Nella rassegna stampa di oggi:
1) Lo Straniero - Il blog di Antonio Socci - Caterina, un episodio. E una preghiera… Posted: 18 Jan 2011
2) Il Paese del "Bunga bunga" di Andrea Tornielli 18-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
3) Il Papa, forte invito alla "romanità" dei cattolici di Massimo Introvigne 18-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it/
4) 18/01/2011 - CINA – USA - Hu Jintao negli Stati Uniti. Il banchetto di Stato, quello economico, il digiuno dei diritti umani
5) 18/01/2011 – INDIA - Orissa: per la polizia il pastore ucciso dagli estremisti è morto annegato. Insorge il villaggio di Santosh Digal
6) LA COMPLESSITÀ DELLA REALTÀ E LA SEMPLICITÀ METAFISICA DI DIO - Nel manuale “Lineamenti di filosofia della natura” (ZENIT.org)
7) Professione teologo - Quelli che riflettono sull'invisibile di Inos Biffi (©L'Osservatore Romano - 19 gennaio 2011)
8) Radio Vaticana, notizia del 18/01/2011 - Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Mons. Bruno Forte: annunciare divisi il Vangelo dell'Amore è uno scandalo
9) Giuliano Ferrara: «io, laico, applaudo alla denuncia del Papa sull’educazione sessuale» - In Famosi atei, Omosessualità e Coppie di fatto su 18 gennaio 2011 da http://antiuaar.wordpress.com/
10) La sfida dei cattolici Usa di Lorenzo Albacete - mercoledì 19 gennaio 2011 – il sussidiario.net
11) Mercoledì 19 gennaio 2011 - Udienza generale: la catechesi del Papa sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (Radio Vaticana)
Lo Straniero - Il blog di Antonio Socci - Caterina, un episodio. E una preghiera… Posted: 18 Jan 2011
Cari amici,
tanti di voi mi scrivono per chiedermi di Caterina. Questa manifestazione di vicinanza e di affetto è davvero toccante per me, anche se non riesco – purtroppo – a rispondere a tutte le mail.
E anche se le mie risposte sono un po’ vaghe, perché non me la sento di entrare nei dettagli delle condizioni di salute.
Tuttavia voglio raccontarvi un piccolo episodio di ieri da cui potrete capire qualcuno dei problemi di Caterina, ma anche la sua stupefacente consapevolezza.
Dovete sapere anzitutto che Caterina è in grado di comunicare con il “sì” e il “no”. Facendole delle domande lei risponde benissimo. Salvo il fatto che per dire “sì” dice “a!” (perché la “s” è difficile da pronunciare), mentre pronuncia bene il “no”.
Dunque, sua mamma, Alessandra, ieri stava parlandole di alcune cose e Caterina – capendo tutto bene – rispondeva, anche con risate ed esclamazioni varie che rientrano nella sua ampia espressività.
A un certo punto Alessandra le ha chiesto: “Ma tu, Cate, vuoi bene a Gesù?”. Non aveva neanche finito la domanda che Caterina, con quella prontezza che si ha solo per le cose che ardono nel cuore, le ha risposto con i suoi occhioni che si riempivano di lacrime: “ A!!! A!!!”.
Dalla sua croce, commossa e ardente come è sempre lei, Caterina ha rinnovato questa appassionata dichiarazione d’amore al Salvatore …
Sinceramente è difficile non restarne toccati (soprattutto per chi ha visto gli occhi di Caterina) e credo che la primissima a commuoversi per questo amore a Suo Figlio sia la nostra buona, dolce Madre, la Regina del cielo e della terra.
Così, considerato che siamo alla svolta decisiva nel cammino di Caterina, per ottenere la sua guarigione dalle difficoltà attuali ho pensato di fare una novena con la “Corona delle lacrime della Madonna” per chiedere la grazia da Colui che è il Medico e la Medicina delle anime e dei corpi.
Già tanti di noi recitano il Rosario quotidiano.
Oggi propongo, a chi può e vuole, di unirsi a me anche in questa preghiera, non solo per Caterina, ma per i vostri malati e per tante persone che mi hanno scritto chiedendo preghiere per loro amici o parenti che sono nella sofferenza, alle quali ho risposto che tutte le preghiere per Caterina sono anche per loro.
Questa devozione delle “lacrime di Maria”, che ebbe l’imprimatur del vescovo, deriva dalle apparizioni di Gesù a suor Amalia Aguirre, in Brasile, nel 1929-1930.
In particolare l’8 Novembre 1929, mentre stava pregando offrendo se stessa per salvare la vita di una sua parente gravemente ammalata, la suora udì una voce:
“ Se vuoi ottenere questa grazia, domandala per le Lacrime di mia Madre. Tutto ciò che gli uomini mi domandano per quelle Lacrime sono obbligato a concederlo”.
Potete trovare la storia di queste apparizioni su internet. Sotto vi copio le modalità di questo “Rosario delle lacrime” che si recita su una corona un po’ diversa da quella del rosario normale (è composta di 49 grani, divisi in gruppi di 7 e separati da 7 grani grossi, e termina con 3 grani piccoli), ma, con un po’ di praticità, si può recitare anche senza corona.
Grazie.
Antonio Socci
Rosario delle lacrime di Maria
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Orazione iniziale:
O Gesù, nostro Divino Crocifisso, inginocchiati ai tuoi piedi noi ti offriamo le lacrime di Colei che ti ha accompagnato lungo la via dolorosa del Calvario, con un amore così ardente e compassionevole. Esaudisci o buon Maestro le nostre suppliche e le nostre domande, per l’amore delle Lacrime della Tua Santissima Madre. Accordaci la grazia di comprendere gli insegnamenti dolorosi che ci danno le lacrime di questa Buona Madre, affinché adempiamo sempre la Tua Santa Volontà sulla terra e siamo giudicati degni di lodarti e glorificarti eternamente in cielo.
Sui grani grossi ( 7 ) :
O Gesù, ricordati delle Lacrime di Colei che ti amato più di tutti sulla terra. E ora ti ama nel modo più ardente in cielo.
Sui grani piccoli ( 7 x 7 ) :
O Gesù esaudisci le nostre suppliche e le nostre domande. Per amore delle Lacrime della tua Santa Madre.
Alla fine si ripete 3 volte :
O Gesù ricordati delle Lacrime di Colei che ti ha amato più di tutti sulla terra.
Preghiera conclusiva:
O Maria, Madre dell’Amore, Madre di dolore e di Misericordia, noi ti domandiamo di unire le tue preghiere alle nostre, affinché il tuo divin Figlio, al quale noi ci rivolgiamo con confidenza, in virtù delle tue Lacrime, esaudisca le nostre suppliche e ci conceda, oltre le grazie che gli domandiamo, la corona della gloria nell’eternità.
Il Paese del "Bunga bunga" di Andrea Tornielli 18-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it
Ci risiamo. Pagine e pagine di giornali piene di intercettazioni telefoniche riguardanti i gusti sessuali del presidente del Consiglio. L’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e – purtroppo! – internazionale calamitata dal «Bunga bunga» di Arcore.
Che dire di fronte all’ormai ciclico riesplodere del caso delle notti hard del Cavaliere, argomento che da due anni paralizza l’Italia? Innanzitutto il cristiano sa o dovrebbe saper distinguere tra morale e moralismo. L’esperienza della fede ci dona la grazia di riconoscerci poveri peccatori, bisognosi di perdono e di misericordia. E questo sguardo, profondamente realista, su noi stessi, è il migliore antidoto rispetto al rischio del moralismo, che lasciamo volentieri ad altri, pronti a ergersi a giudici per denunciare i peccati altrui senza mai guardare ai propri, o, peggio, sempre pronti a considerare peccati quelli degli altri, mentre i propri sono, semplicemente, espressione di libertà e di modernità.
Detto questo per non unirci al coro degli indignati in servizio permanente effettivo contro Berlusconi, non si può però fare finta di niente. Al di là dei reati – esistenti o meno – che con una solerzia davvero esemplare la Procura di Milano sta cercando di sanzionare con impressionante dispiegamento di uomini e di mezzi, il quadro che emerge dalle intercettazioni e dalle testimonianze è triste. Anzi, squallido. E qui non è questione di moralismo.
Chiamare bene il bene e male il male, non può essere moralismo. È triste vedere come un uomo potente e facoltoso, che ci rappresenta nel mondo, abbia bisogno del serale «Bunga bunga» per distendersi e rilassarsi. Abbia bisogno di una corte di starlette e starlettine, procaci e disponibili, che ambiscono ad essere scelte da lui. È triste constatare come vi siano ragazze disposte a tutto pur entrare nella scuderia di Lele Mora o di fare una comparsata in qualche programma di terz’ordine, o ancora di ricevere le famose buste-regalo per la serata con i contanti che un operaio non guardagna in due mesi di lavoro.
Si dirà che ciò che avviene dentro le mura di casa è un fatto assolutamente privato e che l’apparato di spionaggio messo in atto dai magistrati rappresenta una violazione della privacy di Berlusconi e delle sue ospiti, che non commettono reati nel partecipare a quelle cene e a quei dopo cena (tranne nel caso in cui si tratti di minorenni la cui età era conosciuta e sia provato il pagamento della prestazione sessuale). Verissimo. Non si può però dimenticare che il presidente del Consiglio è un uomo pubblico, e che l’Italia e gli italiani non meritano di essere rappresentati dal «Bunga bunga».
C’è dunque di che preoccuparsi, e parecchio. Senza scadere nel moralismo, ma anche senza chiudere gli occhi sui vizi privati in nome delle pubbliche virtù, pur coscienti che un leader politico si giudica innanzitutto per le sue scelte di governo e non per le sue scelte tra le lenzuola.
Certo, il caso Ruby presenta ancora molti lati oscuri. È innegabile un interesse, diciamo così, «speciale» da parte della magistratura per la vita privata di Berlusconi. Migliaia di pagine di intercettazioni, centinaia di utenze telefoniche controllate, interrogatori, perquisizioni, centinaia di uomini delle forze dell’ordine impiegati… Un dispiegamento che non pare di scorgere quando casi del genere, anche più gravi, riguardano tanti cittadini comuni. Eppure la legge uguale per tutti dovrebbe essere un principio applicato sempre.
Ma la preoccupazione più grande, in questo momento, non è certo quella per le sorti giudiziarie di Berlusconi. È, invece, per il Paese. Dopo il voto del 14 dicembre, era in atto un dialogo arduo, faticoso, pieno di insidie, ma pur avviato, tra la maggioranza (ormai risicatissima) e l’Udc di Pier Ferdinando Casini. Un dialogo per un sostegno esterno al governo, che permettesse di compiere alcune riforme considerate necessarie all’Italia.
Tra queste c’era e c’è anche quella di un fisco più a misura delle famiglie e dei lavoratori dipendenti. Non è facile, in questo momento, prevedere che cosa accadrà. Di certo, il riesplodere del caso «Bunga bunga» rimette tutto in discussione.
Il Papa, forte invito alla "romanità" dei cattolici di Massimo Introvigne 18-01-2011 da http://www.labussolaquotidiana.it/
Il 17 gennaio Benedetto XVI ha ricevuto, in due udienze separate, gli insegnanti e alunni del Pontificio Istituto Ecclesiastico Polacco, che continua le celebrazioni per il centenario della fondazione avvenuta nel 1910, e i fondatori e membri del Cammino Neocatecumenale.
Il filo conduttore che unisce i due discorsi di Benedetto XVI è quello dell'unità della Chiesa, della sua "romanità" e del criterio decisivo rappresentato dalla fedeltà al Papa, che unisce esperienze e cammini pure molto diversi.
Non fu, ha detto il Papa, senza un «provvidenziale disegno divino» che il vescovo san Józef Sebastian Pelczar (1842-1924) ebbe l'idea di portare a Roma seminaristi polacchi che potessero impregnarsi di un autentico spirito di comunione con la Chiesa universale e con il Papa. Con il tempo, l'Istituto divenne il punto di riferimento a Roma per tutta la Chiesa polacca. Il Papa ha evocato «l’indimenticabile Primate della Polonia, il Cardinale Stefan Wyszy?ski [1901-1981], che proprio nell’Istituto Polacco ebbe l’opportunità di preparare la celebrazione del Millennio del Battesimo della Polonia e lo storico Messaggio di riconciliazione che i vescovi Polacchi indirizzarono ai Presuli Tedeschi, contenente le famose parole: "Perdoniamo e chiediamo perdono"».
Roma per i cattolici non è solo un luogo geografico. Per i sacerdoti e i seminaristi, in particolare, è l'occasione di mettere alla prova e rafforzare quel «sincero amore per la Verità» che per ogni cattolico si esprime nella fedeltà al Papa. Alla comunità dell'Istituto polacco il Papa ha ricordato che «la ricerca della Verità, per voi che da sacerdoti vivete questa peculiare esperienza romana, viene stimolata e arricchita dalla vicinanza alla Sede Apostolica, a cui compete uno specifico ed universale servizio alla comunione cattolica nella verità e nella carità. Rimanere legati a Pietro, nel cuore della Chiesa, significa riconoscere, pieni di gratitudine, di essere all’interno di una plurisecolare e feconda storia di salvezza, che per una multiforme grazia vi ha raggiunti e alla quale siete chiamati a partecipare attivamente affinché, come albero rigoglioso, porti sempre i suoi preziosi frutti. L’amore e la devozione alla figura di Pietro vi spinga a servire generosamente la comunione di tutta la Chiesa cattolica e delle vostre Chiese particolari, perché, come una sola e grande famiglia, tutti possano imparare a riconoscere in Gesù, via, verità e vita, il volto del Padre misericordioso, il quale vuole che nessuno dei suoi figli vada perduto».
Lo stesso invito di scrupolosa fedeltà al Papa Benedetto XVI ha rivolto ai fondatori, ai dirigenti e ai membri del Cammino Neocatecumenale. Volando più alto rispetto a polemiche recenti, il Papa ha affermato che «la Chiesa ha riconosciuto nel Cammino Neocatecumenale un particolare dono suscitato dallo Spirito Santo» e che «da oltre quarant’anni il Cammino Neocatecumenale contribuisce a ravvivare e consolidare nelle diocesi e nelle parrocchie l’Iniziazione cristiana, favorendo una graduale e radicale riscoperta delle ricchezze del Battesimo, aiutando ad assaporare la vita divina, la vita celeste che il Signore ha inaugurato con la sua incarnazione». La Chiesa e il Papa hanno riconosciuto il Cammino Neocatecumenale, e di questo tutti sono invitati a prendere atto.
Nello stesso tempo, il Papa ricorda al Cammino che è stato appena approvato il Direttorio catechetico del Cammino Neocatecumenale, e che questo, come i documenti precedenti, dev'essere scrupolosamente seguito per assicurare la pratica di una «filiale obbedienza alla Santa Sede e ai pastori della Chiesa».
La Chiesa è una grande sinfonia di esperienze diverse. Le peculiarità del cattolicesimo polacco erano talora guardate con sospetto un secolo fa, eppure dalla Polonia sono venuti non solo grandi santi ma un Papa che tutto il mondo ha amato come il prossimo beato Giovanni Paolo II (1920-2005). Chiese locali, associazioni, ordini religiosi, movimenti possono trovare nella loro storia difficoltà e momenti bisognosi di purificazione. Il criterio della vera ecclesialità è la scrupolosa fedeltà al Papa: la "romanità" per cui, avendo appreso la pratica della comunione con la Cattedra di Pietro, ciascuno possa alla fine dire come il polacco Giovanni Paolo II «Io sono romano».
18/01/2011 - CINA – USA - Hu Jintao negli Stati Uniti. Il banchetto di Stato, quello economico, il digiuno dei diritti umani
Nel 2006, con Bush, Hu ebbe solo un “pranzo di lavoro”. Firmati ieri contratti con imprenditori cinesi per 600 miliardi di dollari. Altri in arrivo. Lo yuan, la Nordcorea, l’Iran, i cambiamenti climatici fra i temi da discutere. Manifestazioni di gruppi di attivisti cristiani e tibetani fuori della Casa Bianca.
Washington (AsiaNews/Agenzie) – Hu Jintao comincia oggi la sua visita di quattro giorni negli Stati Uniti. È la sua prima visita nella presidenza Obama e forse la sua ultima come presidente cinese, dato che egli dovrebbe scadere nel 2013.
A differenza di quanto avvenuto nel 2006, con la sua visita al tempo di George W.Bush, questa volta Barack Obama offrirà per il suo ospite un banchetto di Stato alla Casa Bianca. Secondo alcuni pettegolezzi sulla stampa cinese e americana, Hu si era risentito per aver partecipato solo a un “pranzo di lavoro” con l’amministrazione Bush.
Anche Hu ha preparato un “banchetto” per gli americani. Ieri un gruppo di 120 imprenditori cinesi è giunto a Houston (Texas), insieme a Wang Chao, viceministro del commercio, per firmare accordi commerciali per 600 miliardi di dollari. Incontri simili sono previsti in questi giorni a Washington, Boston, Chicago, Minneapolis, Raleigh (N. Carolina), Frankfort (Kentucky).
Le grandi offerte commerciali cinesi tendono a rabbonire gli Stati Uniti che in questi giorni hanno domandato ancora con forza a Pechino di apprezzare il valore dello yuan, tenuto molto al di sotto del suo valore reale per facilitare le esportazioni cinesi. In un’intervista a quotidiani americani, Hu ha motivato il suo no al ritocco dello yuan e ha definito il sistema commerciale internazionale basato su dollaro come “un prodotto del passato”.
Altri temi su cui vi è tensione sono la questione coreana, in cui Pechino fa da “patron” verso Pyongyang; il programma nucleare iraniano, con Pechino che frena per l’acuirsi delle sanzioni; le scelte da fare per i cambiamenti climatici, in cui la Cina si rifiuta di firmare accordi vincolanti.
In occasione del banchetto di Stato, previsto per domani sera, molti gruppi di attivisti preparano manifestazioni fuori della Casa Bianca. Un gruppo cristiano chiede la libertà per Liu Xiaobo, il premio Nobel per la pace, condannato dalla Cina come criminale per i suoi scritti sulla democrazia. Essi accoglieranno Hu Jintao con una sedia vuota, a ricordo dell’assenza dello scrittore all’accoglienza del premio a Oslo. Gruppi di tibetani faranno invece una danza con degli scheletri. Essi accusano Hu di avere “scheletri negli armadi”, fra cui la morte di migliaia di tibetani sotto la legge marziale voluta da Hu Jintao nell’89, quando era segretario del partito in Tibet.
Chai Ling, una delle leader del movimento di Tiananmen, di recente convertitasi al cristianesimo, terrà una conferenza stampa a favore dell’organizzazione “All Girls allowed (sono permesse tutte le bambine)”, contro la legge del figlio unico e la piaga dell’aborto selettivo verso feti femminili in Cina.
Nel 2006, durante la conferenza stampa finale di Bush e Hu, una donna si è alzata e ha gridato “Assassino!” al presidente cinese, accusandolo di permettere l’uccisione di migliaia di membri del movimento spirituale Falun Gong.
18/01/2011 – INDIA - Orissa: per la polizia il pastore ucciso dagli estremisti è morto annegato. Insorge il villaggio di Santosh Digal
L’autopsia sul corpo di Saul Pradhan è stata resa nota oggi e scagiona i due estremisti indù accusati del suo omicidio. I familiari minacciano proteste e chiedono un nuovo test. Arcivescovo di Cuttack –à Bhubaneswar invita tutti i cristiani del villaggio a raccogliere prove contro i due assassini.
Raikia (AsiaNews) – La polizia di Pokala (Orissa) sostiene che secondo l’autopsia Saul Pradhan, il pastore protestante ucciso lo scorso 11 gennaio, sarebbe morto annegato. La notizia ha scatenato l’ira dei familiari e degli abitanti del villaggio che accusano le autorità di aver manipolato le indagini, per difendere Marda Pradhan e Baiju Mallick, i due estremisti indù accusati del suo omicidio.
La figlia di Pradhan, Tarumi, e altri parenti assicurano che al momento del ritrovamento il corpo dell’uomo mostrava fratture alle gambe ed escoriazioni al volto e al torace, segno evidente di un’aggressione. I due indù erano i datori di lavoro di Pradhan e sono stati visti con lui il giorno della sua scomparsa. Essi sono imprenditori edili e nel 2008 hanno preso parte ai pogrom anticristiani, durante i quali è stata demolita la casa del pastore.
P. Bijay Kumar Pradhan, vicario dell'arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, afferma ad AsiaNews che prima dell’uccisione di Saul, Marda e Baiuju avevano ordinato al pastore di convertirsi alla religione indù, minacciando gravi conseguenze per un suo rifiuto.
Intanto, Chiesa e attivisti cristiani chiedono che sia fatta giustizia. Oggi mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar ha invitato tutti i cristiani del villaggio a raccogliere prove contro gli assassini in modo da spingere le autorità ad intervenire. Nei giorni scorsi Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christian (Gcic), aveva invece sottolineato il rischio di una manipolazione delle indagini e chiesto l’intervento del Central Bureou Invetigation (Cbi). Ha collaborato Nirmala Carvalho.
LA COMPLESSITÀ DELLA REALTÀ E LA SEMPLICITÀ METAFISICA DI DIO - Nel manuale “Lineamenti di filosofia della natura” (ZENIT.org)
ROMA, martedì, 18 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “L’ordine della natura non trova sufficiente spiegazione dentro la stessa natura” e “viene compreso comprendendo la finalità e riconoscendo ciò che è superiore, in quanto più complesso, maggiormente perfetto, architettonico e non subalternato”. E' questa una delle conclusioni cui giunge il manuale Lineamenti di filosofia della natura (Urbaniana University Press, Roma 2010), scritto dalla prof.ssa Lorella Congiunti.
L'opera della prof.ssa Congiunti - docente stabile di Filosofia della Natura presso la Pontificia Università Urbaniana e direttrice della SITA (Società Internazionale Tommaso d’Aquino) – presenta la proposta “forte” di una scienza filosofica della natura. Si tratta di una articolata riflessione razionale sulla natura (intesa come insieme delle cose fisiche non artificiali) volta alla conoscenza della natura (intesa come essenza).
Nel testo – corredato di excursus molto aggiornati su tematiche scientifiche, spesso di confine – non vengono inoltre trascurati i collegamenti con le scienze particolari della natura.
“L’ordine naturale è di tipo gerarchico – spiega l'autrice –; manifesta gradi di complessità diversi. Gli individui maggiormente perfetti, ovvero più vicini alla compiutezza, sono estremamente complessi, nelle loro determinazioni e nelle loro azioni”.
“Tale complessità appare chiaramente progettata. La presenza del progettista si avverte nella modalità con cui le parti si connettono nel tutto e nella irriducibilità del tutto alle parti: nessuna parte e neanche la loro somma spiega la totalità. Di contro abbiamo anche notato la forza dell’individualità delle sostanze, tale che l’individuo non si annulla nella complessità delle relazioni che istituisce”.
“La complessità degli esseri naturali è un attributo di perfezione – continua –. Infatti la semplicità metafisica di Dio, ovvero il suo essere non composto, non diviso, non scomponibile, non divisibile, ma assolutamente unitario e perfetto, viene partecipato nella complessità della realtà”.
“Accade – afferma ancora la docente – che la relazione tra la perfezione di Dio e le perfezioni naturali è come il rapporto tra una circonferenza e un poligono: il poligono, più aumenta il numero dei suoi lati, più si approssima al limite alla circonferenza, senza mai coincidere con essa; analogamente la sostanza naturale maggiormente complessa (ovvero l’essere umano) è più vicina alla assoluta semplicità di Dio”.
Quindi, sottolinea, “non si può pretendere di studiare la natura privandola della sua complessità, anzi occorre comprendere come la complessità sia un attributo di perfezione che si dispiega proprio nella gerarchia di complessità delle sostanze: dagli elementi inorganici ai viventi, dagli animali all’uomo, che è al vertice della complessità e dunque anche della perfezione”.
“Né si può pretendere, in sede filosofica, di negare la finalità della complessità totale, che emerge in maniera sublime, paradossalmente, man mano che si scende nella gerarchia della complessità, verso l’irrazionale, verso il non vivente, dove l’ordine si afferma da sé, non scelto, non voluto, non inteso, evidentemente già scritto nella natura delle cose”.
Allo stesso modo, “la natura non si identifica semplicemente con l’universo, ma la natura è l’insieme delle cose fisiche nella loro struttura e relazione. Per questo, la conoscenza di come funziona l’universo non è sufficiente a farci capire cosa sia la natura, e questo soprattutto relativamente alla sua complessità ordinata”.
A questo punto la prof.ssa Lorella Congiunti fa un esempio suggestivo: “Se uno entrasse nell’officina di un falegname e vedesse il disordine complessivo, la diminuzione della legna da lavorare, forse direbbe che si è sprecato tempo e legna ed è aumentato il disordine, e il mobile intarsiato al centro della officina verrebbe riconosciuto come un piccolo incremento di ordine ma entro un vasto sistema disordinato”.
“Parimenti – prosegue – l’universo nel suo complesso è come l’officina del falegname, e le scienze giustamente relativizzano la centralità del mobile intarsiato e registrano l’aumento del disordine totale, ma il filosofo deve essere consapevole che la natura non coincide con il perimetro dell’officina, ma è l’insieme strutturato di essa, alla luce della sua finalità”.
“In natura – sottolinea l'autrice –, la causa delle cause è la causa finale, dunque la struttura ordinata che il falegname ha prodotto è l’indice per valutare la finalità e l’ordine della sua officina, e così analogamente nella stessa natura”.
“La natura non è un grande sistema indifferente, anisotropo e omogeneo, ma una struttura gerarchica in cui la prima forma di ordine è data dalla finalità – conclude –. In questa prospettiva, i viventi sono il centro della natura, e la presenza di viventi molto complessi decreta l’immagine ordinata e finalistica della natura, anche se aumenta l’entropia nell’universo”.
Professione teologo - Quelli che riflettono sull'invisibile di Inos Biffi (©L'Osservatore Romano - 19 gennaio 2011)
Elaborare una teologia per il nostro tempo, che risponda alle attese del mondo, che ne assuma il linguaggio e le aspirazioni: è l'incombenza abitualmente assegnata a quanti fanno di professione il teologo.
Intanto giustifichiamo questo modo di esprimersi: fare di professione il teologo. Qualcuno parla di carisma o di ministero del teologo, il che può anche aver senso, se si intende mettere in luce che la teologia è un servizio nella Chiesa. Solo che si deve subito aggiungere che non si diventa teologi per grazia o per una speciale missione ricevuta, ma perché si ha una particolare capacità e attitudine a riflettere sulla fede o a esplorare il mistero cristiano; se a questo ci si dedichi assiduamente come a un lavoro arduo ed esigente, facendone una laboriosa scelta di vita.
Oggi si è molto larghi e facili nel concedere o nel concedersi il titolo di teologo: nella storia della teologia troviamo un criterio ben differente.
Tommaso d'Aquino era di parere diverso. Egli riteneva che la professione del teologo - o, come egli la definisce, l'officium sapientis - sia impresa che oltrepassa le possibilità umane (proprias vires excedit) e può esercitarsi solo affidandosi alla bontà divina (assumpta ex divina pietate fiducia).
D'altra parte, lo stesso Dottore è persuaso che fare teologia sia la sua vocazione e che Ego hoc vel praecipuum vitae meae officium debere me Deo conscius sum, ut eum omnis sermo meus et sensus loquatur ("l'impegno principale a cui è chiamato da Dio consista nel dedicarsi, con tutte le sue energie, spirituali e materiali, a parlare di Lui", Summa contra Gentiles, i, 2).
Ma, proprio per questo, nulla lo distrarrà da questo suo proposito (propositum nostrae intentionis); non lo alletterà neppure l'offerta di prestigiose prelature; di fatto giungerà al termine della sua vita esausto, proprio per aver consumato tutte le sue risorse in questo studium, che, tra tutti, considerava perfectius, sublimius, utilius et iucundius ("il più perfetto, il più sublime, il più utile e il più gioioso", ibidem).
Oggi, ancora, si sente anche rivendicare un diritto quasi sindacale di fare teologia: diritto anche dei laici e anche delle donne, ma tutto questo non ha molto senso. È ovvio che anche i laici e le donne possano esercitare la professione del teologo. La teologia non è né clericale né laicale, né maschile né femminile: quel che importa è che sia "teologia" e non altro, cioè che sia - come diceva Tommaso - un "discorso (sermo) che dica Dio", e che esponga la verità della fede cattolica (veritas quam fides catholica prophitetur) eliminando gli errori contrari (errores eliminando contrarios). Tutto il resto è chiacchiera. E lo stesso vale per la filosofia: pensiamo a due donne, Edith Stein e, da noi in Italia, a Sofia Vanni Rovighi.
Ma qui, sempre prendendo spunto dall'Angelico, vorremmo riprendere il rilievo iniziale sulla teologia a cui spetterebbe il compito di ammodernarsi, per rispondere alle attese del nostro tempo.
In realtà, crederei che si debbano variare leggermente i termini della questione e cioè affermare esattamente il contrario: non è la teologia che deve aggiornarsi all'evolversi del tempo, ma è il tempo che deve stare al passo della teologia, o meglio della Rivelazione, ricevuta nella fede. Non è Dio che si deve porre in ascolto dei bisogni e dei desideri dell'uomo, ma è l'uomo che deve accogliere l'eterno progetto divino, che sarà sempre "inattuale" per ogni uomo in ogni epoca.
La teologia si occuperà, quindi, delle Tre Persone della Trinità, di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, morto e risuscitato, dell'elezione in lui di tutta la realtà terrena e celeste, e specialmente dell'uomo, predestinato a condividere la gloria del Signore; tratterà quindi della Chiesa, che è il Corpo mistico di Cristo e il segno della sua riuscita; del peccato e della grazia; del Paradiso e dell'Inferno e di tutto quanto appartiene alla Parola rivelata.
Proprio facendo questo la teologia risulterà aggiornata, dal momento che tutte queste cose riguardano il perenne disegno di Dio sull'uomo storico e sul mondo in cui viviamo. Non è Dio che deve apprendere le attese umane per corrispondervi, ma è l'uomo che deve imparare le attese divine per conformarvisi.
La teologia fissa lo sguardo sulle cose invisibili, e perciò la sua materia, a cominciare dalla Trinità, rappresenta la realtà più concreta che si possa immaginare. Secondo quanto dichiara Paolo: "Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne" (2 Corinzi, 4, 18) per cui non hanno bisogno di aggiornarsi.
Nella misura in cui la sacra dottrina scruta e propone il piano di Dio mostra ciò che assolutamente conta per l'uomo - l'uomo non solo di oggi o di domani, ma di sempre -, ossia la sua salvezza così come Dio l'ha concepita e l'ha attuata in Cristo. Invece, nella misura in cui la medesima sacra dottrina si mette alla scuola dell'uomo, fraintende l'uomo stesso e lo inganna o lo illude, e solo in apparenza lo ha a cuore. In fondo siamo in una visione di alternativa o di dialettica tra Dio e l'uomo, come preoccupati di non cedere troppo al primo a scapito del secondo, mentre nel mistero dell'Incarnazione è proprio Dio a mostrare quando l'uomo sia in cima alla sua predilezione e al suo amore.
Detto questo, aggiungiamo che è senza dubbio un dovere del teologo usare un linguaggio trasparente, incisivo, sgombro di questioni inutili appartenenti a discussioni del passato, capace di illuminare le scelte che i diversi tempi con le loro urgenze impongono. Ma questo dovere verrà assolto appunto se lo sguardo della teologia sarà rivolto verso il mistero di Dio che è Gesù Cristo, cioè verso il mondo autentico e stabile della Grazia.
Abbiamo parlato della teologia: ovviamente tutto questo vale non meno per la predicazione e la catechesi, che ugualmente, stemperandosi in un'apparente "attualità", alla fine suscitano disinteresse, se non disgusto, e rendono omelie ed esortazioni di una noia mortale; invece che sorprendenti e attraenti per la novità, insopportabili per la monotonia.
Radio Vaticana, notizia del 18/01/2011 - Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Mons. Bruno Forte: annunciare divisi il Vangelo dell'Amore è uno scandalo
Il compito arduo ma entusiasmante dell’unità di tutti i seguaci di Cristo anima la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in programma a partire da oggi fino al prossimo 25 gennaio ed incentrata sul tema: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera”. Come ha ricordato Benedetto XVI domenica scorsa all’Angelus, “è fondamentale che i cristiani, pur essendo sparsi in tutto il mondo e, perciò, diversi per culture e tradizioni, siano una cosa sola”. Nell’intervento pubblicato dall’Osservatore Romano, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sottolinea inoltre che è giunta l’ora di una rinnovata “responsabilità ecumenica”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
“La speranza ecumenica – osserva il cardinale Kurt Koch – è alimentata soprattutto dalla convinzione che il movimento ecumenico è l’opera grandiosa dello Spirito Santo”. “Saremmo persone di poca fede – aggiunge – se non credessimo che lo Spirito porterà a compimento ciò che ha cominciato”. Il porporato sottolinea che la testimonianza cristiana è “la chiave di violino ecumenica” affinché la melodia che unisce ecumenismo e missione sia armoniosa e sinfonica. La voce cristiana è credibile se i cristiani sono uniti nel “dare testimonianza della bellezza del Vangelo”. E i testimoni più credibili – spiega il cardinale Kurt Koch – sono senza dubbio “i martiri che hanno dato la propria vita in difesa del Vangelo”. Oggi la religione cristiana è la più perseguitata. Soltanto nel 2008, ricorda il porporato, degli oltre due miliardi di cristiani nel mondo, 230 milioni sono stati vittime di discriminazioni, soprusi, ostilità e perfino vere e proprie persecuzioni. L’80 per cento delle persone che vengono perseguitate a causa della loro fede sono cristiani.
Questo bilancio sconvolgente – fa notare il cardinale Kurt Koch – rappresenta “una grande sfida per tutte le Chiese, chiamate a essere realmente solidali”. Il ricordo nella preghiera dei cristiani perseguitati può approfondire la nostra responsabilità ecumenica, trasformandola in un "ecumenismo dei martiri". “Dobbiamo vivere nella speranza che il sangue dei martiri del nostro tempo diventi un giorno seme di unità piena del Corpo di Cristo”. Dobbiamo testimoniare questa speranza – conclude il porporato – in maniera credibile nell’aiuto efficace reso ai cristiani perseguitati nel mondo, “denunciando pubblicamente le situazioni di martirio e impegnandoci insieme a favore del rispetto della libertà di religione e della dignità umana”.
La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è dunque un tempo scandito dalla riflessione sulle parole pronunciate da Gesù: “Che siano una sola cosa… perché il mondo creda”. Ma come i cristiani possono raggiungere la piena unità? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto all’arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, membro della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani:
R. – Noi dobbiamo invocarla, dobbiamo unirci alla preghiera di Gesù “Che tutti siano uno”, ma dobbiamo anche chiedere questa unità a Dio perché è Lui soltanto il Signore della nostra unità. Quest’anno è inoltre molto significativo che il tema sia stato scelto, e le riflessioni preparate, dalla Chiesa madre di Gerusalemme. Il versetto biblico indicato è “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella koinonia – nella comunione – nello spezzare il pane e nella preghiera”. Ed è il versetto che contiene le linee portanti su cui costruire l’unità che Cristo vuole per noi.
D. – Dunque, la Città Santa, oggi purtroppo ancora lacerata da profonde divisioni, è in realtà la terra dell’unità, della condivisione, la terra di questa promessa…
R. – Gerusalemme è il punto di incontro tra bellezza, amore, sapienza e dolore. La Chiesa di Gerusalemme, oggi più che mai, è chiamata ad essere ponte tra i diversi, tra i divisi, a creare legami di unità: è una sfida molto grande, ma è una sfida alla quale i cristiani di Terra Santa non possono sottrarsi e i cristiani di tutto il mondo devono essere loro vicini con la preghiera, la simpatia, la solidarietà, la prossimità.
D. – Ad alimentare questa preghiera, questa promessa di unità è anche la testimonianza dei martiri: il loro sangue è destinato a diventare, un giorno, seme di unità…
R. – La persecuzione contro i cristiani ha prodotto ancora dei martiri, delle vittime. Pensiamo soltanto all’esempio dei cristiani copti d’Egitto, così gravemente colpiti in questi recentissimi eventi. Ebbene, il sangue dei martiri è certamente seme: seme dei cristiani, seme del futuro della Chiesa. Noi, però, dobbiamo anche essere fermamente impegnati nell’invocare il rispetto della libertà religiosa come condizione di crescita, di sviluppo delle comunità religiose e del loro rapporto pacifico all’interno delle nazioni.
D. – Come ha più volte ricordato anche il Papa, per compiere questo cammino verso l’unità non mancano questioni che separano, che allontanano i cristiani, ma tutti i cristiani possono annunciare insieme la paternità di Dio e la vittoria di Gesù sul peccato e sulla morte…
R. – Annunciare divisi il Vangelo dell’amore è uno scandalo. I cristiani devono essere testimoni dell’unico Dio che è amore, dell’unico Dio-Trinità, dell’unico suo Vangelo. La nuova evangelizzazione esige più che mai uno sforzo di comunione e di unità per presentare a questo mondo inquieto, deluso dai grandi racconti delle ideologie e bisognoso di senso, il volto del Dio cristiano come il volto di Dio che è amore e che perciò dà senso, speranza al cuore degli uomini. (gf)
Giuliano Ferrara: «io, laico, applaudo alla denuncia del Papa sull’educazione sessuale» - In Famosi atei, Omosessualità e Coppie di fatto su 18 gennaio 2011 da http://antiuaar.wordpress.com/
«Io, laico, applaudo alla denuncia del Papa», così risponde il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara ad un’intervista de La Stampa (il suo quotidiano risulta al secondo posto nella classifica di qualità dei siti di informazione italiani stilata da Google, subito dietro al Corriere della Sera). Come molti altri condivide il monito di Benedetto XVI contro la partecipazione obbligatoria all’educazione sessuale (dove spesso si distribuiscono profilattici e pillole abortive all’insaputa dei genitori). «Questi corsi obbligatori nelle scuole sono una delle bandiere della stupidità occidentale. Non parlo a difesa della fede come fa il Papa e, diversamente da lui, non ho alle spalle duemila anni di ragione, però mi solleva sentirlo denunciare la sconcezza asettica e obbrobriosa dell`educazione sessuale obbligatoria. Il giorno della rielezione di Bush sul “New York Times” l’opinionista liberal Maureen Dowd attribuì quella vittoria al voto di suo fratello che aveva scelto il candidato repubblicano dopo che a scuola alla figlia di otto anni avevano insegnato a mettere un preservativo a un cetriolo». Rispetto all’educazione sessuale obbligatoria -continua il direttore de Il Foglio- era meglio ciò che accadeva in passato quando del sesso si parlava in famiglia attraverso le favole oppure in strada. «Anche stavolta il Papa ha avuto la sfacciatagine, il coraggio di impugnare la ragione per affermare nello spazio pubblico mondiale il contenuto e il significato della fede cristiana, una fede che assume alcuni principi liberali del tempo moderno senza sottomettersi alla sua deriva nullista». Associazioni gay e Radicali lo hanno criticato, e Ferrara commenta: «Come sempre lo criticano i portavoce istituzionali di una cultura i cui pilastri etici globali sono gli spermicidi, l’aborto moralmente indifferente, la pianificazione familiare coatta del sesso dei nascituri, la selezione eugenetica della vita e la sua riproduzione artificiale come mezzo a scopo di ricerca, fino all’eutanasia. Il Papa crede nella sobrietà dei costumi, in una sessualità umana orientata alla costruzione di significati vitali e non alla distruzione dell`amore nella caricatura del piacere».
La sfida dei cattolici Usa di Lorenzo Albacete - mercoledì 19 gennaio 2011 – il sussidiario.net
L'ultimo numero di The American Conservative (Febbraio 2011) contiene una discussione affascinante sull'ultimo discorso alla nazione del presidente Dwight D. Eisenhower in qualità di Presidente degli Stati Uniti, il 17 gennaio 1961, mentre gli americani si stavano preparando a celebrare l'insediamento del presidente John F. Kennedy.
The American Conservative si presenta come voce del pensiero conservatore puro, ideologicamente contrario al liberalismo e, soprattutto, ai neo-conservatori, i quali avrebbero distorto l'autentica causa conservatrice. Secondo questi conservatori, il più grande peccato dei "neos" è stato promuovere una politica estera interventista e nazionalista, e i più grandi peccatori sono stati i consiglieri del presidente George W. H. Bush che hanno promosso l'invasione dell'Iraq.
Il discorso di addio del presidente Eisenhower è ricordato principalmente per il suo ammonimento contro il "complesso militare-industriale" che, nel nome della difesa nazionale dalla minaccia del comunismo sovietico, stava condizionando la politica estera americana. I "conservatori puri" sono convinti che questa situazione sia durata fino a oggi, cinquant'anni dopo il discorso di Eisenhower e perfino dopo il collasso dell'Unione Sovietica. Il motivo che si adduce oggi per sostenere il bisogno di un potente complesso militare-industriale è la minaccia del terrorismo islamico.
Dei cinque saggi pubblicati nel numero sul discorso di Eisenhower, il più interessante, secondo me, è firmato da Patrick J. Deneen, professore associato di Government alla Georgetown University, e direttore-fondatore del Tocqueville Forum on the Roots of American Democracy.
Secondo Deneen, il discorso di Eisenhower arriva nel cuore della crisi odierna statunitense, da lui identificata come una "perdita di libertà repubblicana nel nome del potere e della liberazione". Il potere del complesso militare-industriale certamente contribuisce a questa situazione, ma Deneen vede un secondo tema nel discorso che va altrettanto al cuore della presente crisi, e precisamente "i pericoli della rivoluzione tecnologica’".
"L'America - scrive - può essere descritta come una repubblica tecnologica nata, nutrita ed arrivata alla sua più grande statura tramite la sua stretta filiazione con il progetto scientifico moderno. Coerentemente con la sua nascita durante l'Età della ragione, gli eroi dell’America sono stati spesso inventori o scienziati... Gli Stati Uniti sono stati coscientemente fondati come entità politica basata sulla conoscenza tecnica".
Alexander Hamilton in The Federalist Papers attribuisce l'ispirazione della Costituzione proposta alle sue basi in una "nuova scienza della politica" fondata “sulla riflessione e sulla scelta" piuttosto che "sull'accumulo inconscio di vecchie pratiche, pregiudizi e tradizioni". Hamilton li identifica come "accidente e forza".
Secondo John Dewey, scrive Deneen, "la democrazia e la scienza sono state effettivamente indistinguibili, entrambe costruite su di una sperimentazione incessante e sul progresso; entrambe dedicate all'espansione del potere umano". D'altra parte, la storia americana dimostra anche "timori altrettanto antichi sui costi della tecnologia per la natura, la comunità e l'anima umana".
Al cuore di questa divisione interna tra gli americani Deneen vede "un disaccordo riguardo la natura della libertà, questa ispirazione - duratura anche se contestata - americana" (Deneen ci ricorda che Thomas Jefferson considerava Francis Bacon, autore del metodo moderno di ricerca scientifica ("conoscenza è potere", diceva) una delle tre menti più grandi nella storia umana. Il primo articolo della Costituzione richiede che il Congresso supporti il "progresso della Scienza e delle Arti utili" (così escludendo l'Arte "inutile"!).
L'articolo di Deneen continua diffondendosi su questo dualismo nell'anima americana, notando i suoi effetti su quella che è la nostra visione attuale di cosa costituisce l'Università, laddove l'ammonimento di Eisenhower contro il complesso militare-industriale era legato alla sua preoccupazione del primato della scienza moderna e della tecnologia.
Durante la discussione su scienza e fede, nel New York Encounter che si è appena concluso (vedi l’editoriale della scorsa settimana), ho mostrato come un dibattito sulla libertà è, di fatto, un dibattito sullo stupore e sul timore sperimentato da un “amore dell'Essere" (termine di Mons. Luigi Giussani), e che il più grande contributo che i cattolici americani possono dare all’attuale discussione sulla natura della libertà è precisamente quello di seguire il sentiero tracciato da questo timore o stupore. Magari ne scriverò più ampiamente la prossima settimana.
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Mercoledì 19 gennaio 2011 - Udienza generale: la catechesi del Papa sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (Radio Vaticana)
Udienza generale: la catechesi del Papa sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
All’udienza generale di stamani, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, il Papa ha svolto la sua catechesi sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, iniziata ieri, e “nella quale – ha detto - tutti i credenti in Cristo sono invitati ad unirsi in preghiera per testimoniare il profondo legame che esiste tra loro e per invocare il dono della piena comunione. È provvidenziale il fatto che, nel cammino per costruire l’unità, venga posta al centro la preghiera: questo ci ricorda, ancora una volta, che l’unità non può essere semplice prodotto dell’operare umano; essa è anzitutto un dono di Dio, che comporta una crescita nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”. “Queste preghiere in comune – ha detto il Papa citando il Concilio Vaticano II - sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell'unità e costituiscono una manifestazione autentica dei vincoli con i quali i cattolici rimangono uniti con i fratelli separati: «Poiché dove sono due o tre adunati nel nome mio, ci sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20).” (Decr. Unitatis Redintegratio, 8)”.
“Il cammino verso l’unità visibile tra tutti i cristiani – ha proseguito - abita nella preghiera, perché fondamentalmente l’unità non la ‘costruiamo’ noi, ma la ‘costruisce’ Dio, viene da Lui, dal Mistero trinitario, dall’unità del Padre con il Figlio nel dialogo d’amore che è lo Spirito Santo e il nostro impegno ecumenico deve aprirsi all’azione divina, deve farsi invocazione quotidiana dell’aiuto di Dio. La Chiesa è sua e non nostra”.
“Il tema scelto quest’anno per la Settimana di Preghiera – ha continuato Benedetto XVI - fa riferimento all’esperienza della prima comunità cristiana di Gerusalemme, così come è descritta dagli Atti degli Apostoli: ‘Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere’ (At 2,42). Dobbiamo considerare che già al momento della Pentecoste lo Spirito Santo discende su persone di diversa lingua e cultura: ciò sta a significare che la Chiesa abbraccia sin dagli inizi gente di diversa provenienza e tuttavia, proprio a partire da tali differenze, lo Spirito crea un unico corpo. La Pentecoste come inizio della Chiesa segna l’allargamento dell’Alleanza di Dio a tutte le creature, a tutti i popoli e a tutti i tempi, perché l’intera creazione cammini verso il suo vero obiettivo: essere luogo di unità e di amore. Nel brano citato degli Atti degli Apostoli, quattro caratteristiche definiscono la prima comunità cristiana di Gerusalemme come luogo di unità e di amore”. “Essa – ha aggiunto - era unita nell’ascolto dell’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”. “Questi quattro elementi rappresentano ancora oggi i pilastri della vita di ogni comunità cristiana e costituiscono anche l’unico solido fondamento sul quale progredire” nella ricerca dell’unità visibile della Chiesa.
“Anzitutto – ha affermato il Papa - abbiamo l’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, ovvero l’ascolto della testimonianza che essi rendono alla missione, alla vita, alla morte e risurrezione del Signore Gesù. È ciò che Paolo chiama semplicemente il ‘Vangelo’. I primi cristiani ricevevano il Vangelo dalla bocca degli Apostoli, erano uniti dal suo ascolto e dalla sua proclamazione, poiché il vangelo, come afferma S. Paolo, “è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16). Ancora oggi, la comunità dei credenti riconosce nel riferimento all’insegnamento degli Apostoli la norma della propria fede: ogni sforzo per la costruzione dell’unità tra tutti i cristiani passa pertanto attraverso l’approfondimento della fedeltà al depositum fidei trasmessoci dagli apostoli”.
“Il secondo elemento – ha proseguito - è la comunione fraterna. Al tempo della prima comunità cristiana, come pure ai nostri giorni, questa è l’espressione più tangibile, soprattutto per il mondo esterno, dell’unità tra i discepoli del Signore. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che i primi cristiani tenevano ogni cosa in comune e chi aveva proprietà e sostanze le vendeva per farne parte ai bisognosi (cfr At 2,44-45). Questa condivisione delle proprie sostanze ha trovato, nella storia della Chiesa, modalità sempre nuove di espressione. Una di queste, peculiare, è quella dei rapporti di fraternità e di amicizia costruiti tra cristiani di diverse confessioni. La storia del movimento ecumenico è segnata da difficoltà e incertezze, ma è anche una storia di fraternità, di cooperazione e di condivisione umana e spirituale, che ha mutato in misura significativa le relazioni tra i credenti nel Signore Gesù: tutti siamo impegnati a continuare su questa strada”.
“Nella vita della prima comunità di Gerusalemme essenziale era poi il momento della frazione del pane, in cui il Signore stesso si rende presente con l’unico sacrificio della Croce nel suo donarsi completamente per la vita dei suoi amici: ‘Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi … questo è il calice del mio Sangue … versato per voi’. ‘La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa’ (Enc. Ecclesia de Eucharistia, 1). La comunione al sacrificio di Cristo è il culmine della nostra unione con Dio e rappresenta pertanto anche la pienezza dell’unità dei discepoli di Cristo, la piena comunione. Durante questa settimana di preghiera è particolarmente vivo il rammarico per l’impossibilità di condividere la stessa mensa eucaristica, segno che siamo ancora lontani dalla realizzazione di quell’unità per cui Cristo ha pregato. Tale dolorosa esperienza, che conferisce anche una dimensione penitenziale alla nostra preghiera, deve diventare motivo di un impegno ancora più generoso da parte di tutti affinché, rimossi gli ostacoli alla piena comunione, giunga quel giorno in cui sarà possibile riunirsi intorno alla mensa del Signore, spezzare insieme il pane eucaristico e bere allo stesso calice”.
Infine, la preghiera – ha rilevato il Papa - è la quarta caratteristica della Chiesa primitiva di Gerusalemme descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. La preghiera è da sempre l’atteggiamento costante dei discepoli di Cristo, ciò che accompagna la loro vita quotidiana in obbedienza alla volontà di Dio, come ci attestano anche le parole dell’apostolo Paolo” alle prime comunità cristiane: “State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5, 16-18; cfr. Ef 6,18). “La preghiera cristiana, partecipazione alla preghiera di Gesù, è per eccellenza esperienza filiale, come ci attestano le parole del Padre Nostro”. “Porsi in atteggiamento di preghiera – ha aggiunto - significa pertanto anche aprirsi alla fraternità” che deriva “dall’essere figli dell’unico Padre celeste, ed essere disposti al perdono e alla riconciliazione”.
“Come discepoli del Signore – ha osservato il Papa - abbiamo una comune responsabilità verso il mondo, dobbiamo rendere un servizio comune: come la prima comunità cristiana di Gerusalemme, partendo da ciò che già condividiamo, dobbiamo offrire una forte testimonianza, fondata spiritualmente e sostenuta dalla ragione, dell’unico Dio che si è rivelato e ci parla in Cristo, per essere portatori di un messaggio che orienti e illumini il cammino dell’uomo del nostro tempo, spesso privo di chiari e validi punti di riferimento. E’ importante, allora, crescere ogni giorno nell’amore reciproco, impegnandosi a superare quelle barriere che ancora esistono tra i cristiani; sentire che esiste una vera unità interiore tra tutti coloro che seguono il Signore; collaborare il più possibile, lavorando assieme sulle questioni ancora aperte; e soprattutto essere consapevoli che in questo itinerario il Signore deve assisterci, deve aiutarci ancora molto, perché senza di Lui, da soli, senza il “rimanere in Lui” non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5)”.
“Cari amici – ha concluso Benedetto XVI - è ancora una volta nella preghiera che ci troviamo riuniti - particolarmente in questa settimana - insieme a tutti coloro che confessano la loro fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio”: perseveriamo nella preghiera, “implorando da Dio il dono dell’unità, affinché si compia per il mondo intero il suo disegno di salvezza e di riconciliazione”.
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