sabato 31 maggio 2008

Nella rassegna stampa di oggi:
1) «Io, preside sotto sequestro. Hanno minacciato i miei figli»
2) Magdi Allam:"L'islam nasce dalla radice violenta
3) Brasile: i giudici «strappano» sulle embrionali
4) Maggiolini: da 25 anni con il popolo di Dio al «cuore» del mistero - Giubileo dell’ordinazione episcopale per l’emerito di Como Ieri in Cattedrale la Messa: «È Gesù che cambia l’esistenza»

«Io, preside sotto sequestro. Hanno minacciato i miei figli»
Il professore Pescosolido aggredito dai collettivi di sinistra per non aver impedito un convegno sulle foibe: «Salvo grazie alla polizia»...
«Preside, lei ha figli?». Guido Pescosolido è circondato da una sessantina di studenti. Guarda questo ragazzo vestito di nero, un volto come tanti, forse un po’ più anziano della media. Gli insulti non li sente quasi più. Risponde invece d’istinto a questa domanda privata. «Lei ha figli?». «Sì». Il ragazzo batte un colpetto sulla sua spalla e sussurra: «Stia attento». Poi si allontana.
In certi luoghi della Sapienza il tempo passa lento, molto lento. Ci sono angoli della facoltà di Lettere dove il passato ti risucchia, buchi neri della storia. È un ritorno in bianco e nero, le barbe lunghe, i pantaloni a zampa d’elefante, le mani a cuore delle femministe, l’odore del piombo. I collettivi studenteschi da queste parti sono un rimasuglio di Novecento che fatica a passare. Basta poco. Una delle tante associazioni studentesche, vicina all’estrema destra, chiede il permesso per un convegno sulle foibe. Il preside dice sì. Parte il tam tam dei centri sociali, degli alternativi di sinistra, del movimento. Il collettivo si mobilita. Il preside va cacciato. Una sessantina di persone circonda l’ufficio, un altro migliaio lo aspetta fuori. Pescosolido, allievo di Rosario Romeo, moderato, liberale, uno che ai suoi studenti consiglia come manuale di obiettività storica un classico come Sei lezioni sulla storia di Edward Carr, uno che ha passato la vita a studiare signorie e corporazioni medioevali e viene da un piccolo paese della val di Comino, in Ciociaria, diventa in un attimo un feticcio fascista. Basta poco, appunto.
Come è andata?
«Mi sono sentito in ostaggio. Sequestrato. Ero nel mio ufficio, con altre tre persone, il professor Vidotto e le due segretarie Beatrice Di Mario e Claudia Magnoni. Dietro la porta c’erano una sessantina di persone. Ho chiamato la polizia. Quando sono arrivati mi hanno consigliato di restare dentro. Sono uscito dopo venti minuti».
Gli studenti replicano: nessuna minaccia, solo una contestazione verbale. Insomma, è lei che esagera.
«Esagero? Se è normale che una ventina di poliziotti in borghese scorti fuori dall’ufficio il preside, allora va bene tutto».
Come si sente?
«Se continua così non escludo di dimettermi».
Sarebbe una sconfitta.
«A un certo punto bisogna prendere atto che non si può lavorare serenamente. Mancano certe garanzie. Non esistono più le condizioni democratiche e civili per l’esercizio della libertà d’insegnamento».
Professore, ma questi studenti lei li conosce?
«In che senso?».
Da dove vengono? Cosa vogliono?
«Sono i collettivi degli studenti. Non so cosa sia rimasto in loro delle vecchie ideologie. Si considerano i sacerdoti dell’antifascismo. E in virtù di questa religione negano ai fascisti il diritto di parlare. Continuano a tenere in piedi un nemico sepolto da oltre 60 anni».
Ma sono studenti? O reduci di anni lontani?
«Sono studenti, giovani».
Studenti con il mito di Guevara?
«Non più di tanto. Non sono replicanti degli anni ’70. C’è più anarchia che marxismo. Si vestono di nero più che di rosso. L’ideologia non è il punto di forza. C’è un sentimento di religione laica».
Cosa le dicono a lezione?
«Non credo che seguano le mie lezioni».
Mai? Non ha mai visto nessuno di loro in aula o all’esame?
«Mi ricordo di una ragazza, una del collettivo, che per un certo periodo ha seguito i miei corsi».
E poi?
«Mi ha detto che lasciava. Non era interessata».
I collettivi hanno la sede in facoltà, vero?
«Sì, ci sono aule tradizionalmente riservate a loro».
Per studiare?
«No, per l’attività politica».
È normale?
«È così».
Ha avuto paura?
«Mi sono sentito molto a disagio».
C’è il rischio che si torni agli «opposti estremismi»?
«No, spero».
di Vittorio Macioce
Il Giornale n. 129 del 2008-05-31


Magdi Allam:"L'islam nasce dalla radice violenta"
Dal sito www.magdiallam.it
autore: Antonella Filippi (Giornale di Sicilia, 30-05-08)
Detesta l’uso politico della religione. Ha sperimentato sulla sua pelle che un dio, adoperato come bandiera, diventa pericoloso. Intransigente ma non intollerante, Magdi Allam ha “consapevolmente e volutamente” rinnegato l’Islam e dal 22 marzo scorso, quando durante la veglia pasquale nella basilica di san Pietro ha ricevuto dalle mani di Benedetto XVI i sacramenti dell’iniziazione cristiana, battesimo, cresima ed eucaristia, ha aggiunto il nome Cristiano, proprio per non lasciare dubbi: Magdi Cristiano è diventato cristiano. Ma attraverso quali dubbi, quali lacerazioni è passato? Per spiegare la sua conversione ha scritto un libro “Grazie Gesù”, diviso in tre capitoli, uno per ognuno dei sacramenti ricevuti: “Volevo raccontare a me stesso e agli altri il percorso graduale verso questa spiritualità interiore. Aderire pienamente alla fede in Gesù non è stato improvviso, tutto è avvenuto per gradi, nell’arco dei miei 56 anni, attraverso un viaggio contrassegnato da incontri con testimoni di fede, laici e cattolici, che con le loro azioni tese al bene comune e mai facendo del proselitismo, mi hanno avvicinato al cattolicesimo. Persone semplici ma dalla fede straordinaria”. Su tutte svetta il Papa: “Quella di Benedetto XVI è la figura che più ha influito nell’ultima fase per la sua testimonianza dell’indissolubilità di fede e ragione”.
La religione cristiana in che rapporto sta con le altre?
“Il rapporto con l’Islam costituisce un problema perché i cristiani sono perseguitati, discriminati e talvolta, come succede in Iraq, uccisi. Invece, in Occidente la presenza di musulmani preoccupa per l’attività degli estremisti islamici che da tempo si sono annidati nella società. Con le altre religioni il rapporto continua a essere incentrato sulla ricerca di basi morali e umane comuni per garantire una pacifica convivenza e una comune civiltà dell’uomo”.
I diritti umani, la sacralità della vita, la dignità della persona e libertà di scelta: nati nel passato, sono valori pieni d’avvenire che trascendono la storia e le danno un senso, stelle fisse che coprono tutta l’evoluzione possibile. E continuano a essere i valori di riferimento di Magdi Cristiano, anche dopo la conversione: “Io mi sono battuto per i diritti universali dell’uomo, l’ho fatto da musulmano laico e continuo a farlo da cattolico, in un contesto differente, non conflittuale ma in armonia con tali diritti”.
Esiste, secondo lei, un Islam moderato?
“Da musulmano laico e moderato ho lottato per affermare i diritti umani. Ma dopo cinque anni di vita blindata, minacciato e condannato a morte dai terroristi che affermano di compiere efferati crimini evocando le gesta di Maometto, ho dovuto prendere atto che anche nella vita di Maometto è presente una radice violenta che rende questa religione incompatibile con i diritti degli uomini, con valori non negoziabili, quali la sacralità della vita, la dignità della persona. Avere ripudiato la religione non ha fatto venir meno in me la consapevolezza che con i musulmani si possa, e si debba, dialogare per costruire insieme una comune civiltà dell’uomo, partendo però dai diritti umani. Non credo, dunque, nell’Islam moderato ma nei musulmani moderati: il dialogo lo fanno le persone non le religioni”.
Scusi, ma un aspetto violento non manca neppure al Cristianesimo, ne converrà…
“Si tratta di due realtà diverse. I Vangeli, a differenza del Corano, non istigano all’odio, non sono un inno alla violenza e alla morte, e non sono considerati testi immutabili e non interpretabili. Il Corano è come se fosse Dio, è un Dio “incartato”. Gesù, nella sua dimensione terrena, ha testimoniato la pace, l’amore, la vita e la libertà, non ha mai ucciso, anzi ha resuscitato morti, Maometto è stato un guerriero, come indica il testo che contiene la sua biografia, ha combattuto e ucciso. Un dato inconfutabile vuole Maometto in persona, nel 327, partecipare al massacro e alla decapitazione di settecento ebrei nei pressi di Medina”.
Il primo baluardo da cui muovere dovrebbe essere l’etica: si avverte il bisogno di una riforma etica della cultura politica, delle istituzioni pubbliche…
“Con il mio gruppo di “Amici di Magdi Cristiano Allam” promuoviamo una riforma etica che consenta la rinascita della persona, della famiglia, della società, dello Stato, attraverso valori capaci di radicare in noi la cultura del bene, il senso dello Stato, della responsabilità che oggi, per l’Italia, è una necessità fondamentale. Non credo in soluzioni tecnicistiche, serve un’ autentica riscossa etica della persona, dobbiamo affrancarci da quel relativismo secondo cui tutti siamo uguali, tutte le culture sono identiche. Dobbiamo sdoganarci dal “politicamente corretto” e dall’”islamicamente corretto”, voluto per non urtare la suscettibilità dei musulmani”.
A proposito: cosa pensa del divieto di alcolici allo Hyatt Hotel del Cairo?
“E’ un tentativo degli integralisti di imporre la legge islamica ovunque: naturalmente non si lasciano sfuggire gli alberghi a cinque stelle, simbolo del turismo internazionale”.
A parte qualche sfiatatoio temporaneo, palestinesi e israeliani restano sempre dei malati presi in cura e mai guariti…
“Mi auguro che si riesca al più presto a eliminare il terrorismo islamico di Hamas, a restituire la striscia di Gaza ai palestinesi e a mettere in moto un negoziato di pace, desiderato dalla stragrande maggioranza di palestinesi e israeliani, per pervenire a quella soluzione di “due stati per due popoli” e a una convivenza pacifica”.
L’individuo chiuso nelle sue separatezze è privo di senso: la Sicilia racchiude un passato di apertura proprio nei confronti del mondo arabo. Può costituire uno snodo importante per l’auspicato dialogo?
“La Sicilia per il suo passato e per la cultura della sua gente può diventare il luogo ideale per la promozione di un proficuo dialogo”.
Antonella Filippi


Brasile: i giudici «strappano» sulle embrionali
Avvenire, 31 maggio 2008
Il Tribunale supremo federale dice «sì» alla legge sospesa tre anni fa: ricerche su cellule congelate già conservate
LIMA. Via libera all’uso di staminali embrionali nei laboratori brasiliani. Il Tribunale supremo federale del paese sudamericano ha assunto una decisione destinata a generare polemiche. Secondo l’alta corte brasiliana l’impiego delle cellule embrionali negli esperimenti scientifici non è incostituzionale: «Non rappresenta un attentato contro la vita». La spinosa discussione risale a tre anni fa, quando venne approvata la Legge sulla “biosicurezza”. Il testo apriva le porte alle ricerche con embrioni congelati da almeno tre anni, prodotti nei processi di fecondazione assistita. A presentare il ricorso di incostituzionalità contro la norma del 2005 fu l’ex procuratore generale della Repubblica, Claudio Fontelas: il testo stava violando il diritto alla vita garantito dalla Magna Carta, denunciò. La Chiesa brasiliana criticò duramente la legge: «Un embrione è un essere umano, un individuo che ha il diritto di nascere e ha tutti gli elementi necessari secondo la scienza per diventare un adulto», ricordava la Commissione episcopale Vita e Famiglia. Fra l’altro, la stessa scienza – sottolineava la Commissione – ha dimostrato che le staminali adulte sono più efficaci delle embrionali. Argomenti che non hanno convinto tutti i magistrati del “Supremo”. Dopo una votazione di due giorni – e con una stretta maggioranza di sei giudici su 11 – il tribunale ha rigettato il ricorso. Più che un dibattito giuridico, nella Corte si è consumata una discussione filosofica fra citazioni di Kant, Aristotele, Jean-Paul Sartre, Marx, Einstein e perfino Shakespeare e Ponzio Pilato. Per i magistrati favorevoli alla norma è stata addirittura una decisione «storica». Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, alla vigilia del verdetto, aveva chiarito la sua posizione senza mezzi termini: «Sono a favore dell’approvazione dell’uso di staminali», perché «il mondo non può prescindere da una conoscenza scientifica che può salvare l’umanità da molti mali». Al di là della politica, in un Paese fortemente cattolico come il Brasile, colpisce la percentuale dei cittadini che approvano l’uso di embrioni nella ricerca: secondo un sondaggio – contestato però da alcuni – diffuso tre mesi fa dall’Istituto di opinione pubblica, il 75% dei brasiliani sarebbe «a favore».
Michela Coricelli


COMUNITÀ IN FESTA
Hanno concelebrato il solenne pontificale i vescovi Coletti, Festorazzi e Lafranconi Raccolte in un libro tutte le omelie dell’emerito pronunciate alle Messe crismali del Giovedì Santo
Maggiolini: da 25 anni con il popolo di Dio al «cuore» del mistero - Giubileo dell’ordinazione episcopale per l’emerito di Como Ieri in Cattedrale la Messa: «È Gesù che cambia l’esistenza»
Avvenire 31 maggio 2008
DA COMO ENRICA LATTANZI
U na folla di fedeli si è assiepata ie­ri in Cattedrale a Como per fe­steggiare il 25° di ordinazione e­piscopale di Alessandro Maggiolini, ve­scovo emerito della Chiesa di sant’Ab­bondio. Il solenne pontificale è stato pre­sieduto dal presule che per quasi diciot­to anni (dal 1989 al 2006) ha guidato la diocesi comense. Con lui hanno conce­lebrato l’attuale vescovo Diego Coletti, insieme al presule oriundo comasco Franco Festorazzi – emerito di Ancona­Osimo – e decine di sacerdoti convenu­ti da un po’ tutta la vasta diocesi di Co­mo, che comprende, oltre a gran parte del territorio lariano, l’intera provincia di Sondrio e porzioni di Lecco e Varese. Pre­sente pure il vescovo di Cremona, Dan­te Lafranconi, anch’egli nativo di Como. Tante, infine, le autorità civili e militari intervenute alla celebrazione.
Significativo il titolo scelto da Maggioli­ni per la sua articolata omelia, nel gior­no che la Chiesa dedica al Sacro Cuore e alla santificazione dei preti: «Sacro Cuore, centro del cristianesimo; sacer­dozio, centro della Chiesa». «Mi sono chiesto – ha esordito Maggiolini – se og­gi sono chiamato a celebrare una festa o a vivere un dolore da ricevere e da ripre­sentare a Dio». Particolarmente grato della vita sacerdotale e delle esperienze di insegnamento presso i seminari lom­bardi e le facoltà di Teologia e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano, Mag­giolini ha confidato di aver vissuto la no­mina episcopale – la prima fu a Carpi dal 1983 al 1989 – come «un peso, perché la vita di un prete è data dal contatto im­mediato con Cristo e con la gente... Ri­cordo l’episcopato come una punizione – ha proseguito nella sua iperbole – se penso alle fragilità e alle negligenze che sono stato chiamato a confessare. Il Si­gnore mi usi misericordia e mi aiuti. Ho chiesto io di poter continuare a confes­sare in Duomo tutti i pomeriggi. Una gra­zia non da poco... E il cuore si fa lieto nel sorriso dei penitenti».
La riflessione di Maggiolini si è poi sof­fermata sulla figura del prete, «uomo del­la Parola di Dio e del perdono». Forte l’invito affinché i testi biblici siano «quasi saputi a memoria, appresi dal cuore e comunicati ai fedeli come fatto attuale». Altrettanto deciso, nonostante la voce malferma, l’appello a saper comunicare, nel confessionale, «una gioia incontenibile » e ad amare con «dilezione gratuita e totale» la propria comunità. Un amore che deve arrivare a condividere «fi­no al pianto, esercitando il proprio mi­nistero di padre» i dolori del peccatore. E qui Maggiolini non ha potuto fare a meno di ricordare l’amarezza con cui ha vissuto, in questi giorni, la condanna per abusi inflitta giovedì in primo grado a don Mauro Stefanoni. I passaggi suc­cessivi sono stati dedicati all’Eucaristia e alla Chiesa. «Celebrare e partecipare alla Messa non è soltanto l’adempiere un precetto ma è rendersi conto che qui e adesso il Signore Gesù ci trasforma l’e­sistenza ». Quella attuale è una società che, nonostante tutto, ha bisogno di pre­ti che rendano presente «la realtà di Ge­sù », perché la ragione e il cuore dell’uo­mo hanno bisogno di «verità e valori su­premi ». «La diocesi che hai servito fedelmente per diciotto anni – ha detto il vescovo Coletti nel suo saluto – ti esprime la sua stima e il suo affetto. Il tuo servizio al po­polo di Dio è stato ricco di intelligenza e di passione, a cui questa Chiesa dioce­sana e, sotto molti aspetti anche la Chie­sa universale nel suo insieme, hanno po­tuto attingere, con frutti abbondanti di verità e di libertà secondo il Vangelo». Coletti ha anche ringraziato Maggiolini per il ministero di confessore in Catte­drale, «un esempio e uno stimolo per tutti noi. Grazie per questa tua scelta e per la generosità e la sensibilità pastorale che essa esprime».
Al vescovo emerito è stata donata una serie di icone che rappresentano i cin­que misteri della luce, mentre al termine della Messa, a tutti i presenti in Catte­drale, è stato distribuito un libro, omag­gio della diocesi al vescovo emerito, in cui sono raccolte le omelie pronunciate da Maggiolini durante il suo intero epi­scopato in occasione delle Messe Cri­smali del Giovedì Santo e delle ordina­zioni sacerdotali. «Il tuo magistero – ha spiegato Coletti – emerge nelle pagine di questo libro che abbiamo voluto donare anche a tutti i vescovi italiani; faremo be­ne, tutti noi, ad attingervi ancora forza e luce per il nostro cammino di Chiesa».