungarsi di simili situazioni causa tensioni sociali, che vengono sfruttate dalle organizzazioni criminali per proporre attività illecite”, ha riconosciuto.

Per questo, ha definito “urgente che, pur nel difficile momento, si faccia ogni sforzo per promuovere politiche occupazionali che possano garantire un lavoro e un sostentamento dignitoso, condizione indispensabile per dare vita a nuove famiglie".

Dal canto suo il Sindaco Alemanno, annunciando alcuni programmi per i prossimi anni, ha sottolineato che presto verrà avviato il “Progetto millennium”, il “primo piano strategico di sviluppo”, che sarà presentato nel mese di febbraio agli stati generali della città. “Un progetto armonico, che parte dal basso, che non cambierà solo l'aspetto urbanistico e architettonico di Roma, ma offrirà alla nostra comunità un nuovo modello di sviluppo basato sulla vocazione culturale e turistica della nostra città”.

Alemanno ha inoltre reso noto che da quest'anno prenderanno il via gli “oratori dei piccoli”, cioè delle attività di alcune cooperative familiari all'interno delle parrocchie per offrire servizi e strutture che permettano ai bambini di trascorrere le ore della giornata mentre i genitori sono al lavoro. Allo stesso modo, verranno aperti i “Campanidi”, cioè asili nido convenzionati all'interno di molte comunità parrocchiali.

Il presidente della Provincia di Roma Zingaretti ha ricordato le iniziative promosse dalla sua amministrazione, in particolare il progetto “Prevenzione 1000”, una rete di solidarietà che coinvolge parrocchie, associazioni e comitati dei quartieri più disagiati.

Zingaretti ha ricordato che sono stati anche allargati i benefici della “carta famiglia”, fondata sulla solidarietà dei commercianti e delle banche, che offre aiuto economico a oltre 20.000 famiglie.

Ha infine annunciato che la prossima settimana partirà il progetto “Buon samaritano”, che grazie a numerosi volontari raccoglierà i pasti in esubero delle mense aziendali per distribuirli ai bisognosi.


Dal testamento scritto dal Pontefice - Una vita affidata alla misericordia di Dio - Pubblichiamo in una traduzione italiana dal polacco ampi passi del testamento scritto da Giovanni Paolo II il 3 marzo 1979 e poi integrato con successive aggiunte (©L'Osservatore Romano - 15 gennaio 2011)

Totus Tuus ego sum
Nel Nome della Santissima Trinità. Amen.
"Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà" (cfr. Mt 24, 42) - queste parole mi ricordano l'ultima chiamata, che avverrà nel momento in cui il Signore vorrà. Desidero seguirLo e desidero che tutto ciò che fa parte della mia vita terrena mi prepari a questo momento. Non so quando esso verrà, ma come tutto, anche questo momento depongo nelle mani della Madre del mio Maestro:  Totus Tuus. Nelle stesse mani materne lascio tutto e Tutti coloro con i quali mi ha collegato la mia vita e la mia vocazione. In queste Mani lascio soprattutto la Chiesa, e anche la mia Nazione e tutta l'umanità. Ringrazio tutti. A tutti chiedo perdono. Chiedo anche la preghiera, affinché la Misericordia di Dio si mostri più grande della mia debolezza e indegnità.
Roma, 6.III.1979

Esprimo la più profonda fiducia che, malgrado tutta la mia debolezza, il Signore mi concederà ogni grazia necessaria per affrontare secondo la Sua volontà qualsiasi compito, prova e sofferenza che vorrà richiedere dal Suo servo, nel corso della vita. Ho anche fiducia che non permetterà mai che, mediante qualche mio atteggiamento:  parole, opere o omissioni, possa tradire i miei obblighi in questa santa Sede Petrina.
24.II - 1.III.1980

Anche durante questi esercizi spirituali ho riflettuto sulla verità del Sacerdozio di Cristo nella prospettiva di quel Transito che per ognuno di noi è il momento della propria morte. Del congedo da questo mondo - per nascere all'altro, al mondo futuro, segno eloquente (aggiunto sopra:  decisivo) è per noi la Risurrezione di Cristo.
Ho letto dunque la redazione del mio testamento dell'ultimo anno, fatta anch'essa durante gli esercizi spirituali - l'ho paragonata con il testamento del mio grande Predecessore e Padre Paolo VI, con quella sublime testimonianza sulla morte di un cristiano e di un papa - e ho rinnovato in me la coscienza delle questioni, alle quali si riferisce la redazione del 6.III.1979 preparata da me (in modo piuttosto provvisorio).
Oggi desidero aggiungere ad essa solo questo, che ognuno deve tener presente la prospettiva della morte. E deve esser pronto a presentarsi davanti al Signore e al Giudice - e contemporaneamente Redentore e Padre. Allora anche io prendo in considerazione questo continuamente, affidando quel momento decisivo alla Madre di Cristo e della Chiesa - alla Madre della mia speranza.
I tempi, nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti. Difficile e tesa è diventata anche la via della Chiesa, prova caratteristica di questi tempi - tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori. In alcuni Paesi (come p.e. in quello di cui ho letto durante gli esercizi spirituali), la Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e dell'odio. Sanguis martyrum - semen christianorum. E oltre questo - tante persone scompaiono innocentemente, anche in questo Paese in cui viviamo...
Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus Tuus mediante l'Immacolata. Accettando già ora questa morte, spero che il Cristo mi dia la grazia per l'ultimo passaggio, cioè la [mia] Pasqua. Spero anche che la renda utile anche per questa più importante causa alla quale cerco di servire:  la salvezza degli uomini, la salvaguardia della famiglia umana, e in essa di tutte le nazioni e dei popoli (tra essi mi rivolgo anche in modo particolare alla mia Patria terrena), utile per le persone che in modo particolare mi ha affidato, per la questione della Chiesa, per la gloria dello stesso Dio.

1. Quando nel giorno 16 ottobre 1978 il conclave dei cardinali scelse Giovanni Paolo II, il Primate della Polonia Card. Stefan Wyszynski mi disse:  "Il compito del nuovo papa sarà di introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio". Non so se ripeto esattamente la frase, ma almeno tale era il senso di ciò che allora sentii. Lo disse l'Uomo che è passato alla storia come Primate del Millennio. Un grande Primate. Sono stato testimone della sua missione, del Suo totale affidamento. Delle Sue lotte:  della Sua vittoria. "La vittoria, quando avverrà, sarà una vittoria mediante Maria" - queste parole del suo Predecessore, il Card. August Hlond, soleva ripetere il Primate del Millennio.
In questo modo sono stato in qualche maniera preparato al compito che il giorno 16 ottobre 1978 si è presentato davanti a me. Nel momento in cui scrivo queste parole, l'Anno giubilare del 2000 è già una realtà in atto. La notte del 24 dicembre 1999 è stata aperta la simbolica Porta del Grande Giubileo nella Basilica di San Pietro, in seguito quella di San Giovanni in Laterano, poi di Santa Maria Maggiore - a capodanno, e il giorno 19 gennaio la Porta della Basilica di San Paolo "fuori le mura". Quest'ultimo avvenimento, per via del suo carattere ecumenico, è restato impresso nella memoria in modo particolare.

2. A misura che l'Anno Giubilare 2000 va avanti, di giorno in giorno si chiude dietro di noi il secolo ventesimo e si apre il secolo ventunesimo. Secondo i disegni della Provvidenza mi è stato dato di vivere nel difficile secolo che se ne sta andando nel passato, e ora nell'anno in cui l'età della mia vita giunge agli anni ottanta ("octogesima adveniens"), bisogna domandarsi se non sia il tempo di ripetere con il biblico Simeone "Nunc dimittis".
Nel giorno del 13 maggio 1981, il giorno dell'attentato al Papa durante l'udienza generale in Piazza San Pietro, la Divina Provvidenza mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e della morte Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l'ha donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui. Spero che Egli mi aiuterà a riconoscere fino a quando devo continuare questo servizio, al quale mi ha chiamato nel giorno 16 ottobre 1978. Gli chiedo di volermi richiamare quando Egli stesso vorrà. "Nella vita e nella morte apparteniamo al Signore... siamo del Signore" (cfr. Rm 14, 8). Spero anche che fino a quando mi sarà donato di compiere il servizio Petrino nella Chiesa, la Misericordia di Dio voglia prestarmi le forze necessarie per questo servizio.

4. Stando sulla soglia del terzo millennio "in medio Ecclesiae", desidero ancora una volta esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano ii, al quale insieme con l'intera Chiesa - e soprattutto con l'intero episcopato - mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all'evento conciliare dal primo all'ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l'eterno Pastore che mi ha permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del mio pontificato.
"In medio Ecclesiae"... dai primi anni del servizio vescovile - appunto grazie al Concilio - mi è stato dato di sperimentare la fraterna comunione dell'Episcopato. Come sacerdote dell'Arcidiocesi di Cracovia avevo sperimentato che cosa fosse la fraterna comunione del presbiterio - il Concilio ha aperto una nuova dimensione di questa esperienza.

5. Quante persone dovrei qui elencare! Probabilmente il Signore Dio ha chiamato a Sé la maggioranza di esse - quanto a coloro che ancora si trovano da questa parte, le parole di questo testamento li ricordino, tutti e dappertutto, dovunque si trovino.
Nel corso di più di vent'anni da cui svolgo il servizio Petrino "in medio Ecclesiae" ho sperimentato la benevola e quanto mai feconda collaborazione di tanti Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, tanti sacerdoti, tante persone consacrate - Fratelli e Sorelle - infine di tantissime persone laiche, nell'ambiente curiale, nel Vicariato della Diocesi di Roma, nonché fuori di questi ambienti.
Come non abbracciare con grata memoria tutti gli Episcopati nel mondo, con i quali mi sono incontrato nel succedersi delle visite "ad limina Apostolorum"! Come non ricordare anche tanti Fratelli cristiani - non cattolici! E il rabbino di Roma e così numerosi rappresentanti delle religioni non cristiane! E quanti rappresentanti del mondo della cultura, della scienza, della politica, dei mezzi di comunicazione sociale!

6. A misura che si avvicina il limite della mia vita terrena ritorno con la memoria all'inizio, ai miei Genitori, al Fratello e alla Sorella (che non ho conosciuto, perché morì prima della mia nascita), alla parrocchia di Wadowice, dove sono stato battezzato, a quella città del mio amore, ai coetanei, compagne e compagni della scuola elementare, del ginnasio, dell'università, fino ai tempi dell'occupazione, quando lavorai come operaio, e in seguito alla parrocchia di Niegowic, a quella cracoviana di S. Floriano, alla pastorale degli accademici, all'ambiente... a tutti gli ambienti... a Cracovia e a Roma... alle persone che in modo speciale mi sono state affidate dal Signore.

A tutti voglio dire una sola cosa:  "Dio vi ricompensi"

"In manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum"

a.d. 17.III.2000


L'agenda per l'Italia: famiglia, vita, educazione di Massimo Introvigne 14-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it

In un momento sempre più confuso della politica italiana, Benedetto XVI ha approfittato dell'annuale incontro con gli amministratori del Comune e della Provincia di Roma e della Regione Lazio per lanciare, il 14 gennaio, una vera agenda per l'Italia che, senza entrare in questioni tecniche, di fronte alla crisi economica e morale richiama ancora una volta ai tre principi non negoziabili: famiglia, vita, libertà di educazione.

La sede in cui il discorso è stato pronunciato gli conferisce una indubbia valenza politica, di cui non si potrà nei prossimi giorni non tenere conto.

In un'Europa dove aumentano i Paesi che riconoscono le unioni di fatto e omosessuali, il Papa ha anzitutto ricordato che "cellula originaria della società è la famiglia, fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna. È nella famiglia che i figli apprendono i valori umani e cristiani che consentono una convivenza costruttiva e pacifica. È nella famiglia che si imparano la solidarietà fra le generazioni, il rispetto delle regole, il perdono e l’accoglienza dell’altro. È nella propria casa che i giovani, sperimentando l’affetto dei genitori, scoprono che cosa sia l’amore e imparano ad amare". Solo la famiglia "fondata sul matrimonio tra l'uomo e la donna" è capace di svolgere davvero questo ruolo. Al contrario, "l’approvare forme di unione che snaturano l’essenza e il fine della famiglia, finisce per penalizzare quanti, non senza fatica, si impegnano a vivere legami affettivi stabili, giuridicamente garantiti e pubblicamente riconosciuti". Ancora un no, dunque, al riconoscimento comunque chiamato delle coppie di fatto e delle unioni omosessuali.

Non è sufficiente tuttavia che l'importanza della famiglia naturale sia riconosciuta a parole. La famiglia, ha ammonito il Papa, "deve essere sostenuta da politiche organiche che non si limitino a proporre soluzioni ai problemi contingenti, ma abbiano come scopo il suo consolidamento e sviluppo e siano accompagnate da un’adeguata opera educativa". Quest'opera è talora vanificata dai media, i quali amplificano notizie di cronaca relative a crimini che avvengono all'interno delle famiglie, generalizzando casi isolati e gettando un sospetto sull'istituto familiare nel suo insieme.  "Talvolta, purtroppo - osserva il Papa -, accadono gravi fatti di violenza, e vengono amplificati alcuni aspetti di crisi della famiglia, causati dai rapidi cambiamenti sociali e culturali".

Il Papa si è espresso il 10 gennaio contro forme di educazione sessuale che non rispettano la morale naturale e cristiana. Al contrario, "la Chiesa guarda con favore a tutte quelle iniziative che mirano ad educare i giovani a vivere l’amore nella logica del dono di sé, con una visione alta e oblativa della sessualità. Serve a tale scopo una convergenza educativa fra le diverse componenti della società, perché l’amore umano non sia ridotto ad oggetto da consumare, ma possa essere percepito e vissuto come esperienza fondamentale che dà senso e finalità all’esistenza".

I valori non negoziabili della famiglia e della vita sono strettamente collegati. Anche in questo caso, la crisi demografica spinge non solo alla rinnovata condanna dell'aborto -  "l’elevato numero di aborti che vengono praticati nella nostra Regione non può lasciare indifferenti" - ma anche alla richiesta chiara di politiche a favore della vita. "Il reciproco donarsi dei coniugi - afferma Benedetto XVI - porta con sé l’apertura alla generazione: il desiderio della paternità e della maternità è infatti iscritto nel cuore dell’uomo. Tante coppie desidererebbero accogliere il dono di nuovi figli, ma sono spinte ad attendere. Per questo è necessario sostenere concretamente la maternità, come pure garantire alle donne che svolgono una professione la possibilità di conciliare famiglia e lavoro. Troppe volte, infatti, esse sono poste nella necessità di scegliere tra i due. Lo sviluppo di adeguate politiche di aiuto, come pure di strutture destinate all’infanzia, quali gli asili-nido, anche quelli gestiti da famiglie, può aiutare a far sì che il figlio non sia visto come un problema, ma come un dono e una gioia grande".

Il Pontefice è stato molto chiaro: il sostegno alla vita è ormai una grande questione  politica. "Le pubbliche Istituzioni - ha detto - sappiano offrire il loro sostegno affinché i Consultori familiari siano in condizione di aiutare le donne a superare le cause che possono indurre ad interrompere la gravidanza. A questo proposito, esprimo il mio apprezzamento per la legge vigente nella Regione Lazio che prevede il cosiddetto 'quoziente familiare' e considera il figlio concepito quale componente della famiglia, ed auspico che tale normativa trovi piena attuazione". Il segnale è evidente anche per la politica nazionale.

"Sull'altro versante della vita" incombono proposte che all'aborto vorrebbero affiancare l'eutanasia, portando alle sue esterne conseguenze una cultura di morte. Benedetto XVI ha dunque rinnovato "l’invito a promuovere una cultura che rispetti la vita fino al suo termine naturale, nella consapevolezza che 'la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente' (Enc. Spe salvi, 38)".

Terzo valore non negoziabile è l'educazione. In tempi di crisi economica qualcuno potrebbe essere tentato di investire di meno nell'educazione: un problema che riguarda non solo lo Stato ma anche le famiglie, e causa talora problemi alla scuola cattolica. In realtà, secondo il Papa, in un'epoca di crisi economica investire sull'educazione e garantire libertà di educazione non diventa meno, ma più necessario. Chi non è adeguatamente educato diventa più facilmente disoccupato, e la disoccupazione "causa tensioni sociali, che vengono sfruttate dalle organizzazioni criminali per proporre attività illecite".

Qualcuno potrebbe obiettare che il Papa ripete da anni le stesse cose.  Il criterio per giudicare la politica è quello dei tre principi e valori non negoziabili: vita, famiglia, educazione. Tutto il resto, per quanto importante, viene dopo. Nel discorso del 14 gennaio vi è una declinazione concreta, con proposte specifiche, del programma dei tre principi non negoziabili, che diventa una vera agenda per l'Italia. E forse il Papa su queste cose si ripete perché ha l'impressione che non sia sufficiente il numero di coloro che seriamente lo ascoltano.


Il primo, grande dizionario di Benedetto XVI di Massimo Introvigne 15-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it

Pedro Jesús Lasanta, sacerdote diocesano spagnolo e autore di numerose opere sul Magistero, ci propone un’opera straordinaria. Il suo Diccionario doctrinal de Benedicto XVI. Cinco años de pontificado (Editorial Horizonte, Logroño 2010) costituisce un’enciclopedia dei primi cinque anni di Magistero di Papa Ratzinger. L’opera, davvero monumentale – 1.580 pagine – non comporta, salvo una breve introduzione, alcun commento dell’autore. Le voci alfabetiche – da «Abbandono alla volontà di Dio» a «Volontariato», passando per lemmi come «Rosario», «Donazione di organi», «Ecologia», «Omosessualità» e «Carceri» – corrispondono a una collazione in ordine cronologico di brani di discorsi e documenti di Benedetto XVI. In totale si tratta di 5.161 brani, numerati appunto da 1 a 5.161 per più rapido riferimento. Le voci più importanti sono divise in sotto-voci. Così, per esempio, la voce «Preghiera» è divisa in «Azione dello Spirito Santo nell’anima», «Importanza e necessità della preghiera», «Componenti ed espressioni dello spirito di preghiera».

L’opera è dunque preziosa per un immediato e pratico riferimento all’insegnamento di Benedetto XVI su centinaia di temi, limitatamente ai primi cinque anni di pontificato.
È evidente che un dizionario enciclopedico di questo genere non può essere riassunto.
Si può tuttavia tentare di segnalare, almeno a titolo di esempio, qualche tema e qualche voce centrale che, per così dire, governa la gerarchia delle altre voci. Ventidue brani compongono la voce «Relativismo». Si può ricordare come già il 18 aprile 2005 il cardinale Joseph Ratzinger, nell’omelia della Messa pro eligendo Romano Pontifice all’apertura del conclave, da lui pronunciata come decano del Sacro Collegio dei Cardinali, aveva introdotto il concetto di «dittatura del relativismo» in un brano rapidamente diventato famoso.

«Quanti venti di dottrina – affermava colui che pochi giorni dopo sarebbe stato eletto Papa con il nome di Benedetto XVI – abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. […] Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie».

Nel dizionario di don Lasanta, che pure non cita testi del cardinale Ratzinger precedenti al pontificato, cui ha peraltro dedicato un’altra opera enciclopedica, possiamo apprezzare come il Papa torni frequentemente sul nucleo del discorso del 18 aprile 2005. Il tema è centrale in tutto il suo Magistero. Con mezzi anche violenti, e con un enorme apparato propagandistico che minaccia di schiacciare qualunque oppositore, si cerca oggi d’imporre il nuovo dogma secondo cui non esiste la verità. Esistono solo opinioni e desideri. È un mondo dove tutti hanno ragione, dunque nessuno ha ragione. Peggio: dunque non c’è più la ragione, almeno nel senso classico, che come ricorda il Papa ci viene dall’eredità greca custodita e precisata dal cristianesimo, di strumento capace di conoscere il reale e la sua verità. Rimane solo una ragione strumentale, che non è più misurata dal vero ma dall’utile. E gli errori e gli orrori della modernità rivelano la ragione strumentale come una ragione violenta. Se l’unità di misura non è il reale ma l’esito, la «ragione che ha ragione» è quella che vince, che grida più forte e che elimina l’altro perché ha più denaro e potere, un esercito più forte o bombe più potenti.

Le voci dedicate alle religioni, alla libertà religiosa, al dialogo interreligioso nel Diccionario confermano come Benedetto XVI dedichi il suo pontificato a combattere sia il fondamentalismo, dove a un’ipertrofia della fede corrisponde l’eliminazione della ragione, sia il laicismo o secolarismo, dov’è l’ipertrofia della ragione a eliminare la fede. In entrambi i casi, l’esperienza umana è dimezzata e ultimamente fallisce, e la storia si macchia del sangue generato da una violenza che nessuno riesce più a controllare.

In teoria, ad altri spetterebbe difendere la ragione. Ma l’azione corrosiva del relativismo fa sì che oggi la ragione trovi pochi amici e difensori. Ecco allora che Benedetto XVI scende in campo anzitutto in nome della ragione, con una serie di brani che le voci «Ragione» e «Razionalismo» dell’opera raccolgono. Infatti, senza verità naturali non c’è neppure possibilità di apertura alle verità soprannaturali. Se invece la ragione, fattasi prima razionalismo e poi relativismo, rifiuta di riconoscere che esiste la verità, non riconoscerà neppure le verità, comprese le verità di ordine religioso.

Papa della fede e della ragione, Benedetto XVI ci ha consegnato, anche solo nei suoi primi cinque anni, un Magistero ricchissimo. L’opera di don Lasanta, di cui non si può che auspicare una versione italiana, ci dà in un unico volume tutta la misura di questa ricchezza.


Avvenire.it, 15 gennaio 2011 - Beato/1. Il rapporto con la cultura, la ragione e il sociale - L’intelligenza della fede di Francesco Botturi

Seppi dell’elezione del nuovo papa Giovanni Paolo II dall’improvviso scampanìo festoso della basilica milanese di Sant’Ambrogio. Fu un sussulto e un’improvvisa gioia: oggi so che quella gioia spontanea non era solo per il nuovo pontefice, ma anche per un nuovo «santo» della Chiesa Cattolica. Ancora una volta la divina misericordia aveva chiamato un uomo a confermare la fede dei suoi fratelli, e questo papa Wojtyla l’ha fatto non solo con una straordinaria capacità d’iniziativa e con l’esempio eroico della sua vita, ma anche attraverso una rinnovata cura dell’intelligenza della fede.

Questa è stata una direttrice di tutto il suo pontificato, preoccupato di liberare la fede dalla riduzione sentimentale o pragmatica e la ragione dall’estraneità alla fede vissuta. Direttrice che papa Benedetto XVI ha attentamente ripreso e sviluppato.

Tre sono senz’altro i luoghi del magistero di Giovanni Paolo II in cui risplende particolarmente il suo insegnamento sull’unità tra fede e ragione. Anzitutto il tema della cultura, tema carissimo al Papa polacco, sensibile all’approccio non intellettualistico all’uomo, ma nel concreto del suo vivere umano, che è vivere culturale: «L’uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura».

Con la sua espressività culturale l’uomo abita il mondo e, col suo agire stesso, pone le questioni fondamentali dell’esistenza, il problema del senso del suo fare, progettare, trasformare, l’esperienza della sua comunione nei significati universali della cultura. Si ricordi il memorabile discorso sulla cultura all’Unesco nel 1980, che concludeva con l’idea che la fede trova nella cultura il luogo stesso del suo incontro con l’umano; per cui il Papa potrà anche dire che non può essere fede pensata e matura, veramente incarnata, quella che non diventa cultura.

Il secondo luogo è il magistero che affronta direttamente il rapporto tra fede e ragione, sia come ragione teorica, sia come ragione pratica e morale. Sono strettamente congiunte in questo l’enciclica «Fides et ratio» (1998) e le due encicliche sull’etica «Veritatis splendor» (1993) ed «Evangelium vitae» (1995), pietre miliari della coscienza credente nella postmodernità quanto al valore della ragione e all’intimo suo nesso con la fede.

La critica alla ragione moderna non coincide con la crisi della razionalità umana, che ha nella fede cristiana non solo un interlocutore, ma ancor prima un custode. La fede è ragione e volontà convertite alla Verità del Verbo incarnato: la fede conosce perciò dall’interno il valore della ragione e questa trova nella fede il suo senso ultimo.

Il terzo luogo è l’ampio magistero sociale, che comprende – vale ricordarlo – le encicliche «Laborem exercens» (1981), «Sollicitudo rei socialis» (1987), e «Centesimus annus» (1991), uno straordinario patrimonio di pensiero in cui di nuovo la fede si misura con la questione della verità, della verità etico-sociale. Un altro esempio della fecondità dell’intelligenza della fede, con la quale Giovanni Paolo II ha vissuto e insegnato un’acuta coscienza del travaglio epocale del mondo contemporaneo, e ne ha offerto una lettura teologica di cui abbiamo ancora bisogno.