Nella rassegna stampa di oggi:
1) Caterina ha ancora bisogno di noi… - Antonio Socci - 15 MARZO 2010
2) MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 2010 - "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?"
3) ABORTO IN EUROPA: UNA GUERRA DA VINCERE - di Stefano Fontana*
4) 15/03/2010 – VIETNAM - Liberato p. Nguyen Van Ly, consegnato all’arcivescovado di Hue - La sua salute è molto deteriorata. Era stato condannato a 8 anni di prigione e 5 di residenza sorvegliata per aver sostenuto il movimento democratico “Blocco 8406”. Risiederà in una casa di ritiro della diocesi di Hue. Il saluto dell’arcivescovo e dei preti.
5) Quei cattolici pro-Bonino - di Mario Palmaro - Un’inchiesta svela la confusione che regna tra tanti cattolici italiani. Non pochi che si dicono “impegnati” voteranno la donna-simbolo dell’abortismo. Il grido di allarme di monsignor Negri: è il segno di una profonda crisi dottrinale. - [Da «il Timone», n. 91, Marzo 2010]
6) Quegli attacchi al Papa teleguidati - José Luis Restan – ilsussidiario.net - martedì 16 marzo 2010
7) PAPA/ Magister: ecco perchè usano gli scandali per attaccare la Chiesa - INT. Sandro Magister – ilsussidiario.net - martedì 16 marzo 2010
8) Avvenire.it - 16 Marzo 2010 - Pedofilia: le singolari conclusioni di una studiosa - Le «concezioni» della Chiesa e l’ossessione occidentale - Giuseppe Dalla Torre
9) LA LOTTERIA DEGLI OVULI/ L'esperto: il figlio perfetto? Rimane un'illusione... - INT. Gianfranco Amato – ilsussidiario.net - martedì 16 marzo 2010
Caterina ha ancora bisogno di noi… - Antonio Socci - 15 MARZO 2010
Cari amici,
vi ringrazio per tutte le implorazioni che avete fatto salire al Cielo per la nostra Caterina. Le vostre preziose preghiere arrivano al Cuore del Signore, perché pian piano, col tempo, abbiamo segni di speranza…
Vi chiedo un ultimo gesto di amicizia e di bontà: Caterina nei prossimi giorni dovrà fare degli esami di controllo, dunque chi vuole può unirsi a noi che la raccomandiamo – oltreché alla Santa Vergine – al suo sposo san Giuseppe che nei prossimi giorni festeggeremo.
Affinché a Caterina vada tutto bene ci affidiamo a Colui al quale, sulla terra, Dio affidò Suo Figlio e la Sua dolce Madre (naturalmente affidiamo insieme anche tutti i vostri malati e tutte le vostre intenzioni di preghiera).
Lo facciamo memori di quanto ci raccomandava Teresa d’Avila: “Qualunque grazia si domanda a san Giuseppe verrà certamente concessa. Chi vuol credere faccia la prova affinché si persuada”.
Molte sono le preghiere tradizionali a San Giuseppe: ricordo la preghiera del manto e la grande promessa. Qua sotto riporto quella più famosa. Grazie a tutti.
Vi abbraccio.
Antonio Socci
Preghiera a San Giuseppe
A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio, dopo quello della tua Santissima Sposa.
Per, quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo Sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo;
assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità;
e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
AMEN.
MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 2010 - "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?"
CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 15 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che Benedetto XVI ha inviato ai giovani e alle giovani del mondo, in occasione della XXV Giornata Mondiale della Gioventù che sarà celebrata il 28 marzo 2010, Domenica delle Palme, a livello diocesano.
* * *
"Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?" (Mc 10,17)
Cari amici,
ricorre quest’anno il venticinquesimo anniversario di istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù, voluta dal Venerabile Giovanni Paolo II come appuntamento annuale dei giovani credenti del mondo intero. Fu una iniziativa profetica che ha portato frutti abbondanti, permettendo alle nuove generazioni cristiane di incontrarsi, di mettersi in ascolto della Parola di Dio, di scoprire la bellezza della Chiesa e di vivere esperienze forti di fede che hanno portato molti alla decisione di donarsi totalmente a Cristo.
La presente XXV Giornata rappresenta una tappa verso il prossimo Incontro Mondiale dei giovani, che avrà luogo nell'agosto 2011 a Madrid, dove spero sarete numerosi a vivere questo evento di grazia.
Per prepararci a tale celebrazione, vorrei proporvi alcune riflessioni sul tema di quest’anno: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?" (Mc 10,17), tratto dall’episodio evangelico dell'incontro di Gesù con il giovane ricco; un tema già affrontato, nel 1985, dal Papa Giovanni Paolo II in una bellissima Lettera, diretta per la prima volta ai giovani.
1. Gesù incontra un giovane
"Mentre [Gesù] andava per la strada, – racconta il Vangelo di San Marco - un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni" (Mc 10, 17-22).
Questo racconto esprime in maniera efficace la grande attenzione di Gesù verso i giovani, verso di voi, verso le vostre attese, le vostre speranze, e mostra quanto sia grande il suo desiderio di incontrarvi personalmente e di aprire un dialogo con ciascuno di voi. Cristo, infatti, interrompe il suo cammino per rispondere alla domanda del suo interlocutore, manifestando piena disponibilità verso quel giovane, che è mosso da un ardente desiderio di parlare con il «Maestro buono», per imparare da Lui a percorrere la strada della vita. Con questo brano evangelico, il mio Predecessore voleva esortare ciascuno di voi a "sviluppare il proprio colloquio con Cristo - un colloquio che è d'importanza fondamentale ed essenziale per un giovane" (Lettera ai giovani, n. 2).
2. Gesù lo guardò e lo amò
Nel racconto evangelico, San Marco sottolinea come "Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò" (cfr Mc 10,21). Nello sguardo del Signore c’è il cuore di questo specialissimo incontro e di tutta l’esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle.
Commentando la scena, il Papa Giovanni Paolo II aggiungeva, rivolto a voi giovani: "Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore!" (Lettera ai giovani, n. 7). Un amore, manifestatosi sulla Croce in maniera così piena e totale, che fa scrivere a san Paolo, con stupore: "Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Gal 2,20). "La consapevolezza che il Padre ci ha da sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre – scrive ancora il Papa Giovanni Paolo II -, diventa un fermo punto di sostegno per tutta la nostra esistenza umana" (Lettera ai giovani, n. 7), e ci permette di superare tutte le prove: la scoperta dei nostri peccati, la sofferenza, lo scoraggiamento.
In questo amore si trova la sorgente di tutta la vita cristiana e la ragione fondamentale dell'evangelizzazione: se abbiamo veramente incontrato Gesù, non possiamo fare a meno di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo!
3. La scoperta del progetto di vita
Nel giovane del Vangelo, possiamo scorgere una condizione molto simile a quella di ciascuno di voi. Anche voi siete ricchi di qualità, di energie, di sogni, di speranze: risorse che possedete in abbondanza! La stessa vostra età costituisce una grande ricchezza non soltanto per voi, ma anche per gli altri, per la Chiesa e per il mondo.
Il giovane ricco chiede a Gesù: "Che cosa devo fare?". La stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperta: dei doni che Dio vi ha elargito e delle vostre responsabilità. E’, altresì, tempo di scelte fondamentali per costruire il vostro progetto di vita. E’ il momento, quindi, di interrogarvi sul senso autentico dell’esistenza e di domandarvi: "Sono soddisfatto della mia vita? C'è qualcosa che manca?".
Come il giovane del Vangelo, forse anche voi vivete situazioni di instabilità, di turbamento o di sofferenza, che vi portano ad aspirare ad una vita non mediocre e a chiedervi: in che consiste una vita riuscita? Che cosa devo fare? Quale potrebbe essere il mio progetto di vita? "Che cosa devo fare, affinché la mia vita abbia pieno valore e pieno senso?" (Ibid., n. 3).
Non abbiate paura di affrontare queste domande! Lontano dal sopraffarvi, esse esprimono le grandi aspirazioni, che sono presenti nel vostro cuore. Pertanto, vanno ascoltate. Esse attendono risposte non superficiali, ma capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e di felicità.
Per scoprire il progetto di vita che può rendervi pienamente felici, mettetevi in ascolto di Dio, che ha un suo disegno di amore su ciascuno di voi. Con fiducia, chiedetegli: "Signore, qual è il tuo disegno di Creatore e Padre sulla mia vita? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla". Siate certi che vi risponderà. Non abbiate paura della sua risposta! "Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa" (1Gv 3,20)!
4. Vieni e seguimi!
Gesù, invita il giovane ricco ad andare ben al di là della soddisfazione delle sue aspirazioni e dei suoi progetti personali, gli dice: "Vieni e seguimi!". La vocazione cristiana scaturisce da una proposta d’amore del Signore e può realizzarsi solo grazie a una risposta d’amore: "Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo" (Benedetto XVI, Omelia in occasione delle Canonizzazioni: L’Osservatore Romano, 12-13 ottobre 2009, p. 6).
Sull’esempio di tanti discepoli di Cristo, anche voi, cari amici, accogliete con gioia l’invito alla sequela, per vivere intensamente e con frutto in questo mondo. Con il Battesimo, infatti, egli chiama ciascuno a seguirlo con azioni concrete, ad amarlo sopra ogni cosa e a servirlo nei fratelli. Il giovane ricco, purtroppo, non accolse l’invito di Gesù e se ne andò rattristato. Non aveva trovato il coraggio di distaccarsi dai beni materiali per trovare il bene più grande proposto da Gesù.
La tristezza del giovane ricco del Vangelo è quella che nasce nel cuore di ciascuno quando non si ha il coraggio di seguire Cristo, di compiere la scelta giusta. Ma non è mai troppo tardi per rispondergli!
Gesù non si stanca mai di volgere il suo sguardo di amore e chiamare ad essere suoi discepoli, ma Egli propone ad alcuni una scelta più radicale. In quest'Anno Sacerdotale, vorrei esortare i giovani e i ragazzi ad essere attenti se il Signore invita ad un dono più grande, nella via del Sacerdozio ministeriale, e a rendersi disponibili ad accogliere con generosità ed entusiasmo questo segno di speciale predilezione, intraprendendo con un sacerdote, con il direttore spirituale il necessario cammino di discernimento. Non abbiate paura, poi, cari giovani e care giovani, se il Signore vi chiama alla vita religiosa, monastica, missionaria o di speciale consacrazione: Egli sa donare gioia profonda a chi risponde con coraggio!
Invito, inoltre, quanti sentono la vocazione al matrimonio ad accoglierla con fede, impegnandosi a porre basi solide per vivere un amore grande, fedele e aperto al dono della vita, che è ricchezza e grazia per la società e per la Chiesa.
5. Orientati verso la vita eterna
"Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?". Questa domanda del giovane del Vangelo appare lontana dalle preoccupazioni di molti giovani contemporanei, poiché, come osservava il mio Predecessore, "non siamo noi la generazione, alla quale il mondo e il progresso temporale riempiono completamente l'orizzonte dell'esistenza?" (Lettera ai giovani, n. 5). Ma la domanda sulla "vita eterna" affiora in particolari momenti dolorosi dell’esistenza, quando subiamo la perdita di una persona vicina o quando viviamo l’esperienza dell’insuccesso.
Ma cos’è la "vita eterna" cui si riferisce il giovane ricco? Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma: "Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia" (Gv 16,22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall'amore divino per sempre.
Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all’esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. Sono orizzonti che aiutano a non assolutizzare le realtà terrene, sentendo che Dio ci prepara una prospettiva più grande, e a ripetere con Sant’Agostino: "Desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù" (Commento al Vangelo di San Giovanni, Omelia 35, 9). Tenendo fisso lo sguardo alla vita eterna, il Beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 all'età di 24 anni, diceva: "Voglio vivere e non vivacchiare!" e sulla foto di una scalata, inviata ad un amico, scriveva: "Verso l’alto", alludendo alla perfezione cristiana, ma anche alla vita eterna.
Cari giovani, vi esorto a non dimenticare questa prospettiva nel vostro progetto di vita: siamo chiamati all’eternità. Dio ci ha creati per stare con Lui, per sempre. Essa vi aiuterà a dare un senso pieno alle vostre scelte e a dare qualità alla vostra esistenza.
6. I comandamenti, via dell'amore autentico
Gesù ricorda al giovane ricco i dieci comandamenti, come condizioni necessarie per "avere in eredità la vita eterna". Essi sono punti di riferimento essenziali per vivere nell’amore, per distinguere chiaramente il bene dal male e costruire un progetto di vita solido e duraturo. Anche a voi, Gesù chiede se conoscete i comandamenti, se vi preoccupate di formare la vostra coscienza secondo la legge divina e se li mettete in pratica.
Certo, si tratta di domande controcorrente rispetto alla mentalità attuale, che propone una libertà svincolata da valori, da regole, da norme oggettive e invita a rifiutare ogni limite ai desideri del momento. Ma questo tipo di proposta invece di condurre alla vera libertà, porta l'uomo a diventare schiavo di se stesso, dei suoi desideri immediati, degli idoli come il potere, il denaro, il piacere sfrenato e le seduzioni del mondo, rendendolo incapace di seguire la sua nativa vocazione all'amore.
Dio ci dà i comandamenti perché ci vuole educare alla vera libertà, perché vuole costruire con noi un Regno di amore, di giustizia e di pace. Ascoltarli e metterli in pratica non significa alienarsi, ma trovare il cammino della libertà e dell'amore autentici, perché i comandamenti non limitano la felicità, ma indicano come trovarla. Gesù all'inizio del dialogo con il giovane ricco, ricorda che la legge data da Dio è buona, perché "Dio è buono".
7. Abbiamo bisogno di voi
Chi vive oggi la condizione giovanile si trova ad affrontare molti problemi derivanti dalla disoccupazione, dalla mancanza di riferimenti ideali certi e di prospettive concrete per il futuro. Talora si può avere l'impressione di essere impotenti di fronte alle crisi e alle derive attuali. Nonostante le difficoltà, non lasciatevi scoraggiare e non rinunciate ai vostri sogni! Coltivate invece nel cuore desideri grandi di fraternità, di giustizia e di pace. Il futuro è nelle mani di chi sa cercare e trovare ragioni forti di vita e di speranza. Se vorrete, il futuro è nelle vostre mani, perché i doni e le ricchezze che il Signore ha rinchiuso nel cuore di ciascuno di voi, plasmati dall’incontro con Cristo, possono recare autentica speranza al mondo! È la fede nel suo amore che, rendendovi forti e generosi, vi darà il coraggio di affrontare con serenità il cammino della vita ed assumere responsabilità familiari e professionali. Impegnatevi a costruire il vostro futuro attraverso percorsi seri di formazione personale e di studio, per servire in maniera competente e generosa il bene comune.
Nella mia recente Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale, Caritas in veritate, ho elencato alcune grandi sfide attuali, che sono urgenti ed essenziali per la vita di questo mondo: l'uso delle risorse della terra e il rispetto dell'ecologia, la giusta divisione dei beni e il controllo dei meccanismi finanziari, la solidarietà con i Paesi poveri nell'ambito della famiglia umana, la lotta contro la fame nel mondo, la promozione della dignità del lavoro umano, il servizio alla cultura della vita, la costruzione della pace tra i popoli, il dialogo interreligioso, il buon uso dei mezzi di comunicazione sociale.
Sono sfide alle quali siete chiamati a rispondere per costruire un mondo più giusto e fraterno. Sono sfide che chiedono un progetto di vita esigente ed appassionante, nel quale mettere tutta la vostra ricchezza secondo il disegno che Dio ha su ciascuno di voi. Non si tratta di compiere gesti eroici né straordinari, ma di agire mettendo a frutto i propri talenti e le proprie possibilità, impegnandosi a progredire costantemente nella fede e nell'amore.
In quest'Anno Sacerdotale, vi invito a conoscere la vita dei santi, in particolare quella dei santi sacerdoti. Vedrete che Dio li ha guidati e che hanno trovato la loro strada giorno dopo giorno, proprio nella fede, nella speranza e nell'amore. Cristo chiama ciascuno di voi a impegnarsi con Lui e ad assumersi le proprie responsabilità per costruire la civiltà dell’amore. Se seguirete la sua Parola, anche la vostra strada si illuminerà e vi condurrà a traguardi alti, che danno gioia e senso pieno alla vita.
Che la Vergine Maria, Madre della Chiesa, vi accompagni con la sua protezione. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e con grande affetto vi benedico.
Dal Vaticano, 22 Febbraio 2010
BENEDICTUS PP. XVI
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
ABORTO IN EUROPA: UNA GUERRA DA VINCERE - di Stefano Fontana*
ROMA, lunedì, 15 marzo 2010 (ZENIT.org).- L’aborto in Europa ormai impressiona sia per le cifre, sia per le tendenze in atto, sia per l’impatto sociale e politico del fenomeno. Né la società né le istituzioni possono rimanere indifferenti.
La si può pensare in mille modi sulla vita e la morte, ma davanti a queste cifre e a queste modalità nessuno può nascondersi dietro vecchi slogan e battaglie di bandiera. Stiamo perdendo tutti la guerra perché se la vita non ha ragioni, chi mai potrà più avere ragione?
I dati forniti dall’Instituto de Politica Familiar di Madrid nel suo periodico “Rapporto sull’aborto in Europa” impressionano sia come cifre assolute, sia per le tendenze sociali di cui sono sintomo. Una gravidanza su cinque termina con l’aborto.
Nell’Unione Europa a 27 (UE27) negli ultimi 15 anni non sono nati a causa dell’aborto 20 milioni di bambini. E’ come se fosse sparita l’intera popolazione della Romania o dell’Olanda.
Nell’intera Europa ogni anno non nascono circa 3 milioni di bambini, una cifra pari alla popolazione di Estonia, Cipro, Lussemburgo e Malta messe insieme.
L’aborto è la prima causa di mortalità in Europa. Nella UE27 il numero degli aborti è pari al deficit di natalità: senza l’aborto sarebbe garantito il ricambio generazionale. In dodici giorni muoiono più feti che persone per incidente stratale in un intero anno. Il panorama è desolato e desolante.
Il 63 per cento degli aborti dell’UE27 avvengono nei paesi dell’Europa a 15 (UE15) ossia nei paesi del benessere. Mentre in questi gli aborti sono aumentati, nei paesi dell’allargamento a 27 sono diminuiti. Romania, Francia e Regno Unito hanno avuto il maggior numero di aborti nel periodo 1994-2008, però mentre la Romania ha segnalato un vistoso calo, così non è stato per gli altri due.
Nei paesi dell’allargamento il miglioramento delle condizioni di vita ha frenato l’aborto, mentre nei paesi più sviluppati la cultura del benessere li ha fatti aumentare. In questi ultimi il problema è prima di tutto culturale ed educativo.
Ed infatti sta scoppiando il caso degli aborti di ragazze adolescenti. Il Regno Unito è il paese di punta: nel 2008 sono stati 45 mila gli aborti realizzati da adolescenti (170 mila nella UE27). Il tema dell’aborto si collega quindi con il nichilismo dei paesi sviluppati, che è un fenomeno culturale e non economico, e con una generazione di teenagers fuori controllo.
Si collega anche con l’inverno demografico e con un continente stanco di futuro. Senza l’aborto avremmo in Europa 10 milioni e mezzo di giovani in più, di speranze e dinamismo, di idee nuove e entusiasmo.
Dentro questo quadro fa impressione il dato spagnolo. Qui gli aborti son aumentati del 115 per cento annuo, pari ad un incremento di quasi 70 mila ogni anno. Dal 1985 si cono accumulati 1 milione e 350 mila aborti.
E’ grazie alla Spagna, balzata all’improvviso al quinto posto in Europa, che l’UE15 mantiene alti i propri tassi di interruzione della gravidanza. I dati dimostrano che in Spagna l’aborto è adoperato come sistema anticoncezionale: le donne che hanno abortito più di 5 volte è aumentato del 213 per cento negli ultimi 10 anni. Anche in Spagna, come avviene in Inghilterra con le adolescenti, l’aborto è sempre più banalizzato.
Secondo l’IPF la recente legge farà aumentare ulteriormente il ricorso all’aborto: sarà permesso già dai 16 anni, sarà libero fino alla 14 settimana con estensione fino alla 22ma in caso di supposti rischi, si restringe l’obiezione di coscienza, si lancerà una istruzione capillare nelle scuole improntate alla ideologia del gender e della salute riproduttiva.
Le proiezioni dicono che nel 2015 si supereranno in Spagna i 115 mila aborti, in controtendenza rispetto all’UE27 ove complessivamente gli aborti sono in diminuzione.
Oggi l’aborto è ancora illegale solo in Irlanda e a Malta. In 14 paesi la legge lo prevede in presenza di determinate circostanze. In 11 paesi si può abortire senza restrizioni. Il 30 per cento dei paesi dell’UE27 non riconosce il diritto all’obiezione di coscienza In metà paesi è previsto un periodo di riflessione per la donna, in un’altra metà nemmeno.
Le proposte dell’IPF davanti a questa situazione sono molteplici. Vanno dalla riduzione dell’Iva per i pannolini alla costituzione di Centri di aiuto alla vita per madri in gravidanza.
Tra i più interessanti si segnalano l’Istituzione di un Libro Verde sulla natalità in Europa, la realizzazione nei diversi paesi di un Piano nazionale sulla natalità, una riunione urgente dei Ministri della famiglia e soprattutto un appello alla società civile, dato che le azioni dei governi sembrano molto deficitarie, quando non addirittura fallimentari.
Una cosa è certa: bisogna ricominciare.
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*Stefano Fontana è direttore dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale della Chiesa (http://www.vanthuanobservatory.org).
15/03/2010 – VIETNAM - Liberato p. Nguyen Van Ly, consegnato all’arcivescovado di Hue - La sua salute è molto deteriorata. Era stato condannato a 8 anni di prigione e 5 di residenza sorvegliata per aver sostenuto il movimento democratico “Blocco 8406”. Risiederà in una casa di ritiro della diocesi di Hue. Il saluto dell’arcivescovo e dei preti.
Hue (AsiaNews/Eda) – Il p. Taddeo Nguyen Van Ly, che scontava una condanna di 8 anni i prigione, è stato liberato oggi pomeriggio a causa delle sue gravi condizioni di salute. Secondo informazioni frammentarie, il p. Van Ly, che aveva avuto un ictus alcuni mesi fa, è stato accompagnato oggi all’arcivescovado di Hue, la diocesi in cui egli è incardinato. Lì ha potuto incontrare alcuni parenti che da tempo ne chiedevano la scarcerazione per motivi di salute.
Padre Van Ly era stato condannato il 30 marzo 2007 a otto anni di prigione e cinque di residenza sorvegliata, con l’accusa di essere all’origine di un movimento per la democrazia, chiamato “Blocco 8406”, sorto nell’aprile 2006, che ha 2 mila aderenti, e di sostenere gruppi illegali quali il Partito progressista del Vietnam.
In precedenza egli aveva già trascorso 14 anni in carcere – tra il 1977 e il 2004 – per le sue battaglie in difesa della libertà di religione e dei diritti umani nel Paese comunista. L’immagine (nella foto) del sacerdote ammanettato davanti ai giudici, con la bocca tappata da un poliziotto, mentre protestava contro le persecuzioni del regime comunista lo hanno reso famoso in tutto il mondo.
Il governo ha cercato di pubblicizzare la condanna del sacerdote, dicendo che Vaticano e arcivescovo erano d’accordo sulla pena. In realtà, la diocesi ha sempre combattuto perché il p. Van Ly venisse liberato.
In un comunicato pubblicato oggi il vescovo e i sacerdoti di Hue danno il benvenuto al p. Van Ly. Il sacerdote, dalla salute molto deteriorata, risiederà in una casa di ritiro della diocesi.
Quei cattolici pro-Bonino - di Mario Palmaro - Un’inchiesta svela la confusione che regna tra tanti cattolici italiani. Non pochi che si dicono “impegnati” voteranno la donna-simbolo dell’abortismo. Il grido di allarme di monsignor Negri: è il segno di una profonda crisi dottrinale. - [Da «il Timone», n. 91, Marzo 2010]
Chi l’avrebbe mai detto? Emma Bonino, leader storica dei radicali italiani, che viene sostenuta da una fetta del mondo cattolico “impegnato”. Non è fantascienza, ma cronaca di queste settimane: per la carica di governatore della Regione Lazio, Bonino sarà la candidata del Partito democratico. E potrà contare sul voto di alcuni politici di estrazione democristiana, come Franco Marini e Maria Pia Garavaglia, ma anche di non pochi esponenti della “base” cattolica, che le hanno pubblicamente accordato il loro appoggio.
Bonino for President
Lo ha rivelato il Foglio, che è andato a tastare il polso alle parrocchie del Lazio per capire quale aria tirasse per la “pasionaria” abortista. Dall’inchiesta emerge un quadro inatteso, dominato da attestati di stima e da dichiarazioni di voto per la Bonino. A Viterbo, la responsabile della mensa della Caritas dichiara di «avere molta fiducia in Emma Bonino, una persona onesta». «Certo — prosegue la signora — c’è il problema delle posizioni estreme sul divorzio e sull’aborto, ma bisogna avere rispetto per le opinioni altrui è superare le divisioni». Un avvocato della curia dice di sentirsi «tutelato dalla Bonino sul piano delle garanzie costituzionali e dei diritti». «E poi — aggiunge — è una persona seria”. Il direttore di un quotidiano locale, che si definisce «cattolico figlio di don Milani», dice che voterà Bonino «per la sua attenzione agli ultimi». A Latina un sacerdote, responsabile della pastorale sanitaria, spiega che «Emma Bonino è agli antipodi da me, ma è una candidata di mediazione, e sulla gestione del bilancio mi ispira fiducia». Un’attivista del movimento dei Focolarini spiega che «c’è la consapevolezza della integrità morale della Bonino, che ha mostrato coerenza nell’attenzione agli ultimi». Sempre a Latina I’ex presidente di un consultorio diocesano parla di «un nome di prestigio come quello di Emma Bonino». Ovviamente il Foglio raccoglie anche qualche testimonianza di cattolici che criticano la candidatura della radicale. Ma, nel complesso, la sensazione è una sorprendente onda favorevole che si solleva nella pancia del cattolicesimo “impegnato”.
Chi è Emma?
Emma Bonino è una storica esponente della cultura radicale che non rinnega nulla delle famose sedicenti “battaglie di civiltà”, combattute con una straordinaria coerenza tra teoria e prassi. Lo testimoniano alcune impressionanti fotografie in bianco e nero ripubblicate di recente dal quotidiano Libero, foto che mostrano Emma Bonino impegnata a provocare l’aborto a una donna con l’ausilio di una pompa per biciclette. Scene molto crude che risalgono agli anni Settanta, quando i radicali si davano da fare per praticare I’aborto, allora vietato dalla legge. Emma Bonino oggi prosegue con infaticabile impegno la sua militanza nell’accampamento radicale, vera e propria “chiesa” anticattolica. I radicali stanno al cattolicesimo così come l’antimateria sta alla materia. Il loro impegno è infaticabile, costante, inesauribile, generoso, astuto, intelligente. Al punto che il fenomeno radicale sembra possedere delle connotazioni preternaturali. I radicali sono dei praticanti rigorosi, professano un anticattolicesimo ortodosso, argomentato, dottrinale. Si occupano di tutto ciò che sta a cuore al Papa e alla Chiesa, tenendo immancabilmente una posizione speculare. Il loro obiettivo è cambiare le leggi, ma soprattutto capovolgere la mentalità dell’opinione pubblica, disseminare l’errore come il loglio nel campo di grano, coltivandolo con cura maniacale, affinché alla fine il loglio sostituisca il grano senza che il contadino nemmeno se ne accorga. In questi ultimi quarant’anni i radicali sono stati degli straordinari vincitori. Spettacolari perdenti sul piano del loro consenso elettorale — sempre insignificante — ma vincitori nell’aver trasformato poco alla volta il quadro politico in una diffusa galleggiante macchia di pensiero radicale. Nel Lazio hanno piazzato con straordinario tempismo la Bonino, imponendola a un Partito democratico che, a dispetto di certi sommessi rigurgiti teodem, non è affatto estraneo alla ideologia radicale, ma ne rappresenta invece l’incarnazione di massa. La verità è tragicamente questa: che i marxisti, morto Marx, Mao e l’Urss, si son fatti radicali. Trovandosi così gomito a gomito con la tradizione liberal libertaria che tanto avevano aborrito.
Chi sono i cattolici?
Non basta: i cattolici che hanno aderito al progetto politico progressista, irretiti soprattutto dalla famosa “opzione preferenziale per i poveri”, ora si ritrovano a “digerire” la candidatura di un personaggio che è, obiettivamente, completamente estraneo all’identità cattolica. A meno che questa identità non sia, essa stessa, una vaso di creta che può essere in ogni momento riplasmato a vantaggio delle alchimie politiche. Occorre ammettere che il pensiero radicale è penetrato all’interno dell’accampamento cattolico, il che spiega il carosello di giudizi favorevoli a Emma Bonino raccolti dalla voce di persone impegnate in curie e parrocchie. Evidentemente, da alcuni decenni il mondo cattolico è in debito di dottrina. E non solo nella sua “sinistra”. Il cattolicesimo spesso è stato trasformato o in grigia burocrazia formale inquadrata nel piccolo cabotaggio clericale; oppure, in alternativa, è stato ridotto a un fatto esperienziale, con forti connotazioni emotive. Nell’uno come nell’altro caso, la dottrina è stata, semplicemente, dimenticata. Il risultato è una popolazione cattolica spesso animata dalle migliori intenzioni, ma che ha convinzioni, principi, criteri di riferimento totalmente alternativi e contraddittori.
Il giudizio della Chiesa
Queste elezioni regionali offrono altri esempi di candidature “imbarazzanti” per il mondo cattolico, a cominciare dal Piemonte, dove il Partito democratico rinnova la sua fiducia a Mercedes Bresso, personalità da sempre in simbiosi con la cultura radicale e anti-vita, e che nel 2009 si dichiarò disponibile ad aiutare Beppino Englaro nel suo “progetto”. Ebbene, in quella regione la Bresso sarà sostenuta dall’Udc, il “partito cattolico” di Pierferdinando Casini e di Rocco Buttiglione. In un simile scenario, serpeggia un certo disorientamento, e in molti si chiedono: ma un cattolico può votare veramente qualunque candidato? C’è una sola risposta esatta: no. L’insegnamento della Chiesa è chiarissimo: ci sono principi non negoziabili — essenzialmente in materia di vita umana, famiglia, matrimonio, educazione — sui quali non è possibile scendere a compromessi. Un politico favorevole ad aborto, eutanasia, “matrimoni” gay, non va votato, se non si vuole diventare suoi complici sul piano morale. Ma è altrettanto vero che tale consolidata dottrina è troppo spesso taciuta o ignorata. E nel silenzio colpevole di chi dovrebbe parlare, prosperano incredibili giudizi come quelli raccolti dal Foglio.
Ricorda
«Perché di fronte a una candidatura dichiaratamente contro la Chiesa una parte del mondo cattolico si mostra privo di atteggiamento critico? È la domanda che mi sono posto dopo aver letto l’inchiesta del Foglio a Viterbo che ha evidenziato come per molti cattolici non fa difficoltà la candidatura della Bonino nel Lazio. Se facessimo la medesima inchiesta in altre regioni, vorrei dire in tutte le regioni d’Italia, il risultato sarebbe lo stesso di Viterbo. Perché il dato è uno e chiede d’essere guardato: stiamo crescendo generazioni assolutamente incapaci di giudizio critico sulle cose. (…) A volte sembra che il dialogo che impostiamo con chi non crede altro non sia che una resa senza condizioni. Nel nome del dialogo ci dimentichiamo chi siamo. E dimenticandoci chi siamo sono sempre gli altri ad avere ragione, ad avere la meglio».
(Mons. Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro)
Quegli attacchi al Papa teleguidati - José Luis Restan – ilsussidiario.net - martedì 16 marzo 2010
Forse questa sarà la Quaresima più dura di Benedetto XVI. All’amara verifica di quanto detto in quella storica Via Crucis del 2005 (“Quanta sporcizia nella Chiesa!”) si aggiunge una disgustosa operazione di caccia cui partecipano da diverse angolazioni la stampa laica, i dissidenti tipo Küng e le lobby dei nuovi diritti. Questi sono giorni di piombo e furore nei mezzi di comunicazione e Pietro è di nuovo in mezzo alla tempesta.
Con una precisione da orologiaio, escono alla ribalta alcuni casi perfettamente calibrati come le bombe che inseguono il loro obiettivo. E in attesa della lettera ai cattolici d’Irlanda, a seguito delle terribili denunce del Dossier Ryan, la stampa tira fuori vecchie storie in Olanda, Germania e Austria, molte delle quali giudicate e archiviate venti o trenta anni fa. Materiale infiammabile per costruire una storia tanto sporca quanto falsa.
Si cerca di fissare nell’immaginario collettivo la figura di una Chiesa che non è più solo un corpo estraneo nella società postmoderna, ma una sorta di mostro la cui proposta morale e la cui disciplina interna portano i propri membri verso l’anormalità e gli abusi. Sì, questa è la Chiesa che ha educato l’Europa al riconoscimento della dignità umana, all’amore per il lavoro, alla letteratura e al canto, è quella che ha inventato gli ospedali e le università, quella che ha forgiato il diritto e ha limitato l'assolutismo... ma questo ora non importa. E con la stessa gioia con cui alcuni si danno da fare per rimuovere i suoi simboli dagli spazi pubblici, altri si stanno preparando a demolire la sua immagine.
Ho già sentito la domanda: ma è vero o no ciò che ci viene detto? Vediamo i dati. In Germania, per esempio, dei 210.000 casi di abusi sui minori denunciati dal 1995, 94 hanno a che fare con la Chiesa. Certo, 94 casi nelle parrocchie e nelle scuole sono un’enormità, sono una ferita nel corpo della Chiesa e sollevano gravissime domande. È anche vero che dai membri della Chiesa, specialmente da quelli che hanno il compito di educare, ci si aspetta sempre qualcosa di superiore alla media, perché a chi è stato dato molto è chiesto altrettanto. Ma diciamo anche molto chiariamente che la Chiesa non vive nello spazio, al di fuori della storia. È costituita da uomini deboli e peccatori, il suo corpo è assalito dalle correnti culturali del tempo e non mancano momenti in cui la coscienza di molti dei suoi membri è determinata più dal mondo che dalla viva tradizione che hanno ricevuto.
L'orrore di questi casi non può essere minimizzato, e per questo Benedetto XVI (fin da quando era Prefetto della Dottrina della Fede) ha messo in moto una formidabile opera di “risanamento” i cui frutti sono ancora misurabili. Ma quando la grande stampa fabbrica prime pagine utilizzando i 94 casi e tace miserabilmente sugli altri 200.000, siamo di fronte a una ripugnante operazione che deve essere denunciata. Le cifre di questa catastrofe ci parlano di una malattia morale del nostro tempo e chiedono di guardare non al celibato dei preti cattolici, ma alla rivoluzione sessuale del ‘68, al relativismo e alla perdita di senso della vita che affligge le società occidentali.
Il sociologo Massimo Introvigne ha pubblicato sul tema un eccellente articolo in cui spiega che l’uragano mediatico di queste settimane risponde a quello che è definito come un fenomeno di “panico morale”, perfettamente teleguidato a distanza da alcuni centri di potere. Secondo la sua spiegazione, si tratta di una “ipercostruzione sociale”, destinata a creare una figura predefinita (il mostro di cui parlavamo all’inizio) con materiali frammentari e sparsi nel tempo.
Esiste certamente un problema reale: sacerdoti (sempre troppi) che hanno compiuto il nefando crimine di abuso sui minori. Ma le dimensioni, i tempi e il contesto storico sono sistematicamente alterati o taciuti. Nessuno mette questi numeri della vergogna ecclesiale in rapporto con la totalità brutale del problema; nessuno dice, per esempio, che negli Stati Uniti erano cinque volte più alti i casi che vedevano imputati pastori di comunità protestanti, o che nello stesso periodo in cui in quel paese erano stati condannati cento sacerdoti cattolici, sono stati cinquemila i professori di ginnastica e gli allenatori sportivi che hanno subito la stessa condanna. E nessuno ha chiesto spiegazioni alla Federazione di basket!
Infine, il dato più agghiacciante: l’area in cui vi sono maggiori abusi sessuali sui minori è la famiglia (qui accadono i due terzi di tutti i casi registrati). Quindi, cosa c’entra il celibato in tutto questo? Lasciamo da parte le vecchie ossessioni di Küng, la sua crociata arcaica per svuotare la Chiesa dei suoi nervi e della sua sostanza. Ma dai giornali laici, così puntigliosi e scientifici, ci si aspetterebbe un po’ più di obiettività.
La settimana scorsa il “panico morale” teleguidato ha colpito per bene il suo obiettivo. La caccia si è concentrata su una preda più grande, lo stesso Benedetto XVI, il Papa che ha aperto le finestre e ha stabilito una serie di regole per la massima trasparenza, la cooperazione con le autorità e, soprattutto, la cura delle vittime. È stato il Papa che negli Stati Uniti e in Australia si è trovato faccia a faccia con coloro che avevano subito questa terribile esperienza, per chieder loro perdono a nome di una Chiesa di cui loro sono membri feriti, e meritano per questo una preferenza totale.
Le insinuazioni su Papa Ratzinger in questa materia meriterebbero semplicemente disprezzo se non fosse per il fatto che indicano qualcosa di importante su questo momento storico. C’è un potere culturale, politico e mediatico che ha messo Pietro nel mirino, senza vergogna e senza imbarazzo. Certamente non è la prima volta che succede, e conviene ricordarlo. Ma il furore e le armi questa volta sono, se non altro, più insidiose di prima.
Si può immaginare la coscienza lucida con cui Benedetto XVI contempla questa ondata, e il dolore conseguente che lo accompagna in questo momento drammatico in cui egli stesso è diventato, dentro la Chiesa, il punto fisico che attrae un odio irrazionale, ma non sconosciuto, perché Gesù ce ne ha già parlato nel Vangelo. Non so se con una certa ironia, nell’udienza di mercoledì scorso ci ha fatto vedere come vuole esercitare il proprio ministero in questo momento di paura, reazioni viscerali e vacillamenti vari.
Lo ha fatto “specchiandosi” in uno dei suoi maestri più amati, San Bonaventura: “Per San Bonaventura governare non era semplicemente un fare, ma era soprattutto pensare e pregare [...].Il suo contatto intimo con Cristo ha accompagnato sempre il suo lavoro di Ministro Generale e perciò ha composto una serie di scritti teologico-mistici, che esprimono l’animo del suo governo e manifestano l’intenzione di [...] [governare] non solo mediante comandi e strutture, ma guidando e illuminando le anime, orientando a Cristo”. In mezzo alla tempesta, questa è la decisione umile e ferma di Benedetto XVI.
PAPA/ Magister: ecco perchè usano gli scandali per attaccare la Chiesa - INT. Sandro Magister – ilsussidiario.net - martedì 16 marzo 2010
Lo scandalo dei preti pedofili sta mettendo in difficoltà la Chiesa. Il culmine si è raggiunto quando il vescovo di Ratisbona, Mons. Gerhard Ludwig Müller, ha ammesso di essere a conoscenza di casi di abusi sessuali nel coro di Ratisbona diretto dal fratello del papa. Scattano le accuse alla Chiesa e al celibato dei preti. Come stanno le cose? «Su questi fatti si è innescato, a livello internazionale - dice Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso - un fenomeno che li strumentalizza con un fine preciso: l’attacco frontale alla Chiesa cattolica, e in particolare al papa».
La Chiesa è investita dallo scandalo della pedofilia. Lei che idea si è fatto?
Penso che quello che sta accadendo si fonda su fatti incontestabili, di dimensioni numericamente importanti. E tanto più gravi in quanto commessi da uomini deputati pubblicamente ad essere portatori di alti valori morali. Però su questi fatti si è innescato, a livello internazionale, un fenomeno che li strumentalizza con un fine preciso: l’attacco frontale alla Chiesa cattolica, e in particolare al papa.
«La tolleranza zero - ha detto Mons. Fisichella in un’intervista al Corriere di ieri - non è un optional, ma un obbligo morale».
Mons. Fisichella ha usato secondo me un’espressione di grande efficacia comunicativa. Non credo però che essa corrisponda propriamente al profilo originale della Chiesa stessa, centrato sul vero rapporto della Chiesa e di Dio con i peccatori, che è perdono «in cambio» di pentimento. Per il resto, rimango convinto che ci troviamo in presenza di un attacco generale in cui il circuito mediatico è elemento essenziale di questa battaglia.
Chi è ad attaccare la Chiesa?
Ormai da diversi anni assistiamo ad una ripetizione di formule praticamente identiche, che abbiamo visto usate per la prima volta su vasta scala negli Stati Uniti nei primi anni duemila, e che ora vediamo applicate in Europa. Hanno questo di peculiare: non chiamano in causa un’opposizione laicista, «esterna» alla Chiesa, ma componenti interne alla Chiesa stessa.
Si spieghi.
Non ci troviamo in presenza di una battaglia che vede la Chiesa attaccata da quel mondo che si identifica con la cultura postmoderna dell’occidente, ma da componenti importanti della Chiesa che utilizzano questo momento di crisi, drammatizzandola, con fini che non hanno nulla a che vedere con le ragioni vere di questa crisi, ma che consistono nel rinverdire gli elementi ben noti dell’agenda cattolica della critica alla Chiesa.
È un caso che lo scandalo dei preti pedofili, al di là della giustizia che è dovuta alle vittime e della riforma che deve innescare, riproponga l’annosa questione del celibato e dell’interpretazione più autentica del Concilio?
Certo che no. Il rivelatore clamoroso che proprio di questo si tratta, cioè di una offensiva intra-cattolica, è stato l’articolo di Alberto Melloni di pochi giorni fa sul Corriere della Sera. Dopo aver deplorato l’orrore dei fatti, ha scoperto le carte: la risposta vera alla crisi della pedofilia è indire un Concilio Vaticano III. Melloni ha richiamato il discorso del card. Carlo Maria Martini nel sinodo 1999. Quel discorso risultò una specie di agenda centrata sui temi del clero sposato, della promozione della donna della Chiesa e attraverso di essi, del rinnovamento. I temi classici della panoplia della protesta cattolica di tipo progressista.
Che differenze vede tra lo scandalo degli anni 2001-03 negli Usa e questo scandalo con epicentro nella cattolicissima Irlanda e nella Baviera tedesca, terra del papa?
Guarderei bene le date nelle quali si concentra la grande quantità dei misfatti. Non sono affatto recenti, a parte alcuni episodi che sono continuati fino ai giorni nostri. La mole più grande di date risalgono agli anni ’70. Questo perché effettivamente in quel periodo c’era, nella cultura dell’epoca e quindi anche dentro la Chiesa, e per ciò stesso dentro la gerarchia, una sensibilità molto diversa da quella attuale per quanto riguarda il rapporto sessuale di un adulto con un minore.
Cosa intende dire?
Erano gli anni di un lassismo morale estremamente diffuso. Pensiamo a Lolita di Nabokov. Nessuno si sognava di incriminare l’oggetto di quel medesimo romanzo come qualcosa di abominevole. È solo un esempio ma mi pare indicativo. C’era allora l’idea che azioni come l’atto sessuale con un minore tutto sommato non fossero così perverse: avevano anzi piena cittadinanza in una cultura che vedeva nella liberazione sessuale e nella battaglia contro i freni inibitori un imperativo morale e un segno di civiltà. Questo ha influito - soprattutto in paesi molto esposti a questo tipo di contagio culturale - sui modi adottati dalla gerarchia della Chiesa nell’affrontare il problema, quando questo si poneva.
Vuol dire modi molto blandi?
Sì. Come un eccesso compiuto in famiglia, qualcosa che poteva o doveva essere sostanzialmente sopito invece che troncato in modo inesorabile. Ecco il perché di una tolleranza così ampia nel perseguire questi fatti.
Secondo lei che cosa rappresenta questo scandalo per la Chiesa di oggi?
Una prova di purificazione. Joseph Ratzinger, prima da cardinale e poi da papa, ha sempre visto bene l’elemento essenziale di queste colpe e come queste devono essere affrontate. Ha parlato di «sporcizia» nella chiesa. Che come tale è ancor più grave se impersonata da coloro che rivestono l’ordine sacro del sacerdozio, e che dovrebbero essere persona Christi, immagine di Cristo vivente. La risposta alla sporcizia è una grande purificazione.
Dunque Benedetto XVI non si è fatto cogliere impreparato?
No. Questo papa dà prova da tempo di un decisa opera di contrasto a questi comportamenti e di richiamo della Chiesa intera a un approccio penitenziale là dove ci sono stati. Sta facendo un lavoro molto energico di risveglio degli episcopati nazionali. Essi devono prendere coscienza della gravità di questi fatti, che sono azioni imputabili a persone precise, ma che proiettano la loro ombra sulla Chiesa intera.
Come valuta il recente discorso del papa sul sacerdozio al convegno organizzato dalla Congregazione per il clero?
Il papa ha ribadito il grande valore del celibato. Comunque mi lasci rilevare un fatto curioso: tutti coloro che minimamente si occupano del fenomeno pedofilia sono concordi nel dire che il celibato non c’entra proprio nulla. Tant’è vero che il reato è compiuto statisticamente da un numero nettamente più alto di persone sposate o che comunque hanno rapporti sessuali con donne.
Invece ogni volta che la polemica si riaccende su questi fatti, c’è la richiesta di ripensare la disciplina del celibato.
È un mantra che si accompagna a quelle istanze progressiste di riforma che ho ricordato. Si continua a ripetere che il celibato non è un dogma, ma anche Benedetto XVI lo sa benissimo. Non fa parte del dogma, è vero, ma non è nemmeno campato in aria. È qualcosa di profondamente radicato nella Chiesa dei tempi apostolici, e si è esplicato nel corso della storia della Chiesa in forme evidenti di continuità assoluta. Il celibato, come ha detto il papa, «è autentica profezia del Regno». Il senso del celibato aumenta nelle epoche in cui è necessario mobilitare grandi risorse spirituali.
Si riferisce alla fase attuale di profonda scristianizzazione?
Sì. Benedetto XVI e prima di lui Giovanni Paolo II hanno capito perfettamente la drammaticità dell’ora presente, e l’esigenza assoluta che impegnati nel mondo ci siano pastori d’anime che hanno il celibato come carisma peculiare e specifico.
Barbara Spinelli, nel suo editoriale su La Stampa «Vaticano il male nascosto» ha ricondotto lo scandalo alla «scarsa ambizione, all’energia spenta della parte ritenuta buona». Nella Chiesa di oggi si discute di tutto, nota, ma non della persona di Cristo. Per farlo «in fondo non c’è bisogno d’altro che della Scrittura».
Personalmente non condivido nulla di quel giudizio. È la rappresentazione, quasi da manuale, di uno spirito neomodernista per cui l’unica vera Chiesa che conta è quella spirituale. E infatti cita Il Vangelo basta di Alberto Melloni e Giuseppe Ruggieri. Sono i moderni nipotini di Gioacchino da Fiore e sognano una nuova età dello spirito dalla quale bisogna buttare a mare tutto ciò che è istituzione, tradizione, corpo della Chiesa. La Chiesa che vediamo è una cappa che imprigiona lo spirito e lo spirito attende di essere liberato.
La Chiesa deve lavare i panni in casa sua o affidarsi alle indagini della magistratura?
La Chiesa i panni in casa sua deve lavarli comunque. Non dimentichiamo, però, che non deve purificarsi solo dei peccati sessuali: la Chiesa è il luogo del perdono di Dio e la sua missione è quella di lavare tutti i peccati del mondo. Ma il perdono di Dio scende su chi in qualche modo si mette la cenere sul capo. La Chiesa perdona i peccati, al tempo stesso Cesare deve fare la sua parte. Le vittime di questi anni, come possono e devono denunciare alla Chiesa i responsabili, possono e devono denunciarli anche al foro civile. Certamente la Chiesa non ha nessuna obiezione a che questo avvenga.
(Federico Ferraù)
Avvenire.it - 16 Marzo 2010 - Pedofilia: le singolari conclusioni di una studiosa - Le «concezioni» della Chiesa e l’ossessione occidentale - Giuseppe Dalla Torre
La causa dei dolorosi casi di pedofilia denunciati nella Chiesa andrebbe ricercata nelle «concezioni della sessualità» che questa ha sempre coltivato. Lo sostiene Chiara Saraceno in un articolo apparso su "La Repubblica" di domenica scorsa e nel quale ha l’onestà intellettuale di sottolineare l’infondatezza di ogni relazione tra abusi e celibato ecclesiastico. La tesi, a ben vedere, prova troppo; quindi non tiene. Perché se così davvero fosse, si dovrebbe concludere che certi fenomeni si verificherebbero solo nella comunità ecclesiale, ma non in quella civile che, almeno in Occidente, si è finalmente liberata da ogni "tabù" sessuale.
La realtà invece ci dice il contrario. Non solo nell’emancipatissima società civile del nostro tempo i gravi fatti violativi della persona e dell’innocenza dei minori continuano a verificarsi, ma sono statisticamente di gran lunga più numerosi rispetto alle dimensioni che il fenomeno – comunque condannabile – ha nell’ambito della società ecclesiastica. Si tratta di un dato che nessuno può mettere onestamente in discussione. È da chiedersi, invece, se il problema non sia un altro.
O meglio, se il problema non sia proprio in una cultura, in modelli di comportamento, in prassi di vita che si sono affermati ormai da tempo nell’Occidente emancipato, portando a quella «ossessione del sesso» che un cattolico, ma certamente non un oscurantista moralisteggiante "clericale", quale Arturo Carlo Jemolo, denunciava negli ultimi anni della sua vita; una cultura che tutti inevitabilmente respiriamo e dalla quale non tutti riescono a non rimanere condizionati. In questi giorni si discute a Roma dell’iniziativa di un istituto scolastico di collocare un distributore di preservativi presso le aule: un «atto di coraggio», lo ha definito un oscuro politico locale.
Atto di coraggio sarebbe stato al contrario, contro facili luoghi comuni, opporsi a una richiesta del genere. E ciò proprio in nome della missione che la scuola è chiamata a svolgere: quella di educare, vale a dire di formare i giovani al controllo di sé, delle proprie pulsioni, degli istinti che ragione e volontà sono chiamate a regolare. Naturalmente il discorso non riguarda soltanto la dimensione della sessualità; ma è ben evidente che anche i fenomeni di pedofilia costituiscono espressione di una società che ha rinunciato all’autentica paideia, per la quale ciò che istintivamente si desidera deve essere prontamente còlto.
La realtà è che un residuo di concezione illuminista, che vuole l’uomo buono in sé, ha fatto via via perdere il senso non solo dell’arte paidetica, ma anche della stessa libertà, che ormai per i più significa poter fare tutto ciò che si vuole, anche se irrazionale, anche se nocivo. Vera libertà, invece, è emanciparsi dalle tendenze che condizionano, liberarsi dai vizi che rendono schiavi, essere realmente padroni di sé per poi liberamente e responsabilmente decidere.
Un segno di quella vecchia e tenace concezione lo cogliamo addirittura nella legge, che pure dovrebbe avere una funzione preventiva prima ancora che repressiva, una funzione cioè educativa per evitare – nel possibile – quella sanzionatoria. Basti riflettere sul contenuto di quell’articolo 147 del codice civile, così come riformato nel 1975, che riguarda i doveri dei genitori verso i figli. In esso si dice che «il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli». Dunque educare secondo le inclinazioni naturali: tutte? Anche quelle nocive o malvagie?
LA LOTTERIA DEGLI OVULI/ L'esperto: il figlio perfetto? Rimane un'illusione... - INT. Gianfranco Amato – ilsussidiario.net - martedì 16 marzo 2010
Una clinica di Londra, il Bridge center, specializzata in fecondazioni artificiali, ha deciso di mettere all’asta un ovulo – di provenienza selezionatissima e certificata, stando a quanto si apprende - per eludere la legge inglese che ne vieta la donazione.
Ma come? Con un metodo molto curioso e che non mancherà certo di far discutere aspramente: una vera e propria “lotteria degli ovuli”. La vincitrice di questo discutibile concorso potrà scegliere tra un parco di donatrici americane, attraverso schede che contengono le loro caratteristiche personali, razziali, genetiche e intellettive.
Si recherà poi negli Usa, in Virginia, in un’altra struttura “gemellata” con il Bridge Center, dove subirà il trattamento di fecondazione in vitro e potrà avere il figlio con alcune caratteristiche predeterminate (il cosiddetto “baby profiling”).
Le due cliniche hanno comunque in mente di portare avanti la loro collaborazione in maniera più continua, andando oltre a questa “riffa”. Abbiamo chiesto a Gianfranco Amato, avvocato bioeticista ed esperto del mondo anglosassone, un commento su questa vicenda.
Dottor Amato, innanzitutto le chiederei un commento su questa “lotteria”
Direi che si tratta di una “lotteria” più per le donatrici che vengono scelte: non tutte riceveranno il “premio”. Solamente chi verrà selezionata dalla vincitrice avrà diritto al compenso economico. Si tratta quindi di un commercio che oltretutto genera una discriminazione sociale. È un business cui possono accedere solo le donne ricche inglesi.
Al di là del biglietto di questa riffa, per scegliere l’ovulo che si desidera e andare negli Stati Uniti a effettuare la fecondazione in vitro si spendono infatti cifre intorno ai 10-15mila euro.
Dall’altra parte vi sono ragazze americane che, per avere i soldi necessari a finire gli studi o per altre necessità (specie in questo periodo di crisi), vendono i loro ovuli nella speranza che vengano scelti. Le femministe dovrebbero inorridire per questo sfruttamento. La creazione della vita è un mistero: volerla banalizzare o mercificare può avere conseguenze inimmaginabili.
Conseguenze anche per la salute delle donne coinvolte?
Ci sono dei rischi di salute che riguardano in particolare le donatrici. In primis perché sono sottoposte a un bombardamento ormonale per stimolare la produzione di ovuli. Poi l’operazione per estrarre gli ovuli può avere conseguenze disastrose.
C’è stato un caso in cui una ragazza, per le conseguenze di questa operazione, ha dovuto poi farsi asportare le ovaie. Ve ne sono tante altre che nel corso degli anni hanno patito conseguenze psicologiche: o si sono pentite o volevano a tutti i costi sapere dove fossero finiti i loro ovuli, se fossero diventanti bambini e nel caso come poterli contattare.
Le donne che invece ricorrono alla fecondazione in vitro vanno incontro a rischi già noti di questa pratica.
Ci sono differenze tra questa pratica e la classica donazione degli organi?
Qui non si tratta di una donazione di un organo come nel caso di un rene. Prima di tutto perché c’è uno sfruttamento economico. Poi perché donare gli ovuli è una pratica vietata in tutta Europa, ed è per questo che si va negli Stati Uniti: lì non esiste il divieto. Infine perché il ricevente può scegliere il donatore. Per tutte queste ragioni è assurdo parlare di “donazione”.
Di per sé i viaggi all’estero per aggirare i divieti sulla fecondazione o su altre tecniche scientifiche non sono una novità. Perché allora tanto scalpore questa volta?
La novità sta nella cosa che è la più scandalosa della vicenda. In soldoni, si tratta di un commercio di esseri umani: si vogliono vendere dei bambini. Noi tutti ci scandalizziamo quando sentiamo casi come quello recentissimo di una bambina rom venduta per 200.000 euro. Perché invece il commercio di ovuli non indigna nessuno?
Si tratta di potenziali essere umani e il fatto che dietro a questa pratica vi sia il business è davvero disdicevole.
C’è qualche differenza con il fenomeno delle banche del seme?
In realtà con la banca del seme oggi non è teoricamente possibile scegliere il donatore. Inoltre donare il proprio sperma non è vietato dalla legge in tutta Europa come nel caso degli ovuli. Infine, in questo caso tutte le donne possono accedere alla banca del seme, non solo quelle particolarmente facoltose. C’è quindi anche una differenza di accessibilità.
Secondo lei cosa spinge una donna a spendere cifre così alte per seguire questa strada?
La scelta del “figlio perfetto”, la possibilità di andare a selezionare la donatrice che ha certe caratteristiche fisiche e intellettive nell’illusione che anche il figlio possa averle. Si vuole arrivare alla figura del “baby profiling”, dimenticando, oltretutto, che l’ovulo determina solo un parte del patrimonio genetico del bambino.
Può capitare quindi che il figlio poi non corrisponda all’idea che ci si era creati in testa. Per questo i sostenitori del politically correct dovrebbero inorridire: cosa c’è di tanto diverso rispetto all’eugenetica, alla selezione della razza? Tanto più che qui ci sono di mezzo anche i soldi.
Questa notizia sembra far emergere un crescente desiderio di maternità. D’altra parte assistiamo, però, a metodi sempre più facili per abortire. Non le sembra una contraddizione?
In realtà no, è tutto frutto della stessa radice: una scelta determinata dal capriccio, dalla forma più profonda di egoismo. La maternità non è più accoglienza dell’altro. Ci sono casi eclatanti di questo fenomeno. Per esempio, una donna inglese di 69 anni malata terminale di cancro, che prima di morire ha espresso il desiderio di provare l’esperienza della maternità. Bene: ha fatto la fecondazione in vitro, ha avuto due gemelli, poi è morta e ora questi bambini sono orfani. O ancora il caso celebre di Thomas Beatie, la donna diventata uomo che però ha voluto mantenere l’apparato genitale femminile per restare incinta. Non è forse egoismo questo, visto che un uomo non dovrebbe poter partorire?
Secondo lei, che conosce bene il mondo anglosassone, le autorità inglesi interverranno per bloccare questa “lotteria”?
L’Inghilterra lascerà correre come ha già fatto in altri casi. Per esempio, come ho già spiegato in un mio articolo, l’Uk vieta l’eutanasia e per questo molti inglesi per il suicidio assistito si recano nella clinica svizzera Dignitas accompagnati dai parenti. Questi, fino a poco tempo fa, rischiavano di essere incriminati per istigazione al suicidio. Keir Starmer, il Director of Public Prosecutions per l’Inghilterra e il Galles, ha però pensato bene di proporre delle linee guide per garantire l’impunità per chi accompagna per “compassione” i propri parenti a morire all’estero.
Mi sembra che il problema alla radice di tutto sia legato alla ricerca ossessiva di un figlio perfetto. Come se ne può uscire?
Effettivamente c’è un’ossessione incredibile per la ricerca del “figlio perfetto”. La genitorialità è però qualcosa di diverso e di più profondo della genetica. Ritengo che un uomo e una donna che adottano un figlio siano infinitamente più genitori di chi procrea e partorisce per poi disinteressarsi del destino del proprio figlio.