venerdì 14 gennaio 2011

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    CATECHESI DI BENEDETTO XVI SU SANTA CATERINA DA GENOVA - Nell'Udienza generale del mercoledì
2)    Caterina da Genova spiega il Purgatorio - di Massimo Introvigne 12-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
3)    12/01/2011 – PAKISTAN - Legge sulla blasfemia: il monito del papa evidenzia le divisioni nella società pakistana di Jibran Khan
4)    13 Gennaio Sant’Ilario di Poitiers di Emanuele da http://www.pontifex.roma.it/
5)    Radio Vaticana, notizia del 12/01/2011- Pakistan: Asia Bibi teme per la sua vita
6)    Il futuro dei nostri figli appaltato agli indovini - Claudio Risé, da “Il Mattino di Napoli” del lunedì, 3 gennaio 2011, www.ilmattino.it
7)    MONS. NEGRI: IN ATTESA DEL PAPA, CON IL PENSIERO AI NON CREDENTI - Il Vescovo di San Marino parla della visita del Papa a giugno (ZENIT.org)
8)    Christian Rights Watch. Ecco un primo esempio di Anna Bono 13-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
9)    EDITORIALE - L'influenza cinese di Mario Mauro, venerdì 14 gennaio 2011, il sussidiario.net
10)                      I passi del cristianesimo sono i passi della democrazia - GIACOMO SAMEK LODOVICI , Avvenire, 14 gennaio 2011
11)                      Avvenire.it, 14 gennaio 2011- LA FEDE NEGATA - «Asia Bibi rischia la vita anche dentro il carcere» di Stefano Vecchia

CATECHESI DI BENEDETTO XVI SU SANTA CATERINA DA GENOVA - Nell'Udienza generale del mercoledì

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 12 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo dell'intervento pronunciato questo mercoledì da Benedetto XVI durante l'Udienza generale svoltasi nell’Aula Paolo VI.
Nel suo discorso, il Pontefice - riprendendo il ciclo di catechesi sui santi - si è soffermato sulla figura di santa Caterina da Genova (1477-1510).



* * *

Cari fratelli e sorelle,
oggi vorrei parlarvi di un’altra Santa che porta il nome di Caterina, dopo Caterina da Siena e Caterina da Bologna; parlo di Caterina da Genova, nota soprattutto per la sua visione sul purgatorio. Il testo che ne descrive la vita e il pensiero venne pubblicato nella città ligure nel 1551; esso è diviso in tre parti: la Vita propriamente detta, la Dimostratione et dechiaratione del purgatorio - più nota come Trattato - e il Dialogo tra l’anima e il corpo1. L’estensore finale fu il confessore di Caterina, il sacerdote Cattaneo Marabotto.
Caterina nacque a Genova, nel 1447; ultima di cinque figli, rimase orfana del padre, Giacomo Fieschi, quando era in tenera età. La madre, Francesca di Negro, impartì una valida educazione cristiana, tanto che la maggiore delle due figlie divenne religiosa. A sedici anni, Caterina venne data in moglie a Giuliano Adorno, un uomo che, dopo varie esperienze commerciali e militari in Medio Oriente, era rientrato a Genova per sposarsi. La vita matrimoniale non fu facile, anche per il carattere del marito, dedito al gioco d’azzardo. Caterina stessa fu indotta inizialmente a condurre un tipo di vita mondana, nella quale, però, non riuscì a trovare serenità. Dopo dieci anni, nel suo cuore c’era un senso profondo di vuoto e di amarezza.
La conversione iniziò il 20 marzo 1473, grazie ad una singolare esperienza. Recatasi alla chiesa di san Benedetto e nel monastero di Nostra Signora delle Grazie, per confessarsi, e inginocchiatasi davanti al sacerdote, "ricevette - come ella stessa scrive - una ferita al cuore, d’un immenso amor de Dio", con una visione così chiara delle sue miserie e dei suoi difetti e, allo stesso tempo, della bontà di Dio, che quasi ne svenne. Fu toccata nel cuore da questa conoscenza di se stessa, della vita vuota che conduceva e della bontà di Dio. Da questa esperienza nacque la decisione che orientò tutta la sua vita, espressa nelle parole: "Non più mondo, non più peccati" (cfr Vita mirabile, 3rv). Caterina allora fuggì, lasciando in sospeso la Confessione. Ritornata a casa, entrò nella camera più nascosta e pianse a lungo. In quel momento fu istruita interiormente sulla preghiera ed ebbe coscienza dell’immenso amore di Dio verso di lei peccatrice, un’esperienza spirituale che non riusciva ad esprimere a parole (cfr Vita mirabile, 4r). E’ in questa occasione che le apparve Gesù sofferente, carico della croce, come spesso è rappresentato nell’iconografia della Santa. Pochi giorni dopo, tornò dal sacerdote per compiere finalmente una buona Confessione. Iniziò qui quella "vita di purificazione" che, per lungo tempo, le fece provare un costante dolore per i peccati commessi e la spinse ad imporsi penitenze e sacrifici per mostrare a Dio il suo amore.
In questo cammino, Caterina si andava avvicinando sempre di più al Signore, fino ad entrare in quella che viene chiamata "vita unitiva", un rapporto, cioè, di unione profonda con Dio. Nella Vita è scritto che la sua anima era guidata e ammaestrata interiormente dal solo dolce amore di Dio, che le dava tutto ciò di cui aveva bisogno. Caterina si abbandonò in modo così totale nelle mani del Signore da vivere, per circa venticinque anni - come ella scrive - "senza mezzo di alcuna creatura, dal solo Dio instrutta et governata" (Vita, 117r-118r), nutrita soprattutto dalla preghiera costante e dalla Santa Comunione ricevuta ogni giorno, cosa non comune al suo tempo. Solo molti anni più tardi il Signore le diede un sacerdote che avesse cura della sua anima.
Caterina rimase sempre restia a confidare e manifestare la sua esperienza di comunione mistica con Dio, soprattutto per la profonda umiltà che provava di fronte alle grazie del Signore. Solo la prospettiva di dar gloria a Lui e di poter giovare al cammino spirituale di altri la spinse a narrare ciò che avveniva in lei, a partire dal momento della sua conversione, che è la sua esperienza originaria e fondamentale. Il luogo della sua ascesa alle vette mistiche fu l’ospedale di Pammatone, il più grande complesso ospedaliero genovese, del quale ella fu direttrice e animatrice. Quindi Caterina vive un’esistenza totalmente attiva, nonostante questa profondità della sua vita interiore. A Pammatone si venne formando attorno a lei un gruppo di seguaci, discepoli e collaboratori, affascinati dalla sua vita di fede e dalla sua carità. Lo stesso marito, Giuliano Adorno, ne fu conquistato tanto da lasciare la sua vita dissipata, diventare terziario francescano e trasferirsi nell’ospedale per dare il suo aiuto alla moglie. L’impegno di Caterina nella cura dei malati si svolse fino al termine del suo cammino terreno, il 15 settembre 1510. Dalla conversione alla morte non vi furono eventi straordinari, ma due elementi caratterizzano l’intera sua esistenza: da una parte l’esperienza mistica, cioè, la profonda unione con Dio, sentita come un’unione sponsale, e, dall’altra, l’assistenza ai malati, l’organizzazione dell’ospedale, il servizio al prossimo, specialmente i più bisognosi e abbandonati. Questi due poli – Dio e il prossimo – riempirono totalmente la sua vita, trascorsa praticamente all’interno delle mura dell’ospedale.
Cari amici, non dobbiamo mai dimenticare che quanto più amiamo Dio e siamo costanti nella preghiera, tanto più riusciremo ad amare veramente chi ci sta intorno, chi ci sta vicino, perché saremo capaci di vedere in ogni persona il volto del Signore, che ama senza limiti e distinzioni. La mistica non crea distanza dall’altro, non crea una vita astratta, ma piuttosto avvicina all’altro, perché si inizia a vedere e ad agire con gli occhi, con il cuore di Dio.
Il pensiero di Caterina sul purgatorio, per il quale è particolarmente conosciuta, è condensato nelle ultime due parti del libro citato all’inizio: il Trattato sul purgatorio e il Dialogo tra l’anima e il corpo. E’ importante notare che Caterina, nella sua esperienza mistica, non ha mai rivelazioni specifiche sul purgatorio o sulle anime che vi si stanno purificando. Tuttavia, negli scritti ispirati dalla nostra Santa è un elemento centrale e il modo di descriverlo ha caratteristiche originali rispetto alla sua epoca. Il primo tratto originale riguarda il "luogo" della purificazione delle anime. Nel suo tempo lo si raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio: si pensava a un certo spazio, dove si troverebbe il purgatorio. In Caterina, invece, il purgatorio non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore. Questo è il purgatorio, un fuoco interiore. La Santa parla del cammino di purificazione dell’anima verso la comunione piena con Dio, partendo dalla propria esperienza di profondo dolore per i peccati commessi, in confronto all’infinito amore di Dio (cfr Vita mirabile, 171v). Abbiamo sentito del momento della conversione, dove Caterina sente improvvisamente la bontà di Dio, la distanza infinita della propria vita da questa bontà e un fuoco bruciante all’interno di se stessa. E questo è il fuoco che purifica, è il fuoco interiore del purgatorio. Anche qui c’è un tratto originale rispetto al pensiero del tempo. Non si parte, infatti, dall’aldilà per raccontare i tormenti del purgatorio - come era in uso a quel tempo e forse ancora oggi - e poi indicare la via per la purificazione o la conversione, ma la nostra Santa parte dall’esperienza propria interiore della sua vita in cammino verso l’eternità. L’anima - dice Caterina - si presenta a Dio ancora legata ai desideri e alla pena che derivano dal peccato, e questo le rende impossibile godere della visione beatifica di Dio. Caterina afferma che Dio è così puro e santo che l’anima con le macchie del peccato non può trovarsi in presenza della divina maestà (cfr Vita mirabile, 177r). E anche noi sentiamo quanto siamo distanti, quanto siamo pieni di tante cose, così da non poter vedere Dio. L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo corretto e perfetto a tale amore, e proprio l’amore stesso a Dio diventa fiamma, l’amore stesso la purifica dalle sue scorie di peccato.
In Caterina si scorge la presenza di fonti teologiche e mistiche a cui era normale attingere nella sua epoca. In particolare si trova un’immagine tipica di Dionigi l’Areopagita, quella, cioè, del filo d’oro che collega il cuore umano con Dio stesso. Quando Dio ha purificato l’uomo, egli lo lega con un sottilissimo filo d’oro, che è il suo amore, e lo attira a sé con un affetto così forte, che l’uomo rimane come "superato e vinto e tutto fuor di sé". Così il cuore dell’uomo viene invaso dall’amore di Dio, che diventa l’unica guida, l’unico motore della sua esistenza (cfr Vita mirabile, 246rv). Questa situazione di elevazione verso Dio e di abbandono alla sua volontà, espressa nell’immagine del filo, viene utilizzata da Caterina per esprimere l’azione della luce divina sulle anime del purgatorio, luce che le purifica e le solleva verso gli splendori dei raggi fulgenti di Dio (cfr Vita mirabile, 179r).
Cari amici, i Santi, nella loro esperienza di unione con Dio, raggiungono un "sapere" così profondo dei misteri divini, nel quale amore e conoscenza si compenetrano, da essere di aiuto agli stessi teologi nel loro impegno di studio, di intelligentia fidei, di intelligentia dei misteri della fede, di approfondimento reale dei misteri, per esempio di che cosa è il purgatorio.
Con la sua vita, santa Caterina ci insegna che quanto più amiamo Dio ed entriamo in intimità con Lui nella preghiera, tanto più Egli si fa conoscere e accende il nostro cuore con il suo amore. Scrivendo sul purgatorio, la Santa ci ricorda una verità fondamentale della fede che diventa per noi invito a pregare per i defunti affinché possano giungere alla visione beata di Dio nella comunione dei santi (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1032). Il servizio umile, fedele e generoso, che la Santa prestò per tutta la sua vita nell’ospedale di Pammatone, poi, è un luminoso esempio di carità per tutti e un incoraggiamento specialmente per le donne che danno un contributo fondamentale alla società e alla Chiesa con la loro preziosa opera, arricchita dalla loro sensibilità e dall’attenzione verso i più poveri e i più bisognosi. Grazie.
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1) cfr Libro de la Vita mirabile et dottrina santa, de la beata Caterinetta da Genoa. Nel quale si contiene una utile et catholica dimostratione et dechiaratione del purgatorio, Genova 1551.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]
Saluto cordialmente i pellegrini di lingua italiana. In particolare, i Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (Dehoniani) e le Apostole del Sacro Cuore di Gesù. Saluto i numerosi studenti della diocesi di Caserta, accompagnati dal Vescovo Mons. Pietro Farina, e gli alunni dell’Istituto "Maria Immacolata" di Roma; a ciascuno auguro di crescere sempre più nell’amore verso Gesù, per testimoniarlo con gioia nella vita di ogni giorno.
Rivolgo infine un affettuoso saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Le vicende di questa nostra epoca mettono ben in luce quanto sia urgente per i cristiani annunciare il Vangelo con la vita. A voi, cari giovani, dico perciò: siate fedeli a Cristo sempre, per essere tra i vostri coetanei seminatori di speranza e di gioia. Voi, cari malati, non abbiate paura di offrire sull’altare di Cristo il valore incalcolabile della vostra sofferenza a beneficio della Chiesa e del mondo. Ed infine a voi, cari sposi novelli, auguro di fare della vostra famiglia un’autentica scuola di vita cristiana.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]


Caterina da Genova spiega il Purgatorio - di Massimo Introvigne 12-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it

Proseguendo in un ciclo di catechesi dedicate alle sante che portano il  nome di Caterina, dopo Caterina da Siena (1347-1380) e Caterina da Bologna (1413-1463), il Papa ha presentato all'udienza generale del 12 gennaio la figura di Caterina da Genova (1447-1510), «nota soprattutto — ha ricordato — per la sua visione sul purgatorio», parte di una collezione di meditazioni raccolta dal suo confessore e pubblicata postuma nel 1551.


Caterina nacque a Genova, nel 1447. Rimasta orfana di padre, a sedici anni fu data in sposa a un ricco mercante che aveva fatto fortuna in Medio Oriente, «dedito al gioco d’azzardo», che la coinvolse in «un tipo di vita mondana, nella quale, però, non riuscì a trovare serenità. Dopo dieci anni, nel suo cuore c’era un senso profondo di vuoto e di amarezza».


Benedetto XVI parla di una vera «conversione», la quale inizia il 20 marzo 1473, con una visione dei suoi peccati e dell'immensa misericordia di Dio, nel monastero di Nostra Signora delle Grazie a Genova. «Da questa esperienza — spiega il Papa — nacque la decisione che orientò tutta la sua vita, espressa nelle parole: "Non più mondo, non più peccati"». Tornata a casa, «le apparve Gesù sofferente, carico della croce, come spesso è rappresentato nell’iconografia della Santa».

Dopo queste visioni, «Caterina si abbandonò in modo così totale nelle mani del Signore da vivere, per circa venticinque anni — come ella scrive — "senza mezzo di alcuna creatura, dal solo Dio instrutta et governata" (Vita, 117r-118r), nutrita soprattutto dalla preghiera costante e dalla Santa Comunione ricevuta ogni giorno, cosa non comune al suo tempo. Solo molti anni più tardi il Signore le diede un sacerdote che avesse cura della sua anima».


Non si deve però credere che la sua fosse una vita puramente contemplativa. Al contrario, «ill luogo della sua ascesa alle vette mistiche fu l’ospedale di Pammatone, il più grande complesso ospedaliero genovese, del quale ella fu direttrice e animatrice. Quindi Caterina vive un’esistenza totalmente attiva, nonostante questa profondità della sua vita interiore». All'ospedale, centro della sua vita fino alla morte che la colse nel 1510, potè contare su una schiera di seguaci e collaboratori, fra cui lo stesso marito, che con sua grande gioia si era nel frattempo convertito ed era divenuto terziario francescano. Questo doppio impegno, in un'altissima vita di contemplazione e all'ospedale, appare al Papa molto istruttivo. Dimostra che «la mistica non crea distanza dall’altro, non crea una vita astratta, ma piuttosto avvicina all’altro, perché si inizia a vedere e ad agire con gli occhi, con il cuore di Dio».


Caterina, come si è accennato, è conosciuta soprattutto come autrice di un «Trattato sul Purgatorio». Al riguardo, nota il Papa, «è importante notare che Caterina, nella sua esperienza mistica, non ha mai rivelazioni specifiche sul purgatorio o sulle anime che vi si stanno purificando. Tuttavia, negli scritti ispirati dalla nostra Santa è un elemento centrale e il modo di descriverlo ha caratteristiche originali rispetto alla sua epoca».


Le caratteristiche originali sono sostanzialmente due. La prima, secondo Benedetto XVI, «riguarda il "luogo" della purificazione delle anime. Nel suo tempo lo si raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio: si pensava a un certo spazio, dove si troverebbe il purgatorio. In Caterina, invece, il purgatorio non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore. Questo è il purgatorio, un fuoco interiore. La Santa parla del cammino di purificazione dell’anima verso la comunione piena con Dio, partendo dalla propria esperienza di profondo dolore per i peccati commessi, in confronto all’infinito amore di Dio». Questa immagine del purgatorio è forse più difficile di quella consueta, ma la completa, e aiuta a riflettere sul ruolo centrale della purificazione.


In secondo luogo, il modo di procedere di Caterina per spiegare la realtà del purgatorio è pure diverso da quello consueto. Caterina non parte da quanto ci attende dopo la morte ma dalla nostra stessa vita dove, in quanto non siamo totalmente purificati dal peccato, viviamo già l'esperienza del purgatorio, per lo più senza rendercene conto. In Caterina, afferma il Papa, «non si parte, infatti, dall’aldilà per raccontare i tormenti del purgatorio — come era in uso a quel tempo e forse ancora oggi —  e poi indicare la via per la purificazione o la conversione, ma la nostra Santa parte dall’esperienza propria interiore della sua vita in cammino verso l’eternità. L’anima  — dice Caterina — si presenta a Dio ancora legata ai desideri e alla pena che derivano dal peccato, e questo le rende impossibile godere della visione beatifica di Dio. Caterina afferma che Dio è così puro e santo che l’anima con le macchie del peccato non può trovarsi in presenza della divina maestà (cfr Vita mirabile, 177r). E anche noi sentiamo quanto siamo distanti, quanto siamo pieni di tante cose, così da non poter vedere Dio.

L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo corretto e perfetto a tale amore, e proprio l’amore stesso a Dio diventa fiamma, l’amore stesso la purifica dalle sue scorie di peccato».

Se Caterina da Bologna richiama alle verità della dottrina cattolica sul demonio e sull'inferno, Caterina da Genova va studiata per ricordare come della nostra fede sia parte integrante anche la dottrina del purgatorio. Il purgatorio, beninteso, non è l'inferno. Dio segue passo passo la purificazione delle anime del purgatorio e le attrae a Sè. Dai testi attribuiti a Dionigi l’Areopagita, che conosceva bene, Caterina trae l'immagine «del filo d’oro che collega il cuore umano con Dio stesso. Quando Dio ha purificato l’uomo, egli lo lega con un sottilissimo filo d’oro, che è il suo amore, e lo attira a sé con un affetto così forte, che l’uomo rimane come "superato e vinto e tutto fuor di sé". Così il cuore dell’uomo viene invaso dall’amore di Dio, che diventa l’unica guida, l’unico motore della sua esistenza (cfr Vita mirabile, 246rv). Questa situazione di elevazione verso Dio e di abbandono alla sua volontà, espressa nell’immagine del filo, viene utilizzata da Caterina per esprimere l’azione della luce divina sulle anime del purgatorio, luce che le purifica e le solleva verso gli splendori dei raggi fulgenti di Dio (cfr Vita mirabile, 179r)».


Un'ultima «verità fondamentale della fede» richiamata da Caterina è che le anime del purgatorio hanno bisogno delle nostre preghiere. Lo studio di Santa Caterina da Genova così «diventa per noi invito a pregare per i defunti affinché possano giungere alla visione beata di Dio nella comunione dei santi (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1032)». Altri santi, come il beato Francesco Faà di Bruno (1825-1888), fondatore delle Suore Minime del Suffragio, faranno di questa verità della fede cattolica un programma di vita. Ma il purgatorio, insegna il Papa, c'è, e la preghiera per le anime purganti è un dovere di ogni cattolico che conosce la sua fede.


12/01/2011 – PAKISTAN - Legge sulla blasfemia: il monito del papa evidenzia le divisioni nella società pakistana di Jibran Khan

Leader radicali e movimenti islamici aizzano le folle e avvertono i cristiani: fondare un partito per l’abolizione della norma, provocherà “maggior caos”. Il governo nega emendamenti alla legge. Esponenti della società civile apprezzano il discorso di Benedetto XVI. Bilawal Bhutto: difendere le minoranze. Intellettuale musulmano: piena libertà religiosa e laicità dello Stato.


Lahore (AsiaNews) – Il monito del papa a Islamabad per “l’abrogazione” della legge sulla blasfemia mostra la profonda spaccatura che attraversa il Pakistan. Leader radicali e movimenti islamici aizzano le folle e accusano Benedetto XVI di voler trascinare “il mondo intero in una guerra mortale”; l’esecutivo in blocco esclude in modo “categorico” modifiche alla norma. A difesa della legge sulla blasfemia si schiera anche un gruppo di giovani avvocati, che si professa “liberale”, ma assume posizioni sempre più estremiste. Tuttavia alcune frange della politica, della società civile ed esperti di legge islamica giudicano “positivo” il discorso del pontefice e mostrano di apprezzare “il richiamo alla libertà religiosa”. Fra i promotori di un cambiamento Bilawal Bhutto Zardari, che bolla come “veri blasfemi” quanti celebrano la morte di Salman Taseer e invita il governo a “difendere le minoranze”.

Ieri a Lahore diversi esponenti di Jamaat-e-Islami (JI) hanno manifestato contro il discorso di Benedetto XVI. Liaquat Baloch, segretario generale di JI, ha bollato le parole del papa come “folli” perché mettono in pericolo “la sicurezza dei cristiani pakistani”. Egli annuncia un’altra marcia a Lahore il 30 gennaio e continue agitazioni fino a che il Parlamento “ritirerà l’emendamento avanzato da Sherry Rehman”. Il leader radicale islamico sottolinea infine che Mumtaz Qadri – l’assassino del governatore del Punjab – gode del sostegno “di tutta la nazione” e  “onorati e orgogliosi” avvocati ne assicureranno il rilascio.

A difesa della norma si schiera pure un gruppo di giovani avvocati del Punjab, già protagonisti nel 2007 e nel 2008 delle proteste contro la decisione dell’ex presidente Musharraf di cacciare il capo della Corte suprema Iftikhar Chaudhry. Considerati un baluardo di democrazia e libertà, i giovani legali nati sotto la dittatura del generale Zia-ul-Haq (promotore della legge sulla blasfemia, nel 1986) ora sono un segnale della “deriva fondamentalista” del Paese. Il loro leader è Rao Abdur Raheem, 30 anni, che ha fondato un forum su internet chiamato “Movimento per proteggere la dignità del profeta”. Essi dichiarano di agire in modo indipendente e di sentirsi liberali; la norma sulla blasfemia è “legittima” e affermano che Mumtaz Qadri è “innocente fino a prova contraria”.

Dal fronte governativo, il premier Yousaf Raza Gilani esclude in maniera “categorica” modifiche alla legge, sostenuto dal Ministro per gli affari religiosi Khursheed Shah che sconfessa le proposte avanzate dalla collega di partito (Ppp) Sherry Rehman, favorevole ad emendamenti. Minacce giungono anche da studiosi di legge islamica che intimano ai cristiani pakistani di “evitare la formazione di un partito” che persegua l’abrogazione della norma; un leader islamico di Faisalabad – in condizioni di anonimato – conferma ad AsiaNews che ogni iniziativa per la cancellazione “porterà ancora più confusione nella società”.

Tuttavia, emergono alcune frange musulmane moderate e leader religiosi che plaudono al discorso del papa, perché rappresenta un segno di speranza. Il mullah Mehfooz Ahmed afferma di apprezzarne “le opinioni” ed è tempo di “promuovere la libertà religiosa”. Egli sostiene la richiesta di Benedetto XVI per l’abrogazione delle leggi sulla blasfemia, che vengono “utilizzate solo per dirimere controversie personali”. Proprio ieri è divenuta pubblica la condanna di Muhammad Shafi, 45 anni, e suo figlio Muhammad Aslam, 20, entrambi musulmani. Un tribunale del Punjab ha decretato l’ergastolo e il pagamento di una multa perché colpevoli di blasfemia. In realtà sembra che alla base dell’accusa vi siano dissapori con un altro musulmano della zona; a inasprire i contrasti vi è anche l’appartenenza a due diverse scuole – Deobandi e Barelvi – della tradizione islamica sunnita.

Contro l’omicidio di Salman Taseer e la progressiva “islamizzazione” del Pakistan è intervenuto Bilawal Bhutto Zardari, presidente del partito di governo, che bolla come “veri blasfemi” quanti celebrano l’assassinio del governatore del Punjab. Figlio dell’ex premier Benazir Bhutto e dell’attuale presidente Zardari, il giovane politico pakistano condanna le violenze in nome dell'islam e invita a difendere le minoranze del Paese, ma glissa quando si tratta di assumere una posizione netta contro la norma incriminata. Un atteggiamento che viene criticato da Shehrbano Taseer, figlia del governatore, che ad AsiaNews denuncia le incongruenze del partito di governo, lo stesso partito al quale era legato il padre. Nel 2008, spiega Shehrbano, il Ppp ha promesso una "revisione" degli elementi fonte di contrasto sociale e religioso, ma "le dimostrazioni dei gruppi religiosi contro la grazia per Asia Bibi" hanno stravolto l'agenda di partito e governo.

Mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rawalpindi, conferma ad AsiaNews che il governo “è sotto pressione” dei partiti religiosi e “ha compiuto una virata di 180° sugli emendamenti alla legge sulla blasfemia”. Il prelato marca le “chiare differenze di opinioni” fra i vari membri del Partito popolare pakistano. L’unica certezza, chiarisce infine l’intellettuale musulmano Babar Ayaz, è che “non vi è piena democrazia”, se non è inserita in un contesto di Stato “laico”. In linea con il pensiero del papa, egli aggiunge che è necessaria la piena libertà religiosa, perché “non si può imporre ad altri il proprio credo”.


13 Gennaio Sant’Ilario di Poitiers di Emanuele da http://www.pontifex.roma.it/

Ilario nasce a Poitiers, in Aquitania nel 315. Figlio di una ricca famiglia pagana, viene solidamente educato e studia letteratura e filosofia, con un orientamento fortemente neoplatonica. Ma non si accontenta della filosofia e comincia lo studio delle Sacre Scritture, in particolare la lettura del Vangelo di San Giovanni che sarà la causa della sua conversione, dato che è proprio in Giovanni che trova le risposte che non era riuscito a trovare nella filosofia. Ricevette il Battesimo in età adulta e si ritirò subito seguendo una vita austera. Presumibilmente prese i voti e collaborò con il Vescovo della sua città, alla cui morte Ilario succedette. Fin da subito si adoperò per diffondere la scienza come ausilio alla santità e la santità come ausilio alla scienza, come scriverà più tardi: "La santità senza la scienza non può essere utile che a se stessa. Quando si insegna, occorre che la scienza fornisca un alimento alla parola e che la virtù serva di ornamento alla scienza" (De Trinitate, VIII, l). La sua fama all’epoca era tale che molti fedeli vennero in Aquitania e si convertirono, tra loro vi fu Martino di Tours, futuro Santo, che lasciò la milizia e venne a prendere i voti a Poitiers, diventando esorcista. Ilario dovette ben presto fare i conti con l’eresia ariana; Costanzo, figlio dell’imperatore Costantino obbligò molti vescovi ad accettare l’eresia, pena l’esilio. Il Vescovo di Poitiers, sostenuto dal popolo, incontrò l’esilio nel 356, ma continuò a gestire la diocesi attraverso delle lettere. Un anno prima Ilario aveva convocato a Parigi, un’assemblea che scomunicava Valente e Ursacio, Vescovi eretici che avevano perseguitato Atanasio e Saturnino, primate di Arles.

L’esilio in Oriente fu comunque molto produttivo, Ilario scrisse in quell’occasione il “de trinitate”, studiò a fondo i problemi dell’Oriente e cercò di portare molti fedeli sulla via della fede nicena. Dopo quasi quattro anni di esilio, Costanzo convocò un Concilio a Rimini per gli occidentali e uno a Seleucia per gli orientali. Ilario fu invitato per poter difendere la fede nicena, ma non fu raggiunto nessun accordo con gli ariani. Costanzo allora, lo rimandò a Poitiers dove si trovò in un ambiente ostile, in cui i Vescovi ariani della Gallia avevano l’unico obiettivo di eliminare lo scomodo Vescovo Ilario.

Nel frattempo cominciò a frequentare i cenobiti, seguendo le loro regole e i canti, divenne il primo compositore d’inni dell’ Occidente, per contrapporsi all’attività poetica ariana. Ma in quegli anni la situazione politica stava cambiando, nel 360 divenne imperatore Giuliano e Ilario ne approfittò per confermare i Vescovi fedeli all’ortodossia e richiamare gli esiliati che ripresero i loro posti ricacciando gli eretici. Con la morte di Costanzo nel 361, l’eresia ariana tramontò definitivamente sia in oriente che in occidente e S.Atanasio poté radunare ad Alessandria il “concilio dei confessori”, dove si riuscì ad adottare con successo la mediazione di Sant’Ilario.

Combatté l’arianesimo anche in Italia, insieme a S.Eusebio tentò di cacciare dalla sede di Milano l’ariano Aussenzio, scrisse anche il “Contra Auxentium”, per smascherare le eresie e consolidare la fede nicena. Si ritirò nella sua diocesi e si dedicò alla lettura e al commento dei salmi.

S.Ilario morì nel 367 e le sue reliquie furono bruciate dagli ugonotti nel 1562. Nel 1852 Pio IX lo proclamò dottore della Chiesa. [Fonte Santiebeati.it] .


Radio Vaticana, notizia del 12/01/2011- Pakistan: Asia Bibi teme per la sua vita

Asia Bibi è stanca e preoccupata. E’ giù di morale, è provata psicologicamente. Piange spesso e vorrebbe rivedere i suoi figli. Si sente costantemente in pericolo. Chiede e si affida all’aiuto di Dio. E’ quanto l’agenzia Fides apprende da fonti vicine alla famiglia della donna, condannata a morte per blasfemia e rinchiusa nel carcere di Sheikhupura. Ieri il marito Ashiq Bibi ha potuto incontrarla in prigione e ha riferito “lo stato di prostrazione psicologica e di disperazione” in cui versa Asia. Dopo l’uccisione del governatore del Punjab, Salman Taseer, e dopo le minacce di gruppi terroristi, in carcere le misure di sicurezza sono state rafforzate: le visite alla donna sono consentite solo al marito. Asia ha definito Taseer “un uomo buono e giusto, un alleato nella mia lotta contro l’ingiustizia e per l’abolizione della legge sulla blasfemia”, affermando sconsolata: “Chi ci proteggerà adesso? Siamo tutti in pericolo”. Fonti di Fides notano la situazione di estrema tensione e polarizzazione nel Paese: dopo le recenti manifestazioni di gruppi islamici radicali che hanno elogiato e definito “eroe” l’assassino del governatore, invitando i militanti a uccidere Asia Bibi e tutti coloro che vogliono modificare la normativa sulla blasfemia, anche la famiglia di Asia è in pericolo di vita, e vive ora in un rifugio nascosto. Gli stessi avvocati e quanti forniscono aiuto materiale alla famiglia sono a rischio. Haroon Barket Masih, a capo della “Masihi Foundation”, che garantisce assistenza ad Asia Bibi e alla sua famiglia, nota in un colloquio con Fides. “Oggi ci sono 10 milioni di potenziali killer di Asia. Taseer è stato ucciso; il ministro Shahbaz Bhatthi o l’ex ministro Sherry Rehman sono stati condannati a morte dagli estremisti. Ma il governo, con il premier Gilani e il ministro per la giustizia, ha detto apertamente che non intende modificare in alcun modo la legge sulla blasfemia. L’esecutivo è ostaggio dei fondamentalisti: in tal modo si allontana dai principi e dalla visione democratica e legittima patenti violazioni dei diritti umani, Mi chiedo: oggi chi è al potere in Pakistan? Il governo o i leader religiosi radicali?”. Gli avvocati di Asia Bibi, intanto, informano che l’Alta Corte d Lahore, probabilmente non fisserà a breve la data della prima udienza del processo di appello, data la tensione sociale, politica e religiosa che attraversa il Paese. Si teme infatti che se Asia Bibi dovesse essere chiamata a comparire in tribunale, potrebbe diventare un facile bersaglio e aggiungersi alle 35 vittime di omicidi extragiudiziali già avvenuti ai danni di persone accusate di blasfemia. Sui blog e sul web in Pakistan, infatti, centinaia di militanti si offrono spontaneamente per uccidere Asia Bibi, nella certezza di guadagnare il paradiso. (R.P.)


Il futuro dei nostri figli appaltato agli indovini - Claudio Risé, da “Il Mattino di Napoli” del lunedì, 3 gennaio 2011, www.ilmattino.it

Un tipo di consumo ha attraversato la crisi senza problemi, e si impenna sempre in queste prime settimane dell’anno: quello di responsi di maghi e indovini. A cosa mai è dovuto questo successo?
I commentatori che se lo chiedono faticano a coniugare l’irrazionalità di queste aspettative con lo sviluppo tecnico e scientifico elevato del nostro stile di vita. Il fatto è che dietro al consumo di oracoli c’è una domanda antichissima e urgente, a cui nessuno oggi risponde: chi sono io?
Chi consulta indovini ed astrologi cerca inconsciamente di vedere, nascosto nelle notizie su cosa accadrà, qualcosa di più profondo che riguarda l’identità personale: che tipo sono, cos’è che davvero mi piace, e, quindi, cosa devo fare per ottenerlo?
Queste domande vengono rivolte a detentori di saperi più o meno esoterici, come anche a psicologi, preti e medici, semplicemente perché le persone non sono più abituate a porsele direttamente, cercando di impegnarsi a rispondere attraverso l’esame e il riconoscimento dei diversi aspetti della propria vita.
In passato, il mettere l’allievo in grado di rispondere alla domanda: chi sono io, è stato, da Socrate in poi, al centro dell’esperienza educativa nel mondo occidentale. Ogni ceto sociale ed ogni cultura nazionale o regionale ha cercato di rispondervi a proprio modo.
Il buon maestro, come il bravo genitore, era chi aiutava l’allievo, o il figlio, a rispondere a questa domanda attraverso il lavoro di auto riconoscimento, parte essenziale dell’educazione. In essa, l’allievo sviluppava il senso di sé, la percezione di essere portatore di qualcosa che gli apparteneva, e che doveva curare e nutrire, o affermare e di difendere se minacciato.
Il sé raccoglie aspetti diversi secondo la personalità e biografia personale: fisici, come il corpo; psicologici, come il carattere, gli affetti; valoriali, come le cose in cui crediamo; antropologici, come la famiglia e la cultura di appartenenza. Elementi caratteristici del senso di sé sono l’affermazione personale, la difesa, l’istinto di conservazione.
Il filosofo Friedrich Nietzsche li riassunse nel termine: “volontà di potenza”, spinta vitale comune ad ogni essere vivente, umano, animale o vegetale, come dimostra lo stelo d’erba che cercherà poi di diventare ciuffo, allargando il proprio spazio originario e nutrendo gli altri steli cui ha dato origine.
Oggi né maestri né genitori aiutano più i giovani a riconoscere un “senso di sé”, insegnando loro a raccogliere le informazioni che gusti, successi, insuccessi e passioni forniscono col passare del tempo e delle esperienze. L’accento non è più sul chi sono io, ma sul come dovrei essere.
Nel frattempo l’indebolimento del corpo e dei sensi, non più impegnati in attività pratiche, la crescente dipendenza dagli altri e dai modelli collettivi, il prevalere nel tempo libero del guardare sul video (di computer, tv, videogiochi) immagini e proposte preconfezionate, giocano contro una positiva affermazione e sviluppo del senso del sé, contenitore della stessa spinta (o istinto) vitale dell’individuo. A questo senso per certi versi antico e primordiale, che l’educazione tradizionale completava con informazioni su chi siamo e cosa possiamo fare, il modello culturale dominante ha sostituito il ricevere passivamente informazioni uguali per tutti, e modelli di comportamento predisposti. Il risultato è che l’individuo, non ha più, spesso, spinte e obiettivi personali, e non sa chi veramente egli sia. Genitori e educatori non sono più abituati a dirglielo, e neppure se lo chiedono. Non stupiamoci se lo domanderà a un indovino.


MONS. NEGRI: IN ATTESA DEL PAPA, CON IL PENSIERO AI NON CREDENTI - Il Vescovo di San Marino parla della visita del Papa a giugno (ZENIT.org)

ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Un appello ad approfondire il cammino di fede in vista della visita pastorale che Benedetto XVI compirà a San Marino il giorno 19 giugno prossimo, è stato lanciato dal Vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri.
Mons. Luigi Negri ha annunciato che nei prossimi giorni verrà pubblicato sul sito della sua diocesi il programma definitivo della visita approvato dal Papa. Un programma, ha tenuto a precisare, “che impone certamente dei sacrifici” al Santo Padre.
Benedetto XVI arriverà a San Marino nella prima mattinata del 19 giugno. Dopo una visita alle Istituzioni della Repubblica, concelebrerà nello Stadio di Serravalle la Santa Messa con tutti i Vescovi dell'Emilia-Romagna e con molti altri che, provenienti da Diocesi italiane e straniere, sono stati invitati a questo momento, e insieme anche a tutti i sacerdoti presenti. La concelebrazione si concluderà con la recita dell’Angelus; sia la Santa Messa che la recita dell’Angelus saranno trasmesse in diretta dalla televisione di San Marino e dalla prima rete RAI.
Nel pomeriggio il Santo Padre si trasferirà a Pennabilli, sede della diocesi, e nella piazza antistante la Cattedrale vivrà un momento di incontro con tutti i giovani della diocesi.
“Il mio animo – ha detto mons. Luigi Negri – è pieno di commozione, di gratitudine e di senso di grande responsabilità; prepariamoci, fratelli miei, a questo evento di grazia che la provvidenza ci offre per accrescere la nostra fede”.
“Rinnoviamo l'esperienza fondamentale della fede come comunione con il Signore Gesù Cristo nella preghiera – ha aggiunto –; viviamo la vita ecclesiale con intensità e regolarità, soprattutto nella partecipazione ai Sacramenti; viviamo la carità nei confronti dei nostri fratelli, soprattutto per quelli che sono in bisogno o addirittura nell’indigenza”.
“Approfondiamo la cultura che nasce dalla fede, soprattutto per quanto concerne il mistero ultimo della Chiesa ed in esso la presenza e la funzione del Santo Padre”.
“Soprattutto, però, viviamo questo evento a cui ci stiamo preparando come proposta per tutti i nostri fratelli con i quali viviamo – ha incoraggiato –, anche per quelli che sono lontani dalla fede, che sembrano del tutto inerti e quelli che si dicono in difficoltà o, addirittura, in polemica, perché il Papa è il testimone più alto sulla terra della vita cristiana che è una vita vera, buona e bella e pertanto è la vita che è piena di risposte alle esigenze fondamentali del cuore di ogni uomo”.
I rapporti fra San Marino e la Santa Sede sono da tempo caratterizzati da convergenze su grandi valori comuni, da relazioni consolidate e formalizzate fin dal 1926, da convenzioni, accordi e visite ufficiali.
L’ultimo viaggio in questa terra di un Papa è stato quello di Giovanni Paolo II il 29 agosto 1982, in occasione della sua visita a tutte le diocesi della Regione pastorale Emilia-Romagna, iniziata a Bologna il 18 aprile di quello stesso anno.


Christian Rights Watch. Ecco un primo esempio di Anna Bono 13-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it

Se non muoiono, i cristiani perseguitati non fanno notizia e succede che persino la loro morte passi inosservata. In Nigeria la violenza religiosa è continuata nei giorni successivi alle stragi di Natale che nelle città di Jos e di Maiduguri hanno causato più di 80 vittime. Il 3 gennaio, sempre a Maiduguri, capitale dello Stato settentrionale di Borno a maggioranza islamica, una chiesa pentecostale è stata incendiata mentre per fortuna nessuno si trovava al suo interno. Poi, all’alba dell’11 gennaio, i cristiani del villaggio di Wareng vicino a Jos, capitale dello stato di Plateau, sono stati attaccati da un gruppo di giovani islamici che hanno ucciso 13 persone, forse per vendicare la scomparsa di otto musulmani aggrediti il 7 gennaio nei pressi di un insediamento abitato da cristiani mentre tornavano da una festa di nozze.

Minaccia di diventare ancora più difficile che in Nigeria la situazione dei cristiani in Somalia, perseguitati dalla maggioranza islamica sempre più influenzata dall’ideologia integralista che ormai li costringe a praticare la fede in segreto. Nel 2010 sei cristiani hanno trovato la morte per mano di militanti al Shabaab, il movimento islamico antigovernativo che controlla molte città ed estese porzioni del territorio somalo e che dichiara di voler cancellare il cristianesimo dalla Somalia. Gli al Shabaab il mese scorso hanno scoperto una biblioteca cristiana, l’hanno distrutta e hanno bruciato tutti i libri e gli audiovisivi che vi erano custoditi. Dall’Africa all’Asia, lo scenario non migliora. In Indonesia, i cristiani cattolici del distretto di Bogor, West Java, non hanno potuto celebrare il Natale perché le autorità hanno vietato loro qualsiasi attività o cerimonia pubblica sostenendo che non disponevano di un luogo di culto essendo mancate le necessarie autorizzazioni per costruire una chiesa, il che peraltro si deve alle pressioni di gruppi islamici estremisti. La legge proibisce di pregare in pubblico e tale si intende anche un locale eventualmente affittato per l’occasione.

In Laos invece 11 cristiani sono stati arrestati il 4 gennaio con l’accusa di aver organizzato un incontro segreto. L’agenzia di stampa AsiaNews, che ha riportato la notizia il 12 gennaio, spiega che in realtà i fedeli, dopo aver ottenuto i necessari permessi dalle autorità, si erano riuniti in una casa per una veglia di preghiera per celebrare la nascita di Gesù. Nella provincia laotiana di Khammouan si sono già verificate violazioni della libertà religiosa in passato. Lo scorso maggio altri fedeli erano stati incarcerati e le famiglie che frequentavano la loro casa di devozione sono state accusate di collusione con il nemico (gli USA) e sottoposte per giorni a un programma di rieducazione.

Hanno trascorso il Natale in carcere anche i nove cristiani di Hamadan, Iran, reclusi ormai da quattro mesi per attività di evangelizzazione. I servizi di sicurezza iraniani che li definiscono “sionisti cristiani” li accusano di far parte di un gruppo che mira a distruggere la Repubblica islamica. Altri iraniani convertiti al cristianesimo sono stati fermati nelle scorse settimane con la medesima accusa a Hamadan, Karaj e a Teheran. Una parte di essi è stata rilasciata dopo aver giurato di interrompere ogni attività di proselitismo.

Con l’accusa di proselitismo e di istigazione all’odio religioso deve fare i conti in questi giorni pure Isaac Samuel, un pastore protestante di Davanagere, Karnataka, India, che il 2 gennaio è stato aggredito e ferito da un gruppo di estremisti indù. Nel Karnataka e negli altri Stati indiani in cui le aggressioni i cristiani sono frequenti, spesso gli autori restano impuniti per la collusione della polizia. Per questo Samuel si è appellato al governo chiedendo protezione per sé, per la propria famiglia e per tutti gli altri ministri di culto cristiani regolarmente attaccati dagli estremisti indù.

Per finire, brutte notizie arrivano dall’Armenia e dall’Azerbaigian dove delle nuove norme limitano la libertà di religione. In Armenia il governo affiderà a una commissione di esperti statali il compito di decidere se autorizzare o meno la registrazione delle organizzazioni religiose. Quelle ammesse dovranno presentare ogni anno un rapporto dettagliato delle loro attività. Le nuove leggi proibiscono ogni forma di culto non autorizzata, pongono rigide restrizioni al proselitismo e vietano tra l’altro di pregare in asili, scuole e altri luoghi di insegnamento. In Azerbaigian la legge varata il 29 dicembre ha aumentato di 16-20 volte le pene pecuniarie per chi svolge senza autorizzazione attività religiose quali guidare un gruppo di preghiera, pregare in compagnia, importare e diffondere testi e documenti religiosi non approvati dalla censura statale e insegnare il catechismo ai bambini. L’entità delle sanzioni è tale che una famiglia condannata può di perdere ogni bene, inclusa la casa.


EDITORIALE - L'influenza cinese di Mario Mauro, venerdì 14 gennaio 2011, il sussidiario.net

I risultati del referendum sul futuro status del Sud Sudan (parte dell’accordo di pace del 2005 tra il governo di Khartoum e l’Esercito di liberazione popolare del Sudan) saranno realisticamente ufficializzati solo nel mese di febbraio, intanto però il dibattito sulle conseguenze di un’eventuale secessione del paese africano si fa interessante. Non soltanto perché stiamo parlando del più esteso paese africano, che forse è il peggiore del mondo dal punto di vista della sicurezza dei cittadini, ma anche per gli enormi interessi che le grandi potenze straniere, soprattutto la Cina, hanno all’interno del Sudan.

Il Sudan è il secondo fornitore africano di petrolio per la Cina, dietro l’Angola. Per questo motivo il gigante asiatico difende in tutti forum internazionali il Sudan dalle accuse di violazione dei diritti umani e di genocidio nella regione del Darfur. Il Sudan è stato messo dagli Stati Uniti nella lista dei “Paesi canaglia”. Così le compagnie petrolifere americane che esploravano il sud del Paese, dove è stato trovato oro nero in gran quantità, sono state costrette ad andarsene, immediatamente rimpiazzate da cinesi e malesi: imprenditori, operai, impiegati, ma anche capimafia e capi bastone cinesi hanno letteralmente invaso il Sudan. E concessioni minerarie di vario genere (comprese quelle petrolifere) sono state assegnate a uomini di Pechino.

La missione svolta prima della fine della guerra civile in Sudan con la delegazione “Ue/Africa, Caraibi, Pacifico” mi ha immerso in una situazione estremamente complessa dal punto di vista religioso, sociale ed economico. Il risultato della lunga guerra civile è pesante e ancora fa sentire i suoi influssi: guerriglia, violenza, vandalismi, senza contare la distruzione delle strutture, le malattie, la povertà estrema.

Sei europarlamentari sono tra i 32 osservatori Ue che si trovano in Sudan dal 9 gennaio. Secondo le prime considerazioni della bulgara Mariya Nedelcheva (PPE), «l’atmosfera è pacifica in gran parte del paese». A capo della missione Ue c’è Veronique De Keyser (S&D, Belgio), che ha ricordato che «il processo è ancora in corso», e che la fase critica sarà «il conteggio, l’aggregazione dei risultati e la valutazione dei ricorsi».
Difficile che il referendum metta fine all’instabilità e all’incertezza: il presidente Al Bashir (che nel 2009 ha subito un mandato di cattura dal tribunale dell’Aja per genocidio e altri crimini) ha detto che il Sud «non ha la capacità di provvedere ai propri cittadini o anche di dar vita ad uno Stato o a un’autorità». Questa ostilità da parte del criminale Al Bashir non promette niente di buono, così come non sono segnali positivi le violenze avvenute durante i giorni delle votazioni. Diverse persone hanno perso la vita negli scontri, provocati sia dalle milizie ribelli del Nord, sia da quelle del Sud.

Se dovesse verificarsi la secessione non sarebbe da escludere lo scoppio di una nuova guerra civile, a causa dei confini definiti nel 1956, ma anche per tutte le questioni legate a eventuali adattamenti post-referendari. Altra questione da non sottovalutare è quella del petrolio: in questo caso è praticamente impossibile che non si verifichino diatribe su alcune zone ricche di petrolio, come la regione di Abye.

Facile quindi comprendere come il ruolo della Cina per evitare una nuova catastrofe sia determinante. Pechino vorrà mantenere buoni rapporti con entrambe le parti, e per questo la diplomazia cinese si trova di fronte a un futuro di pericolosi equilibrismi. L’Onu e l’Unione europea non potranno permettersi di restare fuori dai giochi, anche perché quest’ultima ha stanziato in totale fino a oggi circa 131 milioni di euro nel paese, 17 dei quali pochi mesi fa proprio per fronteggiare eventuali crisi dovute alle votazioni.

Sappiamo tutti quanto la Cina non guardi minimamente al rispetto dei diritti umani, quindi un disastro umanitario sarà evitato non soltanto se verrà evitato un nuovo conflitto, ma anche se riusciremo a incalzare il Governo di Hu Jintao con pesanti vincoli commerciali in difesa della martoriata popolazione sudanese.


I DISCORSI DI BENEDETTO XVI E LA SORPRESA CHE NON C’È

I passi del cristianesimo sono i passi della democrazia - GIACOMO SAMEK LODOVICI , Avvenire, 14 gennaio 2011

Per due volte nel giro di dieci giorni – nel Messaggio del primo gennaio per la Giornata mondiale della pace e nel Discorso di lunedì scorso al Corpo diplomatico – il Papa è intervenuto sul nesso tra cristianesimo e democrazia: «Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri». Ad alcuni potrà sembrare un’affermazione sorprendente, sia perché la Chiesa viene accusata di essere antidemocratica, sia perché la democrazia l’hanno 'inventata' i greci. Ora, è vero che la democrazia è nata nell’Ellade, ma non era e non poteva essere compiuta. Infatti, una democrazia compiuta è un sistema politico in cui ogni essere umano conta quanto gli altri ed è pari agli altri in dignità, perciò nessuno è escluso dalla partecipazione al voto (purché sufficientemente maturo, secondo un’età scelta convenzionalmente) e tutti godono degli stessi diritti. Tra gli antichi greci le cose non stavano così, perché essi riconoscevano la dignità e quindi i diritti del cittadino maschio adulto, ma li negavano alle donne, ai bambini, agli stranieri e giustificavano pacificamente la schiavitù. Di seguito, la stagione filosofica dello stoicismo romano ha maturato l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini; ma questo importante progresso è offuscato da un regresso, perché questi pensatori, a dispetto di alcuni spunti preziosi di segno contrario, in generale sbiadiscono la dignità umana, negando all’uomo sia una differenza qualitativa con gli altri esseri, sia la libertà, sia la spiritualità. Invece, come riconoscono gli esperti di storia delle idee (il piano della storia degli eventi non rientra nella competenza di chi scrive, ma molte leggende nere andrebbero sfatate…), l’avvento del messaggio cristiano proclamato dalla Chiesa coincide con l’affermazione dell’uguale, intangibile e incommensurabile dignità di ogni essere umano di fronte a Dio, al punto che per ogni uomo Cristo muore sulla Croce. Lo conferma un insospettabile come Nietzsche, che fu un feroce nemico del cristianesimo accusato di proteggere ogni uomo, anche il debole, anche il malato, anche il 'malriuscito', così impedendone l’eliminazione, che egli considerava rigeneratrice. «Davanti a Dio – scrive Nietzsche – tutte le 'anime' diventano uguali; ma questa è proprio la più pericolosa di tutte le valutazioni possibili! Se si pongono gli individui come uguali [...] si favorisce una prassi che mette capo alla rovina della specie; il cristianesimo è il principio opposto a quello della selezione. [...] Questo amore universale per gli uomini è in pratica un trattamento preferenziale per tutti i sofferenti, falliti, degenerati: esso ha in realtà abbassato la forza, la responsabilità, l’alto dovere di sacrificare uomini. […] E questo pseudoumanesimo che si chiama cristianesimo vuole giungere appunto a far sì che nessuno venga sacrificato». Il messaggio cristiano ha portato, nel corso dei secoli, all’effettiva realizzazione della democrazia e del suffragio universale. Al riguardo potremmo moltiplicare le citazioni, ma può essere sufficiente l’affermazione di un prestigioso intellettuale cinese non cristiano (citato dal sociologo delle religioni Rodney Stark) che, comprensibilmente, ha preferito rimanere anonimo: «Il cuore della vostra cultura è la vostra religione, il cristianesimo. È questa la ragione per cui l’Occidente è diventato così potente. Il fondamento morale cristiano della vita sociale e culturale è il fattore che ha reso possibile [...] la transizione a una politica democratica. Non abbiamo alcun dubbio in proposito». Incredibile è che ce ne siano nel 'nostro' spicchio di mondo.


Avvenire.it, 14 gennaio 2011- LA FEDE NEGATA - «Asia Bibi rischia la vita anche dentro il carcere» di Stefano Vecchia

Mentre in Pakistan la controversia sulla "legge antiblasfemia" ha sempre più una dimensione nazionale, il raggruppamento radicale islamista Tehrik Tahafuz Namoos-i-Risalat (Ttnr, Alleanza per difendere l’onore del Profeta), ha annunciato per oggi una manifestazione nazionale di protesta contro il Papa, che il 10 gennaio, nel discorso davanti al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, aveva lanciato un appello per l’abrogazione della legge. L’organizzazione è nata per contrastare il movimento che nella società civile pachistana chiede la salvezza per Asia Bibi, la cui situazione si fa sempre più precaria.

Secondo un rapporto dei servizi segreti diffuso dal quotidiano Express Tribune, le misure di sicurezza nel carcere di Sheikhupura non sarebbero sufficienti per garantirne l’incolumità. La donna, madre di cinque figli, vive con altre 15 o 16 detenute, sotto la custodia di agenti che «non sono vigili e la maggior parte delle volte sono assenti», scrive il rapporto. In questo contesto, trovano ancora più eco i timori che Asia Bibi possa essere vittima di una esecuzione extragiudiziaria, come per 35 accusati di blasfemia uccisi finora in detenzione oppure poco dopo la loro liberazione a seguito di un verdetto d’innocenza. Su Asia Bibi pende anche la taglia di oltre 4.000 euro messa a disposizione tempo fa dall’imam di una moschea di Peshawar. Non a caso, a conclusione del rapporto si trova la raccomandazione di trasferire la donna in un carcere più grande, nonostante i rischi che il trasferimento comporterebbe.

La diffusione del documento dei servizi segreti è arrivata in giornate tese per il dibattito sulla legge e per le crescenti minacce contro membri del Parlamento ed esponenti delle minoranze. Ieri il ministro dell’Interno, Rehman Malik ha ribadito l’orientamento del governo di «non introdurre alcun emendamento alla legge sulla blasfemia», non rimettendo in discussione una «posizione che è assolutamente chiara». Una posizione, come altre di queste ultime settimane che deriva dalla crescente pressione dei movimenti islamisti dentro e fuori il governo.

L’assassinio di Salman Taseer, l’influente governatore della provincia del Punjab da parte di una guardia del corpo il 4 gennaio, ha mostrato quanto pericoloso sia il dibattito sulla legge. Taseer era un influente esponente del Partito del Popolo pachistano, di cui è leader il presidente Zardari. Della stessa formazione fa parte Sherry Rehman, ex ministro delle Comunicazioni che a novembre ha presentato una proposta di emendamento della legge antiblasfemia e ora vive sotto assedio. Ieri il ministro delle Minoranze, il cristiano Shabhaz Bhatti, ha confermato le continue minacce di morte: «Ora sono l’obiettivo più ambito», ha confessato a un’agenzia.