mercoledì 23 gennaio 2008

Nella rassegna stampa di oggi:

1) ALTROCHE’ SE QUELL’ANGELUS E’ POLITICA… di Antonio Socci
2) L’orgoglio laico di saper ascoltare il Pontefice
3) Il Cardinal Bagnasco: dai cattolici più coraggio e coerenza nel dibattito pubblico
4) OPERAZIONE FRAGILE E PACCHIANA - DAI SONDAGGI IL VEZZO DI PIEGARE LA CHIESA
5) Strana allergia al voto nel più alto forum di bioetica
6) Lombardia, segnali a favore della vita - In Regione «Niente interruzioni di gravidanza dopo le 22 settimane e 3 giorni»
7) L’Ue condanna Parigi sul no alle adozioni gay
8) L’Europa vuole la Turchia, che guarda sempre più a Oriente
9) Il fantasma della Cei sulla politica roba per fumetti horror
10) Io sono leggenda – la provvidenza fa breccia in un film
11) Numero32-notiziario del Movimento per la Vita


ALTROCHE’ SE QUELL’ANGELUS E’ POLITICA… Di Antonio Socci
«Libero», 20 gennaio 2008
Politica viene da «polis», significa «città» e l’Angelus è l’annuncio decisivo: sta per entrare nella città degli uomini il Re dell’universo…
La preghiera dell’Angelus (che ricorda l’Annunciazione, il «sì» di Maria e l’incarnazione di Dio) è politica con la P maiuscola. Politica vera, non politichetta. E’ la politica di Dio: annuncia il ribaltamento del potere nel mondo, l’annientamento di tutti i poteri, l’inizio della loro fine (anche il presuntuoso potere degli intellettuali di cui Dio si infischia). E’ l’unica vera rivoluzione ed ha un bel volto di fanciulla: è la rivoluzione della tenerezza e dello stupore.
Nessun potere può sentirsi più sicuro da quell’attimo in cui, alla periferia dell’Impero romano (e di tutti gli imperi della storia), una bellissima fanciulla quindicenne, inerme e indifesa, ma coraggiosissima e decisa a tutto per il Signore, ha detto il suo «sì» a Dio. E’ da quel «sì» che Dio volle domandare e a cui volle sottoporsi, che tutte le donne, considerate fino ad allora nulla in quelle civiltà, acquistarono il diritto, nella storia, di poter dire «sì» o «no», come creature libere.
Grazie a quel «sì» è entrato nella storia l’unico vero Potente, l’unico vero Re. Pochi giorni dopo il suo sì, Maria, col cuore che scoppiava di felicità, cantando e danzando, ha svelato alla cugina Elisabetta cosa sarebbe accaduto. E’ la sua profezia: «(Dio) ha spiegato la potenza del suo braccio/ ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore/ ha rovesciato i potenti dai troni/ ha innalzato gli umili».
Ha rovesciato i potenti dai troni? Ha innalzato gli umili? Ma quando e dove? La nostra generazione ha visto come il più vasto, duraturo e disumano degli Imperi del Male, quello che aveva provocato il più oceanico macello di cristiani della storia (più di 100 milioni di vittime), quello che si estendeva da Trieste all’Alaska e che nessuno immaginava di poter mai abbattere, in una notte si è totalmente disintegrato. Afflosciato su se stesso. La bandiera rossa è stata ammainata dal Cremlino il 25 dicembre del 1991, il giorno di Natale, quando nasce il Leone di Giuda, il vero Re. E la fine dell’Unione Sovietica era stata decretata l’8 dicembre 1991.
Vi dice niente questa data? L’8 dicembre è la festa liturgica dell’Immacolata concezione che ci porta a Fatima. Dove la Madonna apparve ai tre bambini portoghesi, proprio nel 1917, preannunciando la rivoluzione bolscevica in Russia che infatti si sarebbe perpetrata di lì a poche settimane. E, dopo aver messo in guardia da immani persecuzioni, la Vergine concluse il suo drammatico messaggio così: «Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà». E così è stato l’8 dicembre ‘91, festa del’Immacolata. Contro qualunque immaginazione umana o calcolo politico, sorprendendo tutti. Il crollo del potere più granitico e orrendo porta il segno dell’Immacolata.
Questo è l’evento a cui ha assistito la nostra generazione. Ma da duemila anni, da quel «sì» pronunciato da una ragazzina ignota a tutti in terra, tutta la storia umana è stata ribaltata. Perché prima dominavano le tenebre più disumane e barbare. Tutti gli imperi e tutte le religioni della storia – come ha insegnato il grande René Girard - si fondavano sui sacrifici umani. Non solo quelli agli dèi, a migliaia, ma quelli decretati da re e imperatori per lotte e conquiste. Tutta la struttura sociale e civile si fondava sulla schiavizzazione di interi popoli, sull’arbitrio del potente sul debole. Donne, bambini e ammalati valevano meno di niente e la loro vita era di norma violata e soppressa.
Non a caso nel Vangelo, nell’episodio delle tentazioni, Satana dice a Gesù (e rivela a noi: è un grande scoop politico) che tutti i regni della terra sono nelle sue mani. Tutti i poteri (anche quello che ciascuno di noi impone nella dinamica dei rapporti quotidiani). E’ per spazzar via questo crudele padrone che il Re è venuto. E ha vinto. Non con la forza, ma con l’amore. Non uccidendo, ma lasciandosi uccidere. E mostrando – come ripete sempre Benedetto XVI – che a vincere nella storia non sono i crocifissori, ma i crocifissi.
A vincere oltrecortina non è stato il feroce Stalin che sembrava onnipotente e che oggi è polvere, ma i tanti inermi martiri, macellati in odio a Cristo. Alla fine il loro amore e la loro fede hanno aperto la strada alla potenza di Dio che domina la storia e vince. Per questo i cristiani sentono la preghiera dell’Angelus con tanta commozione.
Perché è l’annuncio che la notte è finita. La storia umana secondo Hegel è una immensa macelleria. Ebbene, da quel «sì» di Maria sulla notte della storia, che gronda sangue innocente e crudeltà, è esplosa l’alba, il volto di un Re potente e buono che vince. Dante, nella Divina Commedia, racchiude in una bellissima terzina l’attimo cruciale dell'Annunciazione come il momento in cui finalmente il Cielo si apre sul mondo, soccorre
gli uomini e piove una pace nuova, sconosciuta alla storia umana: «L’angel che venne in terra col decreto/ de la molt’anni lagrimata pace,/ ch’aperse il ciel del suo lungo divieto».
Per restare a Firenze, c’è un bellissimo filmato della Rai, in bianco e nero, dove compare Giorgio La Pira che si lancia in una vertiginosa lettura teologica del pianeta terra. Il sindaco santo è inquadrato davanti all’antico convento di San Marco, dove lui viveva, e dice col suo candido sorriso: «Firenze è il centro del mondo, San Marco è il centro di Firenze e l’Annunciazione del Beato Angelico (che è affrescata lì, nda) è il centro di San Marco. Quindi l’Annunciazione è il cuore della storia».
Da quell’Annuncio nel mondo è entrata la luce. E – di conseguenza – tutto quello che nella nostra civiltà c’è di vero, di buono e di bello. In quella terra, l’Europa, che ha accolto l’annuncio cristiano è fiorita l’umanità. E’ sbocciata la pietà per gli ammalati e sono stati inventati gli ospedali, la passione per la conoscenza (e sono nate le università e la scienza), la sacralità di ogni persona umana ed è sorta la libertà dei popoli. E la passione per la bellezza che ha fatto fiorire di arte la nostra terra, soprattutto nel ricordo di quella ragazzina di Nazaret, la donna più rappresentata e amata, in ogni angolo d’Italia e d’Europa.
La preghiera dell’Angelus – che fu carissima a Giovanni Paolo II - forse è di origine francescana. E non stupisce, considerato l’amore di Francesco per la Madre di Gesù. La prima notizia infatti è datata 1269, quando san Bonaventura da Bagnoregio, generale dell’ordine, a un Capitolo prescrisse ai suoi frati di salutare ogni sera la Madonna col suono della campana e la recita di alcune Ave Maria in ricordo dell’Incarnazione di Dio.
Fece propria questa pratica anche fra’ Bonvesin de la Riva, grande letterato milanese (1240-1313), dell’Ordine degli Umiliati, cosicché nella città di Milano si cominciò ogni sera a suonare l'Ave Maria. Da Milano questa pratica dilagò. Accade perciò che Papa Giovanni XXII (1245-1334) ordina al suo Vicario che a Roma si suonino ogni giorno le campane affinché ciascuno «si ricordi» di recitare tre Ave Maria in memoria dell'Annunciazione. La preghiera si chiamerà popolarmente «il saluto dell'Angelo». E dal 1400 si cominciò a recitarla anche al mattino, finché nel 1456 papa Callisto III ordinò che le campane suonassero l’Angelus anche a Mezzogiorno.
Il re di Francia, a quel suono, s’inginocchiava sulla nuda terra come il più umile dei suoi contadini. In ricordo di quel «sì» di Maria. Memorabile resta il quadro del pittore francese Jean François Millet (1814-1875), intitolato «Angelus», dove un giovane contadino e la sua giovane donna, in un campo, al tramonto interrompono il lavoro e recitano, raccolti, quella preghiera. Perché dopo quell’ «Ave» (che è l’inverso di «Eva»), la Vergine, la nuova Eva, ci ha donato il Liberatore ed è iniziata la nuova storia del mondo, la nuova creazione. Non solo «un altro mondo è possibile», ma c’è già.


L’orgoglio laico di saper ascoltare il Pontefice
di Massimo Introvigne
(il Giornale, 20 gennaio 2008)
Colpisce come molti non credenti - non solo in Italia ma negli Stati Uniti, in Francia e perfino in Cina - abbiano aderito all’appello del cardinale Ruini per esprimere a Piazza San Pietro solidarietà a Benedetto XVI. E molti fanno riferimento al magnifico discorso, diffuso dalla Santa Sede, che al Papa è stato impedito di pronunciare alla Sapienza.
La linea che percorre tutto il magistero di Benedetto XVI è che oggi non è in crisi soltanto la fede, ma anche la ragione. Ai credenti nelle varie religioni - specie a quelli, come i musulmani, da qualche secolo sospettosi nei confronti della ragione - il Papa ricorda il necessario dialogo fra fede e ragione. Ai non credenti Benedetto XVI parla in nome della ragione, che sola può costruire quella che il Papa chiama una grammatica comune della vita sociale che s’imponga ai cattolici come agli atei, ai cristiani come ai musulmani e ai buddhisti, e consenta loro di vivere in pace.
Mentre altre voci tacciono, quella del Papa si leva alta e forte per difendere l’esistenza della verità, la capacità della ragione umana di conoscerla - sia pure mai in modo completo e perfetto - e di trarne regole comuni su temi come la libertà, la giustizia, la vita, la famiglia.
Nel discorso che avrebbe voluto pronunciare alla Sapienza Benedetto XVI affronta le due principali obiezioni che gli sono rivolte su questo punto. C’è, anzitutto, chi sostiene - come Vattimo e altri teorici del relativismo - che la verità non esiste. Ciascuno ha la sua verità, e nessuna è più vera delle altre. Il Papa risponde, con il filosofo non credente Jürgen Habermas, che questa è una posizione che nel 2008 semplicemente non ci possiamo permettere. Se la verità di chi difende la libertà e la giustizia è considerata moralmente uguale alla verità di Hitler o di Bin Laden rimaniamo disarmati di fronte al nazista o al terrorista. La stessa democrazia, scrive Habermas, può oggi essere difesa solo con argomenti «sensibili all’idea di verità».
Secondo: anche tra chi non nega il valore della ragione, c’è chi sostiene che il Papa in realtà «trae i suoi giudizi dalla fede» e poi li spaccia come razionali. Bene, risponde Benedetto XVI: giudicate i miei argomenti in modo laico, sulla base del vostro esercizio della ragione e del buon senso. Il Papa cita un altro filosofo non cattolico, John Rawls, il quale sosteneva che i giudizi proposti dalla Chiesa in nome della ragione non devono essere considerati a priori più veri di quelli esposti da altri; ma neanche pregiudizialmente meno veri solo perché è la Chiesa a proporli. Anzi, la Chiesa per Rawls ha dalla sua una lunga «tradizione responsabile e motivata», per cui va semmai ascoltata con più attenzione dell’ultimo sofista.
È perché vedono in lui, contro un relativismo che disarma l’Occidente nei confronti dei suoi avversari, un testimone appassionato della ragione e della libertà, che tanti non credenti sono oggi in piazza a fianco del Papa.


Il Cardinal Bagnasco: dai cattolici più coraggio e coerenza nel dibattito pubblico
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 22 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervista concessa a "L'Osservatore Romano" dal Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
* * *
Nel dibattito pubblico i cattolici devono svolgere il loro ruolo con maggiore capacità di persuasione che viene, anzitutto, dalla testimonianza di vita. Le loro argomentazioni peraltro, oltre a trarre origine dal Vangelo, nascono anche dal semplice senso comune della vita. Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), all'indomani dell'apertura della riunione del Consiglio permanente, spiega a "L'Osservatore Romano" alcuni temi della sua prolusione. Il cardinale torna a parlare anche della legge sulla tutela della maternità con una affermazione estremamente chiara: per la Chiesa l'aborto è e rimane un "crimine".
La vicenda della mancata visita del Papa alla Sapienza ha posto di nuovo con evidenza la questione del rapporto fra laici non credenti e cattolici. Crede che si possa parlare di un clima mutato in Italia nel rapporto fra Chiesa e società?

Il rapporto tra Chiesa e società in Italia è un rapporto di grande stima e di estrema vicinanza popolare. Non sono episodi, pure gravi e incredibili, come quello della mancata visita del Papa alla Sapienza che possono pregiudicare un'intesa e una positiva collaborazione, che sono e restano nei fatti.

Pur essendo stata la dimostrazione di una parte ridotta della popolazione universitaria, questa contestazione ha portato alla fine alla necessità di annullare la visita. Perché tutto questo è accaduto?

È necessario recuperare una forte cultura della legalità e il senso vero del dialogo e della democrazia, per cui ognuno nel rispetto effettivo degli altri possa esprimere in modo sereno le proprie idee.

Nella sua prolusione alla riunione del Consiglio permanente della Cei lei fa riferimento anche della perduta capacità di costruire insieme lo sviluppo del Paese. Cosa si può chiedere ai cattolici per favorire una ripresa dell'Italia sotto questo aspetto?

È importante che i cattolici portino il contributo di valori spirituali ed etici nel dibattito pubblico. Questo compito deve essere peraltro interpretato con maggiore persuasione e capacità di argomentare rispettosamente le proprie convinzioni, sapendo che esse nascono sia dal Vangelo come anche dal senso comune della vita. Per questo i cattolici non vogliono imporre una visione religiosa, ma proporre dei valori universali. Beninteso, l'argomentazione più credibile nasce sempre dalla testimonianza della vita.

La crisi della politica italiana, di cui si parla, è spesso considerata crisi dei valori. Che ruolo hanno gli ideali nella politica? Ha ancora senso parlare di "questione morale"?

Non esiste politica senza alti ideali spirituali e morali. La politica infatti ha come scopo la giustizia che è anzitutto una virtù morale. Essa richiede pertanto da parte di tutti coloro che si occupano di politica un alto senso della persona umana, della vita e della famiglia.

Sviluppo economico e solidarietà spesso appaiono come elementi antitetici. È solo un'apparenza?
Si può realmente sperare in una via diversa di sviluppo?

È bene far crescere sempre di più il rapporto dinamico ed imprescindibile tra economia e solidarietà. Ciò comporta innanzitutto che il senso del bene comune prevalga sugli interessi individuali.

"Morti bianche", bassi salari e stipendi: esiste in Italia un'emergenza lavoro che interpella la Chiesa?

La Chiesa è interpellata da tutti i problemi dell'uomo, perché la fede salva, illumina e ispira tutta la vita. Grazie alla sua particolarissima vicinanza alla gente nelle parrocchie e nei gruppi, la Chiesa condivide i problemi anche economici che colpiscono, che assediano i singoli e le famiglie. In particolare mi riferisco a due emergenze: le famiglie con bambini che faticano ad arrivare alla fine del mese e le persone sole che vivono il dramma di un certo isolamento.

La Chiesa fa spesso appello ai valori cristiani dei politici credenti. C'è anche un'emergenza legata ai comportamenti civici del semplice cittadino?

La responsabilità di un Paese non riguarda solamente le istituzioni, ma tutti i singoli cittadini. Il cristiano trova nella propria fede un motivo ulteriore per partecipare cordialmente e attivamente alla vita pubblica.

Dopo la moratoria sulla pena di morte, la moratoria sull'aborto. Come si pone e si porrà in futuro la Chiesa in Italia nei confronti di quest'ultima iniziativa?

La Chiesa ribadisce come sempre che l'aborto è un crimine, come ricorda anche il Concilio Vaticano II. In questo momento storico si auspica realisticamente almeno l'applicazione più incisiva di quelle parti della legge che tutelano la maternità e inoltre che si prendano in seria considerazione i risultati della ricerca scientifica.

In riferimento all'enciclica Spe salvi lei parla della "restaurazione del paradiso perduto non più attraverso la fede ma attraverso lo sviluppo scientifico". L'uomo moderno crede cioè di raggiungere l'immortalità senza Dio? O semplicemente ha perso la speranza dell'immortalità?

Ritengo che sia necessario, come ci insegna anche il Papa nella Spe salvi, annunciare in modo più esplicito e sistematico il vero destino dell'uomo: la vita eterna, che è quella pienezza di felicità, senza fine, che il cuore di ognuno in ogni epoca coltiva. Una pienezza assoluta che - occorre ricordarlo - non è nelle mani dell'uomo, che assoluto non è e non sarà mai.

Sui temi moralmente più impegnativi, lei ha detto che occorre fare ricorso al voto di coscienza, libero da qualsiasi mandato elettorale. Ma quale dovrebbe essere il comportamento di un politico cristiano di fronte alla possibilità che tale voto di coscienza possa aprire altri scenari negativi? In altri termini, esiste una gerarchia nella priorità dei valori cristiani da difendere?

Benedetto XVI ha spesso ricordato che esistono valori non negoziabili che sono costitutivi della persona umana e che pertanto non ammettono compromessi o mediazioni. In questo caso non solo sarebbero negati, ma verrebbe meno il fondamento stesso della dignità della persona umana, che sarebbe consegnata alle opinioni dominanti, secondo gli interessi e le utilità del momento.


(©L'Osservatore Romano - 23 gennaio 2008)


OPERAZIONE FRAGILE E PACCHIANA - DAI SONDAGGI IL VEZZO DI PIEGARE LA CHIESA
FRANCESCO OGNIBENE
Avvenire, 23.1.2008

I numeri hanno un potere ipnotico. Pare ba­sti snocciolarli per suonare persuasivi, mu­tando ragionamenti altrimenti indimostrabi­li in verità esonerate dal dovere di spiegarsi. Se si sparge una spruzzata di cifre su teoremi au­tocertificati si può ottenere il risultato di tra­sformare un’idea in un fatto, astrazioni in realtà tangibili.
È ricorrente, anche in questi giorni, l’enuncia­zione del teorema secondo il quale la Chiesa starebbe perdendo terreno nella stima degli i­taliani per effetto della sua saldezza su alcuni punti fermi – come la centralità della famiglia – che invece la gente si sarebbe lasciata alle spalle per aprirsi a scelte diverse, più 'avanti'. Qualche cifra percentuale buttata lì con l’aria di chi sostiene cosa nota dovrebbe mettere a tacere ogni percezione di segno contrario. E se non bastasse, accanto ai numeri si fa scivola­re una legenda che all’asserito declino associa subito la spiegazione: tutta colpa di «una linea più rigida rispetto al passato», «invadente», «non in linea con i cambiamenti culturali e le necessità del Paese». Si tenta in questo modo di dare per acquisito ciò che acquisito non è: lo scollamento progressivo degli italiani dalla loro Chiesa. Un bel gioco di prestigio mediati­co e culturale (che oggi documentiamo alle pa­gine 6 e 7), col quale si vuole appannare la vi­sta alla gente impedendole di scorgere la pro­pria stessa esperienza quotidiana. Che però se ne infischia dei numeri di qualche sondaggi­sta, e parla invece di una vicinanza della Chie­sa che non viene mai meno, rendendola ancora cercata e stimata nelle più diverse circostanze della vita proprio perché continua a essere se stes­sa malgrado venga strat­tonata da ogni parte per convincerla a rassegnar­si una buona volta al ruo­lo di pacioso pronto soc­corso per la collettività. Quasi che il favore delle ricerche di mercato fosse il premio garantito per un’inoffensività silenzio­sa e politicamente cor­retta.
Gli indicatori sociali più accreditati seguitano in­vece a certificare esattamente il contrario del­la ipotizzata crisi di consenso. Cifra contro ci­fra, molti autorevoli istituti ribadiscono prati­camente senza eccezioni che la Chiesa non si schioda da una considerazione sociale sem­pre ai vertici dell’apprezzamento tra le istitu­zioni nel Paese, sebbene con qualche limatu­ra che riguarda – in dosi differenti – il giudizio sull’intera scena pubblica. Né per rovesciare questo dato basta ricorrere a piccoli accorgi­menti che senza dare nell’occhio – una do­manda abilmente vaga, una campionatura non chiara delle persone da intervistare, con­fronti non omogenei tra categorie diverse... – presi insieme contribuiscono a ottenere il ri­sultato sperato. Ma anche il più ingegnoso mosaico di cifre de­ve pur fare i conti con il senso comune, l’evi­denza dei fatti. La realtà – non quella virtuale – si ostina a voltare le spalle a chi volendola piegare alla dimostrazione delle proprie idee la addobba di numeri vistosamente fuori taglia rispetto allo stato delle cose. È una tentazione ricorrente che si nutre del clima di sfiducia glo­bale purtroppo diffusa oggi in Italia, un deficit di speranza nel futuro del Paese prima ancora che di credibilità dell’una o l’altra istituzione. La circolazione di alcuni numeri e la sordina messa ad altri è la dimostrazione che si lavora a una visione tutta ideologica del Paese, una commedia malscritta nella quale alla Chiesa viene assegnata sistematicamente la parte del cattivo, punito dai sondaggi. Non è così? Per­ché allora è stata relegata tra le micronotizie quasi invisibili a occhio nudo la dichiarazione di Renato Mannheimer – non certo un ap­prendista del settore – secondo la quale dopo i fatti della Sapienza la popolarità del Papa è certamente schizzata oltre il 90% da una quo­ta che tutti i sondaggisti sanno essere già abi­tualmente la più elevata nel lotto dei perso­naggi pubblici? Operazioni mistificatorie sulla Chiesa e il suo rapporto con gli italiani come quelle che ca­pita ancora di dover registrare danno la ma­linconia di quei tali costretti a gridare per ot­tenere ascolto. A spararla grossa – pensano – qualcuno ci crederà pure. Gli italiani intelli­genti no di certo.


Strana allergia al voto nel più alto forum di bioetica
Avvenire, 23.1.2008
VITTORIO POSSENTI
D a tempo il Comitato nazionale per la bioetica fa notizia per i dissensi che vi sorgono, in parte attribuibili a sospetti, effervescenze ideologiche e asperità di vario tipo, ma in maggior misura riportabili a differenti modi di intenderne i compiti: il comitato deve esprimere indirizzi normativi argomentati o deve limitarsi ad allineare semplici documentazioni sulle varie opinioni bioetiche?
Ora il Cnb è un organo della Presidenza del Consiglio, il cui mandato è fissato sin dal 1990 dal decreto che lo istituì e ne fissò i compiti, ossia: «Elaborare un quadro dei programmi, degli obbiettivi e dei risultati della ricerca e della sperimentazione nel campo delle scienze della vita e della salute dell’uomo; formulare pareri e indicare soluzioni, anche ai fini della predisposizione di atti legislativi, per affrontare i problemi di natura etica e giuridica emergenti dalle biotecnologie, avuto riguardo alla salvaguardia dei diritti fondamentali e della dignità dell’uomo e degli altri valori cosi come sono espressi dalla Carta costituzionale e dagli strumenti internazionali ai quali l’Italia aderisce». Il decreto configura il Cnb come organo di consulenza 'scientifica' della Presidenza del Consiglio (nonché del Governo e indirettamente del Parlamento), di modo che i suoi lavori e relative deliberazioni sono indirizzati a un destinatario istituzionale, prima che all’opinione pubblica.
Tra i compiti del Cnb spicca la stesura di pareri che, pur non esaurendone l’attività, ne costituisce la quota più significativa. La natura del parere conduce a valutare in modo positivo, negativo o neutro soluzioni bioetiche concernenti l’embrione, l’eutanasia, il testamento di vita, il diritto alla salute, il commercio del corpo umano e così via. Il parere, anche nella forma non vincolante per il destinatario, è un atto 'prescrittivo' elaborato secondo argomenti e infine misurato da un voto. Tuttavia proprio sul voto si appuntano le critiche di chi vorrebbe un Cnb che non vota, ma si limita a descrivere le varie posizioni bioetiche, preparando «faldoni» da inviare alla Presidenza del Consiglio per l’eventuale mediazione politica. Il fatto è che il collegio cui si richiede di formulare pareri, opera come un organo di consulenza che non può cavarsela con una mera opera di documentazione, ma che deve compromettersi prospettando la soluzione bioetica più solida. Il celeberrimo rapporto Warnock è un esempio da manuale di che cosa significhi il parere di un comitato bioetico e quali ne siano le ricadute e gli esiti, imponenti, nel campo delle decisioni politiche. Forse quello che va bene in Inghilterra non va bene in Italia?
In quanto atto prescrittivo, il parere del Cnb indica quale sia la soluzione migliore, che comunque non è vincolante per il destinatario. Ciò è tanto più necessario nel caso di problematiche bioetiche, essendo essenzialmente l’etica una disciplina normativa e non soltanto descrittiva, come larghissima parte della tradizione etica attesta.
Alcuni membri del Cnb sostengono che «il paradigma descrittivo è certamente quello che dà maggior rilievo all’aspetto razionale dell’etica» (Flamigni), in quanto rispetterebbe tutte le culture e le ideologie, quasi sottintendendo che il voto sia un atto immotivato di imperio, o una preferenza irrazionale scaturente da oscuri fattori passionali ed emotivi. Nella grande maggioranza dei casi il voto espresso nel Cnb è stato una scelta effettuata su documenti lungamente elaborati e discussi, nei quali si potrebbe perfino sostenere che è emersa una sorta di «ragion pubblica bioetica». Chi vota sui documenti Cnb esprime un atto razionale di assenso o di dissenso ai contenuti e alle scelte del documento.
L’avversione al voto con il possibile corteo di maggioranze e minoranze (non di rado però il Cnb ha trovato l’unanimità) nasce dall’idea che tutte le opzioni bioetiche siano in una società democratica e pluralista portatrici di uguale dignità, di modo che non sarebbe possibile costruire gerarchie, ma occorrerebbe manifestare pari rispetto per ogni assunto. Una posizione sofistica perché confonde il doveroso rispetto dovuto alle persone col rispetto attribuibile alle diverse posizioni che va invece graduato. La pari dignità di tutte le scelte bioetiche è un estremo relativismo che distrugge se stesso, e che inoltre rende inutile l’attività del Cnb e i motivi che da decenni spingono dovunque a creare comitati di bioetica. A che scopo istituirli se già sappiamo che ogni opinione bioetica vale come qualsiasi altra?
Sarebbe la resa alla futilità e alla inutilità.
Può darsi che di fronte a situazioni complesse non sia sempre possibile giungere a una soluzione univoca.
Questa possibilità non dovrebbe scoraggiare il Cnb, ma stimolarlo ad andare più a fondo sino a scoprire la soluzione che offre il maggior rispetto dei diritti in campo e il loro bilanciamento migliore. Si tratta di un punto essenziale, perché mandato del Cnb è di confrontarsi con la tutela dei diritti umani e col disegno della nostra Carta costituzionale. Un Comitato ridotto a raccoglitore delle più svariate opinioni bioetiche non adempie al suo compito di individuare reali o potenziali violazioni dei diritti umani: si pensi alla crescente commercializzazione del corpo umano o delle sue parti, a partire dall’oocita.


Lombardia, segnali a favore della vita. Ma il ministero della Salute pone i primi paletti alla rianimazione dei prematuri. In Regione «Niente interruzioni di gravidanza dopo le 22 settimane e 3 giorni»Atto di indirizzo agli ospedali della Regione per l’applicazione della legge 194 Più risorse ai consultori per fare prevenzione
Avvenire, 23.1.2008
DA MILANO - ENRICO NEGROTTI
Stop agli aborti dopo le 22 settimane e 3 giorni e più risorse (per 8 milioni di euro) ai consultori pubblici e accre­ditati per fornire alle donne in difficoltà per una gravidanza l’opportunità di un soste­gno plurispecialistico (medico, psicologi­co e sociale) che favorisca la rimozione de­gli ostacoli alla nascita del bambino. Sono le misure adottate dalla Regione Lombar­dia per dare attuazione alla legge 194 illu­strate ieri dal governatore Roberto Formi­goni. Passano da 56 a 64 milioni di euro gli stanziamenti per potenziare l’attività dei consultori sul territorio regionale in modo da offrire la miglior consulenza plurispe­cialistica alla donna in gravidanza e, sulla base delle evidenze scientifiche frutto dei progressi tecnologici de­gli ultimi trent’anni, viene indicato in 22 settimane e 3 giorni il limite alla possi­bilità di effettuare aborti dopo il primo trimestre, li­mitati al fatto che la gravi­danza o il parto compor­tino «un grave pericolo per la vita della donna» (arti­coli 6 e 7). Con lo stanziamento ag­giuntivo in favore dei consultori, ha sotto­lineato il presidente Formigoni, si punta al «potenziamento delle attività preventive e di accoglienza delle donne in stato di gra­vidanza complessivamente effettuate dal­le Asl, dai consultori e dai servizi di ostetri­cia e ginecologia, con attenzione alle si­nergie rispetto ad altri soggetti rappresen­tativi del volontariato sociale». Gli stanzia­menti ai 284 consultori accreditati (225 pubblici e 59 privati) saranno destinati, ha detto l’assessore Gian Carlo Abelli, per il 75% ad aumentare il personale che opera nei consultori. La ripartizione delle somme sarà effettuata tra le Asl della Lombardia sulla base del numero delle donne di età compresa tra i 12 e i 45 anni.
Dalla comunità scientifica sono venute le conferme alla scelta della politica regiona­le: «L’atto di indirizzo – ha detto Alessan­dra Kustermann, responsabile del Servizio diagnosi prenatale della Mangiagalli e di Milano – rappresenta un passo avanti nel­la attuazione della legge 194: le donne non desiderano abortire ma essere aiutate». E sottolinea che «non è vero che quando vie­ne diagnosticata un’anomalia, la strada ver­so l’aborto è obbligata: da noi in Mangia­galli – ha puntualizzato la Kustermann – se una donna sceglie di interrompere la gra­vidanza, altre quattro preferiscono conti­nuarla, se sono proposti percorsi assisten­ziali multidisciplinari adeguati». Un pun­to condiviso da Patrizia Vergani, responsa­bile del Servizio di medicina materno-fe­tale dell’ospedale San Gerardo di Monza: «È importante dare una traccia più forte a­gli articoli della legge che parlano di pre­venzione dell’aborto, un evento che lascia tracce nella donna e nei famigliari». Di fronte a u­na diagnosi di malforma­zione fetale «è importan­te il sostegno alle donne. Accanto al miglioramen­to delle capacità di dia­gnosi, che c’è stato, va an­che permesso il suppor­to di associazioni di geni­tori di bambini con ma­lattie congenite che so­stengano in un percorso spesso farragino­so ». Luigi Frigerio, direttore di Ostetricia e ginecologia degli Ospedali Riuniti di Ber­gamo, sottolinea che ora di fronte a una ri­chiesta di aborto nel primo trimestre sarà incoraggiato una triage alle donne in diffi­coltà attraverso l’incontro con figure pro­fessionali dedicate, mentre nel secondo tri­mestre, è importante offrire una consu­lenza multidisciplinare e un approfondi­mento diagnostico. Favorevole all’atto di indirizzo regionale è anche Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e terapia in­tensiva neonatale della Mangiagalli di Mi­lano: «Il limite alla vita autonoma del feto che la legge non indica e che trent’anni fa era forse di 25-24 settimane, ora è all’inizio della 23ª». Un limite, ha ricordato Basilio Ti­so, direttore medico della Mangiagalli, «da noi è già applicato da anni».


L’Ue condanna Parigi sul no alle adozioni gay
Avvenire, 23.1.2008
DA PARIGI - DANIELE ZAPPALÀ

Sulle adozioni in Fran­cia potrebbe abbatter­si un piccolo ciclone dopo la sentenza emessa ie­ri dalla Corte europea dei di­ritti dell’uomo di Strasburgo. Lo Stato francese è stato con­dannato a risarcire un’inse­gnante di scuola materna, oggi quarantacinquenne, la cui richiesta di adozione, presentata alla fine degli an­ni Novanta, era stata rifiuta­ta dal Consiglio generale del dipartimento del Giura.
Secondo la Corte europea, la donna, lesbica dichiarata, sarebbe stata oggetto di una «differenza di trattamento» imputabile alla sua situazio- ne affettiva. Una ristretta maggioranza di giudici – 10 contro 7 – ha dato dunque torto alle autorità francesi, invocando, nell’ordine, gli articoli 14 e 8 della Conven­zione europea dei diritti del­l’uomo. Il primo proclama il divieto di discriminazione, mentre il secondo si riferisce al diritto individuale al ri­spetto della vita privata e fa­miliare.
Nel 1999, le autorità france­si avevano giudicato che la situazione dell’insegnante non le consentiva di offrire, in caso di adozione, i neces­sari «riferimenti d’identifi­cazione » a un minorenne. L’assenza di una figura pa­terna e la situazione affetti­va della donna erano stati giudicati come logici ostacoli al rilascio di un’autorizza­zione all’adozione. In pro­posito, le autorità francesi a­vevano invocato il principio dell’«interesse e dei bisogni del bambino».
Ma ieri, le stesse autorità so­no state condannate a ver­sare 10mila euro di “danni morali” all’insegnante o­mosessuale che non ha vo­luto rendere pubblica la propria identità. Nell’emet­tere il loro giudizio, i giudici europei hanno considerato il fatto che la legislazione francese ha già accordato in passato il diritto di adottare a dei single. Una possibilità che non è invece prevista in Italia, dove la sentenza eu­ropea di ieri non produrrà dunque alcun effetto a livel­lo della giurisprudenza. Il verdetto europeo non pren­de di mira direttamente l’at­tuale quadro legislativo in Francia. Ma quest’ultimo, che non accorda il diritto d’adozione alle coppie o­mosessuali, rischierà in fu­turo di essere aggirato nei fatti, secondo il parere di va­ri esperti. Inoltre, una situa­zione legale ambigua rischia di aprirsi per gli organismi d’Oltralpe incaricati di ge­stire le adozioni. Le associa­zioni omosessuali e non so­lo hanno reagito con entu­siasmo alla notizia della sen­tenza. Ma tante voci, anche in Italia, si sono levate per e­sprimere incomprensione e preoccupazione.
«La sentenza della Corte eu­ropea dei diritti dell’uomo ci lascia sconcertati ed allibiti», ha dichiarato la vice presi­dente dei deputati di Forza Italia Isabella Bertolini, ag­giungendo che «su questo delicatissimo tema, il ruolo della famiglia tradizionale, e­sclusivo ed incompatibile con qualsiasi alternativa, non può essere in alcun mo­do scalfito e intaccato». Da più parti, si teme che la sen­tenza di ieri possa incorag­giare un’ulteriore spinta in Europa verso una crescente “liberalizzazione” in materia di adozioni.



L’Europa vuole la Turchia, che guarda sempre più a Oriente

Dietro la paura
Tra teorie complottiste e falsificazione della storia, la Turchia affila le armi contro "l'invasione barbarica" dell'Occidente. Viaggio nella diffidenza che nutre il popolo…

Avvocati che imprecano contro presunte maglie crociate, libri che parlano di fondamentalismo cattolico e teorie da fare invidia ad autori di romanzi fantasy, che vedono Vaticano e Patriarcato di Costantinopoli alleati per stappare Istanbul dalle mani dei turchi. Non è uno scherzo e nemmeno l'esternazione di un pazzo. Nella Turchia del terzo millennio questi sono argomenti giudicati reali e stanno passando i confini del fenomeno isolato. Se da una parte la vittoria del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp, gli islamici moderati di Erdogan) alle ultime elezioni ha fatto riscoprire un modo più intenso di sentirsi musulmani, dall'altra parte meccanismi di reazione all'ingresso in Europa, uniti a istanze ultra nazionaliste, hanno favorito lo sviluppo di sentimenti anti occidentali, spesso tradotti in sentimenti puramente anti cristiani.
La richiesta di Baris Kaska, eccentrico avvocato di Smirne, di annullare la partita fra Inter e Fenerbahce a causa della «maglia crociata» indossata dalla squadra milanese, ha fatto balzare sulla sedia molti tifosi italiani. Quella che all'estero viene giudicata come l'esternazione di un mitomane alla ricerca di un momento di gloria, in Turchia è la norma, spesso legittimata dall'opinione pubblica. Basti pensare ai processi per offesa all'identità nazionale, che portano alla sbarra chi propaganda tesi diverse da quelle diffuse dall'ordine costituito o chi cerca di convertire i turchi a una fede che non sia l'islam. Nel paese della mezzaluna uno degli avvocati più noti è Kemal Kerincsiz, famoso per aver trascinato davanti ai giudici il premio Nobel Orhan Pamuk, la scrittrice Elif Shafak e il giornalista armeno Hrant Dink, ucciso un anno fa a Istanbul, apparentemente per mano di un fanatico, proprio perché non sufficientemente rispettoso del concetto di identità turca.
Le idee di Kerincsiz sono note. È capace di trascinare la gente in tribunale perché bisogna difendere il paese da un oscuro disegno, ordito da papa Benedetto XVI e dal Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo I, che sarebbero intenzionati a ripercorrere le imprese dei crociati e strappare Istanbul all'islam. Per questo, nel novembre del 2006, Kerincsiz ha organizzato una campagna contro la visita del Santo Padre, finanziandola personalmente e appoggiando un gruppo di ultra nazionalisti che pochi giorni prima dell'arrivo del Papa aveva occupato simbolicamente la Basilica di Santa Sofia. Nei quartieri più conservatori della megalopoli sul Bosforo i muri erano tappezzati da cartelli che recitavano: «Istanbul è turca e rimarrà turca».
Mannaggia alla libertà d'espressione
Quando parla con i giornalisti l'avvocato più temuto della Turchia spiega a chiare lettere quali siano i princìpi che ispirano la sua azione giudiziaria. In primo luogo la Turchia ha troppa libertà di espressione. La conseguenza è che ognuno si può permettere di insultare la propria nazione. Non solo. La Turchia, secondo l'avvocato, non va difesa solo da questi scrittori e intellettuali, ma soprattutto dall'Europa. Al pensiero che un giorno, forse, la sua nazione potrebbe essere membro dell'Unione, si irrita. L'obiettivo dell'Europa infatti è impadronirsi della Turchia e annientarla a cominciare dalle sue radici religiose. Una cosa che la "razza turca" non può permettere. Già, la razza turca. Secondo l'avvocato, la Turchia anziché guardare verso Ovest, dovrebbe volgere la sua attenzione verso Est, alle repubbliche dell'Asia centrale, dove si parlano lingue derivanti dal turco e dove gli abitanti sono di razza turca. Una sorta di grande continente nel segno della Mezzaluna su sfondo rosso, unito dall'ideologia del panturchismo, predicata dal padre della patria Atatürk, ovviamente estremizzata.
Teorie condivise anche da tanta gente comune. E a farne le spese sono i diversi, soprattutto quelli che praticano un credo diverso da quello musulmano. Il popolo turco del resto vive con la propria storia un rapporto perverso e conflittuale. La studia male, opportunamente revisionata a piacimento, ma soprattutto come un qualcosa che non si è esaurito nel passato ma lascia i suoi solchi, profondi, anche nel presente. Con una spiccata propensione alla dietrologia. Libri come Il fondamentalismo cristiano impazzano nei negozi dei quartieri più religiosi. Il libro Attentato al Papa è stato uno dei fenomeni letterari degli ultimi anni. L'autore, Yucel Kaya, ha immaginato la morte di Benedetto XVI durante il suo viaggio a Istanbul, ucciso dall'Opus Dei in combutta con i servizi segreti europei per gettare una cattiva luce sull'islam e la Turchia.
Nella vita di tutti i giorni, i riferimenti alla caduta di Costantinopoli, avvenuta il 29 maggio 1453, tornano in maniera ricorrente. Per i turchi questa data è un po' come l'inizio di un nuovo modo di datare la storia, la sonora lezione impartita a tutta la cristianità che si è vista sottrarre la città più importante dopo Roma. Con le dovute differenze. Nei racconti della gente dei massacri perpetrati dalla truppe di Maometto II il Conquistatore non c'è traccia perché furono un'invenzione degli storici cristiani. Si ricordano fin troppo bene anche i momenti di conflitto. Avvenimenti come le Crociate o la battaglia di Lepanto del 1571, quando la flotta imperiale ottomana fu sgominata per la prima volta dalla Lega Santa. Date che nel resto del mondo si incontrano solo sui libri di storia e che spesso la maggior parte rimuove in breve tempo. Ma che in Turchia simboleggiano un passato con cui in molti non si vogliono evidentemente riconciliare e minano dalle fondamenta un presente in cui si sente il bisogno di fronteggiare l'invasione barbarica proveniente da Occidente. Per farlo i turchi affilano armi pericolose: diffidenza, ipotesi da fantascienza e falsificazione della storia.

di Ottaviani Marta
Tempi num.3 del 17/01/2008


Il fantasma della Cei sulla politica roba per fumetti horror
Avvenire, 23.1.2008
DAVIDE RONDONI
A leggere taluni giornali e a seguire certi altri notiziari, sembrerebbe quasi che a dare un colpo forse letale al governo in carica sarebbe stata la Cei con la prolusione del suo presidente al Consiglio permanente. O se non le sue parole, si sarebbe trattato di una trama vaticanesca. Insomma, dagli accostamenti, dalle titolazioni, dalle ricostruzioni di alcuni quotidiani, sembra quasi che una ferita forse mortale a questo governo lo abbia dato una specie di banda in tonaca nera che avrebbe il potere di vita e morte sui governi nazionali. In epoca di romanzi e film fantasy, che amano solleticare la fantasia collettiva con ogni specie di consorterie in azione, il copione scritto su certi media risulterà per qualcuno attraente. Ma la vita del Paese è faccenda troppo seria per essere trattata come se fosse un romanzo. E solo una miopia interessata a lasciare in ombra certe faccende, si può contentare di una visione così distorta.
Le parole del cardinale Bagnasco, come tutte le prese di posizione pubbliche della Chiesa in questo periodo, hanno lo scopo di richiamare tutti a fare meglio il proprio compito, dinanzi ai problemi che ci sono. E a differenza di altre voci, quella della Chiesa che anche su questo giornale si esprime ha sempre invitato all’unità più che allo scontro, e ad affrontare insieme le emergenze piuttosto che a prenderne spunto per rivincite politiche o per partite di potere. Addossare a 'oscure' manovre o diktat della Chiesa la caduta di questo o di quel governo è una via di fuga, un modo un po’ patetico per non vedere quanti contrasti e quante emergenze stanno toccando la vita del Paese e degli italiani, specie quelli più bisognosi o con più figli. Vari mucchi di immondizia (realissima e metaforica) assediano l’Italia. Al punto che a volte si dubita che il Bel Paese esista ancora davvero. Altro che spallata della Chiesa… Evocare una 'leggenda nera' a chi può far comodo? A coloro che vogliono nascondere responsabilità politiche e amministrative. E fin qui è, per così dire, una strategia comprensibile, per quanto debole e un poco venata di codardia. Ma l’intenzione peggiore è quella di chi vuole alimentare in modo fazioso, bugiardo una contrapposizione tra mondo cattolico (gerarchia e fedeli) e altri. Come se ci fosse una situazione da 'fronte' tra i cattolici (con i loro vescovi) e gli altri, i laici, o chiamateli come vi pare. Mentre tale contrapposizione non c’è. Non esiste nella vita dei singoli e della società italiana. Non c’è nei luoghi di lavoro e di studio. Né nelle famiglie e nelle botteghe. Non esiste una contrapposizione tra i cattolici e gli altri. Si ha per fortuna l’animo e la libertà di discutere quando si tratta di affrontare questioni alte e spinose per tutti, dove, come richiamano tanti cattolici ma anche tanti laici, si tratta di usare davvero la ragione. Sono questioni importanti, su cui è giusto e perfino bello che esistano visioni diverse che si confrontano e si correggono. Ma dipingere una specie di frattura, di contrapposizione tra mondo cattolico e resto del Paese, e farne una proiezione politica per cui la gerarchia esprima uno schieramento contro qualcuno o a favore di qualcun altro, significa non leggere i documenti, non vedere gli atti, e affidarsi a pregiudizi fuori luogo. Chi alimenta questa piccola grande menzogna lo fa, a mio avviso, per uno scopo ben preciso, che prevedo funesto. Quello di presentare i cattolici in Italia come una specie di lobby. Di gruppo politicamente ben determinato che potrebbe essere accusato, al momento opportuno, di cospirare contro il bene pubblico. Le differenze, in campo politico, non corrono tanto tra cattolici e no, ma tra coloro che affrontano con buone soluzioni i problemi e chi no. Ed è giusto che i primi governino, e che gli altri cambino mestiere.



Io sono leggenda – la provvidenza fa breccia in un film

Avvenire, 23.1.2008
DOMENICO DELLE FOGLIE
È possibile nominare il nome di Dio con sobrietà e suscitare una riflessione non banale? Accade al cinema, nel contesto di un film di fantascienza che ha due meriti: mettere in guardia dai rischi di una ricerca medico-scientifica irresponsabile e riconoscere il valore della conciliazione tra Fede e Ragione, fra Dio ­appunto - e Scienza. Parliamo di «Io sono Leggenda», terza e ultima trasposizione cinematografica del capolavoro di Richard Matheson, a buon diritto considerato un mostro sacro della fantascienza moderna, il maestro del fortunatissimo Stephen King. La narrazione ruota attorno a un uomo solo, Robert Neville, impersonato da Will Smith, un tenente colonnello medico sopravvissuto alla catastrofe in una New York spettrale. Un virus mutante, diffusosi a seguito di una cura per il cancro, ha distrutto la popolazione mondiale. Solo dodici milioni di individui sono sopravvissuti perché autoimmuni, ma sono diventati la preda preferita di uomini e donne ormai trasformati in orrendi vampiri. A Neville-Smith tocca stare in questo mondo, vivendo solo alla luce del sole e rifugiandosi alle prime ombre della sera per non finire in pasto a queste belve umane. Ma veniamo alle due piste di riflessione: la prima riguarda certamente i limiti della ricerca scientifica, la responsabilità degli scienziati e la possibilità che non tutti i rischi vengano adeguatamente valutati e soppesati. Come non farsi cogliere da un interrogativo: se in Gran Bretagna, dove è stata autorizzata la creazione di embrioni chimera, ovvero di organismi che hanno contemporaneamente dna umano e animale, non venisse rispettato il termine dei 14 giorni, scattato il quale c’è l’obbligo di distruggerli? Se un solo scienziato senza scrupoli o un’organizzazione criminale venissero in possesso di tali embrioni e volessero portare a termine il processo generativo?
Ebbene, in questo caso come reagirebbe l’umanità? Varrebbe la provocazione lanciata da Eugenia Roccella in un dibattito pubblico sul futuro delle tecnoscienze: «Davvero l’umanità aspetta di veder camminare per strada le chimere?». Ecco il nodo: quali certezze abbiamo che la scienza non impazzisca? Che il fascino della tecnoscienza, con la sua intrinseca promessa di onnipotenza, non conquisti il cuore e la mente di qualche sconsiderato, fino a spingerlo ad un punto di non ritorno?
Secondo filone: nel film la Provvidenza entra prepotentemente nella storia e porta l’umanità alla salvezza, servendosi di una donna e di un uomo capaci di ascoltare la voce di Dio. Il personaggio femminile che compare nella seconda parte del film non ha dubbi: «Ora che il silenzio ha conquistato il mondo è più facile sentire Dio, basta mettersi in ascolto». Al momento opportuno queste parole fanno breccia nel medico non credente che trova il vaccino per salvare l’umanità intera. Lo affida alla giovane donna e per favorirne la fuga si sacrifica lanciandosi con una bomba in mezzo ai vampiri.
Anche lui ha ascoltato la voce di Dio e ha riconosciuto nelle ultime parole pronunciate dalla figlia morta, il disegno di Dio per salvare l’umanità. Cosa dire?
Tanto di cappello al cinema americano, ai suoi produttori, ai suoi sceneggiatori e ai suoi registi che sanno nominare il nome di Dio. E non hanno nessuna voglia di negare, anche al di là di certe suggestioni new age, l’irruzione della Provvidenza nella storia dell’uomo e nella sua narrazione. Vi sembra poco, alle latitudini laiciste in cui ci tocca vivere?


Numero32-notiziario del Movimento per la Vita
NUMERO 6
chiuso in redazione alle ore 12 del 22 gennaio 2008

ABORTO. ELIMINIAMO ALMENO LE EQUIVOCITA’ DELLA LEGGE 194
Piena consonanza con le parole del card. Bagnasco
(080101) Viva gratitudine al card. Bagnasco, per le parole pronunciate oggi sulla questione del diritto alla vita è stata espressa da Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita.
«Condividiamo pienamente ciò che egli ha detto anche per quanto riguarda la strategia da seguire nel tentativo di modificare la situazione culturale presente e la stessa legge 194. Si tratta di un legge che resta gravemente ingiusta ma la cui ingiustizia può essere ridotta nella misura in cui il diritto alla vita del concepito emerge tra le disposizioni della legge stessa che mirano ad offrir alternative all’aborto.
«Sotto questo profilo riteniamo che sia necessario eliminare le equivocità della legge proprio nelle parti che si ritengono “buone”. Pensiamo che non sia possibile correggere la gestione della legge in modo significativo se non si modificano i primi articoli della legge in modo che risulti in modo assolutamente chiaro che lo Stato se rinuncia a vietare l’aborto non rinuncia a difendere il diritto alla vita con mezzi diversi dal divieto purché essi non possano configurarsi come espedienti diretti ad ingannare le coscienze, ma un modo più efficace di difendere il diritto alla vita non contro, ma insieme alle donne.
«Siamo convinti» ha concluso Casini «che una azione pacata, intelligente che si fa carico dei problemi delle madri in difficoltà possa essere elemento di pacificazione e non di guerra. In questo senso notiamo positivi segni di ripensamento non solo nella cultura laica in generale, ma anche in quella femminista, con cui auspichiamo un confronto serio».

LEGGE 40. CARO MINISTRO NON CI SONO SENTENZE BUONE E SENTENZE CATTIVE
Il tentativo è di cambiare le Linee guida a colpa di tribunali
(080102) Il ministro della Salute ha dichiarato che nell’elaborazione delle nuove linee guida della legge 40 intende tener conto delle due decisioni giudiziarie del tribunale di Cagliari e di quella di Firenze. Una posizione comprensibile che però non può scegliere tra le sentenze quelle con cui si sente più in sintonia, ma deve tener conto di tutte le decisioni giudiziarie intervenute in materia. Non ci sono sentenze buone e sentenze cattive. Tanto più che le decisioni “dimenticate” dal ministro sono ben più autorevoli delle due citare perché pronunciate anche da organi collegiali e addirittura dalla Corte Costituzionale, mentre i due giudizi di Cagliari e Firenze arrivano da giudici singoli e per quanto riguarda Firenze addirittura in sede cautelare e quindi con carattere di provvisorietà.
Il ministro deve leggere anche le due sentenze del tribunale di Catania (del giudice singolo e del giudice collegiale), le tre sentenze del Tar del Lazio e l’ordinanza della Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibili le eccezioni di incostituzionalità sulla legge 40.
In tutte queste decisioni è espresso chiaramente o si suppone che la diagnosi genetica preimpianto (Dgp) è vietata dalla legge 40. Di conseguenza le linee guida non possono violare la legge consentendo la dgp.

LEGGE 40. LE “ANOMALIE” DI CAGLIARI E FIRENZE
Lettera del Movimento per la vita al ministro per la Giustizia
(080103) Le due vicende giudiziarie di Firenze e Cagliari sono anomale in quanto la parte attrice e la parte convenuta perseguivano lo stesso scopo, mentre il soggetto il soggetto veramente interessato a controdedurre, il concepito, non ha potuto far sentire in alcun modo la sua voce. Il vero interessato, che è il concepito, non può proporre un reclamo perché non era parte processuale, sebbene si tratti della sua vita e della sua morte.
In una lettera indirizzata al ministro per la Giustizia il Movimento per la vita ha chiesto che sia avviata una riflessione su questo aspetto affinché anche l’embrione, che è dichiarato soggetto dall’art.1 della legge 40, lo sia anche dal punto di vista processuale mediante qualcuno che ne rappresenti gli argomenti.

FRANCIA. IN MARCIA PER LA VITA CON I GIOVANI ITALIANI
Grance manifestazione per le strade di Parigi per i trent’anni della legge francese
(080112) I giovani del Movimento per la vita italiano hanno partecipato alla marcia per la vita organizzata dalla principale organizzazione pro life francese, il CSEN, in occasione dei trent’anni della legge.
La manifestazione si è svolta il 20 Gennaio a Parigi con partenza da Place de la Republique. Con lo lo slogan 30 ans ça suffit! En marche pour la Vie!

USA. PRO LIFE IN PIAZZA A WASHINGTON
L’annuale manifestazione si svolge nell’anniversario della sentenza Roe contro Wade
(080111) Si svolgerà domani a Washington l’annuale marcia dei Pro life americani nell’anniversario della storica sentenza che ha liberalizzato l’aborto negli Usa. Si tratterà come sempre di un’occasione di grande visibilità che coinvolge, nella capitale e nelle manifestazioni previste in tutti gli Stati, milioni di persone.

USA. GLI ABORTI DIMINUISCONO MA RESTANO 1,2 MILIONI L’ANNO
Il ruolo dei pro life e di Bush. Ma soprattutto della Plan B e della Ru486
(080104) Trentacinque anni dopo la legalizzazione dell’aborto negli Usa le interruzioni volontarie di gravidanza hanno segnato un drastico calo: un calo storico, perché i casi di aborto sono scesi a 1,2 milioni nel 2005, un numero terribile ma anche il livello più basso dal 1976 e il 25% in meno dal livello massimo nel 1990.
Per Randall O’Bannon, del National Right to Life Committee «si tratta di un’evoluzione che può in parte ricondursi ad un cambiamento profondo avvenuto nell’opinione pubblica».
Ma la parte del leone l’hanno sicuramente fatta la pillola del giorno dopo venduta come farmaco da banco alle donne oltre i 18 anni col nome di Plan B e la Ru486 che è diventata legale negli Usa nel 2000.

CLONAZIONE. LE RICERCHE AMERICANE E INGLESI NASCONO GIA’ VECCHIE
Per Bruno Dalla Piccola con le staminali adulte riprogrammate siamo già oltre
(080105) In Gran Bretagna il ricercatore Stephen Minger ha ottenuto l’autorizzazione dalle autorità a proseguire i tentativi di creare embrioni chimera per ottenere staminali. Nello stesso tempo, un istituto di ricerca californiano ha ottenuto cinque embrioni umani usando lo stesso metodo con cui è nata la pecora Dolly, cioè il trasferimento del nucleo da cellule somatiche della pelle. Una tecnica, quest’ultima, ’fuori tempo massimo’, perché superata dagli ultimi esperimenti che permettono di ottenere staminali ’riprogrammando’ cellule adulte. Lo afferma il genetista Bruno Dalla Piccola, presidente di Scienza&vita. «Non ha più senso utilizzare questa tecnica quando è stato dimostrato recentemente che le staminali si possono ottenere dalle cellule adulte senza utilizzare né embrioni né ovociti».
Dalla Piccola è scettico anche sugli embrioni-chimera: «ci sono problemi biologici che mi lasciano perplesso, come il fatto che il Dna risultante è misto va bene fare esperimenti che servono a conoscere meglio la cellula, ma rimango sempre freddo quando si creano cose lontane dalla natura».

LOMBARDIA. RIDOTTI I TERMINI DELL’ABORTO “TERAPEUTICO”
Rifinanziate con 8 milioni di euro le attività di sostegno alle donne
(080110) Con un atto di indirizzo ad hoc, la Regione Lombardia fissa a "22 settimane più 3 giorni" il "termine ultimo di effettuazione delle interruzioni volontarie di gravidanza (il cosiddetto aborto terapeutico, articolo 6b della legge 194), ad eccezione dei casi in cui non sussiste la possibilità di vita autonoma del feto". Il provvedimento – annunciato al Pirellone dal presidente lombardo, Roberto Formigoni – estende a tutte le strutture lombarde la soglia massima entro cui procedere all’aborto già adottata a Milano dagli ospedali Mangiagalli (Fondazione Policlinico) e San Paolo.
Una delibera approvata dalla Giunta, inoltre, ha stanziato 8 milioni di euro di risorse aggiuntive per potenziare l’attività di sostegno alla donna nei consultori attivi sul territorio regionale, per aumentare il loro numero e le loro prestazioni: "Le risorse - sottolinea la Regione - passano così dagli attuali 56 milioni a 64".

ABORTO. PROVE TECNICHE DI DIALOGO TRASVERSALE
Il 30 gennaio seminario di FI e teodem sulla riforma della legge
(080106) Il 30 gennaio si svolgerà un seminario organizzato dal coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi e da Domenico Di Virgilio sul tema dell’aborto.
La lettera inviata dal dipartimento di sanità di FI ad una trentina di studiosi e professori partecipanti recita: “E’ arrivato il momento di capire se modificare o no la legge 194. occorre attuarla in tutti i suoi aspetti, soprattutto quelli della prevenzione, tenendo presente i progressi scientifici e tecnologici che oggi permettono la sopravvivenza di un feto su tre abortiti alla ventiduesima settimana di gestazione”.
Al seminario parteciperanno anche Paola Binetti ed Enzo Carra, Eugenia Roccella e Giuliano Ferrara.

TESTAMENTO BIOLOGICO. RIPRENDE IL DIBATTITO AL SENATO
Alla Commissione sanità il testo di legge unificato
(080107) Domani la Commissione igiene e sanità del Senato riprenderà il dibattito sul testamento biologico. All’ordine del giorno l’esame del testo unificato redatto da Fiorenza Bassoli. Il presidente della Commissione, Ignazio Marino, è convinto che i punti di contrasto potranno essere superati

AUSTRIA. PER ORA GLI SCIMPANZE’ NON SONO PERSONA.
La Corte suprema dice no alle richieste degli animalisti
(080108) La Corte Suprema austriaca ha negato la condizione di persona a Hiasl e Rosi, due scimpanzé rispettivamente di 26 e 25 anni.
Dopo l’ennesimo tentativo fallito di ribaltare le precedenti sentenze del tribunale di Mödling e di Wiener Neustadt, il movimento animalista che aveva avviato la battaglia legale - il “Wiener Verein gegen Tierfabriken” - annuncia l’intenzione di portare il caso davanti alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.

AMBIENTALISTI. I FIGLI NON SONO ABBASTANZA ECOLOGICI
Si fa sterilizzare per non essere egoista nei confronti del pianeta
(080109) Toni Vernelli ha 35 anni, all’età di 27 dopo aver abortito chiese di essere sterilizzata con la convinzione di fare una scelta ecologica. “Avere un figlio è un atto di profondo egoismo, volto a mantenere la linea della propria eredità genetica a spese del pianeta”. Questa la motivazione addotta dalla ragazza al tempo della irrevocabile decisione, e oggi ne sembra più convinta che mai nel ribadire che: “Ogni persona che nasce utilizza più cibo, più acqua, più terra, più combustibili fossili, più alberi e produce più rifiuti, inquinamento e gas serra.

SOMMARIO SIALLAVITA
In distribuzione il numero di gennaio del mensile del Movimento per la vita

La Grande moratoria Chiudiamo l’era della 194
Giornata per la vita Vita e pace, speranza per l’uomo
Il risveglio dell’anima laica
Olivero: dichiariamo guerra all’egoismo
Europa Il 2008 sarà l’anno dei diritti umani?
Legge 194 Una storia fatta di menzogne
Ru486 La pillola che uccide
Testamento biologico L’eutanasia dietro la porta
Fecondazione artificiale Provetta selvaggia è dura ad arrendersi
I Cav La carica dei centomila
La comunicazione Il “piccolo” mensile cresce



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