Nella rassegna stampa di oggi:
1) Radio Vaticana, notizia del 16/01/2011 - L'Angelus di Benedetto XVI - Testo integrale
2) Lo Straniero - Il blog di Antonio Socci - Un uomo - Posted: 15 Jan 2011, di Antonio Socci
3) 15/01/2011- PAKISTAN - Radicali islamici manifestano contro il Papa in tutto il Punjab di Jibran Khan - Le proteste sono avvenute ieri a Karachi, Lahore e Rawalpindi e hanno coinvolto i principali partiti e gruppi radicali del Pakistan. Sotto accusa le dichiarazioni di Benedetto XVI per l'abrogazione della legge sulla blasfemia, definite “un attacco al cuore dei musulmani”.
4) A colloquio con il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi - Celerità e rigore nella causa di beatificazione di Giovanni Paolo II di Nicola Gori (©L'Osservatore Romano - 16 gennaio 2011)
5) Gabbie dorate in TV - January 16th, 2011 di Carlo bellieni da http://carlobellieni.com/
Radio Vaticana, notizia del 16/01/2011 - L'Angelus di Benedetto XVI - Testo integrale
Cari fratelli e sorelle! In questa domenica ricorre la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che ogni anno ci invita a riflettere sull’esperienza di tanti uomini e donne, e tante famiglie, che lasciano il proprio Paese in cerca di migliori condizioni di vita. Questa migrazione a volte è volontaria, altre volte, purtroppo, è forzata da guerre o persecuzioni, e avviene spesso – come sappiamo – in condizioni drammatiche. Per questo fu istituito, 60 anni or sono, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Nella festa della Santa Famiglia, subito dopo il Natale, abbiamo ricordato che anche i genitori di Gesù dovettero fuggire dalla propria terra e rifugiarsi in Egitto, per salvare la vita del loro bambino: il Messia, il Figlio di Dio è stato un rifugiato. La Chiesa, da sempre, vive al proprio interno l’esperienza della migrazione. Talvolta, purtroppo, i cristiani si sentono costretti a lasciare, con sofferenza, la loro terra, impoverendo così i Paesi in cui sono vissuti i loro avi. D’altra parte, gli spostamenti volontari dei cristiani, per diversi motivi, da una città all’altra, da un Paese all’altro, da un continente all’altro, sono occasione per incrementare il dinamismo missionario della Parola di Dio e fanno sì che la testimonianza della fede circoli maggiormente nel Corpo mistico di Cristo, attraversando i popoli e le culture, e raggiungendo nuove frontiere, nuovi ambienti.
“Una sola famiglia umana”: questo è il tema del Messaggio che ho inviato per l’odierna Giornata. Un tema che indica il fine, la meta del grande viaggio dell’umanità attraverso i secoli: formare un’unica famiglia, naturalmente con tutte le differenze che la arricchiscono, ma senza barriere, riconoscendoci tutti fratelli. Così afferma il Concilio Vaticano II: “Tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra” (Dich. Nostra aetate, 1). La Chiesa – dice ancora il Concilio – “è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Cost. Lumen gentium, 1). Per questo è fondamentale che i cristiani, pur essendo sparsi in tutto il mondo e, perciò, diversi per culture e tradizioni, siano una cosa sola, come vuole il Signore. E’ questo lo scopo della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”, che avrà luogo nei prossimi giorni, dal 18 al 25 gennaio. Quest’anno essa si ispira ad un passo degli Atti degli Apostoli: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera” (At 2,42). L’Ottavario per l’unità dei cristiani è preceduto, domani, dalla Giornata del dialogo ebraico-cristiano: un accostamento molto significativo, che richiama l’importanza delle radici comuni che uniscono ebrei e cristiani.
Nel rivolgerci alla Vergine Maria, con la preghiera dell’Angelus, affidiamo alla sua protezione tutti i migranti e quanti si impegnano in un lavoro pastorale in mezzo a loro. Maria, Madre della Chiesa, ci ottenga inoltre di progredire nel cammino verso la piena comunione di tutti i discepoli di Cristo.
DOPO ANGELUS
Cari fratelli e sorelle, come sapete, il 1° maggio prossimo avrò la gioia di proclamare Beato il Venerabile Giovanni Paolo II, mio amato predecessore. La data scelta è molto significativa: sarà infatti la II Domenica di Pasqua, che egli stesso intitolò alla Divina Misericordia, e nella cui vigilia terminò la sua vita terrena. Quanti lo hanno conosciuto, quanti lo hanno stimato e amato, non potranno non gioire con la Chiesa per questo evento. Siamo felici!
Desidero assicurare il mio particolare ricordo nella preghiera per le popolazioni dell’Australia, del Brasile, delle Filippine e dello Sri Lanka, recentemente colpite da devastanti inondazioni. Il Signore accolga le anime dei defunti, dia forza agli sfollati e sostenga l’impegno di quanti si stanno prodigando per alleviare sofferenze e disagi.
Chers pèlerins francophones, mardi s’ouvrira la Semaine de prière pour l’Unité des chrétiens. N’ayons pas peur d’être ensemble «
Unis dans l’enseignement des apôtres, la communion fraternelle, la fraction du pain et la prière ». Puisse l’Esprit-Saint ouvrir les cœurs et donner à son Église le don de l’unité ! L’Évangile de ce jour nous invite à rendre témoignage et à accueillir le Christ parmi nous. Il est celui qui nous accompagne avec tendresse. À l’exemple de la Vierge Marie soyons vigilants dans la prière ! Bon dimanche et bonne semaine à tous !
To all the English-speaking visitors and pilgrims here today, I extend heartfelt greetings. On Tuesday next we begin the Week of Prayer for Christian Unity. I invite all of you to join me in praying earnestly for the gift of unity among the followers of our Lord Jesus Christ, the Lamb of God who takes away the sins of the world. Upon all who are here today, and upon your families and loved ones at home, I invoke God’s abundant blessings.
Einen frohen Gruß richte ich an alle deutschsprachigen Pilger und Besucher. Das Evangelium des heutigen Sonntags zeigt uns Johannes den Täufer, der Zeuge wird, wie der Geist vom Himmel auf Jesus herabkommt und auf ihm bleibt. Als Getaufte haben wir Teil am Geist des Herrn, der auch heute wirkt und Gemeinschaft stiftet. Bitten wir den Heiligen Geist, daß er Frieden unter den Völkern schaffe und die Spaltungen unter den Christen heile – besonders in der Weltgebetswoche für die Einheit der Christen, die am Dienstag beginnt. Euch und euren Lieben schenke der Herr seinen Segen.
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, particularmente a los alumnos y porfesores del Instituto de Villafranca de los Barros. Al comenzar esta Semana de oración por la unidad de los cristianos, invito a todos a pedir con constancia a Dios, para que siga santificando a todos sus hijos en la verdad de Cristo, crezcamos en el conocimiento de su Palabra y sirvamos a la edificación de su Reino con humildad y amor. Que la maternal intercesión de la Santísima Virgen María, anime todos los corazones, para que se eliminen las barreras de separación y, curados de toda división, demos un testimonio creíble del Evangelio de la Salvación. Feliz domingo.
Drodzy bracia i siostry, Polacy! Serdecznie pozdrawiam was wszystkich: obecnych tu w Rzymie, w Polsce i w świecie. Podzielam waszą radość z ogłoszenia beatyfikacji Ojca Świętego Jana Pawła II, która odbędzie się 1 maja tego roku. Ta wiadomość była bardzo oczekiwana przez wszystkich, a w szczególny sposób przez was, dla których Czcigodny mój Poprzednik był przewodnikiem w wierze, w prawdzie i w wolności. Życzę wam głębokiego, duchowego przygotowania się do tego wydarzenia i z serca wszystkim błogosławię.
[Cari fratelli e sorelle Polacchi! Saluto cordialmente tutti voi, qui a Roma, in Polonia e nel mondo intero. Condivido con voi la gioia per l’annuncio della beatificazione del Santo Padre Giovanni Paolo II, che avrà luogo il 1° maggio prossimo. Questa notizia era molto attesa da tutti e, in modo particolare, da voi, per i quali il Venerabile mio Predecessore è stato la guida nella fede, nella verità e nella libertà. Vi auguro una profonda preparazione spirituale a questo evento, e di cuore tutti vi benedico.]
Sono lieto di salutare i rappresentanti delle Comunità Migrantes della Diocesi di Roma. Grazie per la vostra presenza! E saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi di Le Castella – Isola di Capo Rizzuto, che hanno ricevuto il sacramento della Confermazione, e i giovani dell’associazione “Noi” di Trichiana, presso Belluno. A tutti auguro una buona domenica.
Lo Straniero - Il blog di Antonio Socci - Un uomo - Posted: 15 Jan 2011, di Antonio Socci
Per noi cristiani non sono gli ecclesiastici a fare i santi, ma è Dio (la Chiesa semplicemente li riconosce e invita a farsi loro amici). I santi sono anzitutto uomini veri, la cui persona è resa affascinante, autentica, meravigliosa dall’amicizia con Gesù.
La loro vita però è un messaggio accorato di Dio a una certa generazione, a un’epoca e poi – più ampiamente – anche a tutte le altre.
Allora la beatificazione di Karol Wojtyla impone anzitutto questa domanda: cosa ha voluto dire Dio all’umanità del XX e del XXI secolo mandando un uomo così?
Perché quest’uomo è stato addirittura prefigurato e accompagnato da tanti segni anche soprannaturali ed è stato posto davanti al mondo intero con la sua elezione come Vicario di Cristo e con uno dei pontificati più lunghi della storia?
Secondo me il Cielo ha voluto dirci anzitutto due cose decisive.
Primo messaggio
Per capire la prima bisogna tornare a quel 16 ottobre 1978. Il pontificato di Paolo VI – apertosi con le luminose speranze del Concilio – si era concluso, come lui stesso dichiarò amaramente, sotto neri nuvoloni.
La tempesta che aveva colpito la Chiesa era gravissima. Il post-concilio e il Sessantotto furono dirompenti.
Circa 70 mila sacerdoti lasciarono l’abito, la pratica religiosa crollò verticalmente, l’anarchia e la contestazione nel mondo ecclesiastico sostituirono l’obbedienza, i cattolici – come disse Ratzinger – si trovarono portati qua e là da ogni vento di ideologia.
La solitudine dell’anziano papa Montini fu resa ancor più drammatica dall’esplosione della violenza politica e del terrorismo in Italia, un paese dilaniato dai conflitti.
La sensazione generale era che la Chiesa e il papato fossero ormai allo stremo e che il cattolicesimo fosse diventato residuale, una cosa per vecchiette e per bambini.
La sera del 16 ottobre 1978 quando quell’uomo giovane e vigoroso si affacciò col suo sorriso alla terrazza di San Pietro, infrangendo subito tutti i cerimoniali, con la libertà e la serena forza di chi è stato destinato fin dalla nascita a una missione grandiosa, tutti, perfino i più lontani dalla Chiesa, capirono che era accaduto qualcosa di inaudito.
Tutti rimasero a bocca aperta davanti al Papa venuto dall’Est, intuendo che era l’alba sorprendente di un giorno nuovo e che sarebbero accadute cose inimmaginabili. Dio stava “parlando”.
E papa Karol ci ha incantati subito. Ha catturato i cuori soprattutto della mia generazione e di tutte le nuove generazioni che si sarebbero affacciate sulla scena da allora in avanti: finalmente un uomo vero!
Di tutti i personaggi costruiti dai media, o comunque dal potere, chi poteva reggere il confronto? Assolutamente nessuno. E infatti per ventisette anni si sono visti, sulle tv del mondo intero, tutti i potenti dei più diversi stati e regimi che davanti a lui apparivano impacciati e insicuri come scolaretti.
Tutti ne subivano il fascino, tutti (a cominciare da Gorbacev che pare abbia addirittura pianto) si sentivano in soggezione nonostante il calore umano e la cordialità di quell’uomo.
Milioni di giovani sono corsi a incontrarlo ai quattro angoli del pianeta, incantati da un uomo che sentivano finalmente come padre vero, che comprendeva il loro desiderio di felicità, che svelava loro il senso della vita e che lo testimoniava con eroismo, con umanità e con gioia. Incantati dalle sue parole e soprattutto dalla sua persona, dalla sua libertà.
Era totalmente diverso dal cliché clericale, secondo cui i cristiani sono ometti impauriti dalla vita.
Era il papa che a vent’anni era stato operaio, poeta, attore di teatro, “combattente” nella tragedia della sua terra invasa da nazisti e comunisti e devastata; il Papa che poi era stato seminarista clandestino, giovane prete che amava andare in montagna con i suoi studenti e amava sciare e nuotare, il papa che era stato un intrepido vescovo quarantenne che si era opposto agli abusi della tirannia comunista a Cracovia e che poi ha partecipato al Concilio e poi è stato il ciclone che ha abbattuto il moloch planetario del comunismo, con la forza inerme della sua testimonianza, il papa che ha sfiorato più volte il martirio.
Ebbene quest’uomo dalla vita leggendaria, che ha percorso tutti i continenti, era la prova vivente che l’amicizia di Gesù rende più uomini e non meno uomini. Rende più autentici, più liberi, più umani, più ragionevoli, più felici.
Secondo messaggio
La seconda cosa che il Cielo ci ha detto mi pare la seguente: quest’uomo è il santo della Chiesa del silenzio, della Chiesa dei martiri, del secolo in cui si è perpetrato il più grande macello di cristiani in duemila anni di storia.
Egli appare anzitutto come il sigillo di Dio sull’età del comunismo. Sul secolo che ha visto consumarsi l’esperimento criminal-politico più vasto, duraturo e sanguinario della storia per l’eliminazione di Dio e della Chiesa dal mondo.
Giovanni Paolo II che sale agli onori degli altari dimostra che si realizza la profezia della più grande profetessa di tutti i tempi, Maria di Nazaret, quando proclamò: “Dio abbatte i potenti dai troni e innalza gli umili”.
Con la glorificazione di quest’uomo, che ha conosciuto sulla sua pelle il totalitarismo nazista e quello comunista e che ha rischiato il martirio per mano degli uni e degli altri, la Chiesa – in qualche modo – glorifica milioni e milioni di martiri del nostro secolo che sono stati massacrati nei Gulag, nei lager e in mille altri modi e il cui nome è scritto nei cieli, ma resta ignoto sulla terra.
Soprattutto quei martiri del comunismo che la Chiesa stessa – prima di Wojtyla – si vergognava di nominare, di celebrare e di indicare alla venerazione del popolo, per soggezione verso la prepotenza ideologica del comunismo mondiale.
La stessa soggezione che indusse qualche sventato ecclesiastico a evitare, al Concilio, con metodi scorretti, la condanna del comunismo, richiesta dai vescovi dell’Est europeo.
E’ evidente infatti che il comunismo per la Chiesa è stato una tragedia di natura teologica, come hanno dimostrato fior di pensatori, a cominciare da Augusto Del Noce. Del resto tutti i pontefici ne hanno denunciato la natura satanica e soprattutto lo ha fatto la Madonna a Fatima.
Il suo pontificato stesso, trascorso sotto il segno di Maria, è stato il capolavoro della Madonna che lo ha accompagnato da Medjugorije con le più lunghe apparizioni pubbliche di tutti i tempi.
Gratitudine
Giovanni Paolo II è stato infatti il Papa che ha re-insegnato alla cristianità la grandezza, la bellezza e la potenza della Madonna.
E questo è stato decisivo per la Polonia (che si riprese la sua libertà, ai cantieri di Danzica, inalberando l’icona della Madonna di Chestokowa) e grazie alla Polonia per tutto l’Est europeo e per il mondo.
Dunque bisogna prendere esempio da Giovanni Paolo il Grande, dal suo coraggio che gli faceva gridare a nome delle vittime davanti a tutti i tiranni.
E bisogna affermare a chiare note – senza timidezze – che oggi viene beatificato il Papa che – dopo aver denunciato la natura satanica del comunismo – con la forza della fede lo ha abbattuto.
Anche per questo è un santo a cui tutta l’umanità deve essere grata. Perché – come ho dimostrato, carte alla mano, nel mio libro (in queste poche righe sarebbe impossibile) – abbattendo il comunismo, per una via miracolosamente pacifica, egli ha probabilmente scongiurato una nuova (e stavolta fatale) guerra mondiale.
Attraverso di lui la Madonna ha salvato l’umanità da una autodistruzione che sarebbe stata definitiva.
15/01/2011- PAKISTAN - Radicali islamici manifestano contro il Papa in tutto il Punjab di Jibran Khan - Le proteste sono avvenute ieri a Karachi, Lahore e Rawalpindi e hanno coinvolto i principali partiti e gruppi radicali del Pakistan. Sotto accusa le dichiarazioni di Benedetto XVI per l'abrogazione della legge sulla blasfemia, definite “un attacco al cuore dei musulmani”.
Karachi (AsiaNews) – Gruppi estremisti islamici e partiti radicali hanno manifestato ieri in tutto il Punjab contro l’appello del Papa per abrogare la legge sulla blasfemia. Le dichiarazioni di Benedetto XVI sono state definite “un attacco al cuore dei musulmani". Nel suo discorso ai diplomatici il Papa ha infatti citato la morte di Salman Taseer, governatore del Punjab, ucciso lo scorso 4 gennaio per le sue critiche alla legge sulla blasfemia.Le manifestazioni sono state organizzate a Karachi, Lahore e Rawalpindi dalla Tahaffuz Tehrik-e-Namoos-e-Risalat, un'alleanza di gruppi islamici contrari a qualsiasi tentativo di modifica o cancellazione della legge. Tra i partiti radicali anche Jamaat – ud Dawah (Jud), Tehrik, Jamaat-e-Islami, Jamiat Ulema-e-Pakistan e Jamiat Ulema-e-Islam-Fazl.
Durante le proteste, Hafiz Masoor Saifullah, leader della Jud, ha criticato il Papa per il suo sostegno ad Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte nel 2009 con l'accusa di aver insultato il profeta Maometto.
Amir Ameerul Azeem, della Jamaat-e-Islami, ha accusato invece il governo di "codardia" nella gestione del caso di Aafia Siddiqui, donna pakistana detenuta negli Usa con l’accusa di terrorismo. Oltre a chiedere una protesta ufficiale contro le dichiarazioni del Papa, Azeem ha intimato il ritiro di tutti gli emendamenti fatti in parlamento contro la legge sulla blasfemia.
Il leader ha aggiunto che una nuova grande protesta sarà organizzata a Lahore il prossimo 30 gennaio per "costringere i governanti a non giocare con i sentimenti dei musulmani".
A colloquio con il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi - Celerità e rigore nella causa di beatificazione di Giovanni Paolo II di Nicola Gori (©L'Osservatore Romano - 16 gennaio 2011)
Accuratezza, scrupolosità, professionalità: sono queste le modalità con le quali è stato condotto l'iter della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II. Se da un lato, la sua beatificazione arriva a tempo di record, dall'altro non sono stati fatti sconti nelle procedure previste dalla normativa canonica. Si è trattato solo di una corsia preferenziale - concessa dallo stesso Benedetto xvi - che ha permesso di accelerare i tempi. Tra la morte di Giovanni Paolo II e la celebrazione di beatificazione del 1° maggio, infatti, passeranno sei anni e 29 giorni. Certamente, per il popolo di Dio la santità di Papa Wojtyla non è mai stata messa in discussione. E sono state proprio la fama di santità e la fama dei segni ad accompagnare e sostenere tutto l'iter processuale. È quanto spiega in questa intervista al nostro giornale il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Questa causa si è conclusa quasi a tempo di record. La rapidità non è andata a scapito del rigore e dell'accuratezza, non tanto procedurale, quanto nel possibile giudizio di un personaggio complesso?
È vero che la causa è stata molto veloce, però ha avuto due facilitazioni. La prima è stata il fatto che Benedetto xvi ha subito concesso la dispensa dai cinque anni di attesa prescritti. Quindi la causa ha avuto inizio quasi immediatamente dopo la morte di Giovanni Paolo II. La seconda è stata una sorta di corsia preferenziale: avendo avuto la deroga, la causa si è trovata senza una lista d'attesa davanti, per cui ha potuto procedere senza l'impedimento di altri procedimenti in corso. L'accuratezza, che è stata massima, si è sposata con una grande sollecitudine, una grande professionalità da parte della postulazione nel preparare la cosiddetta Positio sull'esercizio eroico delle virtù e sulla vita, e nel preparare anche le risposte a eventuali obiezioni. Tutto questo è stato eseguito con grande scrupolo dalla postulazione, per cui il 19 dicembre 2009 il Papa ha potuto firmare il decreto sulle virtù eroiche. Poi è iniziato l'esame del miracolo, che era già stato depositato in congregazione, anche se non si poteva procedere al suo esame senza aver prima assicurato il decreto sull'eroicità delle virtù. Il miracolo è stato studiato con grande attenzione, direi con pignoleria, anche perché su di esso c'era una grande pressione mediatica. I medici, sia francesi, sia italiani, non hanno in alcun modo affrettato i tempi e hanno sottoposto tutto a un attento approfondimento. Abbiamo lasciato la stessa libertà alla nostra consulta medica, affinché i periti potessero procedere secondo la loro coscienza e la loro scienza. Da parte sua, la postulazione ha sempre risposto tempestivamente alle nostre sollecitazioni. Non avendo davanti altre cause, abbiamo subito avuto accesso sia alla consulta medica, sia a quella dei teologi e sia all'ordinaria dei vescovi e dei cardinali. La celerità della causa non è stata a scapito né dell'accuratezza dell'iter procedurale, né della professionalità nel presentare il personaggio. Del resto, la fama di santità era talmente diffusa e accertata che il nostro compito è stato agevolato.
Il riconoscimento del miracolo è avvenuto in modo lineare o è stato contrastato?
È avvenuto in modo lineare, secondo le tappe e la dinamica di questi procedimenti. Sui pareri degli specialisti e degli scienziati della consulta medica la Congregazione non interviene, ma li rispetta del tutto. Dopo il via libera della consulta medica si è passati all'esame dei consultori teologi e poi, infine, dell'ordinaria dei cardinali e dei vescovi.
Qual è stato il miracolo?
Nello specifico si tratta della guarigione dal morbo di Parkinson della suora francese Marie Simon Pierre Normand, religiosa dell'Institut des petites soeurs des maternités catholiques. La malattia le fu diagnosticata nel 2001 dal medico curante e successivamente da altri specialisti. La suora ricevette le cure relative, che ovviamente più che guarirla ne attenuavano solo in parte i dolori. Alla notizia della scomparsa di Papa Wojtyla, suor Marie e le consorelle iniziarono a invocare la sua intercessione per la guarigione. Il 2 giugno 2005, stanca e oppressa dai dolori, la religiosa manifestò alla superiora l'intenzione di essere esonerata dal lavoro professionale di infermiera. La stessa superiora la invitò a confidare nell'intercessione di Giovanni Paolo II e a pregare. La suora passò una notte tranquilla. Al risveglio si sentì guarita. Erano scomparsi i dolori e non avvertiva alcun irrigidimento nelle articolazioni. Era il 3 giugno 2005, solennità del Sacro Cuore di Gesù. Suor Marie interruppe subit
o le cure e si recò dal medico curante il quale ne constatò la guarigione.
La religiosa miracolata era malata di Parkinson, la stessa malattia di Giovanni Paolo II. Che lettura teologica possiamo dare di questa coincidenza?
Anche io ho notato la correlazione. E la stessa suora l'ha fatto. Quando scomparve Giovanni Paolo II, suor Marie rimase molto scossa vedendo che era morto della sua stessa malattia. E pensò che forse il Papa defunto avrebbe potuto aiutarla conoscendo la gravità del male.
Durante il processo tutti i testimoni interpellati sono stati concordi nell'evidenziare le virtù di Karol Wojtyla o ci sono state voci dissonanti?
Per diritto, per prassi e anche secondo la nostra normativa, il postulatore deve interrogare sia i testi a favore, sia i testi contro. Da questo punto di vista, la postulazione ha fatto un buon lavoro per dissipare tutte le ombre. Come ho detto nella mia prolusione all'apertura dello Studium, il lavoro dei postulatori è estremamente serio e deve essere fatto in maniera scrupolosa, perché svolgono una forma particolare di collaborazione con il Papa nel suo magistero ordinario.
È la prima volta che un Pontefice beatifica un suo predecessore negli ultimi dieci secoli: che significato ha questa circostanza?
È un significato di continuità, non solo nel magistero, ma anche nella santificazione personale. Del resto, in questi ultimi due secoli abbiamo una serie di vescovi di Roma dei quali è stata riconosciuta la santità, sia pure in gradi diversi: Pio x, Pio xii, Giovanni xxiii, Paolo VI, Giovanni Paolo i. Pontefici che si sono passati il testimone non solo del magistero e della guida della Chiesa, ma anche dell'esempio nella santificazione.
Il sensum fidelium del popolo di Dio già aveva decretato la santità di Giovanni Paolo II. L'iter canonico della causa ha risentito di questa pressione?
Io non direi pressione: piuttosto, accompagnamento. Il sensum fidelium è quello che noi chiamiamo, in termine tecnico, la fama di santità e di segni, che è indispensabile per una causa. Un procedimento non può essere portato a termine se non c'è questo accompagnamento da parte dei fedeli, la fama di santità della figura del servo di Dio e la fama dei segni. In altre parole, il popolo ricorre al servo di Dio per avere delle grazie. E questo c'è stato. "Santo subito" è una cosa buona, ma deve essere "santo sicuro", perché la fretta non porta buoni frutti.
La beatificazione di Giovanni Paolo II mette fine alla ricerca storica sugli atti e sulla portata del suo pontificato?
No, assolutamente. Pensiamo a Gregorio VII, Pio V, Sisto V, Benedetto XIV. I loro pontificati sono sottoposti a una continua indagine e revisione storica. La storia non è mai conclusa. Gli atti di governo possono essere sempre studiati, arricchiti di altre interpretazioni. I teologi tengono conto di tutti i documenti, ma nel caso di Giovanni Paolo II non è stato trovato niente di problematico.
Cosa si può rispondere a quanti sollevano dubbi sull'opportunità di una beatificazione così rapida di un Pontefice?
Non si tratta di una beatificazione rapida. L'iter ha rispettato tutti i crismi del processo, così come vengono applicati anche alle altre cause. Le facilitazioni di cui parlavo prima hanno permesso questa accelerazione dell'iter. Credo che sia stato opportuno, perché l'ondata di commozione suscitata dentro e fuori la Chiesa per la morte di Giovanni Paolo II ha rivelato come il mondo guardasse a questo Papa con una simpatia e un amore straordinari. E sono convinto che egli meritasse questo sentimento.
C'è già un miracolo allo studio per la canonizzazione?
Ho raccomandato più volte al postulatore che per il nuovo miracolo non si verifichi la stessa sovraesposizione mediatica avvenuta per il miracolo della beatificazione. È necessario che tutto venga fatto con la riservatezza e la calma necessarie. Solo alla fine, quando l'accertamento è stato compiuto, è opportuno parlarne. Occorre evitare che i medici e i periti subiscano qualsiasi tipo di condizionamento.
Qual è l'esempio particolare di santità che Giovanni Paolo II ha lasciato alla Chiesa e alla società contemporanea?
Ha lasciato essenzialmente due atteggiamenti. Il primo è una grande fede nella presenza di Dio nella storia, perché l'incarnazione è efficace, vince il male: la grazia della presenza eucaristica del Signore supera tutte le barriere e i regimi antiumani. Karol Wojtyla ha vissuto i regimi nazista e comunista, e ha visto l'implosione e la distruzione di entrambi. Il secondo atteggiamento è il suo grande spirito missionario. I viaggi del Papa erano attività missionaria vera e propria. Raggiungeva i confini della terra per annunciare il Vangelo di Cristo. Lo considero un grande Pontefice missionario. E la Redemptoris missio è una straordinaria enciclica, ancora attuale.
Ha un ricordo personale di Giovanni Paolo II?
Aveva un grande senso dell'amicizia, del rispetto. Mi ha scelto come segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. Sono stato ordinato vescovo da lui il 6 gennaio 2003: eravamo in dodici, gli ultimi a ricevere da Papa Wojtyla l'ordinazione episcopale. Lo incontravo ogni mese, da segretario della Dottrina della Fede, sollecitato dall'allora cardinale Ratzinger, che era il mio diretto superiore. E Giovanni Paolo II ascoltava a lungo, ascoltava sempre. L'ho conosciuto prima della mia nomina al dicastero, quando partecipavo alle consulte dei teologi su alcuni temi. Anche in queste riunioni la cosa che più mi colpiva era la sua capacità di ascolto. Noi parlavamo, lui ascoltava. E solo dopo, quando ci rivedevamo a pranzo, faceva le sue osservazioni. Era evidente la sua volontà di capire a fondo.
Gabbie dorate in TV - January 16th, 2011 di Carlo bellieni da http://carlobellieni.com/
“Teen cribs”, letteralmente “cucce degli adolescenti”, è il titolo di un programma di MTV che mostra le lussuose abitazioni di ultraricchi statunitensi, illustrate con sfoggio dai figli, cui sono state ricavate in questi veri castelli dei sotto-manieri, alcuni dei quali con cabina-doccia per i cani. Vi troviamo tutti i confort: mobili bellissimi, palestra, discoteca personale, sale da Bowling, campi da pallacanestro, cinema privato, piscine; quanto la vostra fantasia può immaginare non raggiunge quello che vi troviamo dentro. Il tutto condito da un quadretto idilliaco della famiglia, che compare dopo l’introduzione del teenager, e che mostra amore, solidità, fedeltà. Tutto perfetto. Troppo. Ci angoscia vedere tanta perfezione, perché sappiamo tutti che la maggior parte dei matrimoni in USA va a gambe all’aria nel giro di pochi anni o mesi, e tanto idillio durerà per i ragazzi davvero poco, o magari è già finito visto che è davvero un record arrivare alla adolescenza con ancora i genitori che ti hanno messo al mondo. Ci angoscia perché dà il messaggio che si debba creare una riserva personale per essere felici. Ci angoscia anche lo sfoggio di ricchezza, perché a tutto c’è un limite, in un mondo in cui predomina la povertà e che i proprietari del castello non considerino, nemmeno parlandone. Oltretutto di tutti i ragazzini visti non ne troviamo nessuno malato (i ricchi non si ammalano?) e sono tutti figli unici, e rarissimamente in tre (ma non avevano detto che non si fanno figli solo perché c’è povertà?).
Ci angoscia anche provare invidia, certo, verso chi si può permettere lo sfarzo, e soprattutto ci angoscia che questa invidia prenda i giovani che guardano MTV: come pensare che non ne vengano infettati? In realtà poi l’invidia passa quando questi castelli sembrano delle prigioni, e fanno vedere la miseria interiore di chi pensa che nella vita dei figli tutto vada organizzato, tutto debba esser perfetto. Come scriveva GK Chesterton, spesso i delitti avvengono non nelle povere catapecchie, ma dove tutto è perfetto, dove non c’è possibilità di lasciare tracce da quanto tutto è pulito, ma c’è tanto spazio per tendere agguati; insomma, diceva, i delitti avvengono soprattutto “dove manca un po’ di sano disordine cattolico”. Non stiamo facendo un inno al pauperismo, né una giustificazione per non essere dei Paperoni, ma stiamo invitando voi a ribellarvi alla cultura della perfezione. Il mondo dei superricchi è bello e patinato, ma dato che tra quelli che conosciamo non ce ne è uno felice, ci domandiamo, parafrasando Leopardi: “A che tante facelle?”. Se non serve ad aumentare la felicità, a che pro accumulare? E a che pro mostrare questo sforzo di accumulare e creare separazioni e riserve private come bello e desiderabile, come avviene in tanti spettacoli di MTV?
Abbiamo parlato bene in altre occasioni di MTV per certi spettacoli, ma non possiamo nascondere come invece su questa emittente si trasmettano esempi di superficialità e disordine che influenzano i ragazzi. E non si è un problema di sesso, perché di sesso si può parlare, anzi, se ne deve parlare, se ne può scherzare, spiegare; ma quello che non va è quando l’orizzonte su cui si fa TV si abbassa: non moralmente, ma come respiro. MTV ha mostrato buoni esempi; continui a migliorare sulla buona strada che ci ha fatto vedere.